sabato 4 luglio 2015

Almeno per un'altra generazione.

Silvio Berlusconi, in una intervista commemorativa, ma ancora di stretta attualità, rammenta le congiure dell'asse Merkel-Sarkozy per farlo cadere nella primavera del 2011. Il suo Governo aveva ripetutamente obiettato alle richieste di alzare orizzontalemnte le tasse ed aumentarne le aliquote in rapporto ai cespiti ed ai capitali, ma non aveva calato il maglio, neppure sulle pensioni. Nel contesto (com)unitario si era difeso ed aveva contrattacccato chiedendo una revisione profonda delle politiche di debito-credito, più proprie di una banca che di un consorzio politico e - qui sta il guaio - monetario. Ciò non di meno, anche una politica monetaria o da consiglio di amministrazione, poteva seguire direttrici diverse e se questo non avveniva, era dovuto all'avido egoismo dei pochi paesi più forti e all'intento geo-strategico, fomentato anche dagli Stati Uniti ( pur con tutte le riserve e le sospettosità che lo spionaggio interalleato ha rivelato ), di ricreare un'area militare e capitalistica forte nell'Europa continetale con la Germania restituita alla sua storica funzione di leader, più di una volta molto mal esercitata. Ha fatto bene Berlusconi a ricordare le continue sollecitazioni rivolte dalla Merkel a Napolitano per la sua rimozione e per l'impulso che "doveva" esercitare sulle "riforme" che ci erano state richieste, così come i contatti con Mario Monti, preliminari di molti mesi al cambio in sala di regia. Non ha parlato della sua pavidità "imprenditoriale" di allora, quando, come già aveva fatto dopo soli nove mesi durante la presidenza di Scalfaro, raggruppò le sue scarabattole e cedette il campo, senza colpo ferire, al primo usurpatore-Quisling del dopo guerra, il primo anche dopo la fine della guerra fredda. Anche in questa circostanza e per la ragione della tutela dei beni acquisiti attraverso la politica, la commemorazione risulta monca, ma è indubbiamete veritiera e rammemorante, nella situazione attuale, nella quale alla sola Grecia tocca il testimone della democrazia, in una condizione di accerchiamento e di potenziale harakiri per confusione originata dall'ingerenza esogena. Il povero Tsipras non ha niente da difendere, per questo è solo, chiamato ad un compito che, se avrà successo, potrà sparigliare il potere di supporto alla prepotenza del capitale ex industriale, trasformato in finanza e destinato a cercare o a mantenere le condizioni più idonee a consolidarsi, destrutturando in conseguenza tutte le istituzioni di consolidamento civile. Nella cavia greca - cavia costituita solo da un popolo inurbato, per sfuggire all'arida miseria della campagna - che vede svanire le modestissime certezze delle sue morigerate abitudini, si sperimenta la società minore della periferia europea, che l'abbandono delle politiche keynesiane di metà del secolo scorso aveva mitigato e rinvigorito, fino a far dire a molti, anche fra i membri della società minore, che c'era troppa "comodità" ...prima. Ora non si correrà più quel rischio. Almeno per un'altra generazione.

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