sabato 30 novembre 2013

Metamorphé II

La medesima profondità della critica della società, formulata o veicolata in modo implicito, lascia i movimenti transnazionali senza obiettivi precisi. Il nemico non è più una persona o una categoria sociale, è la totalità degli spersonalizzati, raziocinanti, burocratizzati modi di funzionare del potere socio-economico. L'obiettivo è, di conseguenza, privo di fisionomia; non un'istituzione e nemmeno alcunché di preciso, ma un certo tipo di rapporti umani, un processo di spersonalizzazione: non lo sfruttamento, che implica degli sfruttatori, ma l'alienazione. Questo comporta che la maggior parte dei contestatori non sia particolarmente ostile, ad esempio, ai governi in carica, se non in quanto il loro vero bersaglio, l'ordine sociale nel suo insieme, con la disgregazione dei riferimenti che tutela, nascondendoli, si mimetizza dietro un anodino e sterile sistema politico. Ecco quindi che i movimenti popolari diventano sub-politici o apolitici.

Metamorphé.

Il potere tradizionale, sopravvivente nelle concrezioni arcaiche della società, nasconde, censura e manipola e, infine, coarta il flusso delle informazioni. Adesso, pur essendo chiaramente avvertibile, si nasconde, cerca di trasfigurarsi e di mascherare i propri meccanismi. Lo scopo è sempre lo stesso: la perpetuazione del potere stesso. Il potere che si cela, nasconde chi lo detiene, confonde origine e modalità d'esercizio, alla ricerca del dominio sull'opinione collettiva, se possibile, ancora più capzioso, nella sua apirazione di assurgere a senso comune consolidato. Non è una novità. già Platone ce ne eveva illustrato le dinamiche, per le quali, la tenebra o un eccesso di luce inducono uno stesso esito: non riuscire più a vedere e scambiare pallide ombre per oggetti reali. Il disegno coercitivo del potere, le sue tenebre, faceva in passato ricorso all'indigenza informativa; ora, invece, è l'opulenza informativa che viene privilegiata. Si cerca d'impedirci la visione d'insieme dei fenomeni, la dote imprescindibile, cioè, della conoscenza. L'informazione, come l'istruzione d'accatto, si diffondono orizzontalmente in una bulimia generica, in una dispersione globale, nalla quale la presunzione di conoscere tutto, confina, inavvertitamente, con il non sapere nulla. Non si formano più cittadini impegnati e critici, propensi al bene comune. Informazione e autonomia critica sono le doti fondamentali dei cittadini di una democrazia, o, più realisticamente, della parte trainante della borghesia evoluta, tanto più indispensabile, in quanto il potere di ingerenza nella vita privata dei cittadini si è fatto sempre più assoluto. Altrimenti non sarà più possibile garantire le libertà individuali, a cominciare da quelle di critica e di pensiero e si correrà il rischio di precipitare nelle platoniche autorità pseudo-razionali. L'autorità più razionale che ha permesso il progredire delle società occidentali è lo Stato, nell'ambito del quale, la democrazia di sorveglianza della parte più avveduta della popolazione è l'unica garanzia di efficacia. La democrazia di sorveglianza è fortemente indebolita. Lo Stato, da una parte, è ormai inerte circa il controllo delle reti globali della ricchezza, del potere e delle informazioni; dall'altra, l'opinione pubblica è stata uniformata, indebolita e resa passiva, da quella che Pasolini chiamava misologia, cioè un'operazione meticolosa di distruzione del libero pensiero, dell'autonomia critica e dell'impegno politico e culturale. La nostra, è l'epoca della mediacrazia. Sulle macerie dello Stato e di un'opinione pubblica informata e critica, si è determinata una nuova espressione del potere che trova nell'economia e nella tecnica i pilastri su cui forndarsi. A distanza di trent'anni, quanto preveggenti furono le anlisi di Emanuele Severino circa le trasformazioni nel costume sociale che l'imporsi della tecnica avrebbe apportato, a dimostrazione che, nell'immediato, la filosofia " non serve a niente", ma che è nell'analisi della realtà effettuale e dei suoi segni, alla luce dell'esperienza culturale, la genesi di qualsiasi scoperta, sociologica o scientifica. Un potere ramificato e sovranazionale - dicevamo - capace di essere, nello stesso tempo, in ogni luogo e in nessuno, tanto da presupporne la simulazione e l'assenza in quanto fenomeno constatabile. Questo potere ha sostituito alla ricerca del bene omune il perseguimento del profitto economico, mentre, alle dinamiche istituzionali fondate sul consenso e sul pronunciamento democratico dei cittadini, oppone sempre più la platea virtuale, indistinta e quindi sterile della popolazione in Rete. Potere invisibile al posto dello Stato; Impresa mondiale anonima, al posto del Paese. Il popolo perde di rilevanza al posto dei più impersonali interessi. Un potere apparentemente impersonale, la cui piattaforma ideologica e programmatica è incurante delle istanze di giustizia sociale ed è alla ricerca di una spasmodica quanto irrazionale ricerca continua del profitto, in nome del quale gli Stati sono chiamati a sottomettersi ai dikat delle burocrazie finanziarie, dele agenzie di rating e del Fondo monetario internazionale ed a riconfigurarsi in stati-mercato o stati-impresa, nei quali i cittadini non sono più depositari di diritti politici, ma soggetti consumanti e pedine di un ingranaggio i cui fini non hanno a che fare con il benessere diretto della popolazione. Un sistema panottico, in grado di vedere tutto e, nel contempo, di non lasciarsi scorgere dai controllati. Un sistema consimile è in grado di determinare le politiche degli Stati, fino a sostituirvisi del tutto. Si tratta di una regressione rispetto a quanto conseguito con la cosiddetta modernità. Se allora si costruirono gli Stati sull'abbrivio che si doveva uscire dallo stato di natura, oggigiorno siamo ritornati su un terreno di licenza assoluta, per i soggetti economici e tecnocratici più forti ed influenti, tanto da riconfigurare l'unica anarchia possibile - come ammoniva Pasolini - che è quella del potere.Questo è stato possibile attraverso la riconfigurazione delle menti che sempre Pasolini indicava negli anni '60: l'esplosione del mezzo televisivo, la centralità dello schermo e la cultura delle immagini. Un'inversione del progredire dal sensibile all'intelleggibile, rovesciato in un ritorno al puro e semplice vedere, da cui risulta atrofizzata tutta la nostra capacità astraente, di elaborazione cognitiva di ciò che guardiamo e di tutta la nostra capacità di capire. La libertà illuministica, per la quale ci si deve far carico delle proprie responsabilità esistenziali e sociali, è progressivamente stata ricondotta alla vandea sacrificale della propria autonomia e libertà ed alla sottomissione a degli ordini "superiori" da cui attendersi un risultato ottimale e definitivo. Una trascendenza, dunque, che "garantisce" all'uomo di potersi occupare esclusivamente dei propri scopi individuali ed egoistici, nella fideistica e vana speranza di una mano invisibile, di un ordine spontaneo e un'armonia prestabilita che garantiranno, a prescindere, progresso e prosperità uniformi. Riconosciamo i connotati della società nord americana: Stato minimo, competizione sociale, centralità del profitto e l'accantonamento di quelli europei del servizio pubblico, della giustizia sociale e di un consorzio sociale nel quale il profitto non ricopre un ruolo detrminante. Il Novecento, come teatro delle grandi ideologie politiche finisce simbolicamente con la caduta del Muro di Berlino. Cade il muro del comunismo, ma il crollo di un muro non significa il raggiungimento della libertà. E' un lieto fine, ma il lieto fine c'è perché la narrazione si interrompe nel momento migliore. La caduta del Muro di Berlino celebra semplicemente la sostituzione di un ordine con un altro ordine, di un muro contro un altro muro. Ha annunciato l'uscita dal comunismo, ma, allo stesso tempo, ha affermato la vittoria dei quel liberismo duro e puro, dei cui eccessi paghiamo oggi le spese, dopo il crollo, altrettanto simbolico, del mercato di Wall Street. Siamo ora in una fase di post democrazia, nella quale la democrazia politica è stata archiviata, nella quale il potere è ampiamente delegato a soggetti non elettivi di carattere tecnico. In Occidente, ormai, il potere è esclusivamente potere economico; la cultura e il consenso democratico devono sottomettersi alle logiche quantitative e strutturalemnte inique di un capitalismo privo di contraltare, per fallimentare che sia stato sul piano storico. Resta solo un luogo ( sotto assedio ) nel quale le tendenze oligarchiche dominanti possono essere messe in discussione: è il laboratorio del mondo della formazione e della scuola. Scuola alta, ovviamente. La scuola è una struttura che può pervadere l'intera società ed è l'unico ambito, ormai, nel quale l'educazione anti-oligarchica, su base critica, può farsi strada. Deprezzare e dequalificare il mondo della scuola è un gesto, quindi, omicida e, in prospettiva, suicida. In ambito indeterminato, il Potere cerca di mortificare e marginalizzare il momento della formazione a beneficio di una semplicistica e manipolabile società dell'informazione. Le recenti rivelazioni dell'ex tecnico delle Central intelligence service, Edward Snowden, hanno dimostrato l'importanza, anche spionistica , che le informazioni desunte dalla Rete, risvestono per la National security agency statunitenze, che monitora tutto il traffico pubblico e privato di internet ed ascolta e decritta telefonate e mail di leadres politici e di privati cittadini. Anche nel mondo post guerra fredda, la capacità di intercettare illegalmente e di decifrare le informazioni, riveste una vitale importanza, un vantaggio competitivo. Gara più ardua è controllare e mistificare gli apporti culturali e formativi, per forza di cose, molto più ristretti, contro i quali si può sollevare, in ogni epoca, la canea dei normalizzati conformisti. Non ci possiamo permettere la visione idilliaca di un mondo governato dalla giustizia e dalla moralità. La realtà è che il delitto non viene punito, né la virtù premiata. Il mondo è governato dal potere che, se è tanto fisiologico che esista, è altrettanto necessario che lo si conosca e lo si renda trasparente tenendolo a distanza. Abdicare a questo impegno significa rinunciare a una possibilità essenziale che molti, troppi, prostitusicono: quella di essere ragionevolmente liberi.

mercoledì 27 novembre 2013

Ciò che la cultura nasconde.

Una delle bambine romane, di soli quattordici anni, che si prostituivano a Roma, ha parlato senza fronzoli retorici della sua esperienza. Non si è nascosta dietro dei pretesti, ma ha dichiarato in faccia al mondo che della sua decisione ha sofferto tutti gli sconvolgimenti emotivi che non poteva non comportare, per conseguire uno scopo consapevole: " dopo la prima volta, ho pianto, ma ora i soldi mi mancheranno". Più onesti ed espliciti - intendo sul piano morale - non si può essere. Quali che siano i sentimenti - spero non sentenziosi, ma partecipi - che queste parole sincere suscitano, non si cerchi di trasfigurarle e di trasformarle in qualcosa di ipocritamente commendevole. Sono degne di rispetto e basta. Pochi anni di più e non avrebbe parlato così, ma non per superiore moralità.

Non soffrire, solo alla fine.

In Belgio, con il consenso dei genitori e con l'ausilio di uno psicologo che dovrà certificare la "consapevolezza" del bambino, l'eutanasia si potrà applicare anche ai minori, anche ai piccoli la cui speranza di vita sia svanita. Che tipo di consenso allogeno potranno fornire i genitori ( e se uno fosse a favore e l'altro no? ), che tipo di consapevolezza si pretende che possa esprimere un bambino, stretto fra la disperazione e un assolto spirito di conservazione? Gli spiegheranno che lo faranno morire senza fargli la bua? Che cosa potrà spingere i genitori a sancire la delega a uccidere il loro figlio, per non vederlo ( loro ) più soffrire? Il Belgio sembra voler imitare l'Olanda su questa strada e, abbandonando l'accompagnamento psicologico, affettivo e sanitario degli sventurati di ogni età, sembra d'intravedere la rinuncia incorrere in spese "inutili" e, con esse, a conseguire un "risparmio" sull'amore, non importa se senza speranza, verso chi soffre, sia per chi ha sensibilità religiosa, sia per chi è laico. Non è questo il discrimine, che risiede, invece, nei sentimenti umani o nell'apatia. Un altro sintomo, il più grave, della crisi morale, violentemente assurda nella quale si vogliono condurre la società e i sentimenti di appartenenza comuni. L'eutanasia non può essere che una scelta adulta ed esistenziale, autonoma e privata. per tutte le altre situazioni umane non deve essere prevista. La morte dolce non esiste, cerchiamo di evitarne, almeno, l'atrocità.

Teatralità morali.

Silvio Berlusconi è decaduto. Se fosse stato un parlamentare qualunque non se ne sarebbe accorto nessuno, ma i parlamentari comuni la sfangano sempre. Sono portatori di interessi e di voti locali, sono al massimo potenze regionali e apportano suffragi ed interessi tangibili a questo o quel partito. Li mettono in palio. Laddove ci si stracciano le vesti e si accusa, si denuncia, si svolgono solo contese d'apparato che, se fossero solo supportate dalla morale e dai principi, morirebbero con il loro porponente. Dopo la condanna definitiva del leader di Forza Italia, il partito dimezzato nell'imminenza della messa in mora del suo tutore ventennale, all'ombra dell'Europa che conta, i soliti figuri cercano di riposizionarsi sotto la geriatrica regia di Giorgio Napolitano. Berlusconi ha meritato di decadere, ma se fosse stato solo per i suoi demeriti o se non fosse stato rimosso dalla Merkel e dal moribondo Sarkozi, sarebbe ancora al governo. Invece ha dimostrato di non potersi contrapporre ai suoi elettori sul piano fiscale e ha indebolito la sua capacità di mantenersi al potere, fino ad annullarla ed a farsi espellere. la sua reazione è stata debole, contraddittoria, arrovellata. Senza le larghe intese, il suo partito non si sarebbe diviso, senza il diktat europeo lui sarebbe ancora lì a menare il torrone. L'espulsione dai ranghi parlamentari non gli inibisce la rappresentanza politica, ma il gioco parlamentare gli assegna un ruolo marginale ed estremistico solo perchè è stato fatto uscire dai ranghi, rimanendo nei quali, pur con tutte le intemperanze che conosciamo, avrebbe ancora molti sodali e indomiti sostenitori. E' bastato invece che che la sua leadership declinasse, perché i suoi parlamentari e i suoi ministri, fra i quali tanti sono i democristiani a cui, prima della discesa in campo, offrì i buoni uffici dei suoi organi d'informazione, senza trovare il consenso dell'allora segretario di sinistra Martinazzoli, allorquando i democristiani si divisero equamente fra i due schieramenti prevalenti. Toccherà ad un presidente comunista realizzare un sia pur anomalo governo di unità nazionale e, su quella base, tramare efficacemente, come non era riuscito ad Oscar Luigi Scalfaro. La magistratura non ha agito politicamente; se così avesse voluto, lo avrebbe graziato, lasciando all'ostracismo europeo e alle sue ricadute conformistiche, il compito di logorare ed esiliare il padrone del partito-azienda, senza fornirgli un'aurea guerrigliera, che più latina non si può. Invece ha condotto a termine i suoi percorsi procedurali e gli ha fornito una sia pur periferica sponda. L'espulsione è solo un'ipocrita sanzione falso-moralistica. La politica di sopravvivenza, la scuola di resistenza senza (vana)gloria, è l'arte di quel mantenuto a vita e non per ventenni vari, che è il prototipo di un rappresentante istituzionale di pretesti or nazionali ora addirittura europei. La caduta del "tiranno" non sposterà di un'acca la realtà effettuale e la condizione del popolo festante.

martedì 26 novembre 2013

Lettere da un piccolo imprenditore.

Posto un altro intervento di mio nipote, co-titolare, col padre, di un'azienda meccanica in provincia di Bologna, non in quanto nipote, ma esclusivamente per le osservazioni che svolge, in questa crisi eterodiretta e politicamente incontrastata, nella quale gli imprenditori superstiti lottano con la fuga dal credito delle banche, con l'esosità, indotta dall'inaridimento delle commesse, dei fornitori e, soprattutto, con un mercato slealmente concorrenziale e con la ritirata dei potenziali acquirenti. "Parlando con un dottore commercialista, qualche giorno, ho avuto modo di ragionare sulla crisi e su come questa influirà sul sistema Italia. Lui sosteneva che era necessario aumentare il livello tecnico dei prodotti, ed incrementare le personalizzazioni degli stessi. Come esempio ha portato i produttori di caldaie, (premetto che non conosco questo settore, né le imprese attive in esso, né, tecnicamente, il prodotto). Sosteneva che era impossibile per un produttore di caldaie poter lavorare in concorrenza con un omologo cinese (il prezzo del caldaista cinese sarà sempre assai più basso) quindi dovrebbe inventarsi sistemi di riscaldamento “complessi” da installare in casa magari con componenti elettronici touch screen software per la gestione dei costi di riscaldamento, e sistemi collegati agli smartphone per azionarli; insomma elevare notevolmente la tecnicità del prodotto. Sviluppare il prodotto è capacità riconosciuta soltanto a chi fa produzione! Asseriva. Io non sono assolutamente d’accordo con questa impostazione. In primis perche in Italia ormai non c’è più un mercato sufficiente per questi oggetti (la maggior parte della popolazione ha difficoltà ad arrivare alla fine del mese, figurarsi se si può permettere un tale sistema ). Un mercato globale per questi prodotti non è fattibile, i meccanismi di protezione impongono dazi doganali. L’unico avvantaggiato sarebbe l’imprenditore cinese che dopo aver fatto fuori l’impresa del caldaista italiano, in concorrenza sleale, potrebbe finanziare un sistema simile a quello ideato dall’italiano (magari comprando l’azienda attraverso l’amatissimo sito www.vendereaicinesi .it ) Questa impostazione ci avvicina più rapidamente al baratro economico, alla fine della impresa italiana, avvantaggiando i soliti. ( chi sono? ) In secondo luogo, gli investimenti per creare un sistema così complesso sarebbero talmente ponderosi che soltanto una grande industria potrebbe permetterseli, probabilmente sarà il sistema cinese a riuscirsci, quando avrà distrutto la concorrenza Europea, segnando il tracollo definitivo e il declino dell’occidente. Dobbiamo riportare le produzioni in Europa, non solo per una questione di soldi, ma per rispondere a una questione umana e politica. Non si può riconvertire un popolo di 500 mln di abitanti che vivono in un continente dove l’industrializzazione e il lavoro anche manuale è un fenomeno culturale, in qualcos’altro, neppure specificato, in pochi anni, solo perche qualcuno ha deciso così. Facciamo un esempio pratico: è comune a moltissime persone in Italia un percorso formativo legato all’industria e all’uso di macchinari per la produzione massiva. Un capo officina sui 50 anni ha alle spalle un percorso che lo ha trasformato negli anni fino a diventare un eccelso operatore meccanico. Chi può prendersi la responsabilità di dirgli che non è più competitivo e che deve riconvertirsi? Che cosa si pensa possa fare uno che ha dedicato la propria vita alle macchine utensili a 50 anni? Che possa fare il consulente finanziario? Se la politica non è funzionale alla gente, se la politica non è in grado di distinguere con chiarezza i punti forti della popolazione ed esaltarli costruendo un sistema che incentivi certe figure anziché buttarli via, perché altri paesi si sono resi, artificiosamente, più economici. Allora la politica diventa un danno. Avete esposto i lavoratori e le industrie europee a una concorrenza globalizzata, sfavorendoli. Dove pensate di arrivare dipendendo più o meno (a seconda della legge elettorale) da loro? La decadenza dell’occidente è un fatto meramente politico, è il mercimonio piuttosto che la cura e la tutela delle persone. Sono i mercanti nel tempio, nel tempio della politica, a consentire tutto questo, per interesse conservativo di apparati. Sono questi politici ad aver tradito la Politica e la sua Funzione. Sono gli interessi minori, in quanto particolari, contro gli interessi di tutti. Nessun sistema può essere contro gli esseri umani, L’economia deve essere al servizio degli umani, mai il contrario. Quando un sistema si rivolge a se stesso e non più all’esterno, diventa dannoso in assoluto. Quando un parlamento si riferisce a se stesso escludendo i cittadini o non rivolgendosi a essi, diventa dannoso. Quando un' azienda si prefigge come unico obbiettivo il profitto anziché il prodotto e le persone, diventa dannosa. Allo stesso modo gli strumenti finanziari e la finanza in generale devono essere al servizio dell’economia reale, non il contrario."

domenica 24 novembre 2013

Realtà evidenti che non si vogliono prendere in considerazione.

Le PMI italiane hanno già chiuso a centinaia e abbattuto il reddito di intere province. La maggior parte degli imprenditori ha dovuto subire una crisi indotta dalla supina accettazione dei diktat di una entità estranea alla tradizione ed ai costumi sui quali si era fondata la dorsale economica dell'Italia, che aveva visto una partecipazione territoriale e professionale alle vicende della produzione e consentito alle maestranze di mantenere la vicinanza al loro territorio e di consolidare i propri legami morali ma anche economici. Qualche imprenditore se ne è andato solo perché stufo o perché troppo anziano per affrontare nuove riconversioni, qualcun'altro ha delocalizzato gli impianti e le commesse. Molti altri, in condizioni di difficoltà e di solitudine e con un'attività forzatamente ridotta, continuano a battere il chiodo, fidando sulla abnegazione e sulla energia di motivate new entry, non ancora involute in pure contorsioni speculative. Uno di questi lo conosco bene. E' mio nipote. " La crisi è una sintesi di tre problematiche Lavoro (sfruttamento) Tasse (paradisi fiscali) Istituzioni (conniventi con chi sfrutta). Europa Lavoro, e lo sfruttamento dei “paradisi produttivi” Risultato: Ingiustizia e sperequazione PMI e ruolo per una migliore redistribuzione e più dignità Le PMI hanno un ruolo importantissimo, non soltanto in Italia, non soltanto perché considerate spina dorsale e muscolatura economica del paese, ma per la loro capacità di far fiorire le persone, di migliorarne le capacità attraverso il Lavoro, di garantire loro e insieme a loro un futuro concreto. La possibilità di costruirsi una famiglia in una casa e riempire la propria vita di bei ricordi. Ogni piccola impresa ha un capo officina, ha un capo ufficio commerciale, ha un capo ufficio tecnico. Per quanto possano essere ridimensionabili queste figure in relazione all'organizzazione aziendale nel suo complesso, ognuna di queste figure avrà la possibilità di distinguersi nel mondo grazie alle proprie capacità (es. diverrò il più bravo commerciale del settore puntaspilli) e di ottenere una certa tranquillità economica. Lavoratori retribuiti possono consumare e rilanciare il volano economico Centri storici e grandi catene. Un sistema che premia soltanto le aziende di grosse dimensioni, capaci di internazionalizzarsi, di portare la produzione in low cost country (Cina, India, Vietnam, Cambogia etc…) e la sede legale in qualche paradiso fiscale. Aziende spesso prive di tecnologia e qualità del prodotto, ma capaci di svendere beni a bassissimo prezzo, aziende che soppiantano le nostre botteghe storiche nei centri urbani, a volte medievali, trasformandoli in orridi ibridi tra centri commerciali e discoteche. Aziende che si avvalgono dei contratti a tempo determinato per quella poca manodopera che sfruttano dove il materiale viene venduto. Lavori spersonalizzati e spersonalizzanti, dove le competenze e l’investimento in capitale umano non vengono neppure presi in considerazione. Meglio avere persone con un futuro incerto che lavorano in strutture dove tutto è preimpostato, con la spada di Damocle del non rinnovo, e dove metterci del proprio può essere controproducente per il lavoratore. Noi invece abbiamo sempre saputo che un dipendente è un investimento per una azienda. È necessario insegnare il mestiere (pratica assai costosa) e cercare di estrarre il meglio dalle persone in funzione delle capacità dei singoli, per cercare di ottenere le migliori professionalità possibili. Alla base di ciò c’è un discorso umano, e non economico. Avere i migliori significa poter costruire la squadra migliore, nella quale ognuno si riconosce, si rispecchia nella base di ciò che è più importante per un lavoratore, per un uomo: la Dignità. Quando tornerete in Centro cercate di evitare quei postriboli commerciali, dove tutto è stato barattato con la marginalità e con il profitto, a partire dalla dignità umana. Aziende che producono in paesi dove la popolazione accetta condizioni di lavoro inumane, dove persino chi viene assunto per lavorare 12 o più ore al giorno è sottoposto all’umiliazione di non poter avere un compenso sufficiente per coprire i costi necessari alla propria nutrizione. E mentre ciò avviene, molte aziende Italiane chiudono i battenti, incapaci di confrontarsi con realtà così rapaci, mentre general manager, CEO, e altri clarkipodi volano in business class alla ricerca di nuove realtà da spremere, spolpare. Gente appositamente selezionata per alcune capacità e una assoluta noncuranza per nulla che non aumenti il profitto, certamente i loro stessi stipendi. I nuovi negrieri. Bisogna fermare tutto questo. La globalizzazione non può essere un grosso affare per pochi, ma l’occasione di migliorare l’umanità nel suo insieme. DECISAMENTE NON SENZA RETORICA!!(?) Che cosa vuol dire? Non capisco. Caos e ordine Trattasi delle due fasi costituenti del cosiddetto sviluppo. Una parte creativa, detta caos, permette di produrre nuovi comportamenti, elaborare nuove idee. Supponiamo che la totalità delle persone viva in un appartamento con un soggiorno con un tavolo e una porta apribile soltanto con delle chiavi che normalmente teniamo in tasca. Un giorno in cui abbiamo più fretta del solito decidiamo di appoggiare le chiavi sul tavolo, in soggiorno e prendiamo l’abitudine di lasciarle lì perché è più comodo che rimetterle in tasca. Supponiamo altresì che chi condivide la casa con noi non possa condividere anche la nostra scelta di lasciare le chiavi sul tavolo, in quanto si tratta di uno studente che usa il tavolo per i propri studi. A questo punto si rende necessaria la seconda fase: l’Ordine. La fase detta Ordine diverrà un processo attraverso il quale si renderà un po’meno efficiente per noi l’ingresso in casa, in quanto sarà frutto di una trattativa, magari conclusa con la regalia di uno svuotatasche da lasciare su di una mensola all’ingresso, ma congeniale a tutti, finalizzato al rispetto di tutti. E da una prima efficienza realizzata, ma pagata con una disefficienza da altri, (una esternalità negativa), passeremo ad una Paretoefficienza, una situazione migliorativa per tutti. Spesso le fasi di crisi, sono da legare strettamente alle fasi di caos, tuttavia le fasi di crescita sono strettamente connaturate all’ordine. È ormai da troppo tempo che viviamo in periodo di caos/crisi e ciò che è deputato a porre ordine come le istituzioni è latitante. È tempo di imporre regole finalizzate al rispetto e al riequilibrio. Ciò non può essere barattato con qualche vantaggio economico. Il rischio è che il caos si imponga sull’ordine e che i veri costi vangano pagati da altri, almeno fino alla ribellione. Ciò è tanto più vero quando pensiamo per esempio alle enormi differenze fra i costi di produzione in una LCC(?) rispetto ad a quelli di un paese Europeo. Ma può essere vero che comprare un bene dall’altra parte del mondo possa essere così più economico? In realtà il costo di produzione di un bene in una realtà come una LCC è pagato da altre entità, (laggiù il caos è imperante). Un esempio calzante è l’inquinamento in Cina. Durante un viaggio in Cina ho avuto l’occasione di leggere un giornale locale, ovviamente in lingua inglese, dove ho trovato un articolo estremamente interessante: In un' area rurale della Cina, alcune falde acquifere erano state contaminate da alcune industrie locali con degli inquinanti come il piombo. Le autorità, certamente complici e conniventi, avevano evitato di fare controlli per anni. I bambini di quella zona che sfruttavano quelle falde per i propri bisogni, avvelenati lungamente, avevano sviluppato un forte ritardo mentale (effetti del piombo su giovani in fase di crescita). Ciò aveva scatenato la protesta degli abitanti e si erano resi necessari dei controlli che avevano portato alla luce questa triste realtà. In Europa per la costruzione di un azienda a possibile impatto ambientale le normative sono estremamente severe. In Italia, poi, il limite della severità è andato ben oltre il limite della logica e del buonsenso appesantendo troppo le imprese. Le esternalità negative, cioè che siano altri inconsapevolmente a pagare il conto, sono mostruosamente inefficienti e spesso frutto di imbecillità e rapacità. In quell’area i costi generati dal mantenimento e dalle cure per i bambini con ritardo mentale (per non parlare del costo opportunità di aver avuto ragazzi attivi e magari ben preparati in grado di fare qualcosa di buono) supereranno certamente i benefici incassati dalla azienda locale, comunque facenti parte del patrimonio personale dell’imprenditore, pagato dalla comunità con ben poche speranze che la stessa possa ottenere qualcosa a compensazione. Dal momento che, industrialmente, certe attività di smaltimento dei rifiuti sono grande componente di costo, le aziende cinesi inquinatrici si sono avvantaggiate rispetto alle aziende europee, che forse in molti casi, a causa della concorrenza sleale, sono state chiuse. Da un punto di vista esterno, questa situazione ha creato: - Danni alla popolazione locale. - Il costo opportunità di non poter sfruttare le potenzialità dei ragazzi affetti - Abbiamo perso delle realtà industriali di ottimo livello che non creavano esternalità - Abbiamo perso posti di lavoro che avrebbero permesso una vita serena e magari la nascita di qualche bimbo, magari un nuovo Leonardo in Europa. I vantaggi sono esistiti soltanto per l’imprenditore cinese che si è venduto la salute dei suoi concittadini e per l’azienda che acquistando ha abbassato i costi di produzione (e quasi sempre ha aumentato i margini, non diminuito i prezzi). Ciò aumenta il divario fra le classi sociali, spazza via la classe media e ci riporta a quei risultati che sono sotto i nostri occhi da tempo. È necessario che vengano imposte delle regole per limitare al massimo le esternalità e i paesi che non intendono applicarle, e ce ne saranno molti, dovranno essere estromessi dalla competizione attraverso i dazi doganali. Ciò soprattutto perché più lavorano più danneggiano il pianeta e loro stessi. "

La società potata.

Il Nuovo Grillo di Bologna era una Onlus che accoglieva bambini abusati, maltrattati e abbandonati, italiani e stranieri. Bambini e basta. Qualche altra associazione privata collaborava al recupero e all'inserimento di psicologie altrimenti ripiegate per sempre. Il Comune di Bologna, inizialmente, li aveva supportati: i costi di gestione annui di due case-comunità ammontavano a 160.000 euro. Ultimamente, senza colpo ferire, li ha però abbandonati, non li ha ritenuti una priorità e i generosi istitutori si sono trovati a combattere con le cartelle esattoriali, le bollette e le spese di mantenimento degli educatori - tutti licenziati - e dei bambini, che affluivano da ogni regione d'Italia e comprendevano molti immigrati. La generosità amministrativa si è burocraticamente isterilita, i buoni, anzi ottimi propositi si sono infranti contro una non selettiva politica di mantenimento ad oltranza di tradizionali guarentigie pubbliche, pur con, per moltissimi, insostenibili aumenti delle rette. Improvvisamente, per la seconda volta consecutiva, i bambini saranno restituiti all'abbandono e, con esso, alle più deformanti ed avvilenti esperienze nell'età della loro formazione. Talune patologie neurologiche erano già in corso di recupero; lavoro ed impegno per un obiettivo umanamente e socialmente utile, sono andati sprecati, a beneficio del mantenimento di apparati vischiosi, dell'utilità di alcuni dei quali è lecito dubitare e che avrebbero potuto trovare una facile conversione e accorpamento. Se su ogni specie prevale il criterio della minor spesa, presto la gran massa della popolazione dovrà accontentarsi di una socialità minore o addirittra monca, come l'incontrastato evolversi della situazione generale lascia da tempo intravedere. I facchini extracomunitari dell'Interporto, sempre a Bologna, hanno manifestato ieri e denunciato lo sfruttamento della Lega delle cooperative, chiedendo anche il reintegro di novantuno fra di loro che furono licenziati dopo analoghe manifestazioni contro la Granarolo, poco prima dell'estate. Chiedono salario, dignità e diritti e accusano la Coop di essere un ente dedito solo alla spartizione dei profitti. E' certamente così, è sempre stato così nel mondo dell'azionariato e anche in quello delle associazioni cooperativistiche, con la differenza che, quest'ultime, nel consorziarsi si davano man forte nel rafforzare la base produttiva e commerciale e, alla fine di ogni gestione, provvedevano a spartirsi gli utili, ma anche a deliberare assemblearmente accantonamenti e nuove implementazioni del lavoro comune. Da tempo non è più così. Le Coop. si stanno trasformando in finanziarie, dispongono di una bancassicurazione fra le più importanti d'Italia, per questo già al centro di trame per nulla trasparenti, trattano i dipendenti come qualsiasi altra impresa costituita a fini di lucro e, pur non praticando per ora politiche di discriminazione e di licenziamenti, anzi enfatizzando la più ampia sindacalità, ma solo nell'ambito bancario e finanziario, se ne valgono per controllare e vessare le maestranze, mentre si dedicano ad ogni supporto non istituzionale agli Enti locali, comprese le librerie gastronomiche, la rilevazione di altre librerie storiche - la Zanichelli di piazza Galvani - ecc., facendo mugugnare i vecchi cooperatori che non la riconoscono più. I lavoratori extracomunitari, inquadrati al livello minimo, in mansioni di fatica, sono, anche per loro, degli estranei fastidiosi, da utilizzare ai margini e da enucleare se alzano la cresta. E' importante che lo facciano, sempre meglio organizzati. Domani, per le vie del centro, si svolgerà la manifestazione delle donne contro la violenza di genere: nelle scuole, se l'insegnante della prima ora sarà femmina e partecipante, non si terranno neppure le altre ore di lezione; altrimenti, l'accesso alle aule sarà regolare. E' invero una strana forma di solidarietà selettiva che creerà disparità nello svolgimento delle lezioni e certamente le solite polemiche genitoriali, che finiranno per coinvolgere anche l'argomento dello sciopero civile, senza influenze economiche. Gli uomini non sono invitati. Come già più volte indicato, queste manifestazioni non hanno più un carattere classista, non si rifanno più ad una ben individuabile categoria di lavoratori ( per esempio quelli della FIAT ), ma riguardano associazioni estemporanee che si formano fra persone che, lavorativamente o meno, vivono od avvertono una situazione di disagio e di ingiustizia, che denunciano e di cui chiedono la sanatoria. Lo spezzettamento delle rivendicazioni sembra andare di pari passo con lo spezzatino degli impieghi e delle società che li offrono, mentre libere associazioni concettuali o morali si propongono, senza verifica di consistenza e di rappresentanza. Sono, per così dire, portate dalla corrente, senza che vi sia consapevolezza di un possibile approdo.

venerdì 22 novembre 2013

Retroscena.

Se le dimissioni di Silvio Berlusconi furono dovute a una sorta di ingiunzione all'Italia a contraddire ogni politica autonoma e l'impennata dello spread, oggi attutita e non avvertita, era succedanea alla ingenuamente ventilata intenzione del leader democraticamente eletto e insignito di uscire dalla moneta unica, andrebbero rivisti molti dei giudizi, fondati su formulazioni parziali, insufficienti e rincarati da distorsioni ad hoc. Personalmente credo che il Cavaliere sia responsabile di molte delle accuse che gli sono state rivolte, che la sua politica sia principalmente affaristica e dinastica, ma la sua decadenza è coincisa con la lettera di commissariamento della Unione europea, i cui contenuti non sono mai stati resi noti. Già questo basta a inficiare la legittimatà dei Governi che si sono succeduti e dell'unica linea di acquiescenza, garantita da Giorgio Napolitano e dal PD. Non credo che la magistratura si sia inventata le accuse, pur sapendo che da quarant'anni, pronubo il deputato Violante, si è divisa in frazioni organizzate, all'interno delle quali la "politica giudiziaria" è certamente presente: è però un fatto che, fino alla caduta dei blocchi contrapposti ed alla messa in mora del PCI, non si era mai mossa, pur in un contesto di corruzione sedimentata e ben avvertibile anche al livello del popolo. Il moralismo, non del tutto alieno da ambizioni, dei giudici di rito ambrosiano, accompagnò il cupio dissolvi di strutture economiche e finanziarie che, pur corotte fino al midollo, distribuivano ricchezza e non erano costrette alla meschina usura comportata dalla ricerca spasmodica del profitto di nuclei ristrettissimi ed insignificanti in termini di macroeconomia. Il pampa-Papa si corregge, recalcitra, controriforma il suo dire, invero poco credibile, nella versione che ne è stata riportata sulla Repubblica e sulla Civiltà cattolica. Troppo soggettivismo, troppo demando alla coscienza, forse troppa condiscendenza, ora corretta, verso un mondo progressista, intriso di giacobinismo o marxisteggiante. Nom mi ha sorpreso. Al Papa non cattolico non avevo mai creduto, ma mi si ripresenta alla mente quella sensazione che ebbi all'atto della sua elezione: non mi piacque; non mi piacque la sua scenografica volontà di osmosi col sentimento ingenuo del popolo, non dissimile a quello del da lui tanto ammirato Papa polacco, che però era un "nazionalista" ecclesiastico. Il gesuita francescano mi era sembrato un demagogo astuto ma insidioso, come la società latina dalla quale proviene e della quale anche noi facciamo parte. Si decida: adesso è in Europa, sia pur nell'ambito di un'Europa minore. Non pensi di poter dire e poi disdire. O forse si, alla Berlsuconi, altro ottimo comico, con tendenze troppo godereccie per essere minacciose. A differenza dei Papi e di quelli "pampa", in particolare. A Genova, gli autoferrotranvieri conducono un'ultima disperata battaglia contro lo spezzettamento privatistico del loro lavoro. Ormai le lotte dei lavoratori si sono ristrette alle categorie e, per questo, sono destinate a fallire e poi a trascinarsi indefinitamente per tutte le ricadute professionali e retributive che la privatizzazione delle tratte centellina nel reticolo urbano, senza che una visione complessiva, un senso di appartenenza civico prima che professionale, possa cementare politicamente la resistenza alla deframmentazione della classe subalterna. Un uomo di mezza età, con un fucile a pompa, un'arma simile alle "canne mozze" ma ad avancarica, che ne condivide l'effetto esplodente sul bersaglio e rende, quasi sempre, mortale anche una ferita "periferica", se ne va a spasso per la caliginosa, ma affascinante Parigi pre invernale. E' ordinato e vestito sportivamente, si presenta come reduce dal carcere e, dopo essere entrato...spara. Agisce nel cuore della metropoli francese, ma meglio sarebbe definirla internazionale, dato che, dei dieci milioni di cittadini che la popolano, solo tre sono francesi. E' stato chiaramente ripreso dalle telecamere del quotidiano della "gauche", divenuta estrema per la mancanza di concorrenza: una specie di Manifesto transalpino. Ma, mi pare, che si sia presentato anche in un altro immobile, dove non è riuscito a mandare in coma un altro povero malcapitato, nella fattispecie un fotografo, probabilmente freelance. Costui, a quattro giorni e mezzo di distanza dalle sue documentate imprese, gira libero o se ne sta acquattato da qualche parte, con il suo compagno-fucile, pronto all'uso estemporaneo, ma non per questo prossimo. Forse se ne sta rintanato in una della spaziose mansarde, sotto i tetti altissimi, che, da ultimo, Simenon ha tante volte evocato nei suoi improvvisati romanzi, eppur ricchi di sfumature. Parigi, in questa stagione, è fatta di brume che proteggono dalla confusione e dal coinvolgimento nelle vicende individuali. A sera, i clochard si stendono sulle grate di sfiato del riscaldamento delle case e degli empori: non uccidono, muoiono così. Anche le pattuglie della polizia non si fermano per parlargli. La Ville non soffre del terrore che le viene attribuito. La vita vi si svolge senza nessuna interruzione e senza particolari cautele. E' un contesto distaccato, nel quale la possibilità di incontrare il gratuito assassino e, soprattutto, di esserne il bersaglio, è remota e affidata al Caso. Non sarà per la paura di vederlo irrompere in platea che il Moulin Rouge sospenderà i suoi spettacoli, nel Teatro che è diventato monumento nazionale di Francia e le vecchie signore sole, senza denti ma marcatamente truccate, continueranno a sedersi a pranzo, la sera, da sole, masticando con le gengive e mettendo in moto tutti i muscoli del viso. Hanno fermato un ragazzo. E' calato il silenzio, ma non è stato incriminato. Potrebbe anche non colpire più e svanire nell'immortalità di un'istantanea. E' un étrangere, un estraneo metropolitano.

giovedì 21 novembre 2013

Costumi atavici, purtroppo sempre possibili.

Vivevano in una normalissima casa di una normalissima strada. Tre povere donne, nella cosmopolita Londra, senza che nessuno se ne curasse, mentre i loro aguzzini, una coppia di coniugi di sessantasette anni, le avevano ridotte in un tale stato di soggezione e controllo, da essere certi che non avrebbero mai chiesto aiuto ad alcuno. E' stato per questa tardiva sicurezza che le tre sventurate, sopo essere entrate in contatto con il mondo esterno, attraverso un documentario televisivo, hanno contattato ( avevano una portavoce fra di loro )l'associazione di cui si parlava e, dopo molti tentennamenti, si sono risolte a fuggire da una situazione etologicamente, prima che culturalmente mai assimilabile del tutto. Una ha già sessantanove anni ed è malese, una delle tante asiatiche che vivono a Londra; un'altra è irlandese ed ha cinquantasette anni; la terza è britannica ed ha trent'anni, non è, cioè, mai stata libera, ma è l'unica ad avere ancora una possibilità di riscatto. La rispettabile coppia le aveva ridotte ad essere le proprie schiave e nessuno, nell'ambito di un quartiere "normale", se ne era accorto o, più probabilmente, se ne era curato. L'acquisizione delle tre povere persone dovrà essere chiarita, ma si presume che a Londra esista un "mercato" parallelo della "forza lavoro", acquisibile nei ranghi degli stranieri "senza referenze" dispersi nell'indifferente metropoli. Il caso della bambina, si direbbe appena partorita ed oggi trentenne, è un altro terrifcante segnale di una realtà, probabilmente non ignota e rimossa, in quanto non "cosa propria", nell'ambito dei diseredati. Questa ragazza sa almeno leggere, scrivere e far di conto elementarmente? O è nella condizione di essere comunque ai margini e sottoposta all'arbitrio di chiunque, dato che all'impegnativo buon volere delle "altre" persone e famiglie, non è lecito sperare. Certamente non a questi livelli di situazione. Chi può aspirare ad "adottare" una trentenne con una vita mutilata? Una coppia senza figli? Credo di no. Ecco manifestarsi un fenomeno di schiavitù urbana, storicamente non sconosciuto: era praticato sui trovatelli, sul "bottino di guerra", sui "provinciali" senza referenze, anche nelle società antiche, greca e romana, ma non solo, in primis. Ed ecco che nella megalopoli, dove le comunità pakistane vivone chiuse all'interno delle loro famiglie e del loro clan, nei quali le donne, ad esempio, spesso parlano solo l'hurdu e mai si mischieranno agli inglesi e nelle quali, sui quindici anni, molte ragazzine scompaiono per essere date in mogli, attraverso le combinazioni coniugali, a connazionali, sul suolo inglese o in Pakistan e non fanno ritorno a scuola, dopo le vacanze estive, viene casualmente scoperta una relatà di prigionia e sfruttamento, garantita dalla paura di essere per trent'anni ( e prima? )e dalla nascita ridotte in una condizione di uso e negazione di personalità, nella quale, solo il richiamo di una coscienza timorosa - come meravigliarsene, che cosa faranno ora? - ma sopravvivente, le ha affrancate dal servaggio, del quale una coppia si valeva, forse con qualche pretesto autogiustificatorio, del tipo:"con quella gente, si può fare; è sempre avvenuto". In fondo, chi sono?" Sarebbe atroce, ma ormai non si può escludere. Nella fattispecie, le serve, denominazione in latino delle antiche schiave, erano tre donne, sfruttate secondo una tradizione di usuale utilizzo nell'ambito della casa, alternativa allo sfruttamento sessuale delle antiche etere, come capita alle bambine povere del nord della Thailandia e a tante altre sventurate, senza istruzione e senza difese, in ogni parte del mondo. Anche nella liberale Inghilterra e non solo negli slums o nelle terre di nessuno del suo tessuto urbano, ma anche nell'appartamento accanto, in un quartiere di piccola borghesia. Ai diversi livelli di (in)consapevolezza permangono e si tramandano usi consoni al costume e alla cultura di chi li pratica e nei quali, la solitudine e la mancanza di mezzi, non solo materiali, ma anche espressivi e della consapevolezza della propria dignità, possono tramandare ogni sorta di nequizia, accanto e parallelamente ai buoni convenevoli dei più fortunati.

mercoledì 20 novembre 2013

Domande al vento.

Perché tanto accanimento nel salvaguardare un clientelare Ministro tecnico? Perché dalle dimissioni di un Ministro non più credibile, oppure sfiduciato, dovrebbe derivare la caduta del Governo? Se Cancellieri viene blindata e diventa cardine delle larghe intese, una ragione ci sarà. La Ministra Cancellieri raccomanda perché, con ogni probabilità, per tutta la sua carriera, anche quella post quiescenza, è stata raccomadata e qualcosa in cambio avrà pur dovuto riconoscere. La Ministra Cancellieri sistema i suoi figli e poi i guai di chi glieli ha sistemati. E' chiaro che i "moralisti" mirano a mettere in difficoltà il Governo, più che a punire un'immoralità neppure percepita in Italia, ma la dott.ssa Cancellieri dovrebbe andarsene, possibilmente da sola. Cancellieri aveva detto che non avrebbe accettato di essere un Ministro dimezzato. Le condizioni mi pare che sussistano, anche perchè il tiro al bersaglio continuerà. Se si dimettesse, toccherebbe a un altro ad essere messo sotto accusa. Se fossero più discreti e onesti, meno in conflitto di interessi con la carica che ricoprono, risulterebbero parole al vento. Ma così non può essere, se lo stesso Monti, ad esempio, ha sistemato un figliolo alla Parmalat - e non fa il mungitore - contestualmente alla nomina governativa dell'ex commissario al provocato default.

martedì 19 novembre 2013

Infusioni.

Piuttosto che niente, è meglio piuttosto. Così avrei intitolato l'accordo di rinnovo, dal 2007, del contratto aziendale. La stipula è intervenuta durante il blocco della contrattazione, in polemica con la disdetta dell'A.B.I. e per non aprire la strada ad accordi minori, rispetto ai demandi di un contratto nazionale, che le aziende vorrebbero superare. Il Credem - stiamo infatti parlando del Credem - lo ha sempre reinterpreatato e disapplicato. E' difficile che il superamento completo del Contratto nazionale avvenga questa volta, è difficile che non avvenga la successiva. L'interregno - secondo me - servirà a preparare il terreno, la base di innesto dei contratti aziendali o di Gruppo. In previsione di tutto questo, è venuta meno la pervicace volontà del Credem di bypassare qualsiasi demando di un qualsiasi contratto nazionale di categoria e, men che meno, in termini migliori, cioè per lui più onerosi. Ma, se il contratto di categoria è in via di trapasso, può valerne la pena per non farsi trovare scandalosamente ignudi, dall'epoca dell'Eden, al cospetto di nuove, interessanti involuzioni. Peccato non esere stati partecipi del lungo e faticoso lavorio che aveva portato le cose ad uno "stadio così avanzato" da dover essere sancito, in deroga, nonostante il reciproco atteggiamento di schiena contro schiena. Comunque, finalmente, qualche criterio pare essere stato individuato e, fra di essi, fa spicco la deducibilità fiscale e il maggior contributo aziendale al cogestito Fondo pensioni. Quanto al quadro di riferimento, una specie di mensa dei poveri, abbiamo appena visto come sia facile infrangerne la cornice ed il Credem è fantasioso nelle interpretazioni. La tutela del Credem sui suoi affiliati è totale e non si vede in che maniera possa essere aumentata. La si infiora di welfare purchè sia rigorosamente cogestito in azienda. La formula della Coca Cola è stata svelata e sarà applicata per la determinazione del premio aziendale - vedremo a quante verifiche di conformità sarà sottoposta - fino alla concorrenza massima di trecento euro lordi. Piuttosto che niente... Le figure professionali, o meglio i loro acronimi, potranno godere di un inquadramento minimo, una volta superato il quadriennale periodo di prova o aver replicato per dodici volte , implementando ogni due turni le loro mansioni, i tre mesi estivi o invernali o aver assicurato le sostituzioni, per lo stesso lasso di tempo, vale a dire per il periodo massimo previsto all'uopo presso il Credem, per le maternità. Mi viene il sospetto che qualcuno non colga nella descrizione il contenuto allegorico e grottesco che vi ho instillato e si metta a "sindacare" sulla difformità dei dettagli. Se così è, correrò il rischio dell'incomprensione. Fantozzi è partito con la sua gloriosa Bianchina. Dove approderà? Al meglio concedibile o al "si stava meglio quando si stava peggio?" Se ne sarebbe potuto discutere durante la faticosa trattativa, coinvolgendovi i destinatari, raccogliendone le esigenze e i suggerimenti, supportati, se necessario, con azioni di sciopero mirate. Invece, niente di tutto questo. Non che altrove la situazione sia molto difforme, ma su qualche aspetto significativo, le mini-mobilitazioni si sono verificate. Casomai non si trattava di trecento euro lordi, che sono la somma di quanto spuntato una volta dai confederali, di destra e di sinistra ( 250 euro ) e dalla FABI, autonomamente ( 50 euro ). Sfugge, di fronte a questa aritmetica, la ragione di tante divisioni - non credo che sia un "divide et impera" aziendale , bensì di bottega sindacale, dal momento che la FABI è un sindacato che, nel Credito, "rastrella" e si rischierebbe di offuscare un comodo equilibrio, mettendo in discussione il quale, si sinergizzerebbero beghe e riposizionamenti, unica causa possibile di prese di posizione vere da parte del sindacato in genere. Onde alte nel Credito e nelle contese sindacali per le posizioni di medio-vertice. Risacca al Credem, che continua a imporre e non divide gli interlocutori, ma li consolida così, divisi come sono. Compete loro solo di aderire e partecipare, conformemente a quanto è riservato agli altri dipendenti. Vale per tutti gli "altri" il principio, pardon..il protocollo, per il quale chi è dentro è dentro, chi è fuori è fuori.

Omologazione.

La stampa radicale e laica è tutta un fremere di sdegno e un invocar manette, regole, dispositivi coercitivi. La linea è quella del neo-comunitarismo e del neo-liberismo insieme; quanto all'osservanza, è rivolta verso il basso, in un digradare di invidiosi moralismi. Dimettiti! Autoaccusati, sparisci! Sembra la rivisitazione del: sei vecchio, accantonati o lasciati accantonare! In nome di che, poi? Della solidarietà, ad esempio, che, esclusa fra potenti e deboli, fra ricchi e poveri, non può che esercitarsi, come l'uguaglianza, ai minimi termini e siccome a "pagarla" sarebbero sempre i ricchi e i potenti solidali, non può, non deve che essere ad appannaggio degli sfigati di ogni età. Il pampa-Papa, quando invita i giovani a "fare casino", li fomenta alla contesa con con altri derelitti per la "giusta mercede" che sarà. Come non c'è più distinzione fra destra e sinistra, se non relativamente ai propri vantaggi personali, che sono certi ed identificabili a destra e fumosi e sfuggenti a sinistra, non c'è più diffrenza sostanziale fra stampa para-confessionale e stampa raziocinante, se non quella che corre fra un'élite del denaro e, molto subordinatamente della cultura velleitaria e un populismo inane, intriso di utopica malizia. Il periodo, ormai storico, è caratterizzato dalla sordina raziocinante, dalla dissimulazione pseudo-culturale, dalla fretta verso un obiettivo che deve restare irraggiungibile, da una consumazione paurosa di poter venir meno. Le modalità d'inserimento strumentale si esercitano senza un minimo di ritegno e di vergogna: si prova uno speranzoso malcapitato per tre mesi, lo si replica per altri tre, a distanza di tre; al terzo ingaggio, quando scatterebbe l'assunzione obbligatoria, gli si cambiano nominalisticamente le attribuzioni per far ricominciare il processo di svilimento daccapo. In questa società non ci sono più vincoli morali e nessuno fa una piega se, all'atto dello stringimento di un rapporto, ci si perita di poterlo abbandonare in breve, rendendo illusorio il raggiungimento di un qualsiasi obiettivo, che non sia il lucro temporaneo per l'acquirente della merce-lavoro. In questa melassa di immoralità, tutti si stracciano le vesti: Dimettiti!, Accantonati!, Vattene! e via di seguito, con chiunque altro subentri. Omologazione "diversamente" - come usa dire - autoritaria.

sabato 16 novembre 2013

Rimestando, rimestando.

La scissione antigiudiziaria contro quella filogovernativa e Troikista si è consumata come era scontato e prevedibile. Democristiani d'epoca e un socialista ex sodale di Loggia vanno a costituire un moderato, nel senso casiniano, puntello al Governo nato dal golpe di un comunista, ispirato dall'Europa. Fu dopo quell'intervento esterno, come quelli degli americani, in ambito NATO durante la guerra fredda, che Berlusconi decadde e si mise in moto una spirale untuosa di riposizionamenti, nei quali la vecchia guardia democristiana si è trovata particolarmente a suo agio. Che la"nuova" compagine sia guidata da uno scialbo volto ( non lo trovate un po' simile a un geco, lucertola compatibile con le sue latitudini e presente uniformemente in Calabria e Sicilia, come fin sotto il Sahara? )ancor fresco, ma così debole e influenzabile da essere stato "figlio" di Berlusconi e ora pupazzo delle larghe intese, ha una valenza temporanea, in attesa che la DC, nelle trasformistiche vesti del popolarismo simil-europeo, conosca la sua resurrezione. Col tempo, molto tempo, potrebbe essere una riedizione vincente in un'Italia abbarbicata a modelli moderati, se non mettono in pericolo i risparmi. E' questa l'avvertenza reale del cosiddetto pericolo comunista, che con abilità, il Cavaliere de no'altri, ha evocato anche oggi, apparentandoli alle più varie e incongrue categorie all'assalto della "nostra" sicurezza. Il fatto è che il modello, non è valido nelle attuali contingenze; la sottomissione ipocrita alle pretese della commissione europea, sancite da una lettera che non è stata mai resa nota, cozza contro la grifagna volontà dei redditieri e coinvolge la pavida avarizia dei risparmiatori, di non pagare tasse a nessuno, a prescindere dall'Italia o dall'Europa. Quindi, il rilancio berlusconiano, sarà efficace. Altrettanto efficace sarà la scelta indotta degli "alfaniani", per il tempo che sarà necessario. Poi, il Presidente Quisling, potrà andarsene in pensione, mentre Alfano dovrà cercare di defilarsi dai suoi in buona parte geriatrici capitani di ventura, per acconciarsi al popolarismo casiniano o a qualcosa di simile che sarà.Comincia la passerella televisiva dei "nuovi" centrodestri. Sotto la ragionieristica egida nord europea, il magma politico si riespande e si riaggruma; sarà così anche nel cosiddetto centro-sinistra, nel quale i cattolici mai aderiranno al gruppo socialista del Parlamento europeo, né potranno svolgervi politiche comuni. Patetica e sfrontata la sorridente partecipazione di Enrico Letta, al Congresso della SPD tedesca. Lui, come suo zio, sul versante conservatore e reazionario, può recitare su diversi palcoscenici, in nome di diverse appartenenze, sulle quali ha temporaneamente messo il cappello che Giorgio napolitano ha voluto fornirgli, conoscendo le capacità che hanno in famiglia, a "farsi invitare". Mentre, in Italia, come in Grecia, i Governi di grande coalizione che, per volontà esplicita, in Grecia, della Troika e dissimulata da complici golpisti, in Italia, condurranno le popolazioni al macello e alla riformulazione della stratificazione sociale ed economica, i partitini e i movimentini, smembrati e reinnestati, continueranno la loro trama selettiva interna, per continuare ad occupare i posti e i posticini di potere. Il tentativo italiano è di far passare tutto in sordina e di abbandonare alla loro disperazione individuale i malcapitati connazionali, che non vogliano ripiegare su qualche Caritas. In Grecia, la repressione non è bastata; ormai ci si ammazza per le strade. Intanto nelle proiezioni, i nazisti di Alba dorata, pur con i vertici in carcere, sono primi. Sul piano fiscale più meschino, anche da noi, le peggiori e provinciali opzioni potrebbero risultare vincenti. Inutilmente, la scena si riempie di strepiti inascoltati, mentre poveri diavoli, "motivati" con gli scudi da Opliti e le divisa da Ninja corrono nei dintorni.

venerdì 15 novembre 2013

Destini eterni e..progressivi?

Continuano le delocalizzazioni di stabilimenti italiani, prima acquistati, inglobati e ristrutturati, da parte di aziende straniere. Anche alcune filiali, impiantate da decenni in Italia, sono soggette alle stesse dinamiche. L'ultimo caso, in ordine di tempo, riguarda la svedese Electrolux, che da cinquant'anni nel nostro Paese, non si era mai sognata di cercare soluzioni produttive a minor costo in giro per il mondo. Ma adesso, la povertà crecente nell'Europa minore e la povertà endemica dei nuovi soggetti produttivi, consentono la creazione di prodotti che, seppur molto più limitati nella durata dei precedenti, possono continuare ad alimentare i consumi e mantenere costante l'utile dei proprietari. I disoccupati di mezza età esordiscono sui marciapiedi e chiedono l'elemosina. E' il secondo in pochi giorni che vedo, insieme agli accattoni di professione che stanno aumentando come le luci natalizie in Centro. L'aspetto, la postura, ne rivelano la recente caduta nella miseria. Non fanno più cronaca, ma continuano, i suicidi degli imprenditori falliti e dei lavoratori anziani licenziati. La sostenibilità previdenziale è compromessa. L'unica possibilità è di continuare a lavorare. I giovani, prima di invecchiare, esperiscano le loro possibilità all'estero e abbandonino l'idea di ripetere l'excursus dei genitori in patria, sempre che le loro famiglie non siano in grado di puntellarli, in termini di lavoro e di carriera. Con questi chiari di luna le due facoltà vanno, purtroppo, a braccetto, a limitare le possibilità di mantenere partecipata una pur clientelare società. La strage delle morti e degli infortuni sul lavoro di maestranze che, se non si eliminano da sole, si provvede progeressivamente e sistematicamente ad espellere, rimarca inequivocabilmente il profilo del lavoro nelle economie di puro profitto. Così è ridotta la democrazia sostanziale nell'Europa che è voluta passare dai principi nobilissimi alla forzatura della sottomissione di economie diverse e, fra di loro, diversamente competitive, a una moneta unica, indeclinabili nei termini reali delle difformi realtà e condizionate pesantemente nelle loro prospettive, a meno che non siano consegnate all'emarginazione e all'indigenza ampie fasce della popolazione che compongono le società dei singoli Paesi. Questo è il frutto attuale dei settanta milioni di morti del secolo scorso, millantati come martiri di un rinascimento economico e civile che l'esperienza non ha mai conosciuto. E continuano a recitare ancora la stessa litania.

Perché no?

L'affidamento di una bambina ad una coppia omosessuale anziana ha suscitato - era scontato - una grandinata di reazioni di principio e, sul piano tattico, si succederanno tutti i sofismi. giuridici e non, per recuperare la bimba alla sua impraticabile famiglia o, quasi certamente, ad un istituto, nel quale potrà crescere fra abusi fisici e morali, senza contare quelli che ha già subito e quello che produrrebbe il burocratico distacco dalla coppia con la quale ha da tempo un rapporto sereno e tranquillo. Quello che spaventa i moralisti è che l'esperimento possa avere successo e contraddire il pregiudizio senza sottoporlo alla prova. Come se nelle famiglie eterosessuali il clima fosse quello delle favole e le possibilità di sentirsi un escluso, di essere picchiato o di essere moralmente condizionato in senso ipocrita e conformistico, non fosse il pane quotidiano di tanti bambini. Ci si prepara già a catechizzare l'esperienza e ad isolare la bambina se la contraddizione dei pregiudizi dovesse produrre in lei una natura tranquilla e senza complessi. I complessi culturali, invece, devono rimanere e culturalmente vanno preservati con anticorpi, non tanto morali o sessuologici, quanto ambientali e uniformanti. Almeno sul piano dell'ufficialità. E' meglio forse un'istitutrice, per chi se la può permettere o una cura sporadica e nervosa, difficile e affannosa per chi non può contare neppure sui genitori? E' meglio una cura solida, anche sul piano economico, o una gestione svelta, superficiale, una educazione protratta nel tempo o una veloce infarinatura nel leggere e nello scrivere, da parte di una ragazza madre? Ma, considerando la natura vera, così difforme dai principi e il clima che si vive in tante coppie eterosessuali, perché non esperire qualche possibilità di maggior agio, materiale e psicologico, in un ambito nel quale, la natura del rapporto fra chi compone la coppia non deve essere significata al minore prima che la sua evoluzione e l'esperienza interiorizzata, che si deve vigilare affinché sia positiva, non gli consentano di interrogarsi per valutarla. Così avviene per ogni esperienza adolescenziale senza che qualcuno, anzi molti, si peritino di ricordargliela e di illustrargliela, da subito, nei termini più semplicistici che la cultura familiare media, quella su cui si dovrebbe sostenere la società, è in grado di produrre, con lo scopo di cominciare a caratterizzare la contesa competitiva su presupposti astratti e predefiniti. La falsariga del comportamento da adulti. Si proseguirà a giudicare, infatti, non sulla base di un libero convincimento, ma di un non analizzato pregiudizio, che non influenza per nulla, in molti, i comportamenti privati. La sentenza della Corte di Bologna non ha tenuto conto solo di questo.

giovedì 14 novembre 2013

Pauperismi a confronto.

I dipendenti guadagnano di più degli imprenditori. Non è una novità. Già ventisei anni fa, l'allora Ministro delle finanze, l'austero e ruvido Visentini, nato e cresciuto nell'officina Olivetti, repubblicano storico, proruppe in un'espressione poco ministeriale: che schifo!!, di fronte alle statistiche del suo Ministero. Da allora, ma anche da prima, è sempre stato così e ogni anno la stessa notizia è riportata e stucchevolmente commentata. Stucchevolmente, perché nulla si fa, in concreto, per ribaltare i termini di queste dichiarazioni e documentare da dove derivino le ville in zone elitarie, al confronto degli alveari periferici. Quest'anno, anno di crisi, il reddito medio da lavoro dipendente si attesta sui 20.000 euro; il reddito imprenditoriale intorno ai 19.000. Rispetto ai redditi da insussistenza che talvolta gli imprenditori riuscivano a presentare, nei periodi d'abbondanza, la forbice fra i dipendenti-profittatori e i generosi erogatori si è ristretta ad una solidale spartizione alla San Martino, nella quale i poveri imprenditori e i un po' meno poveri lavoratori, si fanno vicini per resistere al freddo incombente e dividono un tozzo di pane. Deve essere per questo che sostano a lungo insieme, dopo l'orario di lavoro, nella bottega padronale, piuttosto che presso la loro famiglia, per procacciarle il pane, il miele per le ville e quello rancido per gli alveari. L'unico dato statisticamente non mascherabile riguarda i 15.000 euro annui medi dei pensionati, a dimostrazione che l'abbandono precoce del lavoro aumenta a dismisura lo svilimento del reddito nel tempo, soprattutto se è un reddito modesto, parallelamente al generico e sporadico salario che i figli percepiscono e che li fanno gravare, fino ad annichilirli, sugli sprovveduti genitori, che sono fuggiti dalla sgradevolezza di una vita, per conoscerne un altra peggiore, dopo essere usciti improvvidamente dai giochi. Chi ha condotto la sua vita nell'ambito di un sistema, non può comprendere, né coniugare quel modello con le prospettive - quali che siano - di un giovane, che, dall'Italia, dovrebbe cercare occasioni all'estero se non ha solide fondamenta familiari in patria, mentre le famiglie diseredate, per la maggior parte, così irrazionalmente costruite e gestite in una progressiva tristezza da rinuncia, non possono che dar luogo ad accampamenti di povertà, prima e poi di degrado morale. Almeno nella parte già industrializzata del Paese. Altrove vigono diverse forme di gerarchia, borboniche o di strada. Diceva il poeta Edoardo Sanguineti che i poveri fanno bene ad odiare i ricchi, perchè ne sono, a loro volta, odiati. Sarebbe ora di prenderne atto, sia che si sia ricchi, sia che si sia poveri. E' in mezzo che ci si confonde. Per questo, smettiamola di considerare il lavoro una dannazione biblica, a dannarlo siamo noi con i nostri inavvertiti comportamenti competitivi e sulle cui divisioni prospera il povero padrone, che ci offre anche la consolazione di pensare che al mondo, c'è chi, così vicino, sta peggio di noi.

mercoledì 13 novembre 2013

Il tempo che non passa.

E' incredibile. Sono passati vent'anni dal 31 Maggio del 1993, quando la F.A.B.I. nazionale, nel silenzio di tutte le altre sigle sindacali, promosse ed effettuò una pubblica manifestazione contro il Credem, sulla soglia della Direzione Generale di Reggio Emilia. Seguì anche una occupazione dei locali al pian terreno, durante la quale, fra un via vai di body guard, i sindacalisti, provenienti dal nord e dal centro Italia, si intrattennero con i dipendenti che erano presenti. La partecipazione allo sciopero, all'interno del Credem, non superò la sessantina di adesioni. La stampa locale ne diede una adeguata cronaca, sintetizzando il testo di una interrogazione parlamentare nella quale si parlava di sopravvivenze di costumi ottocenteschi, in una provincia, tutt'intorno democratica, di abusi sistematici, di ignoranza della norme contrattuali della categoria, del mancato pagamento degli straordinari. Il Credem si chiuse in egocentrico mutismo: i suoi sindacati fecero altrettanto e questo costume omertoso e cortigiano si è poi esteso uniformemente a tutte le maestranze, in un crogiolo conformistico che isolava, escludeva e sanzionava chiunque non vi si uniformasse, concorrendo a curare che anche le prepotenze e le forzature interpretative o creative, non venissero partecipate e commentate e, tanto meno, fatte oggetto di denuncia e contrapposizione sindacale. Ma anche i più pedissequi esecutori degli indirizzi protocollari, arcani e familistici del Credem, sapevano, in cuor loro, per il confronto con i colleghi di altri Istituti, di percorre una strada senza uscita, lungo la quale tutto era dovuto e nulla era garantito e quindi riconosciuto. Sono passati vent'anni e nulla è cambiato al Credem, dal Consiglio di amministrazione al riduzionismo contrattuale e normativo, nel criptico silenzio dei sindacati confederali, di destra e di sinistra, che non hanno mai potuto e voluto entrare in conflitto con un'entità industriale e finanziaria che nell'ambito del reggiano e della media pianura rappresentava e rappresenta un volano occupazionale e, quindi, obtorto collo, politico. Il contributo economico della famiglia Maramotti ad importanti realizzazioni che, da sola, la mano pubblica non avrebbe riservato alla ricca, ma piccola provincia, è stato miratamente significativo, appoggiandosi, sul versante politico, al reggiano Romano Prodi, se non in via esclusiva, prevalente. Così, nel cuore della Regione "scandinava", riguardo ai servizi prestati e ai diritti amministrativi e civili, si conservava una nicchia "storica" di reddittuari rigenerati. Oggi, che il calderone inclina al peggio, è auspicabile che i lavoratori della padronale galassia creditizia, come quelli della costumistica Casa madre, nella misura che la pressione aziendale, il coraggio e la coscienza civile e professionale, in antitesi, riusciranno a produrre, in 60 o in 500 ( ma speriamo di più ) partecipino ad una battaglia sindacale...a prescindere dai sindacalisti, utile e necessaria. Le uniche battaglie giuste sono quelle che coinvolgono la nostra coscienza individuale e trovano coincidenza, non totalizzante, ma solidale esulando sia dai termini di un blocco antagonista, sia da quelli di uno sdrucciolevole collateralismo. Anche a prescindere dalle dichiarate intenzioni dell'autonoma F.A.B.I. In una fase particolare, ancora assente di diritti, anche il numero ha un valore relativo. Piuttosto si tuteli chi esercita un suo diritto, da interferenze "de visu" e telefoniche e dalle ricadute vessatorie che si prevedono ma non si trova ancora la forza di dichiarare apertamente.

martedì 12 novembre 2013

In sintesi.

Riepiloghiamo: lo sciopero dei bancari ha visto una massiccia e da qualcuno inaspettata partecipazione. I dati si attestano in un range di variabilità che non si discosta dalle percentuali fra 85% e il 90%. Le filiali che sono rimaste chiuse sono state il 92%. Solo la banca desindacalizzata, che per me non è neanche una banca, ha visto una adesione, nonostante le pressioni incontrastate e dirette, dell'8%. Riconoscimento morale sincero a chi ha deciso di smettere di farsi prendere in giro, esulando dagli arruolati, perché condottieri di ventura con clienti al seguito. A chi, alle promesse non fa seguire i fatti, perché viene abbandonato dalle sue truppe, è riservata la cassa, a stipendi da quadro direttivo, anche di alto livello. Un po' di Brancaleonismo non manca e non guasta. La banca desindacalizzata è quella in cui, complessivamente, si guadagna di meno e non si capisce come potrebbe essere altrimenti. Altre quindici ore di sciopero sono preannunciate. Con strano cinismo, in azienda si sostiene che dall'8% per cento si passerà al 4% e poi allo 0%. Sono infatti in corso, incontrastate, neppure denunciate, richieste di "spiegazioni" intimidatorie. Certamente qualcuno sarà colpito nel KPI ( ma che vor dì?, dirà qualcuno )ma soprattutto nel portafoglio. I manager d'area, neppur dirigenti, schiumano rabbia se nella loro area qualcuno ha scioperato e nelle aree circonvicine nessuno, come se fosse competenza loro gestire le facoltà del personale. La banca desindacalizzata viola, cercando di condizionarli, - negherebbe anche l'evidenza, farebbe la gnorri, ripeterebbe a tutti i livelli gli stessi slogans della propaganda protocollare ufficiale - i diritti costituzionali individuali dei dipendenti e pratica un comportamento antisindacale - quello che si è insinuato come il fumo di Satana - a tappeto. Negherebbe anche questo, con faccia di tolla. Mi auguro che, come la consuetudine di essere crumiri di sistema è stata intaccata, così, le prossime occasioni di lotta non siano disertate e manifestino la consapevolezza della frana che la perdita del contratto nazionale comporterebbe, anche laddove, fino ad ora, ha solo rappresentato un argine. Perché banca desindacalizzata? Perché in una banca con uno sputo, dico uno sputo di sindacato, un caso come quello del condizionamento preliminare e successivo delle facoltà di sciopero, avrebbe scatenato un putiferio, denunce e comunicati. Avete notizia di qualcosa di simile?

lunedì 11 novembre 2013

Labirintite.

Siamo davvero immersi in un'economia globale? Più che altro. siamo nella salamoia di una nuova ideologia, che nega le precedenti. Niente è, infatti, il prodotto di un gesto creatore, bensì un processo storico, lento e contraddittorio. Non è affatto chiaro se e quando si potrà dire di aver raggiunto un punto di approdo definitivo, mentre non vi sarà mai un momento nel quale il processo in corso si completerà definitivamente. Soprattutto perché questo processo si svolge attraverso un mondo geograficamente, climaticamente, culturalmente e storicamente diverso. Inoltre, la cosiddetta globalizzazione non opera nello stesso modo in tutti i campi dell'agire umano. Se, dal punto di vista della tecnica, delle comunicazioni e dell'economia - su quest'ultimo argomento, con molte riserve - l'uniformità espansiva è evidente, non è così negli usi e nella politica. Non parliamo, ovviamente, della politica italiana. L'unico dato certo, rimanendo ancorati alla realtà capitalistica evoluta e dei soggetti che detengono, in ogni parte del mondo, i capitali, si è verificata, in via di fatto, la liberalizzazione dei mercati dei capitali stessi, che consentono loro di andare ovunque trovino una remunerazione più alta. Avevamo già conosciuto questi fenomeni di capitalismo prima della Grande Guerra ('14 - '18 ). Ci fu, allora, una movimentazione di capitali, beni e lavoro, senza vincoli. Siamo oggi tornati ai primordi del capitalismo. La differenza consiste nell'impossibilità, in quei tempi, della planetaria dislocazione della produzione dei beni, che restavano legati al territorio nel quale venivano prodotti. Si noti bene che, a quei tempi, un fattore preponderante, che rendeva globale quell'economia, era l'emigrazione di massa di quelle popolazioni che erano condannate all'indigenza, emigrazione che, sia pur con tutti i controlli ( inutili e solo mortificanti per chi vi veniva sottoposto ) era necessaria e richiesta alla produzione ( come ancora avviene, di nascosto ) come era allora concepita. I processi informatici hanno trasformato il mercato finanziario internazionale e hanno prodotto un totale squilibrio tra l'economia reale, la produzione di beni e la fornitura di servizi reali e il fiume di derivati, diritti, scommesse. La dimensione di questo ciclone è di molte volte superiore al prodotto totale del globo. Una finzione speculativa, dunque. Ma non esiste, neanche per scommessa, che tutti gli abitanti del globo possano usufruire delle stesse risorse e opportunità e, quindi, possano avere la stessa possibilità di accesso ai beni e ai servizi prodotti in ogni angolo del mondo. Le persone , infatti, dispongono di risorse differenti ed è cura minuta dei detentori dei capitali di ridurgliele per aumentare le proprie. Quindi, alcuni sono e restano ricchi, altri sono e restano poveri e, per conseguenza, il loro potere è ineguale; molti sono liberi, moltissimi, in varie forme, non lo sono. Se la globalizzazione significa un più ampio accesso, non comporta un'eguaglianza di accesso per tutti. Per questo, la mistificazione globale, mentre propaganda una vana aspirazione a tutti i prodotti del mondo - soprattutto a quelli immateriali - il mondo resta, invece, ineguale e diverso, in parte per sua natura, molto per celata volontà egoistica. C'è, dunque, una tensione tra due astrazioni: si ripropone un denominatore comune, accessibile a chiunque, per ottenere cose altrimenti, in gran parte, non conseguibili. Quel denominatore è il denaro, cioè un'altra astrazione. Il processo globalizzatore richiede un alto grado di standardizzazione e di omogeneizzazione, senza porsi i limiti della loro tollerabilità, cercando anzi, con prepotenza, di imporli e basta e proponendosi di escludere gli inadattabili, configurando così un non nuovo razzismo culturale e, potendo, pratico. E' un modello utopistico e totalitario che non vuole tener conto che il mondo è, per sua natura, irriducibile all'uniformità. Oltre quale soglia genererà forme di reazione non riducibili ad una ricaduta nel collegamento informatico delle organizzazioni e dell'informazione che vi sottende, nel coordinare transnazionalmente le manifestazioni, come evidenziato nei movimenti dal basso, nel sindacalismo di base, fra gli indignati e i vari occupy, nelle primavere arabe, anche se declinate in un temporaneo autunno. Fino a che punto l'omologazione potrà essere combinata con la multiforme varietà del mondo? Lo strumento attraverso il quale si cerca di condizionare le coscienze e la loro libertà è un'entità esogena che con la coscienza non ha nulla a che fare: la tecnica. La globalizzazione è essenzialmente un processo tecnico, al quale si oppone e non da oggi, lo spirito umanistico e la religione cattolica. Papa Francesco non dice, né potrebbe, nulla di originale. Il confronto tecnico fra tecnicisti e cattolici dura da vent'anni, incompreso ai più, compresi i cattolici tecnicisti. Ricordate quando la Bipop-Carire, prima in Italia, rastrellava clienti, consentendo loro di agire in tempo reale, da casa loro, sul Nasdaq? Ebbene, fu una nostrana replica propagandistica dell'opportunità "democratica" di condividere il banchetto globale per i singoli individui. Si trattava di condividere solo il menu. La Bipop-Carire non c'è più; non c'è più neppure la Holding che la rilevò, Capitalia, dopo che fu scoperto che la Bipop truccava i dati e i bilanci della sua manus finanziaria, la società Azimut. Ai clienti modernisti, emuli di quelli nord-americani, non restarono che macerie di perdite. Comunque, imperterriti, i piazzisti finanziari continuano a raccontarci che il libero mercato massimizza ( dicono proprio così ) la crescita e la ricchezza del mondo ( avendo a riferimento il loro ) e produce una distribuzione ottimale ( per chi? )dell'incremento che, per essere realistico, dovrà pur contemplare un decremento altrove. Guai a volerlo regolamentare. Per questi profeti, quello che conta è il totale di ricchezza prodotta, senza riguardo ai modi in cui è distribuita. Asseriscono, implicitamente, che la distribuzione attuale dei vantaggi non può che restare immutata e che non possa essere migliorata. Ma non è così. Questa concezione è del tutto speculare a quella vigente nel comunismo sovietico, nel quale a ciascun Paese compreso nella sua orbita territoriale intrastatuale veniva imposto di produrre certi beni ad esclusione di altri, in base all'assunto che una produzione programmata, pianificata, avrebbe da sola omogeneizzate e rese complementari le economie. Era, come il nostro attuale, un sistema totalitario, anche se non mercantile, solo un poco più ingenuo ed elementare che non selezionava ruoli e opportunità, da scambiarsi, secondo il criterio del minor costo, a "costo", invece, di uno squilibrato, non innovativo sviluppo ( si fa per dire ) dell'economia mondiale.

domenica 10 novembre 2013

Derive.

Le indeterminatezze della globalizzazione e le dissimulate forzature degli ultimi vent'anni, continuano a modificare, in termini apparentemente casuali, i nostri paesaggi, nei quali eravamo abituati a gettare le nostre ancore. Rimescolano le persone e sconvolgono le loro identità sociali. Nelle loro forme più crude, prendono le sembianze dei migranti, che sono odiati perché ci trasmettono un senso di paura, che ci induce sulla difensiva per non correre il pericolo di incappare nella loro sorte, nella loro stessa perdita di identità. Costoro sono scarti delle loro comunità, non hanno più, in quell'ambito, nessuna possibilità di sopravvivenza e si illudono, per l'ultima volta, di trovare opportunità o ricetto, non necessariamente limpido, in realtà nelle quali non sono previsti, se non come occasionale strumento, di ogni genere. Scarti, dicevamo, espulsi perché rifiutati. In quella condizione di sradicamento che ne marchia e depriva la psiche, può essere compiuta su di loro ogni sorta di crudeltà, indifferentemente e impunemente. Sono persone derubate della loro identità e della loro autostima. Per non "vederli", adesso che sono tanti, troppi per consentirci di cavarcela con "fioretti" solidali, "dobbiamo" relegarli in campi di concentramento e poi deportarli. Non devono ricordarci l'ingiustizia che li ha prodotti. La prassi concreta del capitalismo, accompagnata dalla sua propaganda "culturale", ci è stata restituita nella sua primordialità e ha provocato la definitiva esclusione degli schiavi potenziali, se fossero appartenuti alle generazioni che li hanno preceduti, ha favorito l'arricchimento esclusivo di criminali sfruttatori, non intaccati dalle rare e occasionali sanzioni che colpiscono qualche elemento intermedio ed imprudente. Per noi, del cosiddetto mondo integrato, l'obiettivo professionale che altri sfruttatori hanno prefigurato e ormai quasi raggiunto, consiste in tempi minimi d'impiego e in un sistematico depauperamento del nostro reddito. Ad esempio, nella Silicon Valley, vivaio di tecnologia, è attualmente di otto mesi il tempo massimo d'impiego rilevato, per ogni categoria e competenza messa a profitto. In queste condizioni, già intrinseche al nostro ambiente giovanile, pensare a lungo termine è fuori questione. Se non c'è pensiero a lungo termine, se non ci si può aspettare di rivedersi, non si può più provare un senso di destino condiviso, un'esigenza di fare fronte comune e i rapporti che ne scaturiscono sono fragili. Avvertiamo la mancanza delle reti di sicurezza che erano costituite dalla connessione fra simili, amici e fratelli di destino. I mercanti di consumi sono sempre in agguato per estrarre le emozioni da questo habitat affamato di tempo e fatto di rapporti che si restringono e le reinvestono in beni di consumo. La promessa pubblicitaria è che ci libereremo, tramite loro, dai compiti gravosi, che ci risparmieremo il bisogno di sacrifici e dalle concessioni che qualsiasi legame diretto necessariamente comporterebbe. Ci offrono di poter recuperare eventuali "perdite" attraverso la frequente sostituzione delle merci, con altre potenziate e quindi, chissà perché, più seducenti.I beni di consumo rappresentano una mancanza di finalità, una revocabilità delle scelte, una totale "fungibilità" delle scelte medesime. Ci raccontano sempre la stessa storia: che nessuno ( tranne loro, i soliti vincitori ) è indispensabile perché l'utilità potenziale è diffusa e quindi sostituibile, se vincoli, lacci e lacciuoli non la stabilizzano, che un essere umano è di qualche utilità per altri esseri umani, soltanto a condizione di essere sfruttato a loro vantaggio; che la pattumiera, destinazione ultima degli esclusi è la prospettiva naturale per chi non si adegua più e non "desidera" più essere sfruttato in questo modo. L'esperienza storica appena superata, nella sua formulazione sociale, aveva mirato all'inclusione , ad integrare le persone, metterle in riga e tenercele. Nell'attuale, liquida, si mira invece all'esclusione, ad individuare le persone che non si adattano al posto loro assegnato, a scacciarle da lì dove si trovano e a deportarle " dove è il loro posto", a non consentire la loro vicinanza al "sacro suolo" delle nostre cerimonie confermatorie, al nostro contesto di incasellati, seppur complessamente stratificato. Vengono compilati elenchi di persone da emarginare, a cui rifiutare credito, esuberi da consegnare a un limbo non più salvaguardato. Quante affinità con i pogrom! La comunità si è recintata. Al suo interno, per potervi rimanere, si fanno i guardiani, le spie; le invadenti telecamere servono a tenere fuori gli indesiderabili. Di tutte le sinergie, la più congruente è quella fra il sistema inclusivo e quello esclusivo. Il precedente modello di monitoraggio e "reclusione" ha spostato il suo raggio di applicazione alle zone off-limits. La sua ratio resta immutata: tenere "dentro" le persone e metterle in riga ogni volta che escono dai ranghi. E' una funzione secondaria, derivata, supplementare del vigente sistema dei rifiuti. I due sistemi interagiscono nel pattugliamento dei confini fra il "dentro" e il "fuori". Insieme abbracciano l'intero universo sociale. Una delle funzioni del primo sistema è di farci accettare le miserabili e immiserenti attenzioni del secondo, offerto come una delle tante falsificazioni che si vendono, nelle apparenze di una salvezza, di una operazione di salvataggio, in una ebetudine frustrante. Una sorta di "liberazione" penalizzante e relegatrice. Guardatevi bene dai consigli e dalle consulenze non richieste. La scelta si riduce fra il restare in riga e l'essere rifiutati. Un gioco combinato fra l'inclusione coatta e l'esclusione obbligatoria. Ci siamo impegnati, abbiamo lottato contro i muri, le torrette di guardia, i recinti e ci siamo riusciti. Adesso, a tutti noi che viviamo insieme questo tempo, ma soprattutto a chi, in prospettiva, ne marcherà il tragitto più lungo, spetta di sconfiggere la trama perversa che vorrebbe condurre le nostre vite nella spirale dell'inclusione coercitoria e ripetitiva per veicolarci nell'esclusione, già prevista e programmata al momento dell'accesso e a farcela subire come l'unica forma che si possa dare. Ci spetta di sconfiggere la deriva del disumanesimo che ci affligge.

martedì 5 novembre 2013

Vespasiani istituzionali.

Angelino Alfano fa rapire la Shalabayeva e spadroneggiare degli agenti stranieri sul suolo nazionale, eppure continua a fare il fantaccino-congiurato, figliol prodigo del PDL, Anna Maria Cancellieri fa uscire Giulia Ligresti e se ne compiace in Parlamento, denegando, riaffermando, sottolineando e "minacciando" dimissioni con la certezza che non saranno richieste. Fa tutto da sola, preoccupandosi anche di ribadire le qualità del figliolo raccomandato. Josepha Idem che pagaiava-pagaiava se ne è dovuta andare, "esemplarmente", perché non aveva e non forniva appoggi nei gangli degli interessi combinati. In fondo, anche Berlusconi, per molti aspetti sembra un pirla in questo nido di vipere. Italia latrina d'Europa. Italiani, brava gente. In quale film?

Prospettive.

Fra pochi mesi cominceremo il processo di convergenza bancaria europea. Speriamo che sia un percorso breve e rigoroso. In Italia, in particolare, sono troppe le sedimentate abitudini ambientali che andranno rimosse, insieme al conseguimento - finalmente - della più assoluta trasparenza ed univocità dei comportamenti creditizi. E' quindi fuor di luogo che, a poche ore dallo sciopero di sopravvivenza della categoria, sia cominciata, soprattutto dove non si era mai scioperato, per nessuna causa, pur sussistendone, proprio per questo, svariati e significativi motivi, una chiamata a fornire delle "spiegazioni" e, possibilmente, degli atti di contrizione per una vertenza che si configura come dura e risolutiva. Per una volta che sono stati messi in discussione i "principi" da business-men, applicati a operatori di sportello che svolgono numerose incombenze da ausiliari e di altri sviluppatori da corsa in surmenage, si è manifestato l'antico sospetto verso il volgo, proprio strumento, non più succube e mansueto, ma irredento, nell'affermazione della "propria" identità e nel recupero del proprio spazio e, senza il minimo stile, ad onta dei manierismi di cui si nutrono e dietro cui si nascondono questi ambienti, il condizionamento morale si è rimanifestato nello specifico di un ambito nel quale si sono intaccati i diritti costituzionali individuali delle persone e si sono posti in essere comportamenti antisindacali. L'esame critico informato, libero e personale, deve accompagnare le scelte, libere e individuali, durante tutta la vertenza che è appena iniziata, nella valorizzazione dei propri interessi, a cominciare da quello consistente nel non farsi prendere in giro da nessuno ( sottolineo due volte "da nessuno" ), senza accettare intimidazioni mascherate, da qualunque parte ( sottolineo due volte " da qualunque parte" ) messe in atto. Le scelte si fanno liberamente, nel merito delle cose e la dialettica dei "sistemi" non deve mai farci appiattire, ad esempio, nel mezzo che non sceglie.

domenica 3 novembre 2013

Il crepuscolo degli dei.

Mille e cinquecento opere pittoriche sono state ritrovate a Monaco di Baviera, in casa di un anziano discendente di un mercante d'arte che le aveva acquistate nel dopo guerra. Il loro valore, ad una prima stima, ammonta ad un miliardo di sterline. I proprietari, Ebrei che costituivano la miglior borgesia colta di Monaco, ne furono espropriati, ad opera delle squadracce naziste, a partire dal 9 di Novembre del 1938. Si trattava, secondo l'ideologia ufficiale del nazismo, di opere "degenerate", la cui incetta i gerarchi curarono nei minimi dettagli, non solo in Germania, ma in ogni Paese soggetto al loro arbitrio, anche nell'ex alleata Italia, dove Kappler ne fece requisire per se in grande quantità. Anche Hitler, dunque, si cautelava, con i più ambiti "beni rifugio", per la sua vecchiaia, come fanno tutti i grandi imprenditori e i più ricchi finanzieri, fidando sul geometrico aumento delle quotazioni delle opere create dalle mani più accreditate. I dipinti monegaschi erano stati dati per distrutti, senza produrne indizio alcuno, durante i bombardamenti che avevano segnato la fine del Terzo Reich; invece, un noto gallerista ne aveva fatto incetta, essendo ben a conoscenza della loro esistenza e dei luoghi dove erano detenuti, attraverso i canali occulti di cui beneficiano i maggiori mercanti d'arte, che si valgono, direttamente o per conto di committenti terzi, dell'opera di ladri provetti. Il crepuscolo degli invasati che si credevano dei, ne svela la natura di profittatori dell'imbecillità altrui e di ladri volgarissimi, mentre, purtroppo, sono riveriti e ( falsamente ) ammirati i mercanti - non solo i galleristi - dell'arte ridotta a mercimonio. Pezzi singoli, a pagamento, si trovano anche in case private, di persone dell'ambiente pittorico o della sua mercificazione e, occultati, passano di generazione in generazione, ma non per via di testamenti olografi.

Epoche a confronto.

Il dibattito pubblico si è, per così dire, privatizzato. E' una corsa senza esclusione di colpi, un confronto disperato e vile, alla ricerca degli altarini del prossimo. per farlo cadere dal piedistallo su cui si è posto o, molto più spesso, sul quale è stato posto. Tutta la filera delle carriere nazionali è intrisa, incistata di clientelismo e di familismo e, per inveterato costume, così sarà fino a quando la dissoluzione mercantilistica dei legami avrà sciolto quel vincolo dinastico o semplicemente affettivo. Anche chi si è rivestito del più austero istituzionalismo, alla prima verifica degli affetti, delle amicizie e dei sentimenti di "umanità", fa regredire i suoi obblighi protocollari di equanimità a ciarpame burocratico e, con piena dedizione, usa le sue cariche e i suoi poteri per "superare" la legge. e' quanto ha fatto, per ultima, la baritonale ministro della Giustizia - absit iniuria verbis - già ministro dell'Interno e mai così prefetto-commissariale da quando è andata in pensione. Adduce, come tutti, una generica persecuzione politica, perché ha sciolto un Comune capoluogo di provincia per mafia ed alcuni altri piccoli Comuni. Ma con costoro non intratteneva rapporti sedimentati di amicizia e , come aveva fatto in queste meritevoli circostanze, doveva continuare a fare anche in occasione di una richiesta privata, da parte di una famiglia, altrettanto o altrimenti mafiosa, con la quale, la sua di famiglia, aveva intrattenuto, "per via di quel cretino di suo figlio", diceva Giulia,la beneficata, rapporti di interessi milionari. Il pargolo comunque proveniva dall'establishement bancario, "refugium peccatorum" di tutti i figli di famiglia, dotati di un tutor. L'Italia è tutta e solo così e bisogna cominciare, con la necessaria "disumanità" a tagliare la filiera del privilegio ereditario, senza invidie, senza sentimenti personali, a cominciare dal piano istituzionale. Noi abbiamo avuto anche un terrorista raccomadato dall' allora Ministro degli interni Cossiga: il figlio del Ministro del lavoro Carlo Donat Cattin. Per questo, pur meritevole in altre circostanze, la Ministra baritonale dovrebbe passare la mano, come è stata indotta a fare la Ministra Josepha Idem per pochi spiccioli di evasione fiscale su un immobile di sua proprietà. Ai fini delle dimissioni o meno, gioca l'entità degli interessi tutelati o rivestiti dalla persona in causa? Se così fosse, l'Italia farebbe meglio ad uscire dall'Unione europea, a prescindere dai suoi fondamentali truccati, se aspira, ma non aspira, a recuperare i suoi principi fondativi del trentino De Gasperi, già deputato al Parlamento austriaco. La lotta per il potere si esercita sulla compromisione a 360° della società italiana e della sua ereditaria classe politica, in un combinato disposto di equilibri economici, sociali e castali che, sotto una patina pseudo-rinascimentale dichiarata, ci apparentano invece alle corporazioni medievali, di quel Medio Evo che è la nostra cifra costante. Durante la Prima Repubblica, almeno si confrontavano, con ampia partecipazione popolare e non solo, come disse efficacemente una volta Andreotti, con una presunzione di rappresentanza, riferendosi ai partitini di contorno che, per farsi valere, facevano più chiasso possibile e mettevano in atto tutte le interdizioni più opportunistiche, fidando sull'impossibilità dell'alternanza al Governo, che Aldo Moro cercò ecumenicamente di superare, rimettendoci la pelle, inviso sia ai comunisti duri e puri, sia agli Statunitensi e ad Henry Kissinger in particolare. Si poteva immaginare quanti partiti d'occasione sarebebro sorti con il maggioritario e quante osmosi maggioritarie ne sarebebro derivate? Un'altra prova della pervicace volontà di truccare il gioco e d'invarianza degli assetti che al gioco partecipano. Ma, almeno, al livello popolare, il dibattito verteva e ferveva su grandi temi, sul senso di classe, dissimulato presso i democristiani, fieramente rivendicato presso i comunisti, il cui sfilacciamento, con annessa riproduzione del partigianesimo armato, cominciò negli anni del ventilato "compromesso storico", che con le "convergenze parallele", costituiva un binomio di assurdità, tutte "politiche". Oggi che il compromesso storico, voluto dalla Unione europea, si è realizzato sotto la regia e la garanzia di Giorgio Napolitano - ne sarà stato appagato? - , fra due sbiadite rimestate dei due grandi partiti nazionali, lo sputtanamento, in funzione del "fatti più in là", è diventato il life-motive, il refrain quotidiano di una politica senz'altro scopo e funzione che la conservazione agli stessi apparati di cui sopra, delle leve dell'assegnazione successoria dei posti di comando e di lucro. E' questa la classe dirigente che, in fondo, a maggioranza, democraticamente e, in parte, trasversalmente, vogliamo. Speriamo che questa Europa, per noi, ma a causa nostra, così faticosa, sparigli il campo e non consenta alle pedine di tornarvi nella stessa posizione di prima. La storia d'Italia nei decenni precedenti era stata caratterizzata dai Governi liberali, in gran parte caudatari della rendita fondiaria e, solo in parte, riferentisi alla nascente industria. Questi liberali, avevano agio di dividersi in "destra" e "sinistra" e, purtroppo, la sinistra fu, fra le due componenti, la più guerrafondaia, forse sperando di imprimere una dinamica modernizzatrice al Paese. A sinistra, i socialisti erano maggioritari, ma pasticcioni e a loro si rivolse l'ex repubblicano delle campagne romagnole Benito Mussolini, per la sua scalata al potere, che trasformò, alla fine del suo approccio, nel suo esatto contrario, basandosi sul potere che era già in essere, non su quello da costruirsi. Si agisce politicamente, in Italia, in maniera difforme, oggi? Mantenenne qualche aspetto della sua originaria dottrina, che portò ad una ottima economia semipubblica e all'istituzione dell'INPS. Uno di questi baluardi è stato frettolosamente fatto cadere, il secondo resiste: vedremo o vedranno, fino a quando. Dopo la fine della guerra, caduto il fascismo, con l'ausilio del Vaticano e per assegnazione d'area geo-militare, l'Italia si accomodò nella parte atlantica dell'Europa, fondò i prodromi dell'Europa unita, fu cofondatrice della CECA - Comunità europea del carbone e dell'acciaio - e dell'Euratom, primo nucleo della fisica nucleare comunitaria. Lo fecero tre statisti cattolici: l'Italiano De Gasperi, il francese Schuman e il tedesco Adenauer. Il serpente monetario, i cambi ristretti ma flessibili, consentirono all'Italia di superare almeno due momenti gravemente critici della sua storia economica recente e di non intaccare un benessere diffuso, ma mal attribuito, attraverso, cioè, il voto di scambio, le pensioni di invalidità, il clientelismo lavorativo e delle carriere, la castale attribuzione delle cariche, il sedimentarsi di troppe, tradizionali ma retrograde nicchie di potere e di interessi economici. Le migliori competenze, se erano frutto di abnegazione personale, erano anzi relegate, non valorizzate e svilite, a favore di posizioni di vertice, nelle quali persone grevi e ignoranti, incompetenti e dannose, che non dovevano essere sottoposte a confronto, senz'arte né parte costruirono ottime posizioni di rendita al riparo della politica e delle lobby nostrane. Crolla il Muro di Berlino e, insieme, l'impunità di una classe politica, sicuramente corrotta fino alle orecchie, ma, a prescindere, da demolire finalmente, per mano di una magistratura - quella milanese, non certamente quella romana, chiamata storicamente a mettere insieme i cocci dopo che sono stati raccattati e ricomposti - che per cinquant'anni non aveva mosso un dito contro la corruzione evidente e documentatamente denunciata dalla stampa radicale. In un certo senso, Mani pulite fu un resumé di intere collezioni de L'Espresso. Il Partito comunista si sciolse e fu proposta una gioiosa macchina da guerra che si dimostrò scarburata, prima che ne prendesse la guida un democristiano tradizionale e di lungo corso come Romano Prodi. Il promotore pubblicitario dell'ultimo socialismo meneghino - i socialisti a Milano avevano sempre espresso il Sindaco, mantenevano il pareggio di suffragi con il PCI, ma alla fine non si dimostrarono all'altezza - anticipando le confuse tendenze attuali, offrì il suo appoggio mediatico a un democristiano di sinistra, il Segretario Mino Martinazzoli, che lo mandò a spendere. Timoroso per le sue aziende, consapevole di come le aveva potute acquisire e coagulare, consigliato da un siciliano altrettanto ambiguo, Marcello Dell'Utri, "scese in campo" a cinquantanove anni e, forte dell'impatto d'immagine che i media forniscono, ma soprattutto della maggioritaria parte conservatrice, non solo benestante, a diversi livelli, del Paese, in un colpo solo diventò Presidente del consiglio e cooptò una schiera di dipendenti-clientes alla sua coorte, che si chiamò Forza Italia. Questa formazione, ripetutamente trasformatasi - fateci caso: esattamente come, sull'altro versante, l'attuale PD - governò e attualmente influenza conflittualmente ogni decisione che il Governo possa prendere, in primis, acrobatici aggiustamenti della posizione giudiziaria del suo leader, che durante i suoi periodi al Governo si aggiustava la legislazione e che faceva indisturbato l'opposizione, quando al Governo c'erano i suoi presunti competitors. D'alema e Prodi: D'Alema il giubilatore di Prodi ( si servì, la prima volta della longa e ingenua manus di Bertinotti ). Sono passati vent'anni e, sparito il PCI, la fu DC tenta grottescamente di risorgere, ma si contraddice e inciampa continuamente. All'interno del PD, si è replicata la lotta endogena, per correnti, che squallidamente, caratterizzò la DC. L'ultimo rampollo della Balena Bianca è quel figlio d'arte di Matteo Renzi, che dice tante belle cose, ma si astiene rigorosamente dal proporre un programma; quindi si atterrà ai desideri dei poteri consolidati. "Se la DC sceglie, è perduta". Sempre Andreotti. All'epoca della Prima repubblica, lo sputtanamento eruttava solo nei momenti topici della lotta politica, che almeno c'era, per poi sgonfiarsi a ranghi ricomposti, a equilibri nuovamente stabiliti. Come fanno le cosche mafiose. Oggi, nel vuoto pneumatico dei contenuti, è diventato endemico e, ad ogni equilibrio instabile, inizia il lavorio di lesina per indebolirlo e farlo crollare. E' come se, sempre nell'ambito delle dinastie di settore, potessero assurgere alla competizione - quanto al potere, è tutto da vedere - anche i cadetti. La sagra dei vaniloqui può cominciare.