lunedì 13 luglio 2015

Sulle colonne d'Ercole.

Il tira e molla sulla Grecia ha sempre più l'aspetto del colpo di Stato strisciante e contro ogni pronunciamento popolare, contro Syriza. La Grexit a termine, che cos'altro può essere? L'osmosi, all'italiana e, per opposto paradosso, alla tedesca, si è creata nel Parlamento di Atene, dopo l'improvvida dimissione di Varoufakis, nel tentativo di contraddire l'esplicito mandato, elettorale e referendario, del popolo greco, ibridando una maggioranza di "larghe intese", nella quale il nuovo movimento si accoppiava con i due schieramenti falsamente alternativi e gravidi di corruzione del Pasok e di Nea democratia. Adesso, i creditori del nord europa, più l'Irlanda e il Portogallo, impongono ad Atene o una riforma del sistema in tre giorni ( che altro è se non un colpo di Stato, come quello perpetrato in italia? ) o una sospensione di cinque anni della Grecia dall'Unione europea e dalla moneta unica, con, per di più, la costituzione di un fondo di garanzia per i creditori, di cinquanta miliardi di euro: un'ipoteca sui beni pubblici ( cioè del popolo ) greci. La Grecia tentenna, ci prova ancora e la Germania la tortura, non avendo il coraggio di rinunciare ai suoi investimenti in titoli di Stato greci. La Francia, l'Italia e la Spagna sono state messe all'angolo dal ministro delle finanze tedesco. La Grecia è stata schiacciata contro un muro. In questo contesto, alla Grecia e al suo Governo, non spetta altro che uscire dalla moneta unica ed apprestare le più rigorose misure per evitare rigurgiti fascisti sul loro suolo. Ma devono scontare la presenza di un piccolo partito di estrema destra, anti-euro, ma per ragioni ben diverse, anche se ammantate di populismo e garante del mantenimento della spesa militare, mentre tutto il resto langue. Badate bene: anche in Italia, a fronte della privatizzazione strisciante dell'istruzione, dei tagli alla sanità e della pensione in articulo mortis, le uniche spese che vengono incrementate sono quelle belliche, in un disegno di intervento collaterale alle grandi potenze sullo scenario energetico e geo-strategico. Le stesse politiche che si vogliono imporre alla Grecia. oltre al differimento sine die di pensioni molto modeste, si vogliono, per mercoledì prossimo, la privatizzazione di tutto il sistema bancario e di tutte le attività private, il ritardo nel pensionamento e una riduzione delle prestazioni previdenziali, rivelando per la prima volta in maniera, a fortiori, esplicita, il programma che la Germania, vuole imporre a tutto il continente sottoposto al suo dominio, senza curarsi dell'unica eccezione che pratica a suo beneficio. L'Unione europea diventa un club, del quale sono chiamati a far parte gli storici alleati della Germania, inclusi quelli est-europei. L'unico ad opporsi a questo revival è stato Vladimir Putin. Dopo il referendum greco, l'azione della Germania e dei suoi vassalli si è fatta asfissiante: la paura è di compromettere la tenuta delle banche, piene di titoli greci. L'uscita temporanea dall'euro della Grecia non potrebbe comportare il rientro, perchè il valore della vecchia moneta sarebbe inferiore del sessanta per cento. E' piuttosto da ricercarsi nell'asset di beni pubblici, pari a cinquanta miliardi di euro, la "rinegoziazione" del debito ellenico: quei beni sarebbero venduti ai creditori il giorno dopo la loro costituzione e costituirebbero un'occasione di investimento per il recupero del credito. Peggio di una guerra persa o il suo equivalente. L'accanimento di paesucoli, pari - economicamente - alla Grecia è indicativo più della crudeltà tedesca. I trattati non prevedono, fra l'altro, l'espulsione di uno Stato membro e, quindi, neppure la sua fuoriuscita: sembra che esista, sotto traccia, un accordo per restare avvinti in rapporti di servo-padrone, nell'innaturale connubio elitario, cioè dei soli maggiorenti economici delle nazioni coinvolte. Di questo, senza fare lo gnorri, Romano Prodi dovrebbe dare una spiegazione, non essendo alieno dal combinar pasticci, troppi per essere casuali. Per parte sua Alexis Tsipras ha indetto un referendum sulle ingiunzioni comunitarie al suo Paese ed ha riscontrato un rifiuto netto. Adesso non può tergiversare e deve uscire dall'euro senza pagare il debito. La partita per lui è ora in patria ed è una partita rischiosa. Ma non può prescinderne.

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