mercoledì 29 settembre 2010

Milone

Va bene. Milone, che business is business, nel nostro caso inteso come cura dell'aia domestica, ma il rifiuto di cambiare valuta estera ai pellegrini è pratica antieconomica, in questo mondo "globalizzato".
Mi sono deciso a scriverti, dopo aver dovuto rifiutare una prestazione che sapevo dovuta, nella mia vetero-cultura da azienda di servizi, per l'ennesima volta.
Non ci sono commissioni che tengano: rompono le scatole, dicunt, tradunt.
Così si intacca il costume più inveterato: a Bologna, città di transito, il cambio mercatorio faceva parte dell'ospitalità riservata a chi portava interesse e, che fosse culturale, non sconcertava, ben sapendo che cultura, commerci e libero scambio vanno a braccetto. Pare che non sia più così e non è certo un'evoluzione.
Questa mattina, una signorina americana, dotata di dollari, mi ha confidato che stava risalendo per via Indipendenza dalla stazione, senza aver ancora trovato accoglienza presso sette filiali, prima della nostra e che stava facendo esperienza e conoscenza del centro cittadino, sia pur con scarse speranze, ormai per ragioni di sussistenza.
"Vengo da Trieste e là nessuna banca ha dimostrato difficoltà".
"Sa, in quella città di confine, approvigionarsi anche di dollari, stimati, insieme all'euro, anche in Slovenia e in Croazia, non guasta".
L'unico scambio che non conosce cris, ormai, insieme a quello delle pompe funebri, è rimasto probabilmente il meretricio, almeno lungo lo stesso faticoso tragitto della nostra ospite. Il giovane Questore Rendina, che poi divenne un poliziotto famoso, appena approdato a Bologna, chiese, per competenza, all'anziano predecessore, dove potesse trovare "da far bene".
"E' venuto in treno, giovanotto?" "Si". "Bene, ritorni in via Indipendenza e suoni ai numeri dispari sulla destra, scendendo, e a quelli pari sulla sinistra e troverà ciò che cerca".
Come cambiano i tempi: le banche nacquero come esazione della prostituzione sacra nei templi pagani, i cui sacerdoti vestivano, anche allora, in maniera acconcia.
Come minimo, però, mi sembra una mancanza di proattività.

domenica 26 settembre 2010

Milone

Si è presentato un signore allampanato, con anello, fede nuziale ed orologio con bracciale in oro massiccio.
Si è appoggiato languidamente al banco ed ha proposto un assegno da versare sulla nostra Sede di....
Si è raccomandato di individuare bene il conto e di escludere con attenzione quello intestato a sua moglie, presidentessa della Fondazione beneficiaria, alla quale, però, risultavano intestati due conti.
"Telefono al Private". "Buongiorno, sono a Bologna...e non mi ricordo quale dei conti della Fondazione è vero e quale è falso". "Si, quello sul quale voi nascondete i soldi che versiamo...Bene, grazie".
So, per esperienza, che i personaggi facoltosi non scherzano, ma spesso sfottono: aggiornavo trent'anni fa i libretti al portatore della Ceramiche Ragno, che un Vice Direttore di quei tempi recava e poi ritirava a e da me, giovane operatore. Erano tutti intitolati: "il lavoratore", "sciopero" e "primo maggio" e contenevano i fondi neri della defunta società.
Comunque, a prescindere dalla scherzosità o dalla serietà ( si fa per dire ) della conversazione di cui sono stato testimone, penso che le Fondazioni siano il business di questo scorcio iniziale di XXI secolo.
Evidentemente, anche per delinquere, "est modus in rebus".

MILone

Ci sono diversi clienti, caro Milone, che passano ignorandoci davanti alle nostre postazioni di lavoro.
A dire il vero, pochissimi e anziani ci informano che devono salire di livello, mentre tutti gli altri, impettiti per lo status o piegati ed arrancanti per l'età, tirano diritto.
Ancor meno sostano presso di noi per qualche operazione d'uso corrente, lasciandoci talvolta le cose da fare per fare un salto da...Tamburellano sul banco ed assumono impazienti espresioni egizie - di profilo - per non condividere il nostro sguardo.
Le donne, in particolare, economizzano sulle parole; si riprendono l'eccessiva confidenza che l'acquisizione dello status ha richiesto, se non si è trattato di una partnership paritaria.
Che vuoi che ti dica - ti assicuro che sono sincero - non me ne potrebbe fregar di meno e, probabilmente, sotto la maschera, lo colgono, perché col tempo divengono, sia pur teatralmente, cordiali, addirittura confidenziali, quando, accompagnati/e nei locali delle cassette di sicurezza ti informano che sono venuti a "caricare gli orologi", oppure, le signore, squittiscono, lamentandosi che la cassettina è troppo pesante. Ma io, con perfetto aplomb britannico ed in ossequio al culto della privacy, le lascio arrangiare e mi mantengo in disparte, per constatare infallibilmente che se la cavano benissimo.

Milone

Come sono graziosi i nostri gestori alle prime brune d'autunno. Li vedo sfilare nei loro abitini d'ordinanza, appena usciti dal guardaroba, come gli scolaretti alla ripresa delle lezioni.
Durante l'estate, troppi avevano attenuato il rigore della propria immagine ed indulto ad allentamenti del laccio della cravatta, fino alla rimozione della medesima.
Qualcuno, inibendo artificialmente la naturale sudorazione, ha "indossato l'abito" anche nei mesi caldi e spero che venga rimeritato in questa vita.
Infatti, chi non osservava, almeno la prima volta, queste pratiche da autoflagellati e chi non sapeva "portare il cilicio", si presentava allo sportello e - horribile visu!" ai clienti, con la camicia double face: corpo irregolarmente scuro e maniche chiare; qualche versione leopardata.
Un'idea per la prossima sfilata Max Mara.

Confini.

La signora che fa le pulizie in filiale, rigorosamente fino alle 9,30, sia pur modestissimamente vestita, è sempre rigorosamente in ordine e pulita. Porta sul capo un foulard, oggi rosa, a sottolineare la sua composta femminilità.
Fra l'attaccatura dei capelli sulla fronte e le sopracciglie porta una fascia bianca che la fa assomigliare ad una religiosa e che, probabilmente, ha la stessa simbolica funzione.
Svolge il suo lavoro con puntualità, applicazione, senza affrettarsi ma senza concedersi pause. Una mattina, entrando, l'ho rispettosamente salutata: non ha risposto ed ha continuato a svolgere il suo compito. Quando ha terminato, conduce il carrello con gli attrezzi e l'acqua insaponata lungo il salone, evitando di calpestare i tappeti; li ripone - suppongo - nell'apposito stanzino, dopo aver vuotato l'acqua nei bagni, si cambia e, senza mutare atteggiamento, si allontana.
Garbo e particolarità, senso della propria cultura ed identità pur nel rimuovere lo sporco degli altri, pensieri subordinati alle proprie necessità ed alla propria famiglia.
Restando così le cose, queste caratteristiche la accompagneranno decorosamente nell'esistenza. Ma se, domani, la sorte o la cattiveria alterassero la sua sussistenza e le mostrassero quel che già conosce, cioè l'assurdità della sua vita, se si trovasse sola anche nella piccola cerchia dei suoi affetti, immagino che potrebbe por termine alla sua vita con lo stesso imperscrutabile contegno, non essendo previste nella sua condizione e cultura, diverse "sistemazioni". Non diversamente dalla donne kamikaze. Con passione interiore ed obbligata responsabilità.

Profumo...di restaurazione.

Finalmente, ci sono riusciti. Alessandro profumo è stato costretto a dimettersi con il pretesto dell'accentuata influenza libica in Unicredit, che Cesare Geronzi, come un cavallo di Troia, gli aveva portato in dote all'atto dell'incorporazione della Banca di Roma.
Era stato Romano Prodi a chiederglielo insistentemente e lui, influenzato anche dalla moglie, funzionaria dei democratici, aveva accondisceso.
Nelle ridotte della vecchia banca, fin dall'inizio, si diceva che l'avevano raggirato, che era troppo ingenuo e manageriale per sopravvivere ai riti della finanza privilegiata. Infatti, subito dopo, scoppiò il bubbone dei subprime, che lo costrinse a fiondarsi al TG1 della 20 per "rassicurare i mercati".
Profumo era stato chiamato al Credito Italiano, una banca allora statica, di natura prevalentemente finanziaria, gestrice di grossi patrimoni e molto legata alla massoneria, alla quale aveva a sua volta aderito, come condicio sine qua non.
Per i primi dieci anni della sua carriera era stato un semplice impiegato.
Con piglio manageriale, aveva preso ad investire questi capitali, aveva sfruttato l'ultimo boom di borsa e si era prodotto in una vertiginosa performance, prima in Germania subito dopo la riunificazione e poi nei nuovi mercati est-europei. Si trattava, a ben vedere, di speculazioni finanziarie etero-dirette, ma efficaci e vincenti.
Poi la bolla si sgonfiò e si passò a scommettere sul prezzo di un titolo di tempo in tempo, per lucrarne la differenza a proprio favore e cumulare perdite corrispondenti, con in più le onerose commissioni specifiche. Si faceva così nelle borse agrarie per fissare un range sopportabile nel prezzo delle derrate alimentari, grano e patate soprattutto, fra i produttori prima e poi, nell'ambito delle borse agricole, da un raccolto all'altro.
La politica dei budget indusse molti riciclati gestori a sostenere l'affidabilità dei clienti, facendo loro sottoscrivere contratti sui derivati. Molte imprese sono andate in default.
Non so dire quanta sia stata la responsabilità del CEO e quanto abbia pesato il rifiuto a sottoscrivere i bond statali al 7-8% e quanto l'ostilità fredda e velenosa dell'Andreotti padano (Tremonti), ma sono certo che molto ha contribuito il generone stretto attorno a Cesare Geronzi. Costui è stato l'unico ad uscirne rafforzato.
Dotato di scarsa competenza bancaria, aveva retto il moccolo a Lamberto Dini in Banca d'Italia, ne aveva ospitato le strutture partitiche nei locali della Banca di Roma, con personale della banca.
Prima, aveva sostituito Ferdinando Ventriglia al Banco di Napoli; da lì, per conto di Andreotti, era passato alla Cassa di Risparmio di Roma e poi, sotto la stessa ispirazione, si adoperò per la creazione della Mediobanca de Sud. Fu allora che Andreotti fu inquisito e Geronzi cominciò una navigazione solitaria e procellosa, soprattutto per gli altri.
Ingaggiato Matteo Arpe, gli diede carta bianca, poi il benservito, ma con liquidazione da sbilancio societario. Ma lui, politicamente accorto, era già pronto a comprometterne un altro ed alla Mediobanca vera è approdato, solo per fondare "che Banca!", a beneficio di trecento - dico trecento - suoi clienti dell'ex banca. Oggi fa l'assicuratore, ma, con Banca Generali, ha già selezionato quella ed un'altra utenza privilegiata.
Profumo è stato un buon manager, pur non senza peccato, che però è stato investito da una pioggia di sassi da parte di peccatori incalliti.
Come diceva ieri sera l'ottimo Ferruccio De Bortoli, pur scottato e reso prudente da una precedente giubilazione: "in Italia non conta il merito, ma solo la capacità di relazionarsi".
Buona trasferta americana, probabilmente.

martedì 21 settembre 2010

Piagnoni.

Il Papa, in Inghilterra ha incontrato alcuni abusati dai preti pedofili, si è commosso ed ha pianto. Poi li ha nominati martiri della Chiesa. Lo aveva già fatto a Malta, senza investiture. In Irlanda sarà già tanto se i preti abusanti non passeranno per vittime dei loro bambini.
Poi come sempre,l'invito alla riconciliazione, all'indistinzione fra chi ha offeso e chi è stato offeso, segnato nella più tenera età, per sempre.
Se questi abusi, riservati alle pecorelle povere del gregge, non fossero stati denunciati dalla stampa tutto sarebbe continuato come prima e, come prima, continua e continuerà nei paesi più poveri e desolati dell'evangelizzazione inculcata per via empirica.
Il relativismo della perdonanza.

Milone

Da qualche tempo, mio vecchio amico, ho ripreso l'adolescenziale abitudine di scorrere i quotidiani sportivi. La cronaca e la politica nazionali non mi interessano più.
E' una lettura facile, superficiale e, devo dire, non dissimile da quella del portale del Credem'a me.
Le cronache sono tutte incentrate sul mercato, sulle scuderie, sui team, sulla situazione economica e sulle prospettive delle società, sugli ingaggi dei giocatori e del piloti, sui ricavi televisivi, pubblicitari e di merchandising.
Residuali, ormai, gli incassi al botteghino.
La bulimia televisiva rischia di indurre l'anoressia degli appassionati e dei tifosi, stregati e ipnotizzati, ad ogni ora di ogni giorno, davanti al teleschermo. A volte, durante la notte, come quando, giovani, rubavamo tempo al riposo per inseguire sensazioni vitalistiche, mentre oggi non vogliamo farci sfuggire il pathos di nessuna contesa reclamizzata, simili alle guerre in cinemascope, nelle quali i caduti sono, per noi spettatori, comparse scenografiche o remoti e prezzolati cercatori di emozioni con appresso la fotografia dei loro cari. Come vengono uccisi, così sono stati certamente procacciatori di morte. Per loro e per le loro vittime vengono lamentate le lodi alle qualità più uniche che rare che nessuno gli conosceva.
A volte, all'ora di pranzo, enfatizzando quel degradante fenomeno del pasto con il giornale aperto sul tavolo, sostituito da quello con gli occhi fissi sul televisore, insieme, casomai, agli ospiti tifosi.
Una tensione immaginifica agli obiettivi degli altri, mai vista prima, allorquando, al massimo, si incrociavano per strada delle coppie a passeggio la domenica, lei silenziosa ed annoiata, lui con un transistor appiccicato all'orecchio.
Le interviste ospitate dalle gazzette gladiatorie, poi, sono di un conformismo aziendalista da piccolo regime: tutti per il puntero, tutti al servizio del leader, come una costellazione intorno al sole, oppure tutti con l'allenatore, che casomai sarà cacciato di lì a poco, uniti in campo e nello spogliatoio, tutti per uno e uno per tutti e via scemenziando.
Trasparente la piaggeria, per continuare ad arricchirsi senza contraddire la sicumera proprietaria, di questi scampati per caso alla condizione di operai,che, in gran parte, per riflesso identificatorio, sono il loro popolo orante ed osannante e che intrattengono con il magnate proprietario un rapporto analogo a quello dei popoli politicamente arretrati nei confronti del loro dittatore, al quale basta affacciarsi al balcone e proclamare: "domani è festa!", "vinceremo!"

Milone

Oggi, caro Milone, ho preso visione di un questionario ad uso interno, la cui compilazione - viene ribadito via mail - è "Obbligatoria!"
Devono averci mandato, per un deprecabile errore, il regolamento interno di pace del tuo acquartieramento, in previsione di qualche parata probabilmente, come quella di domenica scorsa quando si sono esibite in televisione le Frecce tricolori e laddove l'unico elemento antiestetico era il ministro della difesa.
Quindici pagine fitte di domande fondamentali per il raggiungimento dell'eccellenza.
Chi, infatti, senza eccellere, può sapere se, alle ore 24, le insegne passano alla modalità crepuscolare e se si accende l'orologio per regolare la vita randagia dei biassanot?
Confesso di non sapere se le piante dei nostri giardini, ove presenti, siano soggette a manutenzione, presumendo che siano incombenze da giardinieri. Oppure ci si invita alla vigilanza ed alla delazione? Solo per le piante?
Si continua, investigando sullo spengimento delle luci a basso consumo, quando gli intimisti locali vengono abbandonati, se si spreca l'impegno condizionatorio, estivo ed invernale, dell'azienda, trascurando di chiudere le finestre ed i vasistas, se i davanzali sono puliti, l'imbottitura delle sedie macchiata o strappata, se le pareti ed i soffitti presentano ragnatele e, soprattutto, se i posti auto riservati ai clienti, vengono invece abusivamente occupati dalle maestranze.
Ma forse, caro Milone, non del tuo rustico acquartieramento si tratta, bensì delle disposizioni impartite ai famigli degli augusti castellani proprietari.

Milone

Caro Milone. ho letto la letterina della cliente catanese, suggestionata dalla nostra cortesia.
Il caffè pagato è una cortese abitudine meridionale; addirittura la colazione gratuita al bar del paese per gli amici, anche se ospiti a pagamento, del boss locale. E' un costume al quale non ci si può sottrarre, senza innescare animose suscettibilità. Si tratta di costumi antichi, legati all'obbligo dell'ospitalità, anche se vigile ed omertosa.
Ma il buono benzina di benvenuto è, Credem'a me, un costume nostrano - devo ritenere - che, te lo segnalo, ha urtato un po' la suscettibilità del personale viaggiante.
Quanto al rapimento amoroso della gentile e viziata cliente, durerà lo spazio di un prelevamento allo sportello, al massimo quello di un estratto conto, quando prenderà visione dei balzelli padani.
Così è l'amore: ci si sposa in un profumo di primavera e poi...si paga tutto.

domenica 19 settembre 2010

Processi e parabole.

Sono consapevole di stare scrivendo l'ultimo capitolo della penultima parte della mia vita, o, semplicemente, di rappresentarmela per poi descriver(me)la. Dal punto di vista della memoria, constato che quanto con impazienza attendevo è passato e che anche la privazione si è sedimentata in concetti, illusori come qualsiasi altra rappresentazione. Prima non c'è stato nulla e nulla ci sarà dopo; nel mezzo emozioni, sensazioni adeguamenti ed inadeguatezze, oggi accantonate per non soffrire ancora, né rimpiangere. Uno scrittore crepuscolare recentemente scomparso asseriva che ci si accorge di essere vecchi quando si avverte la riduzione del proprio spazio, in ogni ambito. Quando la propria presunta identità viene contraddetta. Se venisse solo contraddetta dai fatti non bisognerebbe rammaricarsene, se non intimamente, ma purtroppo, in questa epoca neo-pagana, si affannano e ci affannano neo tecnocrati, elaboratori di filosofie eugenetiche ed eugeneticamente utilitaristiche. So bene che non esiste antidoto che non sia una sovrana indifferenza e che bisogna evitare di farsi risucchiare in polemiche strumentali, ma questo non solo non sempre riesce, ma, talvolta, non è neppure possibile ed opportuno. Così si gonfiano pochi contenuti necessari di superflue tossine e, soprattutto, di superflue verbosità. Da questo nulla, l'intossicazione dell'anima, la dilatazione del corpo, la depressiva mestizia, come se, proprio dal nulla potesse essere intaccata la nostra vitalità, fisica e spirituale. Da questo nulla siamo purtroppo circondati. E che pena continuare a convivere con riflessi di costumanze primitive, antiche ed attuali, che si reiterano sempre uguali fin sul confine dello spegnersi della vita, mentre di tanto in tanto se ne avvertono le identità personali, assunte inconsapevolmente e di riflesso, anche se si presumeva di essersene estraniati; che pena verificare ancora l'inadeguatezza ed inaffidabilità ad affidare le proprie pene ad anime non all'altezza e pronte ad incrementare la pena anziché alleviarla. Ciò, non di meno, siamo colti a volte da accessi di allegria, tanto assurdi quanto irrefrenabili, anche se brevi, e così, ridendo, dipaniamo il filo della nostra vita, accingendoci a svolgere l'ultimo rocchetto.

sabato 18 settembre 2010

Milone

Mi è giunta, via posta elettronica, una comunicazione della fantomatica FABI del Credem'a me, contenente un anodino messaggio sulla positiva conclusione della trattativa sulle assicurazioni, in caso di infortuni e malattie, per il personale. Nella sintetica nota informativa si soggiungeva che i particolari erano ancora da definire, cioè che il testo definitivo, approvato e sottoscritto dalle parti, era ancora nella mente di Giove. Non si nascondeva profonda soddisfazione indeterminata. Attendo di conoscerne i termini, anche perché, precedendo la concorrenza, mi troverei nella condizione di essere investito da richieste specifiche e personali e dovrei limitarmi ad esprimere la mia soddisfazione.
Nel maggio, assolato e tiepido, del 2009, in quel di Reggio Emilia, presso la Direzione, parlavo anche di te, Milone, quando mi fu rassegnato che, in passato, la FABI nazionale aveva indetto una manifestazione contro il Credem. Non ero ignaro dei sommovimenti che, tempo per tempo, si creavano con e nelle banche e, nello specifico, ricordo un'iniziativa che coinvolse anche il SAB - sindacato autonomo bancari - di Bologna. Facevo parte, infatti, della struttura di coordinamento regionale.
La FABI, se vogliamo andare al nocciolo della sua essenza, , non è un sindacato barricadero; a volte ha alzato i toni, soprattutto in Rolo Banca, perché costituiva una delle sue roccaforti, ma un'iniziativa del genere, ai massimi livelli, mi risultava inusuale.
Non ne conosco a tutt'oggi i moventi, ma se tanto tempo non è passato invano, nella frequentazione partecipe delle strutture sindacali, posso argomentarne che si sia trattato di un tentativo, condotto al vertice, di accreditarsi come sindacato di riferimento di una banca che, attraverso novazioni cicliche, era giunta, allora su basi territoriali ancora circoscritte, a costituire un'anomalia societaria, per l'avvenuta acquisizione da parte di un importante gruppo industriale. La normativa sulle banche era in via di revisione e la FABI voleva cavalcare l'onda, dal suo punto di vista di primo sindacato categoriale. Nell'ottica della non interferenza nell'organizzazione interna, credo che non sarebbe cambiato nulla, rispetto alla corporativa - di fatto - concertazione attuale.
"Purtroppo", però, nessuno può negare la sua natura profonda, le sue convinzioni più intime, anche se il calcolo glielo consiglia. La FABI è un sindacato monetarista, uso a tradurre tutto il traducibile in accordi economici, sorvolando su molti - non su tutti - contenuti normativi. E questo, in Credem'a me è come costituire una setta eretica durante l'Inquisizione.
Da quanto precede - ritengo - la delusione e la pubblica rimostranza.
Cambiano i tempi e, con essi, i costumi pubblici, ma non la memoria ancestrale e, con essa, gli appetiti, ma quando ci si limita ad un frettoloso "fumus satisfactionis", vuol forse dire, come allora, che "nun c'è trippa per li gatti".

Caratteristiche..morali.

C'è una caratteristica che ci apparenta ai bar, lungo il passeggio promiscuo di via dell'Indipendenza. Sotto i portici sciama una umanità varia e raccogliticcia, fatta di raffinate praticanti lo shopping ricercato e quello discount dei poveri e dei ragazi ancora agli studi. Ad ogni civico, un negozio o un luogo di ristoro.
Lungo il tragitto è normale che taluni accusino l'impellente bisogno di utilizzare Le ritirate, previste, obbligatoriamente dai regolamenti comunali, dopo l'infausta abolizione dei vespasiani, che rassicuravano le passeggiate dei vecchi, ma non erano a norma sanitaria.
Sta di fatto che gli esercenti, da quando le loro latrine non sono più ben frequentate, per la presenza di marginali ed extracomunitari, negano di avere il bagno o dichiarano di avercelo perennemente guasto.
Anche al Credem, al civico 22, il bagno reca sulle porte (ENTRAMBE) un cartello con sopra scritto: GUASTO!!!
Sembra che anche da noi si sia tentato di stringere un cordone sanitario nei confronti di due signore, madre e figlia, che avrebbero scambiato la filiale per un diurno. Una volta avrebbero addirittura intasato le condutture e che, comunque, "sono sempre sporche e trasandate".
Ho conosciuto le due tapine: la madre straparla con proprietà, la figlia, in piena estate, veste ancora con il cappotto. Ma, a parte una pomata in crema verdastra sul viso della madre, non presentano altre menomazioni - se non psicologiche - evidenti.
Ma si sa, guardalo bene, guardalo tutto, l'uomo ( e la donna ) senza un quattrino, come l'è brutto!

giovedì 16 settembre 2010

Milone

E' tempo, Milone, senza tralasciare l'uso della satira che i tempi strettissimi di redazione mi consentono, di tentare di approfondire la natura ed il costume del Credem'a me, del quale oggi faccio parte e del quale aspiro a comprendere quanto mi sarà possibile, così come ho fatto nelle altre fregolesche entità che ho frequentato.
Mi pare di cogliere qualche affinità, forse qualche influenza. Sono le metodiche stantie e pigre dell'egoismo e del potere, anche in forme caricaturali.
Mi è chiaro che l'analisi richiederebbe ben altre conoscenze, ambientali e storiche.
Farò come potrò e saprò, sempre con onestà verso me stesso.
Cercherò di investigare le ragioni antiche e recenti di una staticità sostanziale, conservativa ed opulenta. Per ora - è ormai ora di consumare un frugale ed intossicante pasto - posso solo esprimerti una sensazione: quella di essere passato dalle squallide clientele della Banca di Roma, ad un crogiolo ristretto intorno ad una proprietà dinastica, oggi coagulata anche negli assetti azionari, residuali intorno a un grande sole.
Dal generone andreottiano ai sodali del Resto del Carlino.
Con beneficio d'inventario.
Pier Paolo

Milone

Ciao Milone, scusa l'assenza.
Siamo ancora qui, mentre tutto scorre, un po' ammaccati, ma felici.
Se tutto deve andar male, che vada sempre così.
La settimana scorsa ero privo del computer perché destinato all'implementazione documentale delo schedario dei clienti ed alla selezione dei conti chiusi da destinare all'ossario.
Dopo un fugace contatto visivo con il Direttore generale, dal video di un collega, dal quale desunsi che avevamo sovraperformato la performance, sono stato colpito, non tanto dalla salica tavola dei valori di RISUM, quanto dall'immagine scelta per raprresentarne la piramidale struttura, così simile a quella dei poliziotti motociclisti alle parate. Omen-nomen.
Seguiva la regata fra le opportunità del Credemleasing. Di scocca e di bolina, passando per mutui ed accrediti degli stipendi dei dipendenti, la navigazione ha conseguito i suoi pirateschi obiettivi, senza formalizzarsi, quando è stato opportuno, con i ménages a trois.
Il nostro paese è piccolo, tutti sanno tutto degli altri e stringono, all'occasione, alleanze opportunistiche. Poi si gloriano: deve essere la cultura del risultato.
Giovedì scorso ho colto un insolito fervore, che mi è sembrato cospirativo.
I Gestori gesticolavano fuori dai loro box, con la camicia rigonfia, a sua volta fuori dai pantaloni grigi o bleu, spiegazzati per il troppo uso; non coglievo i contenuti dell'improvvisa riunione, fino a che ho sentito uno stentoreo: "io sono pronto anche a volantinare", ripetuto due volte.
Che succede - ho pensato - il mondo si rivolta? Hanno preso coscienza della loro condizione di lavoratori? Il Credem non sarà più come prima.
A sera, il fiero intento era già deposto e solo quando ho visto gli sbuffanti colleghi operativi, ho capito: da volantinare erano delle riproduzioni di ciabattine infradito, di quelle che si usano al mare e che provocano spesso delle escoriazioni cutanee. Come si suole dire: "in medias res".
Mi sa che resteremo lì, con passione e responsabilità ostentate, nel tendere all'eccellenza.
Mi si pongono degli interrogativi che, con calma, esaminerò e poi, se vorrai, te ne renderò partecipe, i primi dei quali sono: è tutto oro quel che luce? E noi, Credem'a me, di che luce brilliamo?
A presto, vecchio mio.