giovedì 31 gennaio 2013

Fantasmagorie.

Un fantasma si aggira per l’Italia. È un fantasma che passa di bocca in bocca, che rimbalza dalle cronache ai convegni, che entra ed esce dalle pieghe di ogni discorso, che fa da premessa ad ogni ragionamento, che olia gli ingranaggi di qualsiasi riflessione sul "rinnovamento" italiano. È il fantasma del "merito". Se ogni italiano potesse avere un euro per ogni volta che si evoca il merito, avrebbe il merito di diventare ricco senza alcun merito, esattamente come i ricchi che ad ogni passo gli sventolano la parola "merito" sotto il naso. Se lo stesso italiano avesse un po’ di memoria storica, peraltro, saprebbe che la fregatura aleggia nell’aria, come ogni volta che una parola fa irruzione nell'Agorà e ne prende il controllo, ripetuta ossessivamente, mai spiegata o argomentata. Un dogma: il merito. Erano gli anni Novanta quando passò a volo radente, bombardando a tappeto la popolazione, la parola "flessibilità". Dal ministro Treu (primo governo Prodi) in poi, quella febbre contagiò tutto e tutti, con il risultato di produrre quaranta diversi tipi contrattuali di paraschiavitù a tempo determinato. Una volta diventato più moderno e flessibile, il Paese ne avrebbe guadagnato in efficienza e ricchezza, e si è visto. Dopotutto anche farsi amputare una gamba è un buon sistema per perdere peso. Quando si cominciò a pronunciare la parola "privatizzazioni" fu chiaro a tutti che i monopoli sarebbero diventati società per azioni pur restando monopoli. Dunque, se avessimo un po’ di memoria nel nostro bagaglio, guarderemmo al nuovo mantra sul "merito" con almeno un pizzico di perplessità. E invece: un tripudio. Eppure, la balzana pretesa di una società basata ideologicamente sul "merito", smaschererebbe un celato proposito. La meritocrazia risulterebbe, infatti, la campana a morto della democrazia: non più il governo del popolo, ma il governo dei migliori, gli "aristoi", che voleva dire, semplicemente, i pochi. Già, migliori a fare cosa? Allacciate le cinture, partiamo. Se stiamo decollando o atterrando con un aereo, un caro e accorato pensiero andrà al "merito". Anche se non ce ne rendiamo conto, un angolino del nostro cervello sta pensando al pilota, al fatto che è meglio che sia un tipo in gamba e non soltanto, per dire, il fidanzato della figlia dell’amministratore delegato o del capo del personale della compagnia aerea. È la stessa cosa che amiamo pensare del chirurgo che ci opera, dell’autista dello scuolabus dei nostri figli, del macchinista del Frecciarossa o del nostro consulente finanziario. Il merito inteso come capacità di fare quello che si sta facendo, insomma, è un dato che si dà per acquisito, cui la popolazione tiene parecchio, se non altro per autodifesa. Il discorso si fa più complesso nell’attuale situazione italiana, quando a reclamare merito sono le classi dominanti. Esse non invocano quasi mai il merito per sé (danno per scontato che, abitando in cima alla piramide sociale, il loro merito sia conclamato), ma per tutti gli altri, e segnatamente per quelli che potrebbero eventualmente, un giorno, prendere il loro posto. Il paradosso del "merito" così come viene oggi sbandierato è assai divertente e istruttivo. Si tratta, sulla carta, di far progredire i migliori. Ma a decidere chi siano i migliori è la struttura gerarchica già in essere, spesso formatasi prima dell’avvento del discorso sul merito o formatasi su meriti diversi da quelli ufficiali. Dunque, anziché l’apertura di una prospettiva, il merito diventa una corsa a ostacoli, con siepi, muri e barriere ben piazzati per scremare, selezionare, arrestare la corsa dei presunti "meritevoli", di cui si valuta il merito. Ma stabilire i criteri del merito è già un discorso sul merito. Nulla svolge maggior funzione antisindacale degli assegni di merito nella struttura retributiva del mondo operaio e impiegatizio. Un premio per i puntuali, per chi non sciopera, per chi non pianta grane, per chi non si mette in malattia nemmeno con la febbre, per chi accetta senza fiatare l’aumento dei tempi. Merita di più non chi "sa fare", ma chi ubbidisce. Per non parlare delle retribuzioni evasive dei contributi previdenziali, arcaicità e primitivismo del lavoro salariato, che, infatti, sopravvivono nel mondo servile domestico e in quelli assimilabili ad esso. Entriamo ora in qualunque ufficio dell’Italia moderna, in quel terziario avanzato che arretra, nell’antica modernità dei contrattini a scadenza, dove migliaia di giovani laureati, colti, sapienti, maneggiano fotocopiatrici dando prova della loro perfetta conoscenza della lingua inglese (on, off, print). Il merito potrà essere così valutato: disponibilità a lavorare oltre l’orario, disponibilità a restare a casa qualche settimana o mese tra un contratto e l’altro, svolgimento di mansioni da lavoratore dipendente anche senza le garanzie previste e, non di rado, disponibilità a sostituire, con forte riduzione di diritti e salario, i lavoratori espulsi. Non c’è dubbio che, per l’azienda, siano gran meriti e che il refrain "premiare il merito" abbia qui una sua diretta e incontestabile validità. Il "premio" al merito (naturalmente al merito così come lo intende l’azienda) non è più un’aggiunta paternalistica a un diritto-base, ma la conferma stessa di quel diritto: il rinnovo del contrattino, che diviene, dopo la sedimentazione sine die del rapporto di lavoro, il sostituto di quel diritto-base, in forme retributive, organizzative, di mansioni informali, di carichi e ritmi di attività, scaricando ogni impegno strutturale sui singoli subordinati, scambiando il senso della speculazione e dello sfruttamento, con quello del merito . Del resto, parlare di merito in Italia appare un’operazione piuttosto complessa. Basta prendere l’elenco dei partecipanti ai convegni, simposi, assemblee e congressi dei giovani imprenditori italiani. La parola "merito" affolla i loro discorsi, spesso pronunciata con toni tribunizi, accenti da Savonarola, ultimatum. Premiare il merito! Riconoscere il merito! Valutare il merito! Il paese è fermo perché non si tiene nella dovuta considerazione il merito! Poi, a scorrere i cognomi degli indignati domandatori di merito, si scopre che nove volte su dieci il merito della loro invidiabile condizione sociale è attribuibile alla rendita di posizione, all’eredità del babbo o del nonno che hanno fondato l’azienda, ai soldi di famiglia con cui hanno fondato la startup. Insomma ai meriti – o alle posizioni di privilegio – di altri. Un paese ereditario, dove il 40 per cento degli architetti ha il padre architetto, dove le farmacie si tramandano di padre in figlio come nelle corporazioni del medioevo, dove fare il notaio è missione impossibile per chi non discenda da lombi di notaio – abbiamo notai dop, come vini e formaggi – si sta accapigliando per imporre la parola merito. Un chiaro caso di intossicazione di massa: qualcuno ha sciolto dell’acido negli acquedotti e tutti sono ubriachi di meritocrazia. Sui meriti attuali, invece, si tende a sorvolare. Non perché non se ne parli o perché non raggiungano l’onore delle cronache, ma perché si tende subito a correre in soccorso dei meritori, difendendoli dalla "colpa" d’essere figli di, nipoti di, mogli, cognati. Per dire, sui due lavori (non precari) della figlia della ministra Fornero (nella stessa Università dove insegnano mamma e papà, peraltro) si è polemizzato non poco. Anche della liquidazione milionaria (3,6 milioni di euro), dopo un anno di lavoro, del figlio della ministra Cancellieri (presso Fondiaria-Sai di Salvatore Ligresti) si è detto, specie ricordando che la ministra aveva baritonalmente tuonato, a suo tempo, che i giovani d’oggi vogliono la pappa fatta. In questo caso ci si affretta a dire che sì, avranno avuto la strada spianata, ma sono tanto bravi, che colpa ne hanno? Si possono forse penalizzare? Gli altri, quelli bravi ma senza famiglia adeguata, che si arrangino. Diciamo dunque che c’è merito e merito: quello turbo, supportato dalle condizioni sociali, e quello semplice, magari eccellente e comprovato, ma – ahimè – non piazzato già in partenza su un poderoso trampolino. Sulle prebende dei vari rampolli blasonati, sui fortunati eredi di rendite accumulate dalle precedenti generazioni, insomma, si argomenta ogni giorno, anche menando qualche scandalo, ma senza apparenti vie d’uscita. Tutti giovani di merito, s’intende, e tutti con il merito di avere lussuose corsie preferenziali. Ecco: non è vero che l’ascensore sociale è fermo, semplicemente è completo, occupato dalla nomenklatura, e la gente normale usa le scale, faticosamente e sbuffando. Mentre arranca, gradino dopo gradino, si sente gridare da chi sta salendo in ascensore: merito! Coraggio! Ci vuole merito! Non risulta dalle mie pur capillari ricerche, un figlio di ministro o sottosegretario, o grande manager pubblico o privato, o maggiorente di ogni tipo, che frigga le patatine da McDonald o consegni pizze a domicilio. Sono pronto a fare penitenza se mi si dimostrasse il contrario, anzi, in quel caso ne prenderei due, con le acciughe. Naturalmente il discorso del merito non è tutto qui. Anzi, quello descritto è solo un effetto collaterale. È proprio perché la classe dirigente italiana ha poco o nulla a che vedere con il merito che il discorso sul merito attecchisce rigoglioso. Ed eccoci al secondo paradosso sul merito. La popolazione che non raggiunge i piani alti invoca il merito, il concorso non truccato, la posizione guadagnata per capacità e non per appartenenza castale, il duro lavoro anziché la strada spianata. Ne ha abbastanza dei privilegi, delle carriere già disegnate, delle corsie preferenziali. E dunque, ipnotizzata da una prospettiva di giustizia sociale basata sulla competizione, invoca il merito non sapendo o fingendo di non sapere che il suo merito verrà valutato proprio da chi sta in alto. Lo schiavo costruttore di piramidi si indigna perché, portando due pietre, ha lo stesso trattamento dello schiavo che ne porta una. E chiede al guardiano armato di frusta di intervenire per senso di giustizia. Quando non si tratta di un falso schiavo, tirocinante breve, che (fa) chiede(re) allo schiavo fustigatore di intervenire contro momentanei intoppi contingenti. Ed è sulla valutazione del merito – di più, sulla gentile concessione di una valutazione del merito – che s’avanza il terzo enorme paradosso del merito, il più clamoroso, il più evidente e il meno esplorato. Prendiamo ad esempio una gara olimpica: i cento metri piani. Mettiamo sulla linea di partenza Usain Bolt, il grintoso velocista giamaicano, e un giovane di pari età con una gamba ingessata e uno zaino di cento chili sulla schiena. Ecco: all’arrivo applaudiremo il vincitore e gli riconosceremo il merito della vittoria. Fatto? Perfetto: eccoci (auto)servita la squisita specificità italiana del discorso sul merito. Perché con la stessa festante sicumera con cui si invoca il merito, si respinge, al contempo, qualunque possibile riferimento a una parola antica e desueta, poco moderna e impolverata, nostalgica e ideologica: uguaglianza. Parlare di merito senza parlare di uguaglianza, si configura come una truffa con destrezza. Truffa, perché il discorso contiene un oggettivo premio di maggioranza per chi già è favorito per posizione sociale, tradizione familiare, disponibilità economica. E destrezza perché si tenta di convincere chiunque sia appena poco più che totalmente imbecille che il farsi strada nel mondo dipende da lui soltanto, dalla sua capacità, dal suo merito e non dalla struttura della società, dai suoi meccanismi profondamente ingiusti e dei quali i regolamenti di Monsignor della Casa sono insieme mascheratura e esibito discrimine. In pratica, qualunque discorso sul merito che prescinda dal discorso dell’uguaglianza non è altro che un chiaro disegno conservatore, volto a conservare, appunto, gli equilibri esistenti. Non sfuggirà a nessuno, del resto, l’esilarante balletto delle previsioni che periodicamente indicano ai giovani i più fruttuosi e promettenti rami di studio. La laurea, il miraggio di promozione sociale dei baby boomers, non bastava più. Ci voleva il master. Possibilmente il master all’estero. Trovandosi poi un esercito di laureati e masterizzati a far fotocopie in ufficio, ci si pose il problema di consegnare a man bassa lauree brevi. Poi si disse che un buon diploma sarebbe stato meglio. Poi si arrivò a dire che un buon lavoro manuale avrebbe pagato di più. Ora, che abbiamo un gran bisogno di idraulici, di infermieri e di piastrellisti, dei quali sarà assai più facile valutare il merito. E soprattutto meno rischioso per chi potrebbe essere insidiato dalle loro capacità. Bello, eh, il merito! Allora, perché questo tentativo preventivo e preveggente di (ri)creare tanti "nuovi" proletari, prima che, con metodi spicci, siano respinte al mittente le aspirazioni di tanti "pretenziosi" intellettuali, che forse non se ne darebbero una spiegazione convincente? Gli attacchi al diritto allo studio, i tagli della signora Gelmini, le ironie della signora Fornero sui giovani «choosy» che è meglio si accontentino e l’aumento delle rette universitarie (quest’anno, 7 per cento in più rispetto all’anno scorso, in media) dicono proprio questo. Che il merito è una grande tosatura delle insulse pretese della piccola e media borghesia, che aspirava a diventare ceto medio e viene ricacciata in basso. Perché non merita. E poi, per chiudere il cerchio, ecco l’ultimo paradosso dell’inganno del merito. E quelli che non meritano? In una società così pervicace e feroce nel premiare il merito, che fine farà chi proprio non ci arriva? Chi non sa fare e forse non saprà mai, chi rimane indietro, chi rifiuta il meccanismo, chi non è dotato? Un’enorme rupe Tarpea potrebbe essere una soluzione abbastanza moderna? Un grande penitenziario per i non meritevoli? Un’isola? Un confino? Andiamo, in fondo non sarebbe un prezzo troppo caro per una società di tipo "neo" etico e classista, ma anche incontestatamente razzista, basata sul nuovo-vecchio feticcio del secolo XXI. Il merito.

Chi e che cosa manca.

Tutte le politiche del lavoro di tutti i governi degli ultimi vent'anni hanno concorso a determinare il disastro attuale. E tutte le ricette in continuità con esse, flessibilità competitività blablabla, cioè quelle delle principali coalizioni che si contendono il governo del Paese, sono inutili, sbagliate, dannose. Ma tutto questo non avviene, anche perché mancano all’appello coloro che per funzione per primi dovrebbero sollevare scandalo ed indignazione per tutto questo. Il grande comico Petrolini una volta si trovò in teatro uno spettatore che dalla galleria lo insultava.. Ad un certo punto interruppe la recita e si rivolse al disturbatore dicendo: io non ce l’ho con te, ma con chi ti sta vicino e non ti butta di sotto! I grandi sindacati confederali hanno accompagnato con i loro accordi questi troppi anni di ritirata dei salari e del lavoro, a volte ottenendo come scambio vantaggi di ruolo e potere. I lavoratori andavano indietro, ma il sindacato confederale andava avanti sul piano istituzionale. Il disastro dei salari ed il declino economico sono dunque anche figli delle politiche di moderazione rivendicativa, di concertazione e complicità, che hanno prevalso in questi ultimi decenni nel movimento sindacale. Grazie a queste politiche, per lungo tempo l’organizzazione del sindacato confederale non ha risentito del peggioramento delle condizioni del mondo del lavoro. Finché Monti ha ufficialmente affermato che si poteva fare a meno anche di quello scambio, il consenso sindacale non era più necessario, si potevano massacrare le pensioni senza accordo. Così dopo la ritirata del lavoro è cominciato il vero declino sindacale. Non è vero che i sindacati non servono, ma è vero che il sindacato che pensa di sopravvivere continuando ad accettare le compatibilità e i vincoli economici degli ultimi vent'anni non serve più a niente. Neanche a se stesso.

martedì 29 gennaio 2013

Movimenti magmatici.

Il modello di governo nelle regioni rosse è in crisi dalla dissoluzione del fronte comunista, dall'ibridazione della gioiosa macchina da guerra, dall'arroccarsi dei compagni duri e puri nella vecchia organizzazione d'apparato. Le indiscrezioni circa un costume flessibile e più disinvolto dei "revisionisti" - non ricordo neppure più come si chiamavano all'origine - sanzionavano i "mazzettari" esclusivamente fra questi ultimi. I vecchi compagni di Rifondazione comunista, oggi trasformatasi in Rivoluzione civile, asserivano, però: anche noi rubavamo in forme occulte e Primo Greganti non parlerà, neppure sotto tortura, perché così sono stati allevati i nostri Quadri, in particolare quelli nelle posizioni più delicate. Chi me lo ha detto? Un vecchio e caro sindacalista della Cgil, osservante di una prassi che sentiva violata e desideroso di confidarsi. D'altra parte, che pensare di fronte a una minaccia di sbranamento? A suo tempo, D'Alema, ma anche Occhetto, minacciavano querele ad ogni refolo di vento. Non voglio credere all'influenza giudiziaria sulle competizioni elettorali, ma questa rivelazione renderà ancora più incerto il risultato delle urne. Il bipolarismo italiano sembra sistematicamente risospinto verso un centro asociale e clientelare e la prospettiva di un rapido ritorno al voto, dopo aver negoziato il Presidente della Repubblica acconcio e qualche altro pateracchio, da ridiscutere, si fa, fin d'ora, molto concreta, senza contare gli effetti dell'ingerenza pesante e dissimulata della Ue, e della Germania in particolare, nelle nostre vicende nazionali. La democrazia, se non la si riduce allo stupidario e al consumismo discount, è monca. Il default del Monte dei Paschi di Siena, nasce dallla combinazione, quanto elettorale e quanto effettivamente politica, non saprei, della componente già comunista che del Monte era l'effettivo Consiglio di amministrazione, nelle vesti della Fondazione comunale e provinciale e i democristiani di sinistra, tutti moralità e clientele, concentrati nella Banca Antonveneta. Ricordo di quando, nella Sede unica della Banca Antoniana di Padova, arbitrai un incontro eliminatorio di ping pong fra i colleghi patavini e altri bancari concorrenti. Era un sabato e doveva essere il 1981. Arbitrai anche le finali, a Senigallia, fino alla semifinale. La finale fu vinta dalla Direzione centrale del Banco di Roma, che schierava dei professionisti, parcheggiati in esornativi locali di via del Corso, così come aveva il campione nazionale di pugilato, Patrizio Oliva, in portineria, a Napoli e calciatori di serie B e C, che col posto in banca avevano favorito la conquista di tre campionati interbancari e avevano personalmente accusato un tracollo economico. Bei tempi di baldoria...qualcuno ricorderà la vittoria nella Coppa dei campioni di basket del Banco di Roma, che i romani inneggiavano omettendo la banca. Oggi, al centro sportivo di Trigoria, dove il "libero" della Roma, tale Losi di cui non ricordo il nome proprio, allenava la nostra squadra di pallone, militante in serie D e dove , per anni si è allenata la Nazionale, c'è il centro per massaggi frequentato, nelle intercettazioni, da Bertolaso, quello della protezione civile. Nei sali e scendi dell'economia, l'importante è navigare sugli eventi e, potendo, sterzare per tempo. Chi si identifica sul serio, con un obiettivo retorico, è un burattino, in ogni ambito. Le ripetute fusioni del Banco di Roma, pilotate verso un approdo da Mediobanca meridionale da Cesare Geronzi, per conto di Andreotti, in procinto di essere inquisito per mafia, dalla cui trafila giudiziaria è uscito con ben altra maliziosa "espertise" del "ragiunat" di Arcore, deviarono verso altri strani lidi, con l'aiuto del Presidente del Consiglio Dalema, che non si interruppe neppure quando non lo fu più. Geronzi lo rivela in "Confiteor"; non lo avrebbe fatto se fosse stato ostativo ad un suo recondito interesse, o al di fuori della sua sapiente tessitura, che comprende tutto lo spettro politico. Ebbene, l'improvvida acquisizione della Banca Antonveneta e le mazzette che certamente remunerarono la sperimentata confraternita dei favori e dell'arricchimento privato con i soldi delle comunità nazionali o locali, costituì il matrimonio fra la bottega cattolica - anzi, di una catena dell'emporio confessionale - con la Chiesa rossa riformata e sbiadita, subordinatasi ai mediocri poteri domestici. Temo che anche l'Unipol di Consorte non sia stata estranea alla partita. Domani, non appena, sotto le mentite spoglie dei (Tre)Monti-bond, la più antica Banca d'Italia, di solo un anno più antica del fu Credito romagnolo, sarà nazionalizzata, in spregio a tutte le ipocrisie da purezza mercatoria, per quei dipendenti, le condizioni, già più che buone, diventeranno ottime, come per chiunque lavori protetto dai più che garantisti regolamenti statali. Sarà interessante investigare se, in un eventuale Governo di Centro-Sinistra, l'indiscutibile alambicco dei flussi di denaro assumerà le vesti paludate del "superiore" interesse pubblico e continuerà, per questa via, ad alimentare una delle due principali correnti della politica italiana. La destra, infatti, ha altre e ben più pingui fonti di reddito ed approdi bancari differenti. Dopo le dimissioni del "rosso" Mussari, incombe la nomina, ai vertici dell'A.B.I., di Antonio Patuelli, Massone di provincia, già deputato liberale e noiosissimo notista del Resto del Carlino,Presidente della Cassa di Risparmio di Ravenna, quindi, come già Malgodi, che fu Funzionario della Banca d'Italia ( il luogo più comodo dove svernare, quando il clima è tempestoso, diceva. Infatti era il periodo bellico e resistenziale ) a salvaguardia, in questa Babele finanziaria, degli interessi di nicchia e localistici. Credem'a me.

domenica 27 gennaio 2013

Che ne è stato dello spread?

Lo spread, il famigerato spread, che cominciò a "schizzare" improvvisamente sui grafici e fu assunto, con un atto di fede, a misura e giustificazione della povertà e delle ingiustizie sociali che un Governo di autodefiniti tecnocrati avrebbe imposto, senza colpo ferire, alle classi subordinate di questo paese, per infrangersi sulle leggi anticorruzione, è diventato inerte e non se ne parla più. E' basso, stabilmente basso e immobile, pur col Governo paralizzato nelle sue intenzioni ed in presenza di polemiche roventi e scandali continui che, mi dispiace doverlo ammettere, sembrano proprio venire alla luce in coincidenza con il prevalere nei sondaggi di questo o di quello e contribuire ad aumentare l'incertezza "bipolare", favorendo un ripiegare su un centrismo monastico e clientelare. Eppure, l'abortita politica di "risanamento" dovrebbe provocare la virtuosa reazione dei mercati che non dovrebbero subordinarsi alle intemperanze politiche. Pare, invece, che non sia così. Certamente, lo spread tornerà a condizionare i risultati delle elezioni e le trattative per la formazione del nuovo Governo, sostituendosi al "popolo sovrano" e confermando l'imposizione della anonima ( o non dichiarata ) sovranità limitata finanziaria.

Memoria e analisi del presente.

Siamo proprio sicuri che la catotonia ( passività, indifferenza e supina accettazione ), il ripiegamento su di un privato sempre più povero e alienato, non siano gli stessi sintomi che furono accusati dalla piccola borghesia frustrata della Germania, imporvvisamente impoverita dall'inflazione e dell'Italia, agricola e povera, desiderosa di imperiali compensazioni, che tanto consenso diedero ad ipotesi semplificatorie e violente? Si può stare tranquilli se il lavoro, nonostante sia stato deprivato di ogni diritto ( infatti, non c'entra niente ), latita, ma non se si subordina ad un folle sfruttamento, economico, di orario e di organizzazione, se la retorica dell'arricchimento degli apparati che la hanno prodotta ( l'organizzazione ) prevarica incontrastata e, soprattutto, se induce fenomeni di imitazione rassegnata e acritica in un orizzontale conformismo, pur in presenza di intensi fenomeni di tensione emotiva e di insicurezza che accentuano la cinetica della propria negazione? Possibile che, senza un puntello esteriore, una fede condivisa, un altro potere, potenzialmente, a sua volta, arbitrario, le persone non trovino in se stesse un solido e inattaccabile approdo, da condividere e mettere a disposizione, senza volontà di condizionarli e di strumentalizzarli, con gli altri? Possibile che, individualmente siamo delle brave persone e, insieme nel contesto, una massa di stronzi?

Rimosse realtà.

Lo sterminio perpetrato dai nazifascisti, che non furono un gruppo politico e militare, ma una cultura e un sentimento radicato, non riguardò solo gli Ebrei, ma anche altre popolazioni "nomadi", quali i Rom e i Sinti, banalizzati in "zingari", gli omosessuali, come se si potessero cancellare, a futura generazione, sopprimendoli, gli inabili. Furono milioni, anche loro, ma anche se fosse stato uno solo, la barbarie simbolista si sarebbe ugualmente consumata. A dimostrazione di quanto l'eugenetica intenzione non fosse circoscitta a un circolo di folli invasati, eletti al parlamento tedesco con schiacciante maggioranza, testimonia la pratica della soppressione, durata per anni, di bambini con problemi psichici, a volte semplici disadattati, perpetrata in cliniche tedesche e del nord europa scandinavo e mai punita. Coloro che furono risparmiati, furono sterilizzati. Costoro sono i più dimenticati, fra i derelitti, perchè privi di una nazionalità, di una comunità fondativa, di una cultura specifica. Quest'ultima affermazione è parziale, perché gli zingari, la loro cultura, la loro lingua,tradizione e la loro legge, ce le hanno eccome, così come sono spesso portatori di una ibridazione di tutti questi elementi, accquisita durante le loro peregrinazioni. Eppure, a differenza degli ebrei, "salvaguardati" dall'espressione palese di sentimenti spesso ostili, per essere stati "martiri" ( in realtà, sono stati vittime, il martirio è cristiano e islamico ), verso di loro può sfogarsi immutata l'acredine originaria, neppur priva degli strumenti di aggressione, che, occasionalmente o in forma di spedizione punitiva, ancora si esercita. E' una società civile e esente dal razzismo quella nella quale la prostituzione schiava si esercita, non importa se alla luce del sole o dei lampioni o in case riservate, attraverso la deportazione di esseri umani, resi strumenti di un costante consumo di massa? Quanto ai disabili, è cronaca di ogni giorno l'uso sessuale che se ne fa negli ospedali psichiatrici, nei paesini più arretrati, da parte di ragazzi o di vecchi del locale circolo sociale, per anni, fino a che un incidente ne rivela l'allucinante e allucinata normalità.

giovedì 24 gennaio 2013

Tecniche di sviluppo del Pacman.

Pacman manduca implacabile. Il video gioco, adeguato al livello culturale medio della giovane e sprizz forza lavoro del Credem'a me, allieta le nostre pause ( horribile dictu!). Il sistema conta le ore, probabilmente i minuti mentre il pirana avanza verso la sua prossima preda sul mercato degli scarti e lei, rossa fuoco e con due occhi miti e smarriti, ricorda una mucca vergine recata alla monta e costretta fra due stanghe che la immobilizzano, mentre il toro sbuffante viene condotto all'officio. Questo avviene nelle scuole e nelle facoltà di Agraria, dove, a puri fini didattici, si opera ancora tradizionalmente, per stillare, fino allo sfinimento, il povero ( all'inizio non lo sapeva ) donatore di seme, sforzato, in ultimo, da un greve inserviente che, munito di guanto profilattico fino al bicipite, gli infila, senza troppi complimenti, l'avambraccio nel retto, per farlo eiaculare ancora. Le vergini condotte al Tempio, una versione bovina della "cresima", che forse illumina circa la predilezione ecclesiastica per i minori, sono intimidite, allarmate e, non essendo propriamente delle signore, anche un po' contrariate. In capo a un anno, dato che dovranno produrre nuova carne da macello, fino alla loro di macellazione, dispensando, nel frattempo, latte..ad alta digeribilità, solleveranno la coda, appena entrate nel "talamo", continuando a biascicare, o peggio. La propaganda aziendalista è identica, con qualche, ma non molte, variazioni lessicali. alla retorica da caserma, al peggior gergo squadristico, per Navy seals o similia con cui li si voglia appellare. Soprattutto, ne compendia lo spirito becero, mentre demanda manierismi e cicisbeismi all'accreditata conventicola, che Alberto Arbasino chimò "birignao", con dandystica, ammiccante ispirazione. Nel linguaggio, ripetitivo fino allo stordimento - per non sbagliare - non si dimentica mai di sottolineare che ogni specie non evadibile, "deve" essere concepita e usufruita solo al fine del risultato propagandistico, reiterato e ritualizzato, come in una setta ideologica o religiosa, ai fini della "maggior gloria del Signore". Lo spirito d'impresa, ridotto ai suoi fondamenti etologici, è solo questo e cosa c'azzecchi la partecipazione delle donne che, fateci caso, si è consentita contestualmente ad una standardizzazione dei ruoli e delle carriere, per altro assenti da noi, ad una prassi violenta ed affannosa, non si spiega se non con la loro riprogrammazione "culturale", frutto di troppe e celebrate false profezie. Il sistema informatizzato ne accentua, intra net, le caratteristiche di regime autoritario, tendente al totalitario, attraverso la sua imposizione quotidiana, le sue campagne demenziali, le sue bugie sistematiche, la ridicola paura di qualsiasi voce critica, la sentenziosità moralistica, la permalosità che tradisce la coda di paglia. Oggi mi ha scritto Adolfo. Un pensiero, anche per noi vecchi, commuove, soprattutto se ci rassicura circa le più efficaci metodiche spremitorie, anche per le nostre ridotte capacità. A parte, con specifica comunicazione, si accennava alla prossima sperimentale istituzione dei Maestri/e di Mestieri, che mi è sembrato una ibridazione fra un improbabile bottega artigianale, autonoma e creativa e l'Officina tecnica ( va di moda ) o di mestiere degli iniziati Muratori. Alla fine, ero di buon umore. Un giovane imprenditore degli infissi, ignoto ai nostri fondali, che suscita, da quando ha cominciato a servirsi della nostra territorialità, i sospetti dell' addetto alla sorveglianza, viene finalmente presentato al Padre guardiano che lo conduce, poscia, ai Patriarchi, come se fosse un pretendente alla nostra mano. Il filtro, in vero assai particolare, viene esperito con metodo da gang di quartiere e rafforza il controllo su tutto quanto avviene nel nostro extraterritoriale dominio. Si propone un fiducioso che chiede garbatamente del Direttore al quale lo indirizzo, premettendogli di farsi annunciare, dimenticando che non abbiamo né usciere dedicato, né segretaria del Direttore, come in tutte le ( altre ) banche. Poco dopo, lo vedo ridiscendere all'incontrario, scortato dal Direttore stesso, il camminamento dei nostri Fori imperiali che aveva risalito con la speranza ingenua che il dialogo, le maniere, fossero patrimonio di ciascuno. Lo sento piangere e lamentarsi perché " mi cacciate via". Il Direttore ritorna in Direzione scuotendo la testa. Mi sa che il mio KPI ne risentirà. Il pulsante d'accesso sibila ad ogni ingresso, il cilindro magnetico fischia rilevando anche il ferro nel sangue, di...sempre le stesse persone, gli stessi avventori, gli stessi colleghi dell'Accademia peripatetica della Stoa. Arriva il cappellano. Anche lui incombe come la nemesi storica. Rientra infatti in filiale a pomeriggio inoltrato invece di proseguire per casa od altra destinazione amena. Ecco la silenziosa signora delle pulizie del gatto, sempre precisa nell'entrare e nell'uscire dopo trenta minuti primi. Ancora, l'allucinato inserviente a contratto ristretto, che deve vuotare i cestini a giorni alterni e lascia l'involto del pattume, nell'antibagno o sui Fori imperiali, dopo essersi informato se "ci sono ancora i clienti", come da demando della sua impresa e come se noi non avessimo gli "appuntamenti" che, a una cert'ora rischiano di consumarsi nel rusco. La nostra rappresentazione si replica, identica, dall'inaugurazione, come gli spettacoli a Broadway. Quasi nessuno, come tante altre volte è successo, abbandona il desco all'ora giusta, ma anche questa non è una novità. Si coglie solo un fresco nervosismo che le riunioni settimanali renderanno endemico.

mercoledì 23 gennaio 2013

Donchisciottismi, nell'apprezzamento di un Sancho Panza.

L'affare si ingrossa. Il marcamento si fa a uomo, le riunioni settimanali. In una mezz'ora, si dovrebbero sviscerare sette o otto argomenti alla volta, probabilmente sempre gli stessi, da verificare in progressione e senza possibilità di discussione, dato che sono citati in acronimo e che riguardano gli obiettivi "sfidanti" di quest'anno di recessione. La politica da avvoltoi che si vorrebbe praticare, non convince: se da un lato i prezzi sono bassi, il risultato è incerto, anche dedicandovi "anema e core" o passione e responsabilità e via liricizzando. Quest'anno certamente "non ci sarà trippa per li gatti" a fronte di un impoverimento, sequenziale alle tasse, incrementate per cominciare un recupero, rispetto ad una omogeneità di bilancio che l' aver aderito ad una unione monetaria, priva di uno Stato che la fondasse, ci costringe, conseguentemente, ad adeguare i bilanci pubblici a quelli degli Stati guida, perché storicamente più forti e più severi nell'amministrazione dei beni comuni. Il recupero, a questi ritmi, dovrebbe durare vent'anni e provocare, quindi, quali conseguenze? Partiamo da un assunto accertato, non solo in Italia. Chi possiede non intende minimamente partecipare al risanamento di beni che non sente suoi, potendo e volendo beneficiare di servizi e, soprattutto, di relazioni sociali privilegiate, anzi, anche se non lo confessa perché non ne avrebbe utilità alcuna, vede con favore un ridimensionamemto, un tornar nei ranghi ed in una condizione di subordinazione, di tutte quelle categorie intermedie, tendenti al piccolo, destinate a franare nel proletariato. Al proposito, mi sovviene un'immagine, da me colta, a Rio de Janeiro: una famiglia si era accampata nei pressi di un cavalcavia, su di una aiuola rilevata. Mi fu detto che di queste situazioni "individuali" se ne potevano riscontrare quando famiglie, appunto, o singoli decadevano nella scala sociale e, per un po', si sistemavano dove potevano per non farsi assorbire dalle favelas e non doverne scontare la corruzione e la violenza. Anche nel meno colorato, anzi più grigio mondo delle periferie urbane europee, fenomeni ragguagliabili sono già evidenti e si scontrano con l'assenza assoluta di qualsiasi materiale possibilità d'accoglienza insieme all'indifferenza scostante verso qualsiasi necessità, riguardasse anche bambini orfani, profughi e soli. La colazione offerta lunedì scorso dal Ristorante Diana di Bologna a una selezionata clientela di indigenti e la l'iniziativa dei gestori, che ha coinvolto altri trenta ristoratori cittadini nella confezione, a turno giornaliero, di ottanta pasti da regalare alla Caritas, che passa a ritirarli, ha ribadito che i poveri veri, in Bologna, appartengono ad ogni generazione, nazionale o immigrata, anche se i giovani, purtroppo, stanno aumentando. Queste persone, dapprima solo indigenti, accusano, nel tempo, crescenti fenomeni di disturbo psichico e di disadattamento, che qualcuno traduce in mancanza di voglia di lavorare. Il fatto è che queste condizioni, non criminali e quindi di genuina creazione sociale, sono impegnative e non danno ritorno, come dimostrano i numerosi rifiuti di altri ristoratori, pur coinvolti in relazione alle loro dimensioni. Non è difficile prevedere che, nei prossimi anni, aumenterà il pauperismo e la marginalità con tutto quanto consegue in termini di insicurezza, che sarà l'unico effetto denunciato dagli strati privilegiati e da ampia rappresentanza di quelli piccolo borghesi, da sempre collaterali. Tornando alla nostra professione di fede, noi del credem' a me, oltre ad essere in una cerchio magico di magnificenza e benessere ( di chi? ), siamo nella condizione di avvantaggiarci delle contingenze, e mobilitiamo allo scopo le nostre statiche risorse con nuovi peana e ne monitoreremo i risultati ogni settimana. Ebbene, questa "innovazione" sintetica dell'organizzazione commerciale denuncia invece la difficoltà comune, che non si vuole ammettere, punta a remunerare solo la ristretta congerie degli azionisti, con evidente privilegio della proprietà semitotalitaria e a stringere il morso agli sfiniti "ronzinanti"

lunedì 21 gennaio 2013

Calcinacci.

E' iniziata da qualche giorno la campagna d'inverno del credem'a me. L'ultima trovata consiste nel monitoraggio settimanale dei contratti my fast individuali, da confessarsi, con precetto telematico, al Padre provinciale, lo sventurato RDO. Ciascuno dovrà, aderendo alla bizzarra pretesa, autodenunciarsi col capo cosparso di cenere e potrà assurgere agli altari del KPI se saprà produrre, per l'ultima volta, il binario documento di accettazione del servizio. Ritorni sui propri passi, ripensamenti, non sono infatti previsti; il dimezzamento della carta, pari in un anno a tre risme per filiale, non andrà tanto ad impattare sui costi di cancelleria, già falcidiati dalla fornitura di carta riciclata al CIM e dalle cartucce "rigenerate" ( infatti sono "sbafiate" di toner fin dal disimballo, dal quale rifiata pulviscolo, quando lo si apre ), quanto a creare delle assurde precettistiche ( esclusivamente morali, dato che in sede di diritto, non valgono niente ), atte a riaffermare per ogni via recondita e subliminale la scrupolosità ipocrita dei timorati dipendenti e a forzare ( un vero e proprio abuso ) la facoltà di giudizio in schemi da quiz. Mi dispiace per lo sventurato RDO, che si dispiace quando io mi dispiaccio, ma se credeva di aumentare il proprio prestigio in questa compagine e per questa via ha proprio sbagliato uscio. Solo che, adesso, di vie per uscire non se ne intravedono. Dopo aver cercato a lungo una ricevitoria della lottomatica per pagare- come reclamizzato - una bolletta Fastweb e averne trovate cinque deprivate dell'opzione, usufribile fino a Dicembre, per mancata sottoscrizione del contratto, mi avventuro alle Poste privatizzate, dove, in un mortaio di bacilli, spore, e virus, sedici casse alternano le chiamate di quaranta minuti in quaranta minuti, praticando una tortura disincentivante all'utilizzo degli sportelli per le bollette, che sa di prepotenza dissimulata. Anche quando ci si avvicina alla meta agognata, è facile osservare e sentire lo sportellista che si perde in un'illustrazione dei benefici della telefonia Poste pay, per poi piantari in asso per accompagnare la o il morto di fame interessato dal collega, nel suo recinto di telefonini, sul lato est della sala d'aspetto. Sul lato ovest, una impiegata, ormai anziana ma in minigonna, occhi bistrati da gallina bagnata e piercing alla narice, guata sperduta per l'affollata anticamera, al riparo di un bancone di gadget e penne da due euro, taccuini e giochi per bambini. Sembra di stare alla stazione di Bombay, oggi Mumbay; c'è solo una minor agitazione. Or mi sovviene: sembra di stare nelle latrine della stazione di Mumbay, alle quale mi affacciai per poi rinunciare, con tre dita di acqua frammista a disinfettante sul pavimento, qualche finto bramino che si lava nel lavandino comune, coperto solo all'inguine da un lenzuolo e gli astanti, a piedi nudi, ad usufruire dei servizi, compresi quelli, per poche rupie di due, per turno, degli "intoccabili" drammaticamente infelici e soli, spesso accasciati per terra nell'acquitrino. Per carità, la nostra civiltà è superiore! Ma chi l'ha detto? Sta di fatto che, urtando contro espositori di una deprimente paccottiglia libraria, offerta con il 15% di sconto sul prezzo di copertina, si aspetta la chiamata del display, sperando di non aver equivocato sulla descrizione ambigua del servizio desiderato. Quando, soffocati dal caldo e dall'umidità umana, aleggiante per l'ambiente, si esce all'esterno ,ecco che si viene investiti dal tanfo delle sigarette che, con aria ebete, seduti sull'impalcatura d'accesso o sostando sullo scivolo ad uso anche degli handicappati, tutti i fumatori in attesa stanno "educatamente" esperendo in dieci metri quadri, al massimo, in un unico manipolo fumigante, al quale un altro si associa quando, sibilando fumo con aria compresa, chi lo precedeva getta il suo mozzicone. Ti guardi intorno e non vedi che mises uniformi, un po' più curate o molto più scalcinate, in giovani, vecchi, smilzi ed obesi, italiani borghesi o poveri e extracomunitari, che sostano per decine di minuti agli sportelli, accuditi da solerti impegate ( soprattutto ) che fanno così scorrere il tempo. Cloaca mercantile di materiale e graveolente decadimento civile in un'anticipazione di periferica partecipazione al pasto comunitario a base di hot dog. Intravedo, nella calca, Rino Maenza che, di qualche anno più anziano di me, conobbi a scuola e poi persi di vista. Già da giovane studente cieco dell'Istituto Cavazza, era iscritto al Partito socialista italiano e ne è rimasto oggi uno degli ultimi esponenti. Per meriti politici spartitori, ha sempre veleggiato negli incariche pubblici del Comune, approdando, negli ultimi anni, a una vice sovrintendenza al travagliato Teatro lirico comunale. Prima dell'estate, fu denunciato da una artista o una dipendente - non ricordo - per violenza sessuale, perpetrata - disse - ai suoi danni, dal satiro cieco. Oggi si può venir perseguiti per violenza sessuale , anche per semplici palpeggiamenti e io non seguì particolarmente la vicenda, che vedeva un politico investito di qualche influenza, abusare ( ma, in realtà, è un uso comune e costante ) delle sue prerogative, per prendersi qualche sequestratoria gratificazione. Che Rino, non vedendo, sia uso prender conoscenza delle forme come uno scultore è cosa nota a chi abbia frequentato, anche se occasionalmente il suo giovanile Istituto, dove, quando andava via la luce, ci si sentiva persi, mentre i ciechi continuavano a muoversi e a dialogare come prima. Chissa quante volte lo ha fatto, contando sul fatto che molte volte, per un favore chiesto o sperato, mettono in conto quanto ognun sa o è stato favorito dalla riluttanza a denunciare un "povero cieco", in circostenze, per definizione, poco chiare. Casomai è stato accusato da una femminista inchiavabile, della quale poteva solo apprezzare la voce, oppure..chissà. Sta di fatto che il Vice sovrintendente, identico per stazza e atteggiamento, senza riferimenti ottici, di quando era ragazzo e solo pesantemente invecchiato, stazionava imperturbabile nel caos. Imperturbabile come quando il nostro Sindaco ubriacone, già casellante autostradale, con una faccia provata, per sempre impressa nei tratti, lo aveva invitato a fare harakiri ( a dare le dimissioni ) in un rigurgito moralistico da "politicamente corretto", ricevendone in cambio l'esortazione a mandargli i Carabinieri. Vecchio socialista, satiro, imperturbabile, per te questa cloaca, che non vedi, è sempre quella originaria,l'unica che conosci, senti e non vedi.

sabato 19 gennaio 2013

Congruenze

I nostri rabbini giapponesi di Reggio Emilia si proprongono, dunque, di attaccare Pearl Harbor. Riepiloghiamo: in men che non si dica avremo una polizza sanitaria intersindacale, i cui contenuti immodificabili sono stati illustrati ieri, a cose fatte. Bizzarra e imprevista la partecipazione conoscitiva di chi, nelle occasioni quadriennali del rinnovo ( si fa per dire ) del CCNL, non si cura di rivelare le sue esigenze e dificoltà, per consultare solo, successivamente, le tabelle retributive. Che importa, infatti, se, per gratitudine, lavoreremo ad ogni ora con i nostri strumenti privati, intratterremo riunioni su facebook e ci scambieremo brevi cip-cip ( o riceveremo ordini secchi ) su twitter? Presto osserveremo orari fino alle 20-22 p.m. e avremo cura di disciplinare i turni, in maniera da non perdere l'abitudine alle due ore e trenta minuti medi delle prestazioni extra. Quanto a quelle extra moenia, i nostri passeggiatori e passeggiatrici saranno presto noti alle cronache del(la) buon costume, perchè contenderanno gli spazi agibili alle etére e agli altri ( diversamente ) travestiti. Qualcuna resterà ospite per la notte, dai clienti medesimi. Solleveremo presto la barra di confine della destruenda compagine creditizia e creeremo, per nostro privato tornaconto, nuovi precari confini, lasciando ai posteri tutte le difficoltà e le incongruità del caso. Adolfo, Adolfo reincarnato, stai commettendo lo stesso tragico errore di quando dichiarasti guerra a Unione Sovietica e Stati Uniti d'America contemporaneamente. Mentre coltivi deliri di potenza, alle mie spalle, sento il Padre guardiano, oggi in assemblea sanitaria, illustrare a improvvisata incaricata del piano di sopra, la tecnica di apertura/chiusura delle porte, i codici degli allarmi...del condominio autoamministrato. Costei non mi sembra molto interessata ad approfondire gli argomenti ed ecco che, infine, come le altre volte, un piantone si trova. Stai a vedere che questi vanno in assemblea anche per sfuggire al servizio di portineria.. Vien da chiedersi che ne sarebbe del nostro fortilizio se, al suo interno, ci fosse un sindacato vero ed attivo? L'organizzazione del Regime, è evidente, non contempla scioperi. "Che ne sarà del Gonfio? " "Te lo dico io: quello è andato alla visita ortopedica che non ha fatto mercoledì per venire a lavorare" fino a un attimo prima di distendersi sul tavolo operatorio. Un po' come la collega che accusò le prime doglie mentre era ancora in visita ai clienti e che, ora, dopo essersi liberata ( con dolore? ) della costrizione aziendal-ambientale, saggiamente non si fa più vedere. Quando la Direttrice d'Area è in sala, i clienti mi si distraggono; c'è chi ricorda di quando gli "fece un mutuo", attorniata da un nugolo di boys entusiasti e sorridenti, chi la trasfigura in un'opera d'arte che non ci si può esimere dall'ammirare, chi si informa sulla sua identità, pur essendo evidente che è da tutt'altro attratto. A nulla valgono i severi Pigiami Palazzo, il dire conciso, il portamento rigido...sarà quella stola di pelliccia. All'imbocco della passerella dei nostri Fori Imperiali, una signora, riemersa da un recente passato, si scaglia apertamente contro il mondo, dal quale si sente abbandonata. Mi viene indirizzata. Come tutti i vecchi, parla al passato e, con proprietà e vigore, esprime tesi innocue, perchè inattuali. Non sa di avere casualmente oltrepassato la porta di un mondo retoricamente affine al suo, ma che, a differenza del suo, ha conservato e coltiva ancora, robusti pur se circoscritti interessi. Recita, nella rimembranza:"che bei tempi, quando ero bambina, giovane italiana e figlia della lupa; sfilavo, radiosa e festosa. Ai miei tempi, i contadini di papà non scendevano dagli alberi se non avevano finito. Adesso eccepiscono l'orario, come se l'orario sostituisse il dovere. Se ossequienti, non mancava per i bisognosi, una pagnotta: ricordo quando mio padre ne offrì una di tre chili a suo nipote che era rimasto, per la guerra, senza stipendio. Sui libri di storia delle mie nipoti, si parla di bombardamenti sul suolo italiano, ma io non ne ricordo, nelle Puglie dove risiedevo". Infatti, al Sud non vi furono. Gli alleati, d'accordo coi capi della mafia, garanti e tutori del potere post borbonico e della quiete sociale - come oggi - avanzarono senza colpo ferire ed è anche per questo che manca in quelle zone una memoria resistenziale e vi persiste una larga nostalgia per il regime " che fece la riforma agraria e che forniva tanti stipendi pubblici". Anche i pensieri ed i principi di una civiltà vandeana, anche sul versante bracciantile, vi si sono conservati e la mafia, già guardia bianca del latifondo - che delle squadre d'azione fasciste non aveva quindi bisogno - ancora si oppone, con qualche contrasto e qualche morto in più, ad ogni innovazione politica e , soprattutto, di costume, per conto dei discendenti dei possidenti, affiancati dalla piccola borghesia collaterale e non trascura di trattare con lo Stato attraverso i politici e i Ministri locali. Inavvertitamente, l'amareggiata Signora "perchè il mondo è così cambiato", ha invece fatto un tuffo nel suo passato, anche se non ne serberà consapevolezza. Quando le ho detto che esistono ancora nuclei di giapponesi nella giungla, che non scendono dagli alberi perché ritengono che la guerra non sia finita, prima incredula, poi non del tutto convinta, dopo avermi mostrato le asole "a stoffa" di un bel soprabito di lana, sentendosi un po' meno sola, trotterellando si è allontanata. Le cose cambiano aspetto, cara signora...siamo noi che ci allontaniamo, mentre altri aspirano ad interpretarle. Poi, per fortuna, gli elementi interpretabili sono vari.

venerdì 18 gennaio 2013

Disaffezione alla politica o ai suoi effetti pratici?

Non si può parlare genericamente di antipolitica e su questo assunto costruire astruse, ancorché dotte, analisi sociologiche. Non sono i cittadini ad essersi ritratti dalla politica, è la politica che, deprivata di facoltà, si è limitata necessariamente all'ostentazione degli equilibri interni ad una categoria di officianti di riti utilitaristici. In particolare, in Italia, è andato in crisi il sistema corporativo che, dal fascismo, era trapassato alla Democrazia cristiana, mutato in un diffuso sistema clientelare. Merito, formazione e indipendenza morale erano contraddittori verso quel sistema e, perciò, avviliti e ignorati. Ora che i nodi vengono al pettine, la politica non ha nulla da dire che non sia già stato smascherato e non può più garantire un sistema di sussistenza basato sulla rapina delle risorse pubbliche. Da questo e non da altro viene la disaffezione alla politica che fa crescere l'astensionismo, dato che la gestione istituzionale dello Stato permane, sia pur incerta, mentre la partecipazione massiccia al voto non si può più trasformare in concreti benefici personali o di categoria. Forse, codesta è la ragione della ridotta partecipazione elettorale in Paesi come l'Inghilterra e gli Stati Uniti, mentre resta alta nella corporativa e però ricca Germania. Da un modesto contributo al riguardo, sulla rivista Il Mulino.

giovedì 17 gennaio 2013

All'armi, all'armi!!

Sul portale del Regime campeggia un videogioco. Una bocca da pirana fagocita ogni possibile preda che incroci il suo cammino e tocca, progressivamente, quote bulimiche. ..di mercato. Il magna-magna si riferisce scopertamente ai dividendi azionari e agli utili aziendali. Viene sottolineato con accenti napoleonici, che la concorrenza, cioè il nemico è in rotta e che dobbiamo sfruttare la situazione per sciacallarne gli incustoditi valori e farli nostri, per sostituirne, conseguentemente, anche le tradizioni, i costumi e la cultura d'impresa. Nessuna melensaggine da post-terremoto, in questo caso, anzi esplicita dichiarazione di profittabilità. Fra le righe, una minaccia incentivante ai propri mercenari, anche se al minimo "sindacale": i competitors tracimano di esuberi, da espellere per ridurre i costi, evitando di accennare che gli antagonisti, questi esuberi li accompagnano alla pensione a loro esclusive spese, per accordo sindacale, anticipandola di fatto,di cinque o sette anni. Si guardano bene dal suggerire che i costi, da noi, vengono recuperati all'origine, attraverso le mancate corresponsioni e l'orario indefinito. Si dice, invece, che la "loro" organizzazione ne risentirà, che i loro clienti sbufferanno, che quei pelandroni non potranno prestare i nostri stessi servigi, anche per la conservazione di qualche barlume di facoltà giuslavoristiche e che quindi noi ( chi? ) dovremo approfittarne, non essendo condizionati da compresenze sindacali, rimaste rigorosamente fuori dalle porte. Si aspettano anche "effetti speciali". All'assalto, dunque, le facoltà di arricchimento, per noi ( chi? )aumentano, soprattutto nei periodi di crisi. Nella nostra roccaforte di Paperon de' Paperoni, sono depositate le risorse per trarne profitto, ad uso di pochi intimi. Quindi, all'opera, miei Bravi. Tirate fuori il Pacman! Che finezza confermata: a me ricorda un "tirate fuori i maroni". E' comunque solo una questione di ottica. Si sa che è in corso un nuovo monitoraggio delle filiali cedende sul territorio, soprattutto nel ferrarese, per limitarsi alla nostra Regione, in particolare quelle del Monte dei Paschi. Interessano le filiali di Poggio Renatico, di Cavezzo, Riogreve e Sulpicio. I soldi, quindi, ci sono, come si addice a chi è uso non spendere per una parassitaria mano d'opera. Gli avviatori sono sul piede di guerra. Uno dei nostri motti è: mordi, incamera, trasforma e caga, nella foggia richiesta che, per qualcuno, è già presente fin dall'ingestione. La nostra Condor air force aleggia sulla palude creditizia, dalla quale trar alimento per farci ( a chi? ) mantenere e incrementare la nostra presa sulla ricchezza; lo scopo, infatti, delle ricorrenti campagne acquisitive non può essere che questo, da conseguire con la minor spesa possibile, all'origine e nel durante, attraverso l'adeguamento delle pigioni e l'omogeneizzazione delle maestranze abbandonate o la loro espulsione. Pronti all'agguato su piccoli branchi dispersi nell'ecosistema del credito, eppur prudenti e ragionieristici nel calcolare i costi effettivi e quelli presunti, da ricondurre a regime in ogni modo, anche pretestuoso. Tanto a chi dobbiamo render conto se non a noi stessi, provincialotti avidi e ottusi, tutti impegnati a far impegnare gli altri malcapitati in una lotta incessante per la conservazione evolutiva, che non prevede pause. L'offensiva - viene affermato - si scatenerà, inizialmente, su venti piazze e poi...l'appetito vien mangiando. Chi rallenterà sarà eliminato durante l'assalto; i vecchi, con rito Apaches, saranno abbandonati su una stuoia, possibilmente su di un promontorio. Queste campagne premeditate provocano dei dissesti morali e sociali, trasmettono ansia ed avvilimento in chi si sente privato delle sue facoltà, della sua retribuzione e della sua dignità di persona che lavora. Il linguaggio è militare, i comportamenti obbligatori ( ma va là ), i criteri di valutazione sono univoci e orientati unicamente al successo ( di chi? ). All'uopo, vengono citati i successi di altre campagne di conquista e si punta a trar vantaggio dall'altrui demotivazione ed incertezza ( ma perché dovrebbero esere motivati i nostri mercenari a basso costo? ) Per un miserabile premio pattizio? I nostri legionari - si dice - agiranno su base territoriale, avranno un comandante e un piano di battaglia, con il contributo partecipativo della rete. Balle, i contributi sono ripetizioni di indicazioni aziendali ricevute e non esiste nessuna iniziativa ma mera esecuzione delle disposizioni ricevute, come in qualsiasi altro contesto aziendale, con la differenza che ci si propone solo di saccheggiare le altrui rovine. Se c'è un'entità da eliminare è proprio quella che si fonda su questi scopi, a 360°. Almeno 400mln di Dirind, 150 di utilizzi e 4.000 nuovi clienti. Avanti, prodi CM, AM TC, RSM; BU COMME veglia sui nostri ( di chi? ) destini. I faccioni gialli della nostra Halloween campeggeranno sulle porte, sempre aperte delle nostre sedi, carpiranno i portafogli ai passanti, accoglieranno sui manifesti, all'entrata, i deambulanti. Facciamo uscire il Pacman che c'è in noi! Sì, con un rito esorcistico.

mercoledì 16 gennaio 2013

La Patria è di nuovo in armi.

L'Italia fornirà appoggio logistico, come fece durante le guerra civile libica, alle truppe francesi in Mali. Strano che l'accordo sia stato preso con l'americano Leon Panetta. Come in Libia, se ci sarà richiesto, bombarderemo gli obiettivi sensibili, in una estesa guerra impropria e non dichiarata ai quaedisti o definiti come tali. Anche la Germania dichiara che la presa di alcune località maliane da parte di milizie incontrollabili, costituisce un pericolo per l'Europa tutta. L'importanza strategica di un paese piccolo e miserabile viene dichiarata, non spiegata e accettata acriticamente. L'Italia in crisi si riarma con strumenti incongrui alla costituzionale difesa del territorio e continua ad uscire, in missione pacificatrice, in ogni parte del mondo dove siano contestati gli interessi delle potenze maggiori, di cui l'Italia è caudataria. Dopo decenni di assenza dallo scenario internazionale, semioccupata da basi statunitensi e con un esercito di leva, con Craxi l'Italia cominciò ad uscire dai confini, in una comoda opera di supporto alla geo politica militare degli Stati Uniti, con il corrispettivo rispetto che l'incidente del Cermis e la morte di Calipari dimostreranno. Da allora , giovani disoccupati in armi sono morti quà e là, perché, a loro volta, impegnati in azioni belliche mai dichiarate, sotto il comndo inglese od americano, dopo che questi due Paesi avevano denunciato la connivenza con i capi delle fazioni resistenti dei comandi italiani in loco e perchè anche all'Italia fosse assicurata una parte minore del busines petrolifero, in cambio della collaborazione militare. Ora, questa "collaborazione" si estende alle ex potenze coloniali, in quest'ultimo caso alla Francia e, forse, domani, alla Germania, in prospettiva "europea", mentre l'economia di guerra, spacciata per competitività commerciale, si spaccia e si propone nella propaganda pubblica e privata. Non è quindi del tutto esatto che la guerra non incomba più sulle crisi economiche e finanziarie; la si svolge, infatti, per procura e direttamente su scenari remoti, in precaria alleanza fra Paesi consumatori.

lunedì 14 gennaio 2013

Pagine che si chiudono.

E' morto Prospero Gallinari, fondatore, negli anni '70 delle Brigate rosse, dopo essere uscito dal PCI ed aver preso a riunirsi con altri militanti e fiancheggiatori della rinata formazione partigiana - piaccia o non piaccia agli eredi del fu comunismo - in un appartamento in via Emilia San Pietro. E' stato fra i carcerieri di Aldo Moro, ma non il suo esecutore. Fu piuttosto lo zoppicante dattilografo del suo memoriale, sparito nella versione calligrafica dalla quale lo ricopiò e mutilato di almeno trenta pagine, mai più ritrovate. Dopo la carcerazione, in casa corcondariale e poi a domicilio, a Reggio Emilia, non si lasciò sfuggire una sillaba sulla sua vicenda di combattente, come Moro stesso riconobbe a lui e ai suoi compagni, rifacendosi alle sue conoscenze di diritto internazionale, venendo negato, cassato, sostanzialmente insultato dalla politica non in vincoli. Verrebbe da chiedersi perché tanto spirito di violenza in una provincia così piccola, che ha dato i natali ad un altro leader nazionale del brigatismo degli anni '70, Alberto Franceschini, se non se ne conoscessero la storia caratterizzata dalla assoluta miseria delle plebi rurali in rapporto alla ricchezza degli agrari, parassiti e assenteisti ( non lavoravano ). Gallinari stesso era di origine contadina; "Un contadino nella metropoli", si intitola il suo libro di memorie, in cui rievoca la sua partecipazione alla colonna romana delle B.R. e la sua partecipazione al sequestro dell'On Moro ed alla strage della sua scorta, senza mai accennare a nessun dato sensibile della vita e dell'organizzazione brigatista, vissute dall'interno. Nell'88 dichiarò, insieme ad altri brigatisti che " lo Stato aveva vinto" e che tutti i militanti brigatisti erano stati arrestati ( probabilmente, falso ). Se ne è andato, stroncato dal cuore in pezzi, ma non per il rimorso che non ha mai provato. Chissà se fra i redditieri di una provincia, oggi equilibrata, qualcuno coltiva o ha coltivato consapevolezza e pentimento per l'assoluto e provinciale egoismo della loro condotta?

venerdì 11 gennaio 2013

Emergenza, il segreto dell' eccellenza.

E' appena terminata l'emergenza natalizia e, credem'a me, ci siamo immersi in quella virale. Con i pochi soldi che riconosciamo, a malincuore, alle nostre sparute maestranze, queste ultime non hanno nemmeno i mezzi per pagarsi un vaccino in fiala e cadono, come mosche, sotto l'assalto delle sindromi influenzali. Appena avvertono i primi sintomi, ancora sulla tazza, telefonano al "caporale", che, col supporto dei suoi omologhi, differenti solo per una vocale, redistribuisce le braccia. Avevano appena rimpinguato il bancomat ed eccoli forniti di un'altra cash "sotto scorta", in una località da raggiungere con i propri mezzi per poter essere puntuali e potersi trattenere a sera, affrancati dal condizionamento degli orari dei treni e delle corriere. Ti capita di telefonare in altra provincia e vieni informato che la collega Tal dei Tali, ieri febbricitante, oggi è in servizio presso un'altra imprecisata filiale, che tornerà domani, proprio mentre un tuo collega fa sapere di essere anche lui malato e promette contestualmente di essere presente il giorno successivo, con la cornetta del telefono in cima a un braccio e l'altro trafitto dall'ago di una flebo di antibiotici...poi non ce la fa, come probabilmente immaginava. Diluisce ancora la sua assenza influenzale, timidamente, giorno per giorno. Dispitto fra i presenti che avevano aggiornato tutti i suoi appuntamenti e fra i delusi dall'annunciato rientro. Le mail si accumulano, coloro che aspettano le sue risposte, chi ha il proprio fermo posta cartaceo presso di lui, leggeranno le missive con ritardo, a meno che qualcun altro non gliele rechi; la sua scrivania è ingombra: quando tornerà dovrà fare la notturna e, forse per questo, cerca di non far caso al termometro. Anche il tutelato di legge viene richiesto di "esserci" il tal giorno - come se dipendesse da lui - assimilando e subordinando la legge al (mal)costume, la norma alla prassi e, purtroppo, l'assimilato "sindacalmente" ( si fa per dire )"stranamente" si adatta, si plasma, contribuendo perversamente all'amalgama che, a questo punto, non insiste più - non potendo realisticamente riprovarci - nel tentativo di espellerlo. Anzi, lo glorifica in carta pergamenata e con quattro soldi. "Essendoci", consentirà di tarare le attività im guisa che, almeno alla mattina, Tizio e Caia non siano soggetti a dispersioni e diluizioni (im)produttive. "Guidobaldo si è slogato! Di che slogatura si tratta? Se è simplex, quello lì, forse viene a lavorare; se è complex, è capace di stare a casa due giorni e si creano dei problemi a Calderino, a Roccafredda..e io volevo andare in ferie due giorni". "Pronto, Sgorbio, che cazzo hai fatto?" Un avventore si chiede e mi chiede se la sua tessera bancomat potrebbe essere guasta, dal momento che i due cash dispenser sul Corso non gli hanno dispensato niente. Eppure, sono stati ricaricati ieri sera. Resta col dubbio e paga le commissioni di sportello. Quando un galoppino di un'altra scuderia si approssima e, contemporaneamente, la procedura ( lo )rallenta, lo vedo ripiegarsi, svettare all'incontrario come una frusta, raggomitolarsi, scalpicciare, sento sfregare le sue suole sul pavimento: sembra che stia per pisciarsi addosso. Invece, freme per l'incombenza degli altri impegni o per portarli a termine nel minor tempo possibile e godersi una pausa, o incastrarci qualcosa per la propria famiglia o solo per se. I nostri, parlano concitatamente, per fare presto, per "tagliare la testa al toro"; un civile confronto di opinioni non è contemplato, gli ordini ricevuti vengono ripetuti anodinamente, accompagnati da sarcasmi masochistici e rassegnati. Anche le loro capatine al cesso sono calcolate al dettaglio; evitano ritardi la mattina e si compensano riccamente durante il giorno, in pochi minuti primi, fra una staffetta professionale e l'altra. Speriamo che si lavino le mani. Corrono, depongono e proseguono. Il cappellano, a intervallo in corso, viene inutilmente interpellato: ascolta, con consumata pazienza, ridacchia, sospira e leva gli occhi e le mani al soffitto, poi, a sfogo consumato, si allontana con un leggero dondolio del capo. "Il "Gonfio" non c'è più, io devo fare...giorni di ferie, entro...Se qualcuno si ammala??!!" Non ci si preoccupa, in fondo alla propria coscienza, dove si annidano i residui di quando , nell'informe biologico del creato, eravamo rettili, di quanto riguarda interessi estranei ai nostri, bensì delle condizioni, contrastate ed affannose, quando non ostative, nelle quali si dovrà "smaltire" per dimagrare, senza godere. Telephon Bell: "sì, sì, si opera..il 17....il 22" Torna il 22? " E' dall'anestesista..rientra alle 10,30" Speriamo che l'anestesia vada bene. " Sono sotto i ferri, torno subito".

mercoledì 9 gennaio 2013

Tosse.

Il Credem'a me, la banca più bella che c'è, coniuga con nipponico costume, l'arcaica tradizione dei redditieri rurali, padroni parassitari della finanza per un ventennio, con gli strumenti tenologici più alla moda. In una sempre riaffermata ottica di risparmio, preconizzano di utilizzare i telefonini computerizzati, gli Ipad, gli Iphone, i tablet e quant'altro verrà, per lavorare, a spese dei dipendenti, in ogni ora del giorno e, domani chissà, della notte. Anche twitter e facebook sono, in questo senso, "attenzionati". Come coniugherà la strana banca l'uso dei social network, anarchici, prima ancora che mercantili, lo vedremo. Di certo saranno fra i fautori della censura in Rete, di cui forse si farà promotore, in Parlamento, l'onorevole Giovanardi. Il buon Nazzareno, pur intervistato da una nostrana Barbara D'Urso, si è mostrato incerto al riguardo. Anche @Pontifex, su twitter, pur di cinguettare giulivo, si sta sobbarcando mezzo milione di bestemmie in diverse lingue. Che ne sarebbe del nostro estetismo eticheggiante? Un'intranet sulla quale adottare un regolamento sanfedista e censorio? Un portale, sul quale chiedere e rifiutare amicizia, sul quale tenere riunioni festose a qualsiasi ora, con la partecipazione "obbligatoria" del coniuge, ma interdetto durante l'orario di lavoro, stimato sulla presenza effettiva, cioè ad oltranza, se necessario ( a chi? ), per continuare a mantenere l'organico fra pochi intimi e scambiarsi i piccolissimi favori compatibili? Il Nazzareno ridens, pur nell'ottimismo di facciata, tradisce l'imbarazzo per questo mondo invadente, al quale è difficile chiudere le porte e che è difficilissimo da omogeneizzare ai costumi domestici, ma al quale non si vorrebbe rinunciare per il timore appropriativo di sterilizzarne le potenzialità commerciali. Tante cause, come quelle che furono intentate agli ingrati denigratori su Facebook , col rischio di essere superati, in sede di diritto, da una giurisprudenza tecnologicamente aggiornata? Quando saranno state elaborate le risposte, a rima baciata, la nostra graziosa e savia intervistatrice annuens, lo interrogherà di nuovo su "innovazione tecnologica in Credem'a me, terza parte". Speriamo che, per desiderio di apparire anch'essa, immagine a parte, non lo faccia incazzare. Padre Georg, dopo "Sua Santità", che, dopo tutto, riguardava proprio la sua irresistibile ascesa, ha bruciato le tappe. Condannato, perdonato e ostracizzato il maggiordomo, che, proprio lui, aveva scoperto, la sua carriera è diventata fulminea: subito dopo aver accantonato la vecchia "famiglia" pontificia, mai gratificata con una promozione , eccolo Monsignore e, subito dopo, Arcivescovo. Sull'inerzia, un settimanale di gossip lo ha preconizzato Papa. Non credo, sarebbe una riedizione nepotistica e tradirebbe un grave stato di crisi della Chiesa gerarchica, non intaccata dall'esterno, ma molto fragile internamente. Dubito che lo sia fino a questo punto. Resta segretario, in attesa di tornare in Germania, a capo di una delle diocesi meridionali e, nel frattempo, potrà accreditarsi nella Corte vaticana, composta da un Monarca assoluto e tanti Principi ( in realtà, feudatari litigiosi e intriganti ), senza eredi. Uno Stato di Vescovi-Conti, celibi ma non casti ( i preti non pronunciano voti di castità, lo fanno solo i monaci, ma su questo bisognerebbe intrattenersi a parte ), celibi ma non casti, in buona percentuale omosessuali. Era uso, infatti, indirizzare alla carriera ecclesiastica i figli "pencolanti" delle famiglie patrizie legate alla Chiesa non solo da sentimenti di fede, con l'ovvia garanzia clientelare che avrebbero fatto carriera. Bizzarra comunità statale, quella ecclesiatica, composta di soli uomini e, al massimo, di donne lavanderine e cameriere, anche se qualificate. Sembra una setta , dopo che, per avvenuti mutamenti delle dinamiche economiche , soprattutto fondiarie, ha dovuto rinchiudersi dentro le mura leonine, curando attentamente di evitare una discendenza legittima: eunuchi - ma non è vero - per il Regno dei cieli. Lo sputtanamento editoriale, arcanamente rivolto alle dinamiche curiali e la volontà di ciascun Pontefice, eletto da una maggioranza di Cardinali, da sempre ispirati, prima dei Conclavi , dalle autorità politiche dei loro Paesi, con i quali sono più o meno ammanigliati e che hanno interessi di coalizione "ad includendum" o "ad escludendum", ha impresso un'accelerazione all'unica prassi successoria contemplata, senza peccato, di Padre in Figlio. Lo Spirito del Padre ( la madre è strumento ) aleggerà sul prossimo Conclave. Extra omnes. Marco pannella, senatore a vita. Chi altri poteva proporlo se non il canonico Fausto Bertinotti, sacerdote di una chiesa dismessa, che sopravvive solo nella liturgia nostalgica di extraparlamentari cenacoli. Chi altri, se non lui, poteva farsi suggestionare dagli incessanti digiuni della fame e della sete, capricciosamente ostentati fin sui limiti biologici, che non ha mai oltrepassato, grazie ai lamenti solidali dei Presidenti delle Repubbliche, prima, seconda, terza e le visite di Primi Ministri tecnici e delle conseguenti riprese televisive di un vecchio capellone emasculato, una volta immortalato mentre si dissetava con le sue urine. Il vecchio fanfarone "liberale" che vorrebbe evangelizzare il mondo o, più modestamente, l'Italia per via legale. il "gobettiano compagno" della Prima repubblica, quando veniva preso a schiaffi, "gandhianamente", dagli uscieri delle Sedi del P.C.I., davati alle quali si recava in lamentazione e che si accompagnava velocemente nei cessi che ospitavano le kermesses del Partito radicale, ancora non transnazionale, con Gianfranco Spadaccia, fra una blaterazione e l'altra e appariva imbavagliato nei tempi concessi dalle tribune elettorali, che si accodò, attribuendosele, alle campagne referendarie sul divorzio e sull'aborto, condotti a civile esito dai socialisti e propugnato ( il divorzio) anche dalle ultime tracce di liberali ancora presenti nel '74, nel Parlamento italiano, si accodò poi, con esito decrescente, a tutte le correnti ed occasioni, fino a "patrocinare" - ma non è vero - l'elezione di Scalfaro, il più reazionario Presidente della Repubblica, dopo Antonio Segni, per fortuna paralizzato da un ictus. Dubito che possa essere nominato. Continuerà a tormentare gli insonni redattori volontari di radio radicale , che lo vedranno comparire, a notte inoltrata, fatto come un copertone e che gli cederanno prontamente il microfono,per le sue incongrue blaterazioni da ubriaco..nella migliore delle ipotesi. Non ce l'ho con Giacinto Pannella, detto Marco; constato solo che, anziché la rude , ma sincera tempra degli abruzzesi, lui ha coltivato, fino alla dissipazione , lo spirito di un altro abruzzese anomalo: Gabriele Dannunzio.

Piccole donne ( e uomini ) crescono.

Una ragazza di 14 anni di Novara ha vinto un biglietto omaggio per un concerto. Non è specificato se ha vinto anche il soggiorno all'estero per assistervi. La "fortunata" deve aver commesso l'imprudenza di pubblicizzare la casualità su twitter.. e i suoi followers aono diventati migliaia. Da allora è soggetta ad un rito wodoo informatico, nel quale una invidia rabbiosa e, per me, incomprensibile, si accanisce su di lei, fino ad auspicarne la morte, ad attribuirle chissà quali raccomandazioni per assistere ad un evento al quale non parteciperei neanche se me lo regalassero. In più, la si accusa di non essere una vera appassionata, perchè non sarebbe zompata sul palco e sui musicisti. Spiata e diffamata in rete, come nei piccoli paesi di una volta. La sua notorietà tracima; in autobus viene guardata - dice lei che si tratta di bambine astiose - silenziosamente e insistentemente ( speriamo che, almeno, non si tratti di una insorgente paranoia ), per strada verrebbe segnalata, se riconosciuta. Questi ragazzi vanno a scuola, possono valersi di strumenti sofisticati, ma la loro inciviltà ( non mi si parli di età, crescendo traviseranno in vesti socialmente approvate e in conformismi simbolici celati, tutta la loro animale aggressività e la loro irrecuperabile ignoranza, coperta, forse, di tecnicismi pappagalleschi )sarà la base popolare della società prossima. Senza speranza di redenzione.

lunedì 7 gennaio 2013

Ecce homo.

Il susseguirsi, con regolarità, attraverso le generazioni, delle persecuzioni dei coetanei coalizzati, nei confronti di compagni di scuola, di giochi o di frequentazione, che mostrano debolezze di carattere o sono messi in condizione di subire la cattiveria che, improvvisamente si materializza e si coagula solidale solo per conformismo sadico, è elemento rivelatore in embrione, della maligna natura dell'uomo e della donna "culturale", nei quali l'evoluzione biologica e dei costumi, ha solo trasfigurato la primitiva ferocia, ha mascherato l'invidia e mal dissimulato lo spirito di sopraffazione. In seguito all'educazione e, soprattutto, alle convenzioni sociali, questa cattiveria, che talvolta induce al suicidio e, chissà quante altre volte, comporta sofferenza, solitudine e deformazioni psicologiche, la cattiveria si camuffa, ammicca nella facile ricerca di complici, si attrezza per tacitare, quando non riesce a relegare, chiunque dimostri diversità fisica, ambientale - rispetto a quello prevalente o al quale si aspirerebbe -, familiare oppure un po' di coraggio, autonomia e consapevolezza o, semplicemente, miglior animo. E' da questi esordi infelici e infelicitanti che si dipana, per confermarvisi, la immaginaria sublimazione etica o spirituale degli uomini e delle donne. Chi ritiene di non esservi incappato almeno una volta, anche in rapporto a persone a lungo apprezzate come amiche, deve essere stato molto distratto o aver deciso di dimenticare.

domenica 6 gennaio 2013

Criteri di calcolo.

Aumentano, in Italia e in Spagna, i disoccupati, con una progressione proporzionalmente inversa a quella dello spread sui rendimenti dei titoli di Stato. Anche se i due termini di paragone sembrano poco convincenti, in quanto frutto di aspettative sostenutistiche della valuta, i secondi e delle mancate aspettative d'impiego, i primi, di anticipazioni borsistiche e speculative e di improvvise e impellenti necessità prive di sostegno, il trascuarato confronto, da parte dei media, è impressionante. In Grecia la rivolta sociale pare essersi sopita nella rassegnazione e nell'abitudine alla povertà, anche i suicidi paiono diminuiti o non ci si fa più caso, mentre in Spagna sono ancora frequenti e numerosi. La farmacopea commerciale esclude la commercializzazione di preparati di comporto, in Italia e Spagna; anche dei farmaci salvavita e antitumorali in Grecia. In Germania, la già scarsa disoccupazione è invece diminuita e qualche amante del calcolo creativo vi ha trovato una corrispondenza all'incontrario con il variare degli spread dei Paesi pigs in confronto alla Sede dell'Impero continentale. In inghilterra, che dell'Unione europea non fa parte se non in funzione di vigilante in proprio e per conto dell'alleato nord americano, i poveri hanno smesso da tempo di lavorare e vivono di alcoolici negli slums, dai quali ogni qualche anno escono per barbariche devastazioni e saccheggi, per poi rientrarvi con qualche Hi Fi.In economia, tutti i dati sono congruenti e omogenei, ma, per l’opinione dei teorici, degli apologeti e dei santoni della medesima, vanno letti all’incontrario, in ordine d’importanza, per darne la giusta interpretazione ed il giusto apprezzamento. Nella situazione che si è venuta a creare dopo che l’Unione sovietica ha perso, per insostenibilità economica, la sua guerra militare con gli Stati Uniti, la pavida, litigiosa e incongrua Europa continentale è corsa al rassemblement e si è dotata di una moneta capace, a condizione di uniforme e teorica capacità di sostegno e sostentamento, di isolarla e di esentarla dalle crisi finanziarie sistemiche, paventate dai ricchi, dai reddituari e dalle banche. Così facendo – qualcosa di sinistra, verrebbe da dire, dato che il traino è avvenuto sotto l’egida del primo Governo Prodi -, ci siamo legati, mani e piedi, a supportare l’europa settentrionale, già ricca, in una riedizione dell’Impero guglielmino, creando contestualmente sperequazioni e divaricazioni sociali, che ci apparenteranno, se continueremo su questa strada, alle società anglo-americane, nelle quali i proletari, non più lavoratori, sono ridiventati barboni o violenti, rifiuti marginali delle medesime. La scommessa si basava sulla presunzione che i partners ricchi e, in particolare, la Germania, avrebbero continuato ad accollarsi le spese, barattandole con una leadership, alla quale, in cambio della bella vita, avremmo argutamente rinunciato. Riunificata, liberata dai vincoli dello sconfitto, la Germania ha imposto le sue regole ed esercita la sua primazia, senza doverla pagare in denaro, col beneplacito evidente degli Stati Uniti d’America e la collaborazione dei vassalli nazionali, fra i quali, i professori, sono i più insidiosi, soprattutto se sono gli intellettuali organici delle banche . Se si considera che Casini, per vie inaspettate, potrà ricominciare a tessere la sua trama clientelare e di potere e che l'imbelle fascista Fini potrà ricandidarsi ai comodi ruoli istituzionali che preferisce, insieme alle imbarazzanti mogli già collaudate, il percorso di ricollocamento della borghesia italiana mi sembra già ben tracciato.

sabato 5 gennaio 2013

Origini confuse e identità mascoste.

Dal 1900 al 1921, la finanza italiana fu saldamente in mano agli agrari. Le politiche compromissorie ed inclusive di Bonomi, Nitti e Giolitti, del tutto speculari a quelle in corso, secondo me, che volevano anticipare il fascismo per sterilizzarlo ed inglobarlo, con l'esito che sappiamo, trascurarono la possibilità di legare lo sviluppo nazionale alle potenzialità dell'industria, perchè troppo localistica e minoritaria e, dopo aver tentato maldestramente di affiancare l'aristocrazia rurale del sud, in mano a possidenti e latifondisti, dei quali i mafiosi erano la guardia bianca, a formazioni di industriali settentrionali disposti a far da sponda politica al progetto, frullarono, per esserne infine frullati, il fascismo in gestazione, consentendogli di sedimentare gli interessi degli agrari e delle loro banche e di raggruppare e coagulare, in gran parte, quelli del capitale industriale frammentato del nord, con l'eccezione della grande industria, sotto l'egida della Comit di Raffaele Mattioli ( esclusa, invece, la FIAT, sempre pronta ad adeguarsi, nel suo interesse ). La ricchezza finanziaria dei grandi proprietari terrieri era legata alla spremitura indiscriminata dei suoi primitivi braccianti, in gran parte, analfabeti e dediti ad un lavoro senza pause, prolifici e in grado di fornire sempre nuove braccia al declinare delle loro forze , autentici proletari. Le plebi rurali erano sfruttate ma anche epidermicamente temute dai signori di campagna, molto di più delle maestranze industriali delle città del nord, dove gli operai, spesso orgogliosi delle loro competenze, come se fossero stati ancora dei liberi artigiani, pur essendo costantemente impegnati in rivendicazioni per il pane, non in senso metaforico, erano in condizione di mandare avanti le fabbriche e di manutenerne i macchinari, anche quando le occupavano, condividendo, quindi, con il proprietario, almeno lo spirito di conservazione dei "loro" strumenti. Non sentendo pienamente solidali i padroni, dei quali i fascisti si erano fatti garanti, le squadracce devastarono alcune fabbriche e ne occuparono gli ambiti, anticipando brevemente e vandalisticamente le settimane rosse che tanto avrebbero intimidito i proprietari, dal '20 al '22. Nelle campagne, la Chiesa ( a sua volta, organizzazione privata, o non? ) e le sue formazioni sindacali popolari facevano opera di appiattimento rivendicativo, sollecitavano la collaborazione delle associazioni confessionali, all'interno delle quali e per loro intercessione, qualche d'uno riusciva a trovare un lavoro, a studiare, in seminario e non, secondo opportunità. Nelle regioni agricole, Emilia-Romagna, Veneto e Campania, prevalentemente, i parroci cogestivano le riunioni dei proprietari e delle maestranze, negli stessi locali, appoggiandosi, in Campania, alla borbonica clientela affidataria, nel Veneto, riuscendo a monopolizzare l'assistenza, non solo spirituale, con la conservazione degli assetti proprietari, tanto che, anche in tempi recenti, talune province di quella regione venivano soprannominate "la sacrestia d'Italia", appoggiandosi, invece, in Emilia-Romagna alle formazioni armate private dei latifondisti, destinate a confluire nelle squadre d'azione fasciste. Fu per intercessione degli agrari, delle loro banche e del loro quotidiano, il Resto del Carlino, che Mussolini ottenne cospicui finanziamenti dall'ambasciatore di Francia in Italia e fu spalleggiato dal prevalente potere bancario, dagli agrari stessi e da buona parte degli industriali dediti alla trasformazione dei prodotti agricoli. Il Resto del Carlino fu la punta di diamante della reazione propagandistica, nella sua fase iniziale. E' in quegli anni che, nelle provincie granarie, furono fondate Banche agricole, agrarie, per l'agricoltura delle quali furono fondatori e clienti gli agrari di ciascuna zona e i cui discendenti sono stati, o sono tutt'ora, clienti, azionisti e affidatari del loro processo evolutivo e, soprattutto, reddituari, artefici e destinatari degli investimenti finanziari che le ermetiche, prudentissime ed involute, eppur ricche cassaforti provinciali, producevano e, in rari casi, tutt'ora producono, con atteggiamento autoreferenziale e talmente discreto, da apparire omertoso. Tanto gelose del proprio Cerchio magico, quanto invadenti e preveggenti, in ogni ambito, anche il più privato, della vita dei loro soci-clienti e dei propri lavoranti. Lavorando con l'impresa privata e per l'impresa privata, non potevano che riferirsi ai proprietari terrieri e alle attività commerciali, proteggendo le loro incursioni negli ambiti allargati della finanza attraverso probabili vincoli massonici che soli potevano garantire la omogeneità dei comportamenti, il controllo fraterno delle movimentazioni, il confluire verso obiettivi di loggia. Molte banche emiliane, le ultime delle quali sono scomparse per acquisizione o infusione, con entità creditizie più chimicamente composite, appena trent'anni fa, erano tenute insieme proprio da vincoli massonici, amministrate dalle camere tecniche professionali ed economiche e trovavano composizione delle controversie non nel confronto dei Consigli di amministrazione o nelle aule giudiziarie, ma nelle mediazioni-imposizioni del Maestro venerabile di questa o di quella cupola, secondo un costume identico a quello delle mafie, che come è ormai noto, si sviluppano su diversi livelli, pur nel riferimento a specifici interessi. Il fascismo che, di lì a poco, cioè un anno dopo, quando gli equilibri finanziari rischiavano di saltare per l'evoluzione disordinata della società economica nazionale e l'influenza, anche politica e governativa, degli equilibri internazionali più vicini, vale a dire limitrofi e continentali, si affermò, con l'inganno e la studiata prevaricazione, ma anche con innegabili successi elettorali, frutto dell'identificazione della piccola borghesia degli impieghi e degli apparentamenti, con l'ideologia capitalistica, solo per il timore, fondato, di sprofondare nella temuta ( in termini di condizione, più che di classe sociale ) sempre più vasta povertà, anche se le condizioni materiali di questi piccoli borghesi non erano tanto lontane da quelle del proletariato, ma se ne differenziavano sul piano delle aspirazioni, fondate o retoriche, riversate sui propri figli e da un po' di istruzione conformistica, venne a rappresentare e solo a rappresentare - ma si sa, l'importante è esser convinti - un'organizzazione nazionale di massa dei ceti medi, della mediocrità quindi, la cui ideologia di riporto assunse la direzione, almeno parolaia, del Paese. Si verificò il fenomeno dell'integrazione fra i diversi gruppi borghesi nel capitale finanziario, nel quale il ruolo degli agrari nell'organizzazione bancaria dell'Italia era predominante e che conobbe l'istituzionalizzazione del potere, spesso nobiliare, laico o religioso, degli agrari medesimi, con la creazione della Banca nazionale dell'Agricoltura. Il precipitato sindacale istituzionale del corporativismo ne costituì la stabilizzazione e consentì che l'elemento "piano di produzione" - oggi si direbbe piano budget - accentuasse l'elemento della "socializzazione" dell'obiettivo e della cooperazione all'obiettivo, senza intaccare l'appropriazione individuale o di gruppo ristretto del profitto. I componenti di quella realtà sono ancora presenti nella società italiana, pur essendosi travisati diverse volte, dal secondo dopo guerra ai giorni nostri, così come si erano travisati ripetutamente dopo la fine dell'olocausto della prima guerra mondiale, a prezzo, quindi, di un'altra guerra e della persecuzione di un'etnia, assunta a capro espiatorio. Ma quel mondo, reale, non è mai morto. Nuovi soggetti reali, ma anche e molto culturali, si sono sovrapposti, ma non hanno mai assunto il potere e sono stati ricacciati in un limbo trasformistico che rende claudicante il loro cammino. E oggi, come allora, la mascheratura responsabile sottende a non confessati interessi e prelude a lotte di potere e di (ri)appropiazione, mentre ogni velleità, nel senso appena descritto, sembra basarsi ancora di più sul sentimento, non nobile, profondo della piccola borghesia, di nuovo in crisi d'identità, sulla quale rifondare la gerarchia e il ben pensare. Un modello embrionale, nel quale le corporazioni particolaristiche sopravviveranno sotto il controllo di un'élite sovranazionale, trasfigurazione sostitutiva dell'idea religiosa, poco fa appannaggio della nazione e domani attributo di un'altra inventata Entità sovranazionale, superiore, Europea, ecc.