lunedì 25 aprile 2016

Poletti, il manipolatore.

Il compagno Poletti, che fu segretario della federazione comunista di Imola, prima di diventare capo della Lega delle cooperative, per poi fare il convitato con cooperatori omicidi beneficiari di uno sconto di pena, ora è assurto al ministero del lavoro e passa il suo tempo a sparare cifre bislacche sulla crescita degli occupati precari, che l'ISTAT, poco dopo, si incarica di smentire. La storia del lavoro è una funzione subalterna della storia del capitale e le magnifiche sorti e progressive della pubblicità dei governicchi italiani ne vorrebbero celare la natura intrinseca di speculazione sul bisogno e sulla fatica altrui, nei termini classici, validi per ciascun tempo a, al contempo, per nessun tempo, fatta del lucro minutamente e meschinamente perseguito. Questo almeno, nel modello classico, primitivo, al quale siamo tornati. Fra tutti i voltagabbana, il ministro Poletti è il più sfacciato o solo il più scoperto; ha semplicemente accettato di fare da contrappeso apparente ai democristiani del P.D., assumendo, purtroppo con piglio manageriale cooperativistico, l'ammansimento mistificatorio dei lavoratori incappati in un'età di mezzo, nella quale il lavoro è saltuario e le guarentigie per la vecchiaia imperscrutabili, forse perché non esistono. Il compagno Poletti tira bidoni ai pensionandi, favorisce le imprese nell'assunzione di lavoro precario, come fanno del resto le sue cooperative, ma non ne ottiene l'appoggio perché le investe di oneri contributivi per i parzialisti, mentre gli esodati, all'ultima apertura delle chiuse, sono rimasti senza alcun reddito per dieci mesi, a carico, per chi ce le aveva, delle loro già provate famiglie. Questo manipolatore, titolare di un ministero divenuto secondario e chiamato ipocritamente del welfare compatibile e strumentale involve il lavoro nella dimensione del Kolchoz, quella praticata d'estate dai suoi figli che, a suo dire, raccolgono le mele in cooperativa.

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