sabato 30 aprile 2016

Reiterazioni, ma inevitabili.

Si torna a morire sul lavoro. Così "titola" l'INAIL nel suo rapporto periodico. In parte si tratta di lavoro nero, i cui infortuni non mortali sono coperti ed occultati con il sistema, che sembra studiato "ad hoc", dei voucher retributivi e previdenziali, in parte di ipersfruttamento e di riduzione all'osso, quando non "interpretativa" trascuratezza, degli accorgimenti di sicurezza e di igiene lavorativa. In realtà, sul lavoro, soprattutto manuale, si è sempre morti; restano inivestigati gli effetti dello stress, del mobbing, dei carichi, dei ritmi e delle modalità di lavoro, delle cattive abitudini compensatorie indotte da quanto precede. Le cifre, di per sè, a me non dicono niente. Contano le morti, ciascuna delle quali è strettamente individuale. Domani di diranno tante cazzate sui palchi rumorosi e musicali del Primo maggio, da parte di sfacciati delegittimati alla ricorrenza funebre; pare che, qua e là, ci saranno riediti soggetti in veste mogia e non più operaistica, perchè gli operai non ci sono più, almeno come classe sociale, che si offriranno come pastori al vasto e dispersissimo, occasionale e precario gregge. Sarà una rievocazione stanca e conservatrice: bisogna ricominciare tutto da capo, ancora una volta. I tempi cambiano, i lavoratori, adesso solo i poveri, restano.

Più, meno, uguale.

La diminuzione dell'aspettativa di vita in Italia, inverte una tendenza che era stimata, da quarant'anni, costantemente in aumento. La regressione non è inaspettata, le terapie e la loro qualità si stanno rapidamente ridimensionando, le persone anziane e particolarmente defedate vengono accompagnate infermieristicamente, con qualche intolleranza accertata o in via di accertamento, alla morte, le medicine più costose sono sostituite da equivalenti minori e il costo delle prestazioni collaterali, tutte private, costituisce uno dei tanti buniness di rapina opportunistica, che vengono colte e allestite in quattro e quattr'otto. A ben considerare, il fenomeno dello sfacelo delle società post comuniste si sta ripetendo, con un molto maggior attrito e una sistematicità eterodiretta, nell'ambito di un modello imposto, ma anche accettato passivamente, che una classe emergente di profittatori d'occasione ha speculativamente adottato imprenditorialmente, scimmiottando più il modello americano che quello variegato delle società europee, nell'ambito del quale la Germania conserva tutte le sue guarentigie e prerogative assistenziali. La prossima legge sull'eutanasia perfezionerà il modello previdenziale, accompagnando ad una morte attestata come indolore i pochi pensionati che riusciranno ad accedere alla previdenza anemica e che non avranno le risorse per pagarsi le cure e l'assistenza. Col senno di poi, la "modernizzazione" delle società post belliche, che sembrava tale in un momento di sostenibilità apparente e drogata, si sta rivelando un processo di adattamento e di avvicinamento allo Stato contabile, che, per un debitore, equivale al fallimento. Ovviamente l'aspettativa minore di vita riguarda e riguarderà le classi povere che non potranno adottare regimi di vita igienici ( nell'igiene vanno considerati i costumi di vita e di lavoro ) e che non potranno provvedere a se stesse; già queste prime statistiche vanno declinate in questo senso: "chi bene condusse sua vita, male sopporterà sua morte". Chi invece avrà avuto per compagne fatica e malattie, sarà deluso, anche alla fine, perché dovrà abdicare anche alla pur irrazionale speranza di conoscere un attimo di ristoro e, chissà mai, di soddisfazione. Gli effetti, i primi effetti dell'involuzione vitale vanno, nel loro insieme, ascritti prima alla bolla speculativa del 2007/2008, che ha trascinato i suoi effetti fino ad oggi e ancora ne influenza gli sviluppi e poi alla dirigistica gestione assunta dai paesi più forti e ricchi dell'Unione europea nei confronti degli altri, per non farsi trascinare in basso. Nella statistica, per ora limitata a due mesi in meno, vanno bilanciate le maggiori aspettative dei benestanti all'interno di ciascuna società, rispetto ai poveri e quelle degli Stati più mal messi, i famigerati PIGS, rispetto ai ( pochi ) altri. Inalterata l'Inghilterra mai veramente affrancatesi dal modello descritto da Charles Dickens. Immaginarsi gli effetti reali, cioè non compensati statisticamente, fa paura. Per il potere è importante che non si avverta.

Simboli della finanza.

Hillary Roda Clinton e Donald Trump si sfideranno per la presidenza degli Stati Uniti. L'una con i soldi di Wall Street, l'altro con i suoi personali. La gara, edulcorata negli effetti pratici, mascheratori dei veri riferimenti dei contendenti, avrà l'impronta che è riuscita infine a trasferire nell'agone europeo, nel quale le larghe intese fanno da paravento alle quotidiane baruffe dei movimenti, già molto trasformati rispetto alle loro origini. Sembra che il giolittismo, il trasformismo, siano stati antesignani. Dal liberalismo classico, al capitalismo becero. Illary navigherà, da avvocato di grido della grande mela, nelle insenature dei grandi principi e cercherà di assemblare una macchina di voti sufficiente a farla prevalere sul più monotematicamente schierato rivale. Ha solo indulto, nelle dichiarazioni, alle quote rose che, o non conteranno niente o saranno una stupidaggine. Maschi e femmine di peso saranno selezionati solo in base al loro potere specifico ed al bilanciamento organico. Donald parla rozzo, come in un'officina, allo stadio o al pub, ma ha avuto un successo, plebeo e travolgente, tipico della destra di questi tempi, toccando il nocciolo vero e profondo del sentimento reazionario, isolazionistico, egoista del cuore di tenebra americano e non solo. L'una e l'altro hanno parlato il linguaggio sovrapponibile in uso dal dopo guerra negli Stati Uniti, che i medesimi hanno infine esportato nell'europa federata, ma solo dalla moneta comune. Ne hanno solo un po' aumentato il volume ed enfatizzato i toni. Tutti e due, però, si sono rivolti a quella massa di elettori ed elettrici che, sentendosi ignorati, di solito non vanno a votare: il popolo minuto e orizzontale. Per evitare il vagabondaggio, ma soprattutto la concorrenza fra poveracci, Trump vuole erigere l'ennesimo muro che Kennedy stigmatizzò a Berlino, Roda Clinton si guarda bene dal parlare di aumentare la copertura sanitaria per i non assicurati, ma esalta le eguaglianze caricaturali. Entrambi sono newyorkesi e ricchi. Nessuno prende impegni in politica estera: con Hillary saremmo nel solco di questa amministrazione nera, almeno all'inizio, con Donald ci potremmo aspettare un ripiegamento su se stessi e sui propri affari, che anche Bush, neppure insediatosi alla Casa bianca per i primi due mesi, trasformò in un presidenzialismo di guerra, per otto anni, dopo il crollo provocato delle Torri gemelle. Simboli della finanza invasiva, ora come allora.

venerdì 29 aprile 2016

A che servono ancora gli Stati nazionali?

In una parte collegata del mondo, una grande parte, ma non la maggior parte, gli scontri fa lo Stato in divisa ed i manifestanti disorganizzati aumentano, anche se sono trattati come eventi minori dai media. Oggi è toccato agli studenti di Pisa e ai negri degli Stati meridionali statunitensi che denunciano il razzismo imperituro. In Francia siamo al quinto giorno di chiusira dei servizi e delle residue attività produttive. Ad Aleppo, in Siria, si è voluto distruggere un altro ospedale eretto e gestito dai medici senza frontiere, mentre gli staterelli nazionali si barricano dentro i loro confini per impedire che centinaia di migliaia di profughi sostino "sine die" sul loro angusto territorio, popolato per la maggior parte da persone anziane. Vengono eletti, all'uopo, governi e governicchi di estrema destra, mentre il populismo fascista prende piede in aree sempre più significative e prossime. Il pampa-Papa ha dato disposizione al Vescovo altoatesino di violare la legge e favorire il transito e il nascondimento di chi fugge, ma l'episcopato polacco ha negoziato con il partito ultraconservatore l'emanazione della legge più reazionaria, in europa, sull'aborto. Per fortuna la reazione popolare a questa deriva, al di fuori dei partiti, tutti coinvolti e complici nella gestione del regresso civile, si sta manifestando. I contrappesi chiari sono necessari, purtroppo sono ancora evanescenti, esprimono solo il rifiuto di un'abdicazione ingiustificabile alla civiltà ed alla coesione, pur rispettosa delle differenti opinioni e sensibilità. Sta prevalendo una società di contabili che non può comprendere, al di fuori di meri calcoli, anche percentuali, di convenienza, i contenuti del costume storicamnete evolutivo ed i valori, che paiono superflui, dell'umanesimo culturale, fino a che la stenosi ragionieristica non dimostra i suoi effetti. Come sempre, la reazione, che si incrementa, è tardiva. D'altra parte, altrimenti, non sarebbe compresa. Il Vescovo di Bologna sarà sul palco del Primo Maggio. Nulla in contrario, anche perchè io non vi sarò sotto, ma, come già a Bolzano, anche altrove la Chiesa non demorde dal far politica, ora collateralmente ai regimi dinastici, poi a quelli fascisti e reazionari e poi a quelli populisti, ma solo quando non esiste più un collante laico per i lavoratori ( altrimenti si schiera - eccome - contro la sinistra ), quando le loro organizzazioni di rappresentanza sono svilite e insignificanti. Come già detto, in Polonia la versione reazionaria della Chiesa risalta di luce propria nazionalistica, frammentando l'interpretazione del ruolo politico dell'Istituzione in mille rivoli opportunistici, non dissimili dal nazionalismo religioso apportato dalla Riforma. Tutte queste incongruenze sono collegate dalla gravitazione verso l'euro, anche di chi non l'ha ancora adottato e, proprio per questo, coniuga la realtà in forme domestiche minori. Minori, ma inquietanti. E' come se il revanscismo immemore di tante disgrazie del passato recentissimo si risfogasse inalterato, privo, per fortuna, della possibilità di imporsi e di nominarsi un capro espiatorio, mentre, sul versante opposto, la lagnanza dolorosa e pubblica per una condizione di rapida decadenza non trova, se non in Francia e vedremo eventualmente fino a quando, una sua collocazione culturale. Saprà, sempre eventualmente, questa europa così antropologicamente diversa raccoglierla? Qual'è la funzione degli Stati nazionali in un contesto di incomunicabilità? Il mantenimento di un ordine censitario di conio originario, contraddicibile solo con una lotta diretta dalla cultura, senza la quale sarebbe un vano agitarsi.

Ce n'est qu'un début, continuons le combat!

Da quattro giorni la Francia conosce una mobilitazione intercategoriale e dal basso che non si vedeva dal maggio del 1968. La "loi travail" del peggiore e più buffo esponente del socialismo da un secolo a questa parte, è rifiutata dai lavoratori e osteggiata dalle aziende che la ritengono scarsamente garante dei loro conti. Il completo demando alla speculazione, fine a se stessa, del padronato, è contraddetta in ambito sociale e, come sempre nelle manifestazioni pubbliche più importanti, in ambito culturale. I maggiori teatri sono chiusi e le rappresentazioni annullate. Da noi non farebbe un baffo a nessuno ma, per la "civilisation francaise" la delegittimazione è senza compromessi e l'azione dei Maître à penser, le cui espressioni più significative sono beneauguranti, ogni mattina, sui cartelli a led, anche dei borghi più sperduti, accompagnano il movimento, che è politico, ma non organizzato. La polizia, forte anche delle leggi emergenziali per gli attentati, manganella a tutto spiano a difesa dello smantellamento dei diritti e delle conquiste sociali, da quella sbirraglia che è e che di tanto in tanto, torna ad essere. Il Maggio francese contagiò tutta l'europa, assumendo su di sé il processo di modernizzazione delle società borghesi; oggi che il lavoro sta ridiventando una schiavitù a chiamata dissimulata, è da quella trincea culturale e fattiva che - spero - cominci la reazione. Perché abbia successo è indispensabile che se ne facciano carico le avanguardie studentesche, anche e soprattutto in Germania e negli altri piccoli Paesi dell'europa centro settentrionale. Un atteggiamento consimile dei soli partiti, sindacati e dei lavoratori stessi, privi di una cornice di diffusione della chiamata alla rivolta, non sortirebbe nessun effetto, come sarebbe inutile e captivamente strumentale, limitarsi ad una rivendicazione senza interlocutori. Non ho la minima idea se si stia trattando di questo, ma me lo auguro perché lo ritengo necessario.

mercoledì 27 aprile 2016

Manca l'azione, la testimonianza crea solo dei potenziali martiri, scocciatori per chi li elimina e nel sentimento quasi comune.

In Campania il P.D., come la destra frammentata, fino a poco fa Forza Italia, ma in particolare il P.D. al governo, essendo ibrido e portatore quindi di vecchie e nuove clientele, sulle quali la malavita e i potentati locali non vogliono allentare la presa, è intriso di camorra. E' stato inquisito ieri un tale Graziano, della giunta dell'amnistiato partitico e giudiziario locale De Luca. ma, quel che è peggio, costui è stato consulente ( e portatore di voti ) di Matteo Renzie a Palazzo Chigi per quindici mesi, prima di trasferire la sua azione procacciatrice di voti e di raccordo clientelare con la camorre nella giunta regionale campana. Su questi equilibri, in europa non si può stare; sarebbe ora che i Paesi del nord europa lo chiarissero, invece di continuare a fare i ragionieri di una severità che, alle nostre latitudini è mafiosa. mafiosa Anche nei comportamenti spiccioli e quotidiani, negli squallidi vantaggi di un plebeismo dei lazzari sospirosi che, per la loro presunta condizione, si sentono cattolicamente giustificati per ogni loro piaggeria. Il fatto che i testimoni della corruzione endemica al sistema politico, subordinato agli interessi del borbonismo locale e, perciò, succube ancorché facilitatrice della camorra e delle mafie meridionali, ormai esportate, lascino la scena, significa solo che lasciano questa politica alla sua funzione strumentale e vicaria dei vari poteri alleati che vigono in Italia. Secondo un altro testimone che sta sacrificando la sua giovinezza e, in prospettiva, la sua vita alla reclusione securitaria, Roberto Saviano, la speranza è vana: "Non credo nella giustizia neanche più per un secondo. In nome della giustizia si sono fatti i peggiori crimini ed ancora oggi vengono commessi. Credo nella bontà, credo nel bene fatto occhio che guarda nell'occhio, mano che stringe mano". Lo ha detto a Sky TG24 HD lo scrittore Roberto Saviano. "Gomorra in questi ultimi 10 anni mi ha fatto perdere ogni forma di speranza - ha detto ancora -. Non ho alcuna speranza verso le istituzioni, non ho alcuna speranza verso la politica, non ho alcuna speranza verso i media. In questa catastrofe depressiva in realtà ho imparato a riconoscere il gesto di bontà aldilà dell'ideologia del bene, quindi non le associazioni, non i guru e non i gruppi che vogliono raccontare che fanno del bene e della giustizia". "Oggi la camorra è governata da adolescenti e giovanissimi - ha sostenuto lo scrittore -. È l'organizzazione in assoluto in Italia, tra quelle legali e non legali, che punta tutto sui giovani. Oggi nell'organizzazione camorristica se a trent'anni non sei ai vertici non sei più nulla. Le vecchie famiglie sono dietro a questi giovani, il controllo territoriale e i quadri militari sono ragazzini". La camorra rottamatrice, dunque, una moderna azienda che punta sul ricircolo dei capi squadra.

La mafia è anche superficialità e adattamento ai vantaggi che porta o conserva.

Pubblico la dichiarazione odierna di Rosaria Capacchione, cronista del Mattino di Napoli, che vive sotto scorta per le minacce della camorra, sperando che sia coerente e ritorni a fare la giornalista. “Matteo Renzi ascolta solo chi è portatore di grossi pacchetti di voti, mentre dovrebbe ascoltare anche chi non lo è. Tanti come noi non portano voti e per questo sono relegati ai margini”. A parlare in un’intervista a La Stampa è Rosaria Capacchione, cronista del Mattino di Napoli che vive sotto scorta per le minacce della camorra, eletta nel 2013 in Senato con il Pd. Un partito nel quale dice di non riconoscersi più dopo l’inchiesta antimafia sulla presunta corruzione e gli appalti truccati in favore del clan dei Casalesi, che vede indagato il presidente del Pd campano Stefano Graziano, con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. “Ho abbracciato un progetto un progetto che in quel momento era rappresentato dal partito ma devo constatare che in quel partito non c’è la capacità di leggere certi fenomeni”, questa la dura analisi della Capacchione secondo cui tra i democratici “c’è una scarsissima percezione del pericolo che arriva dai colletti bianchi e dall’attività disinvolta di certe parti della Pubblica Amministrazione. I rimedi che si cercano sono spesso di facciata – continua la senatrice – l’esibizione del casellario giudiziario non serve a nulla, non quello il punto”. Secondo la senatrice il punto è che “una volta i partiti facevano da argine contro le mafie“. La futura classe dirigente dei partiti si faceva le ossa nei circoli. Mentre adesso “quell’istanza di controllo è fallita”. Perché oggi “i circoli sono luoghi pressoché disabitati, le decisioni arrivano tutte preconfezionate e le voci di allarme vengono derubricate costantemente a echi di guerre tra correnti. Queste cose le dico e mi batto da tempo, inascoltata”, accusa la giornalista che punta il dito contro il segretario-premier: “Ascolta solo chi è portatore di grossi pacchetti di voti”. E in Campania, “territorio intriso di cultura mafiosa”, anche nel Pd “c’è la corsa di certi personaggi a salire sul carro del partito che vince”. “Che il Partito democratico della Campania fosse diventato oggetto di un arrembaggio piratesco da parte di affaristi privi di scrupoli e collusi, è cosa che abbiamo denunciato da molto tempo”, ha detto ieri a caldo subito dopo l’iscrizione nel registro degli indagati di Graziano. E il suo futuro all’interno del partito dopo l’inchiesta che lo ha travolto in Campania? “Magari resterò anche iscritta al gruppo Pd a palazzo Madama, se i colleghi mi vorranno ancora tra loro. Di certo non mi candiderò alle prossime elezioni politiche. D’altronde io non sono una portatrice di voti controllati. E poi mi manca la possibilità di dire queste cose che ho sempre detto nel corso della mia carriera di giornalista, senza che vengano lette sempre col filtro dell’interpretazione partitica” conclude Rosaria Capacchione, cronista del Mattino di Napoli che vive sotto scorta per le minacce della camorra

lunedì 25 aprile 2016

Sul finir del giorno.

La liberazione dal nazifascismo fu opera anche delle truppe alleate (non dimentichiamo tuttavia il prezzo pagato dalle popolazioni civili italiane, dalle città distrutte dai bombardamenti…), ma il contenuto sociale dell’Italia repubblicana nacque esclusivamente dall’opera sapiente e preveggente dei Costituenti, che raccoglievano le istanze profonde del partigianato. E quel contenuto fu espresso in un documento, di un pugno di rappresentanti delle forze politiche che avevano costituito e poi interpretato il tessuto antifascista del Paese se maggioritario o, come penso io, minoritario, non saprei: era una scelta etica basata sui fatti costituiti da chi aveva agito. Nel contempo quel testo raccoglieva il bisogno di rinnovamento, le ansie persino palingenetiche di vastissime masse popolari, di ceti medi, di contadini, di classe operaia e della parte più illuminata della borghesia. Quel testo non era perfetto, era un equilibrio in progress difficile e oggetto di attacchi contraddittori, ma , per decenni, non ne fu messa in rottamazione la diga antifascista che Berlusconi abbattè. Era una diga settentrionale, che nulla ha a che vedere con il leghismo poverello. Ora è tempo di difesa dei principi cardine di quel testo, che prevede la separazione dei poteri e l'elezione dei prescelti. Alla prostituzione pratica di questi valori non è seguita la reazione ristabilizzatrice: si è giunti alla volgarità ed alla sfacciataggine, intrisa di tanta ignoranza, di rivendicarli come il nuovo post democratico e il rischio del plebiscito è reale, Neppure nei tempi peggiori dello scelbismo, del craxismo, del berlusconismo, la Costituzione è stata in pericolo come ora. Quando Berlusconi e sodali tentarono di alterarla, furono fermati dal voto popolare. E comunque quel voto, allora, godeva del sostegno del principale partito di opposizione, il cosiddetto “Partito democratico”. Ma se guardiamo a quel medesimo partito oggi, a ben riflettere, non possiamo che constatare che il trasformismo giolittiano è ancora la cifra di un'Italia unita per forza e per modo di dire. Matteo Renzi, in fondo, non ha fatto che portare a termine la mutazione genetica del partito, che oggi ha perso qualsiasi residuo aggancio non soltanto con la tradizione del comunismo italiano ), ma con l’intero bagaglio della sinistra; da barriera fondamentale contro i tentativi di manomissione della Carta costituzionale ne è diventato il primo artefice. Oggi, perciò, la battaglia per difendere quella che il guitto Benigni aveva decantato come “la (Costituzione) più bella del mondo”, salvo poi saltare sul carrarmato renziano che sparava contro quella stessa Costituzione, parte da un handicap: in Parlamento, in sostanza, ci sono forze di minoranza, e per di più eterogenee, che proveranno a resistere, ossia a fare opposizione; sul fronte opposto, forza di maggioranza, c’è il PD: la sua dirigenza, erede, come Bruto, dell’Assemblea Costituente, è il motore primo della “deforma” costituzionale, portata avanti in modo arrogante, contro la quasi totalità dei costituzionalisti italiani, e larghissima parte del mondo intellettuale. Per preparare il terreno a questo terremoto istituzionale, ci hanno detto che la Costituzione è antiquata: in parte e vero, ma non nei principi giuridici, economici e sociali, già accontonati in via di fatto. E' purtroppo la Costituzione di un Paese ibrido. Se così non fosse, settantun'anni non sarebbero molti. Invece sono poco meno della metà della storia unitaria, durante i quali gli stravolgimenti formali ma sanguinosi per il popolo, sono stati troppi per essere seri. Infatti si sono smepre miscleati nel trasformismo, nel gattopardismo. Quelle dei Paesi di grande tradizione democratica, dal Regno Unito agli Usa, durano da secoli. E per abolire il Senato (finta abolizione, peraltro, come quella delle Province) hanno usato la propaganda antipolitica più becera, quella che dovrebbe toccare il cuore dell’italiano medio, che si indentifica nel portafogli: ridurre i costi della politica. Ma chiunque sa che i costi sono alimentati dalla corruzione e che, alla fine, non diminuiranno affatto, ma, in compenso, accanto a una Camera di nominati dal partito di maggioranza relativa, che prende la maggioranza assoluta dei seggi, si affiancherà un Senato di designati dai Consigli regionali e dalle principali città: doppio incarico, con quale beneficio per l’efficienza del sistema non si vede. Ma con una perdita secca della possibilità di quel controllo incrociato fra le due Camere che è fondamentale per evitare errori, sviste, svarioni… Il PD, che questa “impresa” ha portato avanti con determinazione degna di miglior causa, a prezzo di rompere ogni tessuto sociale, di frantumare definitivamente lo spirito residuale della stessa unità “ciellenistica”, si presenta come la vera destra “perbene” in Italia: oggi quella dirigenza ha deciso, in fondo coerentemente, che toccava al PD rappresentare quella destra che in Italia latitava e che era stata estromessa dal Governo dall'asse franco-tedesco, per ragioni fiscali. Ed ecco, appunto che il PD diventa, nella sua larga maggioranza, con qualche brontolio discorde della cosiddetta “minoranza interna”, il guastatore della Costituzione. La Costituzione che alcuni dei più vecchi esponenti di quel partito si ostinano a riconoscere essere “nata dalla Resistenza”, e vengono tollerati, nell’attesa che la natura faccia il suo corso e li spazzi via. Come Renzi, la sua potentissima e incompetentissima ministra Boschi, con l’ausilio di impresentabili figure pubbliche a cominciare da Denis Verdini, si apprestano a fare non solo con la Costituzione, ma con lo Stato liberaldemocratico: il combinato disposto legge elettorale (il famigerato Italicum) e “riforma costituzionale”, pone le basi per un “superamento” morbido della stessa forma democratica. Se poi aggiungiamo il controllo che ormai in modo quasi totale Renzi esercita sulla Rai , gli accorpamenti di testate giornalistiche, le nomine alla testa delle grandi holding pubbliche, delle istituzioni (dal Consiglio superiore della Magistratura alle diverse forze armate e servizi di sicurezza), il regime, per forza di cose e corollario, non eletto, è disegnato. Oggi, perciò, in attesa dei referendum d’autunno, la celebrazione della Liberazione deve rappresentare un monito e un impegno per quanti si rendono conto che la posta in palio è enorme. E si chiama Welfare, si chiama diritti, princìpi di libertà, possibilità di effettiva partecipazione alla cosa pubblica, sovranità del Potere legislativo (il Parlamento, ridotto a manipolo di ascari obbedienti), indipendenza del “Terzo Potere” (l’ordine giudiziario, non a caso sottoposto ormai ad attacchi quotidiani dal presidente del Consiglio o da suoi emissari, come ai tempi di Berlusconi)…; l’elenco è troppo lungo. Est modus in rebus a segnalare il pericolo. Molti lo asseconderanno, tutti gli altri, pochi o molti, dovranno continuare a contrastarlo.

Poletti, il manipolatore.

Il compagno Poletti, che fu segretario della federazione comunista di Imola, prima di diventare capo della Lega delle cooperative, per poi fare il convitato con cooperatori omicidi beneficiari di uno sconto di pena, ora è assurto al ministero del lavoro e passa il suo tempo a sparare cifre bislacche sulla crescita degli occupati precari, che l'ISTAT, poco dopo, si incarica di smentire. La storia del lavoro è una funzione subalterna della storia del capitale e le magnifiche sorti e progressive della pubblicità dei governicchi italiani ne vorrebbero celare la natura intrinseca di speculazione sul bisogno e sulla fatica altrui, nei termini classici, validi per ciascun tempo a, al contempo, per nessun tempo, fatta del lucro minutamente e meschinamente perseguito. Questo almeno, nel modello classico, primitivo, al quale siamo tornati. Fra tutti i voltagabbana, il ministro Poletti è il più sfacciato o solo il più scoperto; ha semplicemente accettato di fare da contrappeso apparente ai democristiani del P.D., assumendo, purtroppo con piglio manageriale cooperativistico, l'ammansimento mistificatorio dei lavoratori incappati in un'età di mezzo, nella quale il lavoro è saltuario e le guarentigie per la vecchiaia imperscrutabili, forse perché non esistono. Il compagno Poletti tira bidoni ai pensionandi, favorisce le imprese nell'assunzione di lavoro precario, come fanno del resto le sue cooperative, ma non ne ottiene l'appoggio perché le investe di oneri contributivi per i parzialisti, mentre gli esodati, all'ultima apertura delle chiuse, sono rimasti senza alcun reddito per dieci mesi, a carico, per chi ce le aveva, delle loro già provate famiglie. Questo manipolatore, titolare di un ministero divenuto secondario e chiamato ipocritamente del welfare compatibile e strumentale involve il lavoro nella dimensione del Kolchoz, quella praticata d'estate dai suoi figli che, a suo dire, raccolgono le mele in cooperativa.

Ora e dovunque sia necessario, resistenza.

Il 25 Aprile si sta celebrando sul campo, in queste ore, in Egitto, a Il Cairo. La polizia ha arrestato la giornalista che aveva intervistato la famiglia superstite dei cinque pregiudicati uccisi, nella cui abitazione erano stati fatti ritrovare gli effetti personali di Giulio Regeni. Se il marito non l'avesse reso noto, via twitter, si sarebbe trattato dell'ennesima scomparsa senza esecutori. Nella presunzione di manifestazioni contro il dittatore Al Sisi, che si stanno effettivamente svolgendo, erano state arrestate preventivamente centinaia di persone. Il governo egiziano ha promosso un'indagine contro la Reuters che aveva ulteriormente smascherato le fonti ufficiali, pubblicando la notizia del sequestro di Regeni la sera stessa del suo arrivo a Il Cairo ed il suo successivo e rapido trasferimento nel compound dei servizi segreti da quale sarebbe uscito cadavere. Sulla diplomazia e segnatamente su quella italiana c'è poco da contare; sul giornalismo ancora sì.

Vox clamans in deserto.

Sono ritornate di stringente attualità le considerazioni che cinquant’anni fa scriveva Thomas Mann nella prefazione delle lettere dei condannati a morte della resistenza europea: “Viviamo in un mondo di perfida regressione, in cui un odio superstizioso e avido di persecuzione si accoppia al terror panico; in un mondo alla cui insufficienza intellettuale e morale il destino ha affidato armi distruttive di raccapricciante violenza, accumulate con la folle minaccia di trasformare la terra in un deserto avvolto da nebbie venefiche. L’abbassamento del livello intellettuale, la paralisi della cultura, la supina accettazione dei misfatti di una giustizia politicizzata (id est: asservita al potere), il gerarchismo, la cieca avidità di guadagno, la decadenza della lealtà e della fede, prodotti o, in ogni caso promossi da due guerre mondiali, sono una cattiva garanzia contro lo scoppio della terza, che significherebbe la fine della civiltà. Una costellazione fatale sovverte la democrazia e la spinge nelle braccia del fascismo, che essa ha appena abbattuto solo per aiutarlo, non appena a terra, a risollevarsi in piedi per calpestare, ovunque li trovasse, i germi del meglio, e macchiarsi con ignobili alleanze.” Di conseguenza è ritornato d’attualità l’interrogativo che si poneva Thomas Mann: “Sarebbe vana, dunque, superata e respinta dalla vita, la fede, la speranza, la volontà di sacrificio di una gioventù europea che, se ha assunto il bel nome di Résistence, contro l’onta di un’europa Hitleriana e l’orrore di un mondo hitleriano, non voleva semplicemente “resistere”, ma sentiva di essere l’avanguardia di una nuova società umana? Tutto ciò sarebbe stato invano? Inutile, sciupato il loro sogno e la loro morte?”. La guerra era finita da ventun'anni, ma il sembiante dell'icona abbattuta cominciava a riconfigurarsi chiaramente nelle parole disperate e profetiche di Thomas Mann. La dialettica, forse ancora violenta, del mondo non si fermerà, ma l'abiura dei valori concreti conquistati sul campo, porterà nel tempo, inevitabilemnte, altre sofferenze, che costituiranno la coscienza di un'altra generazione ignara e poi verranno consumate, dilapidate.

Fuori contesto.

Settantuno anni e uno sguardo rivolto al passato. Dopo che alcuni dei suoi epigoni ne impersonarono in vecchiaia le sembianti- Sandro Pertini, che lesse alla radio il proclama dell'insurrezione finale, nella quale invitava a collaborare con gli anglo-americani e che, infine divenne presidente della repubblica - fin dai primi anni la restaurazione degli assetti precedenti alla caduta formale del regime, procedette con i buoni uffici realistici del P.C.I. Togliatti, che già negoziava nelle quinte colonne dell'Internazionale comunista ed all'interno delle correnti sotterranee del suo partito, prese atto dell'avvenuta spartizione di Yalta e, non solo disarmò i partigiani, ma, da ministro della giustizia, amnistiò tutti coloro che avevano commesso dei reati protetti dal fascismo. Così tutti i burocrati, di qualsiasi rango, rimasero al loro posto e, nella società civile, i fascisti poterono riciclarsi indisturbati, mantenedno la loro appena celata natura di prepotenti e di spregiatori del deboli, omogeneizzando, nelle varie correnti democristiane, la loro identità clientelare. Alcuni professori universitari fecero il salto della quaglia direttamente dal fascismo cattedratico a comunismo, egemone della cultura. Solo di quella. D'altra parte, non furono ancora una volta i comunisti a consentire con il loro voto la costituzionalizzazione dei Patti lateranensi di Mussolini con la Chiesa? Un realismo da regime conservativo che non ci toccò, per fortuna, o meglio per scelta esogena, americana. Un po' come adesso, a pensarci. Il sistema democristiano, meritevole all'inizio per l'opera dell'unico statista, proveniente dal parlamento austriaco, Alcide De Gasperi, che nei due anni di larghe intese con il P.C.I. pose le basi di un'Italia democratica, ancora assente nelle coscienze, conservatrice e subordinata nell'animo alla pressione "captiva" ed ottusa della Chiesa cattolica, la cui influenza si stempererà nei decenni attraverso la "corrosiva" morale del consumismo. Poi venne il diktat degli americani e i comunisri furono relegati all'opposizione perenne, dalla quale fecero molte cose buone, soprattutto sul piano sociale, dando almeno l'impressione a masse reali di lavoratori di avere un ruolo non solo strumentale e una dignità, da difendere non sulla base dei principi astratti, ma nella rivendicazione di un salario almeno sufficiente, del proprio tempo libero e di un senso dell'ordine istituzionale che i proletari, da soli, non avrebbero mai conseguito e che sarebbe andato disperso negli intrattenimenti volgari e nelle osterie, con compiaciuto piacere delle classi dominanti o semplicemente privilegiate. Insieme, cattolici e comunisti, senza averne entrambi le caratteristiche storiche e tradizionali, concorsero, fra molte contraddizioni, a forgiare il senso diffuso di una nazione, dialettica, sperequata, ma comune. Quella che oggi è in saldo nell'esproprio "sostenibile" di Napolitano-Renzi, che tentano, sotto la direzione straniera, di realizzare quel compromesso storico annacquatissimo, con il quale Aldo Moro cercava di arginare la crisi della Democrazia cristiana e Enrico Berlinguer perseguiva l'inquadramento austero di un popolo fracassone e incline alla corruzione. Ci stanno riuscendo, impoverendolo, adesso. Ormai il 25 Aprile è passato alla memoria e la sua riesumazione annuale concorre, nella dilapidazione, all'integrazione nel modello moderato e conservatore che prevalse subito dopo la fine della lotta armata. La sua tomba fu sigillata dalle Brigate rosse che ne ripresero, al suo decadere non avvertito, o meglio, non razionalizzato, le gesta ideologicamente non insensate, ma politicamente fuori contesto. Fuori contesto, ci siamo rimasti.

Un re travicello, dopo il feudatario golpista.

Sergio Mattarella è stato voluto da Matteo Renzi, con la regia di Giorgio Napolitano. Romano Prodi è stato tagliato fuori dalla carica dei 101 renziani e via tagliando. E' chiaro che, dopo Napolitano, toccava ad un democristaino..di sinistra rotaryana, che facesse specchio a Matteo. Dissidi e conflitti sulla strada delle riforme a metà, con Mattarella non ci saranno. Chiuso nel suo appartamento quirinalizio, si sposta con discrezione anche in luoghi desueti: è stato infatti il primo presidente della repubblica a visitare l'Africa francofona, nella speranza non di stipulare qualche contratto, per il quale ci vogliono robuste tangenti private, ma di ottenere qualche voto come membro occasionale del Consiglio di sicurezza dell'ONU, dove ormai parla anche Di caprio e dove, quindi, potremmo trovare spazio anche noi, dando maggior peso alla nostra penetrazione commerciale, con qualche ben concordata, da quel seggio, missione di pace o umanitaria. Ora che la politica impotente sul terreno delle decisioni, sembra riprendere mediatico vigore per la prospettiva autunnale del referendum sulla devastazione costituzionale, non concordata né discussa con nessuno, ma apportata a suon di mutilazioni dal governo abusivo, ecco che il timido Sergio sospira o meglio recita: L'Italia si deve modernizzare. In questo modo? Non è dato proseguire. Sta di fatto che il neo presidente è già stato artefice, prima di traslocare alla Corte costituzionale e poi al Quirinale, del primo compromesso "ancien regime" della sedicente seconda repubblica: il "mattarellum" appunto, che conciliava compromissoriamente capre e cavoli, provocava una slavina di leggi elettorali senza possibilità di competizione e di scelta, fino a contribuire - forse - a dichiarare illegittimo questo parlamento, senza eccepire alcunché all'occupazione dei seggi del governo, al centro dei quali il bullo di Rignano sull'Arno è solito consumare il caffé, per non addormentarsi durante i dibattiti, dato che non capisce quello che viene detto, tanto che, in replica, ripete i suoi slogans, a prescindere. Mattarella è già entrato in campagna elettorale, imitando le continue invasioni di campo del regista interno del golpe voluto a Bruxelles e di cui, sia pure sommessamente, per ora, anche il nuovo pupo del Colle si rende devotamente interprete. La diversità fra il sottile giurista e il pasticcione istituzionale, nei confronti del bullo non risalta, non può risaltare, resta una sterile, non utilizzabile, qualità culturale che, evidentemente, non orienta la morale rotaryana del presidente. Insieme al bullo di Rignano, come già il suo borbonico predecessore, va nel senso dettato dalle corporazioni più forti, più ricche e meno esposte a subire contraccolpi negativi dai diktat guglielmini, essendosene già andate all'estero e non in europa, da tempo. E' la solita Italia lamentata da Ugo Foscolo che confondeva la gloria antica di Roma con la sua commemorazione culturale e non la vedeva. Come il presidente Mattarella.

Circuiti d'evasione, nei quali e dei quali, l'attività vantata è un pretesto..

Negli elenchi dei Panama papers figurano numerosi italiani, alcuni sono, a loro volta, professionisti commerciali per ricchi oziosi, trust, o studi professionali. taluni sono amministratori delegati di gruppi e consorzi, se ce ne sono, titolari di singole ditte, mi sono sfuggiti. E' dunque un giro contorto e incrociato, nel quale gli interessi del veicolatore e di chi ha richiesto la veicolazione collimano, si tangono e sfumano per poi riapparire. Mano a mano che l'elenco si allunga saltano fuori i nomi di personaggi che hanno coniugato la privatezza assoluta dei loro affari con la pubblicità mediatica che è stata loro politicamente conferita e che danno un'immagine non inaspettata ma ben squallida della classe dirigente italiana. Ecco Luca Cordero di Montezemolo, cornino della mamma con l'Avvocato che, dopo aver combinato più guai di Lapo Elkann alla composita cooperativa familiare che fu della FIAT, il quale, mano a mano che accumulava incarichi pubblici e privati, ma mai operativi, si, perché in azienda non ce lo volevano, dai mondiali di calcio del '90, alla presidenza di Confindustria, il sindacato dei padroni sempre alla ricerca di sgravi e di sovvenzioni, alla Ferrari, passando per una serie infinita di errori, intanto metteva da parte i capitali, non per la sua età avanzata, ma per perpetuare il potere, l'influenza e le relazioni di un mondo, in fin dei conti, frivolo e fine a se stesso. Per se e per la sua gemmazione discendente. Insieme a lui troviamo attori, come quel Carlo Verdone , i cui film, di cui è talvolta anche sceneggiatore e regista, sono sempre stati sovvenzionati dal fondo governativo per gli spettacoli di valore morale e culturale, al quale si è sempre adeguato, tempo per tempo. Ma c'è anche Jessica Rizzo, prima attrice e poi imprenditrice del porno, ambiente nel quale irretisce ogni sorta di demente, alimentando un business internazionale delle pippe. Fa anche parte dell'associazione per la costituzione di club privée, alcuni dei quali sono di sua esclusiva proprietà e partecipa, certamente in combutta con alcuni politici, al comitato informale per la riapertura delle case chiuse. Di questa genia conosciamo antecedenti e promotori. C'è poi il sarto calabrese detto Valentino, una checca insopportabile fin dal suo apparire e prima che prenda voce con quell'impostazione da esteta di rispetto, una specie di riedizione di un perverso signorotto, quale si sente, al riparo dei soldi di un pretesto. Un Lapo Elkann meridionale. C'è Barbara D'Urso, l'intervistatrice a richiesta..delle domande di Berlusconi, il gossip televisivo nazional popolare, nei quali i contenuti latitano sostituiti dalle smorfie , dai gridi e dai sorrisoni stupefatti. Questa gentucola fa parte, di concerto, di un mondo omogeneo e di pari spessore, un mondo volgare in cui tutto è misurato in base ai soldi, maliziosamente ed ingannevolmente estorti, intesi, per loro, come risorsa, ma soprattutto come sicurezza di un vuoto pneumatico. E' il mondo dei ricchi e della sua fiera delle vanità che li insegue, mettendo a disposizione e negoziando, nei casi di maggiore dabbenaggine dei ricercati, la propia recitata, ma prezzolata, partecipazione tanto comune, da farla assomigliare all'esibizione in un casino.

domenica 24 aprile 2016

L'ultima frontiera del sindacato.

Il Presidente dell'associazione nazionale magistrati, Pier Camillo Davigo, ha inaugurato il suo mandato con un'affermazione ovvia e risaputa: in Italia i politici sono in gran parte dei ladri e dei profittatori. Non solo loro, a dire il vero: la società ne è impregnata. Davigo fece parte del Pool "Mani pulite", che innovò sull'amorfa inattività, da impiegati statali, per gran parte della prima repubblica. Furono gli avvenimenti, non più stabili, a far correre i giudici, soprattutto quelli inquirenti ed ha cambiarne, in rapporto all'indeterminato quadro politico, succeduto alla caduta del comunismo, il costume di inquisitori dei ladri di polli. Il terrorismo del comunismo agonizzante, soprattutto. La reazione della classe politica di governo, eletta, nominata o imposta dall'ultimo arnese del comunismo in servizio ( molto considerato a destra ) era scontata - direte -. Non faceva così anche Berlusconi? Allora, gli esclusi dal potere avevano una moralità a prova di ferro e adesso che lo hanno conseguito, senza sudarselo ( come Berlusconi stesso che lo ottenne in virtù della sua ricchezza ) rivoltano la frittata, o meglio, negano che per loro ci siano i presupposti del giudizio. Non si capisce che cosa sia stato rottamato. Siamo in piena prima repubblica e nel democristianesimo clientelare e furtivo più svergognato. Vedrete che, questa volta, la mordacchia ai giudici passerà. Sono però evolute le cose anche nel campo giudiziario e, sia pur osteggiati e senza da parte mia voler loro attribuire un'aura di santità ed immacolatezza che credo inesistente, sono convinto che dal fortino delle pandette condurranno una battaglia "terroristica", di incursioni nel campo minato del malaffare fazioso. L'Associazione nazionale magistrati è anche il loro sindacato che non ha ancora perso le sue capacità d'intervento proprio perché soggetto soltanto alla legge. I tentativi di compra-vendita, così comuni nelle aule parlamentari, non macheranno, ma, chi vorrà, potrà resistere, non perché eroe, ma perché al riparo delle guarentigie della legge medesima. Ecco dunque che, in futuro, il criticabile lavoro di Luciano Violante di ripartizione partitica delle toghe, attraverso la costituzione delle correnti, potrà, per i soliti paradossi chiarificatori, trasformarsi in una Agorà protetta dalla quale continuare le necessarie incursioni in quel mondo di ladri che, da sempre, alimenta i ranghi politici, soprattutto in quest'epoca d'inconsistenza e di pretesti.

Posti prenotati.

La guerra ai confini della NATO e dell'U.E. ( o sarebbe meglio dire della Russia? ) continua, di nuovo sconosciuta ai media, perché è venuto meno l'effetto "notizia" che si ha al momento dell'esplosione di una tensione latente, non nata dal nulla, ma dalle mosse ostili di avvicinamento di potenze con obiettivi in contrasto. Nel Donetsk si continua a macellarsi nella terra di nessuno dell'Ucraina post sovietica, ma non ancora occidentale che Putin non vuole permettere che diventi, almeno prima di averla privata dello sbocco al mare, come è avvenuto in Crimea e delle strisce di confine nella zona russofona del Paese. Fece lo stesso in Georgia parecchi anni fa. Non ci si muove intorno agli alveari che interessano l'orso russo senza provocarne la reazione, il periodo eltsiniano è superato e, purtroppo, la democrazia è manipolata, quindi non esiste. ma anche altrove, anche da noi, in Italia, la situazione è identica. La Russia ha solo la capacità militare di opporsi e di rinchidersi nei suoi confini; l'ha recuperata e l'ha posta alla base di una ripresa economica che ha riguardato solo Mosca, San Pietroburgo e l'esercito che, dopo la fine del comunismo, vendeva i suoi armamenti in molti stand fieristici dell'europa occidentale. La russia contrasta l'azione della NATO - maldestra come non mai - anche nel medio-oriente e segnatamente in Siria, riponendovi le basi della salvaguardia dei suoi interessi in termini geo-strategici, ben sapendo che questo atteggiamento sclerotizzerà la sua capacità commerciale, per altro estranea alle sue tradizioni e consuetudini storiche: dal comunismo autoritario e totalitario al ritorno oligarchico del periodo pre rivoluzionario. La (ri)nascita del Califfato sta rapidamente involvendo in forme sotterranee, nella guerra dei tunnel e dei topi, ma, per adesso, non ci sono segnali di sconfitta. Le donne yazide sono state offerte, come lusinga di reclutamento, ai guerrieri di Allah, molte si sono convertite e si sono fatte sposare, le altre vivono come schiave sessuali. Si ricomincia a giocare sul prezzo del petrolio. Obama, in fine di mandato, si concede accordi e deroghe all'immoralità della diplomazia che, all'inizio gli sarebbero costate la vita, anche se le sue mosse cercano di essere il più prudenti che sia possibile. Ha leggermente smosso la crosta lobbystica nella sua federazione di Stati, non ha inciso sul razzismo, anzi lo ha incrementato quando ha provato a denunciarlo. Adesso ha contraddetto i Sauditi circa le loro aspirazioni egemoniche militari, non accontentandosi dell'egemonia finanziaria e questi beduini hanno reagito restringendo le forniture e alzando i prezzi. E' probabile che rilancino anche il terrorismo, dato che ne sono gli sponsor più ricchi, al riparo, per ora, da iniziative adeguate da parte degli Stati Uniti, dipendenti, come un drogato, dal petrolio, che pure estraggono dai loro giacimenti per due terzi del fabbisogno. La rinuncia parziale non è contemplata e la morte, apportata o subita, è il suo costo. L'Italia è la miglior amica dell'Iran e del giaguaro e si appresta, sul piano interno, ad imitare il piano di rinascita di Licio gelli, lo stesso che non riuscì a Silvio Berlusconi. Si trattava solo di metterci il cappello sopra.

I diserbanti inefficaci per la mala pianta.

Il commissariamento del Comune di Brescello, in provincia di Reggio Emilia, è solo il cocuzzolo di un iceberg che, con ogni probabilità, riguarda molti paesi del nord Italia. Il radicamento nelle zone ricche - per quello che ci riguarda della n'drangheta - è un dato assodato, ma rimosso, omertosamente nascosto. I roghi degli alberghi e dei servizi sulla riviera romagnola denunciano la presenza mafiosa in quelle zone da molti decenni. Il percorso inverso degli operatori turistici sulle coste senza servizi né fognature della Calabria è stato accolto a fucilate, quando, con un accordo fra le due regioni, fu tentato. La mafia purtroppo si alimenta della endemica corruttibilità della classe politica ed amministrativa italiane, per molti versi del tutto speculari a quella di tanta parte della nazione e conosce intimidazioni per chi coraggiosamente denuncia, ad opera delle stesse forze dell'ordine, come è avvenuto a Brescello. Quando non si può più ignorare le denucne, si commissaria il Comune, ma l'attività sottostante continua, si sposta, va in sonno o cerca canali di trasmissione non più istituzionali, che riprenderanno con la compera dei voti, al riproporsi delle elezioni. La mafia, in questa regione, aveva una base logistica a Modena, ma la sua espansione nel tessuto civile era rimasta ignota, ignorata e negata. L'attività della direzione investigativa anti mafia, insediata da pochi anni a Bologna, ha fatto chiarezza e, anche se le prime pene sembrano da incentivo, ha scoperchiato lo stato dell'infiltrazione, avvenuta probabilmente - ma bisogna investigare anche in questo senso - quando il modello comunista locale, che attingeva casomai ad altre fonti, ma era eterodiretto da un sistema comportamentale, morale appunto da totalitarismo si è dissolto alla Bolognina e, venendo meno il quale, l'incertezza dei riferimenti ha aperto le porte all'economia criminale. La lotta alla criminalità organizzata viene svolta in Italia con un'analisi e, purtroppo, una selezione meticolosa degli interventi, che forse avvengono quando il boss è in declino, attraverso azioni complessive, esangui e sono seguite da processi che non incidono minimamente sulla malattia. Senza un'attività da detective quotidiana e un confronto armato capillare, l'organizzazione mafiosa non sarà mai incrinata da provvedimenti tardivi, superati e "riassuntivi". La mafia è realtà in progress, anche se fotografa una società di vertice immota, alla quale qualsiasi politico di mezza tacca aspira ad appartenere, per sempre o per il maggior tempo possibile.

sabato 23 aprile 2016

Passeggiate.

L'uso di non santificare le feste per gli offici commerciali, comporta, soprattutto per chi negozia i beni in vendita, l'aspettativa che la linfa, un po' inaridita, delle vendite non si interrompa e che anche i beni strumentali, le banche, siano sempre collateralmente a disposizione. La vulgata è condivisa, da anni, sul fronte imprenditoriale. E' stata preparata da una sistematica propaganda mediatica e se non si è ancora imposta completamente è stato a causa della crisi concreta del vaniloquio ininterrotto. Il fronte imprenditoriale - dicevo - è ormai votato allla raccolta con qualsiasi mezzo non esclusa, ne tutelata, l'alienazione e la sostituzione dei lavoratori ed al reimpiego finanziario auto tesaurizzante. Sono quasi unanimi i venditori di qualsiasi bene presunto, nella stizza neppur dissimulata verso le feste, qualcuna in particolare, come quella del prossimo 25 Aprile. Sarò forse vittima di pregiudizi, ma molti fra i fascisti mascherati e,a volte, inconsapevoli, "hanno in gran dispitto" date che - ne convengo - potrebbero essere rimosse tanto sono depotenziate e falsamente celebrative. Penso che, se arriverò alla pensione, dedicherò il tempo libero a riassumere i prodromi storici del periodo precedente a quello che ho vissuto e la loro involuzione quando anch'io ne ero influenzato. Tanto, di questi tempi inconsistenti, non c'è da investigare niente, anche se certamente, in una fase futura, qualcuno vi riscontrerà gli antefatti, desunti a posteriori, del modello che avrà prevalso. Dubito infatti che vi sarà una cesura radicale , come fra la civiltà classica e il cristianesimo, mentre la nostra labile e pubblicitaria società si va riempiendo di tandem per neonati ( ne ho visto uno a tre posti )condotti da mamme grasse ( come è apprezzato nella subcultura islamica ) e velate. Dubito che l'Islam ci conquisterà: le classi dominanti e i loro corifei dirigenti resteranno intonse, ma le file, sempre più numerose, dei seguaci di Maometto si incrementeranno, anche per l'affluenza - in che percentuale, non saprei - di tanti altri poveri diavoli di tradizione post cattolica e post clientelare. Ma mi accorgo che mi sto addentrando in un territorio inesplorato, che non calpesterò.

In viaggio con le gomme lisce.

Ho inaugurato questo blog con "Faccioni", all'epoca delle elezioni amministrative di non ricordo quale anno. C'era, fra gli altri, la foto ritoccata con slogan: c'è del..bono a Bologna. Stavolta c'è Nunzia Di Girolamo, il volto pulito - non lo metto in dubbio - ma cominciamo male se si spaccia per bolognese. Se Delbono era, oltre che un inveterato puttaniere, un ottimo docente e un tecnico provato proprio in quelle materie finanziarie e amministrative che, già allora, erano imprescindibili per cercare di gestire una realtà declinante, i candidati e i ricandidati attuali sono quanto di più rimediato, approssimativo e, soprattutto, "d'apparato", per di più leggero, volatile, che si possa immaginare. I confini, si dice, sono una brutta cosa, rallentano infatti i flussi finanziari, ma, con i soldi, mettono in movimento popoli ed etnie, quasi completamente privi di competenze spendibili e questo mette "in gran dispitto" chi vive al sicuro con le pantofole. La politica classica è morta, ma come tutto ciò che è mutevole nelle situazioni, nei rapporti di forza e di interesse e nelle povere menti degli arruolati, può risorgere in forme accettabili dai futuri contemporanei. Resta sul terreno una coltura di politicanti, incapaci di amministrare, desiderosi di prendere una scorciatoia per evitare di stare nel mondo da agenti o da pedine e ansiosi di profetare. La profezia è millenaria e lo sarà ancora per millenni, quindi perché privarsi di una simulazione di mestiere, per di più votata, investita da dio, dal Signore sua replica materiale o dal popolo sovrano? Sta di fatto che, a Roma come a Bologna, l'interesse personale regna sovrano e le clientele si sono sparse e spostate a ridosso di qualsiasi beceraggine, per di più conformistica e ripetitiva. Potrebbe essere altrimenti laddove anche il governo nazionale è in mano a principianti e dove le vecchie icone della mutria comunista continuano a "confermare" i diktat esogeni di sitema? Il neo presidente, già autore del primo compromesso elettorale, da cui sarebbero derivati gli altri, si astiene, per indole e costume, non alieno, però, dall'occupare le cariche. Probailmente il mondo che verrà è in via di elaborazione altrove, nel solito scenario di guerre e menomazioni, allo stabilizzarsi delle quali l'Italia cercherà la sua ridotta opportunista. Intanto, perché votarli? Semplicemente perché alla rappresentazione degli interessi incongrui ai nostri si opponga una pari rappresentazione , formulata almeno da autori diversi, per evitare che i danni siano insostenibili. La democrazia è dialettica di percorso, non pace totalitaria, i principi sono importanti ma devono restarvi secondari: è quello che non capisce chi ha una mentalità religiosa o le certezze degli ignoranti. Peccato che le gomme del convoglio, in questa circostanza, siano lisce.

venerdì 22 aprile 2016

Quindici anni la pena massima per la colonizzazione mafiosa di una regione.

La sentenza di primo grado contro le n'drine cutrine o cutresi in Emilia Romagna sono state miti ed hanno salvaguardato le figure politiche locali. Il referente della cosca Grande Aracri è stato prosciolto dall'accusa di associazione mafiosa. La sanzione più lunga è stata inflitta al "padrino" in loco dell'asssociazione n'dranghetista e l'entusiata commercialista bolognese che teneva la contabilità alla cosca si è becata otto anni e otto mesi di reclusione. Questa, secondo me, è stata l'unica condanna azzeccata della Corte di primo grado, perché la troppo nutrita pattuglia degli inquisiti in solido, proprio per questo, è riuscita a sfuggire ad una condanna inibente per l'attività in regione dell'associazione mafiosa. E' possibile e auspicabile che la sentenza d'appello sia più rigorosa. La giustificazione addotta, per la quale, con il rito abbreviato che era stato prescelto, le condanne sono "scontate", non nel senso che si danno per certe a priori, ma in quello che prevede riduzioni di un terzo delle pene contemplate, come avrebbe detto l'avvocato Azzeccagarbugli, se il rito è breve e meno costoso. Con questa mentalità, applicata alla mafia, si va ai saldi giudiziari, così come assemblando ogni sorta di imputati e di reati si dà agio ai difensori più preparati di svilire, diluire le imputazioni e agli altri di confondere i giudicanti. La stessa camera di consiglio, durata sette ore per centinaia di imputati, sembra che sia stata piuttosto riassuntiva. Non è certo con pene rare e lievi che si mette in crisi una struttura con ampie complicità come la mafia calabrese, che ha certamente già pronti i rincalzi, i subentranti. Il fenomeno mafioso in trasferta, che cerca, come nelle sue zone d'insediamento originario, l'avallo politico alla sua azione, deve essere contrastato, giorno per giorno sul campo, attraverso ampie facoltà d'intervento armato delle forze di polizia, anche se "questa guerra di liberazione" comporterebbe necessariamente molti caduti. Ipotesi di cui non c'è da preoccuparsi, perché non si verificherà. Non voglio sottovalutare l'impatto sui singoli di anni di carcere, però si tratta di figure di spicco della criminalità che all'evenienza erano già psicologicamente preparate e che non dimetteranno la loro veste mafiosa neppure da prigionieri: non hanno, ma neppure si propongono alternative, ragione per cui, trattandosi di un fenonomeno storico legato al potere tradizionale e fondiario, in intensificata espansione finanziaria, non può essere fronteggiato con le pandette abbreviate dei tribunali e neppure con le retate, i sequestri dei beni, che spesso la mafia si ricompra o che vengono assegnati in gestione a poche entità che che dassociazioni senza scopo di lucro diventano, senza colpo ferire, imprese cooperative sempre più opulente, ma solo con l'azione quotidiana e armata sul territorio, che servirebbe a tenere in rispetto ed a togliere l'aura di invincibilità a criminali senza paura perché già coartati all'interno delle loro assolutistiche e soffocanti strutture organizzative.

mercoledì 20 aprile 2016

Antropologia del cittadino.

Le rimostranze di Anders Behring Breivik, che cinque anni fa ucccise sessantanove adolescenti su un'isolotto di vacanze norvegese e compì attentati dinamitarsi nel centro di Oslo, erano fondate. Lo Stato, citato in giudizio per "comportamento disumano" nei confronti dell'ultimo esteta militare dell'arianesimo nordico, ha agito in spregio della Costituzione delle leggi detentive del proprio Paese, relegando in isolamento, per cinque anni, l'immoto, nelle sue posizioni e rivendicazioni, Breivik. Costui non l'ha spuntata riguardo alla revoca delle misure restrittive sulla sua corrispondenza, che erano rimaste limitate a quella specificamente intrattenuta con i suoi sostenitori, che non per questo sono stati accusati di alcunché, per cercare di evitare emulazioni. Lo stesso scopo che ci si prefiggeva con l'isolamento. Ma, in Norvegia, non esiste reato che possa contemplare l'esclusione, neppure all'interno delle mura carcerarie. Già, in quell'occsione, si derogò alla legge ordinaria, che non prevede pene superiori ai sedici anni, applicando a Breivik una serie di aggravanti improrie ed irrituali, per prolungarne la detenzione fino a ventun'anni. Il difensore della purezza ariana aveva all'epoca trentadue anni. La legge, anzi il diritto norvegese, come quello degli altri Paesi scandinavi e della Danimarca, non prevedono detenzioni senza fine pena e ne limitano la durata allo stretto necessario per consentire ai condannati, mai definitivamente, di ritornare, se vorranno e sapranno, alla vita civile. E' un portato di una legislazione e di uno Stato laico ( perché i diritti dell'uomo e del cittadino sono portati del pensiero laico, come lo è stato "Dei delitti e delle pene" dell'italiano Cesare Beccaria ) ed è un principio da portare in palmo di mano perché applicato alla gente comune, al popolo e non limitato all'elaborazione elitaria e disattesa di qualche illuminista, anche in nazioni incongrue come la nostra. Un lucido, ancorché pazzo assassino, ha potuto veder riconosciuto dal suo Stato nazionale il suo inalienabile diritto ad una vita carceraria dignitosa, spartana ma igienica e lo Stato è stato condannato per la sua inottemperanza. Da noi, forse non lui, perché segretamente ammirato nel mondo retrivo e reazionario dei custodi dell'ordine, ma qualche delinquentello sarebbe sopravvissuto in qualche topaia, se superstite alla violenza del carcere e, prima ancora, a quella delle guardie. Per chiunque, invece, deve valere il principio del decoro dell'esistenza in ogni sua espressione legale, perché questo rafforza e non indebolisce il prestigio dello Stato, espressione istituzionale fedele della comunità nazionale, anzi di quella comunità nazionale.

lunedì 18 aprile 2016

Il comodo tran tran statale e l'insoddisfazione latente.

Dopo l'assoluzione dei torturatori di Giuseppe Uva, intervenuta in una caserma dei carabinieri il 14 Giugno del 2008, a seguito di un pestaggio terminato solo con la morte del malcapitato, il regime del generale Al Sisi, in Egitto, avrà trovato conferma - quella che diplomaticamente già deteneva - sulla spappolata incongruenza della moralità italiana, espressione, fra l'altro, di un governicchio neppure eletto. Come il suo. L'indagine sulla morte dello sventurato giovane, ad opera dei carabinieri, era stata affidata ai carabinieri stessi ed il processo era stato blando, aveva sconfessato l'unico testimone auditivo delle urla e dei rumori di percosse, detenuto in una camera di sicurezza (sic!) accanto a quella nella quale veniva torturato Uva. A quando un Giulio Regeni che faccia una bella tesi di dottorato sulle morti per tortura ( reato che non si vuole introdurre per non riconoscerlo ) nelle questure, nelle caserme e nelle carceri italiane? Il pubblico ministero non aveva mai accusato frontalmente i carabinieri processati e la testimonianza del più fortunato compagno di sventura, è stata raccolta solo cinque anni dopo il fatto. Se ce ne fosse bisogno, basterebbe guardare come ha reagito un carabiniere, a Napoli, quando una donna ha fatto opposizione alla rimozione della sua auto e che gli aveva fatto volare il berretto: un ceffone e un'aggressione che non si è consumata per l'interposizione di altri presenti. Se qualcuno non soddisfa il desiderio di dominio di questi frustrati, il trattamento pubblico ( anche questo non sanzionato: la denuncia non è stata raccolta, mentre si è dato corso "all'oltraggio a pubblico ufficiale" ), è senza ritegno; figurarsi cosa tocca a coloro che ritengono di avere diritto, anche in stato di costrizione, di dire la loro, di opporsi ai modi ed alle metodiche d'interrogatorio di questi bruti, alla prova dei fatti abilitati a compiere i loro crimini al riparo della capziosa interpretazione della legge. Ci sono magistrati, infatti, che oltre a servirsene per le indagini ( talvolta pilotate? ) e per la costituzione delle prove che vogliono produrre, se ne valgono per la sorveglianza ed il piantonamento delle loro abitazioni, dalle quali tener lontani girovaghi, senz'altra colpa che girovagare. E' stata costituita, da qualche tempo, un'associazione delle vittime delle forze dell'ordine che porta avanti, indipendentemente dalle sentenze, la sua testimonianza. Purtroppo, come per altri caduti istituzionali, la scappatoia comoda di un seggio parlamentare o amministrativo, ne annacqua l'incisività, ma l'immagine clientelare e corporativamente mafiosa che l'Italia dà coerentemente di sé, ne giustifica la mancanza di rispetto nel mondo, di cui sono vittime, come spesso in patria, i suoi cittadini.

sabato 16 aprile 2016

La cenacolite del mondo.

Il ministro delle riforme che non sa neppure in che cosa consistano, Maria Elena Boschi, già intrigata dalla possibile messa in stato d'accusa di suo padre per la banca che è anche sua, si mette con le spalle al sicuro e, nella sua veste di riformista sotto dettatura, parteciperà alla prossima riunione della "Trilaterale", un'associazione non massonica ( ma che al suo interno ne annovererà parecchi, fatte le debite proporzioni, come il Rotary ). Cercherà di assicurarsi una raccomandazione per il suo altrimenti incerto futuro ). Vedrete che resterà nei paraggi. Se avrà l'accortezza di limitarsi ai sorrisi e ad assentire, senza capire, sempre. Come sta facendo adesso. La Trilaterale è un organismo consultivo - una sorta di riunione periodica "aziendale" - che si svolge una volta all'anno senza comunicazioni al pubblico, senza cioè la presenza di giornalisti. Ne fece parte Gianni Agnelli, che non fu mai massone. La Trilaterale annovera figure apicali - anche apici di mezza tacca, come quelli italiani - dell'occidente nord americano, europeo ed asiatico. Le sue riunioni, che si svolgono a porte chiuse, dovrebbero avere uno scopo illustrativo delle dinamiche economiche e politiche del mondo, ma, data anche la sfuggente qualità culturale dei partecipanti, non può che essere una convention espositiva e dispositiva delle intenzioni sinergiche dell'economia capitalistica e della politica serva. Il pampa-Papa, da Lesbo, ha lanciato un appello chiaro, concreto e fattibile, anche se con qualche sacrificio. L'europa, sulle cui coste si riversano milioni di sradicati dalle loro case dalla guerra apportata dall'occidente franco-nord americano, appresti, tutta insieme, dei servizi di accoglienza temporanea, in maniera di consentire il ritorno quando i disordini guerreschi saranno superati. Il buon e abile - molto più della paccottiglia politica serva - Bergoglio, certamente non ignora che la pacificazione di quelle aree non è desiderata dalla presuntuosa e piccola potenza francese, né, tanto meno, dalle corporations petrolifere statunitensi, delle quali, uno dei presidenti più stupidi ed ignoranti ( dopo Reagan ) dei tempi recenti, si è fatto interprete con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti. Alle potenze strumentali interessa l'ultimo cinquantennio di petrolio, mentre accelerano le sperimentazioni e ormai le produzioni alternative e tutto ciò che osta va schiacciato o disperso. In fondo non affluiscono in nord america, anzi sono stati gli americani a visitarli a casa loro. L'europa si arrangi. La Merkel non prenderebbe più il mio voto in Germania dopo aver autorizzato una rogatoria internazionale per un processo penale contro un comico che aveva tratteggiato la figura di Erdogan, come quella di un imbecille. Nessuna causa era stata intentata da Bush stesso contro un serial televisivo inglese che, imitandolo, faceva scompisciare dalle risate, puntando proprio sulla sua stupidità. Dunque, Erdogan è un nano e uno stupido: lo ha dimostrato. E' anche un mafiosetto arrogante, che non doveva essere preso in nessuna considerazione. E' anche, però, il burattino prezzolato, ancorché dittatore, che si sostituirà a Gheddafi a far da argine ai migranti. Speriamo che faccia la stessa fine e la Merkel con lui.

lunedì 11 aprile 2016

L'europa dei reticolati.

A maggio, duecentocinquanta metri di filo spinato, isoleranno, al confine del Brennero, l'Austria felix dai migranti in transito attravesro l'Italia. Sapevo che dai confini italiani si passa, per un difetto congenito alle guarnizioni, ma non da Bolzano, nell'ambito della regione autonoma, nella quale, da decenni, i "sans papier" non procedono oltre, finiscono in un campo profughi ed hanno solo la facoltà di tornare indietro. Evidentemente il flusso si è fatto troppo forte e gli austriaci non vogliono essere destabilizzati, neanche "di passaggio", verso la Germania. Ricordo che trent'anni fa erano le prostitute austriache a portarsi in Italia per non soggiacere alle rigide norme fiscali del loro paese, da Vienna ma soprattutto da Graz. Nei pressi di porta Saffi, a Bologna, ce ne erano due che sono invecchiate da noi, accumulando molti soldi, prima di ritirarsi a vita privata, che, nelle sporadiche occasioni in cui erano infastidite dalla polizia, adducevano la loro europeità, a differenza dalle albanesi, russe, ucraine, ecc. Ma, si sa, un conto sono i flussi organizzati, un altro la tracimazione di famiglie allo sbando, ricondotte ad una condizione primordiale, la pura sopravvivenza. Quest'europa da operetta, fragile e diseguale sul piano finanziario, troppo prossima agli scenari della migrazione, contraddittoria circa i suoi guardiani alle frontiere, dopo che la Francia insieme all'Inghilterra poi ritiratasi, ha voluto a tutti i costi abbattere Gheddafi, per foraggaire ora la Turchia, ritenendo che solo l'Italia sarebbe stata interessata dalla dispora dei nativi e poi, invece, giustamente colpita dalla reazione terroristica ma anche militare dei suoi immigrati interni, dopo secoli di colonialismo mai dismesso. Le new entry post comuniste si stanno dimostrando le più retrive, secondo la loro tradizione nazionalistica, nell'integrarsi nell'Unione con nella loro chiusra reazionaria e razzista - perché quelle popolazioni sono profondamente razziste - e si vanno ripiegando nei loro confini più o meno angusti, aumentando le difficoltà non solo dei profughi, ma anche di altri paesi dell'Unione che più disunita non si potrebbe: Italia e Grecia in primis. La presunzione, da Alessandro il macedone si alimenta di terre e popoli da sottomettere e sfruttare e di arroccamenti murari e di filo spinato ( se elettrificato lo sapremo tra poco ) nei confronti di chi scappa da situazioni di cui non è stato ne causa, ne artefice.

domenica 10 aprile 2016

Lo scenario apparente del mondo.

Dicevo poco fa della sgradevolezza del potere a proposito di Kerry e citavo la guerra nel pacifico come la premessa di un progetto espansionistico, ma solo sul piano finanziario nelle aree asiatiche del mondo. ma, ad est, il progetto non è riuscito: il Giappone piegato si è richiuso nelle sue tradizioni e le ha coniugate con il capitalismo più estremo, la Cina ha prima contraddetto l'influenza occidentale e poi l'ha subornata con una guerra economica senza esclusione di colpi e con il colpevole beneplacito dell'Unione europea che non è riuscita ad opporre nessun dazio ai loro prodotti sotto costo. Con la loro indifferenza per la condizione di plebi "senza vizi", la Cina ha inquinato a morte tutti i suoi siti produttivi, ma ha comperato quasi tutto il debito pubblico nord americano che lo costringe a guerre continue per controllare i siti energetici del mondo. Il globalismo di impronta occidentale non è riuscito a scofinare in Asia, che ne ha assorbito le potenzialità , tirando a se chi spingeva, assorbendolo e neutralizzandolo. Anche nella "crosta" continentale russa, il capitalismo, che pur è stato adottato in modalità "oligarchica" ( ma non sono oligarchie le famiglie capitalistiche occidentali? ), ma solo per non farsene invadere, è stato fermato, come avviene da secoli, ai suoi confini, senza accettare neppure una vicinanza ostile troppo prossima. Nel "sottosuolo" si muovono e si muoveranno le correnti artificiali magmatiche del mondo..di sopra.

L'autoreferenzialità dell'etica.

Il Segretario di Stato statunitense Kerry visiterà per la prima volta dalla seconda guerra mondiale, il memoriale di Hiroshima, ma non chiederà scusa. Non chiederà mai scusa, come ha affermato preliminarmente. Forse lo farà fra qualche secolo un Presidente equivalente del Papa, il cui ministro degli esteri, come Kerry, è a sua volta denominato Segretario di Stato, pur nell'incertezza che un'istituzione basata sugli interessi e sulla materialità degli stessi, possa resistere senza scomparire o senza trasformarsi, per qualche centinaio di anni..in questi tempi velocissimi. Anche l'Impero romano durò qualche secolo e poi divenne il Sacro romano impero, feudo di un cristianesimo importato, dapprima perseguitato e poi assunto a religione di Stato, prima che le riforme degli ex Stati barbari lo frammentassero in numerose confessioni sotto l'egida del potere politico, a cui il soglio di Pietro si oppone nei termini di uno spiritualismo tanto politico quanto più impalpabile e, in certi frangenti efficace, pur senza divisioni militari a disposizione. C'è nell'affermazione di Kerry la presunzione, allora viva nella società americana ed oggi spenta, disvelata e ingrigita, di un'eticità superiore, intrisa di razzismo, alla cui atemporalità il Segretario fa appello per visitare il sacrario di uomini di ogni età, sesso e condizione, che furono bruciati e ridotti ad ombre, per trascinare i pochi superstiti in una condizione di leucemici, esauritisi fra sofferenze, stupore e tristezza. I due piloti che sganciarono le bombe e che non erano consapevoli di quanto trasportavano, divennero uno frate trappista e l'altro un suicida: Kerry non chiederà scusa neanche a loro. Il Giappone imperiale era l'equivalente asiatico del nazismo, ridusse in schiavitù i coreani e si rifaceva ad una cultura antica e tradizionale aliena dal moralismo capitalistico della già allora evoluta civiltà mercantile e perseguiva i suoi interessi in forme incompatibili con l'espansione commerciale degli Stati Uniti che pur non avevano ancora eletto quell'area a principale teatro delle loro incursioni finanziarie, contraddetti e messi all'angolo, prima dalla resistenza vietnamita e poi dalla preminenza "liquida" dei cinesi che non hanno abdicato al loro regime come hanno dovuto fare i russi. Ma su Mosca non fu sparata nessuna bomba atomica e, volenti o nolenti, gli americani dovettero ingaggiare una corsa da blocchi di partenza opposti, con i sovietici che, nella sconfitta del nazismo ebbero un ruolo più fisico, meno "aereo", con trenta milioni di morti e una controffensiva di terra che ampliò per settant'anni il loro impero territoriale, nel quale oggi si sonmo rinchiusi non volendo - giustamente, date le premesse eltsiniane - farsi rimescolare nel calderone del "mercato" eterodiretto. Le bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaky contenevano e non solo in nuce, gli elemneti storici dei nord americani: il razzismo e la prepotenza economica, celati dietro il paravento dei principi, all'etica subordinata del capitalismo. Per questo Kerry non può chiedere scusa ed è in fondo meglio che non lo faccia. Potrebbe risparmiarsi anche la visita turistica al Memoriale e, in questo senso, suonano veritiere le parole del vecchio Fidel Castro che non ha dimenticato la storia recente che lo ha riguardato

sabato 9 aprile 2016

La cifra del consenso.

Il presidente nominato torna a Napoli per la seconda volta in una settimana. La volta precedente era stato contestato. Ho omesso "duramente" perchè è stata dura solo per gli oppositori, manganellati dalla polizia. Sta diventando peggio di Salvini in Emilia Romagna che provoca scontri e spostamenti di letame dalle stalle alla sede dei suoi comizi, con qualche errore di attribuzione, come è capitato a Forlì, dove il deposito è stato lasciato, pare per errore, nella sede del P.D. Ci manca ormai che Renzi si faccia stampare sul pettorale di qualche felpa, la scrittà:"l'Italia è cambiata", noi cambieremo l'Italia", "l'Italia cambierà". Forse è già cambiata se queste sue continue provocazioni, cioè autoimposizioni a prescindere, comportano come sta avvenedno, i tiratori scelti sui tetti dei palazzi di Napoli, lungo il suo tragitto. Di peggio aveva fatto solo Berlusconi a Genova o meglio il suo, allora, vice-presidente del Consiglio, Gianfranco Fini, che aveva passato tutti i giorni del G8 nella centrale operativa della polizia. Allora fu macelleria messicana, con libero sfogo degli istinti più bestiali di diversi distaccamenti polizieschi, affluenti da tutta Italia. Ora si comincia a girare con i cecchini sui tetti, a testimonianza di un consenso che manca e che non è neppure richiesto.

W le intercettazioni.

Si ricomincia con l'invocare la censura sulle intercettazioni. Ogni censura è antidemocratica e configura la tutela degli interessi mafiosi. La prepotenza circa la diffusione delle notizie susseguenti ad un fatto che non si vuole che sia documentato, è appunto un atteggiamento omertoso. La privacy non c'entra nulla. E' violazione della privacy denunciare un reato, un illecito amministrativo o un atteggiamento ostile, gratuito e penalizzante? Non esiste la facoltà di replica e di denuncia? Si vuole solo non essere disturbati nel perseguimento di un interesse, di un calcolo privato e si pretende che quanto fatto attenga esclusivamente ai fatti propri, anche quando coinvolge e danneggia il denunciante o quando "i fatti propri" attengono invece agli interessi pubblici. Un eventuale uso distorto o strumentale delle intercettazioni puà essere contrastato anche con la replica, con la contestazione dell'interpretazione dei fatti, ma ben poco c'è da obiettare quando la fattispecie è esplicita. Per questo si vorrebbe tacitare le fonti, anche quando sono le Procure della Repubblica. Se il potere giudiario fosse subordinatao all'esecutivo, il risultato sarebbe raggiunto, ma si violerebbe l'equilibrio, indispensabile, dei e fra i poteri. A meno che si voglia postulare che quanto viene dal governo, o dalla magistratura stessa, sia a priori, per convenzione, buono e giusto. Se così non è, il confronto, il contrasto e l'accertamento dei fatti, che non può essere che preceduto da una denuncia, con tanto di prova annessa, se possibile, sono imprescindiili da una società complessa e democratica, nella quale l'informazione, prima ed in corso di giudizio, è un elemento di coinvolgimento nel bene comune, ma prescindendo da favoritismi e clientelismo, la vera cifra antropologica dell'Italia. Quella che chiunque governi, non vuole rottamare e sradicare.

Gli stessi pesi e le medesime misure.

Adesso che l'Italia ha ritirato l'ambasciatore da Il Cairo( vedremo per quanto tempo e per quali obiettivi ) compiendo un gesto tanto giusto quanto inusuale per la nostra diplomazia, sconfessando il regime sanguinario del generale Al Sisi, dovrebbe, per coerenza e rispetto alle altre vittime della prepotenza internazionale, chiedere spiegazioni motivate anche agli Stati Uniti, fautori del colpo di Stato egiziano, delle ripetute violazioni della sovranità italiana e dell'omicidio di Nicola Calipari, di quello mancato di Giuliana Sgrena che lui cercava di portare in salvo ed alla quale era stato preconizzato dai suoi rapitori il tentativo di farla fuori da parte degli statunitensi. Sul piano delle pari condizioni diplomatiche che l'Italia attua, per la prima volta, nei confronti di un altro paese, siamo da sempre clamorosamente e vilmente accomodanti; abbiamo accettato che i reati commessi dagli americani sul nostro suolo non venissero perseguiti ( vedi tragedia del Cermis ), abbiamo anzi contribuito a commeterne ( vedi il rapimento di Abu Omar ), siamo stati facilitatori dei servizi segreti e di polizia sul suolo nazionale nel rapimento e nella deportazione di Alma Shalabayeva, moglie del dissidente kazako Mukhtar, che Emma Bonino seppe recuperare e riportare in Italia, questa volta al sicuro. In precedenza, solo Craxi e, per altri versi, Aldo Moro si erano opposti agli americani e, forse, mal gliene incolse. La decisione del Governo, se non si dimostrerà tattica, sarà un gesto significativo, oltrechè dovuto alla memoria del nostro ragazzo che - secondo l'anonimo "corvo" del regime - avrebbe riposto fino all'ultimo una disperata fiducia nel soccorso, purtroppo ora postumo, del suo Paese. Sarebbe un gesto di autonomia e di indipendenza capace di far risalire l'esecutivo, pur non eletto ( o forse proprio per questo ? ) nella classifica della considerazione. Probabilmente Al Sisi si starà già lamentando con i suoi mentori americani che interverranno presso di noi, come ha già fatto con ruvida e ripugnante insensibilità il consigliere Edward Luttwak nei giorni scorsi. Su questa vicenda si misurerà la qualità dell'esecutivo che, almeno per questo aspetto, potrebbe risultare inesplorata, che potrebbe reagire alle pressioni chiedendo uffcialmente il risarcimento e l'ammissione di responsabilità delle forze armate e dell'intelligence nord americane nelle vicende citate. Se la non elezione dell'esecutivo lo ha messo nella condizione di mero esecutore delle direttive europee, sul piano interno, almeno in termini diplomatici potrebbe averlo affrancato dalle mediocri e insignicanti subordinazioni, anche morali, alle indifferenti prepotenze di Stati alleati, ma che non si considerano e che neanche noi consideriamo, alla pari con noi. Potrebbe essere un atto, contraddittorio rispetto alla piaggeria da debito, ma finora inconsueto. Un barlume di dignità. Speriamo che non si spenga.

venerdì 8 aprile 2016

La revisione del dogma.

Revisionare un dogma è possibile? No, altrimenti non è più un dogma ma una rielaborazione politica di una prassi. In un'epoca di comunicazioni istantanee è impossibile, da un lato, sottacere il costume reale rispetto ai filosofemi e, dall'altro, esulare dall'analisi empirica delle proprie deliberazioni che diventano opinioni..opinabili. Il pampa-Papa se ne è uscito con l'ammissione dei divorziati, per di più risposati, ai sacramenti. Ha preso atto della diffusione del fenomeno anche fra le sue file e, nel contempo, ha cercato di subordinare la concessione, revocabile, alla stima costante dei confessori di raccordo con i Vescovi. E' un ritorno bell'e proprio al feudalesimo, il periodo d'oro del cattolicesimo e nasconde, come sempre, una buona dose d'ipocrisia, perché apre un varco, comunque preferenziale, nella riammissione dei devoti incontinenti, negando implicitamente, nella sua semplicità, il dogma. E' stato probabilmente più dogmatico Salvatore Riina, con i suoi silenzi intransigenti durante l'intervista con Bruno Vespa, che ho visto su you tube. La Chiesa, nel corso di cinque secoli ha fissato le basi immodificabili dei principi inviolabili e adesso ci viene a dire, per la prima volta nella sua storia, che uno od una, che ha abbandonato la sua precedente famiglia e ne ha costituita un'altra, può ancora sacramentalmente, dopo aver violato un altro sacramento, essere "riammesso" fra il popolo di Dio? Esistono nel discorso papale tutta la consueta serie di distinzioni e sottodistinzioni che negano la premessa ed il suo assunto: bisognerà vagliare le condizioni della famiglia abbandonata e quella di nuova costituzione, come se questo, di per se, non costituisse una distinzione censitaria e non avvantaggiasse, se di vantaggio si può parlare, le classi ricche che, essendo, di solito ma non sempre, anche le più acculturate o le meno ignoranti, possono esprimere le revisioni di coscienza più verosimili e permettersi il mantenimento di due famiglie.. di grande o almeno media cilindrata. Il controllo sul gregge e sul territorio dei Vescovi e dei parroci dovrebbe diventare capillare e costituire un vero e proprio ordine sociale parallelo a quello delle istituzioni pubbliche, tanto da diventare concorrenziale con il rarefarsi delle risorse erariali e ben sapendo che la politicuccia dei nostri paralleli ben s'adagia sulla morale ecclesiastica se produttiva di suffragi. Ben l'ha fatto massicciamente durante tutta la prima repubblica. A me del fatto in se e delle sue involuzioni non importa proprio niente, mi interessa, invece, la gesuitica sottodistinzione tutta politica, dell'apportato vulnus dottrinario, ben memore del paterno ammonimento di un mio antichissimo maestro e confessore di cui serbo, pur nell'agnosticismo, il più vivo e caro ricordo: "se e quando la Chiesa affermerà che i comportamenti licenziosi sono leciti ( quà c'è di più e di peggio, perché si assorbe la loro istituzionalizzazione, violatrice di un sacramento ), lascia senza rimpianti la chiesa stessa: vuol dire che è un'istituzione solo umana e non vorrai dar retta ad un'istituzione umana? Non ne varrebbe la pena ". La Compagnia di Gesù ha colpito ancora, ma lo ha fatto allo scoperto, dividendo certamente la Chiesa al suo interno e procedendo, a metà, nel vasto e noiosamente ripetitivo pelago del mondo. Non ho alcun dubbio che molti, per le ragioni più spurie, se ne feliciteranno, come se "infallibilmente", ma stavolta all'incontrario, le parole di un uomo potessero, ammettendone la sussitenza, modificare il verbo divino, il dogma, appunto, ma si sa, l'ignoranza e la ruffianeria sono la base di consenso del potere, in questo caso di recupero e di riaffermato controllo sul gregge. Un lavoraccio per i pastori-parroci, in realtà cani da guardia dei Pastori-Vescovi.

mercoledì 6 aprile 2016

I finti ostracismi.

Il terzo genito di Totò Riina sarà questa sera ospite di Bruno Vespa, che, con lui, incrementerà la presenza nel suo candido salotto teatrale, di tanti mafiosi, di questa o di quella consorteria. L'occasione servirà anche per il lancio del libro dell'esiliato-esportatore in quel di Padova, in libertà vigilata. Ci sarebbere da ridere e da piangere insieme. Io non guardo quasi più la televisione pubblica e, mentre scrivo, il picciotto Riina sarà già in onda, ma già si sa, dalle anticipazioni, che descriverà un papà intimista, come tanti, placido e silenzioso, come ciascuno dei suoi familiari, sempre in casa sua, indisturbato per generazioni, quelle che ha messo al mondo, prima di finire al carcere duro di Parma. Sono trent'anni che i due non si vedono e, probabilemnte non si vedranno mai più, ma il vincolo "che è tutto e niente" è intatto. Certamente il rampollo di un boss molto ricco e capace di influenze profonde nel tessuto istituzionale italiano, non ha nessun interesse e, direi, nessuna possibilità di rientrare nei ranghi. L'ipotesi non si pone per ragioni di convenienza, duplice convenienza, perchè se mai decidesse di compiere gesti francescani non diventerebbe santo, ma martire retorico e tardivo certamente si. Dagli assetti consolidati, soprattutto nelle società iniziatiche, che al sud coincidono sempre, non si esce, al massimo si va in sonno. In questo caso si eredita, non diversamente da altri lasciti ed influenze provenienti dai beni di famiglia. La mafia fa parte intimamente della società italiana e costitisce la base della conservazione del potere tradizionale al sud? Certamente sì. Allora non c'è nulla di improprio nel rappresentarla e pubblicizzarla, come il partito di maggioranza relativa, "il mio azionista di riferimento" alla R.A.I. - chiosava Vespa medesimo - nello studio salottiero di un bianco abbacinante che è come la purezza della sposa nell'abito e solo nell'abito del matrimonio. Sta di fatto che io non lo guarderò e men che meno leggerò il libro intervista di quel povero esule.

Questi ficcanaso.

Gianni Infantino, doppia nazionalità, italiana e svizzera, come Marchionne con l'aggiunta di quella canadese, è citato fra i Panama papers. La delegazione italiana ne caldeggiò fortemente l'elezione, in funzione moralizzatrice, alla FIFA, dopo Blatters e Platini ( quest'ultimo citato fra gli evasori anche stavolta ). A prescindere che dalla "moralità" di una tale sponsorizzazione, non ci si poteva aspettare nient'altro, la stessa ambivalenza nazionale doveva far sospettare del personaggio, se non fosse più forte il sospetto di un interesse dei patrocinatori a vederlo in quel posto. Pare che anche Barbara D'Urso sia fra gli esportatori dei propri accantonamenti ai tropici e, insieme a lei, tante altre mezze calze della ruffianeria di contorno ai ricchi ed ai potenti, in un caleidoscopio di ingannevoli icone prese a riferimento, come i re e le regine di un tempo, dal popolo gabbato e sognatore. Da alcuni anni, anche numerosi agenti di borsa hanno trasferito affari in Svizzera, casomai non assumendo la doppia nazionalità, ma facendola assumere ai figli, preferendoli, se possibile, ad altri sodali, emigrati sul Ticino. Sì, perché si tratta soltanto di un'ulteriore contorsione occultatrice e speculativa degli accantonamenti evasivi, a loro volta maturati per generazioni, da lasciare in eredità, gestione per gestione. Gianni Infantino - si diceva - avrebbe rilanciato l'influenza appassita della Federazione italiana gioco calcio e - diciamo noi - insieme ad essa avrebbe rimpinguato i borsellini grinzosi dei suoi componenti. Poi c'è, per fortuna, qualcuno che, incidentalemnte, ci va a ficcare il naso.

La formalità del male.

Alcune mail anonime, provenienti dall'Egitto, illustrano nei dettagli, le ragioni, i tempi e le decisioni prese a Il Cairo, nei confronti del nostro connazionale Giulio Regeni. Non ce ne sarebbe stato bisogno circa l'esito, ma le comunicazioni all'incontrario di "un membro dei servizi segreti egiziani", ne descrivono passo per passo la genesi, le riunioni, i contenuti e le decisioni prese ai diversi livelli, fino al generale e dittatore Al Sisi. Le torture si sarebbero svolte in tempi differenziati, in due sedi e a due livelli, con accentuazione competitiva dei metodi fra una sezione e l'altra, entrambe sotto la copertura del regime, presidente compreso, presso il cui studio sarebbe stata presa la decisione circa lo "smaltimento" dei resti. Sono descritte anche le modalità di tortura, alcune delle quali spiegherebbero i tagli incompresnibili rilevati sul corpo. Le altre modalità certificano "il male del mondo" rilevato dalla madre sui resti di quello che era stato suo figlio. Il male che ci accompagna in ogni occasione, in ogni incontro della vita e che resta celato dietro le maniere. Domani saranno a Roma gli emissari giudiziari e governativi degli assasini. Non vedo che cosa si possa "trattare" con loro, constatando con spavento quanto per altro ordinariamente sapevo: si tratta ogni giorno e tutto sta a vedere se ci si intende, con ogni sorta di carogna; può capitare, come a Giulio Regeni, di incapparvi per ingenuo entusiasmo.

martedì 5 aprile 2016

Trivellando, trivellando, qualcheduno emenderà.

L'emendamento salva-trivelle fra il Molise e il litorale di Taranto non sarebbe stato sollecitato dalla Total per la quale si stava adoperando il compagno della Ministra Guidi, bensì dalla Shell, hanno cantato all'unisono Matteo Renzie e Maria Elena Boschi, come è d'uso prima del varo di ogni provvedimento legsilativo che possa influenzare, positivamente o negativamente, gli interessi delle lobby. Quindi, il favoritismo giosamente annunciato dal ministro al suo concubino è solo uno fra i tanti. Come biasimarla dunque, se così fan tutti. Bisogherà pure guardarsi dalla concorrenza e salvaguardare l'economia domestica, intesa come familiare. Si è poi dimessa all'istante proprio perché la violenta reazione delle opposizioni interne ed esterne non potesse più disporre di quel succulento appiglio, rendendo più facile la difesa parolaia ed extragiudiziale al governo, il cui capo si è intestato proprio quell'emendamento, firmato da altre, per salvare la baracca, ponendosi, "primus inter pares", al di sopra della fiera delle vanità. Sta di fatto che al mangia-mangia aveva partecipato anche un alto grado della marima, come si costuma, nella forze armate, per le commesse militari e per le cointeressenze, da oppoprre o da favorie delle capitanerie di porto. L'opera della magistratura meridionale, tranne quella votata al suicidio, non è, fino a prova contraria, attendibile, quella della capitale, tutta intrisa di politica, ancor meno, ma ormai i contropoteri sono solo formali, tanto da consentire ai rei di "maledire" il pugnale di Bruto, interno alle comuni istituzioni, ma, per residua fortuna, autonomamente amministrate. Non erano solo i Riva dell'ILVA a fottersene dell'epidemia di tumori della città e della provincia di Taranto, ma anche tutte le altre arricchende istituzioni coinvolte, pubbliche e private, in un calembour di telefonate, tutte, per fortuna, intercettate e rese di pubblico dominio.

Ladri e banditori.

C'è una visiome mediatica dei fatti che accadono che li commenta dando per assodato l'uniformità dei pensieri e dei sentimenti, spesso ipocriti, e l'incontestato omaggio dei recensori alla legge. Anche alla legge si presta un omaggio di maniera solo perché prevede l'uso della forza e la capacità immanente di modificare i destini di quanti tentino di cambiare il loro fuori dai canoni, non più mosaici, ma egualmente professati ed officiati da tanti laici rigorosissimi e, con ciò stesso, contraddittori. I fatti, invece, nella loro nudità ci mostrano chiaramente le cose come stanno o come sono sottintese, non i valori, i contenuti sovrappostigli e fuorvianti, atti a ricondurre i tentativi di integrazione in un sentiero angusto e riservato, del quale vengono indicati l'itinerario e il traguardo. Poi tutto ricomincia daccapo. I motivi d'inferenza si sono fatti da strettamente territoriali e poi dinastici ( si pensi all'influenza della religione cattolica in Europa, attraverso le alleanze con le case regnanti, "puzzle" che fu antropicamente alla base della separazione delle chiese nazionali "protestanti" per conto del sovrano post feudale di turno ). Oggi, il cattolicesimo è messo nell'angolo e il suo ruolo è stato assunto dalla propaganda europeista che sostituisce un sentimento assente. A contrastare questa vulgata unificatrice è reintervenuto l'Islam militante, rinfocolato dai petrodollari dagli alleati più stretti dell'occidente petrolifero, che li riarma costantemente e si tiene stretti gli attentati messi in opera da poveri pregiudicati o da giovani impazziti e disadattati, per il senso di estraneità al contesto nel quale, per esclusive ragioni economiche, le loro famiglie li hanno precipitati. Sull'onda liquida del globalismo indifferenziato, anche la fede organizzata plana sull'oceano della miseria, riscoprendo all'occorrenza il Vangelo. Un romanzo fantascientifico, di recentissima pubblicazione, sostiene che il prossimo pontefice si chiamerà Basilio, sarà russo e amico di Putin e che provvederà all'unificazione del cristianesimo cattolico-romano ed ortodosso, costituendo una placca continentale cristiana neo imperiale, attestata su di una base molto vasta di fedeli, soprattutto quelli slavi, intrisi di spiritualità. Non passa giorno che, almeno per due volte, una voce "amica" non vi intrattenga sulla possibilità di un nuovo, indefinito contratto o sull'implementazione di uno che è già in essere, a "tariffe invariate", salvo constatare, alla ricezione postale del cartaceo, che la variazione invece esiste, che è, dando la stura ad una sistematicità, relativamente ma non insignificativamente contenuta, inserita in un combinato-disposto di particolarità analitiche, tali da riservare, a processo in corso, sgradite sorprese. Il mantra commerciale costituisce la vendita, non solo di uno strumento ambivalente, ma soprattutto di una sotto-cultura, di un linguaggio parziale, che, se per il privato si sotanzia nella fretta, quasi nell'aspettativa o nella pretesa dell'istantaneità e, di conseguenza, in un'acquisita insofferenza, implica l'imposizione sociale della mentalità d'impresa, impresa di cui si è chiamati a costituire la milizia, produttiva e consumatrice. L'induzione, a domicilio, di bisogni merceologici e mercenari, va di pari passo con la rarefazione delle spese, a cui si affianca l'offerta ribassista delle etnie mobili, autenticamente mobili e globali, sotto l'egida di imperscrutabili organizzazioni locali e transnazionali, transnazionali, certamente, sul piano finanziario con banche informali e comunitarie quà e là, comunità che diventeranno, in breve tempo, soggetti solidi del nuovo indebolito e indefinito sistema distributivo e dei servizi. Gli Stati nazionali sono in via di ripiegamento su se stessi, soprattutto per quanto attiene al diritto di cittadinanza, che non sia di natura fiscale e penale, l'unificazione monetaria collide con gli interessi divergenti dei partecipanti clientelari, pigri e mafiosi, contro quelli egemonici ed imperialisti, mascherati dal rigore. I giovani che non provengono da famiglie "promozionali", si sono già adattati a quel che passa il convento. Poveri diavoli acculturati e somarelli atavici, unificati dalla modestia delle comuni origini, casomai divergenti per la base culturale, si accatastano insieme alle merci, sette giorni su sette, ventiquattr'ore su ventiquattro, fra gli scaffali dei supermercati e fra i corridoi dei grandi empori, che hanno sostituito permanentemente le piazze e le cattedrali che sopravvivono semicatacombali nelle dimensioni di chiesette e di circoli per disoccupati. Le adiacenze e i perimetri dei grandi network sono popolati non solo da acquirenti, ma dal vasto momdo della questua, del borseggio, della truffa e dei servizi al carrello. Mentre Vladimir Putin manda in onda un video, ripreso da una telecamera interna ad una stanza d'albergo, come era d'uso nella Russia sovietica e come costuma sui luoghi di lavoro, lungo le strade urbane e nei luoghi di ritrovo a marcare un invadente quanto sterile controllo sociale, più che altro finalizzato alle sanzioni pecuniarie, le fornicazioni del suo principale avversario politico con la segretaria del suo partito e le fa trasmettere dalla televisione di Stato ( come sarebbe la R.A.I. da noi ), amena parodia dell'accoppiamento suinicolo, con la scrofa che, rivestendosi, regala alla telecamera uno sbadiglione eloquente, un network, costituito da oltre cento testate giornalistiche, fra le quali l'Espresso, ribadisce al mondo amministrato che il personale politico si costituisce nelle isole fiscali, che nessuna potenza, atomica o non, condiziona o minaccia, dei fondi pensione personali tanto ridondanti da risultare inutili per i soli scopi dichiarati, in un registro informatico nel quali si trovano affiancati leaders altrimenti ostili, in campo neutro, per interposte forze aeronavali o truppe di terra. Insieme a loro, "vedettes" dello sport e dello spettacolo, come volevasi dimostrare. Putin, lo sputtanatore, ad esempio, che, al riparo delle telecamere, si è costituito una seconda famiglia, composta da altri due figli e da un'altra moglie più giovane a rinvigorire le sue energiche facoltà, ha dovuto, di conseguenza, accantonare i cespiti summenzionati, ma, stavolta, è rimasto sputtanato. E' fuor di dubbio, ma, a questo punto, in maniera inestricabile, che la diffusione globale del giornalismo d'inchiesta, che spesso precede le inchieste giudiziarie, venga anche utilizzato per fini di guerra mediatica, non tanto a rinfocolare un'impotente opinione pubblica, quanto le speculative opposizioni interne a questo o a quel regime, tutti comunque più appartati rispetto al sentire comune disorientato e disperso, per cui offrono al medesimo uno sfacciato, incessante spettacolo da rotocalco. Ciò non di meno, il giornalismo d'inchiesta, globale e locale, deve continuare a volare. Continueranno a rubare, ma almeno non si trasformeranno in una dittatura formale di ladri.

sabato 2 aprile 2016

La via consolare. O il Paese dei balocchi?

Per capire il percorso imprenditoriale puro e crudele - non quello familistico e clientelare italiano, ma spesso non meno crudele - si può prendere a riferimento la breve vicenda societaria del Bologna f.c. di Joey Saputo. Da solo un anno e mezzo il chairman ha messo mano alla costruzione di una nuova società, la sua. Veicolato dall'avvocato e temporaneo presidente Joe Tacopina, tramite il medesimo ha sollevato dalla sua poltrona di amministratore delegato della Roma a.s. un certo Claudio Fenucci e se lo è portato, con la stessa qualifica, in casa. Poi ha voluto, a dispetto di qualcuno, il migliore direttore sportivo italiano, l'anziano e navigato Pantaleo Corvino. Con Claudio Fenucci, Marco Di Vaio ( altro sponsor della scelta Bologna nei confronti di Saputo, emissario della vecchia società, in parola con Tacopina e Saputo da tre anni ) e Pantaleo Corvino ha subito, a promozione avvenuta, licenziato, con tre milioni di euro, Tacopina, irresistibile animatore, troppo popolare presso i tifosi ( Saputo è molto più algido e distante ). Poi ha ripianato debiti, rabberciato lo stadio, in attesa burocraticamente italiana di poterlo rifare, messo mano al mercato e, fra l'uno e l'altro capitolo, ha speso 135 milioni di euro. Il suo progetto è decennale, al termine del quale si propone di aver impiantato un'altra solida attività, non solo commerciale e calcistica, in terra straniera, avendo ben chiaro, fin dall'inizio, di essersi avventurato in un business ricreativo e spettacolare. Ecco, ad appena diciotto mesi dall'inizio, che un'altra giubilazione segna il percorso, la via consolare, del progetto capitalistico: via il direttore sportivo, troppo autonomo e non coartabile ad un ruolo subordinato al "politico" Fenucci. La liquidazione si aggirerà ancora sui milioni - vedremo quanti - di euro. Poi dovrà assumerne un altro e cominciare a stipendiarlo, mentre il progetto tecnico si involverà in un tradizionale equilibrio di conservazione, valorizzazione, cessione e ricquisto, con l'intezione di assecondare e raggiungere l'autogestione del club. Un giocatore sovrastimato può essere sostituito da tre buoni innesti e la squadra ne può beneficiare e, con essa, i diritti televisivi, dato che gli stadi serviranno da centri congressi, commerciali, di svago e di ristorazione, da volano per ulteriori affari, attraverso mirati investimenti congrui con le attività della casa madre canadese. E' presto per fare previsioni, l'unica certezza è che quest'uomo ha investito cifre colossali che la provinciale imprenditoria locale non avrebbe nemmeno preso in considerazione e non è neppur certo che l'impresa non si riveli un salasso che astuti cerusici potrebbero applicargli, dato che sembra aver dimenticato, anzi, essendo nato in Canada, mai conosciuto, gli usi e costumi italiani, ma sembra - e sottolineo sembra - aver dato la stura a un metodo e ad un'organizzazione sacrificale sistematica dei suoi strumenti imprenditoriali. Non mancano, in tutto questo, il Gatto e la Volpe della situazione: Fenucci Fox e Di Vaio Cat.

E' Brancaleone il monumento adatto.

Quando, poco fa, ho scritto del "Petrolio" della ministra Guidi, della facilitatrice del e per il suo "compagno", non sapevo della devastazione del monumento a Pasolini, al Lido di Ostia. L'associzione "Militia", una delle tante sigle del fascismo coatto laziale, si è attribuita il vandalismo, "giustificandolo" con la "frocialità" di Pasolini e la sua pedofilia che si era esercitata, a dire il vero, solo in Friuli, dove era stato allontanato dall'insegnamento ( avrebbe dovuto invece essere punito, come chiunque approfitti di giovinetti ) per intercessione di un confessore dei suoi discepoli. Non lo giustifico affatto per questo, ma sottolineo solo che si era comportato come tanti maestri antichi esercitanti la "paideia" nei confronti dei loro discepoli e adepti, come, del resto, ha dimostrato di fare, con pari, tradizionale attitudine, la chiesa stessa nella sua opera didattica, sempre rivendicata nei confronti del potere politico, conservativamente rivelatasi preziosa nelle epoche buie per la cultura e molto meno per quelle invece vitali. Ma tant'è: anche i preti, coperti dal Vescovi, amministravano alcuni ammaestramenti per via empirica. La motivazione dei miliziani è superficiale e pretestuosa, certamente si suggestionano con questi disvalori ma, proponendosi dei fini politici, sanno, in cuor loro, che la vera ombra pasoliniana sta nella cultura portata e rappresentata al livello degli ultimi, con il loro linguaggio, movenze e, appunto, superficialità, la stessa, in divisa, dei sedicenti appartenti a "Militia", che poco fa se la sono presa con un simbolo alieno e quarantun'anni fa, forse, con la persona in carne ed ossa. Il monumento era ed è un simbolo alieno in quel contesto e chi ha voluto erigerlo in quel luogo avrebbe dovuto saperlo bene: ora lo sdegno e la riprovazione suonano di maniera. Al Lido di Ostia, a quelle anime incapaci di leggersi interiormente, la figura di un intellettuale che come nessun altro seppe immergersi, da suicida, senza assumere atteggiamenti educatori, "interpretativi" e sentenziosi, in quel mondo istintivo di riflessi pavloviani nel quale la forza era l'ultimo suggello della "verità", quell'icona era improponibile ed, infatti, era rimasta rimossa ed ignorata per decenni. Ora che un film e la richiesta di una commissione d'inchiesta su quella morte sono tornati a farsi impellenti, ecco la riaffermazione della discriminante "fra ciò che si può e ciò che non si deve fare" torna a dispiegarsi su quella memoria, in quel contesto incongrua.