domenica 30 novembre 2014

La rottamazione indiscriminata del lavoro.

Il Job's act non contiene solo la seconda parte dell'abrogazione dell'art. 18, dopo che la prima era stata cassata dalla Fornero. Si tratta della soppressione dei controlli in materia di contributi previdenziali svolti dall’Inps e dall’Inail, i quali, insieme alla vigilanza esercitata dal Ministero del lavoro, sono destinati ad essere sostituiti da una non meglio precisata Agenzia ispettiva unica. Anche questa innovazione è presentata come un ineludibile passo in avanti sulla strada della modernità, del progresso e del rinnovamento. Il Governo, infatti, va ripetendo che la creazione dell’Agenzia ispettiva unica consentirà di ottenere un risparmio in termini di spesa pubblica e di accrescere l’efficienza, evitando la duplicazione delle ispezioni da parte dei vari enti e, soprattutto, garantendo il minor disturbo possibile alle imprese, le quali non correranno più il rischio di essere vessate da continui controlli in materia di previdenza e sicurezza sul lavoro. Tuttavia, come nel caso dell’articolo 18, dietro la suggestiva versione ufficiale si nasconde una realtà molto diversa e molto meno attraente, che in pochi, purtroppo, conoscono. In primo luogo, è evidente la schizofrenia di un’operazione che vorrebbe perseguire un risparmio di denaro pubblico attraverso la creazione di un nuovo ente, il quale comporterà, al contrario, un sicuro aumento dei costi, vista la necessità di nuove sedi, di mezzi aggiuntivi, di nuove strutture organizzative con conseguente moltiplicazione di posizioni dirigenziali, ecc. Occorre poi chiedersi quanto sia indispensabile creare un nuovo soggetto pubblico per raggiungere lo scopo di evitare le duplicazioni delle ispezioni. Fa specie che nel paese delle morti bianche e del lavoro nero ci si preoccupi, invece, della eccessiva frequenza dei controlli. Per evitare questo – tutt’altro che ricorrente – fenomeno, basterebbe un maggior coordinamento tra gli enti attualmente esistenti, attraverso la creazione di una banca dati unica, già prevista dal 2004 ma, inspiegabilmente, mai divenuta operativa. Un risultato sicuramente raggiunto sarebbe, invece, l’aumento esponenziale delle violazioni in materia di previdenza e sicurezza dei lavoratori, date le enormi difficoltà logistiche e operative che una riforma di tale portata provocherebbe, determinando lo spostamento di oltre 7.000 dipendenti pubblici dalle amministrazioni di appartenenza verso un’entità dai contorni allo stato nemmeno vagamente delineati, con i conseguenti lunghi tempi – e ingenti oneri – di formazione e aggiornamento. Né deve stupire, in un’epoca contraddistinta da un costante, spietato attacco nei confronti del lavoro, che alla classe politica poco o nulla importi della vigilanza sul rispetto della normativa a protezione dei lavoratori. Viene anzi da chiedersi se proprio attraverso la sostanziale riduzione dei controlli, e il conseguente naturale aumento dell’evasione contributiva e dello sfruttamento della manodopera, si intenda dare un qualche “slancio” all’economia italiana, ovviamente sulla pelle dei dipendenti. Ma un interrogativo ancora più inquietante si pone a chi sappia e voglia guardare al di là della retorica efficientista del Governo: l’Inps – la cui mission è la raccolta dei contributi per l’erogazione di prestazioni ai lavoratori – potrà ancora svolgere i propri compiti dopo essere stato privato dei propri ispettori? L’Istituto è il più grande ente previdenziale d’Europa e, in Italia, il suo bilancio è inferiore soltanto a quello dello Stato: una macchina complessa, che, malgrado tagli lineari agli investimenti e riforme penalizzanti per il personale, continua a rappresentare un’eccellenza nell’ambito del settore pubblico. L’equilibrio finanziario dell’Inps è dovuto anche all’attività dei suoi ispettori, che nel solo anno 2013 hanno accertato contributi evasi per più di 1.200 milioni di euro, oltre ad aver smascherato svariate migliaia di truffe ai danni del sistema previdenziale, le quali, com’è noto, in alcune regioni sono orchestrate dalla criminalità organizzata e dalla criminalità amministrativa ad essa collaterale. Ebbene, una volta soppressi i controlli sugli adempimenti contributivi da parte dei propri ispettori, i quali verranno trasferiti nell’Agenzia unica per essere destinati ad altre attività, l’Inps dovrà accontentarsi – nella migliore delle ipotesi – dell’autoliquidazione dei contributi da parte dei datori di lavoro: in concreto, il rischio per l’Istituto è quello di subire passivamente un’evasione senza controllo. Di conseguenza, sorge il dubbio se uno degli obiettivi che si celano dietro la creazione dell’Agenzia ispettiva unica sia appunto quello di provocare intenzionalmente il default dell’ente previdenziale pubblico, aprendo così la strada alla completa privatizzazione del sistema pensionistico italiano. Per quanto una simile lettura possa apparire eccessivamente “complottista”, essa trova un significativo riscontro nei provvedimenti legislativi succedutisi nel corso dell’ultimi anni, tutti invariabilmente nel segno di un costante, progressivo ridimensionamento del ruolo dell’Inps. Del resto, è facilmente intuibile che il risparmio previdenziale faccia gola al capitalismo speculativo nostrano e straniero. Così, insieme alla modifica dell’articolo 18, la nascente Agenzia ispettiva unica, ad onta delle rassicuranti promesse di risparmio ed efficienza, altro non è che un ulteriore tassello del programma complessivo di smantellamento delle tutele dei lavoratori in Italia

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