sabato 31 maggio 2014

Interdisci l'interdetto.

Il club Bilderberg è di nuovo riunito; i giornalisti commentano quello che non vedono e non sentono, all'esterno dell'albergo nel quale i convocati resteranno bunkerizzati, fino al rompete le righe. L'ordine del giorno e il menu sono equivalenti, quanto ad indicazioni. Berlusconi non avrebbe dovuto candidarsi nel 1994 per un patente conflitto di interesse, ma una volta accettato e vellicato, anche dalla sinistra, doveva essere difeso, quando, nel 2011, la Merkel e Sarkozy decisero di giubilarlo, perché così non facendo hanno promosso un colpo di stato contro l'Italia, che ci ha posto, in rapporto alla nostra squallida natura compromissoria, nella condizione di fare del presidente della repubblica, il collaboratore principale, il garante del vulnus costituzionale. Il successivo, contestuale sgonfiarsi dello spread ne attesta la natura tecnica e strumentale e ne rivela la strumentalità, d'ora innanzi applicabile a tutti coloro che non saranno coperti e allineati verso una concezione particolare dell'europa. Noi italiani saremo coperti e allineati verso tutto e verso il contrario di tutto, pasticcionamente. Il leader degli euroscettici inglesi, tale Farage, se non ha la scabbia, poco ci manca e Grillo, che non trova di meglio che apparentarsi con questi "spiritosi, come lui", invece di cantare in coro con la destra o con la sinistra, rischia di contagiarsi, ossia di farsi trovare i sintomi di quella malattia che i diagnostici della differenza vanno insinuando dalla sua origine e che "approfondiranno" d'ora in avanti. D'altra parte l'invito assolutamente improrpio, da parte di estranei, a levarsi di torno, dato che i beneficiati dal web sarebbero così facilmente arruolabili, tradisce il proposito di eliminarlo, se sarà necessario, dopo diversi tentativi, da che sarà diventato, se non presidente del consiglio - dato che è interdetto - referente dell'opposizione che attualmente non esiste.

L'ovvietà della prepotenza.

Una serie di edizioni stanno ripercorrendo a ritroso il colpo di stato, ordito dall'Europa dominante contro l'Italia, attraverso la defenestrazione di Silvio Berlusconi, Presidente del Consiglio. Le tardive spiegazioni sono, per molti versi, superflue, in quanto i fatti hanno già chiaramente parlato di per se stessi. Non c'era nessuna ragione al mondo per poter sostituire il legittimo Presidente del Consiglio con un frettolosamente bi-nominato, oltretutto privo di qualsiasi consenso presso il corpo elettorale, come le elezioni successive hanno dimostrato, fino all'estinzione del suo partito. Paradossale che sia (stato?) anche candidato alla Presidenza della Repubblica, prima della riconferma del garante Napolitano. E' bene che la vicenda storica venga dipanata minuziosamente, perché, almeno, potrebbe favorire la sostituzione delle figure che vi hanno contribuito, una delle quali, il presidente francese, è già tornato a vita privata. La giubilazione di un Primo Ministro democraticamente eletto, sia pur supportato da strumenti imponenti - come il successo televisivo di Matteo Renzi sta lì ad attestare - e troppo distratto dai suoi, altrettanto imponenti, interessi personali, dopo i quali, legittimemente, ma imprudentemente si sollevava, è un fatto di una gravità inaudita; oltretutto fu reiterato dopo il tentativo rintuzzato a distanza di una legislatura, messo in opera dal presidente Scalfaro. Toccherà casomai al cavaliere caduto da cavallo ragguagliarci, anche per il tramite dei suoi agiografi, circa l'attribuzione, per ben due volte, della reclamata "responsabilità", che lo ha portato ad andarsene con la coda fra le gambe. Istituzionale (sic!) o aziendale? Comunque, l'Europa non può consolidarsi con il nostro apporto, finché anche la Merkel non sarà stata sostituita e non sarà stata efficacemente illustrata la funzionalità dello spread, una mera tecnica finanziaria, riesumabile ad opera di soggetti forti, per mettere bocca a terra gli elementi estranei alla neo-europa guglielmina.

La vita è altrove.

Proprio in queto momento, i primi gruppi di manifestanti anti Erdogan, si stanno spostando verso Gezi Park, all'interno di quella Piazza Taksim, dove doveva sorgere un supermarket, che ancora non c'è e dove numerosi giovani civili ed evoluti contestarono la resistibile ascesa del Primo Ministro, ora in procinto di diventare Presidente. Per ottenere questo risultato, Erdogan si è appoggiato alla Turchia profonda e islamica, quella che non ha mai compreso la laicizzazione forzosa di Kemal Atatutrk e l'ha anzi vissuta come un'ususrpazione da ignorare, ristabilendo i vetusti costumi patriarcali fra le mura domestiche. Quella di Ataturk fu, indubbiamente, una violenta imposizione: strappò il velo alle donne e fece rotolare al suolo il fez degli uomini. Ma la società turca, almeno nelle aree metropolitane e segnatamente nell'affascinante Istanbul, si è evoluta verso una cultura ed un costume liberale che i giovani più istruiti non vogliono vedersi negare per le ambizioni crescenti di un politico. Qua e là, in giro per il mondo, le schiere, neppur tanto minute, delle élites culturali formatesi negli ultimi decenni, stanno lottando per una società più libera ed evoluta, in Paesi di antico autoritarismo, nei quali le masse non rappresentano certo una possibilità di evoluzione. A Theran, come a Istanbul, queste minoranze borghesi e acculturate, si battono per prospettive che non siano solo ottanta euro in busta paga o per vanagloria rappresentativa e sono, in questa fase mediocre della storia contemporanea, gli unici a farlo. Il regrediente mondo occidentale, invece, strangolato dal debito con il quale vampirizza altri continenti, facendo precipitare il tenore di vita dei suoi cittadini, non più in grado di produrre a pressi concorrenziali, reclina sui cascami di un materialismo insoddisfatto e su un positivismo da ragionieri. La spiritualità del mondo, propellente delle azioni, non alimenta più i nostri scarburati motori.

venerdì 30 maggio 2014

Il bunker degli idealisti.

Che ne è stato della sanguinosissima guerra civile siriana, cristallizzata da Vladimir Putin per mantenervi una formidabile base navale d'accesso al Mediterraneo e da Francesco I il buono, per poter negoziare ancora una presenza politica dei cristiani in Medio oriente, dato che l'influenza strettamente religiosa è insignificante? Le stragi non sono sospese, ma non sono più documentate. Che ne sarà di noi, chiedono retoricamente i ribelli di Donetsk, la terza città, per popolazione, dell'Ucraina e la prima per ricchezza, che, per questo, speravano di potersi affrancare dalla agricola Patria minore, dato che, comunque, russofoni lo sono sul serio? La Grande Madre Russia tace, dopo essersi annessa, con un pretesto identico, un'altra grande base navale verso i mari caldi e aver negoziato l'elezione di un oligarca cioccolataio che, con i suoi, di oligarchi, ha stretti rapporti di interesse, appena mitigati in questa fase, dalla dispettosa competizione delle sanzioni. Sono stati intempestivi o fiduciosi, non hanno preso in considerazione a dovere che la loro russofonia, così come per i pochi cattolici orientali, la fede remissiva, era la biodegradabile patina giustificativa dei pronunciamenti dei potenti, schierati a difesa di interessi "trascendenti" ai loro. Così, impunemente, a colpi di granata, i patrioti ucarini fanno cento morti al giorno in quell'enclave, nella quale, asseragliati e soli, ma molto ben armati, i malcapitati sono ora costretti a condurre, il più a lungo possibile, una guerra di logoramento che servirà alle parti traditrici di una guerra biblicamente fratricida, a mediare i loro interessi. All'occidente sanzionatorio, Putin ha già risposto, legandosi per cinquant'anni alla nazione capitalisticamente più forte al mondo, fuor di mitologia. L'europa continentale si attesterà sui suoi interessi prevalenti fino ad una ancora una volta divisa - di fatto o di diritto, si vedrà - Ucraina, mentre Putin o la Russia neo-imperiale potrà estendere la sua capacità di partnership verso l'Asia, sostituendosi, almeno nella piattaforma continentale, alle abortite istanze americane verso i Paesi emergenti, rapidamente rientrati nei ranghi, alla faccia di tanti investitori-speculatori. A Donetsk si muore per fiducia e velleitarismo, in un inferno circoscritto come il bunker di un megalomane accerchiato, a cui nessuno ha momentaneamente interesse a dare una mano. Tempo ed esperienza ci consentiranno di valutare, quanto nazi-fascismo nazionalistico sia stato all'opera e quanto sarà chiamato a supportare una nazione lacerata e impoverita.

giovedì 29 maggio 2014

L'arte dell'adeguamento dissimulatorio.

Il Generale Al Sisi ha vinto le elezioni presidenziali in Egitto, candidandosi dopo il colpo di Stato di nove mesi or sono, mentre il legittimo Presidente languisce in carcere ed i suoi adepti, i Fratelli musulmani, sono di nuovo perseguitati e costretti alla clandestinità, da cui emergono con attentati, appena possono. Prima a qualcuno viene in mente di "fondare" la democrazia in Egitto; la democrazia si rivela foriera dell'affermarsi dei tradizionalismi, in quanto il popolo ne è seguace. Le potenze sobillatrici delle primavere arabe ritornano sui loro passi, i trentennali dittatori vengono subito scarcerati - un po' come la Timosenko in Ucraina - e l'usurpatore viene eletto, ma solo dalla metà del popolo. L'astensione dell'altra metà non è rinuncia, ma radicale rifiuto, foriero di violenza sui due versanti. In Italia, l'itinerario tracciato dalla U.E e dal Presidente della Repubblica, ha conosciuto, al terzo tentativo, l'investitura di un nominato, con un tale plebiscito moderato, compromissorio e cautelativo, da lasciare, purtroppo per l'ennesima volta, basiti. Non si tratta di rifiutare un verdetto univoco o quasi di quel 56% che ha votato, quanto di constatare come il combinato disposto degli egoismi, delle paure che ne derivano, insieme alla vocazione alla delega personalistica, incoronino un reuccio, un po' buffo, con ampie ali, ma poche palle. Si aderisce allo slogan più vieto dell'economicismo da penuria, che non esclude gli aiutini di Stato: rottamare, ridurre, superare, cancellare, come se tutto questo non fosse fine a se stesso, bensì servisse ad aprire varchi - che invece si vogliono murare - all'ingresoo di chi si attarda ancora ad aspettare fuori. In questa fase post-democratica, le posizioni convenzionalmente più robuste dettano legge a tutte le altre e garantiscono inaspettate carriere politiche, al patto tacito dell'acquiescenza.

Omertosa incomprensibilità.

Pare che i protagonisti ed i commentatori del processo di Palermo sulla trattava fra lo Stato e la mafia - l'ultima, nota, di tante - ricevano continuamente delle missive minatorie nelle quali li si apostrofa, come usa fare la mafia stessa nell'imminenza degli attentati, come morti che camminano. Ce n'è per il Procuratore aggiunto Scarpinato, per un cronista di Repubblica e per altri funzionari pubblici meno esposti, ma solo mediaticamente. Ne viene fuori lo spaccato di un'Italia borbonica, solidale solo nel coprire il suo immutabile assetto locale di potere, mentre ministri, apparentemente potenti, denunciano l'isolamento prima della rimozione, a favore di figure che, a tutti i livelli, hanno chiesto di essere salvaguardate dalle indagini. Temo che questo processo vedrà ritardi provocati, sospensioni e riprese tardive, fino ad addivenire, più che ad una sentenza penale, ad una sintesi storica induttiva di un fenomeno ( quello degli attentati dinamitardi, dopo l'uccisione di alcuni referenti politici ) con il quale, in quegli anni ed in quelli precedenti, si è parlato fra persone in grado di intenderne i significati.

Esitenzialisti loro malgrado ed esistenzialisti inconsapevoli.

Ho salvato, nella mia cartella-documenti, la foto degli esseri umani avviluppati nella ragnatela di sei metri che sostitusce il muro - uno dei tanti - divisorio fra l'Africa e l'Europa, a Melilla. Questa enclave spagnola in teritorio marocchino, insieme a Ceuta, ospita alcuni acquartieramenti della Legione straniera ispanica, di cui molti non sospettano neppure l'esistenza, ma che ho visto personalmente in tutta l'Andalusia, in un periodo in cui non c'era l'assalto a un pasto caldo e a un bivacco recintato, nel quale sostare per sopravvivere..e basta. Ogni giorno qualcuno tenta di saltare questo sbarramento meccanico che serve a rallentare i movimenti degli scalatori ed a consentirne la cattura. O l'uccisione. Infatti, molti di questi disperati sono stati uccisi nella vicina radura dove sono soliti nascondersi, ma la superficie coperta è talmente esigua che la soldataglia e la franchista Guardia civil, ne hanno frequentemente assottigliato i ranghi. Oltre il Muro di Berlino si fuggiva sperando nella ricongiunzione familiare nella parte opulenta della Germania; qualcuno per illusione libertaria, andando ad incrementare un pantheon martirologico verso un ideale che non poteva essere mai corrispondente alla realtà. Adesso si superano le barriere materiali, per incappare in quelle psicologiche indotte dall'ambiente inospitale, oppure ci si ferma - come già detto - su una morta piattaforma artificiale, dove la vita ne assume le sembianze. Dalla metà degli anni '40 al 1960, Jean Paul Sartre coniò l'esistenzialismo, la morte interiore, condizione dalla quale osservare e descrivere la realtà; una morte attribuita e diffusa, nell'ambito di una società esteticamente al suo culmine, appartata ed ignara rispetto alle vicende belliche e coloniali della Francia. Albert Camus rappresentà l'alienazione, non priva di tentativi costanti di revanche vitale, dell'étranger, dell'estraneo, dello straniero. Loro non correvano lungo le grate di una civiltà reclusiva ma inclusiva, almeno sul piano alimentare, ma si ritiravano dalla quotidiana battaglia per condurne un'altra, culturale, para-politica e civile, che portò Sartre a rifiutare Nobel, Legion d'Onore e la cattedra all'Academie francaise e Camus ad una morte precoce e poco chiara. I poveretti, arrampicati come primati sulla gabbia, sanno, a loro volta, di essere nati per un caso avverso e non possono coltivare speranze, ascesi e fissità, prima di essersi rifocillati. Accorrono, dopo essersi combattuti, abusati, ignorati lungo il loro percorso, a un desco residuale, esultanti, oranti, alla meta minima dell'esistenza. Se per qualcuno, la vita era priva di senso senza libertà, a loro la vita appare in tutta la sua insensata assurdità. Esistenzialisti, loro malgrado. Gli altri, integrati, anche quelli ai più elementari livelli della stratificazione sociale, li cacciano, li uccidono, sentono che fra loro e gli scomposti ostacolisti corre un diaframma sottilissimo e si impegnano con tutta la loro cattiveria per impedire che sia infranto. Esistenzialisti inconsapevoli. Nel mondo agognato, altre tribù di zoticoni competono e confliggono per accaparrarsi le risorse sempre più scarse e lasciarne privi tutti gli altri. A chi sopravviverà riserveranno la rimozione della loro sporcizia. Ma quà siamo già a Eugène Ionesco.

martedì 27 maggio 2014

Postfemminismo.

Cambi, per favore, il suo abbigliamento è troppo vistoso. Ma cosa dice? Io sona fatta così. Allora si censuri, per favore, lei così com'è non è adatta a rappresentare l'immagine dell'azienda. Così, da mane al pomeriggio, le lattaie dovevano mascherare l'opulenza delle loro fonti ed assumere sembianti di vestali immacolate dell'impresa. Business is business, anche in dialetto bolognese. Il clima è cambiato e le vestali devono sacrificare al dio budget. Si agghindi con sobrietà, per favore. La bellezza è la chiave di volta dell'accoglienza; sappia rendersi gradevole. E fin qui, transeat. Ma si sa, l'attitudine a trattare da business men and women dei semplici impiegati, perché sacrifichino all'immagine ogni loro personale realtà, può portare ad eccessi e,purtroppo, può vederli realizzati. Senza un'investitura che conferisca loro un ruolo professionale con gli interlocutori e senza che un simile atteggiamento non solo sia improprio e potenzialmente offensivo, ecco la nuova proattività richiesta: potrebbe presenziare ad un incontro con possibili clienti o con persone in grado di procurarceli, nel tal luogo, alla tal ora, sorridente e fascinosa? Ma che cosa devo dire? Niente, non si disturbi, basta che ci sia, a parlare ci pensiamo noi; lei, casomai, potrà dire due battute da copione. Ora, si sa che gli affari, i più cospicui, si stringono proprio così. Chiunque abbia o abbia avuto un'aziendina di qualsiasi genere, sa che i tedeschi e i giapponesi sono i più licenziosi fra i possibili utenti dei nostri servizi, che i germanici non disdegnano una casa per le vacanze, quando aggregano la famiglia, gli indiani amano smodatamente il cibo e bisogna rimpinzirli con ogni leccornia, ecc. I maggiori alberghi, per i loro ospiti, in occasione di fiere e mercati, hanno un servizio di escort che reclutano o alle quali indirizzano, presso i club privé che sorgono come funghi in dileggio della legge Merlin. Perchè quindi non valersi, in questa fase di acutissima competizione acquisitoria, di queste infrastrutture di supporto? Ma per un risparmio competitivo, cribbio! Costano un fottìo, mentre le nostre migliori maestranze non esprimono tutto il loro potenziale. Per cui, dopo l'itinerario diurno, alla ricerca di opportunità, ripiegate verso confortevoli ambiti e poche storie. Come se non vi fosse possibile, qualche volte, cogliere il frutto delle occasioni che vi abbiamo procurato. Allora, rendetevi utili. Se avrete successo, potrebbero aprirsi per noi nuovi insperati orizzonti di successo.

Alla fine vincono sempre i soliti.

Gli ottanta euro per gli stipendi plebei sono entrati oggi in busta paga. La paura di non prenderli ha fatto novanta o è stata una grata investitura della plebe medesima al bolso signorotto fiorentino? Una miscellanea di tutte e due le cose. Al Grillo attore e, quindi, battutista, si è ritorta contro la battuta e a nulla sono valse le sue astratte e non condivise perorazioni per un'Italia più seria e per una severa censura dei ladri e dei profittatori. E noi di cosa vivremo, devono aver pensato i lazzari? Meglio un uovo oggi che una gallina domani..e via così. A nulla è valso al Grillo parlante ed allo ieratico e un po' spaventevole Casaleggio, aver restituito il finanziamento pubblico ai partiti, nè si è apprezzata la resistenza alle pretese stipendiali di impiegati improvvisamente trovatisi con ventimila euro al mese esentasse. Vedremo quanti resisteranno al fascino del quantacinquemila brussellesi, almeno verso la fine del mandato, dato che in quell'inutile consesso, i mandati quinquennali si portano a termine. Renzi rappresenta indubbiamente l’evoluzione della specie democristiana. Gli ingredienti sono i soliti: chiudere un occhio sull’evasione fiscale, chiuderne due sull’economia in nero, il precariato come panacea contro la disoccupazione, guerra al sindacato che per un partito, un tempo di sinistra, non è male. Più gli ottanta euro in busta paga, di cui si è detto, puro voto di scambio, una trovata non propriamente innovativa. Ditemi voi, Grillo cosa poteva offrire? Perché di questo si tratta. Alla fine non c’è stata partita. Un po’ come l’Atletico contro il Real Madrid.

lunedì 26 maggio 2014

Celebrazioni o riempitivi?

A volte, leggendo le cronache enfatiche sulle ridicole vicende politiche nazionali, si ricava l'impressione che, al pari delle cronache sportive o delle autocelebrazioni aziendali, l'Italia si consideri l'ombelico del mondo, mentre invece è un Paese quasi insignificante negli scacchieri mondiali e regionali, dato che il "quasi" si riferisce al suo stare attaccata come una cozza al convoglio che corre meglio al momento e che, regolarmente, non si cura di lei. Le elezioni italiane, questa volta, sembrano aver mancato l'obiettivo, perché il resto del continente si è frantumato e la Germania non vorrà sostituire con noi, la Francia xenofoba e anti-euro. Si è completamente ignorata la traumatica elezione del re del cioccolato, concessionario della Ferrero per l'Ucraina, un Petro oligarca che si declina in ucraino e non in russo. Costui, arancione e filo U.E. è accreditato di buona preparazione, nettamente superiore a quella di tutti i suoi compagni di corsa od avversari, rozzi e corrotti. Ha anche fama di uomo "realisticamente" onesto, comunque non esclusivamente alla ricerca di un'investitura pubblica per arricchirsi ed appropriarsi dei beni comuni. Ieri, mentre l'esercito ucraino cercava di reprimere le iniziative isolazioniste dei filorussi, un reporter italiano è stato ucciso da una granata. Oggi nessuno lo ha commemorato ed ha ricordato la sua giovane famiglia già orfana assurdamente di uno dei tanti testimoni della cronaca destinata a diventare storia. Tutti i notiziari hanno dibattuto fino allo sfinimento della nuova oceanica maggioranza bipenne, mettendo la sordina a tutto il resto, compreso il forte radicalizzarsi delle posizioni nello sgangherato perimetro dell'euro.

Vittorie di Pirro.

Renzi, non il Pd, ha vinto e non è una buona notizia. Il nulla evidentemente rassicura e poi Renzi ammicca alla continuità con il passato mentre cavalca il cupio dissolvi, che è sempre più facile da ottenere, consola per un attimo i rancorosi, riesuma la Dc valendosi della fedeltà acritica degli ex PCI. L'Italia sceglie di stare nel gruppo, coperta e allineata, ma il gruppo è eterogeneo e una leadership così conformista non può che preludere ai soliti contorcimenti e ai salti del fosso che ci hanno reso buffi e inaffidabili fra tutte le nazioni importanti. Comunque, Renzi ha vinto e può aprire un altro ventennio all'insegna del già mediocremente noto. Resta il fatto che questo grullino è l'ultima espresione trinitaria - Monti, Letta, Renzi del creatore Napolitano, tutti e tre fiduciari dell'Europa predominante. Altrove, il risultato è stato meno univoco: in Austria hanno vinto i neonazisti; l'eridità di Haider era ben fondata, nella patria di Hitler. In Ungheria, già componente della parte in copia dell'Impero asburgico è al potere un fascista nazionalista che si barcamena col cambio fisso fiorino-euro e con le correnti, ora evidenti anche nel resto della strana Unione. In Germania, ovviamente, la CDU si mantiene saldamente al comando e ne ha ben donde. L'Impero guglielmino parte II non è ancora così solido da poter cambiare il Kaiser. Però è stato eletto un antieuropeista e anche un dichiarato nazista. Inglesi ed Olandesi si sono confermati euroscettici, i secondi frazionati in nove formazioni, i primi nelle solite tre, mentre si attende entro l'anno il referendum che ne sancirà ufficialmente l'uscita. In Grecia Syriza ha stravinto. la fame e le malattie non curate hanno coagulato sull'estrema la disperazione delle masse greche, tradite e messe all'asta. Ma anche Alba dorata vigila con il suo 10%.In Francia, uno dei tre Paesi fondatori dell'idea europea, ha vinto per la prima volta la vandea profonda, quella poco popolata che però si è espressa plebiscitariamente, mentre la Francia urbana si è spocchiosamente disinteressata dell'evento. Non so onestamente quali siano i rapporti di forza in Spagna e Portogalle, ma la presenza di Rajoi al derby di Champions a Lisbona mi fa propendere per una sussistenza all'italiana. Renzi vincitore non ha speso un'intenzione sull'europa alla vigilia di assumerne la presidenza, ha solo approfittato del successo personale per rilanciare il suo distruttivo programma: rottamiamo tutto. Forse gli italiani sperano di poter ancora andare in prepensionamento e si illudono, meschinamente, che questo giuggiolone sappia tosare i poteri forti. Per fortuna è un furbastro e non un ducetto, altrimenti la propensione atavica alla delega in bianco, avrebbe potuto fare danni più dolenti, ma non è detto maggiori.

domenica 25 maggio 2014

Le guarnizioni che non tengono.

Manderemo 73 parlamentari al Parlamento europeo con un'espressione di voto del 50%. Molti di costoro non parlano una lingua estera che una e, d'altra parte, non avranno compiti specifici da svolgere. Sul piano interno, la risicata partecipazione servirà ai soccombenti per affermare che il campione non è significativo, come se un'affluenza così striminzita non fosse già un campione rivelatore. Di che cosa? Della post-democrazia in atto nel nostro Paese e della sua ininfluenza sullo scenario nel quale è voluto entrare nelle condizioni, soprattutto morali, che conosciamo. Peggio ancora: l'aspirazione a fare i furbi è tutt'altro che sopita e il ruolo che ci residua nell'Europa ventura, fuori della retorica nominalistica, è di un'area disomogenea, nella quale solo poche regioni saranno in grado di avere un ruolo e, forse, solo una. Il sistema delle piccole e medie industrie venete, emiliane e marchigiane, si reggeva sui debiti ed oggi che le commesse si sono trasferite in Cina, agonizza fra insolvenze e capannoni utilizzati al 20% del potenziale. Gli Italiani sono andati al mare, non hanno inteso protestare, se non in rapporto ad un sistema clientelare fattosi labile, offesi solo dalla cupidigia esclusiva che i politici di professione hanno preso ad ostentare, valendosi delle loro prerogative a fini esclusivamente privati e non più miseramente redistributivi, quando la loro corruzione non perplimeva nessuno. Oggi si vota anche in Ucraina. Un nostro connazionale è stato colpito dai mortai dei lealisti mentre si trovava in zona russofona. Un altro sacrificio documentario. Continuando - e non ancora per molto - di questo passo, ridiventeremo una nazione prevalentemente agricola, con produzioni DOC o IGP casomai - sempre che l'Europa non ci freghi il Tocai per attribuirlo all'Ungheria - come l'Ucraina, appunto. Si può star certi che, in queste condizioni, il separatismo, anche senza la Lega, si accentuerebbe e assumerebbe, come al solito, aspetti pulcinelleschi e arlecchineschi. La corsa senza freni verso l'Eldorado europeo, a guerra definitivamente archiviata, ci sta portando a recitare la parte dei parenti poveri e, quel che è più drammatico, sono certo che a molti starà bene anche questo. Se i grandi conglomerati finanziari, squassati dalla corruzione e dal clientelismo, resteranno inutili e ripiegaranno nell'economia oligarchica e familistica, torneremo all'Italia liberale e agraria di fine 1800-inizi 1900, nella quale una ristrettissima coorte di nobiluomini portava le candele al Senato, perché si tenesse la seduta, in seguito alla sospensione dell'erogazione del gas, mentre la maggior parte viveva di rendita sulle spalle riproducentisi di uomini e di donne analfabeti e mantenuti in una condizione di similbruti. In fondo, l'Inghilterra, non è, ancor oggi, molto dissimile, per chi sappia cogliere le metamorfosi superficiali dei fenomeni. Anche se si può sperare in una maggior varietà culturale dei popoli periferici, in questo mal concepito contesto, la realtà sarà dura e pesantemente lunga.

sabato 24 maggio 2014

Sussurri e grida.

Alla vigilia dell'ultima tornata di elezioni nei Paesi della Unione europea, un attentatore ha ucciso tre o quattro persone all'interno del Museo ebraico di Bruxelles, capitale del Belgio bi-linguistico ( come l'Ucraina )e Capitale in pectore ( ma potrebbe diventare Berlino, dato che le istituzioni finanziarie risiedono a Francoforte )dell'Europa futura. Il significato simbolico è trasparente: la causa del disagio sociale, susseguente alla crisi dell'euro, sono gli Ebrei, non tanto quelli belgi, ma quelli americani, di New York, con i quali, lobbysticamente tutti gli Ebrei sono collegati e che, quindi sono "colpevoli" di ogni crisi economica che si manifesti in occidente, crisi di cui sono artefici occulti. Il colpo sanguinoso e ormai ricorrente,( qualche anno fa fu la volta di un Liceo ebraico nella vicina Francia ) viene da un piccolo Paese cattolico, prossimo, nella parte vallona, all'Olanda e alla Germania, come tanta parte dell'europa centrale e queste manifestazioni sembrano attestare che, sotto la cenere, tanti tristi sentimenti si sono conservati e tramandati e sono capaci di colpire in momenti simbolici, tradendo un'organizzazione interna subdola. La crisi dell'euro è la conseguenza della crisi dei sub-prime del 2008, che venne alla luce alla Borsa di New York e di cui il maggior profittatore fu Madoff, un ebreo, ma soprattutto uno speculatore globale, gigantesco. Nella tradizione ebraica, la privatezza dei comportamenti è norma e la lobby, che pure esiste, a fianco di tante altre, non ne è al corrente, e che gli Ebrei newyorkesi, la comunità più forte, ricca ed influente dell'ebraismo mondiale, che crogiola, come tutti i maggiori capitalisti, nella finanza internazionale, influenza il suo andamento secondo occasioni, opportunità e interesse delle singole entità in cui si articola la loro e l'altrui presenza sul proscenio, senza nessuna solidarietà nazionalistica che possa contraddire l'interesse particolare..di questa o quella banca. Qui, probabilmente, viene il puntum dolens della impressionistica, storica questione. Indubbiamente, i grandi banchieri ebraici possono interagire e influenzare l'andamento dei corsi borsistici, ma dubito che possano determinarli, al pari di tutti gli altri soggetti non giudaici. Eppure, come già fanno i regimi arabi, nei confronti dello Stato d'Israele, viene fomentata nella sensibilità superficiale, la facile giustificazione, per la quale le logge e braiche si sono rimesse in azione. Si sostiene, anzi, che lo sono sempre, anche quando la situazione sembra normale e quando, cioè, traggono i loro profitti, senza colpo ferire. In realtà, i fasti e le crisi, se sono indotte, sono indotte da tutti i soggetti interessati, in un gioco endogeno. Per quello che ci riguarda, poi, dissesti e inadeguatezze a reggere il mercato sono frutto di corruzione, malversazione, condotte private nell'erogazione del credito, del clientelismo e di un lobbysmo ambientale ben più stretto e provincialmente generalizzato, di quanto si attribuisca - ciascuno, dal suo cuor, l'altrui misura - ai fantomatici Ebrei, che hanno l'unico difetto di rimanere appartati, culturalmente e moralmente e non far parte, in questo senso, del gioco. Quando lo hanno fatto, in situazione subordinata, cioè durante i nazionalismi ( altro paradosso storico ) più radicali, sono stati ricercati e riveriti, hanno suscitato, per questo, l'invidia dei cittadini "gentili". Quando le democrazie si sono, invece, diffuse, questo sentimento ostile si è riversato contro di loro che, oggi, sono un'altro sintomo, fra i più gravi, della crisi dell'Europa.

venerdì 23 maggio 2014

Sensazioni.

Leggevo sull'Espresso la perorazione di una mamma, a difesa di suo figlio, incarcerato a regime duro ( per intenderci, quello a suo tempo riservato alle Brigate rosse ed oggi rispolverato per un "internazionale" reato di terrorismo potenziale ). Insomma, una Guantanamo de no'antri. Codesta, rievocava la tardiva comunicazione dell'arresto del figlio, adulto e fuori dalla casa dei genitori, lo stato pietoso della detenzione riferita ad un giovane borghese, non abituato a certe asprezze e soprattutto stupito di una reazione così violenta della Magistratura torinese, cioè dello Stato, in rapporto ad una non provata manomissione di un rullo escavatore meccanico in Val di Susa. La Corte di Cassazione ha rigettato la motivazione dell'arresto, chiedendo ai giudici torinesi di riformulare l'accusa, perchè, così com'è, non corrisponde a nessuna specie di reato. La scarcerazione avrebbe dovuto essere immediata, invece persiste ed alle stesse condizioni. Non entro nel merito, perché non so nulla, se non per letture giornalistiche, della vicenda dell'alta velocità. Sono anni, comunque, che la vicenda non trova soluzione, né accettazione e, per questo si è deciso, di reprimerla, com metodi polizieschi, con presidi in loco dei Carabinieri e, infine, per ora, con dure sentenze indiziarie o, peggio ancora, rivolte verso ambienti che hanno diritto di esprimere, anche nelle forme più radicali e gridate, il loro dissenso sul progetto e di organizzarsi per impedirne la realizzazione. Se nella tratta Torino-Lione, l'energia, almeno nella parte italiana, non è costituita da tangenti e interessi incrociati, mi mangio il solito bricco e, in fondo, fuor di formalità, la sbirraglia è lì per tutelarne le trame. L'autorità togata investe il suo prestigio, i suoi stipendi, le sue ferie in forme affiancatrici delle volontà politiche, economiche, così decise da essere probabilmente estranee alle pur fitte trame domestiche e, quindi, riferentisi a sollecitazioni "comunitarie". Non so - dicevo - se l'opera sia utile o distruttiva dell'eco-sistema, se il costume e l'economia, per forza di cose, tradizionale, della valle sia in pericolo e con essa la coesione sociale e familiare, né sono in grado di valutare quanto, di tutto questo, gliene importi alle comitive contestatrici che vi si recano, dopo i primi moti autoctoni, in pellegrinaggio o in gita oppositiva, nei fine settimana, ma la semplice ritualità, direi quasi quotidiana del fenomeno, che si è sedimentato nel tempo e che pare aver creato delle solidarietà trasversali fra le famiglie degli inquisiti e chi capeggia i movimenti, la propaganda muraria che ormai invade le città e accompagna ogni tipo di manifestazione spontanea o di base - comprese quelle delle U(nità) S(indacali) di B(ase), l'unica forma di sindacato rimasta, nella morta palude del confederalismo degli interessi politici, mi inducono ad altre riflessioni. Sto scorrendo, in questi giorni, il diario partigiano della giovane moglie di Piero Gobetti, che dopo la sua precoce morte per le bastonature dei fascisti, avrà altri due mariti, conosciuti nelle file della Resistenza torinese, una Resistenza fatta di spontaneità, affinità culturali, vita quotidiana, incontri rubati alle incombenze più comuni. Vi si parla di ragionamenti, fra persone colte, passioni, intenzioni, sparizioni e attentati attribuiti con l'immaginazione, non avendone possibile riscontro, sullo sfondo dell'invasione tedesca del nord Italia e la rabbiosa repressione in articulo mortis dei repubblichini. Non so perché, ma ho associato le due realtà, avvertendone la continuità e, mi è sembrato, ininterrotta coerenza. Oggi, ad interferire, con le dinamiche ostative ci sono i rappresentanti dello Stato e questo, fino ad un certo segno, è normale; ma sta, anzi è diventata normale, anche una lunga resistenza di una base che non si conosceva e che ha trovato coesione e solidarietà nelle vicende legate alla repressione, della quale non accettano i contenuti e che sono ancora disposti a contrastare. Che cosa ne verrà, non lo so. Sono certo, però, che sia l'unica forma di opposizione, ibrida fin che volete, in una realtà che ha perso il senso dell'alterità.

Opportunità.

Presso le Segreterie dei Comuni, di ogni Comune, indipendentemente dalla residenza dei firmatari, si può richiedere, sottoscrivendo la richiesta di referendum, l'abrogazione della legge Fornero. Io l'ho fatto, nell'intento di sottoporre a giudizio popolare una norma improvvisata, anche se giustifcata dal saccheggio dell'I.N.P.S., ma, soprattutto, dalla volontà di conformarsi alla volontà dei potentati europei. da parte di un professore ieratico e vanesio allo stesso tempo. Se mai si raggiungesse il quorum, sono purtroppo certo che i votanti sarebbero solo quelli interessati, attualmente o in prospettiva prossima, comunque non remota, dato il ripiegamento sull'ultra-privato che ha ormai coartato tutte le coscienze, dopo l'abolizione, per decreto "culturale", delle ideologie. Vale comunque la pena di tentare una resistenza contro tutte le soperchierie di un sistema ultranazionale che si vale della atonicità di masse instupidite da una cultura del consumo e dello svago, ormai compensativo della sfiga che li domina e da una sottocultura dei titoli accademici e non puramente strumentali e privi, alla base, di una formazione. Però, fin che c'è, La legge Fornero va rispettata e applicata, senza farsi suggestionare dalle profferte della aziende e dei sindacati asserviti e opportunisti. I contenuti dei provvedimenti legislativi si riformano ( ma in Italia si contro-riformano ) attraverso pari strumenti giuridici. Il resto appartiene al mondo delle suggestioni e degli inganni.

giovedì 22 maggio 2014

Anche la speme, ultima dea, fugge i sepolcri..imbiancati.

Penso che domenica prossima l'affluenza alle urne sarà ridotta. Spero di sbagliarmi, ma ormai il disimpegno è diventato il non-contenuto nel quale non si sono formate le coscienze civili dei giovani e si sono appiattite le mancate valutazioni degli adulti, se non riuscivano ad individuarvi un possibile contenuto utilitaristico. La corruzione generalizzata, non solo a livello politico, l'incultura profonda ad onta dei titoli fin troppo dispersivamente attribuiti, il senso particolare e familistico degli Italiani li relega fra gli ignavi d'Europa. Le elezioni dovrebbero tenersi non nei fine settimana estivi o quasi, ma nei giorni feriali, in autunno o in inverno, se necessario. Ma non è in contraddizone con quanto precede? Non necessariamente, perché la partecipazione, espressa anche, ma non solo, con il voto, sarà appannaggio di minoranze informate. Lo sfumare dell'interesse clientelare, allontanerà le masse dalla militanza, come avviene nelle desolate plaghe meridionali, da sempre agli ultimi posti nell'affuenza ai seggi. Durante la prima Repubblica, soprattutto ai suoi esordi, i cittadini, chiamati al suffragio universale, per la prima volta, nel 1948, si schieravano per la difesa della fede ( e spesso anche della casa ), insidiate dai comunisti, che invece, per parte loro, dovevano tener conto dei sentimenti devoti di tanti proletari che, più che nel sol dell'avvenir, coltivavano il sogno di una seconda vita, autentica e definitiva, non più condizionata dalla penuria - per loro - dei beni materiali. Solo quarant'anni fa, gli Italiani del centro-nord, come durante la guerra partigiana e la liberazione, troncarono il legame di bottega fra la Democrazia cristiana e il Vaticano, confermando la legge Baslini-Fortuna sul divorzio e, poco dopo, sull'aborto. Poi qualcosa - che non è stata solo la corruzione pubblica, già nota e ignorata, tanto speculare a quella privata in cui si traduceva, del resto, a diluire definitivamente la passione civile, il confronto di fazione, l'autotutela sindacale - degna ancora di questo nome - sui posti di lavoro. La Legge 300 del 1975, anziché segnare lo spartiacque fra il vecchio capitalismo padronale e una moderna società delle soggettività al lavoro, ha individuato una linea di "non plus ultra" dalla quale siamo regrediti sistematicamente fino al revanscismo reazionario attuale. Si, è proprio vero: è scemato l'impegno, la passione e la voglia quotidiana e semplice di lottare per sentirsi bene. Una comunità sempliciotta e sciocca, da lasciar andare alla deriva, fino a che non sarà costretta a svegliarsi e a reagire. Le circostanze, nonostante l'anestesia praticabile, si incaricheranno, come è sempre storicamente avvenuto, di risvegliare gli zombie del proprio particolare.

mercoledì 21 maggio 2014

Riservisti.

Un altro colpo di Stato militare in Libia, a contenimento degli islamici che, in Cirenaica, stanno contestando il regime instabile sorto dopo l'omicidio eterodiretto di un dittatore ondivago, che andava sostituito. E' stata la cifra dei pacifici sei anni di mandato di Obama e ha visto, maldestramente e timidamente, la compresenza delle ex potenze coloniali europee. L'Italia ha provato a trattare con il dittatore sul limitare della sua esperienza, ma si sa e, forse, non è un male, l'Italia non ha possibilità di politica estera autonoma e tracheggia, disprezzata, in tutte le situazioni, contraddicendosi a pochi giorni da una presa di posizione, rispetto ad un'altra contraria. Le democrazie indotte sono miseramente fallite nei Paesi della primavera araba, contraddette dal fatto incontrovertibile che le popolazioni stanno plebiscitariamente con le forze religiose regressive, oscurantiste, ma soprattutto imprevedibili, che necessitano, quindi, per contrappeso, di un'altra dittatura secolare, armata e irredimibilmente corrotta per assenza di dibattito civile. Ed ecco proporsi, quasi casualmente, un militare che, dopo aver tentato un'insurrezione dal Ciad contro Gheddafi, venticinque anni or sono ed essersi rifugiato per un quarto di secolo in Virginia, ormai anziano rispolvera la divisa e si impone al vertice di una macchina repressiva che contrasterà gli insorti devoti della Cirenaica, la ex regione "italiana" da cui sono partiti i moti antigheddaffiani. Come in Egitto, dopo regolari elezioni; come in Italia, dopo regolari elezioni, come in iraq, dopo la "liberazione" statunitense da Saddam. Quanto ad Al Qaeda, senza Osama Bin Laden, continua a far sentire i suoi effetti nelle regioni disastrate dalle guerre e dai colpi di Stato molto più di prima. Evidentemente, tutto questo è secondario per chi le ha orchestrate.

Mettiamoci una zeppa.

In questo misero ed appaltato paese bisognerebbe non essere raggiunti dalla campagna elettorale per trovare una ragione per andare a votare. E' comunque evidente che il successo di Beppe Grillo è paventato dal PD e da Forza Italia-NCD, che insieme formano il Governo, come una zeppa demolitrice dell'opportunistica alleanza - si noti bene - vigente anche in Grecia, ridotta all'indigenza ed in Germania, comodamnte ricca e leader. Il gioco a chi la spara più grossa purtroppo influenza una larga parte del corpo elettorale, altrimenti i tre candidati principali non la userebbero in maniera tanto grottesca. La povertà della nostra politica commissariata è nei fatti, oltre che nelle parole. Il M5S è l'unica realtà politica, l'unica terza forza reale, in grado di sparigliare l'accoppiamento ferarum ritu fra i due principali schieramenti alternativi ( a destra si sono dati opportunistiche e spartitorie denominazioni, ma sono pronti a riappattumarsi ), che sono tanto poco alternativi da non poter rinunciare al prefisso Centro. La lista Tsipras è un vintage, per di più levantino, che offre come icona il leader di una Grecia alla fame, perfettamente inscritta nella tradizione più popolana della fu sinistra di classe. Un reducismo da sfigati, di età avanzata, tranne il suo rappresentante, che è la falsa immagine di nostalgie anacronistiche, proprio perché sorto, come per incantamento, da una vandalizzazione del suo Paese. Il fatto è che, a parte l'impotenza e l'inutilità del Parlamento europeo, la politica comunitaria, imposta ai Paesi più scassati, non è riformabile, senza il superamento dell'Europa così come è attualmente configurata nei trattati, in Italia neppur noti e indiscutibili. Un referendum si impone - una riforma in tal senso della Costituzione sarebbe auspicabile - e anche un'uscita pilotata dall'euro, piuttosto che continuare ad assistere con le mani in mano ad una crescente ed irrecuperabile macelleria sociale. Per questo, fosse anche destinato a durare un giorno, il M5S sarebbe contingentemente necessario a dare peso politico ai cittadini, non più rappresentati dopo il colpo di mano che ha messo in quarantena la democrazia.

sabato 17 maggio 2014

Le rigidità degli inetti in una realtà pericolosa.

Il complotto contro il legittimo Governo italiano, nel 2011, ci fu. Il colpo di Stato, una volta tanto, non fu ordito dai nord americani ( se volevano qualcosa di ancora più invasivo, per la vivida amicizia fra Berlusconi e Putin, ce lo dirà l'analisi storica..forse ,)ma dalla Germania.. post comunista e dalla Francia, con un Presidente in via di ripiegamento a vita privata. Il rialzo dei tassi di due punti, avrebbe provocato uno sprofondamento recessivo ed evidenziato le differenze storiche fra i principali redditi nazionali ( diverso il caso dei redditi regionali, nei quali la Lombardia primeggia, insieme ad altri land, sparpagliati, quà e là ). Vecchi arnesi della politica nazionale, comunista e democristiana, la compagna Merkel, che forse Napolitano non conosceva, ma di cui certamente conosceva i superiori, nel palinsesto della D.D.R., il vanesio e arruffone Sarkozy. Il direttorio europeo, che espellerà Papandreu III, in Grecia, per poterla commissariare, attraverso un Governo di larghe intese fra le due mafie, settentrionale e meridionale di quel Paese, decise che Berlusconi non poteva più rappresentarci, nonostante che fosse stato democraticamente (ri)eletto. Da allora, Monti, Letta e Renzi hanno occupato quella poltrona con un'ignavia conformistica alla perdita della sovranità nazionale, mentre il vetero-comunista-migliorista Giorgio Napolitano reggeva e regge il moccolo. Il Primo Ministro turco Erdogan, dopo aver lavorato ai fianco per più di dieci anni il modernizzato Stato di Kemal Atatutrk, si propone per la Presidenza della Repubblica, che, nelle sue mani, rischia di diventare una dissimulata repubblica islamica. Sarà pure stata una rivelazione giudiziaria a orologeria, ma la dimostrazione che l'industria turca sorta e rafforzatasi durante i suoi mandati, è tutta in mano agli esponenti del partito islamico che circondano e proteggono Erdogan, lo ha posto in una situazione di nervosismo. Di difficoltà no, perchè, credo, che il suo risultato (plebis)citario lo otterrà a prescindere e che le violente contestazioni che si sono rianimate in occasione della sepoltura ante mortem di tanti poveri minatori senza fama, siano moti di una minoritaria società laica, sovrastata da quella nazional-popolare sulla quale fonda il suo potere il despota potenziale. Costretto a rifugiarsi in un supermercato, durante la compagna elettorale, l'aspirante Presidente ha colpito con un pugno uno dei giovani che erano riusciti a seguirlo all'interno e ha profferito contro di lui un'espressione inquietante: "dove vai, specie di sperma d'Israele?". Euppure, tatticamente, la Turchia ed Israele, fino a pochi mesi fa, avevano stretto un patto di collaborazione militare. Il mondo vicino al nostro torna a farsi pericoloso, dopo che improvvidamente e improvvisamente si sono fatti saltare i tappi che soffocavano da cinquant'anni le contese storiche, anche quelle indigene. La globalizzazione ha tirato in ballo civiltà senza libertà che vivevano autosegregate e le ha rilanciate sul proscenio esplosivo, ad interagire in termini competitivamente regressivi. Nella nostra Europa neo-guglielmina, l'euro e la perdita della sovranità monetaria a favore della BCE, sono stati il punto di arrivo e non di partenza, di un apparato di accordi e decisioni che avevano un obiettivo dichiarato: accantonare e rendere poi impossibili le politiche economiche keynesiane, le uniche che si conoscano, capaci di mettere in circolo le vitamine della sostenibilità sociale. Si è voluto, dapprima surrettiziamente ed ora esplicitamente, imporre gli interessi della globalizzazione finanziaria e dei mercati, come vincoli insuperabili per gli Stati, ovviamente subordinandoli all'organizzazione ed al controllo, alla sanzione, dell'economia dominante nell'area. L'Europa non si è aperta ai mercati, ha prodotto solo una competitività indecente, al proprio interno: si è riprovincializzata. La moneta unica forte ha messo alla pari, forzosamente, economie che non lo erano affatto, disarticolandone la coesione, superando in un campo di competizione estrema, l'ipotizzata area di crescita comune. Le premesse non sono recenti ed anche allora trovarono nelle larghe intese o compromesso storico, che dir si voglia, la loro base costitutiva di un consenso estorto, di una conoscenza celata. Quando l'Italia aderì ( a cosa non aderisce l'Italia? )allo SME-Serpente ( definizione biblica )Monetario Europeo, gettò le basi per l'adesione alla moneta unica. Allora, la politica nazionale era ancora possibile. Il PCI si trovava in una para-coalizione con la DC e, fino ad allora, con la disciplina poco democratica che lo contraddistingueva, era stato fedele ai patti più dei democristiani, ma, nel 1979, Enrico Berlinguer rovesciò il tavolo, ruppe l'alleanza. Il PCI, già in crisi, decise di opporsi a quel trattato, analizzandone realisticamente le conseguenze per le classi che allora rappresentava. In Banca d'Italia furono rimossi giudiziariamente, il Governatore Baffi e il Direttore generale Sarcinelli, che avevano voluto rivalutare la lira ripetto al dollaro, per alleggerire la bolletta energetica e svalutarla verso il marco, per sostenere la produzione industriale. Baffi fu esplicito: con queste scelte non si sarebbero svalutati i salari. Fu anche l'unico Governatore a non demonizzare la scala mobile e il sistema di protezione sociale. Le motivazioni utilizzate contro la rigidità della moneta e contro il monetarismo, valgono ancora oggi. Varranno anche domani.

venerdì 16 maggio 2014

Promesse senza premesse.

Il dibattito pubblico in Italia e sull'Italia non è mai stato così vacuo e sconclusionato come oggi, dato che le deleghe inespresse sono state conferite ad una burocrazia aliena che, quando rallenta la sua frequenza d'intervento, lascia i vaniloqui a se stessi, alla loro perdita di senso. Intanto, il ripiegamento della società verso il particolare personale sta assumendo aspetti spiraliformi. Del grande dibattito civile, interrottosi, senza che ne fosse avvertita, per inerzia la mancanza, dai primi anni '80, si sono trascinate le ombre, dato che, per l'improvvisa mancanza di interlocutori, qualsiasi forma di confronto è stata cassata. Si è consumata la decimazione di una classe politica provinciale, involuta e corrotta, si è dato libero sfogo alle velleità imprenditoriali di qualsiasi capo-officina, si sono finanziate tutte le imprese più strampalate, per trarre da ognuna di esse cospicue mazzette personali ed ambientali. Il moralismo inane si alimentava di questa realtà, a tutti nota fin nei dettagli e da tutti trascurata, fino a che, con il venir meno degli equilibri polemici su cui su reggeva, una magistratura di rito ambrosiano, decise di scavare sotto la superficie di una banale mazzetta che il percettore non era riuscito a distruggere nel cesso. Lo ha fatto, lo ha dovuto fare, con un metodo intimidatorio e ricattatorio, che si è servito a tappeto della carcerazione preventiva per stimolare le confessioni risentite degli incarcerati che il sistema per il quale avevano lavorato, non era più in grado di trar fuori dai guai. Il revanscismo giudiziario non si è arenato, nonostante le secche verso le quali il ventennio berlusconiano ha cercato di condurlo e che, per ora, la sinistra finanziaria non è riuscita a condurre a più miti consigli, neanche con la minaccia di decurtazione delle lautissime prebende di cui i giudici beneficiano. La corruzione non è una eccezione patologica ad una vita civile ed economica seria, è invece il modus vivendi dell'economia, della politica e della publica amministrazione, a cui si accompagna un'evasione fiscale che, se recuperata, consentirebbe di creare un nuovo stato sociale per una nazione di nuova istituzione. Enrico Berlinguer, di cui decorrono, in questi giorni, i trent'anni dalla morte, predicava per l'Italia la questione morale e aveva ragione nel ravvisarvi la fonte principale della debolezza nazionale, della prepotenza delle classi clientelari. Non condividevo la sua concezione anacoretica dell'austerità come cifra di vita immutabile delle persone. Onestà, serietà e gusto del vivere non sono in contraddizione; attengono alla qualità delle persone e Berlinguer sapeva di dover portare in alto una massa amplissima di uomini e donne che al suo partito si riferivano, quasi esclusivamente per rivalsa economica. Ma, nonostante questo, l'imponenza dei suoi funerali ed il rispetto degli avversari sono stati un riconoscimento, purtroppo solo personale, della via maestra per non essere quello che purtroppo siamo stati e siamo in un mutato contesto, per noi del tutto regressivo.

mercoledì 14 maggio 2014

Italia mia, benché il parlar sia indarno...

Ci sono altri duecento cadaveri, probabilmente, fra la Tunisia e Lampedusa. Anche questa, senza avere la possibilità di verificarla, sembra una cifra ricorrente dei naufragi di bagnarole sovraccariche che non possono far altro che naufragare. Tanto il viaggio è già stato pagato e le famiglie hanno certamente qualche altro figlio senza futuro da buttare allo sbaraglio per pagare i debiti contratti e contraendi. Se non darà ossigeno alla sua famiglia sarà una bocca inutile di meno, in presenza di tanti discendenti in linea diretta o collaterale per le esigenze della precoce vecchiaia africana. Questa è la condizione di chi pulisce le corsie degli ospedali, a cui non bastano le poche centinaia di euro percepite, a soddisfare una pletora di postulanti nullafacenti, secondo un comunismo clanico e sentimentale, primitivo e magico: chi si estrania sarà maledetto da qualche rito punitivo. Lo stesso per chi, invece, fa marchette in qualche strada buia dei suburbi, a cui non basterebbe una vita di monte sostenute per ripagare gli interessi sul debito ed assicurarsi il cibo e l'alloggio, al netto delle fameliche fauci dei parenti: la famiglia. La U.E. non ci aiuta, ha frignato l'improvvisto ministro degli interni. Da Bruxelles, la burocrazia comunitaria ha risposto: non abbiamo mai saputo in che cosa consista la richiesta d'aiuto dell'Italia. Può darsi che sia "irricevibile" e che ci prendano per i fondelli, ma può darsi pure che gli inetti governanti d'occasione che abbiamo, non siano in grado di formulare delle proposte mirate e specifiche. Il Governo Berlusconi, nel 2011, è stato fatto cadere da una congiura di palazzo, ordita e ordinata dall'estero. E' stato cioè un golpe. Lui, però, farebbe meglio a non vantarsene e spiegarci perchè, per ben due volte, abbia preso rapidamente il portone ed abbia fatto della congiura un elemento di lamentela postuma. Fece così quando Scalfaro cercò di far abortire un'esperienza politica che si annunciva forte e duratura ( come quella ancora in gestazione di Beppe Grillo ). Ebbe allora il tempo di recuperare, contrastato solo da Romano Prodi, disarcionato però dalla sua coalizione passata e recentissima. Lo ha fatto per senso di responsabilità? Davvero vogliamo farci gabellare una versione così zuccherosa, riferita ad un uomo politico e ad un uomo d'affari contemporanemaente. Della trama, fa parte anche lui. Non per questo, cambio opinione: Berlusconi governava in conseguenza di un mandato elettorale riattribuito nel tempo. L'opinione corrente, che non fosse più spendibile per la nazione non può convincere se non chi abbia una concezione autoritaria e riferentisi ad interessi strettamente utilitaristici, gli stessi che li spingevano a votare per lui. Certamente la condanna definitiva sarebbe stata causa di decadenza, ma quella preventiva, proveniente non si sa da dove, non ha senso e la complicità istituzionale, i tre presidenti dell'esecutivo nominati, sono uno scandalo all'italiana. Un passato Segretario di Stato americano lo ha esplicitato inutilmente, ma questa volta, a blaterare giustificazioni non richieste non sono state solo le povere legioni degli sherpa nazionali, ma anche le burocrazie e le cancellerie europee: "ma come, senti ch parla! Erano gli Stati Uniti che ci chiedevano ( perché a loro ? ) di comissariare l'Italia, come la Grecia". A questo punto verrebbe da chiedersi - se ne valesse la pena - chi commissaria chi, se cioè la smaccata leadership golpista ( quanti precedenti diversamente cruenti, durante la guerra fredda e in america latina ) nord americana sugli interesi geo-politici dell'europa vecchia e capitalista per la sconfitta nella seconda guerra mondiale e quella nuova, povera, da strappare all'influenza russa, possa giustificare la prepotenza, apparentemente solo difensiva, di Putin? Un altro deputato, questa volta del PD, è passibile di arresto se l'aula darà la sua autorizzazione. ma pare che prima voglia approvare il job act e, distratta da siffatta e sittanta opera di demolizione, può ben concedere al truffatore di andare a rinforzare la compagine dei connazionali in Libano, mentre ancora vaghi sono i contorni delle ruberie intorno all'Expo milanese, per il quale si paventava l'interessamento della mafia, trascurando appunto di farne parte. In questa condizione, abbiamo un Capo del Governo come Matteo Renzi. Ma fortunatamente è solo un omino di paglia: c'è qualcuno, lassù, che pensa a noi.

martedì 13 maggio 2014

Impressionismi.

Fra ieri e oggi mi è capitato di incontrare due ragazze, mentre ero al lavoro. La prima recava sulla carta d'identità la qualifica di astronoma, ma faceva la cameriera. La fotografia rendeva l'immagine di una ragazza buona e solare, poco più che infantile; l'aspetto che offriva era invece gonfio, tumefatto, con macchie sparse sul viso e sulle mani. La bocca leggermente storta e ravvivata malamente dal rossetto. Lo dico con assoluto rispetto, che deve cominciare dalla sincerità: una sguattera. Sembrava più che provata, anche in senso morale, ma era onesta, diretta ed esplicita. Le ho chiesto se pensava di poter avere miglior fortuna all'estero e mi ha risposto che ci stava seriamente pensando, ma che era trattenuta dalle cure parentali e dal rifiuto, non ancora superato, di doversi sradicare, dopo studi ben condotti. Ho già parlato di un'altra, dotata di master, che fa la gelataia, come un altro suo allampanato collega, dottore in Scienze politiche. E' altresì doctus nella medesima specialità il direttore del negozio di valigeria, di fronte; guadagna cento euro in più dei commessi ed ha sostituito una simpatica ragazza di colore, alla quale, per mancato raggiungimento del budget di vendita, non è stato rinnovato il contratto semestrale in scadenza. La seconda conoscenza riguarda una generosa dottoressa in filosofia che veniva a pagare l'iscrizione ad uno stage di recitazione. E' figlia di due medici, anche loro nostri clienti, che non l'hanno mai ostacolata nella sua aspirazione di coniugare piacere e lavoro, ma che le consentono di continuare a sperarvi, come invece non è stato dato all'astronoma ed ai due gelatai. La direttrice-commessa della valigeria - mi ha confidato il subentrante, anche lui con contratto a termine, da monitorare - aveva sposato uno degli amministratori di un calzaturificio, nel quale precedentemente lavorava e, quindi, può prendersi un periodo sabbatico. Dimenticavo: è passata come una meteora un'altra ragazza napoletana. Desiderava riscuotere una cifra irrisoria, prima di ritrasferirsi in Germania, dove, inconsapevolmente, aveva ripercorso le orme di tanti emigranti meridionali. "Per fortuna, lì tutto è diverso". Sarà, ma fa la barista. Probabilmente, lo scenario, il contorno, l'organizzazione sono più omogenei fra di loro, ma, allo stato dell'opera, sia per chi viene da noi a badare i vecchi, sia per chi va a servire beveraggi in Germania, le possibilità di lavoro attengono, oggi come ieri, ai lavori servili e la felicità è un orizzonte miope, dai colori confusi.

lunedì 12 maggio 2014

(Ri)apparizioni.

Sono ricomparse, in Nigeria, le studentesse rapite da Boko Haram, il movimento islamista nero, autore fino ad oggi di assalti alle raffinerie occidentali ( non senza fondate ragioni ), di attentati domenicali fuori e dentro le chiese cristiane, di sequestri con richiesta di riscatto di tecnici petroliferi in missione nel loro Paese. E' probabile che le imprese di trivellazione e di sfruttamento del greggio, paghino, per la loro tranquillità, delle robuste tangenti ai capi-banda. Boko Haram significa letteralmente: "contro l'educazione occidentale" e le studentesse, laiche o cristiane, sono l'icona più rappresentativa, per le masse beote che si possono ispirare ai loro rapitori, della missione che dicono di condurre. Questa volta non hanno chiesto un riscatto, ma uno scambio con i loro prigionieri. Le ragazze appaiono, in una radura, ricoperte da un saio grigio, che copre anche il capo e lascia libero solo il viso, in maniera che se ne possano osservare le espressioni mentre salmodiano in coro all'Islam, al quale - proclama un sorridente speaker in tuta mimetica, armato come un bandito messicano - sono state convertite. Restituirebbero dunque alla società nigeriana delle ragazze redente dalla corruzione nella quale stavano precipitando attraverso l'istruzione e gli abiti d'ispirazione occidentale. Le ragazzine cantano composte l'inno della loro cattività. In italia, non molto tempo fa, fu l'ex leader libico Gheddafi a "convertire" con 5.000 euro a testa alcune ragazze un po' più grandi che Berlusconi gli aveva fornito per l'indottrinamento. Perché le ragazze nigeriane redente dovrebbero essere scambiate con dei tagliagole in prigione? Che senso ha uno scambio fra co-fedeli? Uomini, guerrieri contro donne che instilleranno nei loro discendenti i sacri principi copiati di Maometto? Cantano devote le rapite, apparentemente fataliste, nel loro contesto precario e violento, nel quale la condizione delle persone può mutare da un momento all'altro, ad opera di eventi fra i quali, anche la violenza e la prepotenza appaiono ordinariamente possibili e, quindi, "naturali". Che fine faranno le converse se la proposta di scambio non sarà accolta? Saranno rispettate? Lo sono state finora? Che modificazioni saranno state apportate alla loro personalità nell'eventualità che vengano liberate? Come si collocheranno o saranno collocate all'interno di una società così disgregata e incolta, nella quale le avvertite appartenenze, ideologiche, religiose e di costume, sono così varie, sfumate e conflittuali, fra ignoranza, pregiudizio e mera strumentalità? Restiamo in attesa che riappaiano ancora.

L'Europa che verrà.

C'è un'insania che gira per l'Europa e che sta coagulando il mondo minore, ma diffusissimo dei disperati delle periferie urbane e delle curve calcistiche, le uniche, almeno in Italia, che vanno ancora allo stadio. Dopo il "daspo" a Genny 'a carogna, la solidarietà mediatica si è espressa sugli spalti di un numero imprevedibile di stadi ed in contesti nei quali non ci si sarebbe aspettati di riscontrarli. Dall'Austria alla Germania, dal Portogallo agli stadi italiani di provincia, fino alla Norvegia, all'Ucraina ed ad altre zone dell'est Europa, sono apparsi striscioni che esprimono un'investitura comune per quel giovane catanese, tale Speziale, che si rese artefice della morte di un ispettore di polizia, in servizio di ordine pubblico, durante il derby siciliano fra il Catania e il Palermo. A quei torbidi presero parte sottoproletari, ma anche studenti; furono identificati rampolli della borgehsia comoda ed anche alcuni figli di poliziotti in servizio quel giorno. Le tifoserie si sono sostituite da molti anni alle manifestazioni del disagio sociale e delle rimostranze politiche e sono diventate delle vere e proprie forze d'urto organizzate, che provocano sospensioni e rinvii di gare, disordini nelle città e spedizioni punitive, a distanza di giorni, contro commissariati di polizia, oltre che fra membri di opposte fazioni. Con queste forze antagoniste, caratterizzatesi nel tempo come prevalentemente di estrema destra, scendono a patti, per poi negarlo, le istituzioni pubbliche, come da sempre avviene con la mafia. Quando ottengono i risultati più sovversivi degli ordinari equilibri di sicurezza, si scopre che si sono adoperati allo scopo, pregiudicati noti della criminalità organizzata, parenti di affiliati a clan, fra i quali si annoverano gli stessi calciatori in attività. Ora, questo vettore della violenza squadristica organizzata, svela improvvisamente una coesione internazionale, particolarmente forte nei Paesi vecchi e neuovi dell'Unione europea, tanto da aver già eletto, nel loro Pantheon, dei comuni eroi negativi, a saldare una vita marginale che con la galera ha un rapporto molto stretto. L'Europa che si prospetta non è solo questa, ma è anche questa, dolorosamente dispersa per vaste plaghe.

domenica 11 maggio 2014

Contestualità.

Il Consiglio superiore della magistratura si è adoperato, con una recentissima circolare, ad azzerare il lavoro del pool antimafia di Palermo. Fecero così anche con Caponnetto, Falcone e Borsellino. Dopo quattro anni, il pool deve essere ricostituito, scade per così dire, mentre la mafia che ha radici secolari, si perpetua al servizio di ogni contesto lucrativo e di potere, assecondata dagli Organi più alti della giurisdizione. Falcone andò a Roma, a dirigere dal Ministero della giustizia l'attività antimafia e segnò così la sua condanna a morte, a cui seguì quella dell'inflessibile e retorico, in quel contesto, Borsellino. Caponnetto che ideò il primo pool, era fiorentino e riuscì ad andare in pensione, come successivamente riuscì anche a Caselli, ritornato, prima, nella sua Torino. Evidentemente non erano i magistrati di passaggio, anche se fortemente impegnati a costituire un pericolo per i granitici assetti isolani. L'unica eccezione fu costituita dal mastino carlo Alberto Dalla Chiesa, già depositario di molti segreti della Prima Repubblica, che , per questo fu abbandonato all'esecuzione mafiosa, di una mafia più estesa di quella isolana, che comunque, ha ramificazioni e supporti politici un po' dovunque. E' noto, anche se non sarà mai provato, che a quegli eventi concorsero le più alte ed esposte istituzioni statali, alle quali danno ora un decisivo contributo i giudici di Cassazione, che seppelliscono il diritto. Sanciscono, probabilmente a termini di un regolamento interno, che nessuno, dall'eliminazione dei giudici antimafia ricordati, ha provveduto a correggere, che la lotta alla mafia, se condotta con sistematica applicazione potrebbe condurre al sovvertimento dei poteri reali dello Stato e di gran parte dell'economia finanziaria, anche al nord. E' perciò necessario scialacquare il patrimonio di esperienze e di conoscenze che, dopo quattro anni, sono state appena acquisite. Implicitamente, anche a tutela dell'incolumità dei magistrati che, volenti o nolenti, del sistema fanno parte.

Il posto dei piccoli.

Il Bologna f.c. è retrocesso in serie B. Per poco non ci finì anche in occasione del centenario della società. Dopo la gestione di Renato Dall'Ara, si sono succeduti una serie infinita di imprenditoruccoli, talvolta semplici commercianti, che l'hanno accompagnato ripetutamente fino alla serie C, dopo che per settant'anni non aveva conosciuto retrocessioni. In questo mediocre crogiolo ci sono stati anche speculatori d'occasione, un pregiudicato foggiano, un'inquisito albanese, che si ritirò alla fine di un lungo corteggiamento degli spolpati Menarini. Dopo la parentesi di Alfredo Cazzola che lo smollò ai costruttori dell'area moderata cittadina, dopo averlo fatto ritornare in A, è stato tutto un succedersi di una congerie di imprese edili, speranzose di contrastare la crisi del settore con la commessa per un nuovo stadio, a spese pubbliche: un vetero costume non più praticabile. Intanto, costoro non avevano neanche i soldi per pagare gli stipendi e non erano in grado di valersi di collaboratori competenti. Subito dopo l'albanese Taci, ci fu la meteora di Porcedda, gestore di un bagno con cabine sul litorale cagliaritano, che si era trasferito tre milioni di euro dalla casse della società sportiva, in quelle delle sue attività, che i dodici imprenditoruccoli assoldati da Consorte, si fecero restituire attraverso la cessione di un albergo di sua proprietà. Fatta salva la stagione, alla fine fallimentare, di Gazzoni Frascara, la proprietà della squadra è sempre stata "contesa" da figure minori, che aspiravano a vantaggi ipotetici e di botteguccia. Per questo il Bologna è diventato una delle tante squadrette, sempre sul ciglio del precipizio e non si è neppure caratterizzata per una "cantera" giovanile, nè per una buona capacità di scelta dei giocatori più promettenti. Assente la grande imprenditoria e l'amministrazione pubblica. I due gruppi principali, i Riffeser-Monti ed i Maccaferri, sono talmente provinciali, nonostante le dimensioni acquisite, da essere rinserrati nelle loro ridotte, al largo ( i Maccaferri ) dalla quotazione borsistica e non vogliono farsi vessilliferi di una realtà amministrativa che non li asseconda e non si pone al loro servizio. L'amministrazione comunale, da parte sua, non si è mai fatta promotrice di iniziative volte a interessare alla proprietà robusti imprenditori di altre regioni, in cambio di un mutamento nella gestione conservatrice della nostra realtà post-agricola, che rischia ormai di diventare vetero-agricola. Per cui, blasone stinto a parte, il Bologna f.c. non potrebbe stare in un'altra categoria, tranne quella di appartenenza dell'intera comunità cittadina.

Dinamiche di sviluppo.

L'arresto di Claudio Scajola da parte della DIA di Reggio Calabria, non è, secondo me, la scoperchiatura delle società segrete, massoniche e non, che in quel contesto rivestono un marcato carattere tradizionale, "al servizio delle n'drine", come commentano, direi tutti, i quotidiani e i settimanali. Propendo a credere e non da oggi, che la società dominante, le conservatrici classi opulente, l'entità dirigente locale, non siano al servizio delle n'drine, bensì che se ne servano, nell'aggiornamneto storico del connubio latifondistico, quando la mafia si costituì come guardia bianca del latifondo, cioè al suo servizio. In quel tipo di società, così legata alle gerarchie simboliche e ad un potere che non conosce ancora una cinesi verso un'evoluzione borghese, che in altre plaghe è già in via di regressivo superamento, non ce li vedo i moderni discendenti dei feudatari in una posizione subordinata e servile verso dei primitivi violenti, ai quali la ricchezza non ha apportato, come ai loro burattinai, un barlume di moderna civiltà. Non che i maggiorenti non la conoscano, ma non la esercitano in loco, dove i rapporti fra le persone restano immobili e stantii. Le ricchezze estorte in giro per il mondo non coinvolgono le buone e povere persone che vivono nei vecchi feudi mai veramente affrancatisi dai costumi baronali e di cui i mafiosi costituiscono la difesa e la salvaguardia. Incoraggianti le parole del procuratore capo di Reggio Calabria, che ha identificato in questa presenza oppressiva e ancora mai intaccata, l'impedimento allo sviluppo della regione. Dimenticavo: Scajola è genovese, quindi un tramite di collegamento con quella società mafiosa di vertice di cui Matacena era un esponente locale. La transumanza verso questo anziché quest'altro ( salvo ridenominazioni ) partito politico, è la cifra del camuffamento di un intreccio di interessi, anche internzionali, di cui si servono i politici malfattori, tramite le mafie. La gara è improba, ma va condotta con sistematictà; il contrasto ai prepotenti ed ai profittatori non deve più cessare, anche se certe decisioni della Corte di Cassazione fanno disperare circa l'immunità para mafiosa anche dei vertici giudiziazi dello Stato.

Pronunciamenti e antenne sensibili.

Il referendum ucraino, separatista delle zone orientali del Paese e segnatamente dell'affascinante Odessa, città dei traffici e degli Ebrei, che si sono già spostati in massa negli Stati Uniti ed in Israele. Gli Ebrei Ucraini sono ( o erano? ) tanti e si concentravano soprattutto a Odessa. Un anno prima dell'implosione dell'Unione sovietica, che permetteva a loro di trafficare commercialmente, attraverso la rete della nazione dispersa, se ne andarono, chi in Israele, chi - i più ricchi - negli Stati Uniti, in particolare a New York. Avevano intuito che le cose stavano per cambiare e prevedevano che per loro sarebbero tornati tempi bui. Una migrazione consimile era avvenuta anche all'interno del Ghetto di Varsavia, durante gli anni della collaborazione della polizia e dei Consigli ebraici con i nazisti, prima dell'insurrezione e della deportazione. Allora non c'era lo Stato di Israele e solo i più ricchi o con parenti negli U.S.A., la sfangarono. La rivolta ucraina, prevalentemente di Kiev, si è valsa di galeotti liberati, prima di essere a sua volta incarcerata, dalla Timosenko; anche il presidente filorusso, a suo tempo, aveva fatto altrettanto, avendone fra l'altro un'esperienza pregressa, in quanto imprigionato per tre volte. Hanno concorso in maniera decisiva anche gli ultras delle squadre di calcio ucraine, il cui campionato si chiuderà il giorno delle elezioni politiche, e neo formazioni naziste che altro non sono state e sono che la riesumazione del fascismo nazionalistico e antisemita dell'Ucraina pre sovietica, allorquando queste milizie combatterono con i nazisti e collaborarono al tentativo di invasione della Russia. Gli intrighi della geopolitica non hanno tenuto conto di tutto questo, anzi hanno cercato di strumentalizzare gli zombies del passato, che vegetavano sotto la cenere della storia ed è purtroppo certo che lo faranno ancora, fino ad una sistemazione utile o accettata della vicenda orgiasticamente "democratica" che vede un profluvio di schede in urne trasparenti, laddove per generazioni non si era votato.

sabato 10 maggio 2014

Ci risiamo, noi europei. La competitività finanziaria apporta rovine e lutti.

Nelle zone orientali d'Europa sono di nuovo in corso battaglie intestine che rischiano di sfociare in conflitti più vasti oppure endemici. Dalla fine del comunismo, segnata, secondo alcuni, dalla "troppa" libertà improvvisamente sancita da Gorbaciov, in un contesto troppo frammentato che solo la dittatura totalitaria era riuscita a tenere insieme, la lotta, a sfondo nazionalistico, degli ex apparati sono state fomentate dalle intriganti diplomazie occulte degli Stati Uniti e contrastati, in termini geostrategici, solo dalla riaggregata Russia putiniana. Dal 1991 non c'è stato un attimo di pace e di equilibrio - che fosse interno o infranazionale - e si sono consumati i misfatti più atroci dalla fine della seconda guerra mondiale. Si sono verificati e si verificano in Europa, in quella parte del mondo che si voleva pacificata e che si ritiene più evoluta rispetto alle altre esperienze storiche ( una presunzione ), ma terribilmente in contrasto con se stessa, di nuovo in preda ai revanscismi etnici, sui quali speculano i corrotti leader indigeni, burattini di manovratori fuori scena. Gli equilibri sortiti dalla seconda guerra mondiale sono in via di ridefinizione, sullo scacchiere mondiale, interessano anche realtà per l'innanzi non coinvolte, pure sul mosaico dell'Europa continentale. Insomma, si è messo in moto un meccanismo conflittuale di ridefinizione degli assetti di potere. Sta di fatto, che le artificiali federazioni astrattamente disegnate dopo dopo la fine dell'Unione Sovietica ( C.S.I. ), hanno lasciato il posto ad un mosaico disordinato ed instabile , nel quale anche i piccoli Paesi possono rivestire un'importanza "contenitiva" verso il continente che più li paventa: quello russo. La Russia, dopo essersi sborniata di democrazia importata, che l'aveva trattata come una rivale sconfitta, ha ritrovato con Putin e con i suoi metodi autoritari, una propria stabilità economica, basata sull'esportazione di risorse naturali insieme ad un ben organizzato riarmo che, per poter continuare, ha bisogno di rapporti commerciali e geo-politici costanti. Tutto il contrario di ciò che cercano di procurarle gli Stati Uniti, contraddetti o assecondati dalle potenze europee minori, secondo l'incrocio, il peso ed il dosaggio dei rispettivi interessi con la Russia. Tutti e ciascuno sarebbero pronti ad approffittare di un momento di difficoltà di Vladimir Putin, per defenestrarlo e sostituirlo con una figura o con una serie di figure più malleabili. Difendendo se stesso, Putin difende ed avvalora un'immagine a sua volta pretestuosa ( non è la sincerità che conta in politica ) di una nuova Russia, in grado di riprendere il suo ruolo storico di Impero continentale ed autarchico, in condizione di difendersi contro le ingerenze esterne. Ha ristabilito, a scopo identificativo, una rinnovata alleanza fra il trono e l'altare con la Chiesa di Stato ortodossa, altrettanto sospettosa delle brame occidentali e dei suoi "abbracci" religiosi.La Russia, dilaniata dalla miseria e dal disordine, non poté nulla contro il tardivo - per la popolazione, ma non è lei che conta - attacco NATO alla Serbia, ormai vincitrice del conflitto balcanico, ma ha da tempo dimostrato di saper reagire prontamente alle insidie che le vengono apportate, ai suoi confini, da potenze ostili, in cerca di influenza ed espansione, mentre i Russi, alla fin-fine, hanno sempre combattuto per la loro esclusiva identità, ben supportata dalla sua espansione territoriale, che per questa via è riuscita a mettere al sicuro dai tanti particolarismi etnici che contiene. Invece, ai suoi confini, dalla fine della guerra fredda, è stato tutto un susseguirsi di contese sanguinosissime, il cui apogeo è stato toccato dalla barbara - su ambo i fronti - guerra cecena. L'ostilità delle potenze allogene, non è rivolta ad un indeterminato "spirito russo", verso il quale non hanno rispetto perché non ne hanno conoscenza e del quale non si curano le aspirazioni di dominio finanziario e commerciale che le animano ( per la rinata Germania i cui abitanti - come i Russi in gran parte dell'Ex Unione Sovietica - sono sparpagliati in molti Paesi dell'ex U.R.S.S., ci sono di nuovo obiettivi espansionistici, che la tempesta sabbiosa dell'economia finanziaria le permetterebbe di mascherare ) ma a una nazione di nuovo in sella e desiderosa di impedire interferenza all'interno del suo fortilizio imperiale, in grado cioè di rivoltare, riesportare sui Paesi-strumento, le difficoltà e la maggior parte dei lutti che codesti, ai loro vertici governativi e d'interessi settari, si prestano, ripetutamente, ad apportarle. Domani, in Ucraina, c'è un referendum sull'appartenenza e il 25 Maggio, in concomnitanza con le elezione nell'Europa dell'euro, le loro politiche nazionali, che probabilmente sanciranno la spaccatura fra i filo-russi e i "rivoluzionari" di piazza Maidan. Elezioni frettolosamente indette, di una nazione e di un popolo che tende rapidamente a disgregarsi, sotto la sferza delle mene occidentali, a differenza della nazione russa, che si rafforza, invece, nella sua autarchica autonomia.

Frantumaglia.

I manifesti degli aspiranti al vitalizio brussellese sono ancora radi sulle lamine comunali, ma da quelle poche profferte si evincono solo belle facce, composti atteggiamenti, floreali propositi. Tutti asseriscono che si va in Europa per un'altra Europa. L'unica posibilità è che si riferiscano a quella a velocità ridotta di cui facciamo parte, perché, da poveri scassati, non potremmo in nessun modo farle cambiare costume: tocca a noi adeguarci, uscire o impetrare una linea ferroviaria più adatta ai nostri scricchiolanti vagoni. L'EXPO milanese, che avrebbe dovuto concorrere con quelli storici di Londra, di Parigi, che da allora si fregia della Torre Eiffel, è già naufragato nella corruzione. I paragoni con il sud america sono impropri; non siamo mai stati meglio di loro. Il fermo che ogni tanto - una ventina d'anni, come dalle nostre costumanze di regime - si pone al fenomeno, che comunque non si arresta, serve solo a non farci naufragare definitivamente in una palude dalla quale non saremmo più recuperabili, in omaggio a violente e criminali speculazioni private, alle quali nessuno che abbia le mani in pasta vuole o può sottrarsi. Verrebbero infatti meno i rapporti consolidati fra gli affari e il malaffare. In questo contesto criminale e morale, la lotta alla mafia è un impegno suicida per anime belle. Il ministro Scajola, oltre a favorire la latitanza nell'ospitale Libano del mafioso e suo compago di partito Matacena se ne scopava pure la moglie, con la quale litigava al telefono, rimproverandole le infedeltà nei suoi riguardi. Era stato il malavitoso ministro del governo presieduto dall'altro condannato Silvio Berlusconi che, ieri, ha fatto la sua apparizione per quattro ore al cronicario al quale è stato destinato, suscitando la curiosità dei degenti. Due donne lo hanno baciato: una dentro l'ospedale, l'altra all'esterno della struttura. Al pomeriggio era già a TeleLombardia. Domani Beppe Grillo sarà in Piazza Maggiore, a Bologna, dopo aver espulso l'ultimo consigliere del movimento in Regione Emilia Romagna, reo di aver speso le diarie per ragioni private, ancorché culinarie. Domani ci sarà un nuovo referendum balcanizzatore dell'Ucraina, in attesa delle elezioni generali indette per il 25 maggio, quando si terranno anche le elezioni per l'inutile Parlamento europeo. Putin non vuole un'Ucraina unita e filoccidentale, ma la federalizzazione rischia, in quel contesto, di creare una congerie di repubblichette litigiose, eterodirette da est o da ovest, in grado di creare una zona di fatto neutra, condannandola alla staticità ed alla povertà. Dell'Utri, a Beirut pare intenzionato a chiedere asilo politico; perché non riconoscerglielo, come ha fatto il Brasile con Cesare Battisti? Che Repubblica è l'Italia per essere attendibile, che maggior ruolo ha rispetto al Libano per non dover concorrere giudiziariamente, attraverso la traduzione ( a nostra cura ) delle pandette, con un Paese nel quale metà dei quartieri urbani sono stati polverizzari dalle guerre e dagli attentati e nell'altra metà si fanno feste a bordo piscina? Una specie di Palermo, in fondo.

venerdì 9 maggio 2014

La nave ha rotto gli ormeggi e la bussola non funziona.

Il congresso nazionale della CGIL è durato due giorni. I partecipanti si confrontavano su tre tesi contrapposte: la prima, di maggioranza, ha raccolto l'80% dei consensi e rieletto Susanna Camusso ai vertici del sindacato. Al precedente congresso aveva ottenuto il 97%. Il 14% è andato a Maurizio Landini, leader della FIOM che, del mitico movimento dei meccanici, conserva la memoria, ma non la base, ridotta ai minimi termini dalle delocalizzazioni, dalle chiusure e dalla massiccia cassa integrazione. Landini, da tempo, parla come un politico e da politico si comporta: è passato dalle dichiarazioni più alternative alla linea Camusso, all'accordo con Matteo Renzi. Frequenta intellettuali impomatati e incartapecoriti, ai quali offre ancora il viagra delle assemblee dei reduci ancor giovani delle officine, già estranei al mondo del lavoro. Al Congresso ha presentato una prolissa mozione che enumera le forzature e i trucchi nelle votazioni preparatorie dell'assise e ne amplifica la valenza. Solo su di un aspetto sono d'accordo con lui: la democrazia sostanziale è stata cassata e quella formale mistificata. Per il resto, niente di nuovo. La FIOM si conferma frangia "autonomista" della CGIL, ma non esce dall'apparato per prendere una chiara connotazione politica, che rischierebbe di frammentare ancora di più la già sfibrata tela della sinistra ex di classe. Un altro leader storico della FIOM, Giorgio cremaschi, ha raccattato l'altro 3%, rosicato alla Camusso. La sua tesi è per me condivisibile sotto molteplici punti di vista, non ultimo la chiara presa d'atto e di coscienza dell'immiserimento irrecupaerabile dei settori più poveri e precari della popolazione, che la CGIL non riesce più ad organizzare per farli sfuggire all'emarginazione ed alla violenza da slums. Ma il sindacato "possibile" della Camusso che, ai suoi tempi, fu espulsa proprio da Cremaschi dalla FIOM, sancisce il ribaltamento dei rapporti di forza nella società immateriale, clamorosamente riflessisi anche all'interno del grande sindacato operaio..oggi che gli operai non ci sono più. La natura liquida della CGIL è attestata anche dai numerosi salti della quaglia che sono avvenuti al suo interno, prodotti dal passaggio meticcio in maggioranza di vasti e ramificati strati della sue rappresentanze di base che, se per vent'anni avevano agitato una opposizione da conferenzieri, che era valsa loro la rielezione in qualche direttivo, al momento della "scelta" erano rifluiti in maggioranza "per non perdere la priorità acquisita" con posizioni completamente difformi. Insomma, il solito trasformismo di sopravvivenza, in attesa che la ruota, girando, riproponga scenari più propizi al loro spirito represso. Quando avverrà, saranno anche sindacalmente in pensione o fra i commemorati, mentre l'attualità si adatta duttile nelle loro mani, come in quelle della maggioranza, per poter continuare a rappresentare lo "spirito" del lavoro, accademicamente, anche quindi in assenza del medesimo, nel ricordo di ciò che fu e nella preconizzazione di ciò che potrebbe essere. La strada sindacale è purtroppo irrimediabilmente compromessa ed il superamento della rappresentanza vecchia maniera, verso una necessaria riappropriazione della propria reltà empirica e fattuale, è già insidiosamente, per chi ne è protagonista, in corso, mentre i sindacati che furono riempiono il vuoto parlandosi addosso.

mercoledì 7 maggio 2014

Chi comanda, si vale della legge.

E' incredibile come il vice-presidente del Senato delendus est, Roberto Calderoli, già autore del "porcellum" elettorale e della passaggiata alla Ariel Sharon, con un maiale al guinzaglio, sul terreno di un'erigenda moschea, non provi disagio e vergogna nel minacciare di arresto i rappresentanti del M5S, che si sono ammanettati per protestare contro il Job act, passato solo per la fidcia che il Governo ha dovuto porre. Questo cialtrone ignorante è, come c'era da aspettarsi, prepotente e ha minacciato - proprio lui che dovrebbe essere sanzionato per le sue continue forzature - di far arrestare i dissidenti. La legge è una sovrastruttura del potere e possono applicarla anche fior di delinquenti o teppistucoli eletti da qualche popolano cornuto. Non credo che i "cittadini" del M5S debbano temere la carcerazione, che sarebbe solo un'accentuazione del carattere autoritario inflitto alla società da questa imbelle, impotente e lottizzata combriccola politica che dosa le cariche istituzionali con la bilancia tarata dei reciproci riconoscimenti. In casi come questi, può capitare, ma costituisce un titolo di onore per chi vi incappa, soprattutto per mano di questi indegni e violenti, ai quali la legge ha consentito di sedersi in Parlamento, perchè altri li contrastino, senza che possano farli incarcerare.

martedì 6 maggio 2014

La politica è adattamento ad ogni stagione.

Chissà per quali trapassi il Cancelliere ( le cariche e le professioni si declinano al neutro ) Angela Merkel è riuscita a diventare leader del partito conservatore interconfessionale-cristiano, la CDU tedesca? Probabilmente giocando sulle quote da assegnarsi alle donne più quelle di pertinenza della ex DDR, nell'ambito delle alternanze congressuali dei democristiani teutonici. Eppure nella Repubblica democratica tedesca, la Merkel era comunista - non c'era altro - informatrice della Stasi ( come quasi tutti, anche coloro che lo negano o fanno gli gnorri ), coordinatrice, cioè Segretaria dei giovani comunisti prussiani. Sconcerta quindi, non che si sia consolidata ai vertici governativi, perchè il blocco guglielmino, cioè prussiano ( la Sparta tedesca di sempre ) è lì ad attestarlo, a scapito dei malcapaitati partners che avevano cotrattato il loro ingresso con altri soggetti, bensì proprio la scelta di nominare al vertice della nazione guida una comunista a tutto tondo, ora conservatrice alla Giotto, a dimostrazione che l'origine - in particolare fra le donne - non significa appartenenza. Che strana e compromissoria miscela dev'essere la politica se i salti della quaglia sono possibili in misura così macroscopica, senza che nessuno, nel corpo elettorale - degli apparati dei partiti, ho già detto - se ne faccia un motivo di ripulsa. Il guaio è che aveva proprio ragione Carlo Marx: non c'è nessun movente negli uomini e nelle donne che non sia materiale e, sempre più spesso, meschinamente materiale, compresi quelli morali=mores=costumi, ugualmente ambientali e censitari.Per questo concepiva che, al di fuori della dittatura del proletariato, cioè di una classe omologatrice di tutte le altre, l'onestà politica fosse impossibile. Non ho mai aderito alla totalitaria dottrina: mi piace troppo essere libero; detesto i padroni e i loro conformisti valletti, ma l'analisi "monoteistica" e vetero testamentaria del vecchio ebreo tedesco, era ed è ineccepibile. Pensate che, per elaborarla, non ha dovuto far altro che rovesciare le prassi sociali ed è un vero peccato che in questo momento povero di passioni e di capacità critica, questo elemento, con la sua assenza, renda sterile qualsiasi velleità politica.

Infima mediocritas.

Comincia la delegittimazione di Beppe Grillo ad opera della sinistra moralista. E' sempre stato il suo difetto e, in questo, non è dissimile dal bacchettonismo più vieto, ben presente e radicato nella sua base. I Patti lateranensi nella Costituzione, i mille rinvii nell'appoggiare le diverse proposte di legge sul divorzio, che non videro la luce fino agli anni '70, quando il PCI si convinse, non senza forti resistenze, a votare la proposta di legge Fortuna/Baslini e a sostenerla nel referendum successivo. Precipitato di questa ossequienza verso il sentimento popolare allignante anche fra i mangiapreti, fu la relazione, a lungo clandestina, fra Palmiro Togliatti e Nildi Iotti e l'aborto a cui fu costretta per non scandalizzare la base. Per Berlusconi sono riusciti a riesumare l'arto mediano dell'inguine, da tutti dato per morto, ma resuscitato per l'occasione. L'eterno ritornello: "chi paga, chi paga?", unito ad ogni sorta di ipocrita virtuosità, che consenta ogni giravolta, anche palesemente contraddittoria, nell'esibizione della pubblica virtù, li rende ancor oggi depositari di quella doppia morale che alligna in tutte le entità fini a se stesse, siano una setta, una religione monoteistica o questo residuo culturale del comunismo. Genny 'a carogna, o come diavolo si chiama, è stato interlocutore delle istituzioni prefettizie e di polizia, altro che storie. La sfacciata negazione postuma non può non richiamare l'altrettanto falsa negazione dei rapporti storici fra lo Stato italiane e le mafie, fra il potere legale e i poteri reali. Non si volle trattare con le Brigate rosse, che pure avevano acquisito un potere di fatto, riconosciuto anche dalla dottrina del diritto internazionale, preferendo farle spegnere dall'azione coordinata e potente del Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, che fu poi fatto eliminare dalla Mafia, con la quale non si è mai smesso di collaborare, ricambiati, attraverso deputati e senatori, ministri assessori e consiglieri regionali e sindaci. E' invalso ed accettato, nel linguaggio delle telecronache sportive popolari, un linguaggio violentemente conformistico che riecheggia gli slogans della società agonistica. Espressioni come "aggredire, far male" infarciscono le spesso verbose, approssimative e "riguardose" ( verso la società con il maggior numero di abbonati...a Sky )telecronache, con qualche divagazione-comparazione sui ritmi, con i quali " non si può stare in europa", quasi auspicando una politica di austerità cinetica e gladiatoria. Come se non bastasse a diseducare tante persone che arricchiscono in questi termini il loro stentato o adolescenziale vocabolario, nelle interviste, espressioni come "incalzare, attaccare al muro, buttar fuori squadra, esonerare" ( che delicatezza!), scandiscono la vita narrata degli epici manipoli. Ci si turba e ci si scandalizza, però, se le curve aggrediscono verbalmente giocatori, società, arbitri e se spesso dimostrano di possedere una facoltà di intimidazione, in grado di far loro trovare degli interlocutori nelle istituzioni e di determinare l'effettuazione o meno degli eventi, spesso preceduti o seguiti da assurdi episodi di sangue. Che c'entra tutto questo con lo spirito sportivo? Tanto quanto c'entra il lassismo che si manifesta non appena un risultato è aritmeticamente acquisito o sfumato, senza assicurare una pari costanza d'impegno nella conduzione di un campionato che coinvolge e determina anche risultati o dissesti economici per le altre società. Assolutamente niente; interessano solo i propri minuti interessi e non è neppure escluso che mirabolanti risultati siano il frutto di arrotondamenti, tramite puntate su ruote non ufficiali, o di calcoli sulla spartibilità dei contributi previsti in caso di retrocessione o di futuri scambi di mercato. I capi-manipolo, spesso pregiudicati o affiliati a noti clan mafiosi o camorristici, sono estranei a questi interesi? Non hanno rapporti con le società? D'altra parte, quando Piero Fassino, sindaco di Torino, replica ai suoi concittadini contestatori con il dito medio, in che cosa si differenzia da Gennaro daspo carogna? Resta il fatto incontrovertibile che tutti i network mercantili parlano lo stesso linguaggio e non si limitano più ad una luccicante emagnificente propaganda, ma spalano ormai sangue e merda, assecondano la violenza competitiva "necessaria". Come Gennaro la carogna.

sabato 3 maggio 2014

Navigando fra i blog.

Navigando fra i blog, mi è capitato di apprezzare questo illuminante e illuminista ( perciò destinato a rimanere nel limbo della nostra società ) contributo di Pierfranco Pellizzetti. Già notista politico, si è rifugiato o si è ritagliato uno spazio nel variegato e vastissimo mondo dei blogger, dove esprimere, senza fedeltà ad interessi di testata, le sue opinioni. Ne ho apprezzato e condiviso l'analisi che segue, non solo sul ridanciano grullo di Firenze, ma anche sul "generone" che lo accompagna nella improvvisata ma eterodiretta impresa di demolizioni nella quale si è impiegato. La cerchia politica dell’one man show Matteo Renzi è molto ristretta; oltre ai fedelissimi compaesani Boschi & Co. l’unica presenza non toscana sembra ridursi al Mazzarino venuto da Reggio Emilia: il sottosegretario Graziano Delrio. Agli antipodi nell’aspetto, ascetico e tendenzialmente in penombra quest’ultimo, gaudente e affamato di riflettori il premier; separati anagraficamente da una quindicina d’anni d’età (1960 contro 1975), i due ex sindaci di un’Italia che fu rossa, risultano gemellati da esperienze e predilezioni, rivelatrici delle mutazioni antropologiche nei sotterranei della più recente politica italiana. Dove stanno prevalendo istinti da belve assassine, tanto che i bene informati prefigurano il prossimo regolamento di conti anche tra le due componenti territoriali nella tecnostruttura amministrativa del governo Renzi-Delrio: quella emiliana, sino ad oggi driving (guidata da Mauro Bonaretti, già city manager nel comune di Reggio Emilia), e quella tosca, più vicina al cuore renziano. Tornando “all’attenti a quei due”, il loro primo punto di contatto intellettuale è la singolare figura di Giorgio La Pira (1904-1977), terziario francescano e sindaco di Firenze tra gli anni Cinquanta e Sessanta; un personaggio sempre in bilico tra santità e furberia, di cui Renzi si dichiara fan e in onore del quale Delrio aveva fondato un’associazione. L’interesse per un protagonista minore del dopoguerra italiano si chiarisce considerando che costui e i suoi odierni supporter sono tutti cattolici di tipo particolare: modernismo lessicale e anticonformismo negli atteggiamenti mixati con un tradizionalismo di fondo tendente al codino in materia di sociale e diritti civili. Padre di nove figli Delrio, si è più volte espresso contro matrimoni omosessuali e aborto, Renzi esibisce progenie e ostenta modi familistici nonostante l’aria birichina. Entrambi portati all’ecumenismo in politica, hanno più volte manifestato insofferenza per le distinzioni tra Destra e Sinistra. Cui antepongono la genericità della diade Vecchio/Nuovo che tanto piace ai rinnovatori di facciata. Ma il tratto più indicativo è la loro passione per la sussidiarietà, grimaldello ecclesiastico per scardinare il monopolio dello Stato in materia di servizi, che – sindaco Delrio – diventò la linea guida dell’amministrazione comunale reggiana nell’esternalizzazione dei servizi. Celebrata con la mostra “150 anni di Sussidiarietà”. Fatto sta che l’intimo punto di riferimento per questo tipo di cattolici in politica non è lo Stato italiano, bensì Sacra Romana Chiesa. Da qui un particolare riguardo nei confronti del privato in quanto marchingegno strumentale per l’anemizzazione della sfera pubblica. Che in questo momento individui portatori di tali retropensieri tengano ben stretto nelle loro mani il cruscotto di guida dello Stato dovrebbe suscitare qualche angoscia, almeno in chi ritenga i servizi generali un elemento fondamentale del patto di civile convivenza; quanto il sociologo Jürgen Habermas definiva “le stecche nel busto della democrazia”. Ma una particolare preoccupazione la dovrebbero coltivare quanti sono dell’avviso che nel PD andrebbe tutelato almeno il ricordo delle proprie tradizioni di sinistra, visto che nasce dalla fusione a freddo tra ex comunisti ed ex democristiani. Delrio e Renzi sono la prova manifesta di quanto è avvenuto nel blend tra le due componenti, in cui la superiore tecnologia del potere di quella più esigua (i cattolici) ha divorato la massa inerte, seppure numericamente maggioritaria, della controparte (le nomenklature di estrazione PC). Difatti i Nostri mai e poi mai accetterebbero l’oltraggio di essere definiti “cattocomunisti”. Loro si sentono e si dichiarano “dossettiani”. Ossia la figura zigzagante di Giuseppe Dossetti (1913-1996), ex leader della Sinistra Democristiana che si ritirò dalla politica prendendo i voti nel 1951 per poi tornare in servizio attivo cinque anni dopo candidandosi a sindaco di Bologna per sottrarla ai comunisti (peggio di lui aveva fatto per lo stesso scopo a Roma l’antifascista don Sturzo, tentando di mettere insieme una lista anticomunista che comprendeva anche i fascisti del MSI). Vicende all’insegna dell’ambiguità. Come ambigua fu l’accoglienza del sindaco dossettiano al nuovo vescovo reggiano, monsignor Massimo Camisasca, di estrazione CL (e già cappellano del Milan): “del resto, come Dossetti, anche Giussani è stato ed è vittima di pregiudizi”.

Guerriglie senza scopi.

A poco più di un'ora dall'inizio di una finale - quella di Coppa Italia - che fino a pochi anni or sono era considerata una seccatura dalle squadre di club, già si conta un ferito grave e gli spazi adiacenti allo stadio olimpico di Roma sono percorsi da ombre disperse, animate da follia violenta e da ninja mascherati da tutori della loro sfiga che li rincorrono e li manganellano, sicuri della loro impunità, perché "gente di merda". I manganellati e loro. La Coppa Italia ha cominciato ad essere presa in considerazione quando i diritti televisivi ed i trasferimenti della Federazione italiana gioco ( anzi giuoco, come riporta la targa ) calcio si sono fatti consistenti, dai quarti di finale in avanti. Tanto è vero che la manifestazione è rimasta deserta durante i primi turni, che servono ad accumulare i diritti televisivi R.A.I., che, tradotti in pubblicità, vanno ad implementare le risorse destinate ai più attrezzati, cioè alle società più ricche. Gli emarginati delle subure urbane, che vivono di tifo, associazionismo alle più incomprensibili entità del revanscismo muscolare, furti e sniffate, in abitazioni trascurate, trovano in eventi come questi, l'occasione per "far valere una potenziale capacità d'invasione della terra di nessuno" prospiciente alle loro passioni, non più il luogo di transito o di sosta delle ordinate manifestazioni della coesione sociale e sportiva. La nuova Italia è, già per questi aspetti, dimidiata in ghetti, in contrasti fra automi senza futuro e ninja che sfogano la loro frustrazione garantita.

Terapie affaristiche.

Sedici anni fa l'Italia sembrava quasi arrivata a scoprire il vaccino anti Aids. Almeno stando ai titoli dei giornali di allora, che annunciavano l'avvio della sperimentazione di un antidoto alla "malattia del secolo", ( anche se nel mondo si muore per tumori dal Paleolitico ) che ancora oggi colpisce 35,3 milioni di persone (in Italia 94.146). Che fine ha fatto questo vaccino made in Italy? Secondo una stima del mensile Altreconomia , che ha condotto un'inchiesta sulla vicenda pubblicata sul numero di maggio, sono stati spesi finora 49 milioni di euro di soldi pubblici. E di risultati se ne sono visti ben pochi. Con un epilogo che non è proprio esaltante: quel poco che si è scoperto è ora in mano a privati . Nel 1998 Barbara Ensoli , direttore del Centro nazionale Aids in seno all'Istituto superiore di sanità (Iss), annuncia che il suo team di ricerca punterà tutto su una proteina virale, la Tat, grazie alla quale potranno ottenere un vaccino sia preventivo che terapeutico. Insomma un vaccino che impedisce ai sani di ammalarsi e guarisce chi ha già l'aids. La sperimentazione non dà i frutti sperati. "Il cosiddetto vaccino terapeutico - scrive Duccio Facchini su Altreconomia - è entrato nella seconda fase di sperimentazione in Sudafrica ed è attualmente in corso. Quello preventivo si è bloccato il 24 marzo 2014". Il vaccino terapeutico, però, ora non è più in mano all'Istituto superiore di sanità : il brevetto è stato infatti ceduto alla Vaxxit srl, con un capitale sociale pari a 10mila euro per il 70% appartenente alla stessa Barbara Ensoli. "Concedere la licenza esclusiva di un brevetto senza trasparenza su quanto finora si è dichiarato di aver raggiunto sembra più simile ad un'abdicazione degli interessi collettivi e a una svendita del patrimonio di ricerca pubblica ", dichiara ad Altreconomia Gianni Tognoni, direttore scientifico del centro di ricerche farmacologiche e biomediche della Fondazione Mario Negri Sud. Insomma, la brillante ricercatrice è riuscita ad intestarsi il brevetto del farmaco sperimentale che nella sua forma preventiva e, quindi, poco lucrosa, non si somministra più nelle zone e fra le persone a rischio, né si sperimenta negli ospedali. Perché lo ha fatto è evidente, come ha fatto resta opaco, pur essendo debitrice allo Stato di attenzione e cospicui finanziamenti. Dall'inchiesta di Altreconomia emerge che la storia del vaccino anti Aids made in Italy è costellata dalla mancanza di trasparenza , di annunci esaltanti di risultati mai arrivati e con il dubbio di un conflitto di interesse in testa a chi finora ha condotto la ricerca pubblica e ora si accinge a guidare quella privata. Barbara Ensoli è stata interpellata dal mensile autore dell'inchiesta, ma non ha voluto replicare.