martedì 31 marzo 2015

Suicidi fisici e morali, partecipati.

Le cooperative ancora una volta sono pesantemente coinvolte negli intrighi di un sud affaristico e politicante. Non me ne stupisco: nelle regioni meridionali l'Unipol(SAI) è l'assicuratore più diffuso e preferito, la Lega delle cooperative onnipresente ( da decenni ) in ogni opera pubblica su quei territori, tanto che ad una visita automobilistica, sembra di non essere mai partiti. Difficile immaginare che, lavorando in quei territori, si possa prescindere da costumi e metodi, si possano fare affari esulando dagli intrecci affaristici, politici e malavitosi che sono intrecciati inestricabilmente. D'altra parte con un Ministro del lavoro come Poletti e le notizie che giungono dai loro dipendenti, quasi al vertice della negazione dei più elementari diritti, come se prendessero esempio dai padroni per antagonizzare i quali sono sorte tanto tempo fa, non c'è da meravigliarsene. Queste ripetute vicende vanno lette in controluce riguardo agli assetti di potere e d'interesse, che, realtà per realtà, regione per regione, si stanno riposizionando in Italia. In Turchia, nell'affascinante Istanbul, due ragazzi - se ne intravedono le fresche fattezze - hanno sequestrato il procuratore capo di quel tribunale e, come previsto, dopo sette ore, sono stati uccisi da quegli assassini mal prezzolati, altrimenti noti come teste di cuoio, dai rivestimenti in pelle che ne nascondono i lineamenti e che li fanno assomigliare agli interpreti di quei film porno, in voga negli Stati Uniti ed in Messico, nei quali le protagoniste utilizzate vengono infine uccise per la "soddisfazione" di chi li commissiona. Questi ragazzi, assimilati dai magazine nostrani ai brigatisti rossi, facevano parte di una formazione marxista anatolica, una setta senza sbocchi che non si fissassero su una dottrina ormai esclusivamente teorica. Sono stati uccisi, con pochi anni in più sulla groppa del quindicenne ucciso dalla polizia, quando si trovò coinvolto negli scontri contro la riconfessionalizzazione del suo Paese e si trovava per strada solo per acquistare il pane. Il poliziotto che lo ha ucciso non si conoscerà mai, così come quelli che hanno ucciso oggi i suoi fratelli maggiori, romantici ed entusiasti, sia pur violenti ( il Procuratore capo pare che sia rimasto ferito gravemente ). Ormai l'esito è scontato fin dal manifestarsi dell'evento; i "terroristi" non hanno nessun potere contrattuale, sono dimostranti suicidi, sul modello jihadista, quà e là per il mondo, in un'immolazione senza scopo che non sia una specifica dimostrazione o manifestazione, capace di accanirsi, al massimo, in una faida personale ed incerta circa i suoi referenti. In fondo, una sorta di suicidio, possibilmente con l'accompagnamento dei propri "nemici" o, come nel caso del pilota suicida dei propri "consorti".

lunedì 30 marzo 2015

Piovono bombe a caso..

Tutta la penisola arabica è in guerra, mentre al suo interno avanzano, destabilizzanti, le milizie del califfato che controllano già ampi spazi in Iraq, orfano di Saddam Hussein e in Siria, dimidiata fra i lealisti, i ribelli e i fondamentalisti islamici. Entrambi i Paesi sono precipitati nel caos dopo che il partito Bahat è stato messo in crisi dagli statunitensi e, dietro le quinte, dagli israeliani. Il riconfermato premier israeliano si è recato al Senato nord americano, senza neppure incontrare il Presidente Obama, a dimostrazione di quanto poco lo tenga in considerazione e di quanto ormai poco conti, a rischio, in extremis, se vorrà impicciarsi troppo, fare la voce grossa o trattare, soprattutto con l'Iran. Ma, per restare, ai conflitti intestini, è da rimarcare che le milizie informali del Califfo hanno trovato due robusti oppositori, che confliggono contro di loro, sul suolo di altri Paesi, privi di sovranità. Si tratta dei sauditi e degli egiziani. Se questi ultimi sono considerati dalle truppe di Allah degli apostati e sono considerati dei nemici sul piano politico, dopo la deposizione del Presidente dei Fratelli musulmani che aveva vinto le elezioni, i sauditi sono i custodi dell'ortodossia sunnita, la dinastia al potere è a tutti gli effetti teocratica e, contro di loro, è difficile non solo la resistenza militare, ma anche la competizione religiosa. Sul piano militare, i coalizzati contendenti sono riforniti direttamente dagli Stati Uniti e, quindi, sono tatticamente e contingentemente alleati anche di Israele, salvo fomentare, i sauditi, con ingenti capitali, il terrorismo islamico in ogni parte del mondo, Stati Uniti compresi, insieme all'edificazione delle moschee dovunque si trovi una comunità musulmana. Questa apparente contraddizone endogena che assicura dinamicamente e sanguinosamente degli equilibri di potere, caratterizza un lavorio segreto caratterizzato dai comuni interesssi, energetici e finanziari, fra il desertico Stato petrolifero e gli Stati Uniti e il fervore jihadista in tutto il medio oriente, diretto, controllato e represso secondo un costume che, da noi, era tipico dei Re Borboni. Sullo sfondo l'Iran, potenza ariana, non araba, irriducibile verso Israele quanto lo erano stati i partiti Bahat siriano ed iracheno e verso il quale sembrano convergere, passo passo, tassello dopo tassello, bombe e missili, con un Presidente trattativista, indebolito e a fine mandato in america e un irremovibile capo della destra israeliana, confermato al Governo con i partiti religiosi ad aumentare la patina della sua intransigenza particolaristica.

Gergalità.

La gergalità alligna anche nelle segrete della clausura monastica. Le suore "passioniste" di Napoli, giorni fa hanno "assalito" il Papa, toccandolo e felicitandosi, Francesco ne è rimasto coinvolto e compiaciuto. La Litizzetto è stata, a tutti gli effetti, la zitella che interpreta e non ha trovato di meglio che sbeffeggiare le vecchie e male in arnese, ma appassionate sorelle, con un "non hanno mai visto un uomo" o qualcosa di simile. Lo slang e l'immaginifica formuletta, sarebbero tipiche di chi, invece, ne ha visti tanti da farseli venire a noia o che, forse, se li è fatti venire a noia a distanza e che si infastidisce di tanto fervente trasporto, gradevole e spontaneo. Le suore, per parte loro, non hanno voluto rifugiarsi nel riserbo, temendo di apparire troppo tradizionali e hanno prestato la battuta alla pedante "balenga" uscendosene con un " sapesse lei, se volessimo...non ci saremmo buttate a questo scopo sul papa, c'è ben altro in giro". Quel "se sapesse" mi ha rammentato le vanterie di un letturista romagnolo dell'ENEL che sosteneva di avere una relazione con una suora di clausura di Ravenna che gli si era appalesata durante una delle periodiche letture del contatore del convento e che, da allora, non l'aveva più lasciato Lo stesso "letturista", quando le mansioni erano codificate e rispettate, ci mostrava in ufficio, le lettere d'amore che la sua "fidanzata" cecoslovacca, conosciuta durante un viaggio della sezione sindacale della CGIL, indirizzava, in inglese, a suo padre, di cui lui, sposato con una bambina, le aveva fornito l'indirizzo. Il compagno "pataca" si e ci rassicurava: "tanto i Russi non la fanno uscire". Le "passioniste", piuttosto anziane e bruttarelle, sono volutamente rimaste nel vago circa le loro possibilità, che si presumerebbero numerose, ma rimosse, mentre la Litizzetto - sembrano insinuare - con tutta l'acetosità che spande, di tali possibilità sembra averne ben poche. Quanto al pampa-Papa, spiritualmente felicitato e svalutato, come "articolo", come un rottame, è stato vittima del gergo conformistico contemporaneo: insomma, un'oca morta.

Giri di boa

"Chi ha ucciso mia figlia?" domanda con compostezza la madre di Meredith. Non smetta mai di chiederselo e di chidercelo, Signora. Gli assolti chiedono invece i danni, ma Sua figlia è morta e di morte violenta. Siamo al giro di boa, la mia generazione va in soffitta e la nuova ricomincia da capo. La vita, che è rappresentazione, si rinnova biologicamente ma biologicamente resta ancorata ai suoi limiti iterativi, con presunzione, senza accorgersene e scambiando il fervore ormonale e cinetico con un inizio ( lo è ) originale ( non lo è ). La lotta si è spostata su confini effimeri; quella bellica si è fatta specialistica per gli eserciti neo ( ma perché neo? ) coloniali, dal fondo dell'ignoranza, per le vaste plebi che non hanno la possibilità di raffinarsi ( e che se l'avessero dovrebbero constatere che alla cultura dei maggiorenti non corrisponde il loro potere )una "nuova" vita scandita dalla rinuncia, dalla retorica vacua delle religioni e/o una revanche, purtroppo riproduttiva, per i riprodotti, sessuale. In mezzo una borghesia imitativa e pavida dei comodi domestici e del pasto caldo al ritorno; una vita professionale che, spezzata dalle ristrutturazioni, non consente di accomodarsi nel conseguito; una "rivoluzione culturale" del capitalismo domestico, rilanciata di anno in anno, esodi, tagli e ricuciture nelle grandi aziende. La democrazia parlamentare è stata riposta in soffitta con noi, l'esito nefasto dello yuppismo degli anni '80 si è confermato in un'assurda propaganda favorevole allo smantellamento del recente passato, senza un'indicazione di futuro. Solo la riproposizione di una doverosità generica che non trova riscontro nella prassi. La finanza è la causa e il rifugio di tutto questo. La religione rilancia l'evangelica preferenza pauperistica, ma i cardinali vecchio stampo si guardano bene dal condividerla, delega alle potenze ispirate del suo campo di salvagurdare le sue posizioni nel mondo, salvo dover constatare che, se vorrà valersene, dovrà attendere di poter cavalcare le guerre energetiche. Non c'è neanche più un comunismo sul cui smantellamento gravare sindacalmente, beccandosi due pallottole deviate miracolosamente dalla Madonna. Ad ogni trovata legislativa corrisponde, "nelle grida" la stipula di un numero significativo di "nuovi rapporti di lavoro" stabili che sono sedimentazioni di contratti a progetto o plurisperimentati. Insomma sono la conferma di rapporti già in essere. La democrazia sostanziale viene archiviata, qualcuno non se ne accorgerà neanche, ne resta la nostalgia in poche anime, la nostalgia di quello che non è stato ma che si sperava che potesse ancora essere; invece il nostro sistema ha prodotto un imbeccillotto, terzo di una mini filiera senza investitura. In fondo, da buon vechietto, era meno peggio Berlusconi e, scusate l'immodestia, io l'ho sempre pensato. Evidentemente migliorare non si può.

domenica 29 marzo 2015

La strategia del renzismo.

La politica spenta sfila, manifesta. I Capi di Stato e di Governo vanno in gita. Oggi erano a Tunisi a manifestare contro il terrorismo, poco fa erano a Parigi a camminare, fieri avversari in patria o ai confini, contro chi non riconosce la libertà d'espressione. Insieme, destra e sinistra. Eppure, le formazioni politiche non contano più nulla, sono nude ed inermi sul proscenio pubblico e si coprono di e con rituali inconcludenti. Landini fonda un altro movimento per impossessarsi della CGIL, non in alternativa ad essa; ammette almeno di ricominciare daccapo, dopo che tutto quanto accumulato ed accantonato è stato tolto agli ex lavoratori, oggi di nuovo proletariato. Casa Pound sfila a sua volta a Roma, nonostante la Costituzione vieti la ricostituzione, in qualsiasi forma, del partito fascista. Non si sarebbe neppure ricostituita se la Costituzione fosse ancora vigente e non storpiata, resa lacunosa dalle asportazioni di sue componenti vitali, negletta. Non sarebbe avvenuto se le particolaristiche mene di apparati di cooptati non si fossero sedimentate nelle nomine parlamentari e nell'eversione antisindacale e, per corollario, antidemocratica, delle classi possidenti e la sinistra assisa sulle sue seggioline destabilizzate non si fosse proposta di resistere per restaurarsi. Landini fonda un altro movimento, ma non si separa dalla CGIL, che, quindi, non è originale. Vi convergono, come sempre in questo pagliaccesco, ma talvolta tragico Paese, cattolici di sinistra ( don Ciotti al posto di don Sturzo ), richiami a nobili e caduche esperienze a valori inversi ( Libertà e Giustizia ) di laicissime formazioni che non possono attecchire, senza travisamenti, sull'humus nazionale, rifondatori sul nulla del comunismo che, per almeno due generazioni, è agli atti. Su di uno sfondo che inibisce una violenza latente e insensata, perché non produttrice che di autogiustificazioni incrociate, destra e sinistra inani, si danno paradossalmente "il cinque".

sabato 28 marzo 2015

La formalità delle rappresentazioni.

Una volta tanto, la parata stantia delle immagini televisive e le dichiarazioni scontate dei protagonisti e dei loro parenti, che sono ancora in grado di farle, restituiscono l'insieme di ciò che conta nela vita dei singoli: la recita sociale avvalorata da una sentenza infame. I due "assolti", la famiglia dell'ingegnere italiano, hanno tratto facili e mistificatorie conclusioni da una sentenza definitiva. I difensori degli assassini e, in particolare, l'avvocato di Andreotti nella "assolutoria" vicenda della collusione mafiosa, segna un altro successo, in dottrina, nel suo palmares. Amanda recita da sola in differita dagli Stati Uniti: ringrazia gli amici. Sì, infatti, questi due assassini sono certamente circondati dalla solidarietà indifferente, in quanto estranei al particolare rito di morte, in quanto slegati da qualsiasi "vicinanza" con la vittima. Non serve a nulla esser stati coetanei di chi non c'è più e l'esserlo tutt'ora in sua assenza, conta la vicinanza e la partecipazione alla vita dopo il superamento formale di quel particolare e non riconosciuto misfatto che li restituisce ai riti sociali. E' stato liberatorio il giudizio basato sulle formalità, d'incongrua natura rispetto ai fatti ed alla logica più elementare, è stato volano di reinserimento nelle forme relazionali che rimuovono l'etica, principio filosofico di inesistente efficacia.

Dolore.

Amanda Knox e Raffaele Sollecito sono stati prosciolti. Meredith Kercher è stata cassata. I due bravi ragazzi dominanti possono accantonare il loro incidente di percorso e vivere - come già facevano - affrancati dalla possibilità di una condanna. Resta solo l'incognita di Rudy Guede, l'ivoriano, l'unico ad essere stato condannato per concorso (?) in omicidio. I due rampolli di buona famiglia l'hanno sfangata, dopo aver tentato la via della raccomandazione ( l'italiano) e la rapida fuga in patria ( dove l'avrebbero giustiziata in circostanze analoghe ) della sua slavata complice. E' un'abiezione, tranne che sul piano dei formalismi giuridici che, con logica inversa, avrebbero potuto essere applicati contro i due assassini. In questa vicenda inqualificabile solo due sono stati gli indiziati, entrambi di colore e solo uno è stato ritenuto inequivocabilmente colpevole, perché aveva fatto la cacca, lasciandone i residui, nel water della studentessa inglese, i cui genitori potranno ora meditare sulla troppo frettolosa fiducia che avevano espresso nei confronti della giustizia italiana, che si è invece dimostrata, ancora una volta, nella sua espresione dottrinaria e procedurale, bizantina e borbonica, del tutto avulsa dalla realtà. I due assassini indifferenti erano stati ritenuti colpevoli in Corte d'Assise, poi il processo era stato rivisto ed erano usciti. Subito a casa la Knox, da dove non sarebbe comunque ritornata, per l'irriducibilità degli Stati Uniti a far giudicare da altre giurisdizioni i propri cittadini e per l'importanza che riveste l'appartenenza specifica e legale a questo o a quell'altro Stato dell'Unione, fermato sul confine svizzero Sollecito, ma non imputato di nulla dato che si trovava ancora, sia pur per pochi metri, sul territorio nazionale. Sarebbero stati probabilmente condannati se non si fosse prescelto un altro ed unico colpevole del tragico terzetto che spense una vita all'alba, con la ferocia di un animale predatore e, in più, con la cattiveria immolatoria di una retro cultura del sacrificio ritual-sessuale. La giustizia è stata abiurata sull'altare della "scientificità" dei rituali, della competenza formale dei suoi officianti ai diversi livelli del giudizio, dell'estraneità innaturale degli esegeti ed esteti delle pandette. Alla luce macabra di quanto è avvenuto, riponiamo ogni residua fiducia nella giustizia, almeno in quella cerimoniale e sterile di questo Paese di plastica.

venerdì 27 marzo 2015

Testimone di un secolo.

Lunedì prossimo 30 Marzo, Pietro Ingrao compirà cent'anni. Ogno giorno è regalato: speriamo che ci arrivi. Il leader comunista è vissuto abbastanza da poter prendere atto della fine del suo sogno di rude militante del più grande partito comunista del mondo, il più grande nei termini dei consensi elettorali e non dei colpi di mano o delle circostanze post belliche. Il dirigente ciociaro dall'eloquio impastato e pesantemente burino rappresentò una forte tendenza nell'apparato del PCI, coagulò un forte nucleo di sostenitori, non fondò - né avrebbe potuto, pena l'espulsione - una corrente, ma marcò per un ventennio la distanza fra la sua posizione di sinistra e quella liberaleggiante di Giorgio Amendola, figlio del liberale vero Giovanni. In fondo, la sua importanza fu segnata dalla sua capacità d'interpretazione delle esigenze secche e radicali della sinistra nazionale, nel gioco angusto del centralismo democratico, ma fu, per uno dei tanti paradossi della dialettica fra estranei della nostra politica post resistenziale, il più civile e "liberale" fra tutti i Presidenti della Camera dei deputati, tutelando e sollecitando il dibattito e l'approfondimento in aula di ogni materia sottoposta al vaglio dei legislatori. La cortesia, la grazia e l'equanimità della sua direzione dei lavori, nella quale potè abbandonare la rigida prassi di un partito fondamentale per la monca democrazia italiana ( fu fondamentale proprio per la mutilazione e la mancanza di autonomia di una prassi democratica imposta dagli alleati ed estranea alla mentalità profonda degli Italiani ) e mutare la sua parzialità assolutista nell'ambito del sistema chiuso nel quale era entrato, nella più ampia dialogità storicista nel corpo delle leggi sulle quali diede libero dibattito a tutte le voci organizzate e particolari, in quell'irripetibile anno parlamentare. Ma di che cosa sono fatti i pronunciamenti dei politici nostrani sappiamo ormai tutto e, probabilmente, fu per questo che, dopo solo un anno, si dimise, senza dare spiegazioni. Ma un anno è tanto a testimoniare, suo malgrado, di un intero secolo.

giovedì 26 marzo 2015

Coaching uguale autosfruttamento, risparmiando anche sul trainer..

I lavoratori sono sempre più sollecitati a mettersi reciprocamente in competizione, “misurando” i rispettivi risultati con metodi che richiamano quelli con cui si stabiliscono i punteggi dei videogame e/o dei programmi di fitness. Le convention celebrative sono identiche a quelle dei più affermati venditori di pentole a domicilio o dei proponenti di cosmetici, tutto compreso. Imbonitori e seguaci si dicono entusiasti di questo metodo, perché richiama il sistema OKR (Objectives and Key Results) che viene descritto così: si tratta di fare in modo che gli impiegati si auto attribuiscano degli obiettivi misurabili, e che rendano pubblici i risultati ottenuti, o siano messi in piazza dai loro coordinatori, in modo che i colleghi possano metterli a confronto con i propri. Un sistema che smentisce l’opinione secondo cui il concetto di organizzazione scientifica del lavoro sarebbe un ferrovecchio. In questo modo i principi di autonomia, responsabilità individuale e libertà da costrizioni gerarchiche dirette, elaborati dal management consulenziale, vengono resi perfettamente compatibili con i principi dell'utile padronale: autocontrollo e autosfruttamento sostituiscono il controllo da parte di capiufficio e capisquadra. Non basta: per rendere ancora più efficace il sistema, occorre “emancipare” il lavoratore anche dalla vicinanza fisica con i capi, virtualizzare il loro rapporto. Questa inversione della tendenza relazionale gerarchica si spiega con il fatto che molte ricerche hanno dimostrato che i lavoratori autoinvestiti sono più produttivi, lavorano più ore (perdendo consapevolezza della differenza fra tempo di lavoro e tempo libero), fanno meno pause, non si danno mai malati; in poche parole: si auto sfruttano selvaggiamente. Per spiegare questa docilità autoimposta alle esigenze di valorizzazione del capitale non basta evocare l’indebolimento dei rapporti di forza delle classi subordinate, logorate dagli effetti di decenni di “guerra di classe dall’alto”: disoccupazione, individualizzazione, de sindacalizzazione, ecc. che li inducono a ingaggiare una spietata guerra fra poveri per “meritarsi” un salario; la catastrofe è in primo luogo frutto della disfatta culturale provocata dalla conversione delle sinistre in rotta all’ideologia liberista. Una conversione che, per la socialdemocrazia, ha assunto la forma della sottomissione al dio mercato, per i “nuovi movimenti” quella dell’emancipazionismo individuale e identitario. Gli intrepidi e certamente domani i vittoriosi, intraprendono la loro epopea autosuggestionandosi, fino a vivere in un'ininterrotto conato ripetitivo, sempre uguale e sempre, per loro, inutile e nel quale riflettersi per riconoscersi.

L'abito vero, sotto le apparenze.

Due carabinieri campani, di stanza in Veneto, quando erano in licenza, si dedicavano, a casa loro, alle rapine. Sapevano sparare bene, come i camorristi che "gestivano" informalmente un supermarket appartenente ad una catena di empori, tanto da riuscire ad imporsi sui pistoleri, padre e figlio, che, da ferventi fautori dell'ordine quando li riguardava, li inseguivano, speronavano e ingaggiavano una sparatoria con i due tutori di un altro ordine, custodito come gli accantonamenti dagli evasori fiscali. E' morto, alla fine, il camorrista giovane, il figlio di tanto padre. Il personale del supermerket, a sua volta e, in parte, sull'auto della famiglia proprietaria, si è prestato alla vendetta per il furto subito dal padrone da cui dipendevano e dal quale avevano ottenuto quel posto, in cambio non solo di un modesto stipendio, ma anche della fedeltà feudale al loro Capo e benefattore, sia che esercitasse un mestiere di copertura, sia che venisse attaccato da militari-rapinatori, nemici, dunque, due volte. "Bravi" al soldo di un "don" qualunque; "bravi" sotto mentite spoglie, di un'Arma benemerita secondo luoghi e circostanze.

La vertigine verso il nulla.

Dunque, un suicida. Il ventisettenne copilota dell'Airbus 320, sul quale molte volte ho volato, ha deciso di farla finita in maniera epica, incurante della sorte altrui, come un condottiero della classicità. Di fronte alla morte siamo di nuovo e finalmente soli e la socialità morale si cancella nell'epilogo. Gli altri non volevano morire, alcuni erano stati sorteggiati per un viaggio premio, c'era anche una delegazione di sindacalisti, ognuno coltivava il suo mito di ruolo prima di ripiegare nella paura dello schianto in scatola. Non è la prima volta che succede, già un pilota marocchino diresse verso il suolo il suo velivolo dopo una violenta discussione a bordo con la hostess della quale era innamorato; la disperazione, la rabbia, ma anche la noia e la depressione sono il nulla e non è possibile presumere coscienza di sorta. Il copilota si è imbozzolato, si è escluso poco prima della fine, non diversamente da chi si uccide provocando incidenti stradali e quando non ci riesce è inquisito e "responsabilizzato" per la "colpa", l'ubriachezza o la tossicità. D'altra parte, si preoccupano i costruttori di automobili dei 17.400 morti, lo scorso anno, nella sola Italia, a causa e per effetto della loro produzione e commercio? La dinamica tecnica, come la biologia, contemplano la vita e la morte indifferentemente e la natura medesima conosce i balsami e i veleni e non li analizza certo ideologicamente. Gli uomini che uccidono le donne e, molto più di rado, il contrario, gli adulti che abusano dei bambini e le madri che "abortiscono" tardivamente i loro piccoli uccidendoli, sono reali e i giudizi contro di loro accantonano i fatti e i loro prodromi, rifiutano di riconoscerli. La superficialità della morale predicata si manifesta in questi frangenti, nei quali il suicidio è una forma di violenza contro se stessi. Di violenza, appunto. Non si può pensare che gli altri, gli estranei vadano salvaguardati, dopo tanta indifferenza, ostilità anche nelle piccole beghe quotidiane. In fondo, loro non si sono mai curati di noi e noi di loro: non esistono, c'è solo la fissazione verso il baratro verso il quale planare o precipitare. Ora, nel vuoto cosmico, i parenti impotenti non potranno che maledire il nulla che si è dissolto in un lampo annientatore.

martedì 24 marzo 2015

Mitologie al tramonto.

I sindacati di categoria dei bancari hanno lasciato il tavolo delle trattative dopo aver constatato, per ultimi, che l'A.B.I., guidata da quell'Alessandro Profumo che aveva iscritto Unicredit alla Confindustria del Lazio, non intendeva prendere in considerazione la piattaforma da loro presentata. Il CEO del Monte Paschi ribadiva che lo scenario competitivo per le disastrate banche italiane - con l'eccezione apparente dei piccoli gruppi domestici, già "e legibus soluti" - imponeva una contrazione progressiva e quindi "libera" dei costi di gestione, senza prendere neppure impegni sull'area contrattuale. Le delegazioni di vertice si sono infine trovate a conoscere la condizione improvvisa in cui si trovarono le SAS, all'epoca della loro suicida politica di Gruppo, quando furono esautorate dalla sera alla mattina di ogni facoltà di trattativa in azienda. Di compromesso in compromesso, di bulina con i Governi che si succedevano, stemperando i loro poteri fino all'impotenza ed alla paralisi regressiva attuale, tanto che la sponda dell'esecutivo è stata ritenuta "pericolosa ed imperscrutabile" dagli stessi sindacati che vi avevano sistematicamente ricorso con successi sempre più parziali, le delegazioni neglette al tavolo e ancora tanto litigiose nelle singole realtà aziendali, si sono dovute rifugiare nello sciopero a tutti i livelli della filiera aziendale e in una grande manifestazione, a Milano, di una categoria scopertasi improvvisamente piazzaiola e sperduta. Il lavorio che da oggi si eserciterà sui media si trascinerà per mesi, mentre i colpi di mano, azienda per azienda, saranno possibili dal primo di Aprile. L'inibizione ufficiale a qualsiasi trattativa venisse sollecitata, se si spiega con l'intenzione di non incrinare il fronte sindacale creditizio, non si capisce in che termini e in che misura potrebbe condizionare, favorevolmente per i lavoratori, i contegni delle diverse aziende, impegnate in una contesa per la sopravvivenza o il consolidamento a scapito delle concorrenti. Forse, fra pochi mesi, si sottoscriverà un contratto sulla base dei fatti compiuti, che saranno atti di inaudita bassezza sulle membra sparse e sparte di una categoria sindacalizzatissima e portatrice sana di invidiate condizioni normative e retributive. Se il mondo del credito resterà strategico per l'economia nazionale e del continente è probabile che il sistema riformato manterrà, con il suo carattere di centralità, differenziate condizioni retributive, normative e gestionali perticolari e specifiche; se, invece, anche il sistema del "prestito" involverà in un pollaio di contese chiozzotte e privatistiche, le ricadute sull'economia reale saranno "ad excludendum", tipiche di una società di nuovo censitaria. Nel frattempo, il patronato INCA della CGIL per i lavoratori emigrati, nella persona del suo responsabile presso la sede di Zurigo, ha inaugurato, in una sorta di remake del sovietismo abbandonato, la corruzione e l'appropriazione indebita sistemica. Il suddetto rappresentante, rimosso ma riassunto da un committente privato, si è autoaccreditato per molti anni i contributi dei pensionati italiani all'estero ed ha anzi corrisposto loro, per non breve tempo, i trattamenti previdenziali direttamente dal suo conto corrente, dove i loro soldi si erano accumulati. Fine dunque di qualsiasi retorica di classe. Il boiardo sindacale ha mostrato in che considerazione tenesse il proletariato emigrato e...la CGIL, dopo un anno, ha riaperto il patronato, dopo aver cercato di disperdere i creditori con un opportuno fallimento, come le diocesi del nord america per non dover pagare i risarcimenti alle vittime dei preti pedofili.

Che sorpresa!

L'annuale report del Ministero del lavoro sullo stato di applicazione delle normative contrattuali e legali nelle aziende, registra, come ogni anno, ogni sorta di abusata indifferenza verso tutti gli istituti di civiltà giuridica e sociale. Il lavoro nero, inteso come straordinario non pagato, l'indifferenza verso la maternità e il puerperio, la prepotenza mascherata da disciplinarietà, il mobbing praticato come normale dinamica dell'efficienza professionale, ci consegnano, per l'ennesima conferma, uno spaccato di egoismo, di accaparramento dei cespiti delle risorse, uno sfruttamento di ogni possibilità di condizionare molte estranee condizioni personali e sociali. Lo Stato, da parte sua, aggrava con la sua bulimia da deficit, una situazione di sopravvivenza per molte categorie di lavoratori, ma l'attività imprenditoriale di nulla si cura che di se stessa, non conosce solidarietà di categoria, ma solo arruffamento speculativo. Due dati su tutti colpiscono la mia attenzione, posti in evidenza dalla stessa Direzione Generale per l’Attività Ispettiva: su 221.476 aziende ispezionate appartenenti a tutti i settori produttivi, ben il 64,17% sono risultate irregolari (ovverosia 142.132, oltre un’azienda su due e su 181.629 lavoratori irregolari, il 42,61% si è rivelato totalmente in nero (ovvero 77.387), comportando un’evasione di contributi e di premi assicurativi pari all’astronomica somma di 1.508.604.256,00. Cifre da “legge di Stabilità”. Che si tratti, poi, di accertamenti relativi a “significativi illeciti di natura sostanziale” e non a mere contestazioni formali, è lo stesso rapporto che lo sottolinea evidenziando, nella lista degli illeciti sanzionati, fattispecie quali il “lavoro nero”, “l’utilizzo abusivo di forme contrattuali flessibili volte a dissimulare veri e propri rapporti di lavoro subordinato in funzione elusiva della normativa vigente”, fenomeni di “appalto/distacco illecito o di somministrazione abusiva e/o fraudolenta volti a realizzare illegittimamente un consistente abbattimento del costo del lavoro”, abuso nella fruizione della Cassa Integrazione Guadagni in deroga, illeciti in materia di orario di lavoro, sfruttamento di categorie di “lavoratori svantaggiati” quali extracomunitari clandestini, minori, lavoratrici madri e gestanti. Tranciante è dunque il giudizio del redattore del “Rapporto”, che afferma come tali dati (ed in particolare quelli sul lavoro sommerso), siano sintomatici “della completa assenza – in un’ampia percentuale di casi – della sia pur minima attenzione ai diritti e alle tutele fondamentali dei lavoratori, nonché ai connessi profili della salute e della sicurezza”. E' stata dismessa la lotta, siamo stati condotti come ciechi nell'agone delle potenze soverchianti dal calcolo personale che specula sulla debolezza del tessuto connettivo del nostro Paese, dei politicanti rottamatori dei loro predecessori, ma schiavi del rinnovato, pur sempre uguale, copione di figuranti della scenografia entro la quale si sono succedute le generazioni ed i costumi, gli abiti indossati, unica variante concreta di ogni speranzoso e vacuo "nuovismo" recidivante. Sottoposti, senza reazione, allo stesso trattamento della Grecia, più sul piano politico che economico, siamo costretti fra i ragionieri del Consiglio di amministrazione europeo e i nazionalismi più stantii e retrivi, in una riedizione dell'Impero guglielmino e della sua Vandea periferica, fra riedizioni di tradizionali povertà e conati di carrierismo, se appena in possesso di "titolarità" al medesimo, confondendo cultura del potere con il potere in senso proprio.

Buon lavoro.

Nell'Italia in crisi c'è qualcuno che vanta una sostanziale extraterritorialità, un'estraneità sistemica, un'eccellenza feudale. Sulle locandine informatiche, codesti condottieri appaiono provati e mesti, ma interiormente puri come la donzelletta che vien dalla campagna. Tanto gentile e tanto onesto pare il duca mio quand'egli altrui saluta, ch'ogne lingua deven tremando muta, e gli occhi no l'ardiscon di guardare. Egli si va, sentendosi laudare, benignamente d'umiltà vestuto; e par che sia una cosa venuta da cielo in terra a miracol mostrare. Mostrasi sì piacente a chi lo mira, che dà per gli occhi una dolcezza al core, che 'ntender no la può chi no la prova e par che de la sua labbia si mova un spirito soave pien d'amore, che va dicendo a l'anima: sospira. Diceva dunque, in effigie, con modesta soavità: Cari colleghi di rango inferiore, anche se la nostra cultura aziendalista ci impone un profilo subordinato, battiamo piano le manine per i risultati conseguiti e domandiamoci: come abbiamo fatto? Sapevamo già di essere i fichi del bigoncio nel nostro settore d'applicazione, ma questo non ci appagava, la nostra qualità narcisistica, che fa apparir bello chiunque, esigeva che facessimo mangiare la polvere ai nostri concorrenti. Sono sorpreso della reattività agli stimoli della nostra organizzazione, nella quale il singolo si annulla in una sublimazione operativa, attraverso la quale facciamo coriandoli degli obiettivi più presuntuosi e irragionevoli. Siamo eccellenti! Siete contenti? Flessibili come un giunco e reattivi come un cobra abbiamo cambiato più volte la tattica e la disposizione in campo durante la partita, conseguendo una sequela di successi come quelli della Juventus. La nostra robotica aziendalista sinergizza contemporaneamente tutti i fattori, ridotti all'osso, prodotti dal nostro organico, oggi chiamato ad una cinetica fervente a ranghi inalterati, premi azzerati, orario che sfiora le dieci ore di ininterrotta applicazione giornaliera. La nostra attività si irradia in tutte le articolazioni del feudo, la squadra gioca indossando le diverse casacche della stessa maison, con le quali confondiamo il fraseggio e le società. Il nostro obiettivo è di lavorare a 360° con un organico immutato. E' questo il vantaggio competitivo del nostro Gruppo, basta adeguarsi e si diventa subito "eccellenze", stabili nella multimansionalità e nello stipendio. Per questo siamo estranei alle difficili contingenze di questo e di quel settore dei quali formalmente facciamo parte, per subito differenziarcene nella creazione di valore, a prescindere, per i nostri interlocutori: i clienti e gli azionisti. Per questo siamo extrasistemici, noi siamo il Gruppo, con buona pace di quel comunista del Papa, che censura l'autoreferenzialità. Noi siamo una setta e continueremo a dimostrarlo. Bene. Basta con l'autocontemplazione, abbiamo già raggiunto l'orgasmo. Al lavoro. Dividono i servi, dividon gli armenti; si posano insieme sui campi cruenti d’un volgo disperso che nome non ha.

Virtuosismi.

martedì 10 marzo 2015

L'Italia dei ripieghi.

Quando si parla per dar fiato alle corde, da parte di personalità che, in precedenza, potevano riferire la loro predicazione ad elementi tanto sovrastrutturali e sub-culturali, quanto diffusi e condivisi, vuol dire che la finzione si è fatta scoperta e che bisogna enfatizzarla oltre ogni decenza, per crearsi, con il potere, una claque di sostenitori. Mentre le cronache sono pervase di violenza, privata, pubblica, fra soggetti informali e Stati in dissesto, improbabili oratori riempiono il vuoto concettuale con ogni sorta di rumore e di fonema, a prescindere da quello che dicono, il cui significato sfugge, molto spesso, anche a loro medesimi. Questo vaniloquio consente ai più duri e grifagni di consolidare un potere regressivo e rattrappito o di ribadire antiche costumanze egoistiche e autoreferenziali. Ieri il Papa ha detto delle cose giuste riguardo questo autoripiegamento, smascherandone la vanità e l'inutilità, tranne che per chi lo sollecita. Certi peana miserabili sono un invito all'asocialità più spinta a beneficio di un servaggio sicuro. L'Italia ripiega verso un assetto istituzionale in contrasto con la Costituzione, che è stata e sarà stravolta a fini personali ( non saranno quelli di Berlusconi, ma quelli di Renzi, il patto del Nazareno serviva a coagularne gli interessi )perché non si è voluto o saputo adattarla alle mutate configurazioni politiche o perchè il corpo elettorale si è rinchiuso nei suoi particolari interessi, prima di estraniarsi nell'astensionismo. Il precedente modello sociale non è riesumabile, era fatto di clientelismi e sprechi, ma la politica economica Keynesiana resta l'unica in grado di non emarginare ampie fasce di popolazione intermedia; per questo, l'Europa monetaria per noi non va bene, se per noi intendiamo tutti gli interessi in gioco. Ma non è così. Di anno in anno, di momento in momento, il giogo si stringe sulle provate spalle dei soliti quattro gatti, mentre lo Stato ha bisogno, a sua volta, di percepire una maggiore e più prolungata contribuzione dai cittadini e dalle imprese e i servizi si stemperano al ribasso nell'ordinarietà. Le prese in giro si fanno sempre più sfacciate e ripetute perché si è sciolto qualsiasi vincolo e la solidarietà si esercita, ai livelli minimi, solo fra i poveracci.

domenica 8 marzo 2015

La lotta impari per la libertà.

Dei tre Ceceni, uno dei quali, proclama soddisfatto il giudice che presiede alle indagini, ha già confessato, oltre al suicida nella sua capitale, Grozny, si è già detto. In contenporanea, Galina, la fidanzata di Nemtsov riceve minacce e sostiene di non poter deporre - potrebbe farlo anche in video-conferenza da Kiev - perché le autorità del suo paese, nel quale è precipitosamente tornata, non le consentono libertà di movimenti, mentre, prima, poteva folleggiare con l'oppositore filo occidentale e filo-arancione dell'Ucraina. Nel frattempo, a distanza di due anni, è stato impiccato, secondo l'uso capitale ereditato dagli inglesi, il primo dei numerosi manifestanti pro-Morsi, il deposto Presidente eletto, inviso agli americani. Possiamo considerare tranquillamente tutti gli altri ostaggi della giunta militare, strettamente dipendente per i suoi armamenti e per i suoi agi dagli Stati Uniti, senza che nessuno - statene certi - se ne scandalizzi o sia disposto a riscattarli. In sincrono, beneficiando dell'omicidio di Nemtsov, è stato scarcerato il blogger moscovita che, apertamente, attaccava Putin, dalla tastiera del suo computer. Ha subito affermato, appeno uscito dai cancelli del carcere, che proseguirà nella sua attività e nella sua lotta, come se nulla gli fosse capitato. Il senso della libertà non è un mito, è solo una saga dura e sanguinosa. Passano poche ore e, nella Turchia in regresso democratico e involuzione confessionale, di supporto ad un potere personale ormai più che decennale, molto simile a quello dell'accoppiata Putin-Medvedev in Russia, è stato arrestato un altro blogger che aveva apertamente criticato Erdogan, l'anti-Ataturk del mondo refluente, pur così vario e diverso. Infine, nel minuscolo Paese africano della Gambia, che ho visitato ed al posto di confine del quale, sceso dal traghetto sull'omonimo fiume sostai per un'ora, sotto il sole ed in preda ai parassiti, per non concedere cento dollari ad uno stronzo di caporale del posto di guardia, fino a che non fu lui a rinunciare, hanno arrestato due pescatori italiani, adducendo pretesti del tutto speculari ed inventati di "sconfinamento". A me imputarono di aver scattato foto del confine. Questi due poveri connazionali languono nella promiscuità e nei liquami in una stanza del carcere locale, ammassati con ogni sorta di reietto, con la certezza, più che la probabilità, di contrarre delle gravi malattie se la loro situazione dovesse perpetuarsi. Ben diversa la tanto stupida, ma marziale condizione dei due fucilieri di scorta ad una petroliera privata, rei di avere ucciso due inermi pescatori. Loro sono reclusi in ambasciata o, in alternativa, in albergo. I due pescatori nostrani non possono sperare in un riscatto come le eroine delle ONG, né in un impegno attivo del Governo italiano, dato che si è saputo che sono detenuti da due mesi. La Gambia è uno staterello anglofono interno all'ovest africano di lingua francese, le strade sono in terra battuta, solo il minuscolo centro coloniale, è illuminato. Le dimensioni del Paese non consentono neanche di ospitare le ambasciate e i rapporti sono demandati a quelle di Dakar, in Senegal. Io vi approdai, dal traghetto, a piedi nudi, insieme ad un gregge di caprette. I Gambiani vogliono soldi, per spartirseli ai vari livelli della burocrazia coinvolta e l'Italia, così prodiga verso tutti i despoti e i delinquenti in giro per il mondo, teme che la sua fama di "generosità" si estenda anche ai Governi legali, ma non dissimili da quelli banditeschi e nicchia, fa i conti della serva.

L'apparenza che non riesce più a nascondere.

Le tracce giudiziarie dell'omicidio Nemtsov portano, come per la Politkovskaja, in Cecenia. Sempre da quel crogiolo di nefandezze e da quel regime fantoccio vengono i capri espiatori della violenza politica russa. Sono reduci dalla Cecenia i combattenti filo-russi nell'est Ucraina, orbata della Crimea, sono Ceceni gli arrestati e il suicida in quest'ultima vicenda. In queste ipotesi ufficiali si mischiano il lavorio del servizi segreti, i gruppi organizzati dell'estremismo islamico, in un msaico che solo uno 007 può, forse, decifrare. Nemtsov, il liberale, non sarebbe stato un sostenitore dell'Islam ceceno, ma, ancor meno, lo è stato Putin, che ha represso con il pugno di ferro e l'istituzione di un governo fantoccio, l'aspirazione della regione e dell'islamismo internazionale di impadronirsi dell'ex Stato sovietico. E' indubbio che Putin sta conducendo una politica e una guerra sotterranea da grande potenza territoriale, per accreditaspi come interlocutore imprescindibile in un mondo tripolare: Stati Uniti-Europa occidentale al guinzaglio, Cina e Russia, nel quale esercitare un ruolo influente sulle fratture finanziarie dell'occidente, di concerto con il totalitarismo finanziaro della Cina, istituzionalmente comunista. Il mosaico politico ed ideologico è definitivamente - almeno per ora - superato, ma la violenza spiccola e quotidiana, i copli bassi ed ininterpretabili, si faranno sempre più frequenti.

sabato 7 marzo 2015

Gocce limpide nello stagno.

Il Presidente per caso, proprio per questa ragione, nelle sue rare espressioni pubbliche impersona, per ora, i sentimenti migliori. Di una nzione? Credo di no. Ma i suoi, che propone dall'intimo di una vita condotta con serietà e influenzata da dolori profondi, sono moniti ed esempi. Alle donne, o meglio alle donne che ha certamente conosciuto o che lo hanno felicemente influenzato, ha rivolto un bel pensiero attuale: "senza di voi, questa società sarebbe stata ancora più povera e ingiusta". Rivolgersi a tutte, in occasione di una festa non priva di ambiguità, è mitologica fiducia, ma è fuor di dubbio che, senza il senso di responsabilità e di capacità di amore di tante donne la vita associata e personale sarebbe stata tanto più agra di quanto, invece, non ci sia toccato di conoscere. Liberamente, senza costrizioni, grazie a chi l'ha voluto.

Lo scalpiccio dell'impiccato.

La liberalizzazione dei flussi del denaro ha ammutolito la cultura e l'ha relegata nel limbo delle cose superflue ed ha accantonato i valori nella soffita delle cose vecchie. Eppure i muti sono la quasi totalità di coloro che prima parlavano e coloro che hanno successo sono una sparuta minoranza di grifagni detentori di un vantaggio materiale alla cui coorte si spendono e si sfessano promotori finanziari, galoppini da post ufficio, in una riaffermata gerarchia sociale che si vale di tanti volontari e volonterosi supporters, fino a che riusciranno a correre, fino allo sfinimento. La società civile langue nell'insignificanza ed è priva di approdi, di riferimenti comuni. Il mondo si è fatto più insicuro, la violenza dilaga in tutti gli ambiti della vita che già fu associata e fra le entità accorpate degli Stati. Nei settant'anni precedenti i conflitti si svolgevano per procura in maniera sincronica e ordinata: la sostanziale parità bellica evitava turbolenze nei continenti storici della civiltà integrata, nelle prassi economiche e nei contenuti culturali sovrappostisi alle costumanze. Ora le società sono apparentemente più coese, ma, in pratica, confliggono in termini economici e di supremazia sotto traccia, mascherando le difformità sotto un profluvio di retorica dell'ordine, di retorica uniforme. Le guerre imperialistiche hanno subito ripreso vigore, la corsa neo-coloniale all'accaparramento delle risorse non ha conosciuto e non conoscerà soste, nonostante abbia provocato uno scontro di civiltà dal sentore medievale, che è vissuto e condiviso dalle porzioni più sprovvedute delle etnie - anche nostrane - in conflitto, ora sotto le bandiere di nazioni inventate ( la Padania ) ora sotto la repressione di dittature feudali o affrancate, nel disordine, da dittature laiche, per mano degli stessi alleati di un tempo. Dalle nostre bande, invece, il contendere si maschera di presuntuoso senso di superiorità, o meglio di vantaggio. Alla luce inquietante di tutto questo, riassumono connotati spaventosi i traumi della tripartizione di un'unica religione, quella monoteista, nei suoi prodromi comuni. Decenni di conquiste sociali, che apparivano, durante la loro vigenza, intoccabili, sono state sovvertite a favore, insieme, di statualità indebitate dal clientelismo praticato verso "cani e porci" e da cricche residuali di storiche redditualità, di nuovo rinvigorite e portate, o autoproclamatesi, sul proscenio, esempi di saggia condotta. Piccole mafie d'apparato, con pochi ma scalpitanti picciotti al proprio servizio, scalpitanti appesi ad una corda.

Consolazioni di un momento.

Il pampa-Papa ha ricevuto, nella cornice della piazza, i militanti di Comunione e fatturazione e non li ha sconfessati. Ha detto però parole importanti, criticamente valide per ogni consorteria autoreferenziale ed autocelebrantesi, che rischiara - forse - di luce vivida, la "scomunica", anche se solo culturale, della mafia. “Quando siamo schiavi dell’autoreferenzialità finiamo per coltivare una ‘spiritualità di etichetta’: ‘Io sono.... ; e cadiamo nelle mille trappole che ci offre il compiacimento autoreferenziale”. Papa Francesco ha spiazzato i membri di Comunione e liberazione presenti in piazza San Pietro per celebrare i 60 anni del movimento e i 10 anni dalla morte del fondatore, don Luigi Giussani. “l’eredità che vi ha lasciato don Giussani – ha aggiunto il Papa – comporta invece fedeltà alla tradizione e fedeltà alla tradizione, diceva Mahler, ‘significa tenere vivo il fuoco, non adorare le ceneri’. Citando il grande musicista, il pampa-Papa ha inteso sinfonicamente riaffermare l'invarianza del credo. Io penso, invece, che l'uomo, pur spiritualmente evoluto, ma non uniformemente, sia invariabile nei suoi riferimenti genetici e variabilissimo nelle sue mutazioni culturali. Rivolgendo queste parole ad una delle istituzioni più potenti e ricche della Chiesa italiana, ha gesuiticamente accettato la loro rilevanza mondana e ne ha sollecitato l'impegno sociale, verso la società pauperistica che si va prefigurando, rinunciando al "rango" settario. Temo che resteranno parole al vento, abili adattamenti al contingente, ma, se non sarà così, pur rimanendo convintamente agnostico, ne stimerò il valore e ne asseconderò l'importanza.

venerdì 6 marzo 2015

Al riparo dal vento.

Capitan Totti, l'ottavo re di Roma, il pupone, ecc. investiva parte dei suoi proventi nell'edilizia ( secondo uan consolidata tradizione capitolina ) e, memore delle sue origini, che la ricchezza non può dissimulare, investiva nelle case popolari, soprattutto nei residences-alveare della slabbrata periferia romana, così simile, tranne che negli abiti, a Il Cairo. Forte della sua popolarità e dei buoni Uffici che la medesima procura, soprattutto a Roma e a scendere, Francesco Totti, di concerto con il Capo di Gabinetto dell'ex Sindaco Walter Veltroni, affittava i suoi appartamenti alla municipalità, a 2.100 euro al mese, aggiungendo cifre consistenti alle sue faraoniche entrate. Totti non si è mai mosso da Roma e anche questo vorrà pur dir qualcosa in un ambiente di milionari itineranti senza posa e senza bandiere. Ma la bandiera del pupone era la speculazione, di concerto con il generone locale. La speculazione domestica, da lontano, senza la quotidiana frequentazione, sarebbe stata intralciata, l'amicizia e la vicinanza ambientale sono fondamentali in questo genere d'affari. Lo stesso genere che ha portato un banchiere di potere, Cesare Geronzi a gestire come un qualsiasi procuratore, in proprio, le compravendite e la tutela-alienazione dei diritti di diversi calciatori e ad introdurre, in un mestiere improprio, alla GEA-Soc. di intermediazione calcistica, una delle figlie insieme al rampollo di Luciano Moggi. Per approssimarsene, Geronzi aveva pilotato a suon di soldi gli utimi due scudetti, uno della Lazio ( di cui il Gruppo bancario, in evoluzione, fu sempre, ma non solo, sponsor )ed il secondo della Roma, saccheggiando, con il sostegno di Giulio Andreotti, le casse delle banche cangianti denominazione. Mafia capitale, generone, bandiere sono un caleidoscopio mutevole eppur fortemente coeso. Anche quando Il Fondo pensioni di uan ex banca di Geronzi, alienò l'ingentissimo e importantissimo patrimonio immobiliare che deteneva, la speculazione losca si esercitò in ogni direzione e coinvolse ogni manutengolo di sistema. Molti esponenti della banca acquisirono più di un immobile, intestandone altri a parenti e prestanome; anche membri sindacali del Consiglio di amministrazione del disciolto Fondo, si fecero satolli, attraverso la costituzione di società d'occasione, una a proprio nome, un'altra in capo ad un figlio. L'Italia razziatrice non conosce remissione, i suoi costumi non sono cambiati e non cambieranno per via della crisi. Il fenomeno non la riguarda e non la coinvolgerà: il generone protegge tutto e tutti.

giovedì 5 marzo 2015

Buon compleanno.

Il settimanale l'Espresso ha compiuto sessant'anni. Io l'ho preceduto di oltre tre. Poi ho cominciato a leggerlo dall'adolescenza; lo trovavo in casa insieme a numerosa altra stampa per gli usi informativi di mio padre, che culturalemnte vantava una biblioteca che noi tardi discendenti dovremo affidare ad un'apposita fondazione, quando la sua custode non ci sarà più. L'Espresso ha raccontato, sotto la loro superficie, tutti gli avvenimenti dell'Italia repubblicana ed ha anticipato gli esiti giudiziari, noti con il nome di Tangentopoli. Per decenni ha rappresentato l'opinione laica e modernista, contrastato sottotraccia dagli epigoni del conservatorismo feudale, perché rappresentativo del pensiero borghese radicale. IL dibattito politico, le inchieste e le critiche, hanno coinvolto le migliori firme del giornalismo investigativo e delle inchieste più spinose, senza riguardi per nessuno e, soprattutto, per il potere. Se i primi quarant'anni della rivista hanno conosciuto la contrapposizione critica ed ideologica fra ipotesi serie e riferimenti alternativi, poi dissoltesi uno in seguito al fallimento dell'altro, la sua prosa successiva si è fatta più faticosa. Dopo aver analizzato le cause non ufficiali della fine degli scontri fra potenze, vessillifere di concezioni rovesciate della società, si è disperso nella rincorsa alle vaghezze, alle fumisterie, alla volatilità della società di carta, della "tigre di carta" - per dirla con Mao Tse Thung - di una società senza confini e priva di riferimenti. Ha mantenuto, però, la sua capacità di investigazione, anzi, se possibile, l'ha aumentata ed affinata, fino all'infiltrazione nei centri di temporanea accoglienza, fra i braccianti delle aride plaghe meridionali durante la raccolta degli ortaggi, per giungere fino alle incursioni indisturbate negli aeroporti durante l'allarme terroristico - uno fra i tanti - e nelle retrovie delle strutture ospedaliere più importanti e celebrate. Sbarellando, sbarellando resta uno dei pochi riferimenti rimasti sul campo dissestato delle incongruenze, nelle quali - dovendone rendere conto - stempera ma non annulla gran parte della sua corrosività verso i luoghi comuni della propaganda.

A latitudini diverse.

Matteo Renzie si butta sulla politica estera ma non innova né nel metodo, nè nelle prospettive, rendendosi fragile strumento di questo e di quello che, invece, i loro scopi li perseguono con durezza. E' andato a Kiev ed ha "appoggiato" l'Ucraina contro la Russia, poi è andato a Mosca ed ha chiesto a Putin di affiancarlo (sic!) in Libia. L'autocrate ha colto la palla al balzo e si è detto disponibile, come l'Italia, sotto l'egida dell'ONU. Chissà come saranno contenti francesi ed statunitensi con l'appendice - questi ultimi - degli inglesi? Siamo insomma inaffidabili su due fronti contemporaneamente, come la reticenza e l'espressione annoiata di Putin, che pure è grande amico di Berlusconi, testimoniano. Vasi di coccio fra vasi di ferro non rinunciamo a muoverci sconsideratamente su fronti inconciliabili, offrendo pretesti e manifestando chiaramente la posibilità di disattenderli in qualsiasi momento. Renzie ha anche portato un mazzolin di fiori dove è caduto l'oppositore amante della dolce vita e si è raccolto falsamente in meditazione sulla sorte degli avversari politici. Chiedere a Letta che, da buon uomo di apparato, si è fatto da parte verso una volontà soverchiante ed esogena, come, fece prima di lui il vecchio satiro televisivo per interessi industriali. In tutto questo, da parte del grullesco rignanese c'è solo la tenuta incontinente della scena, mentre affiorano gli atteggiamenti autoritari che vorrebbe dissimulare con il riso sciocco. La Presidente Boldrini, nel pieno rispetto del suo ruolo istituzionale, ha criticato la prassi dell'uomo solo al comando ed ha lamentato l'irrilevanza del parlamento in ogni dibattito ( monco e frettoloso ) sui provvedimenti del renzismo. "Costei mi è ostile ed esce dal suo perimetro", soggiungendo poi istituzionale, nel quale invece ha questa volta agito con proprietà. La Boldrini non sarà uccisa perché sia lei sia il putino di Rignano non hanno la crosta di una Politkovskaja o di un Putin, antagonisti poco inclini alle mezze misure. Ma la democrazia italiana è da anni in sonno. O in coma?

mercoledì 4 marzo 2015

L'eterna storia dell'ingiustizia e del dolore.

Le ultime madri indomite de Plaza de Mayo sono prossime a scomparire. Con loro si inabisserà la ricerca della verità sugli omicidi bianchi, sugli affidamenti degli orfani delle madri uccise subito dopo il parto. Leggevo oggi di una delle ultime che, dall'alto dei suoi ottantasette anni ha rilanciato l'invocazione disperata di una madre il cui figlio è stato inghiottito dalla mafia golpista trentotto anni fa. Costei chiama in causa un anziano militare nominato dalla corrottisima presidentessa Kirchner a far parte della sua coorte. I chiamati in causa tacciono complici in attesa che la natura faccia il suo corso e il rimpianto, l'accusa, si spengano per sempre, o meglio fino alla prossima volta. Chiama in causa, per nomi e cognomi la Chiesa fascista argentina, del tutto speculare a quelle di molte altre nazioni sudamericane, per non dire tutte. Il pampa-papa - dice - non è mai stato al nostro fianco in patria. D'altra parte, non è senza senso che proprio verso l'Argentina, per il tramite della Chiesa cattolica, tanti criminali nazisti abbiano trovato ricetto, attraverso un canale privilegiato messo in piedi dal Vaticano alla fine della guerra. Le parole si perdono al vento, generazione dopo generazione, mentre a parte di quelle che si sono succedute, insieme a quelle delle classi dominanti del terzo mondo, è stato materialmente impedito di vivere e di potersi riprodurre attraverso l'educazione dei loro figli. La pervicacia nella denuncia, per quanto inutile sul piano pratico, rimarrà almeno a testimonianza su quello storico.

martedì 3 marzo 2015

L'ipocrisia è un omaggio che il vizio rende alla virtù.

La virtù deve essere come la reputazione delle donne: una convenzione. Il presidente della Camera di commercio di Palermo ha una bella faccia da "buon padre di famiglia" e probabilmente lo è, paladino della giustiza ed educatore all'ipocrisia. Quest'uomo anziano e iconografico è l'emblema della riposta concezione circa i retti costumi pubblici e privati: "se vuoi guadagnare e, per farlo, hai ricorso a me in sede di concorso e di concessione, devi arricchire anche me, se non vuoi che ti preferisca un altro, più consapevole della natura del propellente degli affari. Noi, uomini delle "concessioni", non abbiamo meno appetiti dei sensali e vogliamo la nostra parte, parassitariamente sul loro lavoro e, soprattutto, su quello dei loro lavoranti. Ai figli insegnamo, fin da quando sono piccoli, l'omaggio ostentato agli incontestabili principi e l'atteggiamento confacente alla loro condizione di figli di un ladro, certi che, crescendo, sapranno discernere la verità dalla finzione ed impareranno a recitare nei confronti dei poveri di spirito e, di concerto, con chi se ne intende, sempre restando dalla parte della morale ufficiale, almeno fino a che qualche imopportuno non ci disveli anche ai più fiduciosi.

domenica 1 marzo 2015

Ciò che sottende.

Il leader dei liberali russi, ucciso sulla "prospettiva" del Cremlino, stava passeggiando sotto le finestre di Vladimir Putin, sottobraccio alla sua fidanzata: miss Ucraina 2014. Anche Putin ha pensionato la sua avvizzita signora e si è portato sotto le volte di San Basilio una fanciulla fresca e muschiosa, ma lo ha fatto da satrapo terriero; l'ha nascosta agli occhi del volgo, verso il quale non vuole rinunciare a sembrare un piccolo padre. Boris Nemtsov, atletico cinquantasettenne, dal volto scavato, se ne fregava e celebrava i suoi potenziali fasti liberali al fianco di una venticinquenne, come un Wolf of Wall Street americano, liberale come lui. L'agguato mortale è stato chiaramente documentato da una telecamera, le cui riprese, adeguatamente ingrandite, rendono il quadro esatto dell'avvenimento. Galina, la fidanzata è sotto shock e non collabora. Mi sa che lo shock riguardi soprattutto quello che potrebbe involontariamente rivelare. Il mio direttore finanziario, un uomo non molto alto e di forma ovoidale, sulle ali della finanza degli anni '90, liquidò la moglie approfittando di una sua degenza ospedaliera, si mise con un'albanese, che aveva importato insieme al marito e, infine, la sostituì con miss Ucraina dell'epoca, una stangone di quasi due metri della quale sembrava la valigia a forma di pinguino su rotelle. Forza del liberalismo. Lui almeno non nutriva ambizioni smodate e non rischiava delle pallottole. Avrebbe gradito essere trasferito presso l'ufficio di rappresentanza di Mosca, attratto dal puttanaio di quel periodo, intenzione dalla quale cercai di dissuaderlo, suggerendogli che, nella miliore delle ipotesi, sarebbe diventato "la favorita" di un boss della mafia russa. Il putinismo si rifà allo zarismo, alle ipocrite tradizioni pubbliche e al nascondimento dei vizi o delle semplici ostentazioni di uno status indifferente, in prospettiva, alla biologia. Forse, su di un substrato di soldi, è questo il conflitto fra il liberalismo e la tradizione.

Regali e sacrifici.

La serva Italia pagò, all’inizio del 2012, dopo che S&P aveva declassato il rating della penisola, con una mossa finita al centro dell’inchiesta per manipolazione del mercato, oltre 2,5 miliardi di euro a Morgan Stanley in attuazione della clausola di risoluzione anticipata di un derivato. La banca d’affari statunitense, troppo esposta nei confronti dell'Italia, fece appello a un codicillo che le consentiva di chiudere anzitempo il contratto sottoscritto nel 1994 con il Tesoro, facendosi restituire l’intero valore di mercato della posizione, che in quella fase era particolarmente alto proprio in seguito alla debolezza finanziaria dell’Italia. La beneficiaria è azionista della valutatrice che, con le sue sentenze, modifica i corsi delle aziende bancarie e degli Stati, le une e gli altri, infarciti di massoni. In quel periodo era stato appena nominato a capo del nostro governo un massone internazionale, socio e consulente dell'una e dell'altra e del Fondo monetario internazionale, dietro il paludamento di una, altrimenti sterile e poco pagata, toga accademica. L'esordio del golpista senatore a vita, uomo di paglia, assegnatoci da governi stranieri e istituzioni complici, fu un regalo alle agenzie ed alle banche d'affari americane. Il danno fu, come sempre, per i cittadini comuni. Che l'intreccio degli interessi che contano e delle carriere, a scendere, che ne derivano, siano strettamente legati ai rapporti di loggia, rotaryani e lionsiani - come, per converso e compensazione, sull'altro versante, attraverso la ramificatissima rete della finanza cattolica - è cosa nota e arcinota. Che si pretenda di fare carriera o affari senza un po' di socievolezza rende estranei e sospetti. Estranei a certi ambienti e non disposti ad esserne servi, si è per condizione e, in minor numero di casi, per scelta. Sembra strano e pretestuoso, ma può capitare di nascerci e, forse anche per questo, di volerne essere estranei, ma l'impunità civile e penale di questi ladri di buone maniere suscita, per un attimo, lo sdegno dei giusti, ma la ripulsa dei pochi.