mercoledì 29 febbraio 2012

Insicurezze.

Viviamo momenti di grave incertezza in famiglia: i parenti-serpenti Bradipo e Vipera hanno rotto la società con il mio Babbo, lasciandolo in balia della compagnia di Italo Svevo, in un'età nella quale si preferirebbe raccogliere i frutti del lavoro e non doverne ricominciare un altro. L'unica certezza della mia famiglia sono io che studio con profitto: mia sorella, la sciagurata, non riesce a farsi promuovere nemmeno a pagamento; ho anche un fratello calciatore, attualmente in ritiro in un agriturismo. Dal Diario di Pietro Ariano

Grigiori, tendenti al funereo.

Il corvaccio nero, che sembra un inquisitore itinerante, entra con il suo pastrano, con la sua ossuta calvizie

Discontinuità.

Il portale aziendale chiedeva oggi un contributo (encomiastico) circa il concetto di discontinuità, propagandato ai fini del maggior "efficientamento" delle risorse e dei ruoli. Ho così contribuito: Non so perché, ma la associo alle ripartenze del gioco del calcio. Filtro o muro quando si è senza palla; tre passaggi per andare in porta, quando si riesce a prendere pallino. Sono novità solo nominali. Una volta, le stesse cose si chiamavano catenaccio e contropiede. poi gli olandesi ci fecero vedere un gioco spettacolare, ma molto dispendioso. Fecero scuola, inibirono la creatività libera, ma non vinsero mai niente.

Milone

Giornata grigia, quasi scura. All'interno, nella luce crepuscolare, anziché' aurorale, delle lampadine a basso consumo, intravedo un incaricato dello sviluppo che intrattiene alcuni attoniti convocati. Da qui, il cosiddetto salottino, sembra giallo opalescentetalr e quale a una camera per lampade cutanee, non per abbronzare, ma per conferire alla pelle tonalita' dorate, semidivine, coreografiche.

Affinità

La cronaca della scorsa settimana ha proposto due fatti, entrambi legati al sesso di riporto e rivalsa e alla volontà di non rassegarsi alle sue conseguenze. A Milano, un maturo manager di bell'aspetto ha commissionato l'intimidazione della prostituta vicentina con la quale aveva intrattenuto, non un rapporto professionale, come sarebbe stato nella logica delle cose e delle circostanze, ma una relazione more uxorio, durante la quale l'aveva ingravidata due volte. La prima, non aveva avuto conseguenze, perché la giovane professionista aveva accondisceso ad abortire. La seconda non riusciva a restituire al manager il suo status quo ante, perché la giovane donna non intendeva accondiscendere ancora all'aborto, per, casomai, doversi ripetere un indefinito numero di volte, fino allo sfiorire del suo appeal seduttivo. Per questo, lo stimato finanziere aveva trovato la prezzolata solidarietà di quattro delinquenti, che evidentemente era in grado di contattare e di assoldare, per impaurirla, indurla a uscire dalla sua vita o, forse, secondo alcune interpretazioni giornalistiche, ammazzarla, con fardello incluso nel prezzo. Centomila euro a testa. Ora, costui è in carcere, ha rifiutato di rispondere alle domande del giudice istruttore e ha disconosciuto il bambino, del quale, se suo, dovrà rispondere per l'attribuzione del DNA. Una condotta fra il cinico e l'ingenuo. A Porto Recanati, invece, un coetaneo del dirigente bancario - un cinquantottenne, ha fatto sequestrare e uccidere una accompagnatrice di night club, con la quale aveva stretto una relazione, ma dalla quale temeva di essere in procinto di venire abbandonato. Per punirla e riaffermare definitivamente il suo possesso, l'ha fatta uccidere da suo figlio e da tre suoi amici. A ciascuno di loro, millecinquecento euro. I sicari l'hanno uccisa a bastonate e sprangate e poi abbandonata, semisepolta, sull'arenile. Una condotta da primitivi che si sentono gabbati da una giovane donna che, naturalmente coltiva altre prospettive - quali che siano - e la negano, fuori dalla dimensione di schiava, uccidendola. Sono stati identificati in un giorno. Il dirigente bancario è divorziato e ha due figli adulti. Lo stato di famiglia del recanatese non è noto, ma la "solidarietà" di cultura, sentimenti e ideologia clanica è accertata. Il dirigente bancario, che non ha riconosciuto il suo ultimo nato, si preoccupa probabilmente della destinazione ereditaria e, di questa, è preoccupata anche la sua ex signora. I figli, non so. Evidentemente sul piano degli interessi almeno, il passato non si cancella. Fosse stato un povero, certi vizi non se li sarebbe potuti permettere e si sarebbe rassegnato a essere un marito esemplare. La realtà sarebbe rimasta chiusa entro le mura domestiche. L'uno e l'altro, alla felicità di un sesso sorgivo ritrovato, accompagnavano la ricerca di una comodità senile acquisita e non voleva - il milanese - alterare gli equilibri successori ed amministrativi della sua vita, compensata attraverso ricche e accomodanti donazioni legali di denaro alla ex moglie ed ai suoi due figli, per così dire, legittimi, mentre il recanatese non voleva bruscamente perdere i favori delle fresche carni che aveva comperato, associando alla loro tutela vendicativa quattro giovani di nessuno spessore, uno dei quali è suo figlio. La prostituta romena del recanatese è morta ed ha portato con sé, definitivamente, il suo ultimo, sprovveduto, amante. Non so se, involontariamente, costei abbia negato prospettive ai suoi assassini, non so se da certa gente ci si possa aspettare criterio e sostanza nell'esistenza. Forse, in cuor loro, sono convinti di avere agito per il meglio e tanto basta a qualificarli. Ma, nella condotta del dirigente, intravedo un'incongruità con gli ambienti che di solito li esprimono, con la capacità di dissimulazione e di infangare solo i propri competitors inferiori per condizione, quasi che, nella confusione dei suoi atti si fossero affastellati elementi originari plebei, presunzione di status raggiunto, da lui e dai suoi "legittimi" eredi. Contraddizione fra istinti e condizione. Un irrisolto disagio della "civiltà", secondo le apparenze. A queste contraddizioni ha sacrificato la sua e solo la sua vita, oltre a quella del feto di astrakan, che viene sacrificato nel ventre materno, quando il suo vello è pronto per adornare i colli dei cappotti. Non so intravedere le prospettive del piccolo non amato. Ormai c'è e spero per lui che, senza essere intossicato da pseudo principi indotti dalla retorica degli interessi, la sua esistenza possa essere almeno accettabile. Ma forse sono troppo ottimista. Della sua sorte, infatti, nell'agone degli interessi e dei sentimenti contrapposti che suscitano, chi se ne importa?

Picari.

L'esistenza di Charles Bukowskj è stata vissuta e, contemporaneamente, narrata. L'autore polo-statunitense, ha accompagnato la sua miseria esistenziale con una diaristica semplice e puntuale ed ha contraddetto l'adagio per il quale la vita la si vive o la si narra. Nella sua erraticità, pur circoscritta, non ha mai ammainato il vessillo della libertà, quale poteva essere e pagata con dure privazioni, ma mai lambita dal martirologio dei frustrati, perché corredata da soddisfazioni occasionali e non convenzionali, eppur continue, Bukowskj ha scritto l'epopea del precariato ante litteram ( almeno per noi ). L'ha scritta a partire dagli anni '40, quando in Europa le dittaure imperialistico-territoriali cominciavano a consumare la loro disfatta, alla quale, almeno in Italia, sarebbe seguito un cinquantennio di economia assistita, di pensionamenti precoci, di invalidità surrettizie, di insoddisfazioni compensate dal poco impegno. La classe operaia ha fatto, non senza ambiguità, eccezione, ma a contraddistinguerla non è stato il suo anarchico agire, la sua vocazione a vivere la vita fuori dagli schemi borghesi, bensì l'inadeguatezza, culturale e reddituale a uniformarsi a quei costumi che, soprattutto, nella loro versione più pigra sono intervenuti a guastare la sua sana vitalità. Il vitalismo proletario costringeva quelle famiglie a competere con le bollette da pagare, un'assistenza minima ai figli e il coniuge beone e violento o la moglie perfida e provocatrice. Quando poi non interveniva la cassa integrazione a sedare depressivamente il menage - per un attimo - prima di riesplodere in accuse e contumelie, originate solo dal desiderio di gratificazione al bar o alla partita dei mariti e del cinema, parrucchiere e bei ragazzi delle signore. Da allora, ci sono voluti sessant'anni prima che la nostra percezione della realtà coincidesse con quella descritta dal picaro anglo-polacco, negli USA, in omaggio alla libertà formale di lavorare o meno e di sostare in un impiego per il tempo che lo si sopporta. Da noi, ancor oggi, questa sia pur oggettiva condizione è osteggiata, più in termini di rifiuto psicologico che di fattive possibilità di ritorno al passato. Bukowskj affronta la vita con disincanto empirico: dalla sua ha , a differenza di molti, la cultura, che produrrà un'opera sul mondo marginale, volutamente marginale, nel quale e dal quale si possono trarre le stesse soddisfazioni che conferisce il successo ed il potere, adeguandole esteticamente, e, nel suo caso, la fama postuma. Si direbbe che, fra i due estremi: i vertici del potere e del denaro, ritenuti irraggiungibili, piuttosto che acconciarsi ad una più o meno aurea mediocritas, abbia optato per la base infima, quel letame da cui nascono i fiori e l'abbia vissuta senza implicazioni ideologiche e prospettiche, secondo i modelli delle rivendicazioni classiste o delle arrampicate sociali attraverso il successo professionale, proprio, ancor oggi, delle plebi ( casomai laureate ) europee. Una vera divaricazione culturale, che non si pone il problema di esserlo, che esclude l'assalto al cielo, così come la rassegnazione predicata, per esempio, dalla Chiesa per antonomasia e da altre, ma non tutte, confessioni cristiane e non. Una divaricazione culturale che esula dalla politica; che non si preclude però nessuna gioia terrena e che non indulge alla retorica del baraccato e della santa sopportazione familiare. I suoi racconti, tematici circa i periodi di lavoro - il più lungo alle Poste - e circa le sue passioni: la birra e i liquori, le donne e le corse equine, non presumono di ammaestrare, anzi rifuggono da ogni sorta di ammaestramento, spesso cautelativo per la mancanza del coraggio di vivere.

Milone

Ti ricordi, Milone, le copertine dei 75 giri di bachelite, con il cagnolino accucciato che guarda, fiducioso e pieno di aspettative, il grammofono? Osservando, rapito, le incalzanti immagini dello screen server, mi si sono inumidite le ciglia, come quando, bambino, ascoltavo Mamma son tanto felice... e Spazzacamino. Sono i frutti pre senili della Passione e della Responsabilità

Brevemente.

Offrire degli spazi d'accesso ai cortigiani e negarli ad un oppositore satirico è un gesto rivelatore. Se mai ce ne fosse stato bisogno. Da parte del Credem'a me solo intimazioni, ordini precetti.

Ambienti censori e oscurantisti.

Le mie possibilità di comunicare con la maggioranza silenziosa del Credem'a me, sono state impedite da un filtro censorio che, prima ha celato molti post alla parte non allineata dell'ufficio ricevente, che li ripeteva tramite fax e allegati alle mail, e che ora li ha impediti del tutto fin nella fase embrionale della formulazione. Evidentemente, un qualche credito lo trovavano e ostavano alla dittatoriale propaganda della strana banca. L'atteggiamento è speculare a quello messo in atto dai regimi totalitari contro gli oppositori politici. Quei sistemi e il nostro, aziendale, concepiscono le tecnologie, come ogni altra potenzialità e risorsa, a loro esclusivo, materiale beneficio e, non potendo confrontarsi, sul piano del diritto, negano, impediscono, minacciano e manipolano artatamente i fatti se e quando sono chiamati a giustificarsi. Questa brutta gente è, per questo, nota, ma continua a godere del beneficio della piccolezza e della marginalità, mentre, ormai, costituisce un'azienda nazionale e deve rispettare gli obblighi di settore. Altrimenti, passi la mano e si faccia assimilare da una realtà non provinciale, in grado di aprire porte e finestre alla dialettica interna, pur perseguendo i suoi fini istituzionali. A consentirgli questo atteggiamento atemporale, concorrono le conoscenze e le frequentazioni nel mondo della ricchezza e del privilegio, in forme libere e associate ( Lyons, Rotary, Massoneria )e la mentalità reazionaria e fascista che è tipica delle Case di moda. Il conflitto di interessi fra una Banca e una costellazione di Società commerciali è macroscopico e non contraddetto, in sede politica e sindacale, perché viene apportata occupazione. Ma lo si fa in maniera regressiva e speculativa. In particolare, sul piano sindacale, si stringono accordi sulla base delle compatibilità economiche generali e degli equilibri politici. Il sindacalismo autonomo, soprattutto se maggioritario in una categoria strategica, è mal sopportato e l'ultimo rinnovo lo dimostra in maniera macroscopica. L'introduzione in un contratto di lavoro di un fondo di solidarietà e per l'inserimento al lavoro, tutto scritto nel libro dei sogni, ne è l'esemplificazione più evidente per chi, almeno, abbia esperienza di quel mondo. Quando poi, sia pure allo scopo di tenerla fuori, perché concorrente pericolosa, la mia Organizzazione sindacale è sotto attacco da parte dei confederali, uniti solo in questa crociata e divisi su tutto il resto, non trova di meglio che superarli in cortigianerie verso un'azienda che va invece coerentemente e severamente richiamata a rispettare gli obblighi che le rivengono dalla sua adesione ( tardiva ) all'A.B.I., c'è solo da mortificarsi, anche se la meraviglia, ormai, è d'altri tempi. La strana banca ha anche uno strano personale. Non un'ora di sciopero fra i Credem'a me doc, mai, neppure in sede di rinnovo del Contratto nazionale di lavoro. Mai, in nessuna epoca. Non solo. E' ben evidente anche un "unum sentire", in relazione alla concezione della vita aziendale, in rapporto alle vicende personali, che, pur fuori della realtà, è strumentale ad ottenere, apparenti, piccoli e subordinati favori, quando le opzioni residue della vita sembrino richiederli. Del pari evidente, ma universale, è la piaggeria e la strumentale e temporanea identificazione, interessata, dei gestori di patrimoni. Il sindacato interno è il filtro para-istituzionale per coordinare e razionalizzare questa politica di controllo e calmierazione delle possibili dinamiche esogene alla controllatissima attività interna. Controllatissima, non solo sul piano dell'operatività e delle prassi commerciali, ma anche circa la salute, le vicende familiari e private che potrebbero, facilmente, mettere in crisi la risicatissima potenzialità applicativa umana, che, proprio perché gestita sotto organico, deve essere sempre disponibile a sostituzioni fra ruoli diversi e su di un'area territoriale omogenea pre-stimata. Attraverso queste dinamiche di sfruttamento che sembrano tratte dalle opere di Adam Smith e, per converso, di Carl Marx, una ristrettissima e opaca coorte di reddittuari trae imponenti arricchimenti, di cui l'appannaggio del Direttore generale è scandaloso emblema, in rapporto al mancato riconoscimento del Premio di produttività e di redditività a dipendenti sempre sulla breccia, che viene, invece, distribuito ai produttori di reddito per il Consiglio di amministrazione, controllato da una Fondazione che non è neppure quotata in Borsa. La quotazione stessa del Credem'a me è stata il portato dell'acquisizione della Banca Euromobiliare, che lo era e che, oggi, è una partecipazione fortemente ridimensionata. I clienti strategici, che abbiamo in comune anche con le altre banche, trovano in Credem una nicchia circolare, nella quale, non potendo spaziare nel vasto mondo degli affari, parcheggiano, sotto forma di investimenti, la liquidità in nero e sottratta al fisco e si costituiscono posizioni finanziarie di nicchia per accantonamenti ed impieghi strettamente personali. Segue

domenica 26 febbraio 2012

Invarianza della politica nazionale.

In questo nostro paese, così eterogeneo ed attraversato da così profondi dislivelli economici, sociali, intellettuali, fra regione e regione, fra zona e zona della medesima regione, i singoli individui, le singole categorie professionali, i singoli gruppi locali o regionali, si sono trovati in posizioni iniziali diverse, con tradizioni, temperamenti, abitudini di pensiero, bisogni, pregiudizi, opportunità locali o regionali, svariatissime tutt’altro che facili a conciliare. Finché la politica reazionaria dei partiti conservatori aveva costrette queste diverse forze a rimanere strette insieme in un unico sforzo disperato ed elementare di vita, gl’inconvenienti dell’eterogeneità non erano molto sensibili. Ma, assicurata la libertà d’azione a ciascun gruppo, venuta meno la forza esterna che li teneva tutti allo stesso livello e li associava in uno sforzo unico, le difficoltà di coordinare le singole esigenze speciali e locali in un programma d’azione comune, dovevano rivelarsi sempre più numerose e più gravi. Ogni gruppo, dopo aver conquistato con l’ausilio il diritto di muoversi liberamente, si è dato a muoversi per conto proprio, dimenticando i gruppi lontani e magari gli stessi vicini, considerando il partito e la rappresentanza parlamentare del partito come strumenti delle sole rivendicazioni e preoccupazioni proprie, sforzandosi di far passare le esigenze proprie innanzi a quelle degli altri, graduando le riforme non secondo il criterio dell’utilità generale, ma secondo quello dell’utilità del gruppo. Ne sono conseguiti progressi notevolissimi, qua e là, nell’azione economica e nell’azione amministrativa locale. E occorre tener conto di questi progressi per apprezzare con equità nel suo insieme tutta l’opera del partito, ed evitare un pessimismo universale che sarebbe ingiustificato. Ma nella azione politica generale si è rotta ogni unità di indirizzo: Ognuno pensa solo per sé, ed è indifferente alle necessità degli altri. Non abbiamo più una volontà generale. Abbiamo tentativi ora fatti da questo ora da quel gruppo per sequestrare a proprio vantaggio gli organi centrali del partito. E questi seguono ora questo ora quell’impulso, volgendosi di qua e di là, sperduti nel buio, senza bussola, senza sentir fortemente nulla, senza sapere quello che devono volere. (…) Venuta meno nel partito e nel gruppo parlamentare ogni unità di sentimenti e d’azione, è sparita ogni nostra forza di fronte ai partiti nostri affini ed avversari. Il blocchismo è diventato la tattica elettorale indispensabile. Il blocco non su un programma di riforme determinate; ma il blocco fine a se stesso; non per conquistare una posizione nuova, ma per conservare le posizioni attuali, in cui si uniscono non molte forse democratiche per dare un nuovo slancio alla vita pubblica, ma molte debolezze democratiche per impedire il prevalere di altre debolezze conservatrici. E in queste condizioni, in cui noi portiamo soprattutto la preoccupazione di evitare ad ogni costo la sconfitta-com’è lontano il tempo, in cui le sconfitte le provocavamo e le contavamo come titolo d’onore, perché attraverso la sconfitta di oggi preparavamo le vittorie di domani!- in queste coalizioni, in cui qualunque piccolo gruppo di faccendieri è il benvenuto, perché tutto è buono a rafforzare le posizioni vacillanti non sostenute dall’ardire vigoroso della grande massa lavoratrice, è naturale che i nostri alleati facciano la voce grossa, e noi facciamo la voce piccina. I blocchi sono quasi sempre qualcosa di simile all’alleanza fra l’uomo e il cavallo; i nostri alleati sono l’uomo e noi siamo il cavallo, quando non siamo addirittura l’asino! Gaetano Salvemini

Così va il mondo.

CRONACA | di Carlo Tecce | 26 febbraio 2012 Commenti (55) Più informazioni su: Bagnasco, Bertone, Rai, Vaticano Marco Simeon, il nuovo potere tra Rai e Vaticano. “La P4? Non ho capito cosa sia” L'allievo di Tarcisio Bertone e Luigi Bisignani, citato nelle grandi inchieste, si confessa al Fatto. "Il portavoce dell'Opus Dei mi presentò Geronzi e a 26 anni lavoravo in Capitalia per la Santa Sede" Il segreto è un potere: “In Vaticano insegnano: chi sa non dice, chi dice non sa. E io non dico mai troppo”. Il 33 enne Marco Simeon è un equilibrista fra fede e denaro, banche e chiese, chiaro e scuro: ossequioso direttore di Rai Vaticano e responsabile relazioni istituzionali e internazionali di viale Mazzini, discepolo di maestri diversi e controversi fra il cardinale Tarcisio Bertone e il faccendiere Luigi Bisignani, fra il cardinale Mauro Piacenza e il banchiere Cesare Geronzi. Non appare mai. Non parla mai. Non commenta mai: “Questa è la mia prima intervista”. Dove c’è scandalo, c’è il nome di Simeon. Inchiesta appalti e cricche che frantuma la Protezione Civile di Guido Bertolaso: viene beccato al telefono con Fabio De Santis, l’ex provveditore alle Opere pubbliche in Toscana. Veleni e tensioni in Vaticano, monsignor Carlo Maria Viganò denuncia al cardinale Bertone malaffare e corruzione e accusa Simeon di calunnia. Ultimi documenti che circolano dietro le mura leonine: è lui il referente per la P 4 di Bisignani dentro la Santa Sede. Chi è Simeon? Un ragazzo di Sanremo, figlio di un benzinaio. Questa è una favola. Nessuno ci crede. Lei è un protetto del cardinale Bertone, il segretario di Stato. Il cardinale è un maestro. Mi ha sempre consigliato le strade migliori. Ognuno gioca la sua carta: Bertone per me non è una carta, ma una relazione importante. L’ho conosciuto nel 2003, appena nominato arcivescovo di Genova. Anzi, prima incontrai il precedente Segretario di Stato, il cardinale Angelo Sodano, tramite il vescovo di Ventimiglia, Giacomo Barabino. Che faceva a Sanremo? Collaboravo con la Chiesa, fu una mia scelta universitaria per la tesi che scrissi sul ruolo del Segretario di Stato. All’improvviso arriva a Roma, neanche laureato, ambasciatore in Vaticano prima per Capitalia e poi per Mediobanca. Il mio esordio in Santa Sede è merito dell’ex ministro Giuliano Urbani, che mi offrì di gestire i rapporti istituzionali, prima che io diventassi consulente per Banca Intesa. Come ha conosciuto Urbani? Grazie a un comune amico, l’ingegnere Giuseppe Corigliano, allora portavoce dell’Opus Dei. Lei è soprannumerario dell’Opus Dei? No, non ho mai aderito. Ho frequentato l’Opera durante l’università a Milano e conosco tante persone dell’Opus Dei. Ho sempre vissuto un rapporto istituzionale con la Chiesa, il mio unico capo è il Santo Padre. A 26 anni già gestiva gli affari di Capitalia in Vaticano. Com’è possibile? Mi presentarono a Cesare Geronzi, il banchiere istituzionale per eccellenza. Chi la presentò? Un amico in comune. Benedetti amici in comune. Io ho la passione per le pubbliche relazioni. Come Luigi Bisignani. Questa qualità mi accomuna a lui. E dunque chi le presentò il faccendiere? Non era difficile incontrare Gigi a Roma. Neppure semplice. Tante persone parlavano con lui. Provo sentimenti di profonda stima e affetto per Gigi, non ha mai avuto interessi economici con me. E non l’ho dimenticato neanche nei momenti più difficili. Cos’è la P 4? Non l’ho capito. Bisignani ha patteggiato una condanna di 1 anno e 7 mesi. É una persona valida e perbene. Per interloquire con il Vaticano non aveva bisogno di me. Che fa Bisignani? Il lobbista. É un occhio informato su tutto ciò che avviene in Italia e io lo ascoltavo per capire il nostro Paese. Lei è un massone? No. Posso solo dire che la massoneria è una componente fondamentale del potere in Italia. Ecco emergere un Bisignani in sedicesimo. Divertente: il nuovo B 16. Di Gigi ce n’è uno solo, basta e avanza. Lei disse al suo amico Bisignani: “Quello di Lirio Abbate sull’Espresso è un articolo di merda e nessuno lo ha accorciato”. Era uno sfogo. Fui avvisato che sarebbero uscite due pagine su di me a firma di Lirio Abbate. Da chi fu avvisato? Non da qualcuno del settimanale. Mi lamentavo perché l’articolo non era stato corretto. Sarà la sua abitudine a diffondere notizie sul Vaticano, a direzionare l’informazione, come scrive mons. Viganò. Completamente falso. Non sono io il vaticanista occulto del Giornale. Viganò dice il contrario. Perché prese sul serio un pettegolezzo del vaticanista Andrea Tornielli, che poi mi ha chiamato per scusarsi. Non ho rancore per lui. Viganò ha ricevuto notizie sbagliate. Agiva in buona fede, però. Lei conosce sia Bertone sia Bagnasco. Cos’è la guerra in Vaticano? Non vedo guerre. E smentisco qualsiasi rottura fra il Papa e Bertone oppure fra Bertone e Angelo Bagnasco (presidente della Conferenza episcopale italiana) Chi sono i corvi? Bertone ha dichiarato che si nascondono nella boscaglia. Il potere non si esprime con lettere anonime. I corvi sono quelli che, seppure all’interno, sentono una forte avversione per la Chiesa. Vogliono spodestare Benedetto XVI? Fra i dodici apostoli c’è anche Giuda. Chi sarà il successore di Papa Ratzinger? Lunga vita al Papa. Non confondiamo la preoccupazione per la salute del Papa con la voglia di una successione. Una voglia che coinvolge anche Bertone? É un argomento lontano. Perché ha suggerito a Bertone la nomina di Lorenza Lei a direttore generale della Rai? Ho semplicemente sostenuto Lorenza negli ambienti che conosco e che frequento perché la considero una dirigente straordinaria. Anche l’ex direttore generale Agostino Saccà è stato di aiuto, essendo un dirigente bravissimo e un uomo di Chiesa. Ma su Lorenza Lei ha cambiato idea. Non è vero. Ci sentiamo quasi tutti i giorni. Non solo perché è cattolica. E non come dite voi perché siamo insieme nell’Opus Dei. Lorenza Lei appartiene all’Opus Dei? Non saprei. Chi ha raccomandato Marco Simeon a Mauro Masi per diventare direttore istituzionale di viale Mazzini? Non certo Bisignani. E chi? A quel tempo lavoravo per Geronzi. Aveva appena chiuso un affare stratosferico per una par-cella di 1, 3 milioni di euro: la vendita di un complesso in viale Romania, di proprietà del Vaticano, al gruppo Lamaro di Toti. Ho svolto il mio compito di consulente del gruppo, ricevendo una parcella leggermente inferiore. Malelingue insinuano che lei sia il figlio di Bertone. Assomiglio troppo a mio padre. Presto tornerà a lavorare per una grande banca italiana? Non lo escludo. Il Fatto quotidiano, 26 febbraio 2012 Ti potrebbero interessare anche + La Rai è Lei. 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Lo sciopero del 9 Marzo della FIOM.

Non ricordo un altro sciopero generale indetto da una categoria professionale. La FIOM, cacciata dalla FIAT e dalle sue partecipate, non si è accontentata della solidarietà inconcludente della CGIL, troppo impegnata a trattare e, quindi, a mediare su pretese inaccettabili, dell'accademica espressione del padronato. Il mondo del lavoro manuale, la cui fatica le macchine hanno attenuato molto poco, aggiungendovi la nevrosi dei tempi subordinati agli strumenti medesimi, torna in trincea, secondo la sua tradizione combattentistica, che si dimostra appropriata ad un mondo dell'impresa eversivo e reazionario. Lo sciopero di Landini rappresenta l'avanguardia di un soggetto, ancora non coeso, che può rappresentare il 25% del corpo sociale e che, se la CGIL tutta non seguirà, non raggiungerà scopi pratici dalla sua iniziativa. Ma resta un fenomeno di grande momento nella palude italiana. Per me, momento di rilievo e basta. Sono da sempre persuaso che la dinamica sociale sia fatta di contrasti, che, fra uno scossone e un altro, mantengono in rotta il convoglio, assicurando condizioni di viaggio, le più confortevoli possibili, ai viaggiatori. Le mediazioni sulla prima, seconda e terza classe, non mi interessano. In questo cialtronesco e particolaristico Paese la levata di scudi della FIOM, rappresenta il persistere di una coscienza democratica, ancora non anestetizzata.

Echi.

S'ode a destra uno squillo di tromba, a sinistra risponde uno squillo.... Leggo solo ora la sentita espresione di dolidarietà di Domenico Giannantonio, che è stato anche mio gradito interlocutore, ad Andrea Strozzi e quella, al medesimo indirizzata, di Andrea Bassi. Se il primo concorda con me circa il ruolo di "moderatore" di chi, io non so chi sia - non è un insulto - ( mi sono informato: pare essere un ex Gestore risorse umane, ora CFC - complimenti, bella carriera! - il secondo mette il NON in evidenza, come l'E' ( l'essere e il nulla, direbbe Sartre ), dice banalità su chi lavora e chi non, cose che non gli fanno onore circa la vanità di chi non conosce. A me pare, ma non ne sono certo, vanitoso lui, sulla passerella aziendale. Infine dice la verità: i miei post danno fastidio. Basterebbe coltivare un po' di sana ironia e autoironia e non ci si troverebbe nella condizione di doversi "rivolgere, in particolare, a qualcuno". C'è qualcosa di grave, anche se inconsapevole - ma troppo diffuso - nell'usare certe espressioni senza neanche citare le persone per nome e cognome. Alberto Ferrari, infine, se la cava egregiamente, compendiando il dovuto in poche, chiare parole. Probabilmente, il Forum non è lo strumento più idoneo ad osservazioni critiche, pur espresse, modestissimamente, in forma satirica e in fretta, ma altri non sono offerti. Chi vuole, può confrontare quanto ho replicato a Domenico Giannantonio, sul Forum CRIF, quando il fornitore diventa cliente. Sperando che ci sia ancora. Saluti a tutti. Pier paolo

Così volle il Fato.

Carissimo Giannantonio, non solo no te ne voglio, ma ti ringrazio per le espressioni ed il modo in cui le hai proposte. Io non sono d'accordo con la filosofia aziendale - ma si tratta di ideologia e non di filosofia, altrimenti non l'avrei mai commentata, rispettandola - e non trovo che sia un motivo per dovermene andare. Sono legato al Credem da un contratto e nient'altro e lavoro per bisogno, altrimenti mi sarei dato "bel tempo" senza complessi. Secondo me, al Credem, il rispetto delle persone non c'è. Vige, invece, uno studiato atteggiamento di sfruttamento ( da trar frutti... ) che non prevede che un pensiero unico: quello del padrone. Penso che vi siano, in Credem, dei cortigiani, ma so che molti subiscono e non condividono il modello da "coorte", ma vi si adattano per uniformità. Mi risulta strano, infatti, tanto conformismo negli atteggiamenti, in un ambiente che non conosce neanche i più elememntari istituti giuslavoristici e in cui si presta la propria opera senza essere pagati e senza recuperi, sistematicamente. Alludo allo straordinario e alla proattività che compendia, per le categorie più basse - che esistono, eccome! - una gamma di mansioni servili ( da servire )improprie. In un ambiente che non inquadra il suo personale, non per farlo "crescere", ma per non ingessarsi e lucrare così sulle rendite. "E' così! Se non ti va: vattene!" No, caro amico, non ci penso proprio, anzi, se la riforma Monti si consoliderà e, casomai, non saranno abbattute le ultime difese dai licenziamenti indiscriminati, manterremo i nostri rapporti per un'altra decina d'anni. Io non me ne dolgo, né me ne preoccupo. Non c'è, nelle mie note, nessuna riserva mentale. Mi ha fatto piacere dialogare con Te e spero, sinceramente, che tu possa trarre ogni soddisfazione, morale e materiale, dal Tuo impegno. Ciao. Pier Paolo

martedì 21 febbraio 2012

Il moderatore. Quando il dipendente non mette il cervello all'ammasso.

Andrea Bassi ha postato, il 14/02 alle 12,43 e alle 12,44, due ammonizioni, sul forum climatico e su quello bovino. Ha parlato al plurale, come se gli interventi critici, qualunquisti, fuori tema, personali?, ecc. fossero più d'uno. Può darsi, dato che, mi si dice, che ogni tanto, per evidenti ragioni procedurali, ne scivola fuori uno, fra tanti. Non c'è nessuna ostentazione da parte mia: è il mio modo di esprimermi per iscritto. Suggerirei di servirsi di un correttore di bozze, invece, per evitare, non i refusi e gli errori di battitura, ma sfrondoni grammaticali e sintattici, certamente frutto dell'entusiasmo. Mi sono chiesto, invece, il perché delle ostentazioni classicheggianti, poco diffuse fra i destinatari, sul portale. Pensavo di potermene valere anch'io. P.S. Perché mi avete interdetto Milone, dopo tanti post? Non ditemi che è proprio per questo. Inavvertitamente, ho toccato un nervo sensibile? Per me, Milone è solo un divertissement, nel quale esprimo ciò che penso.

Lo stato di salute.

Lo stato di salute di una comunità si evince anche dall'intensità e dalla qualità del dibattito interno. Perché sia dibattito vero ci vuole autonomia di giudizio e franchezza nell'esprimerlo. Al Credem manca l'una e l'altra, a meno che non si voglia contrabbandare per tale la propaganda farlocca di quasi tutti i giorni e su quasi tutti gli argomenti, per sorvolare sulla esposizione caramellosa e favolistica dei nostri campioni di passione e di responsabilità. La scelta stessa di uno slogan retorico, celebrato su di un palco teatrale, mi suggerisce più un'impostazione da "dover essere" che la sollecitazione di una dialettica. Il corsivo è uno strumento polemico giornalistico, anch'esso retorico, per contrappasso. Da un'azienda, ormai nazionale, straprivata, economicamente solida, sarebbe lecito aspettarsi un costume più liberale, mentre invece, un rispettabilissimo "non so chi" è sempre titolato a catechizzare e minacciare. Un programma dell'accesso vero, sarebbe molto utile, nella speranza che non serva esclusivamente alla passerella conformista, autoreferenziale e troppo spesso cortigiana, che costituisce, per ora,la cifra ideologica ufficiale del credem.

domenica 19 febbraio 2012

Lo stato della democrazia.

La democrazia in Italia non gode di una buona cera. Il Parlamento ed il Governo sono commissariati da un'entità puramente finanziaria e, amministrativamente, ragionieristica. La possibilità di intraprendere e di lavorare è tarpata, non dall'art. 18 della Legge 300 del 1970, ma dalla pretesa di uniformare i bilanci di realtà troppo diverse fra di loro, per non ingenerare un'area continentale a troppe, diverse velocità, fatte sì di parentele, ma ricche, povere e poverissime. La storia, i costumi, le lingue, in una parola l'umanesimo che ne ha costituito l'essenza più importante, è negato in nome di un tecnicismo incolto e speculativo. L'acritica finanziarizzazione ha posto in stato di privilegio ma di potenziale pericolo le banche, che, per ora, sono le uniche beneficiarie dello stato di disunione effettiva in cui ci troviamo, beneficiando dell'approvvigionamento presso la BCE all'1%, con il quale, ormai alla seconda tranche, si ripromettono di correggere la loro esposizione in titoli non rimborsabili se non a prezzo di nuovi, ingentissimi prestiti, che cominciano ad affamare, letteralmente, gli strati indigenti delle popolazioni. Se questo sta avvenendo, mentre la capacità produttiva e di lavoro scema in fallimenti e licenziamenti, è perché le banche, soprattutto le più grosse, hanno dovuto sostenere i bilanci statali e infarcirsi di quei titoli di cui si vuol garantire il rimborso con un nuovo, letale, indebitamento. L'industria, grande, media e piccola, quando non chiude i battenti, si rattrappisce in una meschina rivalsa sui diritti dei lavoratori, che si sono materialmente edificati dagli anni '70 alla fine del secolo scorso, quando non sono stati più difesi da un modo sindacale alla ricerca di ruoli para-politici e para-istituzionali, fino alla resa incondizionata, ai medesimi fini, che è evidente a tutti, ora. A questo modello, si è ispirata anche la maggioranza della CGIL, quando al Governo erano gli "amici" dell'Ulivo. Sullo sfondo di questo estremismo padronale, che in Italia rischia ancora di degenerare in un corporativismo fascista e quasi e di cui i cattolici si fanno vessilliferi, secondo la loro solidaristica dottrina - solidarietà fra ricchi e poveri, fra le imprese e i suoi strumenti - l'ala estremista della CGIL, dapprima rappresentata dal Partito delle rifondazione comunista e oggi solo dalla FIOM, è venuta a rappresentare, restando immobile, l'unica alternativa dialettica al pensiero unico. Alternativa momentanea, perché in quanto integralista,se mai migliorassero le condizioni generali, rivelerebbe una natura settaria e tutt'altro che democratica, ma alternativa di grande momento. E necessaria. Perché quando per fare un lavoro di merda come l'operaio alla catena di montaggio bisogna negare le proprie convinzioni, altrimenti non si viene assunti né mantenuti nel posto di lavoro, sotto l'occhiuta sorveglianza e mediazione delle sigle ammesse perché complici, si può già affermare che la democrazia è tramontata. Democrazia è, infatti, facoltà di espressione per ciascuno in ogni ambito e se anche viene negata solo in alcuni ambiti è già morta per tutti. Ci si trova in un sistema intimamente diverso, nel quale i privilegiati ignorano le comuni esigenze di altri, degradati a schiavi. Quando, per ottenere questo scopo si cambia la ragione sociale delle Ditte, per mascherare il cambio di regime interno, come si è fatto per la banche maggiori e recentemente per la FIAT, si inaugura il Carnevale della sperequazione. La selezione degli addetti diventa politica e sindacale e sconfina nella costumanza individuale; mentre si invoca ipocritamente la privacy sui beni e sugli affari, si cerca di cambiare surrettiziamente la natura dei rapporti sociali. Quando, il lavoratore in concorrenza con i ritmi asiatici dei competitors del padrone, dovranno subire la pubblica umiliazione delle loro inefficienze, autoaccusandosi ed essendo accusati in un open space di colleghi e capetti, come avviene in Corea, Malaysia, Giappone e Cina? Se la locomotiva Italia ripartirà a causa della miseria incipiente dei suoi cittadini non investibili e la povertà sarà declinata con la criminalità, quale è, nelle intenzioni, il modello politico e sociale che si prefigura? Sarà un aggiornamento di sistemi gerarchici pseudo-morali, già sperimentati e già attuali nei Paesi guida della normalizzazione continentale, i quali, però, sono esenti da qualsiasi modifica del loro comportamento nei confronti degli altri partners, proprio perché più forti. Atti di dolore e di autoflagellazione levantini, nessuna possibilità di eleggersi dei rappresentanti di fiducia sui luoghi di lavoro e nessun fiato sui colli di Roma, là dove, in un nuovo Aventino, si è ritirata la politica, che spera solo di galleggiare sul liquame. Che ne è, che ne sarà della nostra democrazia, ora sospesa, da troppo tempo dormiente e che si è consegnata a tecnici organici a potentati sovranazionali? Si risveglierà la nostra democrazia? Nessuno ci bacerà per consentirlo. Toccherà a noi, a quella fetta disomogenea ma presente e non priva di qualità e competenze della società, rispalancare le finestre chiuse della democrazia, negata per il successo di entità non evidenti, ma, come sempre identificabili nella redditualità e nello statico privilegio. Nessun altro lo vorrà fare. La dialettica storica, sempre entropicamente comprendente la sua negazione, non conosce né deve conoscere soste. Non si può cominciare che dal lavoro,il lavoro che crea la ricchezza contro la finanza che la distrugge accaparrandosela. Per ora, un'unità di intenti, che non sia ipocrita, non è possibile. Non è possibile con chi finge di non vedere quel che è avvenuto a Pomigliano e quel che avviene nei call center, nelle Università, in quasi tutto il mondo giovanile che non ha la possibilità di impostare un futuro qualsiasi ed a cui sono riservate condizioni d'impiego schiavistiche o ricattatorie. Il trasporto stesso è diventato un bene di lusso. Chi non può permetterselo, resti a terra. Il trasporto urbano è sotto sanzione europea - tanto per cambiare - perché vetusto e molto inquinante. Con quali mezzi rinnovarlo? Non è affar loro: si deve e basta. Ormai tutta la società italiana è sperequatamente uniforme. Come società ci risolleveremo, sul piano civile, grazie ai resistenti che non gettano la spugna. Non importa se saranno misconosciuti. Ai poveri braccianti pugliesi, Giuseppe Di Vittorio insegnava a non togliersi il cappello davanti ai padroni. Dal dopo guerra, la società è cresciuta nei consumi e nella sua cultura civile grazie soprattutto alle lotte emancipatorie dei lavoratori che, con la loro tenacia e ben organizzati, hanno ripetutamente impedito ritorni a società autoritarie auspicate dagli egoismi insidiati. Hanno già salvato la democrazia. Spero che lo facciano ancora.

Passione zootecnica

Alla Fiera del bovino di Cremona, ci siamo accreditati per passione e responsabilità.
Ci siamo distinti nella mungitura, senza dimettere il nostro abito istituzionale, ma senza neppur sfigurare rispetto a manipolatori manuali o elettrici. Ci siamo infatti misurati con gli ultimi ritrovati meccanici, di produzione autoctona o internazionale e con cow boys romeni, sovraperformandoli sistematicamente.
Solo una collega, di comparto non specialistico, nominata giudice del concorso Mammella d'oro, ha premiato un toro, per di più insistendo sulla innegabile consistenza materiale della sua valutazione.
Il nostro stand era di particolare eleganza e le vetrofanie accattivanti. Campeggiava il logo: Le Georgiche.
Abbiamo, però, dovuto fornire dettagliate delucidazioni, soprattutto riguardo una locandina, nella quale, in un rigurgito di prati ubertosi e messi dorate, spiccava una "romagnola" e, accanto, lo slogan: Lola, che gran Vacca!
Ci siamo trovati in qualche difficoltà a ricondurre l'enfasi bucolica nei suoi giusti termini, fra un ammiccamento e una battuta, facilitati, in questo, dall'essere della zona e di conoscere, quindi, il dialetto.
Zootecnia, che Passione!

martedì 14 febbraio 2012

L'esigenza di comunicare e di condividere.

La città di Homs, in Siria, è sotto assedio di un esercito, per ora asservito nei suoi alti comandi, a una famiglia e, per emanazione, a un partito. Gli abitanti sono bombardati.
Non so se tutta la popolazione condivida le aspirazioni degli indomiti ribelli, ma non sono segnalate ostilità verso di loro, atte ad indurli a più miti consigli. Anzi, il fatto che la resistenza ad Assad junior sia disarmata, sembra testimoniarne la genuinità.
E' un macello immolatorio che un potere fine a se stesso si tributa, nella latitanza della NATO - l'ONU con i suoi caschi blu, inani e inetti, è meglio che si astenga dall'intervenire. Dovrebbe però prendere delle risoluzioni impegnative, ma il veto opportunistico di questo e di quello lo impedisce. Oltretutto, fino ad ora, il regime siriano pare sia "stabilizzatore" in funzione antiraniana. Esattamente come fu per l'Iraq.
Se interverranno, sarà quando le loro esigenze, paure e calcoli saranno stati calmierati dall'amorale gioco diplomatico. Ma sarà - se avverrà - come per la Bosnia: lo strazio e la memoria di un popolo saranno stati devastati fino in fondo.
Almeno, in Siria, il nemico è circoscritto al potere costituito, anche se non è detto che quanto gli succederà, in forma concordata o violenta, sarà appagante per chi lo contesta, forse su base sentimentale, anche se vera e, come usa dire, sacro-santa.
A Homs le comunicazioni sono state interdette dall'esercito, che vuole impedire i collegamenti fra i manifestanti e la testimonianza al mondo, quello dei social network, di quanto sta avvenendo.
Ma quell'antica cultura popolare ha già trovato il rimedio e lo ha fatto scaturire dalle abitudini tradizionali di quelle terre, così aspre e pur ricche di poesia, oltre che di acume.
Le notizie viaggiano, infatti, legate alle zampette dei piccioni viaggiatori, piccole staffette che, in andata e ritorno, sfidano il fuoco degli assedianti, con diligenza e indomito coraggio.
Spero che qualche letterato, domani, possa ricordarne l'utile sacrificio.

La tragedia greca.

La Grecia, purtroppo per lei, non è sola. Le sono addosso, infatti, in una nuova Santa Alleanza le potenze ragionieristiche continentali, che oltre ad aver affamato, in senso reale, l'ottanta per cento di quel popolo, vogliono che la sua uscita sia umiliante e ammonitrice, per chi intendesse sottrarsi a questo nuovo ordine contabile. Si ripetono, cioè, la caratteristiche storiche dei diversi popoli, in un contesto forzosamente e assurdamente costrittivo, dal quale non si vuol consentire emancipazione senza lacrime e sangue.
Sappiano i Greci, forti della loro insuperata cultura, agire con serenità e orgoglio.
Per i ragionieri ottime opportunità turistiche, meno di acculturamento.

lunedì 13 febbraio 2012

Fiera del bovino di Cremona: lo stand Credem. Bovine condiscendenze.

Ci siamo sicuramente piazzati al primo posto. Fra i nostri capi da esposizione, alcuni campioni di P.& R.
Il bove è un animale mite, remissivo e va passivamente al macello. proprio come noi.
Del toro conserva la memoria e la retorica. I pochi che son rimasti tori, poi, non menin vanto: nelle stalle "razionali" devono riprodursi montando dei simulacri di vacche, casomai molto truccate, ma inaffidabili.
Vengono spremuti fino all'ultima stilla di seme. Una figura professionale importante della produzione zootecnica, gli infila l'avambraccio nel retto per stimolargli la prostata e spremergli il carburante fino alla feccia. Di questo son fatte le nostre succulente bistecche.
Delle vacche, poverine, che dire? Le mungono, le inseminano, lavorano come i maschi bovi - i tori abbiamo visto a che cosa sono destinati - infine vengono macellate senza che nessuno rivendichi i loro diritti.
Su tutto questo, signorilmente, noi speculiamo.
Zootecnia e affari.

domenica 12 febbraio 2012

Tragedia greca.

In queste ore in Grecia si consuma un altro atto della tragedia finanziaria che l'ha eletta a simbolo della sostenibilità, esclusivamente economica, per appartenere ad una comunità di autotutela dalla competizione economica globale.
La guerra si è scatenata in tutto il mondo, relegando interi continenti - l'Africa - in condizioni non competitive e costretti a vendere le loro materie prime e anche porzioni consistenti del loro territorio, alle potenze economicamente più aggressive. fra queste, la Cina, ancora istituzionalmente comunista, ma rapidamente attrezzatasi alla competizione attraverso lo sfruttamento, fino all'estinzione fisica, del suo sterminato popolo, coniugando camaleonticamente il materialismo marxista e quello capitalistico, secondo forme sacrificali e pagane asiatiche.
L'Europa, voluta a tutti i costi anche per i Paesi meno attrezzati - fra questi l'Italia , entrata a viva forza e a viva forza ora mantenutavi, in condizione vicaria - non ha difeso, almeno inizialmente i suoi confini, non ha creato ritmi e dinamiche confacenti alle diverse situazioni economiche, non è sorta, cioè, su basi realistiche e, oggi, sta vivendo una crisi che sta per abbattersi sulle fasce deboli della sua popolazione.
la Grecia è implosa prima e non ha trovato sussidiarietà alcuna, non essendo interessata la Germania a pagare i conti degli squattrinati e corrotti partners e non essendo, essa stessa, nelle condizioni oggettive, anche dimensionali, di reggere la parte.
La mia solidarietà sta con il popolo in piazza, scremato dai mestatori, dai profittatori e dai black blok, la cui internazionalità, pur interessante, è materia per Toni Negri e per gli apparati di polizia , popolo che è composto quasi esclusivamente da persone sotto alimentate, genitori di bambini che non possono essere nutriti adeguatamente, composto dal 22% di disoccupati globali, dal 45% di disoccupati giovani e dal 49,5% di disoccupate giovani. Gli Stati, le Nazioni non sono aziende da mettere in amministrazione controllata e poi in procedura fallimentare. Anche in questi casi, le maestranze protestano vibratamente, ingenuamente, inanamente. Ma la loro protesta, incolpevole, è giusta, anche se inutile.
Sarebbe importante che da queste proteste nascesse un processo selettivo della classe dirigente, che il popolo esprime,mentre è incombente l'ipotesi, invece, che, sia i disordini, sia l'acquiescenza al ricatto delle banche internazionali, infracite di titoli greci e di titoli delle altre banche affidatarie della Grecia, siano monitorate pro domo loro da questo o da quel potentato. E' questo il limite della violenza, levatrice della Storia, che fa dire a chi l'ha provocata, a posteriori, che si è trattato di una brutta cosa.
Il vecchio Nikis Theodorakis , musicista, autore di Zorba il greco, è stato fermato in piazza dai lacrimogeni, ma ha dato prova di essere un militante della e non uno speculatore sulla democrazia, che i greci della Ionia hanno conosciuto prima di ogni altro popolo, con la quale hanno influenzato tutto il mondo occidentale, contagiando culturalmente anche l'Europa orientale, attraverso l'alfabetizzazione e l'osmosi religiosa.
Forza Grecia che ti batti, come hai fatto contro l'Italia fascista e la Germania nazista, pur con tutte le tue pigrizie urbane e le tue levantinerie.
Infatti, la semplice e gentile Grecia delle isole e delle campagne, certamente indifferente a quanto accade, ne rappresenta l'anima più schietta e gradevole, mentre la vita cittadina è purtroppo impreganta di minuta e orizzontale corruzione, prodotto e conseguenza dello sfacelo in atto. Non creda l'italia di esserne esente. La sua realtà non è uniforme, il suo costume morale non è difforme.

Sensazioni climatiche.

Il nostro clima Credem'a me, non è mai influenzato dagli avvenimenti esterni, tanto da sembrare una creazione artificiale, un effetto cinematografico interno ad uno studio, prodotto di luci e scenografie.
In un contesto nazionale e mondiale convulso, in una Babilonia di favelle veicolate da una miriade di social network, noi continuiamo a esaltarci, prima della battaglia, dentro alla nostra tenda, come gli eroi omerici e, come gli eroi omerici, a confermarci in una serie di aristocratici valori che mal si attagliano al nostro quotidiano arrabattarci, sia pur in formazione da formiche operaie.
La nostra società coopta dal suo interno i suoi controllori, incaricati all'uopo, sulla base di un comune sentimento, mai verificato in profondità, ma solo contrabbandato attraverso la propaganda e fatto accettare come dato di fatto, frutto di un incontrastato dominio, figlio della complicità sindacale.
Costoro hanno, principalmente, la funzione di diluire la privatezza dei costumi individuali, di prevenirne l'impatto sulla coesione produttiva, di reparto come d'area. A questo scopo, la loro intimità con i superiori, investiti, di comparto è continua. Condizionati a credere che ogni loro esigenza sia subordinata a questa concertazione, si industriano a diffondere orizzontalmente il totalitario modello alle maestranze, fino a modificarne l'indole superficiale a immagine e somiglianza del Credem'a me.
Non c'è altra spiegazione al cieco fideismo superficiale verso una prassi che prevede, per un giovane Milone, lo sfortunato gladiatore della Magna Grecia calabra, un risultato quantificabile, dopo un decennio, in un aumento retributivo pari a duecento euro, al massimo.
Un elemento di apparente bizzarria. Perché tanto sfoggio di erudizione classica: Milone, Agorà e gli altri contenuti intrinseci alla retorica di palazzo, in un contesto di Iloti e servi della gleba?

sabato 11 febbraio 2012

Clima e ecosistema.

Il clima è idilliaco, ma inganna. L'ecosistema è il seguente:
si concorre a coprire otto cantoni, all'incontrario, cioè con quattro giocatori. Le chiamano sostituzioni, ma non prevedono indennità. Si obietta che l'indennità è connaturata al cassiere, tanto è vero che si perde con il ruolo. A conti fatti, però, l'indennità si recupera con la fungibilità indiscriminata.
Dopo aver preso l'abbrivio, si continua a peregrinare, senza orari e senza paga straordinaria, al servizio di tutti gli "apparentati" clienti.
E' la ben nota socievolezza emiliana.
Non si conosce Contratto integrativo aziendale di sorta, quindi, le regole le interpreta e le applica solo l'azienda, come è ovvio, a suo uso e consumo.
Non si conosce retribuzione legata alla produttività, che viene accantonata e distribuita "pattizziamente", ai titolari di portafoglio, al netto dei contributi, al lordo - per loro sì - di un buon inquadramento.
Trattasi di banca "meritocratica", che non conosce clientelismo.
Sembrerebbe un ambiente anarchico e lo è, nella sua espressione più vera: l'anarchia del potere,incontrastato.
Il clima, quindi, è artificiale, l'ecosistema è reale, ancorché arbitrario.

Correva l'anno...

19.., quando il Credito Emiliano aderì, con tutte le riserve mentali possibili, al Contratto nazionale di categoria, che, anche per suo conto, l'A.B.I. aveva sottoscritto. Fu l'ultima finanziaria di famiglia a farlo, insieme alla Banca del Sannio.
L'ancora arzillo Achille sentenziava: "la banca sono io", come il Re Sole a proposito dello Stato. Entrambe le affermazioni erano il portato della concezione fondiaria della proprietà.
Banca padronale, dunque, ammesso ma non concesso che di banca si possa parlare.
Di che clima andiam, gloriandoci?
Di un clima così bello che, se fosse per noi, non andremmo mai in ferie, di un clima così salubre che non ci ammaliamo mai, di questo Eden incontaminato, nel quale nessuno ha mangiato il frutto della conoscenza?

mercoledì 8 febbraio 2012

Milone

Da noi, il clima è così bello, che facciamo le ferie per risparmiare all'azienda le sanzioni pecuniarie previste per la mancata fruizione, con Passione e responsabilità.
Altrimenti, rimarremmo all'interno del nostro sogno, nel liquido primordiale nel quale stavamo caldi e protetti.
Non più di due settimane consecutive, perché, altrimenti, la copertura delle casse, secondo programmazione, non sarebbe possibile e si creerebbero perturba(menti)zioni che comprometterebbero il clima.
Per uniformità, i colleghi del Corporate, osservano l'agenda dei clienti di cui coltivano gli interessi.
Per darci una buona educazione, mamma e papà ci ricordano continuamente i nostri doveri, i nostri impegni e non ci consentono d'impigrirci davanti alla TV, ai video-giochi e con quello strumento di Satana che è il giornale. Per disdetta, hanno inventato l'I Phone.
La famiglia - chissà perché si ostinano a chiamarla squadra - è sempre gioiosa. Povera, ma felice.
La paghetta, infatti, è scarsa e non prevede premi. Così non prendiamo dei vizi, in questo brutto mondo...la nostra letizia è interiore.
Siamo tutti "fratelli" e nessuno si azzarda ad assumere atteggiamenti di superiorità..che sono nei fatti, ma che sembrano propagare da una accigliata Entità Maggiore, quando non siamo buoni.
Durante la stagioni delle precipitazioni, si crea un bell'humus sul pavimento, che noi conserviamo fino a quando, ogni due giorni, un malcapitato dal Bangladesh, in sette primi e trentacinque secondi, ramazza indiscriminatamente, spandendo, anziché rimuovere, la fanghiglia.
Da noi tutto è istintivo, privo di formalismi. Gli argomenti di cui parliamo spaziano dal lavoro..al lavoro.
Se qualcuno prova a fare il furbo e lesina la sua collaborazione, ci riprendiamo fra di noi e, se inascoltati, riferiamo a papà e mammà.
Per fortuna l'azienda è solida e salvaguardata: il ponte levatoio è abbassato solo a richiesta e un suono ininterrotto e straziante ci richiama a vigilare sull'identità degli avventori.
Se mai, un giorno, la nostre difese, che coincidono con l'interesse dell'imprenditore, alias padrone, si affievolissero, per poi confluire in una fusione, ci sentiremmo perduti, in gurgite vasto, senza la sferza rassicurante per noi rematori.
Soprattutto, ci chiederemmo a cosa è servito soffrire e servire con Passione e Responsabilità.

Se, un mattino d'inverno, un viaggiatore..

..di quelli che sgommano verso la meta del diamante aziendale, disegnato secondo arcane trigonometrie, sbatacchiasse, in frenata, contro un albero e, fermo nel gelo a contemplare la sua automobile sfasciata, ancora gravata da molte rate, si sovvenisse..come in trance.
"ma, a me chi mo fa fa'? La passione e la Responsabilità? Forse, un masochista..Loro se la suonano e loro se la cantano, mai uno che stecchi nel coro: a chi tocca, tocca. Ti vogliono indurre ad accettare che nulla di quanto hai conseguito fino ad ora, potrà esserti utile, se non sarai utile a loro e, sempre, in misura proporzionale".
Infatti, il Direttore che otterrà dalla sua squadra il premio Qualità e Cortesia, riceverà un I Pad.
Potrà così evitare una spesa, se ha un figlio; dimezzarla, se ne ha due. Per gli incontinenti, non è prevista cortesia alcuna.

martedì 7 febbraio 2012

Milone

Certo che, Milone, quando tutto tace o si replica monotono come previsto dall'ideologia aziendale, tutto assume un coreografico ed uniforme aspetto..mistificatorio. Ma basta che una voce faccia stecca nel coro e che questa voce sia udibile per una volontà di fare dei corifei il megafono della strana banca ed ecco - dicevo - che si manifestano languori e livori, falsificati da rammarico. Probabilmente - ma aspettiamo ancora un po' per farcene un'idea compiuta - l'estensione del commento sui fasti aziendali fa parte di un ricercato concerto di trombette e se anche una sola osservazione sembra critica e priva di fede, coinvolge la "responsabilità" di questo o quel capataz, in questa o in quell'altra area.
Siccome non è concepibile che la concertazione possa non coinvolgere le figure professionalmente realizzate e partecipi, si comprende come non si accetti che una massa ( parcellizzata ) di figure esecutive possano riconoscersi, anche al più larvale livello, in modeste considerazioni che, però, nessuno prima d'ora ha rivolto loro, desumendole da quanto rassegnato nei messaggi.
Quindi, non l'ho fatto neppure intenzionalmente e, rileggendo il pezzo, non ho trovato altro che una presa d'atto di una frustrazione reddituale ( soprattutto ) e di status economico, acclarata in numerosi interventi nel forum.
Quel che c'è di conseguente, anziché di anomalo,, consiste nel non lasciar spazio alla speranza irredimibile, di numerosi colleghi anziani, le cui considerazioni sanno già di rimpianto e, rebus sic stantibus, nel non riconoscere ai giovani, attrezzati solo culturalmente per ambire ai quei modelli, la possibilità reale di poterli interpretare, sfruttati come sono, nella prassi, senza alcun barlume di rispetto.
Quel che per me conta è che, giusto o sbagliato, ho proposto solo riflessioni frutto di disinteresse, una modesta esperienza e buona fede, non avendo io, nessuna recriminazione al proposito e nessun interesse da contrabbandare.

lunedì 6 febbraio 2012

Milone

Oggi, lo spazio dell'accesso di Milone risultava interdetto.
Può darsi che si sia trattato davvero di un inconveniente tecnico temporaneo.

Potendo, così mi sarei rivolto al vecchio amico.

Hai notato, Milone, come sia mutato il significato della parola "compagno/a"?
Non molto tempo fa designava una comune condizione materiale, ma anche sociale, morale e politica. Era il modello di riferimento, di comportamento e di coesione verso un "ordine nuovo".
Oggi è stemperato in una formulazione intimista che sta a designare un'affettività senza formalizzazione e responsabilità, un mettere a contributo sesso, sentimenti e bollette. Si era cominciato, allorquando si era passati da un severo ed impegnativo fidanzato/a al "mio" ragazzo/a, compagniuccio/a per "uscire" ( termine che rimanda ad una condizione antica e tradizionale, ma soprattutto di modesta possibilità economica ), andare in vacanza, condividere interessi, rendersi identificabili, pro tempore, nel proprio nucleo relazionale e di interessi, mantenendo fluida la possibilità di rimiscelarsi, mantenendo inalterato l'humus amicale e, se ben omogeneizzati "culturalmente", i cosiddetti buoni rapporti.
La labilità, crescente, degli approdi lavorativi, l'ideologia dei liberi vagabondaggi, indotta dal mercatismo a consolazione di uno status mediocre, ha figliato, senza che i destinatari se ne rendessero conto, un nuovo sentiment modaiolo, di cui, egoisticamente e acriticamente, ciascuno si fa vindice.
Così, sognando ancora, sotto il disco ammaccato della luna.

Al buon giorno, felice notte, si è ormai sostituito, nei convenevoli, uno stentoreo buon lavoro!
La dimensione piacevole del vivere, si è trasformata nell'incitamento all'affinamento del suo strumento, promosso da mezzo a fine.
Peccato che non sia il nostro fine, bensì quello, parassitario, di chi ci incita.

Ma la banca unica funziona?

Ma la banca unica funziona? Se lo chiedeva il portale, retoricamente, per poi celebrare due esempi di sinergia fra comparti commerciali.
Apriva poi lo spazio del commento...incensatorio.

Quanto sarebbe bello..

Quanto sarebbe bello se queste finalizzate sinergie avessero luogo anche in famiglia, nei rapporti sociali ed amicali e non fossero subordinate, invece, ai particolari obiettivi di ciascuno, di ogni nucleo, di ogni lobby. Poter gioire insieme, solidarizzare in caso d'insuccesso, non vacillare nella certezza del comune sentimento.
Peccato che, invece, l'orizzonte di ciascuno non vada mai oltre il proprio contingente interesse e la solidarietà di facciata serva a proporre un modello concorrenziale, più sul piano dell'apparenza che su quello della sostanza.
Con tutto questo, complimenti al pacchetto di mischia romano e brianzolo, sintesi unitaria della Nazione del Credem'a me.

venerdì 3 febbraio 2012

Milone

Continua la nostra competizione con le avversità atmosferiche, con passione e Responsabilità.
Giovanni semi-decollato è scivolato davanti alla porta d'ingresso..ma si è rialzato,
Quanto potrà resistere ai traumi ossei che lo interessano per la fotocinetica attività? Quando le forze caleranno e i dolori si manifesteranno, saprà l'azienda essergli riconoscente?
Rustichello non arriva più in ritardo: i suicidi sulla linea ferroviaria sono stati dissuasi dal freddo.
In compenso, senza ciaspole, Giovanni va, a sue spese tramviarie, a Casalecchio. Non sarà rimborsato perché, ufficialmente, dovrebbe stare sempre là, anche se corre e scivola da noi.
Rientra il cappellano, cianotico per la temperatura.
E' la seconda volta stamattina. Non uscirà più.
Di solito prende servizio alla chiusura pomeridiana per far vedere che, nonostante abbia lavorato tutto il giorno, osserva i costumi comuni.

Milone

Si sdrucciola sul marmo davanti alla nostra Sede e questo potenziale rischio tiene lontana la clientela, consentendoci di individuare a quanto ammonti il traffico di prossimità e quanto ci apporti.
Gli unici a sfidare la degenza ortopedica sono stati due coniugi che hanno ricoverato la mamma di lui in un cronicario privato di lusso.
La degenza è sostenuta dalla "beneficiaria" medesima, attraverso prelievi mensili sui quattromila euro, tratti da un libretto nominativo intestato al figlio e alla di lui signora.
Ogni mese, con certosina cautela e sempre in coppia, si approssimano ai banchi e, illustrando sistematicamente e in termini autoelogiativi gli strazianti scrupoli di coscienza che li animano nei confronti della amata e ricchissima vecchina, si fanno rilasciare un assegno circolare per pagare la retta. Lo esaminano dal dritto, dal rovescio e in controluce. Infine, sospettosissimi, chiedono: "potrebbe accadere che non ce ne siano abbastanza, non sul libretto, ma nelle vostre cassafortine?" "Per importi di questa entità, lo escluderei".
"Ad ogni buon conto, potete provvedere a costituire una riserva ad ogni inizio del mese?" "Non dubiti..." "Sa, non vorrei che mi mettessero la mamma in strada ( così da dovermela riprendere): "Ma non è possibile, caro! Non ricordi che abbiamo versato una lauta cauzione?"
Miagolando e un po' contorcendosi, raggiungono l'uscio.

"Posso versare un assegno?" " Come non..." "Ma "è" di Casalecchio!" "Non c'è problema, operiamo in circolarità" "Ah, si, in tondo?" "In un certo senso.."
"Mi dà il saldo?" "Non posso, pur operando in circolo - come dice lei - non possiamo attingere agli altrui dati." "Siete un po' feudali" ( osservazione interessante ).
La lei della coppia, dopo essersi spazientita, alla richiesta di un documento: "mi memorizzi, non voglio, ogni volta, tirar fuori la carta d'identità, soprattutto se porto dei soldi..del ristorante", chiede, per soprannumero, un libretto degli assegni. Obiettiamo che solo chi gestisce il rapporto, lo può fare.
"Frzz!! FRzz!! Mi chiami Tizia!" " Pare che sia al telefono" "Mi chiami Caio!"
Costui, a sua volta, chiama il buon Rustichello, che, con sicumera, esclama nella cornetta: "ma certo, se non vengono otto metri di neve, passo io a ritirarlo".
Ma che parla'mme a fa'? Credem'a me.

giovedì 2 febbraio 2012

Milone

Quante volte ci siamo detti, mon ami, che il clima aziendale non conosce variabilità e sembra governato da una immutabile, superiore determinazione, nella quale non trova spazio la normale dialettica degli elementi?
Come si fabbrica, allo scopo, una morale, caro Milone, vale a dire come la volontà dei dominanti diventa quella di tutti o quasi?
Bisogna teatralizzare qualcosa che non esiste e nel nome del quale si parla.
Diventano così possibili i performanti miracoli verbali, i nostri attestati della fede.
Un successo retorico, attraverso la messinscena di ciò che autorizza il suo dire, dell'autorità in nome della quale è autorizzato a parlare, sempre assertivamente.
Si crea così una figura retorica, attraverso la quale si fa parlare e, purtroppo, agire un assente, una persona che non c'è che, proprio per questo, viene evocata e resa una cosa personificata.
I chierici e anche i chierichetti devono quindi far esistere quello che esprimono e, soprattutto, ciò in nome di cui si esprimono.
Produrre un discorso e indurre fiducia, attraverso l'omogeneizzazione dei contegni esteriori, nell'oggettività iniziatica e intragruppo del loro discorso.
Nel caso nostro, le mail, il continuo contatto telefonico, le visite periodiche anche quando si è in ferie, l'interdipendenza , a causa della a-normatività dell'organizzazione del lavoro, sono il collante dell'evocazione rituale e comune.
I forum, i vari C, le riunioni che scandiscono le iniziative ricorrenti, i questionari, la pubblica ostentazione degli esemplari colleghi, messi alla berlina sul portale, servono ad attestare e esemplificare che c'è un fondamento al discorso, da far apparire autofondante, legittimante, infine unico, del gruppo unito e consenziente.
Ne consegue la tutela del cerimoniale, delle "parrucche".
La dimensione vera della teatralizzazione, come tu ben sai, caro amico gladiatore, è quella dell'interesse particolare del padrone, spacciato per quello generale, riducibile al massimo e in misura contenuta, a quello di pochi economicamente associati al modello imposto, in un contesto di maniere, manierate, comuni.
Così si contagia, in fiducia, riguardo a ciò che si fa.
La teatralizzazione della convinzione fa parte delle condizioni tacite - per questo non è consentito a nessuno di alzare la voce - di omaggio all'autorità, caudataria del potere, senza il quale non sarebbe un'autorità.
Se crollasse questa specie di fede, nella quale tanti sono in malafede - la fede ostentata essendo una malafede collettiva - si rivelerebbe il gioco nel quale tutti mentono a se stessi e agli altri, sapendo che anche quelli mentono a se stessi.
Attraverso questi strumenti si crea un gruppo o squadra in grado di fornire tutti i segnali esterni, riconosciuti e riconoscibili, nelle forme convenienti.
Il gruppo dominante coopta i suoi membri su indizi minimi di comportamento, che altro non sono che l'arte di rispettare le regole del gioco, fin nelle trasgressioni, regolate dalla stessa convenzione, attraverso la buona creanza e il contegno.
Lavorando in questo crogiolo, i sondaggi assumono una funzione confermativa. Poter dire: "i sondaggi sono con noi" è come dire "Dio è con noi" in un altro contesto.
Una proprietà dei sondaggi consiste nel porre dei problemi che la gente non si pone e nel suggerire risposte a problemi che non si è posta, quindi nell'imporre risposte.
Induzioni di risposte generalizzanti a necessità e problemi sentiti solo da alcuni, quindi di fornire risposte che sono state generate con le domande stesse e di dar vita a problemi che, altrimenti, avrebbero continuato a non porsi, perché non esistevano, almeno per i destinatari.
Quando si parla di opinione ufficiale, si gioca sempre un doppio gioco tra la definizione confessabile - l'opinione interiore di tutti - e l'opinione autorizzata ed efficiente.
Questa volta sono stato un po' pesante, vecchio mio.
Me ne scuso.
Tornerò ai calembours che non rimuovono il peso della costrizione, ma, aspirando a divertire, contribuiscono, come mi sono proposto con questa modesta disamina, ma con più diretta efficacia, a denudare il Re.

mercoledì 1 febbraio 2012

Aspirazioni e frustrazioni.

Commento ai risultati dell'indagine di clima.

L'indagine di clima, nella riaffermazione di principi e valori "produttivistici", tradisce la delusione per un mancato riconoscimento materiale.
Di riconoscimenti morali, di un simulacro di potere, probabilmente l'azienda è stata e sarà prodiga, ma, come quello che era già in pensione, ma "sperava" ancora di diventare funzionario, non si spegne la Passione per lo status agognato, in famiglia e in società. Nella propria famiglia e nel modello sociale che si è interiorizzato.
Su questo c'è piena uniformità e, a causa di questo, l'azienda potrà continuare a menar per l'aia anche i sopravvissuti. Probabilmente costoro si autoesalteranno nella considerazione del loro alto, troppo alto valore, proprio per questo non riconosciuto. Si continuerà a mitizzare finché si avrà vita, anche in quiescenza.
Non c'è bisogno di suggerire all'azienda, vagheggiata, a prescindere, perché unica ed ultima speme, di non soddisfare gli anelanti: contraddire il sogno non è redditizio.

Milone

Sotto i banchi, sull'impiantito, stagnano pozze d'acqua defluita dalle estremità meridionali dei rari viandanti.
I tappeti, opportunamente ricollocati presso il muro, sono intatti.
La neve, a quanto pare, fa perdere i riferimenti. Il mancato riconoscimento di luoghi, normalmente noti, si accompagna a sviste e sfasature orarie.
Potrebbe essere una occasione, ma viene banalmente sciupata attraverso le abusate frasi fatte.
L'unico che non ha rarefatto le sue frequentazioni è un povero negoziante.
La sua, ormai scoperta, aspirazione sarebbe di vivere, finalmente, agiato e spensierato.
La realtà empirica lo vede, invece, alla ricerca di un recupero di tre o quattro giorni su una miriade di scoperture e assegni a vuoto, sparpagliati per l'Italia, dal suo conto personale o aziendale.
Non si rassegna e continua a giocare a monopoli.

Milone

Che dire della nevicata pulviscolare che il sale non riesce a sciogliere perché la temperatura, troppo bassa. non lo consente?
Oggi, tutte le filiali dell'area hanno aperto. Solo la nostra Passione ha vinto il gelo e la nostra Responsabilità le difficoltà ambientali.
Quanto all'esito economico, vedremo. Scarsi gli ardimentosi.
L'abito convenzionale, la grisaglia per ogni età, non è stata osservata, tranne che dal direttore e da un giovane sviluppatore.
Giungono notizie di marce nella notte per raggiungere in tempo i luoghi di esercizio dei nostri valori, mentre i bus dei deportati al lavoro hanno sfilato nella tormenta senza poter raccogliere nuovi coscritti, intasati come erano.
Si denuncia la sottrazione di portafogli e telefonini.
Quando le circostanze si fanno straordinarie, il personale adotta atteggiamenti e relativo abbigliamento, casual, ormai non ho più dubbi.
Come se fossero liberati da un inconscio obbligo di rappresenta(zione)nza, si spogliano di orpelli e di apparenze e, nei locali poco frequentati, si muovono silenziosamente.
Una collega itinerante ha trovato ricetto nel nostro usbergo. Con l'immancabile portatile, aspetta la caldo che la tempesta si plachi.
L'eccellenza latita, siamo costretti, per un giorno, a rivestire un ruolo di servizio potenziale, di rara fruizione e scarsa redditività.