giovedì 2 ottobre 2014

L'inconscio del nazionalismo statuale e privato.

Pubblico un altro contenuto tratto dal blog di Valentina Nappi, molto quotata e pubblicata su riviste border-line, eppure filosofiche e sociologiche. La Nappi riecheggia le tesi di Wilhelm Reich famigerato, all'inizio del secolo scorso, per le sue ricerche e le sue premature divulgazioni sul ruolo sociale della sessualità, per i suoi studi sul rapporto fra autoritarismo e repressione sessuale, che lo portarono a morire in carcere. L'analisi della Nappi è onesta, non contrabbanda manierismi, anzi li disvela, ed è utile ad un'analisi non convenzionale. Io disprezzo e odio le meretrici. Meretrice è, anche etimologicamente, ‘colei che ci guadagna’. La meretrice trae vantaggio dall’appartenenza a un determinato genere sessuale e dalla bella presenza. Subito viene in mente la cortigiana, la donna di mondo, la donna di partito. E, per assonanza, il ‘buon partito’. Infatti meretrice è anche la donna che cerca il buon partito, la donna del boss, la donna che utilizza il proprio ‘fascino’ per accedere a uno status sociale ‘elevato’ e prestigioso. Come più volte ho affermato, è meretricio sublimato anche quello delle ’santarelline’ che ‘non la danno’ o ‘la danno solo a chi dicono loro’. Il meretricio è nella logica della riproduzione sociale. Le vagine delle meretrici di successo non sono in bella mostra, non sono a portata di mano, hanno sempre ‘valore’. È un ‘valore’ che si nutre di maschere, di nebbie, di ombre, di schermi, di velature, di indeterminatezze. Di slittamenti semantici, di ambiguità, di scollature fra ciò che si dice e ciò che si fa. Di simbologie, di rimandi, di allegorie. Di p(r)udore. Fascino come mistero, regno del non-esplicito. Di tutt’altra pasta è fatta la prostituta, ‘colei che si espone’. La prostituta per eccellenza, la prostituta nella sua massima espressione, non accetta di fare sesso a pagamento. Lo fa gratis, più che gratis, dando alla figa un valore/prezzo minore di zero, volando a mezz’aria nuda a gambe aperte, spalancate, per il mondo. La prostituta è uno scandalo. Posto che la verità sia una donna (giochiamo con quest’inflazionata suggestione!), allora la prostituta è la verità che si dà in piena luce, che si fa squadrare da tutti i lati, senza schermi, senza veli, senza p(r)udori. Pornograficamente. Positivisticamente. E questo dà fastidio. Dà fastidio perché molti hanno bisogno di una certa dose di mistero e di ambiguità. E hanno bisogno di simbologie e di allegorie. Si sentono minacciati dall’ultrarazionalismo, dal positivismo ‘pornografico’ della modernità, dall’imperativo della chiarificazione ’sempre e comunque’ che trasforma il senso (e il sesso) in tecnica, e la domanda ‘filosofica’ in equazione (eventualmente indeterminata). La loro è la logica antipornografica del ’senso’, che in realtà coincide sempre (anche quando non sembra) con la logica dell’irrazionalismo antimoderno. Non a caso – non a caso! – il ‘filosofo’ che più di tutti nel Novecento si è occupato del problema del senso, Heidegger, è anche quello che concludeva il suo appello (la minuscola è d’obbligo) agli studenti tedeschi invitandoli a non seguire i ‘teoremi’ (la logica meccanica di una visione razionalista del mondo) bensì il Führer, poiché ‘il Führer stesso, e solo lui, è la realtà tedesca dell’oggi e del domani, e la sua legge’. Ecco la vera faccia dell’alternativa – di quella che, a conti fatti, è l’unica alternativa possibile – alla ‘luce che ogni angolo invade’ del razionalismo ‘pornografico’ e positivistico dell’ultramodernità. Sulla base di ciò, è assai facile smascherare la vera natura delle istanze contemporanee di recupero delle sovranità nazionali, istanze in alcuni casi apparentemente motivate da rivendicazioni di diritti sociali. È del tutto evidente che nell’Occidente capitalista le vere rivendicazioni di diritti sociali (che non si riducano a istanze di riproduzione sociale delle classi piccoloborghesi) sono incompatibili con qualsiasi nazionalismo o localismo. Ed è del tutto evidente che qualsiasi istanza di ‘autonomia’ nazionale o locale non può che essere – nelle sue possibili implicazioni concrete – nient’altro che un’istanza nazionalista o localista. La radice comune di tali atteggiamenti (come del resto quella del nazismo e del fondamentalismo religioso) risiede in un irrazionalistico rifiuto della dura, esplicita, ‘pornografica’ realtà dei fatti. Una realtà dei fatti empirico-logica che non ammette alcuna relativizzazione fondata sui trucchi antiempiristici e antipositivistici propri dell’ermeneutica, dello strutturalismo, della dialettica, dello storicismo o della stessa ‘nuova filosofia della scienza’ (quella che propina sciocchezze quali la teoreticità dell’osservazione e l’incommensurabilità fra teorie). Tali irrazionalismi si fondano su forme di ’speranza’ e di ‘felicità’ che sono frutto – e portatrici – di illusioni. La vera speranza e la vera felicità non possono che fondarsi sulla realtà dei fatti e sulle aspettative razionali. Le istanze di recupero delle sovranità nazionali sono in palese contraddizione logica ed empirica con le necessità politiche implicate dai problemi più urgenti del mondo contemporaneo, i quali richiedono sempre più una pianificazione a livello globale e sempre maggiori cessioni di sovranità nazionale/locale (sovranità che in molti casi può essere legata a interessi particolari che, se perseguiti in maniera miope, possono essere in contraddizione con l’interesse globale): si pensi, ad esempio, al problema del surriscaldamento globale o a quello della crescita della popolazione mondiale. Di fronte a tali problemi oggettivi che non lasciano alcuno spazio a dialettiche e interpretazioni (e che trascendono la stessa lotta di classe), la nuova politica globale avrà, per necessità di cose, un carattere sempre più scientifico-tecnico, poiché le finalità più importanti saranno sempre più univoche, in quanto dettate dalla dura realtà dei fatti. La diffusione in tutto il mondo di una cultura della separazione netta, assoluta, fra sesso e riproduzione sarà riconosciuta come una questione sempre più urgente, e sempre più sovranazionale. L’emancipazione culturale, civile, economica e sociale di tutta l’umanità dal modello romantico/tradizionale, nazionalista/comunitario e religioso di coppia feconda sarà sempre più una priorità per la nuova cultura e per la nuova politica economica e dei diritti umani – civili e sociali – su scala globale. Le sovranità (e le culture) nazionali/locali sono destinate, per fortuna, a rivestire un ruolo sempre più marginale in questo quadro. Valentina Nappi

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