venerdì 18 gennaio 2013

Disaffezione alla politica o ai suoi effetti pratici?

Non si può parlare genericamente di antipolitica e su questo assunto costruire astruse, ancorché dotte, analisi sociologiche. Non sono i cittadini ad essersi ritratti dalla politica, è la politica che, deprivata di facoltà, si è limitata necessariamente all'ostentazione degli equilibri interni ad una categoria di officianti di riti utilitaristici. In particolare, in Italia, è andato in crisi il sistema corporativo che, dal fascismo, era trapassato alla Democrazia cristiana, mutato in un diffuso sistema clientelare. Merito, formazione e indipendenza morale erano contraddittori verso quel sistema e, perciò, avviliti e ignorati. Ora che i nodi vengono al pettine, la politica non ha nulla da dire che non sia già stato smascherato e non può più garantire un sistema di sussistenza basato sulla rapina delle risorse pubbliche. Da questo e non da altro viene la disaffezione alla politica che fa crescere l'astensionismo, dato che la gestione istituzionale dello Stato permane, sia pur incerta, mentre la partecipazione massiccia al voto non si può più trasformare in concreti benefici personali o di categoria. Forse, codesta è la ragione della ridotta partecipazione elettorale in Paesi come l'Inghilterra e gli Stati Uniti, mentre resta alta nella corporativa e però ricca Germania. Da un modesto contributo al riguardo, sulla rivista Il Mulino.

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