giovedì 30 luglio 2015

"Dieta" mediterranea.

Le notizie pigre e calde, come il clima, accompagnano questa metà dell'estate, prima della grande cesura agostana. Saranno in ferie stabili e precari, famiglie e individui; non tutti, la minoranza non quantificabile perché se ne sta nascosta, vivrà un mese di emarginazione dal grande show delle feste e dell'allegria. Questo avverrà nell'europa mediterranea e meridionale; il 15 di Agosto, nella parte centro settentrionale della Germania, a a partire dalla Foresta nera, riapriranno le scuole. Già ad Agosto i collegiali inglesi e francesi, con la divisa sociale dei propri colleges, saranno visibili alle fermate delle navette ( veri e propri pulmann interregionali ) per tornare allo studio segregato, senza distrazioni. Si tratta dell'unica forma di scuola, privata, rispettata a livello di formazione, è appannaggio delle famiglie più ricche ed apre ai corsi universitari più prestigiosi per una futura professione. Ci finiranno, a far carne da retta, anche i giovani italiani, certamente bravi, ma necessariamente danarosi. Da noi, dal mare si passerà ai monti e dai monti ai laghi. Sto parlando dei pensionati benestanti, con risorse e tempo libero, ovviamente. Costoro ritorneranno in città ai primi di Ottobre, intenti ai loro risparmi, ai loro investimenti, all'opera di abbellimento dei beni da destinare alla loro breve, postuma memoria. I ragazzi torneranno a scuola, chi sull'abbrivio di spensieratezze da raccontare, chi adagiato sulla noia di un lungo periodo di "vacanza" a casa propria, parte del quale passato in solitudine. Le cronache assolate della incivile vicenda istituzionale italiana si alimentano non solo delle già ricordate "salvaguardie e guarentigie" per i delinquenti parlamentari, ma anche delle vacanze con le pigioni "in nero" in zone e con persone al riparo dagli accertamenti del fisco, passando per la "diaspora" - l'ultima di una sequela che con Giolitti assunse il nome onomatopeico di "trasformismo". Forza Italia si sgretola, il plurinquisito Denis Verdini lascia la destra e si pone al centro, contiguo al concittadino Renzie. La coppia: un greve e un grullo, compendia la diarchia degli affari sporchi, affaristici per Verdini, di consolidamento di una usurpata carriera politica ( per ora ) per Renzie, massone carognesco e triviale il primo, figlio d'arte fiorentino il secondo, con tante similitudini con la vicenda "professionale" di Pierferdinando Casini, a comporre uno spaccato del costume italiota. Entrambi figli d'arte di modesti Segretari provinciali, ma addestrati a stare dalla parte che rende. A Roma, durante le vacanze, si è consumato l'ennesimo incidente per cause esogene, prodottesi nelle vicinanze. Ora, va detto che fenomeni del genere, nel confuso aeroporto romano, si erano già verificati in passato ed è probabile che conoscano delle repliche in futuro. L'utenza, pur costretta al bivacco ed alla cancellazione finale di diversi voli, si è sfogata con contumelie e grida verso il personale delle compagnie coinvolte: pochi ricorreranno in giudizio. La protesta, sacrosanta, si è dunque ridotta ad una violenza verbale utile solo a sfogare la frustrazione, mentre i legittimi risarcimenti economici, anche per la lontananza e la farraginosità delle procedure, non saranno richiesti. Le autorità aeroportuali e la dirigenza di Alitalia, per parte loro, non hanno saputo far fronte, per troppe ore, alla situazione e, anzichè sopperire con voli sostitutivi, commissionati ad altre compagnie, alle prenotazioni dei loro clienti, a loro carico, hanno "delegato di fatto", il personale di volo e di terra al contenimento ed alla reazione nei confronti dei passeggeri. I filmati con le hostess che spintonano i protestatari sono desolanti e va detto che, questi ultimi, non reagiscono se non a brutto muso alle manine ostative delle divise diamantifere, scese sul terreno della tenzone fisica, in un tripudio di colore sud americano, che anche oggi ci ha collocato ai confini - fuori - dall'Europa.

mercoledì 29 luglio 2015

Chi lascia la strada vecchia per la nuova, mal si ritrova.

Sono il comandante Raimundo Navarro, cornudones, sono in orbita da due anni, mi avete abbandonato quassù. E' estate e la clientela, soprattutto quella giovane, vitalistica e sprovveduta, se ne va all'estero, alla ricerca di esotiche emozioni, anche nel caso che si tratti di sportive immersioni. Il nostro giovane amico è scampato alle cronache dei caduti in mare durante le ferie, almeno per quest'anno, ma non riesce più a tornare alla base terrestre. Aveva già finito i soldi, per sua superficialità, e per questo è consegnato in albergo. La faccenda si è trascinata per tutto il fine settimana, il conto si ingrossa e "la vacanza" si prolunga. Il ritorno al lavoro ritarda e l'immediatezza del rimedio si rivela un mito, alla luce dell'accuratezza della verifica di merito, della liberatoria e della riconsegna del "passe partout" all'improvvido turista. Intanto, nello spazio, non siderale, ma terra-terra, un lamento astioso e breve, come se avesse "finito il credito", si spande, accompagnato da materne sollecitudini, condotte fino al deliquio, come nelle tragedie greche che, ogni notte, gli altoparlanti diffondono fra la Plaka e il Partenone: un povero giovane è profugo fra i profughi, senza soldi, "recluso" in terra straniera. Cornudones!!!

Pig, sempre pig, fortissimamente pig.

Il libro nero della vicenda nazionale italiana ha conosciuto oggi un'altra delle sue espressioni, tanto tradizionali, quanto fangose. E' stato sottratto al suo giudice naturale un faccendiere della miglior tradizione democristiana meridionale, quella rappresentata dal NCD di Angelino Alfano, che aveva minacciato il suo ritiro dal Governo se non fosse stato salvaguardato un lestofante, "padrone" di robuste clientele in Puglia. Costui, "pisciava in bocca" alle monache alle quali era intestato un grande nosocomio, poco raccomandabile sul piano terapeutico, ma molto appetibile su quello del "prelievi", non ematici, ma di valuta. Alla gestione dell'ospedale partecipava la Curia arcivescovile del luogo: nomi e luoghi non esistono in Europa. Il PD, censore dei vizi della destra berlusconiana è stato costretto ad abbozzare ( ma il 50% è troppo per non essere cointeressato e complice o sensibile al richiamo della foresta democristiana ), su quelli dell'alleato di destra ereditato dal berlusconismo, ormai in crisi di decomposizione, sull'inerzia agli sgoccioli di un fruttuoso ventennio e in corso di rielaborazione insiema alla Lega. Nonostante il trasformismo costante, i costumi criminali e corrotti dell'Italia che è - e che non è in Europa - rimangono gattopardescamnte intatti, mentre la "forma partito" serve solo a veicolare gli affari privati con i soldi pubblici e a "giustificare" l'appiattimento fiscale e finanziario sull'Europa che conta, ormai distaccata dai maccheggi ridicoli e meschini ( ma per loro ugualmente lucrosi ) dei paesi "pigs". Mai appellativo si dimostrò più azzeccato.

lunedì 27 luglio 2015

La bellezza che abbacina.

Cosima e Sabrina hanno ucciso la bella Sara perchè con lei non c'era gara di seduzione di un giovane. Pochi giorni fa due albanesi hanno sacrificato ritualmente un coetaneo che aveva avuto successo con la presunta fidanzata di uno di loro due. Costei, dopo il sacrifico, si scopre "promessa" all'assassino, come evidentemente usa all'interno della sua comunità. Gli amici dell'ucciso la minacciano, a loro volta, di morte. Madre e figlia decise ad uccidere e poi, casomai, a cercare di riavvicinare il giovane conteso, sull'abbrivio della commozione per l'incommensurabile perdita, salvo, accortesi he il loro gioco era stato scoperto, tirare in ballo uno straccio di padre e di marito, in una sceneggiata primitiva, col proposito di intorbidire le acque ed uscirne indenni tutti quanti, tutta la famiglia. L'ergastolo non lo completeranno, soprattutto la giovane; il gioco criminale e invidioso, conferma la corrispondenza nefasta di sentimenti primitivi, alberganti, senza differenze, negli animi animaleschi di uomini e donne, di madri e di fanciulle, attribuendo alla bellezza una distinzione di cui curarsi e tutelarsi, altrimenti può essere cancellata con la vita medesima.

Identità di vedute.

In Grecia la Borsa non può riaprire mentre i commissari della Troika sbarcano nell'infuocata Atene. In Cina, da giorni, la Borsa di Shangai, storica roccaforte dei traffici e degli affari, dell'oppio e della prostituzione, precipita, satolla e comunista, in una bolla finanziaria, provocata dall'espansione dei suoi economici sottoprodotti. Uno tsunami finanziario si annuncia, a catena, in tutto il mondo. Il capitalismo conferma la sua natura di creatore di crisi da cui ripartire speculativamente, non secondo un progetto o una congiura, come sospettano tutti coloro che hanno una concezione uniata, monoteista, totalitaria della realtà effettuale, ma secondo la prontezza e l'abilità di mettersi in favore di vento, senza curarsi di solidarietà classiste, né interclassiste ( da cui l'ingenuità di chi vi aderisce e la malizia di chi interpreta politicamente il ruolo del mediatore ), ma sfruttando con cinismo la debolezza dei competitori. Cambiano, in parte, i soggetti - con un aumento della cafonaggine - ma il modello etologico si riproduce entropicamente, mentre la riproduzione fisica irriflessiva o funzionale ad avere la speranza di una cura in senescenza, riattribuisce carne da cannone agli eserciti, schiavi ai profittatori, madri devote alle famiglie, puttane, in varie fogge, stradali, dinastiche o di "regime" al sistema autoperpetuantesi. Aveva ragione il direttore della Cineteca di Bologna, Marco Bellocchio: la Cina è vicina, oggi come allora, totalitaria perchè troppo popolata - ergo, di imbecilli - nella versione della distribuzione dirigistica o dell'implementazione di ricchezze e diseguaglianze, in funzione capitalistica, ma sempre sotto l'egida di un pensiero univoco, come quello della Troika.

domenica 26 luglio 2015

Ciò che è vero, è logico, non altrimenti.

La Grecia non può riaprire la sua Borsa valori. Lo ha deciso l'eurogruppo, del quale evidentemente la Grecia non fa più parte se non nella veste di debitore sotto tutela. L'ex ministro Varoufakis ha costituito un partito transnazionale per una diversa europa, o meglio si è proposto come collettore sperimentato e sperimentale dell'opposizione al club tecnocratico altrimenti detto Europa. Sarà un'espressione di minoranza che potrà contare domani sulla vicinanza di "Podemos" che, se dovesse andare al governo, non potrà andare al potere, come ha già dimostrato la "Caporetto" di Tsipras, dopo un referendum confermatorio della sua "primigenia" opposizione alle ingiunzioni dei creditori. Se, evidentemente, andare al governo non vuole dire più, in europa, andare al potere, i gruppi, che presumo consistenti, che si federeranno a scacchiere, saranno utili a rappresentare le esigenze del popolo normale, ma, proprio in funzione della minorità di quest'ultimo, non potranno che ammorbidire i danni che il capitalismo guglielmino, creditorio e creditizio, del tutto diverso da quello libaral finanziario e senza vincoli del nord america, arrecherà ai popoli e alle nazioni, assoggettandole ad un impossibile recupero sul deficit. E' una condizione paradossale ed abnorme, che non si può rivoltare sul creditore, rimanendogli pervicacemente abbarbicati: la costruzione europea è stata progettata da un ingegnere ubriaco e la miglior strategia sarebbe quella di scioglierne i vincoli, ripristinandoli in una coesione più elastica, in una parola, flessibile, perché, altrimenti, la sua sopravvivenza artificiale prolungherà un'agonia non necessaria, se non fosse per la massa di obbligazioni che, negli anni, economie incommensurabili hanno ingurgitato, dando un'altra clamorosa dimostrazione della pericolosa follia approssimativa di istituzioni che, nonostante le continue dimostrazioni del contrario, continuano ad essere avvertite come competenti, sicure, quindi da seguire a prescindere....dalla realtà.

sabato 25 luglio 2015

Ex ducere. O dell'educare.

Insomma, la C.E.I. non vuole pagare né I.C.I., né I.M.U., come ha sancito la Corte di cassazione, confermando una sentenza della Corte d'assise di Livorno, per la quale, le scuole paritarie, quasi esclusivamente religiose, non sono esenti da queste imposte, perché esercitano una funzione economica e non esclusivamente pedagogica ed educativa, né tantomeno, religiosa . Ora, fatto salvo il diritto di ciascuna famiglia di pagarsi l'istruzione che può ( sic! paradossale )è ora di superare in via di fatto, prima ancora che di diritto, l'assurdo privilegio educativo ( si fa per dire ) che la Chiesa cattolica si arroga sui pigri rampolli delle famiglie facoltose ( quelli che accederanno alle più dinastiche carriere per via clientelare ), come ha fatto, in via conservatrice, per tutta la storia patria, fino ad oggi, oltreché a favore delle Corti più reazionarie d'Europa. Berlusconi, con il "buono scuola", voleva attribuire ai preti, di nuovo, anche l'educazione dei poveri ( somari ) che, svolgendosi gomito a gomito con i ricchi asini e, per di più, presuntuosi, non poteva che rimarcare la soggezzione classista, alla "luce" della mansuetudine "cristiana", di un leader che mansueto non fu, se non altro per essere stato giustiziato, non in ragione della sua mansuetudine, ma dello scompiglio che provocava fra i leviti, fino a coinvolgere la disinteressata amministrazione romana. La Chiesa ha sempre rivendicato l'educazione delle menti e delle anime, ovviamente solo dei poveri, perché i ricchi si facevano beffe dei suoi insegnamenti, non ne venivano condizionati in sede pratica, ricavandone solo l'unzione ad una primazia gerarchica, cioè di potere e censitaria. La Chiesa conserva, almeno a livello vescovile, secondo la sua organizzazione feudale, cospicui interessi in Italia e continua a rivendicarli, in spregio al diritto ed al buon senso, come ogni altro ingannatore cenacolo privato, senza rinunciare - tutt'altro - all'ideologizzazione sistematica dei suoi adepti. Il grossolano "distinguo" che si continua ad apportare a favore della Chiesa cattolica, in Italia, ci pone ormmai al di fuori della legislazione europea, ma, mentre non si è atteso un attimo a massacrare lavoratori e pensionati, malati e famiglie, si continua a cogestire un rapporto ingiusto e privilegiato, con le gabbane nere. La stessa "differenza" legislativa sulle unioni omosessuali, ormai vigenti e tutelate in tutto il resto d'Europa e negli Stati Uniti, evidenzia un'influenza indigena, fuor di luogo, della Chiesa cattolica nel nostro Paese, anche se gli omosessuali, le lobby omosessuali e i pedofili, siano numerosi nei suoi ranghi. Gran parte della nostra ipocrisia, della disonestà civica, derivano - anche se non non esclusivamente - da questa educazione.

venerdì 24 luglio 2015

Il beneficio dell'Ucraina.

Oggi, in Ucraina, si è consumata un'improprietà storiografica, del tutto propagandistica. E' stato equiparato, per legge, il comunismo al nazismo che l'Unione sovietica aveva efficacemnte combattuto sul fronte orientale, venendone dapprima aggredita e successivamente, mettendolo in una tenaglia, stretta insieme agli Stati Uniti che avanzavano da ovest. Il presidente, diabetico e cioccolataio, della Repubblica sorella della Russia ( almeno nella sua metà più prossima ai confine ) ha voluto sancire un'inaccettabile contiguità con l'occidente che lo fomenta e lo sostiene, come un dittatore mediorientale qualunque e che lo mollerebbe al primo, possibile manifestarsi di una geopolitica d'area più seria o semplicemente più utile di quella forzosa e strumentale attuale. L'abiura vorrebbe esulare dall'esperienza storica e fondarsi sulla scomunica ideologica, esattamente come ai tempi del comunismo, che è stato sì una dittatura "riduzionisticamente univoca", ma contemplava anche una visione dell'uomo che era invece estranea al nazismo. Con queste premesse e questa piaggeria, neppur richiesta - presumo - la metà dell'Ucraina che si riconosce nel governo "arancione", rimarca, in termini beceri, la sua strumentale soggezione agli Stati Uniti, alla Germania di cui è stata sanguinante avversaria, attraverso un'equiparazione pericolosa per chi ha basato la sua insurrezione sul movimentismo di piazza di nazisti ucraini, eredi delle milizie storiche filo-tedesche, che anche adesso hanno un ruolo non segnalato di presidio interno - soprattutto nella capitale - del fragile regime banderuola, non diverso, per altro, da quello filo-russo, deposto poco più di un anno fa. In tutto questo, quele sia il beneficio attuale e prospettico, dell'Ucraina resta un rebus inestricabile, certamente ignorato da chi muove i fili della sua vicenda recentissima, sia al suo interno, sia da lontano e da meno lontano.

Se spegono la luce, accenderemo una candela.

I suicidi, ascrivibili o dichiarabili "per motivi economici", sono stati, in Italia, 121 nel primo semestre dell'anno. Non c'è che dire, la crisi è alle spalle. I giornali e gli istituti di rilevazione soprattutto, pur costituendo la fonte della statistica, hanno taciuto, molto più che nel recente passato, su questi fatti. Anche se non sussiste più la censura dittatoriale che imponeva di tacitare gli atti di autolesionismo, ad esempio durante il fascismo, c'è ne è un'altra, suggerita e autoimposta che è volta a nascondere la disperazione e la rinuncia, mentre non ci sono remore a enfatizzare, ogni giorno, la violenza esogena, ascrivibile ad un oppressore sadico, identificato sempre nelle fasce recessive della società e una vittima simbolica del bene e della pace. Sappiamo benissimo che, in realtà, non è così o, almeno, non è sempre così. Il governicchio delle larghe intese, ha varato, dopo numerosi tentativi esperiti dalla destra e dalla sinistra, un testo di legge che punisce con la reclusione fino a quattro anni quei cronisti che raccoglieranno prove vere, carpendole con riprese o registrazioni nascoste all'indagato giornalisticamente che, poi, diventerebbe un indagato giudiziario. Anche se non mancano, in questo paese levantino, le strumentalizzazioni e, addirittura, la creazione ad arte di prove artefatte, la mordacchia all'informazione è sempre da rigettare: bastano le leggi ad equilibrare, eventualmente, le situazioni e la giustizia, ma impedire l'informazione documentata del pubblico, è un atteggiamento dittatoriale. Aveva un bell'agitarsi Berlusconi, quando era sistematicamente messo in piazza dalle gazzette ostili; si agitava a torto, ma si agitava da solo e, pur essendo al governo, trovava nell'opposizione la paladina della libera inchiesta. I suoi dipendenti-parlamentari, che ora lo stanno progressivamente abbandonando, si stracciavano le vesti per lui e invocavano il carcere, per contrappasso, per i giornalisti d'inchiesta. Ora, insieme ed imbelli, destra, affrancatasi da Berlusconi e sinistra, affrancatasi dalla sinistra, hanno trovato la quadra della repressione ipocrita dei loro italici vizi e, sotto traccia, dei loro interessi ed intrallazzi combinati. Legge o non legge, fra l'altro di fragili basamenti, l'impegno deve continuare per assicurare la conoscenza, che non cambia i fatti, ma li illumina.

Italia paesana.

A Ventimiglia, ignorati dai media, alcune decine di migranti soggiornano sugli scogli. In Francia non li vogliono, al confine italiano ci sono arrivati e non indietreggiano. Dove potrebbero andare, del resto? Ritornare a pagamento e perigliosamente al punto d'imbarco non risoverebbe il problema delle coincidenze per le diverse nazionalità. Qualche mamma partorirà sul suolo italiano; un percorso a ritroso è inimmaginabile. Così sostano senza meta e senza prospettive sugli scogli, ma, con la cattiva stagione, non potranno rimanervi e gli immobili isolati destano comunque la rivolta del circondario se si ha notizia di qualche insediamento. Che fa l'Italia? Fa come loro: niente. Aspetta passivamente ignorando la situazione e reprimendo all'occasione i moti e gli eventuali contro-moti sul campo. Due ragazzi albanesi hanno sgozzato un coetaneo italiano, dopo averlo legato ad una croce. Che si sia trattato di un simbolismo sacrificale, anzi espiatorio, è indubbio: resta da stabilire se i musulmani atei ( un'anomalia islamica ) dell'Albania abbiamo voluto richiamare la caratteristica cristiana della loro vittima o se, a prescindere, si sia trattato delle riaffermazione di un orgoglio primitivo e atavico, per soddisfare il quale la crocifissione con semi-decapitazione ha rappresentato un supporto all'immolazione. Per quale motivo hanno ucciso il loro compagno di merende? Per gelosia, hanno frettolosamente sentenziato le gazzette. La gelosia c'è entrata sicuramente, ma, dalle prime affermazioni dei due aguzzini, dei quali uno solidale con l'offeso, si può evincere uno scenario non così semplificatorio. La vittima non avrebbe solo rivolto attenzioni alla ragazza di uno dei due ( probabilemnte era per questo che li frequentava ) ma se la sarebbe anche "ciulata" suscitando il proposito di "vendetta, tremenda vendetta" del cornutuccio e del suo connazionale. Adesso si beccheranno l'ergastolo - come gli compete - per vendicare l'onore ( ragazzi come sono ) violato da una puttanella che nell'italiano aveva visto un simbolo radioso di generosità e benessere, come capita nei luoghi più ameni dei giri turistici scoperecci, in giro per il mondo. Oggi, ai funerali, il padre dell'assassino chiedeva perdono - non ho capito se lo ha fatto anche suo figlio - per cercare di mitigare la sentenza che deve essere fredda e radicale come la personalità dei sue cavernicoli assassini, mentre i compagni di scuola, di quartiere e di paese "celebravano" le qualità "di una persona incommensurabile, come non ce ne sono e non ce ne saranno più". Sagra paesana della ripetizione retorica, applicata ad un diciassettenne in crisi ormonale che aveva trovato una sciacquetta albanese da fottersi, sostituendola alla sua disperazione onanistica. Ma, piccolo borghese, non aveva fatto i conti con l'orgoglio virile di altri due coetanei, ambedue, come lui, in fregola, del Paese delle aquile. Un'altra storia di paese, degna di Piero Chiara, lo scrittore che fu per alcuni anni magistrato nell'alta Lombardia e che così bene descrisse nei suoi romanzi, è quella dei coniugi Bossetti e di Chiara Gambirasio. Il Bossetti, che andava in giro a violentare le bambine e che si beccherà, come i due albanesi, l'ergastolo, veniva tradito dalla moglie, una naturona plebea con le prime smagliature e, a volte, l'espressione di un travestito. Ai giudici aveva detto, dopo che avevano identificato nell'hard disk del suo computer, alcuni film pornografici, che era solito vederli in compagnia della moglie, che aveva confermato la cinefilia comune. Anzi, avrebbero passato quasi tutte le sere insieme e il tempo libero dal lavoro. Invece, il Bossetti, invece di lavorare o fra un "ciappino" e l'altro, faceva con il suo furgone, la posta alla povera Chiara Gambirasio, mentre, nel frattempo, la moglie se la faceva con alcuni - almeno due - ganzi del paese. Scopertolo, il Bossetti detenuto, dava craniate nel muro: tante complicazioni per lui e tanta facilità per signora e compaesani. La sua signora, parzialmente consorte, si è rammaricata per la violazione giudiziaria della sua privacy, un po' come fece la mamma di Bossetti quando, all'epoca delle prime investigazioni con il DNA, si scoprì che il figliolo non era figlio del marito. Ma davvero, mamma? No, so ben io che sei figlio di tuo padre. Guardi, signora, che il DNA non è il suo. Non è vero: sbaglia il DNA. Oggi Renzie, al telegiornale, se ne è uscito con un: "se qualcuno attaccherà Israele, l'Italia non consentirà che i suoi fratelli maggiori si trovino in pericolo". Al plagio ruffianesco di Giovanni Paolo II ha aggiunto una rassicurazione che farebbe tremar le vene e i polsi agli Israeliani, se non fossero in grado di far da sé. Quanto alla primazia generazionale e storico-ideologica, il povero Renzie probabilmente non sa - fra le tante altre cose - che furono proprio gli israeliani a far cadere un aereo da trasporto dei carabinieri, impegnati nel lavoro di intelligence, nel veneziano, per far giungere il segnale della loro contrarietà all'appeasement italiano verso i Palestinesi ( eravamo nei primi anni '70 ) e, dieci anni dopo, ad abbatterli direttamente all'aeroporto di Fiumicino, dimettendo in un attimo il loro ruolo apparente di bigliettai al cancello d'imbarco.

mercoledì 22 luglio 2015

Ma noi siamo in Europa?

Dunque De Luca in Campania può presiedere la Giunta e governare, in barba ad una chiara legge dello Stato, stravolta giurisprudenzialmente dal Tribunale di Napoli. Nella Sicilia, prossima al default, come la Grecia, hanno montato un caso sulla presunta, mancata reazione del Governatore Crocetta agli apprezzamenti del suo medico personale e primario ospedaliero ( come usa in Sicilia per non essere abbandonati alla mattanza nosocomica dei non raccomandati )riguardo al suo assessore alla sanità, figlia di quel Paolo Borsellino, così lontano politicamente dal Capo della Giunta regionale. Eppure, l'aveva voluta con se, lei aveva accettato, ma lui non l'avrebbe difesa dalle piccate e forse parossistiche e colorate espressioni di un barone della sanità. Crocetta è inviso soprattutto al suo partito ed è stato eletto ad onta del medesimo, ma, nell'uno e nell'altro caso campano, colpisce l'inamovibilità dalle cariche, con qualunque pretesto. Costoro non se ne vanno e poi intentano una guerra giudiziaria ai loro presunti "persecutori", consci come sono della sovrastrutturalità della giurisprudenza, l'uno perché non ne tiene sfacciatamente conto e l'altro più incline a sentirsi perseguitato per la sua dichiarata omosessualità. Codeste sono tutte circostanze fittizie e strumentali, mentre l'unico "valore" che regge la partita è il mantenimento del potere e della sua capacità d'intervento clientelare in due realtà allo stremo per la corruzione e le prebende distribuite senza curarsi delle conseguenze. La situazione, da questo punto di vista, è difficilmente gestibile in Sicilia, perchè è una Regione autonoma, dotata di un suo proprio parlamento, nel quale ci si spartiscono aree d'influenza e tanti, ormai troppi quattrini. Non vale, in quei contesti, il semplice principio per il quale le cariche pubbliche sono ricopribili da chiunque mostri di averne i titoli morali e giudiziali, oltre a quelli elettorali che, ai primi due, anche a prescindere dai contesti malavitosi in cui sono esercitati, vanno necessarianente subordinati, non mancando le candidature degne, se si avrà il coraggio di sfrondare quelle indegne applicando la legge. Invece, per l'ennesima volta e per l'ennesima conferma, la legge è stata riposta nello stipetto sotto il banco tribunizio di fallimentari e criminogene tribune. Crocetta avrebbe meditato il suicidio, ma poi ha deciso di resistere, al suo posto. De Luca si è fatto beffe della legge Severino, non è stato messo in mora dal PD, il suo partito, ha vinto a mani basse le elezioni, ha atteso, insediandosi, la creativamente stravolgente giurisprudenza della Corte d'appello di Napoli, ha nominato la sua Giunta, oggi, si è definitivamente insediato, dopo la "liberatoria" dalla legge del Tribunale di Napoli. Con quale faccia di tolla ci ostiniamo a voler rimanere in Europa? Campania e Sicilia ne fanno parte? E' solo il debito economico la discriminante per l'appartenenza?

domenica 19 luglio 2015

Dovunque.

Oggi, mentre assistevo mia madre al suo capezzale, mi è giunta dal televisore che commemorava Paolo Borsellino, una delle sue ultime affermazioni: "la mafia è dovunque si senta puzzo di compromesso morale". Ne ero certo, ma detto da un uomo etico - per questo sacrificato - me l'ha richiamato e confermato alla mente. Dovunque.

venerdì 17 luglio 2015

Ciò che conta al giorno d'oggi e per chi conta.

Quando gli Stati nazionali erano ancora sovrani, perché garantiti dal dualismo politico e militare fra i due blocchi, in quelli "democratici e liberali" il peso delle rivendicazioni sociali mitigava e non poco l'egoismo padronale e speculativo dei grandi capitalisti e degli imprenditori bottegai. Più dei primi, a dire il vero, che non avevano interesse a inimicarsi uno Stato altrimenti fin troppo generoso in sgravi fiscali e nell'uso dell'INPS per finanziare ogni cassa integrazione, ordinaria e straordinaria, fino a quella sottobanco, in cambio di assunzioni. L'industria pubblica, in Italia, la faceva da padrona e le banche del tesorio oltre alle tre d'interesse nazionale, orchestravano il ricircolo dell'occupazione, garantita e sostenuta. Si diceva allora - e lo si diceva fondatamente - che le aziende ascrivibili all'IRI, cioè al fascismo sociale erano state una bella invenzione. In effetti, quel residuo di corporativismo, involontario precursore del keynesismo, cioè dell'intervento pubblico, finanziario ed industriale, nell'economia, aveva assicurato redditi decorosi a tutta la parte produttiva del Paese e, purtroppo, assunzioni clientelari, pensioni estorte con pretesti, alle fasce borghesi della società meridionale; non alludo alla grande borghesia post - si fa per dire - borbonica, ma a quella degli impieghi negli enti locali, presso i quali si firmava la presenza e poi si andava, ogni giorno, al mare, di quel piccolo e vanaglorioso mondo di "mestieri non materiali" che prolungavano la loro presunzione nelle lunghe giornate nei circoli degli ex dipendenti comunali, regionali e provinciali, a parlare, con gravità, dell'aria fritta. L'Italia si modernizzò attraverso questo strumento di economia compensata, che costituiva anche il modello di controllo delle assunzioni, delle carriere e dei "pesi" da attribuire alle facoltà da soddisfare e non a quelle che vi aspiravano. Per accedervi bisognava essere "nella manica" del parroco, del maresciallo e di questo o di quel partito, rappresentanti, soprattutto, ma non solo al sud, degli equilibri politici e di costume, "la cultura politica" di quegli anni. Quel mondo è superato e con esso hanno perso di "peso" le rappresentanze sociali, in primis i partiti, in secundis i sindacati. Oggi, qualsiasi contestazione al sistema imposto dalla finanziarizzazione dei rapporti, che sovrintende anche agli interessi gerarchici degli Stati e delle nazioni, viene da movimenti spontanei, o di base, forti solo di un umanistico senso della giustizia soggettiva che infiamma le piazze ma è completamente ignorato, tranne che in termini manganellatori, dai Governi che non sentono più minacciato il loro potere dagli spostamenti dell'asse sociale ( tradotto nei termini delle contese interne ai partiti, come sta avvenendo in Grecia, nelle osmosi o nei ribaltamenti delle maggioranze ), ma ripongono le loro speranze di sfuggire al destino della gente comune, attraverso il mistificatorio e affabulatorio servilismo verso le potenze straniere dominanti in un gioco del domino continentale, i cui scopi, all'origine di una creazione incongrua ed artificiale, non erano stati resi pubblici. Non alludo neppure ai governicchi nominati dalla Troika, come quello italiano, ma ad ogni altro governicchio schienato sul realismo masochistico da riversarsi sui poveri a beneficio di una casta di politicanti senza qualità, che fa oggettivo riferimento alle parti tradizionalmente ricche di ciascuna nazione, sia che si tratti di imprenditori non indebitati e ardimentosi, sia che si tratti dei vecchi reddituari agrari, del nord e del sud, dei discendenti professionali del Gattopardo. La parte moderna della società - la sua stragrande maggioranza - che vive del proprio lavoro, ma anche della propria professionalità, sul mercato, al di fuori da sedimentazioni opportunistiche di interessi, stenta, fatica e spesso non è in grado di far fronte, pur con le sue talvolta "importanti" risorse professionali, ai costi di molti beni o servizi e si trova in difficoltà di fronte a qualsiasi imprevisto. La Destra, che protesta solo contro le tasse e la Sinistra che ha condotto per mano, speculando sulla loro credulità, le masse ex lavoratrici, si trovano ora a cogestire lo sfacelo economico dei popoli meno attrezzati, ma, soprattutto, devastati dalla corruzione, che è la vera causa del loro declino. Nel mondo senza frontiere e senza sovranità autoctone, i Paesi meno attrezzati sono soggetti alle barbariche razzie del capitale internazionale e l'acquisizione delle migliori risorse industriali si può raggiungere tutta in una volta, come capiterà alla Grecia, o sistematicamente e metodicamente come è già capitato all'Italia, che ha visto, per converso, la più grossa industria privata, sfuggire alla morsa del declino nazionale, internazionalizzandosi e lasciando nella ex patria solo alcuni stabilimenti, diretti, rinforzati o chiusi operativamente dall'Olanda, con tasse pagate all'erario del Regno Unito. Cantieri dentro i quali si smantellano i diritti di un'epoca "temporaneamente" trascorsa, da rianimare, per l'esaltazione degli statistici corifei, attraverso l'attribuzione di attività lavorative sempre più a basso costo, riservando le competenze spendibili e le retribuzioni più interessanti, all'emigrazione qualificata.

giovedì 16 luglio 2015

Assistenza "alla greca".

Per rendersi conto del declino morale, prima che economico, della nazione, basterebbe ostinarsi a sopravvivere. Tutto è "tarato" sulla media di sopravvivenza, così come, nelle aziende, sull'efficacia generazionale delle performances. Dopo una "rianimazione" veloce, qualunque degente, ospitato a spese dello Stato, è dimesso o presso un cronicario, un hospice o la propria famiglia se in grado di assisterlo. Anche se colpito da ictus. Al costo delle badanti, ormai non più all'altezza della situazione, si aggiungono quello dell'assistenza specializzata e di quella infermieristica, che agenzie "telefoniche" amministrano a venti euro all'ora, per sei ore, tre volte al giorno. Oppure esistono centri privati riabilitativi che chiedono duecentocinquanta euro al giorno per dieci-quindici giorni, ben sapendo che la deriva dell'età comporterà, ammesso che sia superata la difficoltà contingente, un'altra necessità, poi un'altra e via sopravvivendo, per far prosperare la medicina privata. Le badanti notturne, quelle diurne specializzate e le infermiere/i non prestano la loro opera allo stesso paziente per più di tre giorni: troppo grande è la preoccupazione che ci si affezioni reciprocamente e che il business ne risenta. Il personale in carico, ossia le badanti non più adeguate, hanno diritto di terminare il mandato, se temporanee come la maggior parte delle "sostitute" in questo periodo estivo, o di essere pagate fino alla fine mentre per le effettive è previsto il diritto di riprendere servizio, al termine del congedo, per quindici giorni. Il tutto condito da indennità per mancata fruizione delle ferie, contributi pesanti ecc. E questa sarebbe l'assistenza "alla greca"? Sembra piuttosto roba da ricchi e, per certi aspetti lo è. L'assistenza "alla greca", in accelerazione, è quella che tocca alle persone sole, alle indigenti e a quelle con i parenti con le valigie in mano per le vacanze, a loro volta, in taluni casi, indebitati o sul crinale di crisi professionali: per costoro, vecchi e malati, non c'è nulla. La struttura ospedaliera pubblica non è responsabile della loro sopravvievnza e neppure del loro stato d'animo mentre accelerano verso la fine; tutto viene demandato alla famiglia, ove presente, in condizioni deficitarie rispetto ai "presidi" previsti ma non immediati rispetto alle dimissioni che vengono annunciate il pomeriggio del giorno prima per quello del giorno successivo. Insomma, si fa con quel che c'è privatamente, al confronto con quello che sul piano medico e patologico si deve affrontare. Lo si affronta da soli, "serenamente", contornati dall'inutile e forse un po' soffocante, vicinanza dei parenti ( quando li si ha ) contriti.

mercoledì 15 luglio 2015

Al servizio della Troika

La polizia, che da Febbraio aveva smesso di caricare i manifestanti, torna stasera ai suoi fasti, in nome e per conto di un Governo di sinistra, di neo formazione, che ha abdicato al voto e al referendum. In questo senso, le manifestazioni sono giustificate. Che cosa difenderanno d'ora in avanti i Ninjia nell'ormai iconografica Piazza della Costituzione, con i suoi alberghi di lusso, i bar, i locali di intrattenimento ed i locali equivoci che fanno tutt'uno con il Parlamento, pur distanziato da trecento scalini, ai piedi dei quali gli Ouzones si scambiano in una garitta, chi uscendone con movimenti innaturali e meccanici e chi facendovisi cadere dentro, con pon-pon e calzamaglia, anche con i cinquanta gradi che di giorno probabilmente il grande piazzale fa segnare ai termometri? Gli sbirri sono rimasti frustrati e inoperosi per cinque mesi, la Troika li ha richiamati in servizio.

La precaria immortalità.

Barak Obama ha compiuto la sua mossa immortalante: ha sancito un accordo che consentirà all'Iran di affinare le sue competenze e strumentazioni nucleari, a soli, dichiarati, fini civili. Il Presidente titubante in politica estera e stentatamente riformatore in patria, ha dialogato con il competitore più acceso - anche perché non c'era più lo Scià-Quisling - e gli ha creduto. Mi sovviene l'affermazione di Saddam Hussein, poco prima di essere impiccato: non fidatevi mai dell'Iran. Lo diceva da belligerante, per conto degli americani, quando era ancora loro alleato nell'area, oggi in preda al caos e che gli Stati Uniti cercano di riordinare, equilibrando, sulla carta, le forze fra Sciti e Sunniti e arruolando gli Iraniani contro il Califfato. La geostrategia, locale e internazionale è sempre rivedibile, ma lo Stato che si sente tradito ed isolato dal Presidente democratico, è Israele, che pur essendo una dissimulata potenza atomica, teme la competizione tecnica e scientifica con uno Stato, l'Iran, ai vetici della tecnologia e con una borghesia colta, che non governa, ma troverà occasione e motivo di valorizzazione dalla condizionata libertà accordata al proprio Paese. Ora, sempre sulla carta, gli alleati infidi dei nord americani mell'area mediorientale sono i Sauditi e, nei fatti più che nelle intenzioni espresse, i Persiani, gli uni e gli altri coalizzati su opposti versanti geografici contro il Califfato iracheno-siriano. Ma Israele non dorme sonni tranquilli. Nethanyau intervenne a gamba tesa durante le elezioni di "middle term", parlando al Senato, pur essendo stato invitato solo dai Repubblicani e andandosene, ignorando il presidente in carica. I Repubblicani stravinsero. Nelle psicologia israelita e, di conseguenza israeliana, il senso di solitudine è connaturato all'essere ebreo, degli altri non c'è da fidarsi e bisogna provvedere, ora che finalmente si è diventati uno Stato, da sé alla propria tutela, anche e soprattutto prospettica. Che questo lo abbia fatto diventare uno Stato aguzzino - pur essendo stato primariamente aggredito nel 1967, ma dopo un insediamento progressiovo fin dalla fine del 1800, supportato dal tritolo delle azioni terroristiche di Ben Gurion e dei primi coloni - è osservazione che non lo tange, soprattutto ora che si sente di nuovo relegato ai margini da una politica troppo estesa, troppo, cioè, "democratica" del leader nero in fine di mandato. Il Consiglio di difesa è stato subito convocato, dopo la stipula dell'accordo che vede tutti i protagonisti convenzionalmente felici e sorridenti, mentre lo Stato di Sion torna cisposamente nel Ghetto storico, dal quale però si prepara a reagire.

Questa europa a chi serve?

Come si fa a farsi asfaltare dalla prepotenza subito dopo aver ottenuto un ribadimento del mandato elettorale? Sembrano maggiori i timori clientelari e quindi di controllo su una società mediocre che la sbandierata dignità posta alla base della campagna elettorale di Gennaio e del referendum di pochi giorni or sono. Le dimissioni di varoufakis non mi hanno convinto: sembrano, da parte sua, un levantinismo politico, perché se fosse stata una decisione del premier, si sarebbe trattato di un suicidio annunciato, quello che è poi avvenuto. La stessa maggioranza di Syriza si è sfaldata ed è andata in prestito dagli storici partiti greci del malaffare. Manca in tutto questo la volontà esplicita di modificare il costume economico ellenico e sembra che per mantenere il presidio clientelare su una legione di impiegati, si impetrino nuovi debiti e si pignorino i beni dello Stato. In realtà, le privatizzazioni e il recepimento delle norme sui licenziamenti collettivi - che colpiranno esclusivamente i giovani - apre la strada agli investimenti appropriativi e ristrutturatori del capitale straniero, con occidentale preferenza per i soci-aguzzini. Invece la Grecia è un paese del sud-est dell'europa. La sinistra si frantuma in una serie di schegge insignificanti mentre la società si sente, a giusta ragione, tradita. In Italia, i sindacati confederali hanno ritrovato - per un attimo, statene certi - una unitarietà da segreterie e si cimenteranno nel collateralismo sl ministro Padoan per aprire spiragli, con "malus" nel teutonico mondo delle pensioni: 67 anni in Germania, 67 domani in Grecia e in tutti gli altri paesi del club. Perché dovremmo contribuire a nostro danno ad una strategia apparente e perdente? Per fortuna la legge - potrebbe essere altrimenti, sul piano delle sostenibilità? - resta invariata e le pressioni sindaco-aziendali resteranno tali, senza cioè valore costrittivo. Chi - e saranno molti - accederà alla trama meschina - non avrà nessun titolo per lamentarsi. Sarà come essersi acconciati ad un sistema greco senza imposizioni. La dura sanzione comminata alla Grecia, che il ministro delle finanze tedesco continua a considerare inutile, auspicando la Grexit ( sono d'accordo con lui, sul piano delle possibilità contabili ), servirà, nelle intenzioni, a far abortire la democrazia dal basso, come le iniziative dei sindacati italiani in crisi di identità, che aspirerebbero a contrastare il sempre maggior successo di adesioni dei sindacati di base. Il direttorio nord europeo non vuole "Podemos" al governo in Spagna e teme che la Francia e soprattutto l'Italia chiedano la ristrutturazione dei loro ingentissimi e crescenti debiti. In queste condizioni, chi esce prima dalla finestra si condanna all'indigenza disperata di quel povero pensionato greco in lacrime su un marciapiede di Atene. Come si fa a farsi asfaltare dopo aver agitato vessilli di lotta? Certo che da soli si fatica ad immolarsi, soprattutto se si assiste all'assenza ipocrita di un Renzi qualunque. Traditi dagli altri paesi indebitati, diceva ieri Tsipras. Come dargli torto. nella situazione in cui si è cacciato, anche le dimissioni non gli risparmierebbero il dileggio ed il disprezzo e nuove elezioni, ormai è chiaro, avrebbero lo stesso esito di quelle di Gennaio e del referendum di Luglio. Ma questa europa, a chi serve?

martedì 14 luglio 2015

Vite di scarto. L'assistenza "aziendale".

Non vi auguro di ricoverarvi o di ricoverare una persona cara a cavallo di un fine settimana e, in particolare, di un fine settimana estivo. Dopo aver superato un eccezionale pronto soccorso - c'ero già stato per un incidente motociclistico e l'ho ritestato oggi, rilevando la solita eccezionale capacità e dedizione. Ma poi si passa nei reparti. Nei..perché il primo ricovero avviene in medicina d'urgenza, un piccolo ambito che non è neppur facile individuare e nel quale convivono giovani e anziani, febbricitanti e agitati, moribondi e cronici in crisi. Non c'è, oggi, un solo posto libero: o si viene dimessi o si muore, mentre il pronto soccorso stesso è ormai un reparto o un corridoio di degenza, nel quale sono stati creati, con delle tende, alcuni box. Le tende separano i letti anche nel locale delle urgenze: se sono aperte non ci sono persone in agonia. Il ricovero è spiccio, brutale. Al ricoverato vengono sostituiti gli indumenti intimi con dei pannolini adesivi, simili, tranne che nelle dimensioni a quelli dei neonati. I medici non si vedono, gli infermieri sono pochi, si muovono con ovattata efficienza e rispondono con calma alle domande dei parenti, riaffermando la disciplina di reparto, che consiste in poche affermazioni/constatazioni: quà ci siamo noi (pochissimi), facciamo noi quanto è previsto, non ci sono uffici interni all'ospedale ai quali chiedere un'assistenza privata notturna, l'accesso di badanti private è per altro libero, anche clandestine. Le ferie sono in corso e il personale è ridotto all'essenziale, i protocolli non lasciano spazi al prigioniero-ricoverato: si muore secondo protocolli più consoni allo svolgimento di un servizio, secondo leggi e regolamenti, che ad un'assistenza a 360° gradi a chi domani potrebbe non esserci più e consuma la sua ultima e disperata lotta contro l'indifferenza di una mansione, assistenziale ingrata e indigesta, nella sua a ziendale ordinarietà. Si, perché le aziende ospedaliere sono delle "aziende".. I reparti sono intasati e molti ricoveri vengono effettuati in "terapie adattabili", dove però i posti sono limitati. Si ricorre alle convenzioni. Alcune cliniche private ospitano, in tempi di crisi, i malati più gravi, ma non in pericolo di vita, che vengono loro mandati dagli ospedali pubblici, per lunghe degenze. I privati soffrono delle restrizioni al reddito; le strutture pubbliche della inammissibili, ma da alcuni anni praticate, chiusure di reparti strategici con messa in ferie del personale medico e paramedico, come in una fabbrica: le fabbriche hanno chiuso e il "lettigal manager" gestisce i posti nei reparti di degenza, dove i lungo degenti, i "critici" e gli urgenti vengono mischiati, anche uomini con donne, pur se non ancora nella stessa stanza. Il personale, nella clinica privata riadattata è composto da due infermiere per piano, uno o altri due fra i piani ( almeno un altro ) e da un medico di guardia, i responsabili di reparto sono in ferie in gran parte e i laboratori restano chiusi nel fine settimana, per cui gli accertamenti slittano e in base alle cartelle cliniche ricevute, si apprestano terapie aspecifiche. Un giovane medico di turno si lamenta: dall'Ospedale pubblico ( di cui cita il nome ) ci attribuiscono anche terapie di.. e di..., per convincere i parenti dei loro degenti, mentre noi ci limitiamo a...., come è sempre stato nelle strutture private. Così, per crisi sopraggiunta, si consuma un'affannosa lotta contro la morte, nell'algida indifferenza e impotenza degli addetti di corvée. L'impressione che le "convenzioni" riguardino i pazienti in via d'estinzione è forte: il reparto sembra omogeneo. Una vocina grida che ha visto il diavolo e sembra proprio la vocina de "L'esorcista", un uomo grida e poi si assopisce, una vecchina tira gli ultimi respiri, passando da un'apnea all'altra. Il medico di guardia sancisce: "penso prorpio che siamo alla fine, se lei vuole ci accaniremo, ma..." No, no, accondiscende "responsabile" la figlia, poi si apparta e piange. Le inservienti devono essere state colleghe della iena ridens di Lugo: "oggi ho smanacciato tanta merda - dice agitando un sacchetto - che voglio dividere la fortuna che ho accumulato con voi" Il n. 8 ha fatto il clistere? Oggi stanno cagando tutti! C'è stato un eccesso di purganti. Quello - l'urlatore - vomita in continuazione: "ciccia", controlla che non sia vomito fecale. No, io per oggi ho già dato, dice rifugiandosi in guardiola. In tutto questo contesto, il paziente "lunga degenza" appare come colui che ha atteso troppo per morire, che costituirebbe un costo eccessivo per prolungare ancora la sua esistenza e che, nella merda, va abbandonato al suo destino, anche se ancora procrastinabile.

lunedì 13 luglio 2015

Fotocopie.

Fra le condizioni imposte alla Grecia risaltano le privatizzazioni che furono realizzate in Italia venticinque anni fa, sempre sottotraccia. Fu cancellata l'IRI, "fuse" le sue banche, vendute le sue aziende. Da tutto questo ai cittadini ed ai lavoratori non è venuto nessun vantaggio. L'orgia delle fusioni non si è più interrotta, i rami d'azienda sono stati venduti partitamente e, per l'autunno, si annuncia una nuova tornata di accorpamenti, non solo di aziende che avevano esaurito la loro funzione, ma anche di aziende decotte e di "popolari" quotate in Borsa. Il sistema corporativo, ereditato dal fascismo, aveva dato luogo a molte rilassatezze, corruzioni e, soprattutto, ad un clientelismo di vertice e plebeo, al quale si erano facilmente acconciati tutti i mediocri protagosnisti di una rappresentazione conformistica. Non diversamente da adesso, in scenari confusi ma diversi. La lettera della Unione europea alle istituzioni italiane del 2011 è disvelata, petalo dopo petalo, dalle imposizioni esplicite e frettolose irrogate alla Grecia: oltre a quelle già sottolineate, ne spicca un'altra già ipocritamente sperimentata in Italia, la fine della contrattazione collettiva nazionale di lavoro, categoria per categoria, fatta eccezione per quella - vedi caso - bancaria. Alla luce di questo si spiegano i riflussi contenitivi di un contratto bancario di puro mantenimento dello status quo ( oltre, per ragioni politiche, non si poteva andare ) ed il crollo del contratto di categoria in tutti gli altri settori, dai quali si sono affrancati, fiscalmente e territorialmente, i soggetti che avevano interagito con il precedente sistema, rivestendo in quel contesto una posizione di tutela e di privilegio, oggi impegnati sul fronte estero. Con i denari che vengono realizzati attraverso l'internazionalizzzazione del lavoro non saranno acquistabili i beni prodotti dagli impoveriti ex lavoratori italiani, alla stessa stregua di quelli serbi, albanesi, ecc. Così sarà per i greci. Il contegno dei sindacati nazionali - senza farsi troppo suggestionare dall'apparente diversità della CGIL, che ha solo perso l'aggancio al Governo-amico - va letto ed interpretato alla luce di quanto precede e che solo ora, per interposto default, viene chiaramente disvelato anche se era già evidente nei fatti e nell'impotenza, ma anche nella vigliaccheria di una classe cooptata al potere da interessi alieni, così conforme, però, al costume di quasi tutti gli altri italiani. Franza o Spagna, purché se magna. Almeno così si continua a sperare.

Tragedia greca.

Atene rinunci alla sua sovranità o dica addio all'euro. Così l'eurogruppo per conto della Germania. I commissari della Troika torneranno stabilmente ad Atene, come fanno i commissari dell'ONU, senza che questo sposti di un millimetro le intenzioni belliciste degli Stati Uniti o di israele. Questo ultimatum, successivo al chiaro pronunciamento referendario di cui Syriza dovrebbe tenere conto, senza divisioni e dimissioni levantine, la dice chiara sul club elitario che governava nell'ombra ed ora alla luce del sole in questa europa unitaria in senso totalitario. In realtà, da oggi è un club con qualche socio frequentatore. La cultura centro-europea non è dissimile da quelel messa in campo dall'impero sovietico, cioè russo, che, per contrappasso, è stato l'unico Paese-continente ad intenderne subito i connotati ed a guardarsene. I paesucoli, Irlanda e Portogallo, Malta ecc, non sono meno meschini dei grandi: non sanno come giustificare al popolaccio l'impegno di un'ulteriore quota del loro PIN per mitigare le condizioni-capestro imposte alla Grecia. Fra quarantott'ore il Parlamento greco dovrebbe ratificare la sua abdicazione, come ha fatto quello dei nominati italiani, a cui è seguita la cancellazione prossima del Senato della Repubblica. Tsipras, in queste ore, pare in confusione, ma mi sono chiesto se sarebbe proponibile un Renzi al suo posto. Ce lo vedete? Il giovane Alexis si trova a competere con un partito in parte radicalizzato, con un marpione dimissionario che già lo attacca, con una parte più dialogante ma che ha avuto la dignità di rivendicare il suo ruolo elettivo ( non come l'ultimo Quisling italiano e i suoi due predecessori ) e con lo scivolamento verso le "larghe intese" che lo consegnerebbero, come un Letta qualunque, alla sconfitta ingloriosa e all'oblio. Ora la battaglia si sposta in Parlamento dove le salmerie sono in via di osmosi e, se la decisione che prenderà dovesse contraddire quanto espresso dalla maggioranza dei greci pochi giorni fa, si aprirebbe la possibilità di scontri di piazza nei quali la destra para-militare o militare "tout court", avrebbe un innegabile vantaggio tattico. Sul piano strategico resta da investigare l'atteggiamento degli Stati Uniti - essendo la Grecia uno dei membri della NATO - e dell'intelligence tedesca, così scopertamente attiva nelle ultime vicende ucraine. Bisognerebbe anche interpretare - ammesso che ce ne sarà bisogno - l'atteggiamento della Russia. Insomma, la Grecia, così prossima ai Balcani, è già sul crinale del conflitto, in gran parte sotterraneo e, in minor misura, alla luce del sole, fra interessi inconciliabili e ne accompagnerà gli sviluppi, più o meno direttamente controllata, comunque vadano le cose. L'ingiunzione tedesca alla Grecia ricorda quella dell'Austria alla Serbia. Oggi si combatte - per ora - direttamente con fasci di euro.

Sulle colonne d'Ercole.

Il tira e molla sulla Grecia ha sempre più l'aspetto del colpo di Stato strisciante e contro ogni pronunciamento popolare, contro Syriza. La Grexit a termine, che cos'altro può essere? L'osmosi, all'italiana e, per opposto paradosso, alla tedesca, si è creata nel Parlamento di Atene, dopo l'improvvida dimissione di Varoufakis, nel tentativo di contraddire l'esplicito mandato, elettorale e referendario, del popolo greco, ibridando una maggioranza di "larghe intese", nella quale il nuovo movimento si accoppiava con i due schieramenti falsamente alternativi e gravidi di corruzione del Pasok e di Nea democratia. Adesso, i creditori del nord europa, più l'Irlanda e il Portogallo, impongono ad Atene o una riforma del sistema in tre giorni ( che altro è se non un colpo di Stato, come quello perpetrato in italia? ) o una sospensione di cinque anni della Grecia dall'Unione europea e dalla moneta unica, con, per di più, la costituzione di un fondo di garanzia per i creditori, di cinquanta miliardi di euro: un'ipoteca sui beni pubblici ( cioè del popolo ) greci. La Grecia tentenna, ci prova ancora e la Germania la tortura, non avendo il coraggio di rinunciare ai suoi investimenti in titoli di Stato greci. La Francia, l'Italia e la Spagna sono state messe all'angolo dal ministro delle finanze tedesco. La Grecia è stata schiacciata contro un muro. In questo contesto, alla Grecia e al suo Governo, non spetta altro che uscire dalla moneta unica ed apprestare le più rigorose misure per evitare rigurgiti fascisti sul loro suolo. Ma devono scontare la presenza di un piccolo partito di estrema destra, anti-euro, ma per ragioni ben diverse, anche se ammantate di populismo e garante del mantenimento della spesa militare, mentre tutto il resto langue. Badate bene: anche in Italia, a fronte della privatizzazione strisciante dell'istruzione, dei tagli alla sanità e della pensione in articulo mortis, le uniche spese che vengono incrementate sono quelle belliche, in un disegno di intervento collaterale alle grandi potenze sullo scenario energetico e geo-strategico. Le stesse politiche che si vogliono imporre alla Grecia. oltre al differimento sine die di pensioni molto modeste, si vogliono, per mercoledì prossimo, la privatizzazione di tutto il sistema bancario e di tutte le attività private, il ritardo nel pensionamento e una riduzione delle prestazioni previdenziali, rivelando per la prima volta in maniera, a fortiori, esplicita, il programma che la Germania, vuole imporre a tutto il continente sottoposto al suo dominio, senza curarsi dell'unica eccezione che pratica a suo beneficio. L'Unione europea diventa un club, del quale sono chiamati a far parte gli storici alleati della Germania, inclusi quelli est-europei. L'unico ad opporsi a questo revival è stato Vladimir Putin. Dopo il referendum greco, l'azione della Germania e dei suoi vassalli si è fatta asfissiante: la paura è di compromettere la tenuta delle banche, piene di titoli greci. L'uscita temporanea dall'euro della Grecia non potrebbe comportare il rientro, perchè il valore della vecchia moneta sarebbe inferiore del sessanta per cento. E' piuttosto da ricercarsi nell'asset di beni pubblici, pari a cinquanta miliardi di euro, la "rinegoziazione" del debito ellenico: quei beni sarebbero venduti ai creditori il giorno dopo la loro costituzione e costituirebbero un'occasione di investimento per il recupero del credito. Peggio di una guerra persa o il suo equivalente. L'accanimento di paesucoli, pari - economicamente - alla Grecia è indicativo più della crudeltà tedesca. I trattati non prevedono, fra l'altro, l'espulsione di uno Stato membro e, quindi, neppure la sua fuoriuscita: sembra che esista, sotto traccia, un accordo per restare avvinti in rapporti di servo-padrone, nell'innaturale connubio elitario, cioè dei soli maggiorenti economici delle nazioni coinvolte. Di questo, senza fare lo gnorri, Romano Prodi dovrebbe dare una spiegazione, non essendo alieno dal combinar pasticci, troppi per essere casuali. Per parte sua Alexis Tsipras ha indetto un referendum sulle ingiunzioni comunitarie al suo Paese ed ha riscontrato un rifiuto netto. Adesso non può tergiversare e deve uscire dall'euro senza pagare il debito. La partita per lui è ora in patria ed è una partita rischiosa. Ma non può prescinderne.

Opportunità

Non c'è mai stata in Italia una tale opportunità d'indebitarsi. Ci si può indebitare e reindebitare, superando formalmente il divieto di anatocismo ( gli interessi sugli interessi ) dato che a proporre lo sprofondo agli Inferi ammantati di gaudio sono ridenominazioni delle stesse banche che, dopo il primo prestito, con lo stesso nome non ne fanno altri alle medesime persone. Si offrono prestiti ai pensionati, ai pignorati ed ai falliti, il pagamento a rate anche dei cetrioli era un'opportunità, ignota in tempi recenti. Sul Web impazzano le offerte, dal prestito on-line con salto della rata o adeguamento della medesima. I soggetti prestatori competono con la gratificazione fittizia o con la necessità che si trasformerà in un incubo, ribilanciando e surrogando le esposizioni altrui. Evidentementemente, il mercato del bisogno ( ma anche della frivolezza ) è in espansione e la sclerosi nella circolazione del denaro prosciuga la redditività delle banche retail. E' un'offerta sfacciata ed oscena, un sintomo di decadenza, ma nessuno se ne perita, men che meno lo Stato che, anzi, concorre con diseducative campagne di gioco, mentre fa ostruzionismo ( cedente ) agli imprenditori privati del gioco d'azzardo. Per parte sua, offre rendite, case, ma anche vacanze ed ogni sorta di sogno illusionistico che intercetta qualcuno ogni tot milioni di combinazioni, corruttivamente ed ignorantemente supportate dal criterio probabilistico, la cui unica certezza è il peculio esponenziale del biscazziere. Una tassa sulla grullaggine, per dirla con Renzie. Le tabaccherie sono diventate una succursale della Sisal - per dirla con termine antiquato - esattrici dello Stato come i fratelli Salvo in Sicilia, regione che se fosse effettivamente autonoma sarebbe in procinto di dichiare default, come la Grecia. Le colorate cartelle del Gratta e Vinci, del Miliardario e altre infinite aspirazioni cafone, come i fumetti pornografici di un tempo, da Capuccetto rotto, al Tromba, passando per un caleidoscopio di variazioni sul tema, ammiccano a gaudi materiali, come se di cafoni arricchiti e componenti di una società i cui unici riferimenti culturali sono la ricchezza più corriva, che comunque, prudentemente, ai poveri non toccherà, se non per caso e senza migliorare il costume sociale, non vi fosse, per così dire "altra abbondanza". Il prestito langue o furoreggia? Furoreggia, mentre languono le spese strategiche condotte con sistematicità e con il supporto keynesiano dello Stato, che in paesi come il nostro, aveva dato luogo ad un sistema basato sul clientelismo, che ora continua ad allignare, nelle stesse forme statiche solo o prevalentemente al sud. I fatturati, le rese languono e, per questo, i prezzi per i clienti che ritardano a demordere sono da rapina. Scottati, ci si rivolge ad internet, si comprano i pezzi al sessanta per cento del listino ufficiale e si portano alle officine per il montaggio: anche solo dieci euro. Nel contempo, ogni spesa amministrativa, personale, condominiale, erariale, è soggetta all'appalto truffaldino degli amici dei solerti protagonisti della vita pubblica, della scelta delle imprese e dei materiali che costituiranno la materia prima delle ristrutturazioni e di ogni pretestuosa indagine fiscale dopo decenni di collusioni e corruzioni, così che il prestito, chiesto, richiesto offerto od estorto, continui ad alimentarsi a scalare e, stranamente, trovi un'ooferta pari e precedente alla domanda.

giovedì 9 luglio 2015

Luna park.

Buonasera, lei è nostro cliente? Si, da tempo. Cliente elettrico o energetico? L'uno e l'altro. Lo sa che può usufruire della tariffa unica, diurna e notturna, equiparata a quella serale, dalle 19 a mezzanotte, vale a dire della tariffa più bassa? No, non lo sapevo; ma perché tanta generosità? Perché la legge che vietava l'estensione della tariffa più favorevole, presente nella legislazione italiana, è stata rimossa dalla legislazione europea e, prevedendo una corsa al ribasso, abbiamo deciso di prevenire la concorrenza adeguando il tariffario. Come facciamo a cambiare il contratto? Non si preoccupi, lo facciamo telefonicamente, attraverso la registrazione della telefonata. Posso procedere? In realtà, la ragazzina inanella una serie di affermazioni entusiaste e di infiorettature retoriche, che accompagnate da tanti punti esclamativi, non vengono mai al dunque. Finalmente si passa alla verifica del codice fiscale, del codice cliente e del POD (?)riportato sull'ultima bolletta. I dati non coincidono. ricominciamo daccapo quando si accorge di aver trascritto male il codice fiscale. "Non si arrabbi! Non ci penso proprio, ho rispetto per il suo lavoro", ma il tempo passa e sono appena rientrato Comincia la registrazione; non è breve. Al termine: "ma come, davvero? Accidenti! Sa, mentre registravamo il computer è andato in tilt, dobbiamo ricominciare daccapo". Guardi, per stavolta, aggiorniamoci. No, no, è questione di un minuto. Diventano almeno cinque, come prima. Poi, un'ultima verifica. Tutto bene, grazie, riceverà un capitolato con il quale le si attesterà quanto contrattualizzato per telefono. Non sarà necessario che lo firmi, a meno che non ravvisi delle discrepanze con quanto le ho detto. Ma come? Se non è, a mia esclusiva memoria, conforme con quanto illustrato lo devo restituire firmato? Parliamo a vanvera? Bene, signorina, mi ha fatto piacere sentirla e posso finalmente rilassarmi sotto la doccia, dove stavo per entrare quando lei mi ha chiamato. Certo, certo..ma mi scusi, sua moglie o lei medesimo ha altri recapiti oltre a quello presso il quale l'ho trovata? Signorina, per oggi lei ha fatto un punto ed io sono lieto di aver collaborato al raggiungimento del suo obiettivo. Però adesso basta. Può darsi che in un'altra occasione possiamo intrattenerci su qualcos'altro, ma ora voglio lavarmi ed andare a cena. Certo, grazie, lei è stato molto gentile. Buona doccia e buona serata. Sullo sfondo gracchiano le altre centraliniste di queste dannate del contratto estorto, al ritorno a casa dei titolari di utenze. Incedo lungo il camminamento che dall'entrata, apportata dalle scale mobili, si inoltra verso il supermarket, lungo un viale di negozi. In piedi, vicino ad un vaso di piante asfittiche, da un banco, esce per intercettarmi, con movenze accattivanti, o che vorrebbero esserlo, una ragazzina, probabilmente studentessa delle scuole superiori, all'incirca del secondo o terzo anno. Mielosamente e insistentemente approfitta dell'escursione termica e della mia bonomia nei suoi confronti, per inanellarmi un involuto piano tariffario telefonico, "all inclusive". A sentirla parlare, sembra una buona offerta, anche per la burocrazia, snella ed informatica, d'addio ai precedenti gestori. Mi chiede una disponibilità senza impegno, di parlare bene di lei quando sarò contattato e di considerarla la mia consulente. Penso che con l'inizio del prossimo anno scolastico rientrerà nei ranghi e spera di accumulare qualche soldino magnificando la semi-gratuità dell'offerta. Ho caldo e voglio fare la spesa. Mi contatti pure, l'ascolterò ancora e se rimarrò convinto di un alleggerimento delle tariffe, accederò alla sua proposta. Sono sempre stato contrario ai cambi speculativi e non li ho quasi mai praticati, ma i miei contratti, così facendo, sono datati e molto più costosi degli attuali. Fin che ho potuto, non ne ho tenuto conto, ma adesso che evidentemente la situazione si fa precaria, ne avverto la "convenienza". Ormai la contrattualistica popolare si fa per strada, al telefono, alla voce, secondo pappardelle imparate a memoria, cercando di approfondire - senza pedanteria - le quali, il/la povero/a interlocutore/trice va in confusione e rimescola i dati così irrinunciabili che aveva esposto a macchinetta un minuto prima. Spesso, a corollario di queste offerte, ci sono dei gadget: dalla caffettiera ai viaggi. Questi ultimi sono scontati ( anche nei servizi ) in alta stagione, sono di breve durata e sono gratuiti, in autunno, in zone balneari. Di tempo in tempo, le offerte sulla stessa utenza o servizio vengono aggiornate, secondo competizione concorrenziale o per prevenirla. I banditori commerciali sono studenti in vacanza o telefonisti laureati semi-disoccupati, per un luna park di scintillanti occasioni di suggestione, assolutamente da non perdere, che aggiornano il portafoglio aziendale e le speranze di breve corso di tanti prodromici della disperazione , nevroticamente verbosa, che verrà.

mercoledì 8 luglio 2015

Titoli e titolarità.

Fuori gli insolventi dal consorzio dei paesi ricchi, per i quali la banca rappresenta la leva usuraria di ultima istanza. Se il prestito, concesso fino alla riduzione in schiavitù di entità che palesemente non erano in grado di restituirli, è irrecuperabile, fuori i vinti. La natura della moneta unica in europa porta alla distinzione fra coloro che non ce la fanno più e coloro che per uscire dalla miseria in cui precipiteranno i creduloni indebitati ( avranno pensato qualche volta di essere furbi )si apprestano ad essere i peggiori censori dei decaduti e ad intraprendere un viaggio intergenerazionale nella indigenza verso un mitologico traguardo che i paesi dominanti si guarderanno bene dal rendere possibile. Mentre i greci se ne vanno, i rumeni, i bulgari e i polacchi si apprestano a vivere di espedienti e senza limiti di età al lavoro da emigranti, dato che per loro non c'è alternativa per poter sopravvivere. La metropoli ateniese, ma anche Salonicco e Smirne conosceranno fenomeni evidenti di ulteriore decadimento morale e l'aspettativa di poter condurre a termine la propria vita al riparo di una sufficiente pensione sarà presto rimossa. All'interno dei paesi attaccati alla coda della locomotiva tedesca, ampie fette di proletariato saranno accantonate e andranno a fare compagnia agli immigrati e ai sans papier che numerosi e nascosti, ma ben noti alle corree forze dell'ordine, badano i vecchi in nero, clandestini nei condomini e nelle tenute private, perché, come i Greci fra non molto, extracomunitari e quindi senza possibilità di emigrare lecitamente e regolarmente lavorare. Quel tanto che gli consente di sopravvivere, con la piena complicità delle "rispettabili" famiglie italiane. Anzi, il loro lavoro, a differenza di quello regolare, oneroso e in grado di far valere, per chi lo presta, diritti sempre meno aggirabili, sta aumentando di volume, al riparo da qualsiasi investigazione e controllo. Forse è in questo che consistono i nostri maggiori titoli a rimanere in Europa.

lunedì 6 luglio 2015

Democrazia contro dirigismo.

La democrazia spariglia il dirigismo. E' implicito nelle due definzioni e poco importa che la democrazia rivendichi condizioni di vita dignitose - accontentandosi implicitamente di non essere presa per il collo - anche in presenza di una condizione da debitrice. I crediti "inesigibili" sono stati accordati da una falange macedone, che la democrazia non sapeva nemmeno che cosa fosse, per consolidare, ma solo sulla carta, un impero, neo guglielmino. Se codesto debitore non vorrà pagare, nè la Grecia, né altri, sarà nel suo/loro legittimo interesse e nelle sue facoltà, ma presumere di schiavizzare a tempo indetrminato, manovrando sul debito ed incremntandolo ( non solo nei confronti della Grecia ) è proprosito di riduzione in servitù di una nazione, avvertita come aliena ed inferiore. Per la prima volta, dopo troppi anni, il popolo coinvolto ha potuto dire la sua ed ha detto un NO sonorissimo. Di fronte aveva sacrifici su sacrifici, come quelli che le aziende ultracommerciali impongono ai loro famigli per moltiplicare i loro utili, le loro prebende ed i loro dividendi. Ora la situazione si presenta nuda ed originale: se la moratoria ventennale e l'abbattimento del 30% del debito ( ancota troppo poco ) non sarà concesso, i Greci dovranno rassegnarsi all'indigenza, alla quale sono abituati o all'aspra fatica degli umili, ma almeno non saranno eterodiretti da chi si arroga un diritto esclusivo e onnicomprensivo solo perché è diventato un creditore economico imprudente. Si apre adesso un nuovo iter potenziale in Europa, di recupero della politica e della sua prevalenza sull'economia, a meno che non si scelga, dopo un voto popolare, di chiudere fuori la Grecia e rinserrarsi nel fortino dei privilegi, per la Germania e delle clientele storiche, per i Paesi latini che vi sono abituati. La Germania neo-guglielmina ha imposto a tutti i "pigs" piani di rientro parziali ventennali, tanto parziali da non raggiungere neanche la metà dell'esposizione. E' trasparente la strategia di tenerli in uno stato di soggezione strumentale al mantenimento della propria primazia e al mantenimento/incremento del proprio reddito. E' ora che anche gli altri popoli si esprimano in proprosito. Lo faranno probabilmente gli Spagnoli, attraverso "Podemos", mentre in Italia, questi movimenti sono gli eredi dei "cespugli" dell'Ulivo. Non contano niente e rimangono Bonsai della politica. In fondo, il Renzie ce lo meritiamo, anche se non tutti.

domenica 5 luglio 2015

Sarà democratica l'europa?

Si profila un netto successo del "no" nel referendum che si è finalmente tenuto, superando i diktat imperiosi dei parenti-serpenti dell'Unione. Adesso, forti della riconferma del loro mandato a governare, i dirigenti di Syriza reclamano una trattativa breve che, in quarant'ottoore porti alla moratoria ventennale ( pari al periodo previsto del riduure del 40% il deficit, da parte dell'Italia ) e alla decurtazione del 30% del debito greco. Trattandosi di dieci milioni di cittadini e di un debito in obbligazioni pubbliche di 320 mld di euro, è chiaro che si punta a trasformare il diniego al massacro sociale in uno spunto dialettico per non pagare mai un debito così ingente, senza appaltarsi, come una colonia, alle banche delle altre nazioni che, di titoli greci, sono replete. Io ho apprezzato molto la decisione di far esprimere i Greci su un tema che li riguarda e sono lieto del risultato, perché riafferma la potestà popolare che, in Italia ma non in altri paesi europei, si è accantonata, dimostrando così la gravità della crisi e il demando esclusivo a rappresentanze di potentati non elette. E' chiaro però che la situazione non muta, a livello internazionale, col solo voto di maggioranza di un Paese insolvente..insolvente in rapporto all'euro. Penso pertanto, che la normale dialettica debba portare la Grecia ad uscire dall'euro, ripartendo da zero, cioè, cominciando a lavorare, forse per la prima volta. Il probabile voto d'orgoglio, origina dalle metropoli intasate, nel cui ambito, i pensionati pubblici avrebbero invece avallato la tesi della subordinazione coloniale, soprattutto ad opera dei giovani. E' un bel sintomo, in una nazione allo stremo. I media italiani, da un lato, aprono ai vincitori, ma solo a livello di cronaca, dall'altro sono estremamente frettolosi, in attesa della reazione della Troika, a nome dei Paesi dominanti, U.S.A. compresi. In una gara contro il tempo, il ministro delle finanze, il greco-australiano Varoufakis, resterà in riunione tutta la notte con i vertici del sistema bacario nazionale che, domani, rischia di riaprire con facoltà di prelievo limitata ai venti euro procapite. Se i creditori reclameranno il saldo subito, la Grecia sarà fallita, ma potrà ricominciare sulle sue gambe, pur col rischio interno di un forte incremento della destra fascista. Gli altri paesi pigs dovranno accontentarsi del solito pastone, ammannito al solo scopo del dominio sperequato di classi sociali e agglomerati satellitari della Germania. Mi chiedo: potrà competere con la Russia e con i BRICS, l'Italia, la Spagna e il Portogallo? Intanto, quaranta milioni di euro nostrani sono spariti. Faremo un referendum per i sacrifici suppletivi? Sarà una tela di Penelope? L'estate 2015 non vede dittatori da rovesciare, ma Paesi da normalizzare, con i più piccoli - politicamente non incolpevoli - a fare da protagonisti. Da reprimere? E come?

C'è insolvenza e insolvenza.

Comunque vada a finire il referendum in Grecia, la culla ionica della democrazia non potrà rimanere nell'europa teutonica. Non ha senso per loro, che puntano solo a farsi mentenere "in forza" del loro debito irredimibile, supportato da 320 mld di euro, che sono serviti solo a pagare gli stipendi pubblici e le pensioni e per la Troika che aspira a tenerli per il collo, come un pegno irriscattabile, detenuto nei forzieri bancari come una sostanza fortemente debilitante. Il nodo, così intrecciato, è ben più condizionante, in negativo, che la "scoperta" di una "possibile" fuoriuscita dall'euro. Qualsiasi riserva mentale, da parte dei Greci, è destinata a scontrarsi con l'intransigenza del Paese-guida e dei debitori-formiche, che hanno a loro volta immesso ingenti capitali nelle banche greche. Eppure, l'europa resta fragile e, se mai si rafforzerà, lo farà sedimentando le differenze censitarie all'interno dei rispettivi Paesi e nell'intera placca continentale comunitaria. Un replay degli Stati Uniti. Intanto, si legge, i greci sono andati al mare di prima mattina e, in questi giorni, stanno tranquillamente partendo per le vacanze i proprietari di case sul suolo ellenico, per nulla timorosi di difficoltà di approvvigionamento in caso d'insolvenza, un'insolvenza che non li riguarda. Renzie non si è smentito: italiani state sereni, non corriamo nessun rischio.

sabato 4 luglio 2015

Almeno per un'altra generazione.

Silvio Berlusconi, in una intervista commemorativa, ma ancora di stretta attualità, rammenta le congiure dell'asse Merkel-Sarkozy per farlo cadere nella primavera del 2011. Il suo Governo aveva ripetutamente obiettato alle richieste di alzare orizzontalemnte le tasse ed aumentarne le aliquote in rapporto ai cespiti ed ai capitali, ma non aveva calato il maglio, neppure sulle pensioni. Nel contesto (com)unitario si era difeso ed aveva contrattacccato chiedendo una revisione profonda delle politiche di debito-credito, più proprie di una banca che di un consorzio politico e - qui sta il guaio - monetario. Ciò non di meno, anche una politica monetaria o da consiglio di amministrazione, poteva seguire direttrici diverse e se questo non avveniva, era dovuto all'avido egoismo dei pochi paesi più forti e all'intento geo-strategico, fomentato anche dagli Stati Uniti ( pur con tutte le riserve e le sospettosità che lo spionaggio interalleato ha rivelato ), di ricreare un'area militare e capitalistica forte nell'Europa continetale con la Germania restituita alla sua storica funzione di leader, più di una volta molto mal esercitata. Ha fatto bene Berlusconi a ricordare le continue sollecitazioni rivolte dalla Merkel a Napolitano per la sua rimozione e per l'impulso che "doveva" esercitare sulle "riforme" che ci erano state richieste, così come i contatti con Mario Monti, preliminari di molti mesi al cambio in sala di regia. Non ha parlato della sua pavidità "imprenditoriale" di allora, quando, come già aveva fatto dopo soli nove mesi durante la presidenza di Scalfaro, raggruppò le sue scarabattole e cedette il campo, senza colpo ferire, al primo usurpatore-Quisling del dopo guerra, il primo anche dopo la fine della guerra fredda. Anche in questa circostanza e per la ragione della tutela dei beni acquisiti attraverso la politica, la commemorazione risulta monca, ma è indubbiamete veritiera e rammemorante, nella situazione attuale, nella quale alla sola Grecia tocca il testimone della democrazia, in una condizione di accerchiamento e di potenziale harakiri per confusione originata dall'ingerenza esogena. Il povero Tsipras non ha niente da difendere, per questo è solo, chiamato ad un compito che, se avrà successo, potrà sparigliare il potere di supporto alla prepotenza del capitale ex industriale, trasformato in finanza e destinato a cercare o a mantenere le condizioni più idonee a consolidarsi, destrutturando in conseguenza tutte le istituzioni di consolidamento civile. Nella cavia greca - cavia costituita solo da un popolo inurbato, per sfuggire all'arida miseria della campagna - che vede svanire le modestissime certezze delle sue morigerate abitudini, si sperimenta la società minore della periferia europea, che l'abbandono delle politiche keynesiane di metà del secolo scorso aveva mitigato e rinvigorito, fino a far dire a molti, anche fra i membri della società minore, che c'era troppa "comodità" ...prima. Ora non si correrà più quel rischio. Almeno per un'altra generazione.

venerdì 3 luglio 2015

Brand..b(r)anditi.

La Ferrari avrà sede legale in Olanda, ergo: sarà un'azienda olandese. Che la produzione dei mezzi, necessariamente d'élite ( o almeno, si spera )resti a Maranello è possibile, ma ci sarà semplicemente la catena d'assemblamento dei mezzi ed eventualmente il circuito per provarli. I risultati agonistici saranno la chiave di volta per ammortizzarne i costi; la sperimentazione si applicherà sui mezzi da turismo, come è già avvenuto per la Giulia, che sarà sul mercato da Novembre. La FIAT dopo gli Agnelli, intesi come i tre storici fratelli, o meglio, due più una, è stata frullata, centrifugata nel pelago indistinto delle facilitazioni fiscali, nelle fusioni transoceaniche: dopo essere stata un baluardo facilitato del marchio Italia nel mondo, si internazionalizza, si anonimizza e cerca di alimentare i suoi capitali, estraniandosi dal contesto fragile e potenzialmente condizionante dell'Italia. Saluta, con l'Italia, anche i suoi sindacati che - nonostante la "complicità" di CISL e UIL, mantenevano all'interno dei cancelli una forte prevalenza cigiellina, che l'esclusione dagli accordi aziendali non era riuscita ad indebolire. Come avrebbe potuto? La FIAT è sempre stata la punta di diamante dell'aziendalismo oppressivo, con i frequenti licenziamenti dei sindacalisti che non stavano nei ranghi, con i reparti-punizione e i reparti-ghetto, con lo spionaggio e la schedatura interne, da Valletta in poi, mentre l'Avvocato per antonomasia era conosciuto all'estero come un play boy di successo. E' vero che la FIAT è stata una fucina di brigatisti rossi, ma anche nel senso che aveva preidsposto una organizzazione adatta per crearli ed è stata il palcoscenico della rivolta reazionaria e autolesionista dei colletti bianchi o quadri che dir si voglia, che sfilarono teatralmente per le vie di Torino, perché inibiti dai continui scioeri interni agli stabilimenti, che però non li coinvolgevano, dato che non era segnalata la loro presenza nelle assemblee. Era, anzi, implicitamente vietata, così come era implicto che questo esercito di impiegati di riserva guidasse, eterodiretto o eterocondizionato, la reazione alle aspre officine. Oggi, la Ferrari, acquistata alla morte dell'Ing. Enzo Ferrari per pochi soldi, come costume nell'ambito della speculazione privata, va a rappresentare non più il lavoro italiano, ma il blasone senza patria di una industria meccanica che si sposta per evitare le crisi di un settore profondamente in difficoltà - come le piccole aziende non possono fare -, si fonde per creare le condizioni di un'espansione senza obiettivi diretti in aree strategiche e si rifugia, non più nelle braccia dello Stato assistenziale, ma negli interstizi della fiscalità attrattiva e del decentramento dell'immagine della passione di chi una Ferrari non la guiderà mai.

giovedì 2 luglio 2015

Pulcinella o della democrazia interpretativa.

Vincenzo De Luca come Luigi De Magistris, entrambi in Campania, a Napoli. Il tribunale partenopeo ha sovvertito con giurisprudenziale creazione del diritto all'incontrario, statuendo che la chiarissima legge Severino, formulata da un avvocato di grande esperienza e finezza giuridica, a loro, localmente, non si applica. Una sorta di statuizione geografica "speciale", come quelle delle province autonome di Trento, Bolzano e Aosta. In Italia, o meglio in parti giuridicamente "raffinate" di essa, l'abitudine a capovolgere il buon senso oltre che il dettato legale con sofismi non arretra, non accenna a prese d'atto di culture aliene: anche le sentenze previdenziali - sui "tetti" non più indicizzati - recenti della Corte costituzionale puzzano tanto di autotutela in previsione di una quiescenza ritardata ma non procrastinabile all'infinito. Per una puttanata il Sindaco Del Bono di Bologna si dovette dimettere e il Governatore dell'Emilia Romagna, Vasco Errani, per una vicenda ancora non chiara, ha dovuto fare altrettanto, per fornire, evidentemente, motivo di derisione ai mentori e rappresentanti di costumi di rendita incistati nel sentimento ambientale.

Di che c'è da stupirsi?

In Campania si è consumato un altro dramma dell'emigrazione: un'intera famiglia, ibrida di contributi culturali, ha tentato il ricongiungimento con la diletta figlia, sposata ad un miliziano del IS. In precedenza, costei si era convertita ed era apparsa in alcune trasmissioni televisive, nelle quali, con l'estremismo della neofita, aveva fatto sfoggio di virtù islamica e lanciato l'amo ad altre defedate spirituali come lei. Sta di fatto che la colonia multiparentale si avvaleva anche di un albanese, un musulmano laico, suo marito, assoldato nelle truppe del califfato ( gratuitamente? )che le medesima, in messaggi dalla Siria, definisce un combattente "assetato di sangue". Per parte sua, la sposina si prodiga in propositi di decapitazione-macellazione di tutti gli infedeli, felice, forse, di avere incontrato un vero uomo, un puzzolente guerriero di Allah, mentre, se avesse sposato un borghesuccio del suo paese gli avrebbe scassato le palle con mille minute rimostranze, manifestandogli, per questa via ritorsiva, tutta la sua insoddisfazione. Il bello è che anche il resto della famiglia, costituito dal padre pensionato e dalla madre casalinga, stava per raggiungerla. Il papà si era informato se esisteva la possibilità di coltivare un orto: "altro che orto, avrai tutta la Siria!, la mamma aveva chiesto se nei giardini desertici di Allah c'erano i frigoriferi. Rassicurati, stavano per partire quando sono stati reclusi "in partibus infidelium". Oggi, la locandina del Resto del Carlino, che non ho comprato, recava una notizia degna della dotta Bologna: l'ideologa del IS per l'Italia sarebbe bolognese, non so, né mi interessa, se autoctona o "eterologa". Il cerchio dell'ignoranza e dell'imbecillità si chiude, con la probabile aggravante dell'interesse pecuniario e "dell'autoterapia psicologica". In che cosa differisce, in fondo, da tante altre, evidenti e trascurate forme di invasamento illusorio? Sul piano storico, le infatuazioni religiose, sentimentali, ideologiche, hanno soppiantato e riempito il vuoto interpretativo su cui si fondavano ed in cui erano immerse. Oggi, fra le altre, vigono le scalmane delle società di consulenza, degli obiettivi metafisici che si limitano a contendere il reale ad altri competitori, sperando nella loro malasorte, mettendo in campo una legione di contractors, di mercenari itineranti fra un avamposto e l'altro che lasciano, con le loro salmerie al seguito che li seguono per presunto interesse, materiale e psicologico, quanto meno da accudimento, come l'accozzaglia del Califfo, senza trascurare, nei limiti delle proprie facoltà di comprensione e della merce, materiale e retorica, di cui dispongono, di trarre qualche beneficio personale, quando troppo sfuggenti si fanno i benefici dell'onorevole Ciccio Formaggio. Anche i Testimoni di Geova vivono, come gli apostoli, di proselitismo, ma per ogni nuovo adepto percepiscono una percentuale sul canone d'iscrizione e di fessi o di maliziosi, professanti l'incontaminazione, anche trasfusiva, del sangue, ne trovano in quantità inaspettata, nelle ridotte morali e culturali delle conurbazioni urbane.

mercoledì 1 luglio 2015

I contributi di cui si gode.

L'Unità è un concetto filosofico e religioso: dio è uno. L'unità dei lavoratori, delle masse dei credenti nel loro credo che neppure padroneggiano,. L'Unità è anche un giornale attraverso il quale Antonio Gramsci, un grande pensatore e un pensatore anomalo nel panorama italiano - soprattutto per l'onestà - esprimeva la necessità tattica e strategica del comunismo. La "reductio ad unum", per fortuna non si verificò, sarebbe stata la base di un artificio e di un totalitarismo, ma le vie e gli appetiti che la osteggiarono furono, non solo ignobili, ma bottegai e privi di coscienza civile. Per questo, per tutta la storia dell'Italia contemporanea, i pensatori comunisti furono spesso gli artefici dell'emancipazione culturale del popolo nell'organizzazione del partito che, per fortuna e condizionamenti spartitori internazionali, non riuscì mai a farsi Stato. L'Unità ha goduto, come tutta la stampa di partito, di ingenti sovvenzioni pubbliche; ne ha goduto anche la stampa privata, per decenni. E' caduta dieci anni fa e due anni or sono. Nella sua seconda riedizione che ne ha comportato anche uno snaturamento, per l'adeguamento contraddittorio ad un movimento fluido: l'Ulivo, il PDS, i DS, passando per la Margherita, fino al PD. Nonostante le sovvenzioni pubbliche e il passaggio in gestione editoriale privata, è fallita, anche sul piano amministrativo, due volte di fila. Dunque, le sovvenzioni pubbliche di cui ha goduto, nel baillamme del contenitore di posizioni ed interessi incongrui, non è bastato, mentre in passsato si sosteneva, godeva anche della diffusione fra i due milioni di militanti iscritti al P.C.I. ( oggi ridotti "a uno" ) e, prima della democrazia, della diffusione clandestina, voce dissonante e di sinistra verso il regime. Allora sì che non godeva di nessun finanziamento pubblico e neppure privato, per un coacervo di interessi. Eccola riapparire in versione tricolore con il solo riferimento al fondatore nella testata, quel Gramsci che analizzò, criticò con acume e libertà, adatte ad un Paese non mafioso, come è invece il nostro, le stratificazioni della società italiana, traducendone le posizioni morali nei termini materialistici della dottrina marxista di cui era intelligente cultore. Morì per le conseguenze del carcere, senza mai sperimentare la corruzione dell'esperienza politica, che fu invece lo sterile volano di Palmiro Togliatti. Riprende le pubblicazioni pubblicando a rate l'enciclica "Laudato sii.." di Francesco I, si pubblicizzza in mano alla botticelliana ministra Maria Elena Boschi, figlia del chairman della Banca dell'Etruria in amministrazione controllata. Insomma, la sintesi, in termini di puro potere, della confusa ma violenta politica italiana che invece Antonio Gramsci analizzava, anzi vivisezionava. L'Unità, un mito, questa volta, per di più, confuso, il contrario dell'ipotesi del suo fondatore. Sarebbe meglio togliere il riferimento, anche perché molti dei suoi lettori neppur sanno chi è stato Antonio Gramsci e, se lo sanno, sanno anche di non aver più nulla da temere dalla sua capacità d'analisi, che ne fa oggi, ma a livello elitario, l'autore italiano più consultato nel mondo.

Europa, europa, vituperio delle genti..

Non c'è mai stata tanta "trattativa" da quando Tsipras ha rotto gli indugi ed ha indetto un referendum sulla morte per soffocamento progressivo del suo popolo. E' una falsa trattativa, niente di diverso di un tentativo di interferenza, per ottenere lo scopo del ricambio di governo, dopo solo cinque mesi dalla sua elezione. L'incidente di percorso in cui sono incorsi i ragionieri di Bruxelles e del FMI va recuperato e corretto, in un modo o in un altro. L'esito è meschino e grottesco, ma di questo i ragionieri non sono in grado di rendersi conto e puntano sull'insicurezza "di ritorno" di un volgo disperso e incompetente, tanto proclive ai favori clientelari, tanto ostile ai sacrifici, ma timoroso verso le responsabilità. Restando a mezzo, cioè sotto, potrebbe sospirosamente consentire ai suoi macellai di fare il loro lavoro, sconfessando quanto da loro stessi deciso il 25 Gennaio scorso, attraverso l'investitura di un partito nuovo e lasciando sullo sfondo la destra-sinistra una volta a me, una volta a te e stavolta tutti e due insieme, il post-storico partito comunista, che non c'entra con Syriza, ecc. Qualcuno accusa già il Governo di non renderlo edotto della situazione post abiura dell'euro: come se si potessero formulare ipotesi attendibili, tranne quella di un lungo percorso verso un rilancio economico di nicchia, che cristallizzerebbe nell'immediato la poverta storica del popolo greco, come apporterebbe la permanenza al guinzaglio della Troika, ma senza prospettiva di affrancamento. Piazza Syntagma, che ben ricordo all'epoca delle mie frequentazioni ai tavolini dei bar, si riempie e si sgonfia in continuazione; almeno, ora, la polizia di Alba Dorata non bastona più i manifestanti, ma si limita ad osservarli ed eventualmente a contenerli. Chissà come è frustrata! Anche nei ranghi dei ragionieri brussellesi ci sono rapaci e accomodanti per interesse: Merkel e Draghi fra i secondi, per ragioni di leadership e per politica di contenimento pro Italia e la Francia socialista incapace di prendere una posizione, mentre il ministro dell'economia tedesco, la banca centrale tedesca e il FMI, guidato da quel travestito di Christine Lagarde, sono per lo "spaccheremo le reni alla Grecia!", immemori di come andò a finire l'ultima volta. Intanto Schengen non c'è più: uno dopo l'altro i Paesi dell'Unione europea pongono vincoli alle rispettive frontiere in funzione anti-migranti, per cui, chi se li tiene, diviene una periferia stracciona più che meticcia dell'europa medesima. Chi se ne è riempito, durante le generazioni passate, lo ha fatto per servirsene, dopo l'abbandono dello sfruttamento coloniale, salvo lasciarli, ad un certo punto, per le strade, per potersene lamentare. L'unione europea è nata per creare un'area al riparo dalla speculazione finanziaria ed è diventata un regione per lo più dissestata ( come era anche prima per clientelismi, corruzione e sperequazione fra le recgioni che compongono gli Stati membri ), al giunzaglio di una nazione -guida e di un direttorio di contabili insensibili, ma forse, a breve, sconcertati e messi a nudo. O messi a nudo, ma protervi più di prima. In Europa si (ri)gioca un match per le democrazia o, almeno, io gioco in questa squadra.