sabato 3 maggio 2014

Interessi e lavori condivisi.

I condomini del giudice Agnello ( sacrificale? ) di Palermo hanno inviato una lettera anonima al loro vicino e lo hanno invitato a levarsi dai piedi, lui e le sue scorte, perché le misure di sicurezza, allestitegli dalla polizia, ostacolano il loro parcheggio. Si autodefiniscono - dato che avrebbero incaricato l'ignoto estensore di redigerla a nome di tutti - cittadini per bene, ignari e indifferenti di essere gli epigoni di analoghi coinquilini del giudice Falcone, che, negli anni '80, inviarono al Giornale di Sicilia un'analoga lamentela, non in relazione ai parcheggi difficili, ma al disturbo che le sirene arrecavano al loro riposo, soprattutto il pomeriggio dei giorni festivi. Dato che la mafia non disturba, ovviamente, nessuna citazione per lei. Il contrasto alla mafia riguarda solo due soggetti: uno molesto, il giudice ed uno ininfluente sulle pennichelle, la mafia stessa. Questa è la concezione del vivere asociato e civile, che vige nella sensibilità comune dei cittadini, perché, dei cittadini nella loro dispersa omogeneità, i condomini palermitani sono un campione molto rappresentativo. Quando invece si tratta di coagulare sensibilità private su altri temi, come le questioni fiscali, ecco che si crea l'osmosi, fino al concorso nella costituzione della base di cangianti leader e partiti politici. D'altra parte, se il giudice si è voluto accomodare in un ruolo pubblico ben pagato, che gode di ampi periodi di riposo pagati e non ha avuto l'accortezza di farsi sistemare in qualche ramo della giurisdizione civile, non può pretendere di continuare a rompere i coglioni a noi, con le sue scenografie securitarie, limitando gli spazi auto. L'unica cosa che sono disposti a condividere.

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