domenica 11 maggio 2014

Il posto dei piccoli.

Il Bologna f.c. è retrocesso in serie B. Per poco non ci finì anche in occasione del centenario della società. Dopo la gestione di Renato Dall'Ara, si sono succeduti una serie infinita di imprenditoruccoli, talvolta semplici commercianti, che l'hanno accompagnato ripetutamente fino alla serie C, dopo che per settant'anni non aveva conosciuto retrocessioni. In questo mediocre crogiolo ci sono stati anche speculatori d'occasione, un pregiudicato foggiano, un'inquisito albanese, che si ritirò alla fine di un lungo corteggiamento degli spolpati Menarini. Dopo la parentesi di Alfredo Cazzola che lo smollò ai costruttori dell'area moderata cittadina, dopo averlo fatto ritornare in A, è stato tutto un succedersi di una congerie di imprese edili, speranzose di contrastare la crisi del settore con la commessa per un nuovo stadio, a spese pubbliche: un vetero costume non più praticabile. Intanto, costoro non avevano neanche i soldi per pagare gli stipendi e non erano in grado di valersi di collaboratori competenti. Subito dopo l'albanese Taci, ci fu la meteora di Porcedda, gestore di un bagno con cabine sul litorale cagliaritano, che si era trasferito tre milioni di euro dalla casse della società sportiva, in quelle delle sue attività, che i dodici imprenditoruccoli assoldati da Consorte, si fecero restituire attraverso la cessione di un albergo di sua proprietà. Fatta salva la stagione, alla fine fallimentare, di Gazzoni Frascara, la proprietà della squadra è sempre stata "contesa" da figure minori, che aspiravano a vantaggi ipotetici e di botteguccia. Per questo il Bologna è diventato una delle tante squadrette, sempre sul ciglio del precipizio e non si è neppure caratterizzata per una "cantera" giovanile, nè per una buona capacità di scelta dei giocatori più promettenti. Assente la grande imprenditoria e l'amministrazione pubblica. I due gruppi principali, i Riffeser-Monti ed i Maccaferri, sono talmente provinciali, nonostante le dimensioni acquisite, da essere rinserrati nelle loro ridotte, al largo ( i Maccaferri ) dalla quotazione borsistica e non vogliono farsi vessilliferi di una realtà amministrativa che non li asseconda e non si pone al loro servizio. L'amministrazione comunale, da parte sua, non si è mai fatta promotrice di iniziative volte a interessare alla proprietà robusti imprenditori di altre regioni, in cambio di un mutamento nella gestione conservatrice della nostra realtà post-agricola, che rischia ormai di diventare vetero-agricola. Per cui, blasone stinto a parte, il Bologna f.c. non potrebbe stare in un'altra categoria, tranne quella di appartenenza dell'intera comunità cittadina.

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