domenica 30 novembre 2014

La rottamazione indiscriminata del lavoro.

Il Job's act non contiene solo la seconda parte dell'abrogazione dell'art. 18, dopo che la prima era stata cassata dalla Fornero. Si tratta della soppressione dei controlli in materia di contributi previdenziali svolti dall’Inps e dall’Inail, i quali, insieme alla vigilanza esercitata dal Ministero del lavoro, sono destinati ad essere sostituiti da una non meglio precisata Agenzia ispettiva unica. Anche questa innovazione è presentata come un ineludibile passo in avanti sulla strada della modernità, del progresso e del rinnovamento. Il Governo, infatti, va ripetendo che la creazione dell’Agenzia ispettiva unica consentirà di ottenere un risparmio in termini di spesa pubblica e di accrescere l’efficienza, evitando la duplicazione delle ispezioni da parte dei vari enti e, soprattutto, garantendo il minor disturbo possibile alle imprese, le quali non correranno più il rischio di essere vessate da continui controlli in materia di previdenza e sicurezza sul lavoro. Tuttavia, come nel caso dell’articolo 18, dietro la suggestiva versione ufficiale si nasconde una realtà molto diversa e molto meno attraente, che in pochi, purtroppo, conoscono. In primo luogo, è evidente la schizofrenia di un’operazione che vorrebbe perseguire un risparmio di denaro pubblico attraverso la creazione di un nuovo ente, il quale comporterà, al contrario, un sicuro aumento dei costi, vista la necessità di nuove sedi, di mezzi aggiuntivi, di nuove strutture organizzative con conseguente moltiplicazione di posizioni dirigenziali, ecc. Occorre poi chiedersi quanto sia indispensabile creare un nuovo soggetto pubblico per raggiungere lo scopo di evitare le duplicazioni delle ispezioni. Fa specie che nel paese delle morti bianche e del lavoro nero ci si preoccupi, invece, della eccessiva frequenza dei controlli. Per evitare questo – tutt’altro che ricorrente – fenomeno, basterebbe un maggior coordinamento tra gli enti attualmente esistenti, attraverso la creazione di una banca dati unica, già prevista dal 2004 ma, inspiegabilmente, mai divenuta operativa. Un risultato sicuramente raggiunto sarebbe, invece, l’aumento esponenziale delle violazioni in materia di previdenza e sicurezza dei lavoratori, date le enormi difficoltà logistiche e operative che una riforma di tale portata provocherebbe, determinando lo spostamento di oltre 7.000 dipendenti pubblici dalle amministrazioni di appartenenza verso un’entità dai contorni allo stato nemmeno vagamente delineati, con i conseguenti lunghi tempi – e ingenti oneri – di formazione e aggiornamento. Né deve stupire, in un’epoca contraddistinta da un costante, spietato attacco nei confronti del lavoro, che alla classe politica poco o nulla importi della vigilanza sul rispetto della normativa a protezione dei lavoratori. Viene anzi da chiedersi se proprio attraverso la sostanziale riduzione dei controlli, e il conseguente naturale aumento dell’evasione contributiva e dello sfruttamento della manodopera, si intenda dare un qualche “slancio” all’economia italiana, ovviamente sulla pelle dei dipendenti. Ma un interrogativo ancora più inquietante si pone a chi sappia e voglia guardare al di là della retorica efficientista del Governo: l’Inps – la cui mission è la raccolta dei contributi per l’erogazione di prestazioni ai lavoratori – potrà ancora svolgere i propri compiti dopo essere stato privato dei propri ispettori? L’Istituto è il più grande ente previdenziale d’Europa e, in Italia, il suo bilancio è inferiore soltanto a quello dello Stato: una macchina complessa, che, malgrado tagli lineari agli investimenti e riforme penalizzanti per il personale, continua a rappresentare un’eccellenza nell’ambito del settore pubblico. L’equilibrio finanziario dell’Inps è dovuto anche all’attività dei suoi ispettori, che nel solo anno 2013 hanno accertato contributi evasi per più di 1.200 milioni di euro, oltre ad aver smascherato svariate migliaia di truffe ai danni del sistema previdenziale, le quali, com’è noto, in alcune regioni sono orchestrate dalla criminalità organizzata e dalla criminalità amministrativa ad essa collaterale. Ebbene, una volta soppressi i controlli sugli adempimenti contributivi da parte dei propri ispettori, i quali verranno trasferiti nell’Agenzia unica per essere destinati ad altre attività, l’Inps dovrà accontentarsi – nella migliore delle ipotesi – dell’autoliquidazione dei contributi da parte dei datori di lavoro: in concreto, il rischio per l’Istituto è quello di subire passivamente un’evasione senza controllo. Di conseguenza, sorge il dubbio se uno degli obiettivi che si celano dietro la creazione dell’Agenzia ispettiva unica sia appunto quello di provocare intenzionalmente il default dell’ente previdenziale pubblico, aprendo così la strada alla completa privatizzazione del sistema pensionistico italiano. Per quanto una simile lettura possa apparire eccessivamente “complottista”, essa trova un significativo riscontro nei provvedimenti legislativi succedutisi nel corso dell’ultimi anni, tutti invariabilmente nel segno di un costante, progressivo ridimensionamento del ruolo dell’Inps. Del resto, è facilmente intuibile che il risparmio previdenziale faccia gola al capitalismo speculativo nostrano e straniero. Così, insieme alla modifica dell’articolo 18, la nascente Agenzia ispettiva unica, ad onta delle rassicuranti promesse di risparmio ed efficienza, altro non è che un ulteriore tassello del programma complessivo di smantellamento delle tutele dei lavoratori in Italia

Le "terapie" metastatiche del capitalismo.

Il ritorno del fascismo sulla scena o la sua riemersione è coincisa, come sempre, con l'incancrenirsi della crisi finanziaria del capitalismo contemporaneo. La differenza consiste nella sua dimensione locale, nazionale, mentre il fenomeno del riassorbimento dei diritti sociali ed il superamento di fatto dell'economia reale, sono dovuti a influenze senza confini. Per ora, almeno sul piano civile - quello che interessa meno ai più - è una tutela, della quale non bisogna valersi come di un difensivo paravento, perchè i suoi effetti, proprio perché incontrollati, vaghi e volatili, sono imprevedibili. Il fascismo è una particolare risposta politica, di riserva, alle sfide con le quali la società capitalistica può doversi misurare e attraverso le quali potrebbe essere messa in discussione nei suoi assetti proprietari e di potere. Il prevalere, incontrastato, di un'economia liquida, nella quale le fortune e le sfortune si compensano cambiando intestatario, prese nella loro ideologità, dovrebbero superare il problema all'origine e nel corso della sua evoluzione, fatto salvo lo sprofondamento sistematico di tutti coloro che sono ai margini o che non ce la fanno. La realtà è molto diversa. Le guerre neo coloniali e per assestare gli equilibri nelle zone nevralgiche, energeticamente, del mondo, il sistema di polizia indotto dalla protesta incolta dei paesi più poveri e sacrificati, sta a dimostrare il desiderio delle potenze egemoni e capitalistiche di cristallizzare di nuovo la situazione secondo i loro interessi. Queste potenze sono gli Stati Uniti, a livello globale e la Germania in europa. Tanto è vero che un altro storico impero continentale, la Russia, ribellatasi ad un modello che ne faceva una società multietnica, divisa e immiserita, esportatrice di merci in nero e di prostitute, si è riarroccata in un isolamento autosufficiente e in una ancora labile ipotesi di Unione euro-asiatica. Un modello rimodernato di guerra fredda. Nei paesi secondari dello scacchiere filo-americano, pur attraverso diversità endogene, tutti i regimi autoritari, neo-fascisti, assumono caratteristiche comuni: sono tutti disposti a gestire il governo e la società in modo tale da non porre i principi del capitalismo in discussione, anche se gran parte della loro economia reale va in malora. Sono dunque forme particolari e consolidatrici di gestire il capitalismo. I discorsi sulle plutocrazie hanno fatto parte dell'armamentario propagandistico della politica pubblica, parlata. Ciò nonostante, i fascismi non hanno mai smesso di autoaccreditarsi in alternativa ai sistemi vigenti, ma non a quelli capitalistici, tanto è vero che non veniva e non viene mai messa in discussione la proprietà privata, bensì la democrazia e le sue istituzioni. La scelta fascista non è l'unica risposta alle sfide che deve affrontare la gestione politica di una società capitalistica o di mercato che eufemisticamente dir si voglia. Solo in alcune congiunture di crisi violenta e profonda, la soluzione fascista è la prescelta dal capitale dominante, che vi consolida i suoi assetti. Per farlo, il fascismo sostituisce sempre, dapprima, i principi generali sui quali si fonda la democrazia e, in seguito, le teorie e le pratiche delle democrazie moderne; rappresenta quindi un regresso economico, sociale e culturale, democraticamente intesi. Infatti, questa inversione di valori è accompagnata da un ritorno di idee rivolte al passato, una senescenza civile, per fornire una legittimazione apparente alle procedure di sottomissione che vengono sistematicamente implementate ed applicate ad ogni aspetto, anche ai più minuti, della convivenza. Per svolgere questo lavoro vengono reclutati con facilità "capi ed agenti". E' esistito un fascismo silente o quasi ( vedasi, in Italia, la strategia della tensione in collaborazione con gli apparati dello Stato, pari a quella normalmente intrattenuta con la mafia ). Per quanto ci riguarda, allignava tra le file composite della Democrazia cristiana e della Chiesa cattolica. Dopo la seconda guerra mondiale il fascismo fu superficialmente ed apparentemente ostracizzato fra i ranghi investiti del governo della nazione. Troppo gravi - soprattutto per uno sconfitto - apparvero i crimini nazisti, la punta di diamante del fascismo europeo, ma l'odio per il "giudeo-bolscevismo" era rimasto comune fra molti politici. Fu solo dopo la sconfitta del nazismo che "si rese necessario" condannare l'antisemitismo e avvalorare la democrazia in linea di principio. In occidente, sotto la pressione americana, fu meno indigesto "rivalutare" le vittime della Shoah, i cui epigoni e non discendenti erano stati investiti del compito di guardiani degli interessi anglo-americani in medio oriente. Non è detto che lo rimangano per sempre. Ora, la collusione tra la classica destra parlamentare e i liberali sociali rende superfluo per il capitale dominante ricorrere ai servizi di un'estrema destra che si offre al consenso delle periferie, come dimostrano i successi elettorali, ondivaghi ma costanti, in ogni parte d'europa. Il che significa che ha un "commercio" che in un recente passato non aveva. I movimenti fascisti ( i "neo" non ci stanno, sono come i servizi segreti "deviati" ) non si propongono un obiettivo positivo e sono quindi incapaci di selezionare e di modulare le loro richieste, né, per inerzia irrazionale, sono in grado di capire quando è il momento di smettere. Il fanatismo che trasmettono e le false gerarchie valoriali che inculcano sono un eccitante per le masse insoddisfatte e, a loro volta, irrazionali; sono quindi uno strumento contingente, sempre attivabile, della reazione ai "disordini" anche se indotti da chi se ne vuole cautelare. Per questo, il fascismo è una malattia, un tumore recidivante delle nostre società capitalistiche o influenzate dall'esterno dal capitalismo che conta. Il fascismo ha fatto il suo ritorno a Sud, a Est e a Ovest e questo ritorno è intimamente connesso con la diffusione della crisi sistemica del capitalismo, agito da pochi monopoli, ma generalizzato, finanziarizzato e globalizzato. Un potenziale ricorso a questo esercito di Masaniello di riserva è possibile, anche attraverso modulazioni d'impiego preparatorie. Questa crisi è destinata a peggiorare, se valutata in un'ottica democratica e le avvisaglie non sono buone, perchè la salamoia delle istituzioni di rappresentanza e la corruzione che vi alligna privano la società dei suoi anticorpi.

sabato 29 novembre 2014

Chi di gallina nasce..

Puro e semplice culto dello status symbol, che serve ai pervenus a stabilire una gerarchia psicologica nei confronti di chi non è arrivato, condividendo, ovviamente, la stessa penuria culturale e intellettuale, perché, è altrettanto ovvio, a chi non si trova nella stessa miseranda condizione, non importa una beata sega. Per questi imbecilli è un'urgenza di consumo dimostrativo: l’accaparramento compulsivo di beni vistosi come credenziali della raggiunta posizione sociale elevata. Quella personale è rimasta inalterata. La molla, per fare un esempio tratto dalla cronaca, che scatta nella testolina della ministra bellica Roberta Pinotti, a prescindere se il volo militare (trasformato in taxi) che l’ha riportata a casa avesse o meno modificato il proprio programma di volo. Pura ostentazione di rango conseguito, per una ragazza nata in un quartiere di periferia, che ha scalato la piramide sociale utilizzando la politica come ascensore individuale di carriera. L'auto blindata del Cardinale-esteta Bagnasco, un piroscafo su ruote, è stata sollevata dalla marea che ha riallagato Genova ed è stata scagliata contro l'ufficio stranieri della Questura, distruggendolo. Tutto lineare con la predicazione della modestia francescana dell'attuale pontefice. Ma la Sciura Bagnasco ha i suoi estetismi, compresi quelli, come la Pinotti, di usare con distaccato egoismo il montacarichi per la conquista dei piani superiori in qualsivoglia istituzione, laica o clericale che sia. Esito che ora l’asceso/a intende sbattere in faccia a tutti, all’insegna del classico “lei non sa chi sono io”. Lo sappiamo invece benissimo. Un po’ come l’uso delle scorte trasformate in valletti nello shopping all’Ikea da parte dell’ex ministro Anna Finocchiaro. Insomma, smargiassate da parvenu. L’ansia arrampicatrice è il tratto che accomuna queste come le mille altre storie specchio dei tempi, emerse in tutta la loro miserabile pochezza nelle interminabili indagini di polizia e magistratura sulle dissipazioni di denaro pubblico nei consigli regionali di tutta Italia. E non se ne salva uno che sia uno. Anche perché nell’evoluzione carrieristica dell’impegno pubblico si è compiuta la mutazione degli schieramenti politici in un’unica ammucchiata indistinta, in cui tutti gli appartenenti condividono l’impegno solidale di tutelare i vantaggi posizionali conseguiti; consegnando al dimenticatoio eventuali spinte ideali originare. In questo,il democraticismo senza qualità - mi dispiace ammetterlo - ha fatto danni orizzontalmente. Una situazione in cui le distinzioni perdono qualsivoglia senso. Come ne dava esplicita dimostrazione proprio l’ineffabile Pinotti nel luglio 2013, spiegando nel corso di un talk-show, Omnibus, mi pare, che lei non avrebbe avuto alcun problema a votare Daniela Santanché alla presidenza della Camera. Solidarietà tra beneficiati di un comune meccanismo di potere e relativi vantaggi materiali, oggi derubricati nel "non conosciamo più nemici". Li riconoscerete a breve, anche se sperate di lasciarli riconoscere agli altri. Tutto questo riconducibile a un più generale – inquietante – processo in atto, in cui si stanno alzando silenziosamente barriere divisorie invalicabili tra “chi è dentro” e “chi è rimasto fuori”. Insiders versus outsiders. Fobia del vento finanziario, appena si riteneva di essersi messi col culo al caldo. E' in corso un tentativo nevrotico, falsificatorio e greve di cercare un posizionamento che soddisfi tanto le ambizioni più supeficiali - le uniche del resto conseguite e conseguibili - come le esigenze di sicurezza di status. Nella fase storica in cui il Potere si fa sempre più lontano, tendendo al mistero attraverso l’illusionismo.

Il fantasma della libertà.

Hosni Mubarak , "salvato" dal colpo di stato di Hillary Clinton, quando si divideva fra gli arresti domiciliari e gli ospedali è ufficialmente "innocente". Un tribunale ha "oggettivamente desunto dalle prove" che non aveva voluto che 239 manifestanti fossero uccisi - come era avvenuto decine di volte durante la sua trentennale dittatura "elettorale" -, nonostante che nessun provvedimento, neppure ispettivo, fosse stato assunto nei confronti della polizia che aveva sparato sulla folla. Giustizia indipendente. A Hong Kong i generosi studenti, un'istituzione giovanile molto considerata e rispettata in Cina, sono tornati a scontrarsi con la sbirraglia, per affermare un principio che si vuole mistificare: la democrazia si basa sul suffragio universale e sulla sovranità popolare, offesi e angosciati dal simulacro di elezioni che si prospetta nell'ex colonia britannica, con i candidati a liste bloccate, nominati da Pechino. Come in italia, del resto, senza che nessuno o molto pochi se ne senta offeso. Contemporaneamnete a Taiwan-Formosa-l'isola bella, per la prima volta dopo decenni, lo storico, ma mutato partito di Chiang Kai-shek, il Kuomintang, che si era dovuto ritirare sull'atollo dopo che l'immenso continente cinese era stato conquistato dall'esercito scalzo di Mao Tse-tung, ha rovesciato il mitico emblema ( come per altri versi, il partito rivoluzionario "istituzionale" in Messico, la recidivante Democrazia cristiana in Italia, ecc. )in favore del candidato indipendente, appoggiato dal partito stabilmente all'opposizione, che si è valso della critica ai sei trattati bilaterali con la Cina continentale neo-capitalista. Per favorire le sinergie affaristiche, si stava alienando l'indipendenza dell'isola che la Cina comunista ed ora anche ultra capitalista, ha sempre associato al suo territorio, senza giri di parole. In questi contesti, l'aspirazione alla libertà non ha connotati semplici e chiari. Soprattutto a Formosa gli interessi nazionalisti fondano gli interessi dei monopolisti-capitalisti-mafiosi, che erano all'origine i difensori della Cina feudale. Ma il sentimento, vigile negli studenti, della libertà nei pensieri e nella loro espressione, nei costumi e nelle opportunità ( l'ambito più insidioso, parolaio ed ambiguo di tutti )resta vivo anche se sanguinante, come nella refluente Turchia di Erdogan e questa è una bella notizia a queste latitudini.

Cronache vandeane.

Da oggi, con l'inaugurazione avvenuta in pompa magna, quella che fino a poco tempo fa era "Casa Gramsci" a Torino è diventata a tutti gli effetti un albergo a quattro stelle. Antonio Gramsci visse in questo stabile, prima di proprietà del Comune, dal 1913 al 1922. Il Comune per fare cassa, qualche anno fa, ha pensato bene di vendere lo stabile ad una immobiliare internazionale dopo aver provveduto a sloggiare gli inquilini degli alloggi popolari. Primo fautore dell'operazione immobiliare fu Sergio Chiamparino, allora Sindaco della città . Sullo stabile rimane solo una lapide a ricordare quello che è stato un grande intellettuale, l'italiano attualmente più letto e studiato al mondo. "Casa Gramsci" invece che mantenere la destinazione originaria o ospitare un centro culturale, di studio del pensiero, è diventata così un albergo di lusso. Ne è stata sloggiata la qualità del suo ragionare, raffinatissimo e molto poco italiano, che Gramsci esercitò in quelle stanze. Da questa estraneità è derivata la sua sfortuna. Gramsci non ha frequentato alberghi a quattro stelle, come invece fanno tanti suoi sedicenti epigoni e neppure con i loro soldi, ma era incommensurabile rispetto a quasi ( voglio sperare ) tutti coloro che frequenteranno quelle modificate strutture e che forse non si interrogheranno mai sul significato di quella iscrizione.

Italia mia, benché il parlar sia indarno..

Hammerfest 2014, a Carugate, hinterland triste e grigio di Milano, al suono della musica rock. Il potere bianco si riunisce in una delle sue potenziali capitali, desertificata dell'industria, di gente bolsa e un po barbara, come gli organizzatori. Si ritrovano da tutto il mondo, all'uscita 14 della tangenziale est, per vedersi, felicitarsi, grugnire qualche bestialità. Tutto alla faccia del civile Sindaco milanese che non ha poteri autorizzativi e non può opporsi a questi raduni nibelungici e popolari, che esercitano un'attrazione crescente sul proletariato delle periferie. Sulla riemersione del fascismo in europa e nel mondo mi propongo di ritornare con riflessioni non improvvisate, il fascismo che non è mai stato annientato - d'altra parte una democrzia non può proporselo - e che riemerge ( dopo essersi dissimulato nelle correnti di tante formazioni, socialiste comprese), per la mancanza di miti positivi, dei quali si propone quale surrogato amaro. Beppe Grillo dice di essere stanco di espellere, uno dopo l'altro, tutti gli eletti del suo movimento, che non si accontentano di maturare una pensione, ma vogliono godersi un po' la vita con lo stipendio da parlamentare. Le esecuzioni si succedono in rete, dove una masnada di sfigati non eletti non può che sanzionare la fine della baldoria per i sicari che hanno incaricato, ma che non sembrano poter apportare un mutamento nella loro vita e neppure soddisfarli con la rovina degli invidiati. Basterebbe una onesta e organizzata opposizione pubblica agli intrighi di potere e di illecito arricchimento della politica, al netto dello stipendio pieno, che non è certo l'obiettivo massimo dei feudatari correntizi delle diverse morfologie rappresentative. Gli atteggiamenti divergenti sono utopistici e potenzialmente dittatoriali e bene fanno - quali che ne siano le motivazioni interiori - i deputati e i senatori a contestarle. E' il compito che la Costituzione democratica gli assegna. La legge italiana è bifronte. Nel caso dei farmaci generici stabilisce che il principio attivo che devono contenere può oscillare dall'80% al 120%: secondo voi quale sarà la percentuale applicata dal produttore? Sugli eccipienti, che interagiscono col farmaco e con la biologia e la chimica del corpo che li deve assimilare, non è previsto nulla. Infine, le aziende produttrici dei farmaci generici, dalle più quotate alle più improvvisate, ne contrattano con le farmacie che li vendono, il prezzo. I farmacisti saranno farmacisti o bottegai? Non bisognerebbe porli davanti al dilemma, ma il fatto solo che le lobby di categoria abbiano certamente sortito questo compromesso, non depone a favore del simbolo galenico. Il 12 Dicembre la CGIL; con l'aggiunta della UIL andranno a sciopero generale congiunto, ma io ho l'impressione che la CGIL non faccia sul serio. Per quanto riguarda la UIL è certo. L'iniziativa è sterile sul piano nazionale e manca un coordinamento, che sarebbe per altro tardivo, con tutti i Paesi U.E. tranne tre o quattro. L'abbandono della Grecia al suo tragico - senza indulgere alla retorica - destino, rafforza questa sensazione. La Uil del neo nominato segretario ha provveduto negli ultimi anni a sistemare figli e altri parenti dei vertici del sindacato in organismi nei quali i sindacati stessi hanno potere di concorrere alle nomine. Il concetto di mercato libero e selvaggio è estraneo alla mentalità di chi può raccomandare i parenti, mentre viene impotentemente interpretato per tutti gli altri. La CGIL, dicevo, secondo me aspirerebbe a ricodeterminare, con l'eventuale aiuto di qualche sentenza europea, l'adattamento giugulatorio - per i lavoratori - alle esigenze eterologhe alle quali ci siamo aggregati, per responsabilità primaria della pseudo sinistra, sempre impersonata da leader post democristiani, con i buoni uffici, che gli si sono ritorti contro, di una sempre più sparuta pattuglia di ex comunisti.

mercoledì 26 novembre 2014

Gayezze giurisprudenziali e non.

Secondo un tribunale friulano i prefetti non hanno poteri, né facoltà abrogative delle inscrizioni sui registri comunali dei matrimoni omosessuali contratti all'estero. Fra l'altro, la circolare del sanfedista borbonico Alfano conterrebbero sostanziali inesattezze riguardo all'ingiunzione cancellatoria del titolare delle funzioni di polizia, mandante del prefetto. Siamo in pieno costume borbonico. Il conflitto si sposta sul terreno giuridico, più specificamente della dottrina e, per un po', le interpretazioni delle pandette, dei regolamenti e sulle funzioni, acompagneranno una diatriba tutta politica fra le salmerie del sud vandeano e l'indifferenza tollerante, a digradare, del resto d'Italia. Il dibattito, che dovrebbe essere parlamentare, si esercita, per fortuna, in ogni altro ambito istituzionale e non. Così il dibattito non può essere soffocato e, prima o poi, dal dibattito pubblico nasceranno forme - casomai all'italiana - di formalizzazione di questi rapporti, che resteranno per molti dissimulati e per molti altri rivendicati, come altre manifestazioni dello spettacolo sociale. Gaiamente, un manipolo di ex sindacalisti, pensionatisi in Parlamento, hanno votato lo smantellamento delle ultime guarentigie legislative al pieno arbitrio di un padronato da quattro soldi che, dall'anarchia schiavistica cercherà solo di trarre ulteriori profitti e non si curerà - non si vede perché dovrebbe - dei poveri disoccupati, vale a dire senza quel reddito che vogliono trarre da loro e non certo corrispondergli. Qui, il Macchiavelli non c'entra per niente, siamo al menefreghismo dissimulatorio, alle parole d'ordine mai credute e per questo liturgicamente ripetute e tradite in un contesto diverso e per collegati ma diversi interessi. Che altro han fatto codesti tribuni della plebe approdati per meriti settoriali alla magistratura maggiore? Niente di diverso da quanto fa un altro carrierante della politica familiare di provincia, lo statista di Rignano Matteo Renzie, primo capo di governicchio petulante e imitativo dei modelli brussellesi, così come un altro deputato, mai lavoratore, della provincia emiliana, Pier Ferdinando Casini, sul versante moderato degli interessi confindustrialotti, seppe con astuzia e compiacimento, pari all'insipienza, fare tanti anni fa.

Divagazioni.

Il ministro Padoan ha affermato, prendendo la parola al Parlamento europeo - che per altro conta come l'O.N.U., cioè nulla - che il mercato ha fallito e che per non prendersi in giro è necesssario il ritorno all'economia pubblica, finalizzata allo sviluppo. Speriamo che non sia, come è stato, uno sviluppo clientelare, ma forse, questo rischio concreto, in Italia non lo correremo. Le parole del ministro cadranno nel vuoto. D'altra parte, l'economia neo keynesiana dovrebbe essere eterodiretta a livello comunitario e, con queste caratteristiche, ne sarei, ne sono sempre stato, un fautore, ma, ad una riedizione affidata agli stati nazionali sarei fieramente contrario: ce la siamo già goduta per cinquant'anni. Il mercato altro non è che l'economia speculativa privata, solo per sé e non poteva che avere l'esito noto, tradizionale. Va abbandonata alla sua attività di nicchia, dalla quale comunque non uscirebbe. Il rilancio degli investimenti pubblici dovrebbe andare però di pari passo con una dura e veloce sanzione penale per chi evade, chiunque sia ed essere soggetta ad una direzione tecnica che tagli fuori clientele e riconduca i sindacati al loro ruolo di rivendicazione, economica e normativa, delle condizioni del lavoro. Ma questa dinamica deve avere basi oggettive e inderogabili, alvei e confini di diritto generale e deve essere sottratta agli accomodamenti, sempre da aggiornare, fra le parti politiche e sindacali. Si concerta cioè e, all'occorrenza ci si contrappone, su base oggettiva. Abbiamo divagato, il ministro si è concesso una gita oratoria.

Sindacato annaspante.

La Camusso non deve nutrire troppe speranze circa l'esito dello sciopero generale, indetto per il 12 Dicembre, insieme al neo segretario della UIL, che ha alle spalle una lunga militanza nelle fabbriche e, credo, anche in miniera e che, per sfogarsi, faceva il pugile. Ha infatti espresso, contraddittoriamente e sull'abbrivio del successo ottenuto dai precari-supplenti della scuola - di ricorrere alla Commissione europea ( una specie di Corte suprema in formazione ) contro il Job's act. Gli insegnanti, alcuni dei quali sono ai limiti della pensione anagrafica senza aver mai potuto aspirare a un posto stabile, saranno messi in organico e, d'ora in avanti, ne avranno diritto dopo tre anni di sostituzioni. Penso che sia giusto, ma contraddittorio con lo stato irrecuperabile delle finanze pubbliche che si sono accanite per generazioni solo sulla scuola, postulandone l'inutilità, anche in quest'ambito, raccomandazioni a parte. Ritengo, per altro, che il non brillante stato della docenza ne risulterà ulteriormente abbattuto, dovendosi scontrare con la svogliataggine dei discenti e delle loro famiglie, che nel "titolo", che andrebbe superato per legge, come quelli nobiliari, vedono solo un possibile impiego, con le difficoltà economiche crescenti e con la pigrizia dei docenti ai quali non dovrebbere essere chiesto di svolgere il programma ministeriale, ma di applicarsi alla crescita individuale e sistematica, lungo tutto l'arco dell'anno scolastico, per far evolvere le capacità critiche degli allievi e portarli ad un livello di consapevolezza interpretativa che non li abbandonerà più nel corso della vita. Le famiglie, invece, si preoccupano, se benestanti, del prestigio sociale ed economico dei pargoli e, casomai, della conferma, su base ereditaria, di situazioni di privilegio professionale. Proprio per questo sarebbe necessario un impegno formativo costante e faticosissimo e questo dovrebbe essere riconosciuto e remunerato in maniera importante, solo a condizione che sia svolto. Sanità e istruzione dovrebbero ricevere la quasi totalità dei contributi fiscali. In questo settore bisognerebbe attrezzarsi per rigettare le quota rosa, la materna attitudine e passare all'autentica qualità e dedizione nell'insegnamento, ovviamente senza barriere di sesso, ma senza ipocriti scivoli all'accesso e al mentenimento a vita del posto. Se sani, i senzatetto, se necessario ben supportati psicologicamente, si industrino. Bisognerebbe però superare, legislativamente e nella prassi, il cortigianesimo e la ruffianeria che contraddistiguono il costume nazionale ed imporre una dinamica autenticamente professionale, senza attribuzione di titoli, talvolta fasulli, ad ogni piè sospinto, da valorizzare economicamente solo se efficace e continua e, soprattutto, attribuita secondo rigidi criteri di conoscenza e di qualità, anche se qualche censitario od "erede" inadeguato ne restasse escluso. Da noi si continua a fare esclusivamente il contrario, contraddicendo il concetto stesso di mercato, che non è un birignao per signorine, ma una dura competizione. E' forse possibile che la Commissione europea accolga la richiesta di rigetto del Job's act, ma questo impatterebbe non solo sui disastrati conti del clientelismo nazionale - la vera causa dei nostri insuperabili guai - ma sul costume familistico, dinastico e, in tantissimi casi, incompetente su cui si reggono le gerarchie sociali nel nostro paese. Ma a tutto questo, il sindacato italiano che annaspa e anche la ruvida operaia piemontese, che Monti appellava "dottoressa", sono, a loro volta, estranei, tanto è vero che i canoni di "abitabilità" europei presupporrebbero un tenore di vita più elevato, conseguito attraverso la serietà amministrativa e una fatica - da remunerare - normalmente intensa.

martedì 25 novembre 2014

Quando si privatizza la democrazia, la si rottama.

Mussolini sosteneva che lui del fascismo non aveva inventato nulla, lo aveva semplicemente tirato fuori dagli italiani e organizzato. Per Renzi vale lo stesso. Sono anni che i programmi di governo sono vincolati ai diktat dei mercati, della UE, della finanza e anche a quelli del governo di un altro paese, la Germania. Sono anni che i cittadini di questo paese vengono educati alla impotenza e alla inutilità di una democrazia ove le decisioni di fondo son già prese altrove. E quando è lo stesso Presidente della Repubblica che si fa alfiere di questa sottomissione culturale e psicologica, oltre che politica, è evidente che tutto il sistema costituzionale ne risente. La democrazia a sovranità limitata si è congiunta con due spinte che da decenni agiscono nella società italiana. La prima è la banalizzazione e la spoliticizzazione del confronto politico, di cui è stata espressione la seconda repubblica berlusconiana. La seconda è lo spirito di vandea contro il lavoro e i suoi diritti che da più di trenta anni si scatena ad ogni difficoltà economica. Una democrazia ridotta a subire gli ordini esterni sui temi stessi per i quali è nata. La distruzione della partecipazione e la riduzione del confronto politico a talk show. E' dalla miscela tra questi processi degenerativi della nostra società che nasce il successo di Matteo Renzi e anche quello del suo omonimo Salvini. I due Matteo sono molto simili nel modo di pensare e di proporsi e forse persino intercambiabili, alternabili, salvo ipotesi di larghe intese, una volta dette "compromesso storico" che ad Aldo Moro costarono la vita. Ma la simbiosi competitiva, un altro ossimoro, dopo le convergenze parallele, è oggi possibile, perché Il punto vero che hanno in comune è il trasversalismo reazionario, che rappresenta la natura maggioritaria, aristocratica - si fa per dire - e plebea della nazione. Renzi è partito dichiarando di voler battere i pugni in Europa e contro i poteri forti e ora picchia solo contro sindacati non allineati, cioè non coniugati al suo sistema di potere in formazione, scioperi e diritti del lavoro, che vengono indicati come i veri ostacoli, o in altre versioni, come gli alibi, che fanno sì che le imprese non investano. Per Renzi" la ruota della fortuna" ha girato a lungo e alla fine si è fermata sul lavoro ancora sindacalizzato e tutelato da qualche diritto residuo. Quello è il nemico dei giovani, dei disoccupati, del merito, della crescita e naturalmente di quelle imprese che finanziano Renzi a 1000 euro a coperto. Anche Matteo Salvini lancia proclami contro banche, euro, finanza etc. Ma i mass media li buca indirizzando il rebus contro migranti e Rom e alleandosi con forze esplicitamente fasciste e razziste. Renzi e Salvini indicano all’italiano medio l’unico avversario a reale portata di mano, il vicino di casa. Renzi e Salvini alimentano le rispettive guerre della plebe nazionale contro quella immigrata, ma anche, in senso lato, aliena, diversa e così si presentano sempre di più come un’alternanza nell’ambito della stessa devastazione democratica. Che la gente non vada più a votare, a parte i loro sostenitori, ai due leader va benissimo. Entrambi sono figli della ideologia della privatizzazione della democrazia rottamatoria che è la madre di tutte le altre.

lunedì 24 novembre 2014

Abdicazioni.

A chi appartiene la sovranità, mi chiedevo ieri. Oggi campegia sui giornali la soddisfazione di Renzie per il 2-0 ottenuto dal moderatismo dissimulato nelle due regioni nelle quali si è votato. A parte il fatto che la genesi del risultato è molto difforme nelle due realtà, in una delle quali, quella calabrese, è d'uso l'alternanza della rappresentanza mafiosa sul territorio, fino al commissariamento del capoluogo di regione, mentre, nell'altra, quella emiliano-romagnola, ci si trova di fronte ad una sostanziale conferma d'apparato della sinistra diluita, ma: ha appunto votato per il proprio candidato solo l'apparato. Fuori dagli schemi, solo la Lega, rigenerata dal suo nuovo segretario, ha ralizzato un incremento consistente, incettando tutte le potenzialità - tranne quelle specifiche, incrostate in quell'apparato - di Forza Italia. Gli altri partitini, in sede di elezione nazionale, da noi non avrebbero raggiunto il quorum. Renzie ha affermato che conta solo vincere, volatilmente e che l'affluenza di meno di un terzo degli aventi diritto, non inficia il risultato, dato che la sostanza e la quantità del consenso non è più da tempo necessaria. Tralasciando le scemenze di questo o di quello, va rilevata la profonda disaffezione al voto dei più giovani e il vano tentativo di "impartire una lezione" ai vanesi politici e amministratori, rilasciando invece ai medesimi una delega in bianco. Avere sciolto nell'acido l'appartenenza al proprio partito, ha disperso le salmerie che, almeno, hanno rifiutato di riconoscersi nel controriformista ciarlatano. Ma quel che conta è avere due regioni su due al proprio seguito; se avessero prtecipato tutti, come era usanza di fare fino a poco tempo fa, i risultati pratici non sarebbero stati difformi, in Emilia Romagna e il grande consenso sarebbe stato invece esaltato. Ma, ormai, anche senza la foglia di fico, si è smesso di vergognarsi. La povertà indotta dall'austerità, alla quale si sottraggono alla grande i politici d'occasione di questa fase storica, ha ridotto di molto l'applicabilità del clientelismo elettorale, mentre restano impregiudicate, a parità di requisiti, le posizioni di prestigio, in linea ereditaria. Le solidali accozzaglie dei sopravvissuti rappresentano solo il prodotto della propaganda degli apparati dei sempre più vaghi e cangianti movimenti di questa "delenda", già da abbattere, terza repubblica, caratterizzata dall'assenza del popolo-elettore, della cui sovranità formale si è da tempo deciso di fare a meno e che, esso stesso, ha finito per abbandonare senza combattere, abdicando, con ciò, dalla democrazia.

domenica 23 novembre 2014

A chi appartiene la sovranità?

E' venuto meno il più grande partito comunista dell'occidente e con esso la federazione più cospicua del medesimo e, dopo vent'anni di opposizione, di identificazione oppositiva al berlusconismo, alla destra mediatica, dissoltisi gli iscritti, dopo primarie aperte a tutti coloro che si pagavano la preferenza con due euro, ecco la frana nella regione rossa per eccellenza: il popolo di sinistra non è andato a votare. Quello di destra, tradizionalmente, si astiene molto di più, ma, questa volta, la diserzione dalle urne è stata di massa. E' un male, ma un male comprensibile. Vedremo domani che assetti avremo in regione, entità seconda solo al parlamento e comunque in grado di legiferare in molte materie autonomamente e che, dalle prossime elezioni, se il governo otterrà la fiducia anche alla Camera dei deputati, andrà ad occupare, con i suoi eletti, gli scranni che furono del glorioso Senato, vittima della supeficialità e della preferenza per la confusione assembleare di Matteo Renzi. Si può fin d'ora affermare che vi è stato un clamoroso regresso della democrazia, tanto più grave in sede locale, l'unica che può ancora districarsi nei vincoli dei ragionieri di Bruxelles.

Feudalità.

Il figlio sedicenne di un boss palermitano, condannato per l'omicidio di don Puglisi, è stato escluso dalla cresima cerimoniale in cattedrale dal Vescovo del capoluogo siciliano. Il ragazzo, che dev'essere un po' tonto, se a sedici anni non era ancora stato ritenuto idoneo all'unzione sacramentale, è stato però umiliato dall'abiura, dall'esclusione ostentata. Dopo tanti inchini della madonna, portata in processione dai picciotti, ben noti ai parroci - non a tutti - e al clero delle province meridionali, dopo tanta acquiescenza delle gerarchie isolane, pubblicamente contraddetta solo in occasione di funerali di Stato e, infine, in questo caso, dopo le intimazioni e le scomuniche papali, restate, per altro allo stato verbale, all'enunciazione patriarcale, secondo una cultura arcaica ben comprensibile ai fedeli di quelle terre, ma mai tradottasi finora in una specifica "bolla". Si è trattato di un'umiliazione gratuita, rivolta ad un probabile mafioso a stretto giro di posta ( anzi, certo, perché dal vincolo di discendenza non ci si slaccia, neppure volendolo ). Perché fingere, dunque, una profilassi anti mafia, punendo il figlio per le colpe del padre? Fingere? Si, perché nel costume ecclesiastico, secondo i dettami del diritto canonico, non si negano i sacramenti ai discendenti dei peccatori - ma talvolta glieli si amministrano in spoglie canoniche - siano essi figli di coppie non sposate, siano essi figli di mafiosi. Come in altre pubbliche cerimonie, "politicamente" - volere o volare - utili a "riconoscersi e a far squadra", per usare un linguaggio che piace all'impresa, si scelgono, tempo per tempo, le figure mediocri e rassicuranti che fanno numero e gli elementi di spicco della comunità, variabilmente ostentabili, circostanzialmente sostituibili. In questo caso si tratta di un discendente dei Graviano, ostacolati da un prete nel quartiere dove esercitavano il loro dominio, con fin troppo vigore e prima che potesse venire richiamato gerarchicamente a più miti e realistici consigli. Quante volte è avvenuto? Dobbiamo credere che qualcosa di fondamentale sia cambiato? Smetteranno i sacerdoti di recare la comunione ai mafiosi latitanti? La mafia è "punibile" attraverso i suoi discendenti, solo quando uccide dei religiosi? Il papa stesso ha circoscritto la scomunica, non tanto e non solo agli atti di prevaricazione e violenza si cui si basa il dominio sociale degli "uomini d'onore", ma alla loro "adorazione del male, da cui origina l'idolatria del denaro". Se non si mette bene in chiaro che la "mafiosità" è all'origine e custodisce un collante sociale, diluendo il quale s'incorre nella morte e che è la causa di una filiera tradizionale ed interminabile di lutti e che la sua opera va valutata e perseguita in funzione dell'opposizione giuridica e sociale a tutte le sue manifestazioni, quotidiane e strategiche, a nulla varrà escludere i "cattivi" e i loro figli dai momenti di "conferma" di principi che trascendono la realtà. Ma, al di là di tutto, mi sembra che la Chiesa si acconci alla politica dell'ultimo Papa, che, per essere vincente, deve cogliere un mutamento profondo nei costumi delle società sottese. A Palermo, se questo avviene, è solo perché la mafia che conta ha ormai bypassato la gestione diretta dei rioni, come la ripresa impeturosa dei furti dei motorini - in altri momenti non consentita - sta lì a suggerire.

sabato 22 novembre 2014

Disagi.

“Non mi ricandido. L’ho deciso. Se arriviamo al 2018, io non mi ricandido. Non vedo l’ora di uscire di qui, per non avere più a che fare con queste merde“. Il deputato del Movimento Cinque Stelle Alessandro Di Battista si sfoga con l’agenzia Dire e ribadisce un’idea che ha espresso già altre volte (per esempio nella primavera scorsa). Il parlamentare M5s ripete quello che dice da mesi: ha il sogno di “fare il reporter. E lo farò, perché se la legislatura dura fino al 2018, io non mi ricandiderò”. Lo sfogo del deputato M5s a Montecitorio arriva al termine dei lavori di Montecitorio, a fine settimana. “A noi ci possono dire che siamo ingenui – dice – e cazzate comunicative ne facciamo, come no. Ma non siamo come queste merde. Io non ce la faccio più a restare. Non vedo l’ora di andare davanti a una telecamera e fare un video in cui dico: ‘Eccomi qua, in questi anni ho fatto tutte queste cose, ho fatto risparmiare allo Stato 300mila euro. Ora però, me ne vado’. Voglio tornare a fare il giornalista, il reporter, voglio stare tra la gente”. L’attacco è in generale agli esponenti degli altri partiti: “I politici – afferma – vanno in televisione, fingono di avere a cuore i problemi delle persone. Poi vengono qui e non fanno altro che parlare dei cazzi loro. Li ho sempre sentiti occuparsi solo di affari, correnti e correntine, posti. Di quelli che stanno fuori dal palazzo, non gliene può fregare di meno. Le persone dovrebbero informarsi di più e invece finiscono vittime di un sistema che si regge sui mass media che prendono soldi dal potere“. Così si è sfogato il parlamentare 5S. Speriamo che non ci ripensi e che possa trovare accoglienza nell'ambito giornalistico che gli sta a cuore. Lo stimabile deputato non ha ancora trovato il suo "ubi consistam" e, finché lo cercherà, ne resterà sempre inappagato. Il lavorio sulle alleanze, le correnti sui "cazzi propri e loro" io l'ho conosciuto nell'ambito del sindacato, dal quale ho tratto molti elementi per capire la politica, che, a sua volta, agisce, brigando, nell'alveo legale-istituzionale che è lo shaker per la formalizzazione del potere. Il generoso pentastellato avverte probabilmente la sua alterità, incongruità e, purtroppo, inutilità, in un alveo che tende disperatamente a demonizzare. Ma i demoni, se ci sono, non si rivolgono contro di lui, che è puro, estraneo; fanno del male agli inermi che concretamente gli si oppongono, brigano per presunta convenienza contro simboli sacrificali, interpretano i tecnicismi della violenza, psicologica e poi chissà? Se riuscirà a fare il reporter - come gli auguro - dovrà essere free-lance, se vorrà riferire e documentare la cruda ed essenziale verità, ma troverà - proprio perchè i gazzettieri sono finanziati e veicolati a prestigiose ed abusate carriere - chi gliela pubblicherà? Conta di trovare personalità meno olenti, libere dai condizionamenti del recupero sulla sfiga, dagli "idola imperi", dal conformistico, scimmiesco, spirito di imitazione che li relegherà partitamente fra i perdenti di una gara già decisa, a mutare gli esiti della quale non soccorrerà neppure la peggiore cortigianeria e il più miserabile spirito di tradimento. Ammesso che tu sia sincero, pensaci bene; fatti almeno due legislature per sommare una pensione che gli altri non avranno neppure con quarantadue anni di contribuzione. Dopo potrai far finta di cavalcare i tuoi ideali, o cavalcarli sinceramente, constatando amaramente che i tuoi esiti saranno sempre parziali, menomati "geneticamente" dalle prassi reali degli ominidi in società. Ti resterà, a questo punto, la fuga nell'idealismo utopistico, al quale potrai votarti, salvo constatare, anche in quell'ambito, la permanenza, rimossa e dissimulata, degli stessi vizi da cui cerchi, senza deciderti all'anacoresi, di evadere. Il resto è merda.

venerdì 21 novembre 2014

E' tutto uno stracciar di vesti.

Il pampa-Papa si è messo a litigare, o meglio, litigano con lui quei porporati che difendono l'andazzo che pubblicamente e con parole poco gesuitiche, il Pontefice aggettiva. Non ha fatto in tempo, questa mattina, a deplorare, "lo scandalo" dei prezzari per la somministrazione dei sacramenti, che il presidente della C.E.I., l'algido e risentito Bagnasco, lo ha rimbeccato, sostenendo che in Italia i sacramenti non vengono pagati. Per quel poco che ne so, i sacramenti, le commemorazioni, ecc., sono soggette ad un'offerta non quantificata, ma è implicito, all'atto dei medesimi, "permettersi" di porgere una busta dentro la quale c'è una cifra direttamente proporzionale allo standard offertorio in quella chiesa e in quel contesto parrocchiale. Se, da qualche parte, esistono dei listini affissi nelle canoniche non lo so, né mi interessa, ma qual'è quel parroco che, itinerante presso le famiglie di cui cerca di curare la catechesi, esce senza ricevere un'offerta, stimata presuntivamente, quando non concertatamente, fra i fedeli, casomai solo in quell'occasione? Il tariffario è invece ufficiale e pubblicamente affisso nelle chiese ortodosse; ogni prestazione del Pope è minutamente imputata ad una cifra. Costui, discrezionalmente, si fa ristorare presso i domicili delle pecorelle: entra, chiede, benedice. I preti protestanti delle diverse confessioni, sono usi affiggere sui frontoni delle loro chiese che le medesime, intese come singole unità devote, non usufruiscono di nessun contributo pubblico, come i giornali indipendenti, bensì sono mantenute attraverso un regime di donazioni direttamente dai fedeli che usufrusicono così dei servigi religiosi e che si riconoscono direttamente nei medesimi, senza chiedere favori e raccomandazioni. Nei Paesi pluriconfessionali a forte concentrazione amministrativa - come la Germania - è lo Stato a provvedere a ripartire le contribuzioni secondo la dichiarazione d'appartenenza a questa o quella confessione, cristiana o diversa e, dopo aver ripartito un reddito congruente, non indietreggia di un millimetro sul piano fiscale. Il regime della contribuzione registrata serve allo Stato a "pesare" la reale appartenenza a questa o quella "testimonianza" religiosa. Negli Stati Uniti, invece, qualsiasi confessione può essere istituita, purché in grado di mantenersi da sé, senza valutazioni di merito, per cui, anche le sette più pittoresche e quelle esoteriche, sono difuse e, talvolta, piuttosto ricche. In Inghilterra, la Chiesa anglicana è la chiesa di Stato, a capo della quale sta la regina che è anche presidentessa della più grande Loggia massonica del mondo, senza potervi partecipare perché la Massoneria britannica esclude dalle sue file le donne. Per sottoclassificazioni si potrebbe continuare ancora. Il cattolicesimo, dove è tradizionale, consolidato e senza alternative, che non siano portate dall'immigrazione, è sempre stato un'entità sussidiaria o alternativa alle autorità pubbliche, tanto lassa riguardo al penitenziere fiscale ( date a Cesare quel che è di Cesare ) quanto sottilmente condizionante nell'esigere i suoi tributi e i suoi favori dai devoti ricchi e potenti, ripartendone una minima parte agli altri devoti, bisognosi e subalterni. Leggo che al sud esisterebbero dei listini affissi e necessariamente da osservare: si tratterebbe in questo caso di una tassazione progressivamente inversa in plaghe nelle quali il gettito fiscale, per lo Stato, è stimato intorno al 5% del reddito disponibile. E' questo, pampa-Papa lo scandalo, casomai.

On the road.

Maurizio Landini è un uomo che ama parlar chiaro. Io condivido molte delle cose che dice, ne apprezzo lo spirito di sperimentazione e ne rispetto le valutazioni. Partecipando ad una delle tante manifestazioni che lo vedono sfilare in molte città d'Italia, ha profferito, preso dalla fatica e dalla marcia, una verità nella quale mi sono riconosciuto: Renzi non ha il sostegno delle persone oneste. Non ha pensato, in quel momento, il fiero Landini, che "offendeva" il trasformismo italico, ben radicato nelle file, pletoriche, troppo numerose per essere vere, del Partito democratico. Ma ha detto il vero, senza meditare che così rivelava il suo pensiero recondito, cioè che le "masse" sono costituite da conformisti caproni, pronti a seguire per influsso subliminale, tutte le sinfonie orecchiabili e che non richiedono fatiche interpretative. Ha affermato che, nell'ambito delle masse, per di più spurie del PD, alberga l'utilitarismo spicciolo e la disonestà argomentativa di tutti i profittatori di situazioni, di tutti i giudicanti al riparo del verbo comune, per ciò stesso errato, ma potente. Le sue scuse successive non scusano nulla e non sono credibili: sono le scuse di un politico messo in crisi da polemiche di maniera, a loro volta assimilate per iterazione dalle masse ignoranti. Sotto, sotto, i leader della sinistra sono dirigistici, presuntuosi, ma sanno con chi hanno a che fare, In condizione di riposo sono i più conformisti fra i conformisti, ma questi, almeno per Landini, sono tempi gladiatori.

giovedì 20 novembre 2014

Timori non condivisi.

La campagna elettorale del PD per le regionali, si è chiusa a Bologna all'insegna della più violenta contestazione. Anche una sede del medesimo partito è stata danneggiata. Il candidato piddino ha ovviamnete dichiarato che "i pochi facinorosi non fanno paura" a un partito o presunto tale, ormai abbarbicato solo ad un potere senza contenuto, dilaniato da correnti ed ormai pluricondannato: dall'ex presidente Vasco Errani, al Sindaco di Bologna in carica, tanto per gradire. Un partito i cui consiglieri - come quelli dell'opposizione - si sono "spesi" in presenti e delibazioni ed hanno completamente perso quel senso di diversità morale, che aveva contraddistinto i rappresentanti della sinistra ( almeno per quanto attiene alle camorrille nazionali ). La caduta dell'austerità comunista ha liberato le peggiori frustrazioni, stimolato il senso di imitazione, corrotto i costumi, a contatto con i gaudenti democristiani, come in una narrazione classica sulle ricorrenti decadenze civili. Si dovrebbe andare a votare per qualcuno di costoro, di cui non si conoscono, non dico i programmi, ma neppure il curriculum, la storia politica e amministrativa, fuori dalle grigie prassi d'apparato? Neppure, per quel che mi riguarda, il nome? L'investitura renziana, il maggiore dei non eletti, deciso a "cambiare l'Italia" secondo i dettami giugulatori di una conservatrice signora tedesca, già comunista ed ora democristiana? Vengono in mente le conversioni post belliche di uomini pubblici - soprattutto accademici - che passarono senza colpo ferire dalla camicia nera e dalla militanza fascista al comunismo più ortodosso. Adesso basta, apparentemente, che il primo pinco-palla si offra di cambiare il Paese ( da Matteo Renzie, passando per Beppe Grillo ) perché gli si spalanchino le autostrade della politica d'occasione, pubblicizzate, per il Governo, da una televisione, soprattutto pubblica, in questo caso, serva e amplificatrice. Ci si chiede, in coscienza, se la semplice finzione della rappresentanza elettiva possa essere ancora utile alla democrazia, ora che è diluita e svilita in una retorica senza contenuti. Temo che per questo colpevole e, di conseguenza, sfortunato paese stia per aprirsi una lunga parentesi di declino. Ma a certa gente, purchè eletta, tutto ciò non fa paura.

Il gioco degli equivoci.

C'è un'insincerità di fondo nella trama delle parole che quotidianamente si spendono per assecondare, giustificandole, le strategie esogene, che si cerca di cavalcare pericolosamente, mistificandone il significato agli uditori, la maggior parte dei quali parteggia superficialmente , emotivamente ed umoralmente; per questo ci si rivolge ad essa in termini superficiali e semplificatori. In questo momento, liquido e privo di forma, l'unico vantaggio consiste in una insolita facoltà di percezione, ma non di decifrazione delle rinfrescate panzane a cura di diversi interpreti del medesimo copione. Il sipario è strappato e il lavorio degli attrezzisti è visibile, mentre compongono e scompongono le scenografie nella cui cornice collocare la scena, la recita. La chiave di lettura è univoca, fornita a priori e si basa su concreti interessi che agitano i gonfaloni della retorica, mentre tutt'intorno è un ammasso di macerie. Degli attentati che hanno fatto strage di vittime sacrificali simboliche ed occasionali, dell'omicidio mirato di Aldo Moro, sul filone utopistico di un partito moderato di centro, barcamenantesi fra opposte pressioni, che sarebbe dovuto andare verso sinistra, verso la legittimazione, cioè, di un partito comunista che stava per rinnegarsi, ma non lo sapeva e di una Chiesa cattolica che sarebbe passata, in men che non si dica, dalla Ostpolitik di Camillo Ruini, alle trame sindacali anticomuniste di un Papa polacco, per introdurre un cuneo territoriale nel corpo del continente sovietico, economicamente stremato dalla competizione bellica, prima che la competizione si spostasse sui mercati finanziari, non si è ancora saputo nulla, se non che una poco più che bambina cittadina vaticana, Emanuela Orlandi ed una sua coetanea romana Mirella Gregori, completamente ignorata dalla letteratura sulla vicenda che vedeva la sola Orlandi essere stata "vittima" delle trame bulgaro-turco-sovietiche per neutralizzare il papa dell'est e costituire l'ostaggio di non si sa quale scambio. Invece, probabilmente, le due piccole erano state soppresse dopo essere state abusate, da chi non è dato sapere. Silenzio di tomba - è proprio il caso di dirlo - sulla morta di Patrik Cernay, del Capo delle Guardie svizzere e di sua moglie, avvenuti negli stessi anni. Nulla di certo neppure sulla rapida eliminazione di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, al momento della trattativa Stato-Mafia, riparatrice delle loro indagini. Che si è saputo, infine, della coesistenza fra l'andreottismo e Cosa nostra, a parte chilometri di caratteri tipografici, e numerosi omicidi di politici, poliziotti, prefetti e magistrati siciliani, confusi fra fiancheggiatori, favoreggiatori e oppositori in un gioco di dissolvenze. un gioco di palesi ma indecifrabili, perché continuamente rimestate, apparenze? Sembra quasi che le trame politiche si siano involute su lor medesime, senza risparmiarsi sanguinosi regolamenti di conti, dopo i quali il "comune" vantaggio omertoso ha ripristinato una dialettica apparente, sempre fra le medesime entità delegatrici di diversi interpreti, ma sempre prodotto di scuole di dissimulazione ben note e riconoscibili, almeno a chi ha una certa età ed esperienza, quanto meno cronachistica. Chi ha ucciso Roberto Calvi e Michele Sindona? Sarebbe cambiato qualcosa a livello pubblico se avessero deciso, in extrema ratio, di parlare? Chi, concretamente e perchè ha voluto non correre questo rischio? Perché i compagni di merenda di Berlusconi, anche in carcere, continuano a tacere? Perché Licio gelli, vetusto e indisturbato, continua a svernare a Villa Wanda? Continua.

martedì 18 novembre 2014

Dall'egemonia economica a quella politica. La storia si ripete.

Continua la preminenza politica. oltre che economica, della Germania neo guglielmina nello scenario europeo. Dopo la sponsorizzazione al pugile ucraino campione del mondo, la Merkel è riuscita a far prevalere nelle elezioni presidenziali rumene, il suo candidato, un conservatore che ha scalzato il competitore di sinistra. La Germania continua a rafforzare la sua egemonia sui paesi centro orentali dell'europa continentale, riproponendosi come principale avversario, sulla piattaforma, della Russia. La differenza, per ora, consiste nello schierarsi, non privo di ambiguità, con l'alleato post bellico americano, che saggiamente non se ne fida e la fa spiare dai suoi sistemi intercettori. Comunque sono già due Stati chiave e in crisi dello scacchiere a far riferimento a Berlino, senza riceverne aiuto alcuno che non sia alla coalizione o al partito feudalizzato, nel pieno abbandono delle perverse dinamiche sociali al loro destino. la partita della neo egemonia tedesca è appena cominciata.

La meraviglia dei senza memoria.

Antonio Gramsci, l'italiano attualmente più letto nel mondo, corrisponde con la cognata Tatiana, sorella, insieme ad Eugenia della moglie Giulia Schucht, che ebbe con lui, carcerato itinerante, un rapporto molto più freddo ed evasivo, di quello splendido con la più piccola della famiglia, che sarà l'unica a vegliarlo in punto di morte e l'unica ad andare al suo funerale, deserto, tranne che da lei e dalla polizia fascista. Era morto, stremato dal carcere di Turi, dove gli altri detenuti comunisti gli tiravano le palle di neve con dentro dei sassi, perchè aveva criticato l'ascesa al potere di Stalin, con il quale invece Togliatti "fece affari" fino alla fine, competendo, dispettosamente, sul piano intellettuale, con lo sfortunato, ma geniale compagno. Gramsci, dalle sue prigioni, scrive di tutto per mantenere vivo il contatto con il mondo esterno, chiede libri, insegna agli altri detenuti, ne descrive alcuni, ma parla anche di botanica e di dinamiche familiari, con semplictà. In questa lettera, attesta l'eterna difficoltà a trovare lavoro, ora come allora, in diversi scenari macroeconomici, ma senza variazioni "epocali", come ogni volta cercano di farci credere. C'è anche una acuta disamina demografica e sociologica del nostro paese, familistico e clientelare. 30 luglio 1929   Carissima Tatiana,       ho ricevuto ieri la lettera di Giulia. Spero che anche le fotografie non si siano perdute e che potrai mandarmele presto. Dovrei rispondere a tante tue quistioni mentre avrei voglia solo di chiacchierare con te del piú e del meno; mi ha molto divertito il tuo sfogo irruento e appassionato contro le affittacamere. Tuttavia cercherò di rispondere a qualche quistione. - 1° Credo che tu non debba incoraggiare, ma scoraggiare il desiderio di Vittorio di venire in Italia. Il posto di assistente di farmacia è pochissimo rimunerato e d'altronde c'è molta disoccupazione in questo ramo; ho conosciuto dei liberi docenti di chimica che andavano a far cartine per 600 lire al mese. Con la nuova legge sulle farmacie la situazione deve essere ancora peggiorata. - Ad un'altra occupazione stabile all'estero (cioè lontano dalla famiglia e dal proprio ambiente, dove è sempre possibile trovare qualche risorsa in caso di crisi) si oppone il carattere di Vittorio che, secondo me, è troppo fanciullesco e fantastico. In pochi anni io l'ho conosciuto come funzionario del Ministero degli Esteri (traduzioni), come sensale d'affari, come giornalista, come attore drammatico in tournée a Samarcanda e dintorni. Ha istinti troppo vagabondi. È un carattere che conosco perché l'ho studiato in alcuni miei fratelli, specialmente in mio fratello maggiore: l'Italia è l'ultimo paese da consigliare a simili tipi, a meno che non vivano di rendita, perché l'esuberanza di popolazione e la disoccupazione cronica in interi rami d'attività (ma specialmente nelle attività medie tecnico-intellettuali), determinata dal fatto che l'Italia ha quadri sufficienti per un paese di grande sviluppo industriale, mentre è solo mediocremente sviluppato - portano l'autorità statale a fissare ognuno rigidamente al suo posto. Quella certa popolarità che il sistema corporativo gode tra gli strati medi intellettuali è appunto dovuto alla precarietà dei posti e alla anelasticità della situazione: ognuno vorrebbe essere garantito per legge contro la concorrenza sfrenata. Chi perde il posto può rimanere disoccupato mesi e mesi, senza scorte. Ti cito un esempio. Una ditta elettrotecnica bandí un concorso per 25 ingegneri, da assumersi per tre anni in prova con 300 lire al mese; si presentarono in piú di 200. Vittorio si troverebbe in un ambiente premuto da 20 atmosfere e non tarderebbe a pentirsi. Ancora una ragione: si può fare una graduatoria della conoscenza dell'italiano nella tua famiglia: il primo posto spetta a Eugenia che scrive molto bene con uno stile italiano moderno, il secondo a Giulia che ha uno stile quasi classico, costruisce il periodo alla perfezione, ma commette degli errori che si fanno notare; il terzo a te, che in questo ultimo tempo hai migliorato molto, ma si capisce che la tua lingua non è l'italiano (è il francese, secondo me, neanche il russo); Vittorio, sebbene abbia studiato in Italia, ha dimenticato molto. Nel 22 mi scrisse alcuni articoli che non potevano neanche essere corretti; era tutto da rifare, come ortografia, morfologia e sintassi. La quistione è importante e perciò mi sono dilungato, senza nascondere nulla del mio pensiero. - Cara Tania, non posso piú chiacchierare. La scatoletta l'avevo presa subito con me; ma dimenticai di scrivertene. È graziosa, ma è una tabacchiera; diciamo una graziosa tabacchiera. Non mi sono deciso a metterci il sale, perché temo che se vado nel cortile con tale saliera, tutti gli altri mi domanderanno da annusare. Il rosaio ha già piú di 20 roselline sbocciate, che mi piacciono assai. Per ora non ho bisogno di nulla; forse puoi portarmi qualche pezzo di sapone e un po' di ovomaltina. - Non credere che io sia brontolone o di cattivo umore ecc. Talvolta scrivo in certo modo un po' per canzonatura, ma ti voglio molto bene. Ti abbraccio       Antonio

lunedì 17 novembre 2014

Il bellicismo strisciante, in tutti i sensi.

In guerra aumma, aumma, mentre si tagliano tutte le spese e si infierisce con le tasse su tutti i tradizionali pagatori, senza un voto parlamentare in merito, con costi altissimi per la nazione, sia in termini economici, sia in quelli della sicurezza, negando l'evidenza e facendosi smentire persino dalle gerarchie dell'aviazione militare, andiamo a bombardar, insieme a tanti altri paesuccoli, al cenno dello zio Sam ( o Tom, nella fattispecie? ). Centoquaranta uomini e due Tornado che, dopo aver preso conoscenza del terreno e degli acquartieramenti nemici, li bombarderanno. Personalmente, contro il IS non risparmierei energie se non si trattasse di un coinvolgimento in una guerra esclusivamente statunitense, indifferente, tranne che nelle giustificazioni, allo scempio umanitario che si contrabbanda, per la quale si sono volutamente trascurate le Nazioni Unite e si è lasciata fuori la stessa NATO, dando quindi una caratterizzazione nazionale a ciascuno degli interventori. Tutti i Paesi che si sono affiancati, uno alla volta, agli americani, sotto il cui comando combattono dall'alto, hanno cominciato con ovvi compiti di ricognizione e segnalazione, ma sono tutti passati, in men che non si dica, alla "desertificazione" dei miliziani che occupano una superficie sufficiente a fondarvi uno Stato, che battono moneta autonomamente e sono in possesso di numerosi pozzi petroliferi, ( l'unica vera ragione della coalizione informale ) attraverso le cui estrazioni finanziano la loro guerra e si riforniscono di armi, casomai indirettamente, sul mercato internazionale, dagli stessi Stati che li bombardano e di cui decapitano pubblicitariamente e proselitisticamente gli ostaggi. Per liberare le schiave Yazide, si doveva intervenire subito, ma sotto l'egida di una risoluzione degli organismi internazionali, che invece non si sono neppure riuniti. Renzie e la Pinotti, dopo l'invio delle armi dismesse dall'esercito, contraddicendo ogni impegno di austerità - chiesto ai cittadini che non li hanno eletti - e dissimulando il loro operato, negando pervicacemente che il parlamento sia competente in materia, come il peggior cioccapiatti privato, continuano a relegarci fra le ex democrazie, senza che, per altro, si levi dal paese e dalle sue ex rappresentanze - tranne il M5S -, un sospiro di protesta. Un bellicismo strisciante e dissimulatorio, come tutta quanta la politica del servaggio italico, in fondo approvata da un non popolo consimile, schienato comodamente nel sopore della democrazia, di cui, a livello globale, ormai non residuano più neanche le forme.

domenica 16 novembre 2014

Neppure i poveri sono tutti uguali.

In Italia ormai dilaga la caccia, simbolica o reale, ai capri espiatori di sempre: rom e sinti, migranti e rifugiati. Pur variando luoghi e personaggi, comune è lo schema narrativo, avallato anche da quotidiani mainstream. Non ho dimenticato la morte atroce di quella signora romana, Giovanna Reggiani, moglie di un ufficiale dell'esercito, aggredita e uccisa nel corso del tragitto fra la fermata dell'autobus e la sua abitazione. La colpa sta nel non affrontare i problemi, neppure in abbozzo e lasciare alle dinamiche euerodirette da organizzazioni "di base" sui territori l'agitazione propagandistica di questi eventi, nei quali la violenza si esercita esclusivamente sui soggetti vulnerabili, sempre più vulnerabili, in una gerarchia discendente della prepotenza. A giustificare o sminuire la violenza dei “residenti” e dei “cittadini comuni” si propalano spesso leggende e false notizie, spacciate come vere anche dagli organi di stampa. Ciò che è accaduto nella borgata romana di Tor Sapienza costituisce un precedente assai grave. Mi riferisco al trasferimento forzoso, a furor di plebe, dei minorenni ospitati dal Centro di prima accoglienza, collocato in una struttura che include anche un Servizio protezione richiedenti-asilo e rifugiati. Questa prima tappa della chiusura totale della struttura, pur essendo una misura prudenziale, si configura oggettivamente come cedimento istituzionale al violento ricatto razzista. I facinorosi che, incappucciati e al grido di “bruciamoli tutti!”, a più riprese hanno attaccato il Centro, con lanci di pietre, petardi e perfino una molotov, per alcuni giorni sono stati rappresentati, anche dalla stampa, come poveri “cittadini esasperati”. E le dicerie a proposito di scippi, aggressioni, tentati stupri – dei quali non v’è traccia di prova, né denunce formali a carico dei giovani africani – sono state puntualmente riprese senza alcuna verifica. Chi è rimasto nel "Centro Morandi" ancor oggi è a rischio. Ciò nonostante, di queste persone, de-umanizzate e perseguitate, neppure si rispetta il diritto alla privatezza: giornali e telegiornali, infatti, ne hanno mostrato i volti non oscurati, esponendole ancor di più al pericolo. Pochi, fra i giornalisti che hanno raccontato di questa vicenda, sono quelli che hanno citato il mélange, tutto nostrano, di attività illecite, spaccio, infiltrazioni criminali e di estrema destra che caratterizza questo come altri quartieri romani di periferia. Contro il quale mai, per quel che ne sappiamo, i “residenti esasperati” hanno fatto barricate. I miei amici di Roma, me ne hanno parlato diffusamente. La realtà di degrado mai curato delle immense periferie romane si è accentuato e la violenza, endemica nelle contese gerarchiche fra bulli, ideologicamente affini ad un machismo fascista che più fascista non si può, senza trascurare le femmine che sfoggiano dei bicipiti impressionanti, si è spostata, in forme organizzate ed occasionali, verso i nuovi residenti immigrati. La realtà è complessa, lo so bene, forse meno per questi bruti della subura, ma è di tutta evidenza la condizione di queste persone fuggite da povertà, persecuzioni e violenze, approdate rischiosamente in Europa dopo viaggi da incubo, private di casa e affetti, e oggi, di nuovo, rifiutate, minacciate, terrorizzate. Fra loro, trentasei minorenni soli e bisognosi di tutela, che erano impegnati in un percorso di formazione e inserimento professionale e che oggi sono dispersi in altri centri. Lo slogan: "basta con l'immigrazione" è un'assurdità strumentale. Entità trascurabili? E' questo il modo di gestire i problemi? E' questo il futuro che ci si prospetta? Questo per dire che la violenza recata agli adolescenti, poi assecondata dalle autorità, che altro non hanno saputo produrre in presenza di una realtà nota, ma non messa in evidenza, che relegarli in un luogo forse più insicuro per loro, non è il portato di una simmetrica guerra tra poveri, ma una vera e propria speculazione squadristica. Conosco abbastanza bene la realtà romana, per poterlo affermare. La conferma, in tal senso ci viene da ciò che è accaduto alla Marranella, quartiere romano del Pigneto-Tor Pignattara, dopo l’assassinio di Muhammad Shahzad Khan, il pakistano di ventotto anni, mite e sventurato, massacrato a calci e pugni da un diciassettenne romano, la notte del 18 settembre scorso. Subito dopo, un centinaio di persone improvvisarono un corteo di solidarietà verso il giovane arrestato, non senza qualche accento di rammarico per “questa guerra tra poveri”, insieme con cartelli e slogan quali “Viva il duce” e “I negri se ne devono andare”. Un circolo politico di sinistra, presente nel quartiere, si è spinto fino ad affermare incautamente che l’omicida e l’ucciso sarebbero stati vittime dello stesso dramma della povertà e del degrado. Come se il livello di potere, la posizione sociale, la responsabilità morale fossero i medesimi, tra il bullo di quartiere che uccide, istigato e spalleggiato dal genitore commerciante e fascista (poi arrestato anche lui), e la sua vittima inerme: già annientata dalla solitudine, dalla perdita del lavoro e dell’alloggio, dal terrore di perdere pure il permesso di soggiorno, dalla lontananza dalla moglie e da un figlio di tre mesi che mai aveva potuto vedere. Una perfetta illustrazione, quel delitto, di guerra contro i più inermi tra i poveri.

sabato 15 novembre 2014

Venefici.

Il pampa-Papa, durante un'udienza a una rappresentanza accreditata dei medici cattolici, ha ribadito quanto si sapeva: dovete obiettare per non dover eseguire aborti, eutanasie e fecondazioni con seme ignoto. Ce la giochiamo sui principi, come sempre, con i quali bypassiamo la realtà. Il medico cattolico non procura l'aborto: per fortuna chi lo fa non incorre più nell'anatema e nell'ostracismo sociale, almeno se lo fa alla luce del sole, ma rischia di essere confinato a praticare solo questi interventi e di consentire ai colleghi coscienziosi di sedimentare le loro competenze specialistiche, solo in regresso per lui, per mancanza di alternative di fronte alle molto numerose, anche se osteggiate, richieste di questi interventi negli ospedali. Ecco come coniugare morale e carriera e tornare all'aborto censitario. Sull'eutanasia, non vedo come il medico possa sostituirsi alla volontà, liberamente espressa dal paziente, sostituendosi come super Io all'Ego, al soggetto, anche se è un medico cattolico. Il fatto è che, già a livello di dipartimenti universitari, da cui dipendono i policlinici, i pasdaran di Comunione e fatturazione la fanno spesso da padroni e, dove sono in minoranza, non se ne curano, forti del radicamento dei loro interessi in zone ricche e bianche della penisola. Sono personalmente certo che, in questa società dell'esclusione e degli scarti, l'eutanasia affidata ai medici - come avviene, di fatto, ogni giorno e soprattutto ogni notte, porterebbe all'eliminazione di tanti vecchietti soli che si aggrappano con le unghie e le dita adunche all'ultimo barlume di vita, ma sono altrettanto convinto che la volontà liberamente espressa vada assistita, accompagnata e portata a compimento. Ma un medico cattolico, può fare tante schifezze, ma non contraddire questo principio. La fecondazione eterologa porterà nell'ambito della coppia una genetica parzialmente materna e parzialmente ignota. Nell'omogeneità e nella sacramentalità della fecondazione familiare, per copula benedetta o per iniezione in situ è però contraddetta dall'adozione, nella quale la genetica è del tutta eterologa, alla coppia, svilite in una forma - anche se non si dice più - di carità. Allora traspare in queste prese di posizione iniziatiche, rivolte ad una categoria in gran parte composta da massoni, una esotericità orientale, del tutto estranea alla nostra, inutilmente contrastata e soffocata, cultura latina, di preminenza paterna, che verrebbe meno con il consenso alla "cornificazione ignota", come se la famiglia, l'amore non fosse di chi ti accoglie e non di chi ti ha banalmente generato. Da questo simbolismo sono originati tanti disturbi comportamentali e di adattamento di molti "trovatelli", oggetto già dalle scuole primarie di pregiudizi e di giudizi offensivi dei compagni di scuola che avevano la mamma e il papà, mentre loro, nei componimenti, parlavano di altre figure. Quel mondo è saltato per aria e, per questi aspetti, è stato un bene; per molti altri sopravvenuti, tutt'altro. Il pampa-Papa lo ha detto ai medici cattolici, ben sapendo che a loro non gliene potrebbe fregar di meno, se non per ragioni di guadagno e di carriera, ma ha parlato a nuora perché suocera intenda. Speriamo che la suocera sia diventata sorda.

Viaggio a ritroso nel mezzo della notte.

Ogni giorno, ad ore scandite dai posti nei dormitori, dai lavori di risanificazione dopo una notte di vomiti ed olezzi, prendono posto in strada i mendicanti. Si posizionano davanti ai supermercati, in rari casi nei piccoli androni delle chiese, come era uso un tempo. Spesso, quelli stabili - perché ci sono gli itineranti - ricoprono le ombre di quelli che vedevo da bambino ed a cui portavo poche lire. Sono luoghi storici, per null'altro deputati alla mendicità che non una memoria atavica, tramandata, di questa forma di sfruttamento di persone senza nulla, in mano all'ultimo padrone. I clochard, che preferiscono evitare la promiscuità affollata dei dormitori - spesso persone di buone maniere e discreta cultura - vengono allontanati dai loro giacigli notturni nelle strade del centro, che liberano di prima mattina, salvo rare eccezioni, costituite da resistenti di lungo sonno ( in realtà depressi senz'altro da fare che giacere, coperti dalla testa ai piedi, tanto che potrebbero essere morti senza che la loro condizione mutasse )per "sanificare" i portici, da loro e dalle pisciate dei cani, libere a differenza delle cacche, che gli insonni dell'albeggiare lasciano dovunque, esentati dalle tenebre dal senso civico, timoroso solo di una sanzione. Un autunno mite, umidiccio, foriero di infezioni bronchiali, ma ancora immune da assideramenti annunciati che, però non porteranno i "barboni" al riparo concentrazionario e immondo, a loro destinato ma del quale non fanno parte. Lungo gli stradoni della periferia nord, lungo la provinciale, fino oltre Modena, una fila danzante e colorata negli striminziti costumi da lavoro che la temperatura ancora consente, giovani donne e vere e proprie ragazze, schiave di giro di un circo ormai selezionato, prestano consolazione agli uomini soli o insoddisfatti dal menage coniugale, a prezzi accessibili quasi a tutti per via della crisi, conferendo agli occasionali compagni di pochi minuti - da cui una terribile ansia da prestazione e qualche omicidio di rivalsa - anche il brivido di un rischio contagioso. Una catena di montaggio dell'eiaculazione. La relegazione sotto il monumento al camionista, da cui si dipartono, per non accentrarsi in un solo punto e offrir maggior agio al mercato, le etére ineliminabili da migliaia di anni, per il popolo comune, fu il progetto di un'amministrazione anomala, di destra, coinvolta subito in interessi privati e tangenti, ma severa custode di una moralità visiva che, dopo decenni, venne allontanata dai viali di circonvallazione, sui quali faceva parte del paesaggio. L'appalto stradale alla malavita straniera post caduta del Muro, aveva portato, più che a un infittimento delle lavoranti - per le quali, evidentemente, c'era richiesta proporzionale - ad una scenografia da night club alla luce dei lampioni, che aveva turbato la pruderie dei ben atteggiantesi. Poi sono riapparse anche in città, in numero molto ridotto; il burlesque non è più tornato, ma il fenomeno è aumentato e ha coinvolto le affittanze delle case private, di proprietà degli stessi che si scandalizzavano per il sesso all'aria aperta. Sfruttamento di Eros, che insieme a Thanatos non conoscerà mai crisi, come sarebbe anche - l'alternativa fa ridere, è una scusa speculativa - con i casini cooperativi o privati. I fenomeni si sommerebbero, costituirebbero un accumulo di capitali ( come quelli che dal 1956 si trasformarono in alberghi ) da riciclare, ma pagherebbero le tasse ad uno Stato indebitato fino alle orecchie che, ha abdicato per lo stesso motivo all'inibizione di aprire altre case da gioco, oltre alle tre ufficialmente in uso (erano quattro, poi Taormina ha chiuso ), che pullulano anche a livello di singoli quartieri, di solito in prossimità di club privé. I piaceri e gli svaghi si fanno nascosti, commerciali, più ipocriti di quanto non lo fossero mai stati - almeno a Bologna, la mia città, dove la gaudenza non ha mai fatto storcere il naso a nessuno, prima che si mettesse di mezzo il mercato - ma resisteremo! - con la sua prostitutività e, a schermo, il suo puritanesimo affaristico, che si trasforma sempre nel contrario dei suoi enunciati. C'è stato un tempo in cui la notte dei giovani che potevano si rifugiava all'Esedra di San Lazzaro, che chiuse per le prime beghe di droga spacciata e che comportò il suicidio di un maresciallo dei carabinieri che sovrintendeva al locale ed alla zona; c'era poi il night Blue moon di Paolo Bacillieri, compagno di Nuccia Bongiovanni al Musichiere di Mario Riva. Era il 1959 e i due cantanti accennavano a dei motivi di cui i concorrenti seduti davanti a loro, dovevano prenotare la risposta, correndo verso una campanella poco innanzi. Il Blue moon conoscerà sospensioni e chiusure per induzione e sfruttamento della prostituzione. Erano gli anni degli spinelli alle feste adolescenziali, degli atteggiamenti alla "dolce vita", interpolati da americanismi, almeno per le classi borghesi. Erano però gli anni in cui, al tavolino di un bar, una ragazza, una studentessa, potevano sorseggiare un drink, sfogliare un carteggio, senza essere importunate, almeno a queste latitudini. E' morto quello sballo? No, ma si officia sotto traccia, quasi fosse subentrato qualcosa che suggerisce di non manifestarlo, almeno in quelle forme vitali che allora erano normali.

Posture.

La postura, quando non è originata da artrosi od altre malattie ortopediche, è rivelatrice della personalità di chi la assume, o, almeno, della capacità d'interagire del soggetto in determinate situazioni. Matteo Renzie, in Australia, appare a braccia conserte, con il petto proteso, contenuto nella sua espansione dalle braccia e con la faccia più gonfia del solito, mentre Obama gli si rivolge protendendo con garbo gli avambracci e le mani, mentre gli parla di qualcosa che palesemente il "Segretario fiorentino" non capisce. Nel contempo - un po' ridicolmente - il rappresentantante di tanta nazione ( gli avrà chiesto, al massimo, nuove truppe )assume un palese atteggiamento di chiusura, che è difensivo in funzione del fatto che non capisce un acca di quanto van dicendo, ma non rinuncia a mostrarsi sbruffone - tipico di che conta poco ed ha una scarsa opinione di sé - e si gonfia progressivamente come la rana di Esopo nei confronti del bue che, nel caso di Obama, sfoggia invece una silhouette impeccabile. Niente di nuovo per noi che lo sapevamo già, probabile conferma per coloro che lo assumono a modello ed icona del "cupio destruendi" che Renzie, come al solito, non sa neppure che cos'è, come del resto i suoi seguaci. L'immagine pubblica di un uomo così inadeguato e così rappresentativo dei "mores" italici è continua, ma gli attira imitazioni e consensi. "Servono riforme, non austerità", perfetto programma post democristiano nel quale ad essere "controriformati" saranno coloro che ci sono abituati. Piaggeria e falsa autonomia, conformismo e ruffianeria, Alberto Sordi non avrebbe saputo fare di meglio. Putin forse lascia il G20; farebbe bene, sono in troppi per contare qualcosa ed a lui, nelle intenzioni, spetterebbe un ruolo simile a quello della Bulgaria, inferirore a quello della Polonia, secondo restaurazione pre seconda guerra mondiale. La Russia ha però necessità di dialogare, anche in termini competitivi e, soprattutto, economici con le potenze che le sono ostili per assemblamento al seguito statunitense. Per questo entrerà tra poco in funzione un network radiofonico ed editoriale che interesserà inizialmente tredici Paesi e poi dovrebbe coprire Europa ed America. Speriamo almeno in un po' di occupazione. Un solo punto di vista non basta, ha affermato Putin. Due, entrambi esclusivi e ademocratici, sono poco, ma sempre meglio che niente. P.S. D'ora in avanti osserviamo con cura gli atteggiamenti posturali dei nostri simili, lasciando a loro di osservare i nostri: ci faremo un'idea attendibile della loro "parte" nel copione che ci (gli) è assegnato. Il corpo parla.

venerdì 14 novembre 2014

A cucci e a spinte.

Le manifestazioni odierne in venticinque città italiane hanno aperto la via ad un coordinamento, ad una possibile coalizione del precariato italiano, che potrebbe valersi, in questo caso, dell'organizzazione capillare della CGIL e dovrebbe sfuggire, inevitabilmente, all'inclusione e all'assorbimento, che sarebbero paralizzatori del loro movimentismo. Ma la presa d'atto e di coscienza del mondo del lavoro occasionale, sottopagato e servile, che altro non è che il regime lavorativo capitalistico tarato sull'utile meschino e senza vincoli, di padroni di ieri, di oggi, di domani, finalmente tratteggia in Italia un embrione di opposizione sociale e un rilancio, basato sulla realtà che si è creata e che si vorrebbe per sempre relagare ai margini, che vede di nuovo protagonista la CGIL. Codesta associazione storica e meritevole di grande considerazione, comunque la si pensi, non è esente da colpe, consistite nel voler codeterminare la politica economica governativa, per ritrovarsi ora esclusa dai luoghi di lavoro, invitata a Canossa dai padroni e dalle altre due tradizionali confederazioni sindacali. E' evidente che la ritrovata posizione conflittuale della CGIL trova la sua sponda politica in quei settori del PD che si sono resi conto della loro residualità e che vagolano, inascoltati, timorosi di una collocazione politica minoritaria e testimoniale. Pur perseguendo autonomamente la sua politica sindacale e pur essendo pronta a ricodeterminare se le se ne offrisse anche un miraggio di opportunità, è ovvio che la CGIL sta facendo da battistrada a questi suoi compagni politici, come del resto fanno ed hanno fatto le altre due multicategoriali,a suo tempo definite "complici" dall'allora ministro del lavoro Maurizio Sacconi, che oggi scalpita nel NCD, nella triste e storica parabola discendente del socialismo italiano che, oltre ad esere corrotto, è anche incline a porsi sulla destra dello schieramento politico, ogni qual volta gli equilibri si squilibrano. Il comunismo non c'entra niente: è morto e sepolto; forse, col tempo - molto tempo - si riproporrà, come è già esistito in forme "prescientifiche" fin dall'antichità. Quel che conta è che si delinei, dialetticamente, una forza a difesa degli interessi delle categorie più abbandonate della nostra società, che, lasciata a se stessa, con i rapporti di forza che tutti si affrettano a consolidare, ne farebbe dei rottami. La destra ha purtroppo, da tempo, dismesso ogni forma di idealità e cultura che ha avuto e che è stata importantissima, ma non sufficiente, nel costruire i prodromi di questa sgangherata nazione. Oggi non filosofeggia più, è attenta al ricavo immediato e minuto, è di nuovo percorsa, greve com'è, da rigurgiti neo fascisti, per altro endemici, casomai sotto traccia, nelle nostre società. Si, al plurale, perché la società italiana non è, soprattutto territorialmente, omogenea. Anche se non sorgerà il sol dell'avvenir, una opposizione seria e determinata ci vorrebbe.

Convivenze da slums.

Nella grande, espansa periferia romana, gli italiani residenti hanno preso ad aggredire, organizzati, gli immigrati disordinatamente asserragliati in un palazzone. Il casus belli non è stato la convivenza, ma l'assegnazione degli alloggi a quattro soldi, quei soldi di cui anche gli stranieri dispongono. A dar man forte ai senza tetto nazionali sono intervenuti anche gli immigrati che una casa se la sono procurata e che, come gli indigeni, non tollerano la vicinanza concorrenziale dei sans papier. Ricordo, molti anni fa, un taxista meridionale di Milano che sbottò: basta con tutti questi immigrati - alludeva ai suoi conterranei - ci tolgono il lavoro. Lui si era integrato. tutte le periferie italiane ed i paesi sono abitati e percorsi da immigrati single, i meno integrati e potenzialmente instabili e da tante famiglie; un po' per il numero, un po' per risparmiare sul costo dell'abbigliamento, continuano ad indossare i loro caftani con shador per le signore. I bambini, almeno fino alla pubertà delle femmine, sono identici ai nostri: gli stessi abiti, giochi, icone pubblicitarie. Le classi popolari dei suburbi ci convivono o li tollerano, sono abituate al meticciato sociale ed a quello che le ristrettezze economiche comportano, ma, quando un bene essenziale e semigratuito viene loro conteso, riaffiora il pretesto della razza, "delle molestie, degli stupri, dei furti" come se prima, nel contesto dei denuncianti, non ci fossero stati, a giustificare l'intimidazione perchè lascino liberi i loculi. Al sud, abbiamo visto in che condiizioni di segregazione e di abuso sistematico vivano i braccianti delle aziende agricole, ridotti ad abitatori di stalle, neppur moderne e razionali, da quelle stesse persone che si sentono pregiudizialmente giudicate quando si spostano massicciamente, mantenendo consociativismi ed amicizie "etniche", verso il settentrione. Senza generalizare. L'assenza di una forte presa inglobante - quale quella che per decenni, dal dopoguerra, hanno esercitato le amministrazioni rosse nelle città che amministravano, che comportava anche un indebito ma utile controllo sulle dinamiche delle realtà più indisciplinate ed il ricorso casuale alla repressione poliziesca ed all'intasamento delle carceri, porta, in rapida involuzione, ad un neo primitivismo e ad una società della violenza di cui anche le labili forme di rappresentanza portano una parte di responsabiltà. Ma la via, purtroppo, mi sembra tracciata.

"Ciò che ci unisce".

Roberto Saviano ha deciso di lasciare l'Italia per non privarsi di una vita ancor giovane che l'isolamento in cui si trova confinato dalla sua scorta, ma soprattutto dall'indifferente connivenza del tessuto sociale che ha ispirato le sue denunce e dell'Italia tutta, istituzionale e non. Come il magistrato palermitano Di Matteo che ha raccolto il testimone di Falcone e Borsellino, ma non può espatriare: come loro ha dovuto accorgersi che il suo impegno era solo sconsolatamente privato. Questi tribuni e tutori di principi intimamente derisi e non condivisi sono i periclitanti Don Chisciotte di una società malata. Per questo chi vuole davvero convincere i Saviano, al plurale, a restare in Italia, non deve limitarsi alla esortazione, ma ha il dovere di raccogliere il testimone, di continuare ad illuminare a giorno quegli intrecci, di dare sostegno a chi li contrasta, di dare voce e volto a chi li denuncia, di non lasciare mai solo chi sceglie la via della giustizia. Le stesse associazioni dei giornalisti farebbero bene ad aprire una inchiesta ed una pubblica discussione sulla denuncia di Saviano relativa ai rapporti tra clan ed una parte della stampa locale. E' solo un piccolo esempio, ma chi ha interesse a infrangere certi connubi di comodo che, di traccia in traccia, portano ad una trama infetta?

Speriamo che sia solo l'inizio.

Sono andate alla grande le manifestazioni della CGIL, finalmente in corteo con i Cobas e la USB - Unione sindacale di base -spero che non si fermino perché la paralizzata dialettica democratica ha bisogno di riprendere il suo cammino. Venticinque anni fa, in via Tibaldi, alla Bolognina, un frastornato Achille Occhetto trasformava con due parole - in realtà pronunciate il giorno dopo alla Direzione del fu P.C.I. - una storia dura, da me mai condivisa, ma di grande spessore politico, in un frettoloso conato del trasformismo nazionale. In via Tibaldi 17, c'era anche Mauro Zani, allora segretario della più grande ed eletta Federazione comunista dell'occidente, che, uscito dal PDS nel 2007, quando il morbido e sospirante Veltroni, amante dell'epica cinematografica, diventò Segretario dei DS..e via trasformando. Non è stato invitato alla commemorazione che si terrà il 29 Novembre, una settimana dopo le elezioni regionali straordinarie.“Che non mi abbiamo invitato da zero a cento, me ne frega meno venti”, spiega Mauro Zani: “con Veltroni sono diventati dei neodemocristiani, un partito moderato di centro. Mi chiedo che ci facciano lì dentro Civati e Cuperlo. E poi dicono che non vogliono ‘strumentalizzare’ il voto e ricordano la Bolognina 17 giorni dopo? Semmai non vogliono mostrare che vengono da lì, dalla svolta dell’89, sono ossessionati dal riformismo. Noi ci allontanammo dal comunismo, ma a loro oggi manca una cosa sola: la sinistra”. Sottoscrivo a due mani. Il partito partorito, in partenogenesi con la sinistra D.C., ha conosciuto da allora solo leader democristiani, tranne la breve e impotente parentesi di Bersani, osteggiato dal suo ex compagno di partito Napolitano, divenuto presidente di questa Repubblica, da lui, con indifferenza da vechio stalinista, ancora peggiorata. Renzie è solo l'ultimo anello dell'involuzione della specie e spero che più prima che poi i post comunisti - perchè di comunismo, per due generazioni non si potrà seriamente parlare - ritrovino la loro identità. Il P.C.I. ha rappresentato, per stato e condizione oggettiva, un forte argine democratico per tutta la prima Repubblica, mantenendo al suo interno e nel rapporto con gli occasionali alleati ( perché di volta in volta si affrancavano dalla sua stretta o, perché, spesso e volentieri, erano "altri" a influenzarci, estranei alla nostra dialettica politica, ma di essa condizionatori e interferenti, assecondati dalle loro "creature" )la sua vocazione e ricerca dell'egemonia. D'altra parte, i socialisti italiani, anche perchè condizionati dalla preponderanza dell'apparato comunista che non erano stati in grado di contrastare dopo la fondazione di Livorno del PCI e nonostante la prevalenza numerica che avevano conservato per molti anni, erosa e poi ribaltata dai fuoriusciti, era diventato un elemento di disunione della sinistra, strumentalizzato da Aldo Moro negli anni '60, che progettava in prospettiva, il compromesso storico con i comunisti. Moro fu ucciso in extremis da quei comunisti combattenti che non accettavano una svolta moderata, senza sapere che il comunismo aveva cominciato ad agonizzare. Se altri contributi ci siano stati, diretti o fomentatori, forse lo sapranno i posteri. Ma il risorgere delle radici fasciste della destra italiana, camuffate dai corporativi, interclassisti e clientelari democristiani, è talmente aggressivo, nelle recuperate forme istituzionali e governative e nelle sue espressioni squadristiche e di novello arditismo: Casa Pound e sigle consimili, rende necessario e improcrastinabile la ridiscesa sul terreno delle forze antagoniste, rafforzate dall'organizzazione e da una storia consolidata alle spalle. Spero che sia solo l'inizio.

giovedì 13 novembre 2014

Gli scivolosi ma chiari punti di congiunzione.

A che cosa serve uccidere Nino Di Matteo, i cui coinquilini hanno inoltrato una petizione anonima contro la presenza delle volanti di scorta sotto casa che disturbano la loro "pennichella" e, guarda caso, il loro riposo notturno? Il solitario giudice palermitano, il nuovamente isolato giudice in un contesto mafioso e indifferente, come questa ripetuta condizione pre mortale, pre eliminazione ha già tante volte attestato, conduce la sua ultima battaglia su quella trattativa, l'ennesima, fra lo Stato e la sua componente borbonica e storica, che non è interpretata se non per intermediazione dagli sgrammaticati padrini della mafia. Per questo e non per la sua attività di indagine e di contrasto ordinari è in pericolo di vita. Dopo ventidue anni..il tempo è immobile a Palermo. Una spiegazione la si può trovare nel fatto che la figura del giudice, oggi come oggi, si trova di frequente a rappresentare l’ultimo baluardo della legalità in un territorio dove l’arbitrio regna incontrastato. Da qui nasce il ruolo di vittima designata, candidato ideale per essere trasformato in agnello sacrificale. L’uccisione di un magistrato ha dunque anche uno scopo rituale, ossia il sacrificio di un servitore dello Stato; uno scopo fuorviante, nel distrarre l’attenzione pubblica da altri gravi fatti che vengono messi così in secondo piano sulla scena sociale; uno scopo cinico dal punto di vista dell’etica dello Stato, che può essere quello di ricompattare il Paese in un comune evento luttuoso. Infine, a ben vedere, esiste perfino uno scopo commemorativo, rinsaldando antichi patti, e qui non vorrei neppure avvicinare ulteriori ipotesi, ma sono invece convinto che sia proprio così. Come le altre volte. Tutti noi Italiani dobbiamo sapere che Portella della Ginestra è la chiave per comprendere una parte importante e nascosta della storia della nostra Repubblica. "Le regole della politica italiana in questi cinquant'anni ( ne sono passati altri diciassette ) sono state scritte con il sangue delle vittime di quella strage". Lo scriveva il sociologo Danilo Dolci, che spese tutta la vita a cercare la verità sull’eccidio del Primo maggio del 1947. Oggi sappiamo tante altre cose, come – ad esempio – che dietro il Bandito Giuliano c’erano gli uomini della X Mas e gli americani. Le siamo venuti a sapere quando "non macinano più" nelle vicende quotidiane; le verranno a sapere una volta consegnate alla storia sanguinosa di un paese in cui le regole democratiche e costituzionali sono invise a gente pronta a tutto pur di riaffermare e trar profitto da un potere immobile.

In attesa della prossima commemorazione.

Il fratello superstite di Paolo Borsellino, Salvatore, affida al suo blog la premonizione di un nuovo omicidio della mafia e dello Stato mafioso nei confronti di un oppositore solitario che ha raccolto, senza il coinvolgimento di nessuna delle istituzioni preposte e col solo insicuro, operare delle forze strumentali della legge, una lotta impari che coinvolge il governo dei maggiorenti meridionali delle mafie e di quella siciliana in particolare. La meridionalità borbonica, tutelatrice e fomentatrice del fenomeno, con ampia e radicata rappresentanza nel palazzo romano e efficaci diramazioni al nord e nel mondo finanziarizzato è un dato assodato, che non coinvolge la tutta società siciliana, che però ne è pesantemente condizionata, come quella nazionale tutta. Attraverso l'Unione europea e la globalizzazione l'influenza sovranazionale delle mafie e di quella più sofisticata e diffusa fin nei gangli politici e bancari, amministrativi e politici, istituzionali e - si dice - giudiziari, è in una dinamica di incremento inversamente proporzionale all'impoverimento evidente della nostra nazione, ma è tollerata, anzi è sinergica all'indeterminatezza dei flussi finanziari. L'inammissibile, ma reiterata condizione per la quale, ogni volta, un uomo solo si trova circondato non dalla solidarietà, ma dall'indifferenza ostile del contesto in cui si è troppo ostinato a penetrare, fino a rendere razionalmente giustificabile la sua eliminazione dal contesto medesimo, è un dato ostentato, quanto da nessuno partecipato. La battaglia mortale per la legalità diventa personale, contraria al potere reale. La sua lotta è estranea alla mafiosità italiana, è questa la realtà, rimossa ma di palmare evidenza. "Ancora una volta giungono notizie di morte. Ancora una volta, come 22 anni fa, giungono notizie di carichi di tritolo preparati a Palermo per l’assassinio di un giudice. Ancora una volta si moltiplicano da parte delle istituzioni i messaggi di solidarietà in attesa di poterli sostituire con messaggi di cordoglio, in attesa di intervenire ai funerali di Stato per verificare che, ancora una volta, un magistrato che ha osato toccare quei livelli di potere che non devono essere nemmeno sfiorati sia stato chiuso dentro una bara ed il caso possa essere finalmente archiviato. Poi si provvederà a celebrarlo come l’ennesimo eroe, a travisarne le parole, ad intervistarne i familiari, a conferire medaglie d’oro e distribuire onorificenze, sempre che questi siano disponibili ad interpretare convenientemente il ruolo loro assegnato, ad esibire le proprie lacrime e a comportarsi da vedove inconsolabili e da orfani affranti. Ed intanto, per salvare le apparenze, si dichiara che il dispositivo di scorta è stato elevato al massimo livello, così sarà maggiore il numero di componenti della scorta da sacrificare insieme alla vittima predestinata ed il numero di bare da allineare nella cattedrale di Palermo, che però questa volta, ai funerali di Stato, verrà presidiata con i carri armati perché non sia turbata con aggressioni di un popolo esasperato, la parata degli avvoltoi di Stato. Ed intanto dell’unico dispositivo che potrebbe, se non impedire, almeno rendere più difficile l’esecuzione di un eventuale attentato, il bomb-jammer, non parla più nessuno. Dopo le menzogne del ministro Alfano sulla sua “immediata disponibilità” del dispositivo per la scorta di Di Matteo e la successiva auto smentita senza vergogna da parte di chi ha ben appreso dal suo maestro l’arte della menzogna, su questo argomento è calato il silenzio. Tanto poi, come per la zona di rimozione in via D’Amelio nel 1992, si dirà che il decreto era già nel cassetto di qualche funzionario dello Stato che verrà rimosso promuovendolo ad un incarico più elevato. Ma una domanda non posso evitare di pormi. A chi interessa eliminare Di Matteo? Non alla mafia, non a Totò Riina che dall’accertamento dell’esistenza di una trattativa stato-mafia non può altro che vedere elevare il suo status da sanguinario capo della mafia al livello di un capo si Stato con cui lo Stato italiano ha accettato di venire a patti, non alla cupola mafiosa, elevata dalla trattativa alla dignità del governo di uno stato parallelo con cui trattare alla pari, se non in stato di inferiorità per l’incombente ricatto delle stragi usate per alzare il prezzo della trattativa stessa. A chi può interessare se non a chi ha mantenuto per anni una scellerata congiura del silenzio su degli “indicibili accordi” che oggi, giorno dopo giorno, grazie proprio all’opera di Di Matteo e del pool di Palermo, continuano a venire alla luce? Nonostante il silenzio di chi, in una stanza del Quirinale trasformata in un’Aula di Giustizia, di questo silenzio ha scelto di continuare ad essere il garante".

L'evoluzione atemporale.

Philae, nome scelto da una studentessa milanese nel 2004, si è posata su Rosetta ( dalla stele etrusca, troppo breve per decifrare la lingua di quel popolo rimastoci ignoto, tranne che per talune sue espressioni artistiche, ma da cui è disceso il latino, come si evince dal Kneve Tarke Rumax= Gneus Taquinius Romanus )e, da 511.000.000 km di distanza ha cominciato a trasmettere immagini. Dovrà perforare con i suoi alambicchi da laboratorio una superficie di terriccio, sotto la quale c'è il ghiaccio semi primordiale, che dovrebbe conservare, però, elementi non ancora trasformati dal sole e risalenti a 4.600 miliardi di anni fa. L'impresa è europea, la sede in Germania, la direzione tecnica e scientifica è italiana; buona parte degli strumenti di rilevazione e di analisi della sonda sono frutto delle nostre competenze, i fondi sono comunitari, proporzionalmente conferiti. Mentre ci addentriamo in uno studio che sarà certamente multigenerazionale, alla scoperta, a ritroso, delle origini della vita, di cui siamo una parte, una espressione evoluta ma del tutto analoga alle sue componenti costituenti,dai pesci agli animali superiori, con vicinanze genetiche ai topi ed alle scimme da lasciare esterrefatti. Più intelligenti e collaborativi, quando occorre, i topi, più dispettose le scimmie, che però sono creative; ad esempio, cantano nelle foreste del Borneo dove sono chiamate dai nativi Orang tang, l'uomo che canta. Comunque sia e sia pur su base teorica, matematica, chimica, se volete "spirituale", mentre andiamo alla ricerca dei nostri fondamenti, continuaimo imperterriti a praticare l'ambizione di un attimo, il dolo, la violenza, la pantomima delle relazioni sociali, esattamente come fanno gli animali nei loro branchi, nelle loro comunità, se, come noi, sono animali socievoli ( si fa per dire ). La concretezza di quel nucleo ha prodotto una mirabilia di colori e di sensazioni ingannevoli, di fronte alla natura inconfutabilmente crudele e, nella nostra storia culturale, piuttosto stupida. In fondo è un viaggio destrutturante degli elementi microscopici e sub, microbici e infinitesimali, al termine del quale i portati psicologici, filosofici, morali non subiranno mutamenti, se non in interiore homine. Come già accade. Tutto quello per cui, in forme cerimoniali, formali e legali, combattiamo per il breve lasso - cosmologicamente inavvertito - della nostra vita, tutte le imitazioni comode e scientifiche dell'etologia alimentare, tradotta in prestigio, influenza e potere, i vantaggi di uno sputo insignificante nel cosmo, ci ritornano in un occhio se prodotti controvento, ma, come in una tragedia greca "siamo condannati" a continuare ad infliggerceli. Le religioni, da questa piccolezza fanno discendere i loro miti, ma se di religione si può parlare, sempre comunque basata sull'ignoranza, si può immaginare una religione cosmica o un processo matematico al termine del quale potremmo giungere ai numeri irrazionali e vedremmo cadere nell'assurdo ogni mal riposta speranza, perché non vedo come il mondo, che a malapena intravediamo, possa finire in un inesistente momento, da noi e solo da noi calcolato, mentre la materia, al di fuori del nostro sistema solare, si espande senza limiti. Perché proprio noi e solo noi, in forza di una cultura mitologica tramandata, dovremmo - almeno in questi termini - essere dotati di senso ed immaginare che qualcuno, qualcosa ci osservi?