martedì 21 ottobre 2014

Il nocciolo del fascismo nelle sue cangianti espressioni.

Il fascismo è lotta blindata e non egualitaria, che va di là della dicotomia fra destra e sinistra, contro il grande capitale - quindi oggi contro il globalismo finanziario - e contro la politica dei "fantocci liberali" che del grande capitale sono espressione. E' lotta conservativa, atemporale della custodia. La retorica fascista della lotta fra lavoro (quello del commerciante, del piccolo imprenditore) e grande capitale finanziario, retorica che si traduce negli slogan dei piccoli imprenditori che si alzano tutte le mattine e lavorano più dei loro dipedenti - infatti, in dichiarazione dei redditi ricavano meno di loro - e portano sulle spalle il Paese e, mentre loro lavorano, senz'altra sodisfazione, altri ridono e fanno battute, oscura la vera lotta di classe che è innanzitutto proprio quella tra il piccolo commerciante e assimilabili e il commesso e assimilabili, sottopagato in nero, tra il piccolo imprenditore e l’operaio ricattabile. Certo, il grande capitale finanziario globale non è il bene assoluto, ma rappresenta un problema che non è né utille, né progettuale affrontare nella presente fase di passaggio, perché in Occidente non ci sarà un’evoluzione verso la diffusione partecipativa dei mezzi finanziari e di produzione fin quando sopravviveranno diffusi interessi di tipo piccolo e medio borghese. Per paradosso, l’eventuale prevalere di tali interessi su quelli del grande capitale - vedi eventualità di una deflagrazione dell’eurozona - porterebbe esclusivamente ulteriori svantaggi alla classe lavoratrice attraverso una rapida perdita del potere d’acquisto dei salari. Nella presente fase storica, le grida dei media contro il grande capitale finanziario globale, sono grida, spesso ipocrite, in difesa della piccola e media borghesia: i loro lettori. Sono grida reazionarie. Il processo di concentrazione dinamica dei capitali è infatti condizione necessaria per un possibile progresso storico, quantomeno tecnico e tecnologico; l’alternativa è restare impantanati nel birignao borghese, rattrappito sulla propria cassetta di sicurezza. Si deve operare perché l’evoluzione post-borghese del capitalismo contemporaneo vada avanti. Si tratta di un processo che richiederà raffinati equilibrismi affinché sia scongiurata la presa del potere da parte di movimenti fascisti. Uno dei pericoli principali risiede nell’alleanza fra borghesia e disoccupati. È del tutto evidente il legame tra fascismo e piccola e media borghesia. Inoltre, non è difficile capire che in assenza di piccola e media borghesia non può esserci, e non avrebbe potuto esserci, alcuna deriva fascista. Si tratta di constatazioni evidenti, constatazioni del tutto banali. Il fascismo storico fu espressione della mobilitazione della piccola e media borghesia immiserite contro le due classi allora sul proscenio, sia pur con copioni differenti: la borghesia agraria, industriale e finanziaria e il proletariato. Da qui il duplice carattere, rivoluzionario ma intriso di elementi controriformistici e, quindi, reazionario, del movimento e del regime: reazionario contro le istanze egualitarie del proletariato, ma rivoluzionario rispetto a un ordine esistente (anche internazionale) imperniato sulla tutela degli interessi del grande capitale, fino all'alleanza con un paese rovinato dall'inflazione. Non a caso Mussolini, nella dichiarazione di guerra del 1940, chiamerà i nemici "democrazie plutocratiche". È evidente l’analogia con diversi movimenti a noi contemporanei, analogia rafforzata dal fatto che anche nell’Italia postbellica la gran parte della piccola e media borghesia non si sentiva rappresentata da una classe politica liberal-democratica che mostrava ogni giorno di più incapacità e decadimento morale e il fascismo para-istituzionale fu assunto come "continuum" dello Stato, per comodità. Subito dopo cominciò una lunga marcia, ora sospesa, per la lentissima e contraddittoria applicazione dei principi costituzionali, ora bypassati nelle parti vive, ma monchi e non in quelle legate al momento storico in cui fu redatta, isterilite dalla desuetudine. Questi caratteri, nella camicia di forza di un'Europa ancora indefinita, sono riemersi dopo il superamento trasformistico della contrapposizione di classe, sia sul versante di destra che resiste al riparo dei fortilizi, al vento omogeneizzante del globalismo, sia su quello popolare, nei sentimenti, nella cultura o subcultura relazionale, sociale e di rappresentanza sindacale. Su questi temi la chiarezza è d'obbligo e la cultura di riferimento deve tornare al più presto ad una chiara e identificabile posizione. Solo in questo modo sarà forse possibile ripristinare i caratteri identitari di ciascuno in rapporto alla realtà.

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