martedì 21 settembre 2010

Milone

Da qualche tempo, mio vecchio amico, ho ripreso l'adolescenziale abitudine di scorrere i quotidiani sportivi. La cronaca e la politica nazionali non mi interessano più.
E' una lettura facile, superficiale e, devo dire, non dissimile da quella del portale del Credem'a me.
Le cronache sono tutte incentrate sul mercato, sulle scuderie, sui team, sulla situazione economica e sulle prospettive delle società, sugli ingaggi dei giocatori e del piloti, sui ricavi televisivi, pubblicitari e di merchandising.
Residuali, ormai, gli incassi al botteghino.
La bulimia televisiva rischia di indurre l'anoressia degli appassionati e dei tifosi, stregati e ipnotizzati, ad ogni ora di ogni giorno, davanti al teleschermo. A volte, durante la notte, come quando, giovani, rubavamo tempo al riposo per inseguire sensazioni vitalistiche, mentre oggi non vogliamo farci sfuggire il pathos di nessuna contesa reclamizzata, simili alle guerre in cinemascope, nelle quali i caduti sono, per noi spettatori, comparse scenografiche o remoti e prezzolati cercatori di emozioni con appresso la fotografia dei loro cari. Come vengono uccisi, così sono stati certamente procacciatori di morte. Per loro e per le loro vittime vengono lamentate le lodi alle qualità più uniche che rare che nessuno gli conosceva.
A volte, all'ora di pranzo, enfatizzando quel degradante fenomeno del pasto con il giornale aperto sul tavolo, sostituito da quello con gli occhi fissi sul televisore, insieme, casomai, agli ospiti tifosi.
Una tensione immaginifica agli obiettivi degli altri, mai vista prima, allorquando, al massimo, si incrociavano per strada delle coppie a passeggio la domenica, lei silenziosa ed annoiata, lui con un transistor appiccicato all'orecchio.
Le interviste ospitate dalle gazzette gladiatorie, poi, sono di un conformismo aziendalista da piccolo regime: tutti per il puntero, tutti al servizio del leader, come una costellazione intorno al sole, oppure tutti con l'allenatore, che casomai sarà cacciato di lì a poco, uniti in campo e nello spogliatoio, tutti per uno e uno per tutti e via scemenziando.
Trasparente la piaggeria, per continuare ad arricchirsi senza contraddire la sicumera proprietaria, di questi scampati per caso alla condizione di operai,che, in gran parte, per riflesso identificatorio, sono il loro popolo orante ed osannante e che intrattengono con il magnate proprietario un rapporto analogo a quello dei popoli politicamente arretrati nei confronti del loro dittatore, al quale basta affacciarsi al balcone e proclamare: "domani è festa!", "vinceremo!"

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