sabato 31 gennaio 2015

Per chi crede al cambiamento.

Il Mattarellum è presidente della nostra repubblica dei fichi d'India. Sarà di nuovo regista ( o produttore? ) di una seconda compromissoria, controriformistica e gattopardesca "riforma della sua riforma". L'unica novità che rappresenta è l'origine geografica: fino ad ora erano stati Presidenti solo toscani, sardi, piemontesi e napoletani. Sergio Mattarella è un uomo laconico, silenzioso, omertoso? Eppure suo fratello, Piersanti, è stato ucciso per mano della mafia, ma, fin da allora, soprattutto nel bellissimo libro di Nando dalla Chiesa in memoria del padre, non mancarono i rimandi alla poco chiara figura del padre Bernardo, democristiano e doroteo ( cioè sulle posizioni attuali degli ex MSI ) che di rapporti stabili con la mafia, compresa Portella della Ginestra, era stato sempre sospettato. D'altra parte, questo moroteo, su cui non devono cadere le colpe eventuali del padre, non viene dal quartiere dello Zen, non coltiva retoriche presunzioni idealistiche da affrancamento dalla miseria, è anzi rampollo di una famiglia ricca e ammanicata, come è conseguente alla posizione sociale ricoperta nell'isola, in politica e nelle istituzioni. Mattarella è citato per il suo gran rifiuto ad avallare la sperequata scelta nell'assegnazione delle frequenze a Berlusconi e per le dimissioni dal Governo presieduto da Andreotti di cui faceva parte ed è citato per la sua assenza dalle note delle agenzie di stampa e dalle riprese televisive. Come si addice a un giudice. Non è comunque un uomo nuovo: Renzi si è clamorosomente contraddetto nel volerlo imporre. Potrebbe mettergli il bastone fra le ruote su singoli provvedimenti, ma dubito che possa mettersi di traverso rispetto alla politica golpista di cui è stato l'ultimo beneficiato, con il contributo importante dell'ex presidente Napolitano. Sarà con Renzie cogarante dell'ubbidienza europea. Un uomo silenzioso non è un uomo di contrasto, bensì di mediazione, in questo caso neppure esplicita. A determinare la sua elezione sono stati i settantacinque voti di quei democristiani di complemento che fanno capo ad Angelino Alfano, ricondotto sulla retta via dalla minaccia di sostiturlo ( avrebbe potuto vessarlo ma non ha ancora i poteri per poterlo sostituire d'imperio ) nel suo agognato e necessario ( per la sopravvivenza ) ruolo poltronistico. Altri cento voti sono venuti dalla fronda dentro Forza Italia, dopo che Berlusconi, fidanzandosi per dare una parvenza di istituzionalità tardiva alla sua satiriasi, ha rinunciato alle olgettine, alla vita carnascialesca, perdendo se stesso. Volere o volare, fra Renzi, Alfano e Mattarella si è svolta, nei fatti, una triangolazione democristiana che ha escluso, per questa tornata, Pier Ferdinando Casini e che, nel farlo, ha privilegiato, prelevandolo dalla naftalina condizionatrice della Corte costituzionale, probabilmente il migliore e il più preparato dei tre, secondo una presunzione "in absentia" di elementi per valutarlo. I democristiani della diaspora, a volte apparentemente l'un contro l'altro armati, continuano a pioverci sulla testa, soprattutto attraverso le elaborazioni "istituzionali" nelle quali si articola il potere soprastante alla non più espressa volontà popolare.

venerdì 30 gennaio 2015

La ricerca dell'equilibrio dell'ubriaco.

Di fronte agli stentati conati dell'elezione al Quirinale di una figura notarile, di esclusiva valenza interna, incapace di disturbare i due manovratori, quello europeo e quello demandato in patria e le elezioni in Grecia, corre il crinale fra il compromesso a tutti i costi ( per gli altri ) e la presa di posizione popolare, netta ed incisiva. Marca anche il discrimine fra la correità con il potere dominante e la capacità autonoma di investirsi dei problemi del proprio popolo e di portarli in un contesto allargato. L'ipotesi di un democristiano di sinistra, fratello di un caduto sul fronte palermitano, schivo e pandettaro è perfettamente in linea con la neo D.C. renziana; accantona qualsiasi ipotesi alternativa, anche sul piano morale, cioè dei costumi politici, che solo una figura fuori dai giochi, potrebbe rivestire. Mattarella è stato spesso ministro e quando le fortune della sua dispersa e onnipresente compagine onnicomprensiva, sotto l'egida unificatrice ( apprentemente ) cattolica sembrava aver smarrito la sua "missione" unitaria, è sempre rimasto "in zona" andando infine a ricoprire, in quota al PD, la veste di giudice costituzionale, insieme al neonominato Giuliano Amato, in quota ecumenica o delle larghe intese. La fretta inconsulta con la quale si vuole addivenire alla nomina e la difficoltà a compattare le parti in carenza degli inevitabili dosaggi di interessi, rimanda il "redde rationem" a cose fatte, quando, perdurando la sconcertante evanescenza dei movimenti politici, il Presidente sarebbe chiamato a fare il dominus per conto della unione europea e dei poteri prevalenti, barcamenandosi fra ogni sorta di persistente incongruità. La politica italiana, privata delle sue due polarità post belliche e costituzionali, si dibatte in un continuo puntello dei suoi claudicanti equilibri. In Grecia, invece, la vittoria elettorale autentica, non attraverso nomine e liste bloccate, è stata una chiara risposta popolare di sinistra alla crescente, strangolante concentrazione economica del capitalismo finanziario che ordina l'impoverimento di massa e celebra la disperazione quotidiana come prova dell'esistnza di un dio chiamato rigore. L'esperienza francese risulta, alla prova dei fatti, flebile. La forte spinta lepenista, regressiva e tardiva rispetto ad una tradizione d'immigrazione cinquantennale in Francia, ne è la dimostrazione più lampante. Dell'Italia non varrebbe neppure la pena di parlare, avviluppata com'è in ogni sorta di compromesso "decisionista", non più o non solo fra le fazioni, ma fra i creditori e i destinatari delle loro imposizioni. In Italia, infatti, nessuno si è posto e si pone l'obiettivo ed il compito di contrastare l'austerità e i suoi imperativi ed è facile per i poteri prevalenti troncare ogni minima traccia di una riaffiorante autonomia politica del lavoro. In Grecia, come in Italia, c'è stato un colpo di Stato alla base della folle politica di abbattimento del welfare, ma la sterilizzazione della dialettica politica, frutto delle nostre "fusioni impossibili", non c'è stata e la facoltà d'espressione, alla fine, è tornata al popolo. In Italia il presente è solo decadenza, decadenza alla quale i Greci si sono ribellati e hanno riallacciato i filamenti con le radici storiche della sinistra che Matteo Renzie ha scambiato indecentemente fra riforme contro i lavoratori e flessibilità nei conti, nella quale cercare di continuare a ciurlare nel manico per le clientele da cui proviene. I Greci non hanno fatto abiura: contestando il presente hanno recuperato e rimesso in pista le idealità politiche del loro passato, le tradizioni che sono o sarebbero però anime morte se i loro eredi firmassero la resa all'antipolitica che usa il chiacchiericcio e l'accordo più volgare come maschere degli appetiti delle cricche di potere.

La malafede interpretativa di quel che è chiaro.

Scioperi. L'Italia sciopera ancora, dividendo gli ambiti fra protestatari e rivendicazionisti. Protestatario è certamente quello, in corso, dei bancari, ex categoria anomala del lavoro dipendente, in difesa di una "quadro" contrattuale privo di contenuti, che però mantiene ancora la categorialità, l'appartenenza ad un unico ambito, nel quale e con il quale confrontarsi. Gli scioperi rivendicazionisti sono, invece, tornati alle origini e, spesso, non conoscono più un interlocutore a cui riferirsi. Rivendicano ciò che "gli ultimi" stanno perdendo. Il recente job's act, conduce, in un alveo, "un quadro" sbrindellato, i lavoratori d'occasione nel "vacuum" delle tutele crescenti, tanto più illusorie quanto sempre più frequenti sono gli appalti che hanno cercato di superare, negli scorsi decenni, il divieto di contrattazione facile al di fuori della categoria di appartenenza. Dopo gli appalti, è diventato sempre più frequente il cambio, la sostituzione delle società appaltatrici che, altrettanto spesso, hanno "figliato" altre società, si sono fuse e smembrate, alla continua ricerca del profitto a scapito del salario e annullando qualsiasi dignità nel lavoratore. Le "tutele crescenti", quindi, sono già pronte per essere eluse attraverso il trasferimento dei lavoratori, mano a mano che acquisiranno "anzianità", ad opera delle nuove società appaltatrici, presso nuovi appalti, "azzerandone" così l'anzianità e le tutele e poter, successivamente, operare dei licenziamenti a basso costo. L'intervenuta abrogazione della tutela reintegratoria verso il licenziamento per motivo illecito determinante, toglie il freno ad ogni possibile abuso. Il mantra di ogni associazione padronale, a sua volta non più tenuta all'iscrizione alla associazione datoriale di appartenenza, ma libera di accasarsi temporaneamente dove trovi maggior "apertura" ai suoi calcoli reddituari, al "contesto occupazionale e produttivo", si richiama, tempo per tempo, occasione per occasione, ai modelli "flessibili", che, più che un modello, sono un quadro concettuale opportunistico. In tutto questo, grande è stata ( e potendo, ancora sarebbe ) la responsabilità dei sindacati "codeterministi", come se fossero già stati istituzionalizzati o avessero sempre per interlocutore un Governo "amico". Opponendosi alle iniziative "flessibilizzanti" dei Governi di destra, i sindacati hanno posto un argine fragile e friabile al perfezionamento del "quadro" disgregatore, che oggi( e in minor misura, già in passato ) uno pseudo Governo di centro-sinistra sta portando a rapido e ferale esito, così come vuole la Troika europea, alla quale la politica ex sociale - almeno in Italia - è strettamente abbarbicata. A questo punto, una domanda ineludibile sorge spontanea: verso quale modello economico precipita un mercato del lavoro fondato sulla flessibilità liquefatta del lavoro, su un paradigma di lavoratore a resistenza zero, del tutto sostituibile e fungibile rispetto ad altra forza lavoro?

giovedì 29 gennaio 2015

La mafia intrinseca.

La mafia in Emilia Romagna o almeno quella attiva di recente sul nostro territorio, si valeva di una instaurata rete di relazioni con le amministrazioni locali, molte delle quali, "precipitato" del terremoto di due anni fa. Si valeva anche di una abnorme emigrazione da una zona specifica del territorio calabrese, all'interno della quale, feudataria era ed è una famiglia, ad un'altra zona specifica del territorio emiliano, dentro il quale vive isolata, "etnica", nel numero di trentamila unità. Non sono tutti mafiosi! E' ovvio. ma tutti sono condizionati dalla mafiosità della dominanza d'origine, anche quando ne sono vittime e la conservazione del nucleo clanico in zona aliena conferma la facile analisi. Aste al ribasso e mano d'pera al minimo salariale in loco, imprenditoria indebitata o allo stremo per mancaza o rarefazione di commesse, hanno fatto il resto, secondo il volgare e reale criterio dell'utilità, almeno in quest'ambito "imprendotoriale" e sociologico. Si rideva a Modena, come all'Aquila, nel post terremoto: è crollata la torre di Mirandola. Allora lavoreremo là. Dov'è lo scandalo? Anche se non mafiosi ( in questo caso gli interlocutori lo erano ) l'etica dell'impresa sono i soldi e solo dopo esserseli asicurati si può salmodiare per le occasioni qualche condolenza "sintomo" di umana pietà. Se non ridono al telefono, i potenziali destinatari dei lavori di ricostruzione ridono in cuor loro; immediatamente focalizzano le loro iniziative sul business, intrattengono le amministrazioni locali, chiamano a raccolta la forza lavoro più economica per il compito specifico, in cambio di favori da "appartenenza" sui territori interessati alla fornitura e all'utilizzo, di concerto - è ovvio e conseguente - con gli amministratori locali. Cominciano le distinzioni "mafiose": io non c'entravo, ecc. Varranno in tribunale per accertare le responsabilità, non devono valere giornalisticamente per rilanciare subito la trama consociativa di interessi pubblici e privati o fra privati che è la base elementare della mafia.

mercoledì 28 gennaio 2015

Auspici.

Sarebbe opportuno che alle prossime elezioni legislative tedesche Angela Merkel trovasse sul suo cammino un altro candidato alla Cancelleria, più politico, in senso alto, che esiste, che ragioniere, a voler essere enfatici: tecnocrate. La politica della Merkel è grigia, contabile, pigra. Essere leader richiede ben altre capacità e ben altro impegno. In fondo, la Germania si è trovata, per suo merito, ad essere capofila in Europa e dovrebbe considerare questo ruolo come un onere e non come un privilegio a cui assoggettare tutti gli altri. Non è utopistico. Pur mantenendo la tradizionale serietà diurna ( di notte, i tedschi sbracano come pochi altri ), la grande cultura teutonica dovrebbe saper esprimere una classe governativa più incline alla gestione di lungo corso, piuttosto che alla cautela conservativa di una posizione che per la Germania non è mai stata inerte, ma il frutto di una costante e pervicace applicazione. Che possa intravedere disarmonie rispetto al suo costume e che non voglia più sopportarne gli oneri clientelari è comprensibile e pure giusto, ma che pretenda di imporre improvvisamente il suo metodo, pena ritorsioni e disgregazione sociale nella altre nazionalità, è inammissibile e da rigettare. La storia recente, del dopoguerra, ha espresso ben altre personalità della catapultata, per vie nebulose, Cancelliera al vertice del Governo, direttamente dal trampolino della Democrazia cristiana tedesca, che non può mascherare i suoi trascorsi burocratici e dittatoriali. Angela Merkel è stata funzionaria presso l’Accademia delle Scienze della Ddr ( è laureata in fisica, ma niente di più ) e nella direzione del sindacato aziendale e parla la lingua russa. Dal 1981 in poi la Merkel è stata segretaria della Libera Gioventù Tedesca (Freie Deutsche Jugend, o Fdj) per l’Agitazione e la Propaganda (Agitprop) - il dipartimento ideologico - una pagina della sua vita documentata ma sempre negata dall’interessata. La Fdj, che già a soli 16 anni l’aveva premiata per "l'eccezionale performance sociale e scolastica" con la medaglia Lessing nel 1971, era un’organizzazione giovanile strettamente legata al Sozialistische Einheitspartei Deutschlands (Sed), il Partito socialista unificato rimasto al potere dalla nascita fino alla scomparsa della Ddr. Nel 1989 la Merkel si oppose persino alla riunificazione tedesca, preferendo, per non stemperare e pregiudicare la sua posizione, un "socialismo democratico" in una Germania Est indipendente. Eppure, solo 15 mesi dopo la caduta del muro riuscì a entrare nel governo federale ( larghe intese, patti del Nazareno? ) come ministro per la Famiglia, gli anziani, le donne e la gioventù. Aveva raggiunto in tempo record i vertici della Cdu come vice, grazie ai suoi "protettori" Wolfgang Scnhur, capo del Movimento democratico tedesco orientale e Lothar de Maiziere (di cui la Merkel era viceportavoce), ultimo capo di governo della Ddr. Entrambi erano collaboratori della Stasi, il famigerato "ministero per la sicurezza di Stato" (Ministerium für Staatssicherheit). Fu la Merkel a definire una sciocchezza le accuse di ispirazione delle azioni della Rote armee fraktion, i cui membri furono uccisi in carcere con teutonica, incivile oltre che illiberale attitudine, nella Repubblica federale, dopo il sequestro e l'omicidio del capo degli industriali. I documenti della Stasi erano stati opportunamente distrutti, poco prima della non auspicata riunificazione. Se Margaret Thatcher fu la dissolutrice del welfare inglese e la privilegiatrice degli interessi economici privati, Angela Merkel è la potenziale ( per la Grecia, già da tempo in atto ) devastatrice delle tutele sociali in Europa, in nome dell'egoistica salvaguardia apolitica del privilegio tedesco e, ancora una volta, personale. Un salto all'indietro di almeno due generazioni. Che si tratti di una regressione di genere? Gli esiti di una prolungata leadership femminile ( tre mandati per la Thatcher, tre mandati per la Merkel ) manifesta una evidente tendenza conservatrice di un privilegio statico per assicurarsene l'esercizio futuro. Per questo, sarebbe ora che la Merkel fosse politicamente avvicendata. E, dopo di lei, riformata la Troika, possibilmente non con elementi italiani.

martedì 27 gennaio 2015

La memoria di ciò che non si conosce.

Il giorno della memoria dello sterminio ebraico è quasi priva di testimoni diretti e i ricordi di chi ha avuto parenti prossimi, coinvolti od impegnati nella storia dello sterminio tentato in europa sono già qualche cosa di mediato nell'espressione e nei sentimenti. Eppure restano le immagini di corpi macilenti o scheletrici, di pellanchere vuote ammonticchiate nei cortili dei lager dopo essere state uccise, ma il silenzio delle potenze, che erano a conoscenza dei fatti, delle popolazioni coinvolte ( le eccezioni confermano la regola ) della Chiesa cattolica che organizzerà la fuga dei ricercati nazisti in sud america e segnatamente in Argentina, non lasciano presagire nulla di fondato, di fondatamente buono. Bene ha fatto il Rabbino capo di Gerusalemme in visita a Roma a ricordare la ripetitibilità dell'olocausto, la sua non originalità, nè per quanto riguarda i semiti, nè per quanto potrebbe riguardare altre nazionalità. E' infatti contestuale all'eccidio ebraico lo sterminio etnico degli Armeni nell'Impero ottomano, tanto descritto quanto pervicacemente negato, come avvenne, del resto, durante la sua attuazione. Anche in questo caso vi fu un silenzio indifferente dei paesi non coinvolti ed uno complice della Germania che con la Turchia intratteneva ed intrattiene rapporti storici. Le cronache di questo sterminio etnico rammentano i costumi islamici di vendere e far prostituire le vedove e i loro figli, maschi e femmine e la loro vendita al mercato degli schiavi, come fanno ancora, nell'indifferenza più assoluta, i miliziani del califfato di Baghdad, come fecero i cetnici serbi ( vendita a parte ) durante l'ultima guerra civile jugoslava, senza che neppure la Chiesa chiedesse un intervento alle neghittose potenze delle quali è, di fatto, alleata, se non per evitare, alla fine, sopraffazioni politiche degli ortodossi sui cattolici ed ora dei musulmani sulle disperse comunità cristiane nelle terre arabe o altrimenti islamiche. Le cause storiche degli eccidi - molti dei quali sono avvenuti in epoca antica -, sono state varie, contingenti, particolari e ciascuna, per non scemare nella commemorazione tanto enfatica quanto rituale e vuota, va demandata all'analisi storica, che non rassicura nei suoi adattamenti revisionisti, quando le opportunità politiche, le sue strumentalizzazioni, li sollecitano. Le generazioni si succederanno, in carne ed ossa, in ignoranza e malafede, mentre le memorie, neppur condivise, si stagliano sempre più lontane su di uno sfondo che, da se sole, non ne impediranno il ripetersi, non necessariamente sugli stessi soggetti, ma certamente su qualche debole e minoritario capro espiatorio.

Guerre di confine.

Continua la guerra fa l'Ucraina al di qua del Dnepr e quella russofona, nella quale gli spetsnaz sopravvissuti alla Cecenia combattono come antichi aspiranti feudatari agli ordini di Vladimir Putin. Da tempo non se ne aveva più notizia, dall'abbattimento, di incerta attribuzione, dell'aereo civile malese. Reimpossessatosi della Crimea, il piccolo zar continua nella sua politica ai confini del suo impero continentale, ora senza appendici o ammortizzatori di sicurezza, così come continua l'assimilazione - secondo me non priva di elementi di corruttela - degli ex satelliti sovietici, da parte della NATO, dell'europa guglielmina e della geostrategia finanziaria e statunitense, che rischia di compromettere la permanenza al potere di Putin stesso. Una strategia simile non poteva che provocare una reazione conforme a tutta la tradizione russa, zarista, rivoluzionaria ed attuale. La Russia putiniana non è una democrazia, è un'autocrazia mal mascherata. Anna Stepanovna Politkovskaja, nata a New York da diplomatici russi, uccisa a Mosca mentre rientrava nella sua modesta dimora perché aveva rimosso la natura illiberale del suo Paese, non riposa in pace. Le sue cronache giornalistiche, nella terra di nessuno di un potere ancora fluido e indeterminato, erano troppo precise ed è stata eliminata. Ma la Russia, però, ha smesso di essere una terra d'emigrazione, ancora troppo acerba per una democrazia e poco incline ad eleborarne pazientemente i tempi biblici, conservando dignità e coerenza morale. Per questo poco e per questo tanto, a Donetsk si continua a morire senza senso, vittime sacrificali di appetiti barbarici su entrambe le sponde del Dnepr, dopo un contro colpo di Stato, fomentato - dopo quello putiniano - dall'occidente tedesco e americano, valendosi cinicamente di milizie filo-naziste ( come in medio-oriente dove ci si trova a intervenire contro gli alleati strumentali di poco prima ) e mentre la popolazione stenta a nutrirsi, perché a qualche estranea entità interessa l'egemonia senza differenziazioni, in giro per il mondo e a qualcun'altro interessa, invece, la sua autonoma autorità territoriale, oggi (multi)nazionale, entro confini storici e, possibilmente, anche nei pressi, secondo il costume degli imperi, che non contemplano altro che schiavi fuor di matrice, siano essi l'Impero Ottomano, quello guglielmino, quello nord americano, ai a cui prestan nome i politici di paglia dei singoli tasselli dello scacchiere.

Partiti liquidi.

Nel M5S le scissioni sono quadrimestrali e il numero dei fuoriusciti è proporzionale agli obiettivi contingenti di qualche altra forza (?) politica. Oggi escono in dieci, ingaggiati di riserva per eleggere un nuovo re travicello alla presidenza della repubblica, che potrebbe rivelarsi un autarca, non tanto per energia propria, ma per l'inconsistenza delle labili, evanescenti formazioni pseudo rappresentative. All'inizio i casi furono individuali ed emiliano-romagnoli: troppi venti milioni di euro esentasse per chi ne percepiva 1.200 al momento dell'elezione, per resistere alla tentazione. Poi, un sindaco eletto, sempre in Emilia, rifiutò l'abiura del CEO Casaleggio e fondò un improvvisato comitato per la dialettica interna, rimenendo a cavaliere fra la scissione e la destabilizzazione correntizia. Vennero i dialogici sul palco alla manifestazione romana di non ricordo che.., ora altri dieci transfughi che fondano una nuova sigla e si accreditano da soli come elettori di "responsabilità". Una riedizione dei "responsabili" del ginecologo siciliano Scilipoti. Se non fosse un movimento "senza qualità" - ma forse scomodare Musil è eccessivo - un fluido della Rete sempre rimpiazzabile, mentre i già eletti si vendono - come in quest'ultimo caso - o, apparentemente, si autoescludono dal mercato in attesa di ulteriori occasioni o accontentandosi di prebende e pensione cumulabile da parlamentare, il guru e il suo officiante restano alla consolle. I nuovi adepti non mancheranno. Da quest'anno, Grillo riprenderà la sua attività di attore itinerante: potrà coniugare spettacolo a propaganda, in un remake della rappresentazione sacra, poi civile, infine "prosaica" che fa del teatrante un promotore di cultura fra i più immediati, sia che tratti di testi storicamente datati ma di immutabile attualità, sia che "canti le storie" dei nostri giorni. Quest'ultima è una buona notizia; del tutto secondarie le speculazioni opportunistiche che tutti gli opportunisti vi intravedono. Se anche fossero, la sostanza positiva non cambierebbe.

Primi passi.

Nel pomeriggio di ieri mentre Alexis Tsipras giurava da primo ministro, la Germania guglielmina si è messa in moto e, direttamente, oppure tramite la Bundesbank ha fatto pervenire le sue intimazioni all'europa continentale ed alla Grecia. La Troika, tramite la sua burocrazia di vertice, ha tentato di precettare il neo leader, invitandolo a recarsi "subito" a Bruxelles, per conferire con loro. Mi sembrerebbe più appropriato il processo contrario. Tsipras, in campagna elettorale aveva promesso che la sua prima visita di Stato sarebbe stata a Cipro e che avrebbe considerato la Merkel un interlocutore europeo al pari degli altri. Anche la Gran Bretagna, nonostante la sua separatezza snobistica dall'Unione, si è vivamente preoccupata, per l'annunciato recupero della politica umanistica, della politica tout cour, anzichè della ragioneria vessatoria. Oggi la stampa dei soggetti interessati al mantenimento dell'euro, "sottolineavano" invece come l'europa avesse già diluito i tempi di rientro dal debito greco, manifestando così la strategia di riacquisizione, di fagocitazione della Grecia, dopo che il loro nominato e truffatore Samaras era stato defenestrato. L'allenaza tattica con un piccolo partito di destra enti euro è una mossa obbligata, ma anche una buona mossa e basta: le appartenenze non esistono più, la diarchia in competizione sul mondo o, almeno, sul nostro mondo, si è dissolta e utili, in senso positivo o deteriore, sono le convergenze su temi specifici del dibattito sul campo, in un esercizio della dialettica che deve esere praticato, osservato e criticato, riabilitando le facoltà civili di ascolto e di analisi.

lunedì 26 gennaio 2015

Il Paese dove è sempre carnevale.

E adesso che farà l'italietta di Matteo Renzie? Provate a indovinare. Cercherà di mediare e di trasformare una nettissima presa di posizione, ben diversa da quel suo 40% alle primarie aperte del PD, in un pretesto di rinvio e diluizione temporale del debito. Cercherà un asse Roma-Atene per menare il can per l'aia, facendo lo gnorri alle parole pronunciate prima e subito dopo le elezioni da Alexis Tsipras: i trattati non valgono più: vanno ridiscussi. Eppure, "timeo Danaos et dona ferentes", si diceva una volta, poi, la storia recente, ci ha attribuito quel ruolo furbesco, ma autolesionistico e inconcludente. L'Italia, in questo momento, è l'unico Paese ad aver assecondato, apparentemente, le brame della Troika, con la solita involuzione controriformistica e gattopardesca, sperando di trarre il solito mediocre e temporaneo vantaggio dal tradimento. Il vecchio comunista ha tradito la Costituzione e ci ha costretto a vivere nell'illegittimità del colpo di Stato, consumato, con la complictà del Governo in carica, che si lasciò licenziare dalla U.E. in cambio dell'ennesima salvaguardia per le aziende del biscione, reiterata da Matteo Renzie, in termini di rinvio e mantenimento delle frequenze, anche negli ultimissimi provvedimenti, con i quali ha procurato una via di fuga anche al papà malversatore. la Corte costituzionale ha dichiarato illegittimo l'ultimo parlamento, quello che ha licenziato e licenzia tutte le altrettanto illegittime "riforme" di un leader nominato come il parlamento stesso. Prima di Renzie fu nominato Mario Monti, il cui seguito elettorale si evidenziò nelle successive elezioni, che senza i requisiti, fu nominato "sanatore" a vita per l'assunzione del lavoro sporco. Mario Monti che nega sfacciatmente di essere un massone, mentre tutti gli annuari lo citano per tale, insieme a Ciampi, Letta, Draghi, Amato, Prodi, Padoan. Di Renzie, i cataloghi della Massoneria dicono che non è ancora un iniziato, perché è un ignavo ( implicito ) e non è ancora consolidato al potere, così da poter essere assunto in una loggia importante. Massoni e Bildeberghiani, questa è l'unione europea, perché sono costoro i pochi e "selezionati" azionisti della banca centrale europea, come in una banchetta di famiglia. Un potere compulsato, costituito, forzando le situazioni dei Paesi più deboli o compromessi, per impadronirsi della sovranità degli Stati, che emanava dal popolo, dell'economia e dei redditi europei. In tutto questo pesante lavorio, l'Italia fa la solita figura fra Arlecchino e Pulcinella e, in questa confermata mediocrità, sprofonda e si crogiola, senza che dalla società civile scaturisca un movimento in grado di far saltare il banco.

Là, dove è la democrazia.

Syriza ha vinto. Dpo cinque anni di governo assegnato dalla troika a quel Samaras che, per favorire gli interessi di una piccola cricca di reddituari, aveva falsificato i bilanci pubblici e inserito a forza, ma con levantino inganno, il suo parassitato paese nell'europa massonica e neo gugielmina, ha dovuto passare la mano. Dopo che il Pasok ( socialisti per modo di dire ) si era dissolto per la sua incapacità, da sinistra, a contrastare la crisi che la sua corruzione binaria, con Neo Demakratia, aveva creato e conservato, il popolo greco ha saputo ritrovare il suo "partito" e la sua dignità. E' un bel giorno per la democrazia, là dove è nata. La mancanza di due seggi per formare un governo autonomo, riaprono purtroppo i giochi di corruttela così intrinseci al costume greco e causa della sua strutturale debolezza, ma la forza oppositiva che li vide protagonisti contro i nazisti ed i fascisti italiani si è rimanifestata. Non valsero a spegnerla la dittatura dei militari, ..né l'uso dell'impiego pubblico per ammortizzare la miseria endemica di una piccola e periferica società. Ma, in più, nell'ultimo quinquennio, si è giunti a raccattare gli avanzi nei cassonetti dell'immondizia, a smettere di curare i malati terminali, a procrastinare i termini previdenziali e a ridurne al lumicino le prestazioni, a segnare un aumento della mortalità infantile, tipico del terzo mondo; tutto per salvaguardare le obbligazioni in pancia ai maggiori istituti di credito dell'europa che conta. Il giovane leader, Tsipras, è stato coerente, ha avuto coraggio ed ora deve assumersi un onere grandissimo. Penso a Renzie e ne traggo le solite scontate conseguenze. In Italia, il buffoncello sta al potere in virtù di un colpo di Stato. Si è ben guardato dal commentare la vittoria di un giovane serio. Le bandiere del PD erano assenti questa notte in piazza Syntagma. E' pazzesca l'omertà che circonda la vittoria di Syriza in Grecia, nelle prime elezioni libere in occidente, senza cioè consessi creati ad arte, di nominati. I giornali, anche Il Fatto quotidiano, mettono la notizia nell'occhiello di seconda pagina e lasciano alla prima le strategie elettorali ( per il presidente di questa repubblichetta ) di quel pover'uomo di Matteo Renzie. Sembra, da queste prime ore, che la strategia imposta sia la relegazione, l'emarginazione di un fenomeno importante, nelle sue valenze civili e democratiche, a beneficio di una concezione ragionieristica ed ignorante della vita istituzionale e della autodeterminazione dei popoli e degli individui. E' un altro attestato, se mai ve ne fosse stato bisogno, della natura dittatoriale e spersonalizzatrice dell'euro(pa), a cui, finalmente, qualcuno si è opposto. Anche se la Grecia, con gesto farisaico, venisse espulsa, dopo che si è chiamata fuori da sé, non sarebbero gli altri popoli del continente conformista e per tutte le stagioni a trarne profitto. L'Italia ruffiana e voltagabbana, di chi corre in soccorso di qualunque vincitore , invasore o rapinatore e che ripudia in un sol tratto gli amici, avrebbe di che vergognarsi se ne fosse in grado. In Grecia, nonostante tutto, in circostanze gravi, non si è attentato alla Costituzione. L'impegno e la fatica nascono ora. Solo restando fedele alle affermazioni, basate sulla cruda realtà, che lo hanno portato alla vittoria, Alexis Tsipras potrà dar seguito ai suoi propositi, in stretto collegamento con chi gli ha affidato questo compito. E se, per farlo, dovrà uscire da dove non era consigliabile che fosse trascinato ( come l'Italia, falsificatrice a sua volta )se ne vada. Si può costruire qualcosa che non sia basato sulla finzione, solo ripartendo dalla dignità.

domenica 25 gennaio 2015

Della mafiosità.

Le mafie si stanno radicando sempre di più al Nord, e anche in Emilia-Romagna stanno estendendo il proprio raggio d'azione, in particolare a Bologna, Modena, Reggio Emilia e Rimini. Lo ha rilevato il procuratore capo presso la Corte d'appello di Bologna, Lucentini, che ha evidenziato l'aumento dei delitti di associazione a delinquere di stampo mafioso e di quelli, intrinsecamente connessi, di stalking e riduzione in schiavitù. Che la mafia stesse prendendo piede anche dalle nostre bande, inquinando culturalmente la società, me ne ero, ce ne eravamo accorti, da tempo. Adesso arriva la certificazione giudiziaria. La mafiosità di un ambiente è, per altro, consona all'accettazione, alla ricerca, all'illusione di un utilizzo estemporaneo delle risorse che può offrire. Venute meno le identità e le politiche identitarie, sotto l'imperversare di un'economia di carta che distrugge decenni e generazioni d'imprenditoria e volatilizza i risparmi familiari, è giocoforza che l'economia sommersa, della quale quella mafiosa è la più ricca, s'imponga e si irradi sulle zone più ricche ed industriose del Paese. L'opposizione giudiziaria non è sufficiente, meno che mai nel momento in cui per meri interessi di bottega, se ne continuano a contrastare gli atti, attraverso pseudo-riforme che mirano solo a disarmarla, per la semplice ragione che si è più collusi con gli interessi mafiosi che con quelli della giustizia, dando tante volte della giustizia un'interpretazione mafiosa. Il tardivo ed istituzionale modello di contrasto soffre di una dicotomia: si pone come istituzione contro un'altra, intendendo per quest'ultima non la mafia assassina, ma quella, presente alle inaugurazioni degli anni giudiziari, in grigio e in blu e, in questo senso, va infine bene, anche se sono già presenti le voci del potere ai vertici delle Procure, come attestano le dichiarazioni dei neonominati Procuratori di Milano e di Palermo. Ma, in una società moderna la lotta alla mafia a mano armata, la si combatte sul campo, giorno per giorno, senza mai demordere e senza illudersi di debellarla. Schierandosi, però, in maniera da poter riconoscere subito, ai diversi livelli, chi si schiera, anche solo tracheggiando, con l'altra parte.

sabato 24 gennaio 2015

Burlesque.

La disfatta sindacale si sta consumando, categoria per categoria (residua). Non è una buona notizia per uno Stato avido e indebitato e, neppure, per il tessuto delle aziende familiari che avevano sostenuto una buona diffusione del reddito e, a macchia di leopardo, avevano contribuito con le amministrazioni di sinistra alla costituzione di una buona rete di servizi. L'Italia, sostanzialmente duale, in quest'ambito è stata veramente quell'espressione geografica a cui alluse efficacemente Metternich. E' stata la retorica politica a recitare il contrario. Sull'abbrivio del clientelismo che ha sprofondato il bilancio statale a livelli non più sanabili e sulle ali dell'ignoranza, prima ancora che della malafede, di una classe politica arraffona e plebea, si sono sparpagliate le risorse create ad arte dal debito, sopperendo a indigenze da osteria, senza coinvolgere i beneficiari in un discorso lavorativo e senza subordinarle ad altro che ad un voto di scambio. Il risultato è l'attualità. La destra e la sinistra italiane trovano la loro sintesi nel neo-democraticismo di Matteo Renzie, mentre, almeno, la Grecia in miseria e la Spagna che residua dalla guerra civile schierano dei movimenti alternativi ( forse anche alla realtà ) ma decisamente oppositivi, in grado di mettere in discussione l'egemonia guglielmina, non cercata, ma raccolta sulle macerie dell'euro-zona. Le cavate di genio, italianisime, di Mario Draghi non possono sortire effetto, forse non sono neppure utili, tranne che ai bilanci della banche in ordine ( perché le dissestate non se ne accorgeranno neanche ); potrebbero, al massimo, consentire un prolungamento asfittico del clientelismo pre-elettorale. Ormai la politica è ai margini dei fenomeni economici, non può più influenzarli, per inadeguatezza ed incompetenza nelle scelte, per una cultura del sostentamento demandato che, nel contesto della libertà finanziaria e nell'ambito dei ricostituiti Stati nazionali post guerra fredda, nessuno vuole, né potrebbe accollarsi. Esuliamo quindi dai partiti e dai movimenti politici e dai sindacati rappresentativi solo di se stessi. Molti, probabilmente, ripiegheranno in canonica per cercare consolazione ad una situazione sempre più precaria, per demandare ad un'altra dimensione un'ipotesi salvifica. Il pampa-Papa lo ha capito perfettamente; la parte conservatrice della Curia ha a cuore solo i propri privilegi, come tutti gli altri privilegiati. In realtà, non sta cambiando niente; si stanno solo riassestando gli equilibri nei giochi di ruolo di una società ridicola.

Sulle note di "Bella ciao", che si canta ovunque, tranne che in Italia.

Domani si voterà finalmente in Grecia, in un Paese che per entrare nella zona euro e favorire una minuscola cricca di censo e di potere, ha costretto alla disperazione ed al suicidio una parte statisticamente rilevante della sua popolazione. I superstiti vivono nella miseria. Non mi faccio retoriche illusioni sulla coerenza di Syriza, ma voglio sottolineare come quel piccolo popolo, corrotto e levantino per definizione, di meno di dieci milioni di abitanti, sappia reagire - pur impedito di esprimersi attraverso un referendum - all'estranea prepotenza di un neo direttorio europeo, composto da una sola nazione e dai suoi burattini. La Grecia non fu duale durante la sua guerra di liberazione dai nazisti, il fascismo interno è riconoscibile, prossimo e sempre presente, ma anche l'opposizione sociale non molla, non si nasconde e non cerca la finzione assimilatoria. Ecco perchè l'Italia non riuscì a "spaccare le reni alla Grecia". Spero che da dopo domani si apra nella zona euro una nuova e sostanziale area di crisi che riporti - con tutti gli effetti negativi, corollarici o indotti - sul proscenio i diritti e le necessità. Temo, purtroppo, che il costume e la sub cultura delle popolazioni inurbate, l'80% del totale, congiureranno contro una possibile sterzata, nel senso della serietà e della coerenza con le quali si possono supportare efficacemente le proprie rivendicazioni. Ma è necessario ricominciare.

martedì 20 gennaio 2015

La ciclicità diacronica delle stagioni.

Un prete pedofilo, ospite al convegno sulla famiglia tradizionale. Non c'è contraddizione con la "paideia", con quella "skolé" nella quale i maestri, spesso con famiglia, si inchiappettavano i discepoli per inculcargli qualche principio per via empirica. La "paideia" pedifila non attenta alla famiglia tradizionale. A Grozny l'Islam sotto la tutela di un feroce dittatore, fantoccio del Cremlino, può rimanifestarsi, a patto che se la prenda con Charlie hebdo. Non si scherza con i profeti. Il guaio è che queste profezie sono fin troppo presenti nelle nostre società e trovano sinergie dialettiche, sotto contrasti dissimulati, con i rimosssi, ma sempre presenti, oecurantismi religiosi di tanti fiduciosi ignoranti o di tanti conformistici recitanti. Non figliate come conigli! Così il pampa-Papa. Dovrebbe chiedere "perdono" per tutti quegli infelici, dono del Signore ai genitori, senz'altre risorse per la loro inabilità. D'altra parte, perché dovrebbero adottare criteri di razionalità economica, le masse di analfabeti e di diseredati? Quale prospettiva potrebbero riservare, anche solo ipoteticamente, ai loro discendenti? Il termine "proletari(o)ato" è dell'antico latino, prima che di Carlo Marx e discepoli: indicava coloro che non avevano altra possibilità che di fare dei figli. La Chiesa ha sempre straparlato, a prescindere, nonostante avesse perso il riferimento di una società feudale, nella quale una rassegnata plaga di contadini, dedicava tutta la sua vita al sostentamento dell'ozioso Signore, in primis i vescovi-conti ed i chierici ( come quelli di un partito millenarista ) o, in secundis, i feudatari laici, quando pretesero la loro parte e conflissero con le milizie sanfediste, per espropriarle parzialmente ); il pampa-Papa, dopo un buon inizio, mostra impazienza, nervosismo. Non riesce a tenere la scena perché la scenografia è camaleontica, teme che i facilmente prevedibili eventi trovino stabile configurazione troppo lentamente e sa che il cattolicesimo è solo un personaggio in commedia, che fatica a fondersi con gli altri cristiani e punta sul terzo mondo, ma senza esagerare; l'Africa, prima blandita, è già accantonata nuovamente, poi si vedrà. Ad ogni morte di Papa, la politica pastorale ufficiale, pur disomogenea, cioè ecumenica, prende opposti indirizzi, dopo aver per secoli battuto sentieri tradizionali e conservatori, senza chiamare in scena le comparse: i poveri. Il pampa-Papa ha dovuto ammettere, di fronte al pianto di una bambina, recuperata dalla strada ed esibitagli, alla quale avevano fatto contemplare il dolore di una condizione che, lasciata al suo contesto primordiale, non avrebbe saputo riconoscere, che del dolore dei piccoli non sa darsi una spiegazione e non sa proprorre consolazione. Invece non ci vorrebbe granché, ma bisognerebbe destabilizzare tutto l'impianto farisaico del cristianesimo istituzionale. La legge Fornero non si tocca: è il fondamento della sostenibilità di un paesucolo obeso di corruzione e di clientelsimo, popolato da ruffiani e nel quale la corruzione potrà forse essere contenuta, ma mai debellata, come ha affermato il neo nominato garante al fenomeno, secondo il costume per cui, nominato un garante si debella un fenomeno. Ma, a parte queste piccolezze, le note quotidiane ci restituscono una fase storica senza argini, esondata insieme ai detriti che trasporta, nella quale non ci sono più chiare ipotesi dialettiche con le quali confrontarsi per potersi schierare con l'una anzichè con l'altra. E' l'autunno del nostro medio evo, livido e inconcludente, agitato solo da cacofonie vuote.

domenica 18 gennaio 2015

Italia: la sinistra che non c'è.

Alexis Tsipras e Matteo Renzi sono coetanei. Il leader del movimento "podemos", in Spagna, altrettanto. Eppure, ben divere sono le politiche a cui si ispirano e ben diverso il timore che suscitano, in europa, i progetti politici che propongono. In verità, Matteo Renzi non propone proprio nulla e, del nulla, sono rappresentanti i suoi improvvisati ministri. Proprio per questo, in europa, sia pur con una non dissimulata sufficienza, se lo tengono senza accusare nervosismi, mentre una vittori di Syriza in Grecia, il 25 di questo mese, potrebbe comportare il primo sgretolamento nelle mura costrittivi della fortezza dell'euro. Basterebbe questa piccola comparazione internazionale, per svelare la natura vera di quel movimento senza argini ed identità, denominato PD. Per chi vota a sinistra, nei due Paesi mediterranei citati, un'alternativa parlamentare ed istituzionale c'é, mentre da noi continua a governare idisturbato il gattopardo, della cui trasformistica acquiescenza nessuno teme il contagio, al di fuori dei patri confini.

sabato 17 gennaio 2015

L'ammuina.

Quando vengono sovrapposte sulla melma italiana le prassi importate da un paese nel quale vota il 25% degli aventi diritto e nel quale le primrie, di ben altra imponenza, sono caratterizzzate e determinate dal denaro che i candidati riescono a raccogliere, non può che centrifugarsi ogni sorta d'improprietà, d'incultura civile, di interessi particolari e, di conserva, familiari ed ambientali, criminologici ed opportunistici e trasformare definitivamente la ritualità democratica in "un'ammuina" senza spettatori. Ma l'abbandono delle urne da parte degli elettori, non arresta il gioco convulso ed opportunistico dei candidati, ormai d'occasione; continuano a praticarlo a teatro vuoto, perché a loro interessava solo il proprio narcisismo, il pubblico, se c'era, al buio, era di contorno. Continuiamo a vivere in uno stolido regime, frutto di un colpo di Stato bianco e ci accingiamo ad eleggere un altro burattino - dato che un altro cinico manutengolo non è ravvisabile fra i gioviali ed insulsi politicanti, alcuni ai vertici, anche se neppur eletti -. Ogni atto che ci verrà imposto, in questa condizione di mancanza di rappresentatività, di sistemazioni fra capi-banda e di ambizioncelle da retrovie di figure emerse dal nulla, qualsiasi atto futuro sarà da archiviare e da rivedere, purtroppo con tutti i salvacondotti del caso, quando, rispediti al mittente questi privati reggitori della cosa pubblica, bisognerà ricostruire lo scheletro giuridico della società, la base democratica, senza la quale non deve esistere società, neppure in questo paese di Pulcinella.

Falle, per lo meno, chiarificatrici.

Sergio Cofferati ha lasciato il PD del quale era stato uno dei quarantacinque cofondatori. Il commissario alla riconquista del Comune di Bologna, parlamentare europeo, era trasmigrato in Liguria, al seguito della sua giovane compagna, si era candidato, come membro di un apparato consolidato, al governatorato della regione. Questa volta l'apparato non è stato sufficiente. Cofferati, probabilmente, era abituato ad agire per linee intere, era rimasto abbarbicato a questo modello e si è visto sopravanzare da una candidata imposta sulle e tra le correnti, con un modus operandi a lui estraneo. La sua carriere politica, come la sua missione presso il Comune di Bologna, sono state mediocri; la sua ambizione di tornare su di un proscenio, intriso in gran parte di ideologia stucchevole, tipica di chi l'ha acquisita da autodidatta e l'ha coniugata con la sacertà dell'uomo d'apparato, è stata volutamente respinta. Per questo se ne è andato. Se della sua dipartita politica, ma soprattutto amministrativa, non c'è da lagnarsi, spiace l'uscita di scena dell'ultimo grande sindacalista italiano. grande non solo per la manifestazione romana per l'art. 18 della Legge 300, ma per tutta la sua vicenda alla testa del più grande e combattivo sindacato operaio d'Italia. Pochi sanno, al di fuori della CGIL, di quanta rigifità, protervia e prepotenza abbia fatto la cifra della sua lunga segreteria; sotto traccia, dei suoi scontri con la FIOM che hanno caratterizzato tutti i suoi anni al sindacato. Da molti settori del suo stesso partito non era amato, perché era intransigente. Figurarsi ora, in un partitino di boy scout e aperto a tutte le influenze, anche elettorali, in sede di scelta dei candidati, del principale oppositore di destra. Io, di Cofferati, come dei migliori comunisti, apprezzavo la determinazione, la coerenza e la personale onestà, ma mai sno stato attratto nella sua orbita, perché io amo sopra ogni altra cosa, la libertà e quel combinato disposto valoriale portava al grigiore ed alla negazione della medesima. Ma, pur non votandolo e non appartenendo alla sua famiglia politica, al buon Sergio Cofferati che potrà dedicarsi al suo figlioletto come se fosse il suo nipotino, non preferirò mai questa accolita di speculatori superficiali, ladri ( vedrete..) e compromissori, privi di cultura ( di cui fanno la loro forza )e di principi, giusti o sbagliati che possano essere. L'autoesclusione dal suo partito di Cofferati apre però un altro spiraglio agli spifferi di separazione degli ambiti, che solo l'interesse od il timore, tengono grottescamente incollati in una sinistra peggiore della destra quando è al governo. L'onestà presuppone la chiarezza.

Il sincretismo degli assurdi.

I musulmani nel mondo e segnatamente in Italia non piangono per i poveri caduti di Charlie hebdo. Sottilizzano, come il pampa-Papa, sulla libertà "da" ( tipico delle religioni e delle ideologie omogeneizzatrici in basso ). Non uccidrebbero, ma non si dolgono che sia avvenuto. Le solite solfe, la solita mancanza di cultura critica e autonoma. Le società teocratiche - la dittatura del super-io - non possono digerire la satira su ciò che non potrebbe neppure essere nominato, se non nel tempio, in determinate e ridotte circostanze e solo da un sacerdote, come nell'antico ebraismo: insomma, una presenza vittimistica ma intollerante, separatista ed ostile nei confronti della società che li sfrutta, ma della quale hanno cercato lo sfruttamento. Da questa interiore frustrazione nasce un "modo d'essere" di queste plebi marginali, ma in esponenziale crescita numerica. La religione è vissuta da questa gente, non come paravento ideologico e di identità, ma come identificazione piena della propria infelicità con la misericorda - ma nel nostro caso, con la possibilità di rivalsa - e l'accoglienza di un padre esigente e dimentico dei suoi figli, nello stesso tempo. I musulmani d'Italia, come quelli ospiti di altri nazioni dell'occidente, sono e resteranno alieni e, in funzione della loro alterità, non si integreranno mai nei nostri costumi; meglio ancora, nei nostri pensieri. Si può, dunque, accettare che, in queste condizioni, continueranno a servire ed a servirsi delle sempre più scarse possibilità di guadagno che il nostro Paese - per restare in Italia - potrà offrirgli? Dobbiamo continure ad accogliere tutta la plebe disorganizzata e confusionaria che cerca un impiego qualsiasi, ma che coltiva, in Moschea, un razzismo all'incontrario? Il lavoro, spesso umilissimo, è richiesto e cercato, ma, soddisfatta questa esigenza essenziale, le differenze antropologiche permangono e quanto più la quotidianità degli atti comuni la confonde, tanto più rimane inalterata e sedimentata nel profondo, pronta a manifestarsi con irruenza ed inconciliabilità. E' utopistico pensare di poter stabilire rapporti di amicizia e familiarità con loro, senza essere risucchiati nella loro sfera d'influenza - parlo anche solo di quella ambientale e domestica - od essere da loro e con loro isolati dal proprio contesto. Sono argomenti ineludibili che la sola valutazione economica dell'utile economico marginale ( quante assunzioni in nero, anche di clandestini, nelle aziende italiane sopravvissute!! ), non contemplandoli, renderà sempre più conflituali o indifferenti con e alla convivenza, a distanze ridotte, di comunità assimilabili nel tempo a quelle palestinesi, nella loro situazione attuale o a quella che creerebbero all'incontrario. E' appena uscita in Italia l'opera di uno scrittore provocatorio e visionario di Francia, ignoto ai più entro i nostri confini, nella quale si postula, fra vent'anni, una "fusione" fra il cattolicesimo in crisi e l'islamismo, a congiunzione risanatrice di decerebrate e destrutturate koiné particolari su di un deserto di percezioni valoriali, in una società umana pratica, utilitaristica, ma bisognosa di illusioni perché priva, per deliberata scelta ( o adattamento? ) politica, di formazione e di capacità d'indagine, nella quale l'assoluto demenziale trova ( speriamo di no ) la sua sintesi tattica o strategica.

venerdì 16 gennaio 2015

Animali e non.

Un cameriere gay di un ristorante di Rimini, oggetto dello scherno e dell'aggressività del padrone e dei suoi sguatteri di sala e cucina, è stato infine costretto ad una performance manifesta con una prostituta, per "provare" a loro di non essere omosessuale, di non poterlo essere in mezzo a loro. Violenza, denaro e ignoranza sono i protagonisti di questa indegna vicenda, nella quale la dignità delle persone e segnatamente quella del gay non sono neppure contemplate nel Pantheon delle ideee di cotali compari. Va preso atto - anche se io continuo ancora a fare troppa, fatica - che le scimmie " acculturate" - già di per se, un categoria "pugnetta", non possono aspirare ad assurgere ad un sentimento e ad un corpo di pensieri sufficientemente evoluto, da poter proporre contegni "naturali", circa le attitudini e i comportamenti degli altri, che sono e devono restare, di loro esclusivo dominio. Questi bifolchi, che dovrebbero essere puniti con freddezza, non capirebebro neppure i prodromi di una civiltà lontana ed ignota e subirebbero il castigo con una sensibilità ed una consapevolezza inferiore a quella di un animale domestico.

Affetti, amicizia e famiglia.

A Milano, un ventiduenne ha ucciso a pugni e a calci un clochard che si era permesso di accarezzare il suo dogo argentino, un cagnaccio da combattimento, degno del padrone. Il pestaggio omicida è avvenuto alla presenza della fidanzata del giovane e di alcuni suoi amici, fuori da una discoteca. Subito dopo lo scempio e mentre l'uomo agonizzava sull'asfalto, il gruppo si era portato a qualche chilometro di distanza e aveva concordato una versione univoca, fin troppo dettagliata da risultare sospetta ed a portare, in fine, all'incriminazione dei colpevoli, a diverso ma egualmente ripugante livello. Sono certo che se la pena risulterà scontata e se si risolverà in un breve soggiorno carcerario per non compromettere le possibilità di tal giovane di buona famiglia, nessuno se ne risentirà, In fondo, lo stronzo era il barbone e per una persona così non si compromettono le possibilità di chi è meglio nato e la prospettiva di costituire un'altra famigliola criminale - ma secondo canoni contemplati - e omertosa come la sua, anzi la loro.

Finanziarizzazioni a ritroso.

Dopo la Wolkswagen, anche la FIAT/Chrysler avrà la sua banca, al servizio dell'azienda e ad essa strettamente subordinata. Tornano in auge i banchi familiari, oggi trasformati in banchi di gruppo, esclusivi e funzionali al sostentamento strategico dell'impresa. I banchi familiari, invero, avevano avuto un'altra genesi ed erano il prodotto della finanziarizzazione della rendita agricola, almeno in Italia, mentre in altre parti d'Europa, già erano lo strumento dell'industria dinastica, ad esempio la banca Buddenbrook. Attraverso un'azionariato controllato ed incrociato, codeste entità si mantenevano al di fuori delle rattrappite dinamiche di mercato e, soprattutto, vi tenevano fuori i famigli e la società nel suo insieme, costituendo la base delle fortune o delle sfortune dei movimenti politici, che si trasformavano funzionalmente al variar degli scenari. Il mondo dell'industria protetta si compatta e, assunta la forma della falange romana, emigra verso lidi fiscali meno compromessi, butta in strada decine di migliaia di persone e poi costituisce la sua banca. Le varie banche Ponti, Stella, dei fratelli Santi, ecc. non avevano che appena finito di trasformarsi - mantenendo il marchio - nel club privé, prima ancora che nel private banking, della sua cliemntela più tradizionale, o meglio, delle staticità conservative dei nuclei familiari opulenti che delegavano ad entità più grandi e articolate, le loro incursioni sul territorio libero del mercato. Da tutto questo e molto di più di quanto non sia sempre avvenuto, restano escluse o relegate ai margini dello spennamento, le classi lavoratrici, sempre ammesso che lavorino ancora.

giovedì 15 gennaio 2015

L'origine nascosta delle scelte.

Greta e Vanessa a casa. Siamo in pericolo, fate presto! Sei milioni di dollari per una e i guerriglieri siriani, bisognosi di fondi per la loro guerra, hanno saputo distinguere gli amici dai nemici, da quei nemici che, sia pur per ragioni di bieco interesse, ma anche di bellicismo reale sul campo, sacrificano i loro connazionali romantici, sia che facciano parte di associazioni umanitarie, sia che siano giornalisti. Noi no. Di chi siamo nemici, noi? Di nessuno; casomai siamo amici del giaguaro, ma sempre ben disposti verso le ragioni di coloro i quali, del nostro giaguaro non sono a loro volta amici. Insomma forniamo i denari per implementare la potenza di fuoco dei guerrieri di Allah, contro i quali potrebbero trovare la morte i ben pagati "volontari" nostrani a rimorchio degli interessi energetici prevalenti che sono all'origine delle nostre sempre rivedibili alleanze. Nell'occasione del lieto ritorno, mentre viene "soffiata" la notizia che padre Dall'Olio si troverebbe in una prigione siriana in territorio ribelle ( riscattabile? Da noi o dal Vaticano? Scherziamo? Sempre da noi. ), si apprende che un altro connazionale è scomparso da tre anni senza che ne siano rimaste tracce.Per costui non c'è stato riscatto. Le due sciocchine, testimoni di una fede infantile, torneranno presto ad annoiarsi. Come si diceva una volta in campagna: avrebbero bisogno di un marito.

Pagliacci di tutte le risme.

Dopo il generico e pieno di contraddizioni moto di solidarietà ad un giornalino privo di rispetto per tutte le celebrazioni popolari, religiose e politiche, sociologiche e teatrali, dopo un iniziale silenzio, tornano a manifestarsi i luoghi comuni confermatori dei modelli, occasionalmente uniti nella lotta alla loro disgregazione. Il pampa-papa afferma: non si offende la fede degli altri, non la si deride. Se uno mi dice fijo de puta, offende la mia mamma e io gli dò un pugno: è normale. Che c'entra la fede con la mamma puttana? Forse sì, c'entra. Dopo i roghi la vendetta jiadista, una matrice comune. D'altra parte, due, delle tre, religioni monoteiste hanno una koiné ebraica comune, sono la stessa cosa e, per questo, si sono sempre combattute. Unica eccezione, fino alla fondazione dello Stato d'Israele, è stato l'ebraismo medesimo, che ha dovuto imparare a difendersi. La Francia laica e illuminista, ha messo agli arresti domiciliari un contro-satirico che aveva sbeffeggiato la retorica delle manifestazioni pubbliche del potere, il lutto per la satira e la demonizzazione degli annientandi, in simbiotica unione con gli sfigati che, quando manifestano da soli non vengono protetti dalla polizia, bensì manganellati oppure uccisi. Encomiabili, invece, i blogger laici dei paesi islamici più fondamentalisti che mettono a repentaglio la loro vita, ma non rinuciano a fare opposizione al potere ipocrita, dissimulatorio e contraddittorio con gli interessi dei loro paesi. Il pessimo presidente Napolitano, erede di un comunismo illiberale, ma già iscritto alla gioventù universitaria fascista, lodatore della repressione ungherese, giudice dei dissidenti del manifesto, infine "migliorista", ha tenuto a battesimo il colpo di Stato bianco dal quale non ci siamo ancora ripresi ed è andato a svernare a meno di quattrocento metri dal Quirinale, dove si trova la sua abitazione a Roma. Appena se ne è andato, è stato fatto santo. Subito. Il presidente del Consiglio non eleggerà direttamente il successore: non è deputato; l'ex senatore Berlusconi,in quanto espulso, neanche. Dal loro accordo sottobanco nascerà una presidenza manutengola e compromissoria. In questo senso, il candidato naturale sarebbe Pierferdinando Casini, ma anche Prodi perderebbe le sue ragioni di contendere con lo storico rivale elettorale, mentre Emma Bonino, che non sarebeb stata eletta, ma che sarebbe stata la candidata ideale, non nel novero delle donne, ma della qualità e dell'impegno, ha appena iniziato la sua personale, penultima o ultima battaglia con la morte.

mercoledì 14 gennaio 2015

Immutabili mutazioni.

Charlie hebdo è arrivato in edicola su tutto il continente europeo. C'è arrivato, tradotto nelle lingue nazionali, tranne che in Italia, gratificata da una vignetta nella quale lo stivale appariva come una palude di merda, offuscata da un un striscia di mosche, per tutta la sua estensione. Il giornale satirico parigino, che vendeva poche migliaia di copie, ha trovato un'opportunità di marketing inaspettata e, se la curiosità si consoliderà con dei numeri sostenibili e possibilmente lucrativi, potrebbe diventare un magazine popolar-iconoclasta in ambito U.E. Potrebbe, perchè si troverebbe presto nella condizione di dover prendere atto delle prudenze "fondamentalistiche" di una gamma di Paesi, pari a tutti meno la Francia. In men che non si dica, verrebbe opposta l'insicurezza che verrebbe apportata e la libertà d'espressione appena "manifestata" sul suolo franco-europeo, dovrebbe cedere il passo alle cautele, proporzionali agli interessi e alle frequentazioni sociologiche di ciascuna realtà, occultata nel corbello dell'euro, che, quanto a fedeltà ai principi sbandierati, assomiglia ad un corbellino di lumache. A questo punto, due strade: venire a patti con la censura implicita alla grande diffusione di un pensiero opinabile, come tutto, ma da difendere a priori o il ritorno ai patri confini. In tutti i sensi. Mi chiedo, per altro, perché l'europa illuminista - nessuna parte di essa, tranne la Francia ufficiale - non organizzi una sfilata per le strade di Lagos, in Nigeria, dove le stragi con lo strumento di bambine, imbottite di tritolo, a loro insaputa e vendute per probabili ragioni di debito dalle loro famiglie ai ricchi guerriglieri di Boko Aram, sono state almeno tre negli ultimi giorni. Mi chiedo anche che fine abbiano fatto le studentesse strappate al liceo, da un anno in mano ai miliziani: sono spose o bottino dei guerrieri? Le vedove o le fanciulle yazide, di cui invece si conosce con certezza la destinazione, sulle bancarelle dei mercati all'aperto, non meritano neppure un cenno pubblico da parte degli scandalizzati uomini di stato europei? Come le donne della Bosnia Erzegovina, vengono ignorate e, se mai vi sarà un intervento nelle zone occupate dal IS, avverrà per ragioni del tutto esogene, anche se lo stupro, ormai consumato, sarà citato a pretesto. Esattamente come avvenne nella ex Jugoslavia. Il meccanismo della falsificazione sta impastando anche il piccolo Charlie. Gli esegeti dei tempi grami sono morti. La squadra deve essere ricomposta. I nuovi entrati non condivideranno lo stesso spirito di nicchia dei loro predecessori. La realtà è già mutata o in corso di mutazione. Changez la dame.

lunedì 12 gennaio 2015

Un eco sull'attualità che non "suona" più.

Sono già passati sedici anni dalla morte di Fabrizio De André, poeta e cantautore genovese. La sua vita, interrotta da un cancro, ci ha lasciati orfani delle sue ricorrenti interpretazioni musicali della realtà in via di deframmentazione, che, poco prima di ammalarsi aveva anticipato con sagacia nella "Domenica delle salme". Noto, seguito, De André era per molti versi rimasto un autore di nicchia. Privilegiava i testi che scriveva personalmente, dopo avere per anni, all'inzio, tradotto quelli degli chansonniers francesi. L'Università di Siena ha dedicato una cattedra alla sua poetica ed ai suoi contenuti civili. E' uno degli autori che ho amato di più, apprezzandone la chiarezza, lo spirito provocatorio, i suggerimenti interpretativi, la stanchezza e il disincanto. La parola come architrave della creazione e non la modulazione-rivisitazione musicale, l'ibridazione musicale e dialettale di Pino Daniele fra il blues e la melodia napoletana. Ritenevo e ritengo che la canzone nazionale non possa prescindere dai buoni testi, dalla lingua correttamente parlata, da quell'ironia anti-plebea e anticialtrona che il popolare, per scelta culturale ed artistica, Fabrizio de André, ha illustrato con chiarezza adamantina, facendosi apprezzare dagli italiani senza vincolo di vernacolo e di meticciati sentimentali, senza nulla togliere alla sensibilità comune sottostante che queste versioni contaminate delle melodie internazionali hanno, da un lato, magistralmente proposto e, dall'altro, astutamente manipolato.

domenica 11 gennaio 2015

Congedi.

Francesco Rosi è morto qualche giorno fa, oggi è mancata Anita Ekberg. L'Anitona di Fellini ha raggiunto nell'Empireo della celluloide ( toh! come mi vengono, in rapporto al cinema, queste suggestioni d'immortalità? )il suo Marcello di Fontana di Trevi. Pochi anni fa, moriva Lucio Dalla, poche settimane or sono, Mango..eran pochi giorni e Pino Daniele se ne andava, vittima di una vita troppo intensa in rapporto all'età e ad una frenesia sessuale rinnovata in età matura. Nel caso del cantautore napoletano sono esplose "il giorno dopo" le sceneggiate delle potenziali eredi del suo patrimonio, la prima e l'attuale Musa. Francesco Rosi è stato il primo cineasta civile del dopoguerra; per primo, con coraggio, ha messo il nero sul bianco di un documento filmico, il sacco e la speculazione della politica malavitante sulla città di Napoli e lo ha fatto con tanto acume ed approfondimento di tutte le notizie e le indiscrezioni che si potevano cogliere, da porre le basi illustrative e documentarie di un sistema coeso di corruzione pubblica e privata, che si è sviluppato ( per entità ) e trasformato per opportunità. Di tutti gli artisti citati, Francesco Rosi è stato il pià intellettualmente impegnato, tanto da ridurre la produzione delle sue opere, per scrupolo documentaristico e per non disperderlo nel moto inerziale del commercio. Per quei tempi - non esisteva ancora il cinema a colori - la glabra rappresentazione dell'aridità affaristica, ignara dei concittadini e basata sull'edilizia, anticpiò le cronache giornalistiche e giudiziarie sul sacco di Palermo e sull'abuso privatistico come regola dell'asocialità nazionale. Il costume non si modifica con una denuncia, la cultura non serve per fare affari.

Cerimonie e offici.

Io sono Charlie. Io, no. Molti invece vanno testimoniando una fede improvvisa che non conoscono, come i due poveretti che hanno aperto e chiuso in settantadue ore le loro vite senza scopo e, perciò stesso, sacrificabili ad allah. L'uccisione dei blasfemi è stato il gesto di due idioti, risentitisi, oltretutto fideisticamente, cioè per procura, per una prassi di "inconsulta" libertà, per loro che nella soggezione ad un principio artefacibile, "sentivano" di aver trovato una loro identità: un'identità da omicidi e da suicidi. Sartre non avrebbe saputo fare di meglio. La satira di nicchia, soprattutto quella di nicchia, è pericolosa, perché suscita il risentimento orizzontale, da vicinanza, di qualunque presunzione e di qualunque pretesto possa "giustificarlo". Si è naturalemte vendicativi verso chi non "rispetta" la nostra ipocrisia, mentre si ritiene, da parte di troppi, che non "valga la pena" impegnarsi, per nessun utile, nessuna soddisfazione, verso un coacervo di imbecilli, o troppo stupidi o in mala fede. Insomma, anche se non è ammissibile, chiumque si incammini sulla via "dell'inosservanza", sa che può capitargli di tutto e che la sua salvaguardia non risiede nella manifestazione pubblica - così simile a quelle a cui partecipano i mafiosi - di coloro che sbeffeggierebbero, se ancora potessero ritrarli, contriti, compunti e completamente fasulli. Per cui, avanti: oggi come ieri, senza commemorazioni inutili per chi è morto ed utili a chi commemora. Anche i due "inutili" killer in nome di dio ( ma dio, si dirà, è un'altra cosa, dolce e melensa ) saranno commemorati in qualche moschea, forse neppur tanto perché non tolgano il proscenio al predicatore, mentre il contenuto dello "sproloquio" nel supermearket ebraico, registrato per il sollevamento furtivo della cornetta di un telefono, da parte di un ostaggio, tramanda dei contenuti "giustificativi" tutt'altro che "deliranti". C'è stato anche un dialogo fra il sequestratore e i suoi ostaggi: l'uno rimproverava la contiguità colpevole dei comuni cittadini che, con le loro tasse, consentivano lo strazio morale e fisico dei musulmani nelle zone d'interesse occidentale; gli altri opponevano che le "loro" tasse servivano per le cure pedagogiche dei "loro" figli e per le "loro" cure mediche. Insomma, ciascuno sintetizza i concetti secondo uso e consumo personale o familiare, quella concezione soggettiva del "proprio" diritto, che può stravolgere, per il volgo, propagandisticamente, il senso della realtà, ma non solo sul versante "nemico". Potremo, un giorno, essere islamici? Il popolo mediocre dell'occidente, per calcolo, convenienza e mancanza di principi, certamente sì, gli sciocchi epigoni del martirologio islamico - all'incirca pari alla sensibilità plebea che ne avevano i cristiani, sociologicamente intesi, fra il XIII e il XIV secolo, secondo un intellettuale iraniano, fatto probabilmente uccidere dallo Scià -, se non subiranno l'affannoso tentativo occidentale di corromperli, attraverso un controllato arricchimento, certamente no..e neppure i satirici, se non hanno padrini e si sono liberati del loro super io, rendendosi implicitamente anarchici..né dio, nè stato, né servi, né padroni, mettendosi aprioristicamente il cuore in pace: gli anarchici, ogni tanto, volano dalle finestre.

sabato 10 gennaio 2015

Interpretazioni asimmetriche.

La guerra diffusa, condotta con il metodo della guerriglia e del terrorismo, si svolge fra un'entità indiscutibilmente religiosa - che si vorrebbe, invece, altra, imperscrutabile come dio ed una laica e secolare, che ha sostituito l'antico potere temporale della Chiesa, un tempo oppositrice dell'Islam , ma tutt'alto che aliena da altre guerre, politiche e di religione e dagli intrighi. Gli esempi accompagnano tutta la storia di questa istituzione ideologica: ne citerò una sola, quella del Papa bolognese Gregorio XIII, quello del calendario. Costui, incoraggiava i complotti per uccidere la regina d'Inghilterra Elisabetta prima, neanche fosse un prototipo di Osana bin Laden e fece festeggiare, con un caleidoscopio di messe di ringraziamento, la strage cattolica del 1572 ( massacro di San Bartolomeo ) dei maggiori esponenti protestanti di Parigi, che dilagò in tutta la Francia, dove furono indiscriminatamente uccisi gli uomini e le donne di fede calvinista. La processione dei ministri di polizia e dei capi di governo dell'U.E., insieme alle loro scorte, per le strade di Parigi sarà l'ennesima, insulsa buffonata. A morte è seguita morte, i due poveretti che della loro vita avevano fatto solo un addestramento alla morte, sono stati annientati. Non potranno più parlare e, quasi certamente, sapevano ben poco del loro destino agito da mani estranee. Le stesse "teste di cuoio" non sanno altro, di quello che fanno, tranne le tecniche d'assalto ed hanno, al massimo, le informazioni pubbliche che deteniamo anche noi. La vulgata per il popolo recita che l'Islam è un'altra cosa. Che cosa, se è in nome della religione che si riescono ancora a fomentare gli animi degli appartenenti, fino a rendernene concepibile il sacrificio? E' una visione trascendente in negativo. Quanto alle motivazioni, sono ingenue, ma non infondate e la libertà di informazione, se fa il contropelo ad interessi reali, comporta gli stessi rischi dell'offesa al Profeta. Ognuno, evidentemente, ha la sua "sacralità"

venerdì 9 gennaio 2015

Il nulla, dietro le parole, che rivela la finzione.

L'uccisione dei tre militanti islamici in Francia e la stupida canea, oggi tronfia, ieri sdegnata, che vorrebbe sovrapporre pensieri e sentimenti alieni alla smarrita coscienza del popolo bove e pecora, marca il confine, attraverso la cordite delle detonazioni, fra un mondo di rituali convenzioni e un altro mondo di radicali contrapposizioni. Il mercato globale, non più arginato, ha fatto crollare ogni alternativa interna al suo mondo in espansione e ha tirato in ballo società antropologicamente "straniere", provocandone la reazione, stimolandone, senza curarsene, il riflesso. Ieri si sdegnava dell'efferratezza professionale dei killer, oggi si gloria di altrettanta efferratezza ed insensibilità: gli assassini sono stati assassinati. Sarà quindi questa la dinamica della dialettica grossolana della violenza negli anni a venire. I sentimenti interiori dei musulmani di Francia sono imperscrutabili, la condanna delle "istituzioni" musulmane in Francia, non convince: " i terroristi sono i veri nemici dell'islam", come le Brigate rosse erano al servizio della reazione, secondo il P.C.I. Dopo queste scontate parole, si omette di entrare nel merito di un fenomeno endemico e contestuale, originato dall'Islam stesso. Si nega cioè l'evidenza. Allo stesso modo, bypassando tutte le angherie, passate e presenti, per ragioni geostrategiche d'interesse e di rapina delle risorse naturali dei Paesi ex coloniali, si continua a semplificare, anzi ad annullare la sussistenza di un'opinione ostinata e contraria, attraverso l'azione di commandos, cioè di assassini uniformemente formati, come i nemici in armi che si vogliono ridurre al silenzio, senza provocarne, in un processo, una disamina dei moventi concreti che li hanno fomentati. E', dunque, una terapia di contenimento e di silenziazione, in nome di principi neanche lontanamente sentiti, provati e condivisi, facili da contrabbandare, ora che i dissacratori, ormai morti, devono subire, alla memoria, la loro, di sacralizzazione, che come tutte le forme di sacralità, non solo sul versante islamico, prevede delle vittime sacrificali. Una curiosità: perchè il pampa-Papa tace? Non siamo tutti fratelli? L'assenza assoluta di "fraternité", insita in ogni minuto aspetto di questa vicenda, sta consigliando un sospiro avvolgente, ma distanziato, "umano" ma non realistico, anzi "trascendente".

Gli improbabili difensori della libertà, a cominciare da quella di spirito.

Pubblico e faccio mia, questa analisi di Marco d'Eramo, sulla pietosa e mummificata solidarietà a un giornale che faceva della dissacrazione la sua missione. Tanti insulsi esteti della subordinazione e del tatticismo, solidali, post mortem, con coloro che varebbero voluto ammazzare loro. di Marco d'Eramo Non bastava l'esecuzione collettiva, ci voleva anche l'estremo sfregio. Dopo che le loro persone sono state sterminate, ora viene massacrata anche la loro visione del mondo, viene strumentalizzato e manipolato il loro messaggio, viene insultata la loro memoria. Parlo dei disegnatori e dei giornalisti di Charlie Hebdo, un settimanale che ha forgiato la cultura politica di un'intera generazione, la mia, che è cresciuta a pane e Charlie. Il settimanale aveva molti difetti e ha commesso molti errori, ma di certo un peccato gli è sempre stato estraneo ed è quello della retorica trombonesca. Ed invece ora lo stanno seppellendo sotto una montagna di frasi fatte, di buoni sentimenti e di ipocrisia. Un giornale che faceva dell'irriverenza, della bestemmia, dell'imprecazione, della provocazione la sua bandiera, un giornale che si piccava di non risparmiare niente e nessuno, ora viene tumulato sotto gli elogi di una chiesa cattolica e di un pontefice che sfotteva (nelle sue pagine sono innumerevoli i più fantasiosi rapporti sessuali tra Gesù e Maddalena, per non parlare delle perversioni che attribuiva alla Madonna e ai vari pontefici). Persino il tirannico Vladimir Putin, elogia come martiri della libertà coloro che lo sbeffeggiavano con violenza inaudita. Per non parlare di quel Barack Obama che non si peritavano di prendere per i fondelli. Da ieri soggiornare in Francia, come mi capita, è un'esperienza allucinante. I “valori repubblicani” vengono sbandierati, strombazzati e spalmati nei media fino a divenire una gelatina disgustosa se si pensa a tutte le vignette feroci che i Wolinski e i Cabu avevano dedicato a Marianna, il simbolo della repubblica (e del repubblicanismo) francese: quando ancora si chiamava Hara-Kiri, fu chiuso per un titolo “irriverente” sulla morte di De Gaulle: una settimana dopo al suo posto veniva fondato Charlie Hebdo. Oggi questi paladini del ridicolo, questi eroi del salace e del grottesco sono mortificati dai minuti di silenzio, dalle bandiere a mezz'asta, dalle luci della Torre Eiffel spente: viene voglia di chiedere un'aspettativa dal pianeta terra. Ma il peggio ci giunge dai politicanti di turno, i presidenti di ieri e di oggi, i Nicholas Sarkozy, i François Hollande, uomini senza nerbo, senza ironia, pieni solo di vanità, fustigati senza sosta e senza pietà da Charlie Hebdo, e che ora approfittano di questa strage per portare alla luce del sole un progetto che era nelle cose da anni, e cioè, in nome della lotta al terrorismo, varare apertamente una politica di “unità nazionale”, una gestione “bipartisan”, una Grosse Koalition subalterna alla Germania di Angela Merkel, oltre che naturalmente rendere ancora più poliziesco uno stato che già stava rotolando su quella china. Fino al ridicolo di Matteo Renzi che proprio nei giorni della “manina” sul disegno di legge al 3%, scimmiotta il John Kennedy di “Ich bin ein Berliner” con un civettuolo “siamo tutti francesi”. Decisamente non c'era funerale più indegno che una giornata di lutto nazionale per un gruppo che aveva fatto della dissacrazione la sua missione di vita e che per questa missione ha pagato con la vita.ione alle apparenze, alle convenienze ed alla falsità, la cui voce stridula è il raglio che non salirà al cielo, ma potrà solo unirsi a tanti altri ragli consimili.

Epiloghi scontati di uno scontato ripetersi.

Meno di settantadue ore e si è suggellato, con una contro strage, l'epilogo delle vite dei due marginali algerini. Ce ne era un terzo e una quarta, sua fidanzata, dall'inconfondibile cognome arabo: ieri hanno ucciso una poliziotta, oggi lui è stato abbattuto dopo che si era asserragliato in un supermarket ebraico. La cronaca illustra solo le tecniche di "neutralizzazione del disordine", parla di sollievo e di rassicurazione. E' solo propaganda e disinformazione, fra l'altro, superficiale: ieri la morta era una poliziotta, oggi è diventata una vigilessa. Il tentativo di rimozione mediatico di un evento, paventato per cause che non si vogliono esplicitare né analizzare, confina la cronaca giornalistica nel supporto claudicante, ma tronfio, del potere ufficiale. Stasera il presidente-puttaniere di Francia parlerà alla nazione unita, con il suo aplomb da funzionariuccio di banca che si scopa le segretarie, Maometto è stato vendicato, le teste di cuoio si sono vendicate dei vendicatori. Le vite insignificanti sono state buttate nella fossa comune; la dimensione del comprendere accuratamente evitata, la condizione dell'altro, dell'estraneo, espulsa dopo la constatazione che non era né sarà assimilabile. Domenica si riuniranno a Parigi i capi di Governo di un'europa, più gli Stati Uniti, senza un'intelligence comune, perchè particolari sono gli interessi in gioco. Anche per questo, come già per i dittatori defenestrati, a cominciare dal nostro Mussolini, si è ricercata l'eliminazione più repentina degli anomali che, utopisticamente, sono andati incontro alla morte, per cadere all'aperto, sul selciato e chiudere l'episodio. Fino al prossimo, ben prevedibile, per il quale fanno finta di ricercare una posizione comune, domenica prossima.

giovedì 8 gennaio 2015

Terrorismo domestico.

Said Kouachi, 34 anni, e Cherif Kouachi, 32 anni, fratelli di famiglia algerina, frutti della banlieu parigina, nella quale sono nati e cresciuti, fino a diventare "feccia", come li definì quella feccia di Sarkozy, patrocinato da Gheddafi. Chi sono, direte? Vengono indicati come i responabili dell'attacco al satirico parigino. Anche ad Atlanta, alla maratona, furono due fratelli di origine araba, mai assimilati nell'aliena civiltà anglosassone, ad essere protagonisti degli attentati micro-dinamitardi che causarono - mi pare - un morto, un ferito grave ad altri meno. Dalle periferie, enclaves dell'esclusione, l'islam radicale ridà dinamicità e cinesi ad alcuni relegati, snobbati, estranei. Le bombe vengono fabbricate in cucina, più che in cantina, con bottiglie e barattoli. Non è stato il caso degli algerini di seconda generazione, ma diversa è la consistenza e l'autoreferenzialità di comunità trasferite, ma non trapiantate in occidente. A voler esulare dalle analisi di regime, anche il sessantotto ed il settantasette furono fenomeni di presa di coscienza, di massa, di un'esclusione, per alcuni e di una vis demolitoria di una mentalità ed un costume superati nel contesto della prima generazione di giovani adulti del dopoguerra. Non dovunque, non uniformemente, nel nostro Paese. Diversi erano i contesti, in Italia, in Francie e negli Stati Uniti, ma univoca la "chiamata" del verbo industrial finanziario, edonistico, affrancatore sull'abbrivio del "Verbo" statunitense. Per converso, negli stati Uniti, i negri, quindi una razza e un'etnia di discendenti degli schiavi, marcarono la loro separatezza, riassorbita nella spiazzante libertà di agitarsi nel vuoto di quella società, nell'assetto di potere in cui è compresa, aderendo, o meglio fondando, la comunità dei Musulmani neri, cogliendo nell'alterità regressiva e tradizionale dell'islam, una possibile dimensione per loro. una dimensione militante e potenzialmente aggresiva. In questo momento, l'islam è l'unica forza ideologica e religiosa in grado di accendere la fantasia delle masse inerti ( per via della famiglia, di uno straccio di lavoro ), in quei paesi dapprima chiamati in ballo da una frenesia di arricchimento corruttrice e dal suo fervore modernista, umiliata dalle neo guerre colonial petrolifere, dalle pesantissime ingerenze nella loro politica, nella frettolosa "normalizzazione" degli indefiniti, contraddittori, complessi, ma autoctoni conati di rinnovamento, di elezione di rappresentanze, che, squisitamente popolari, non possono che essere in contraddizone con la volontà delle potenze "mandatarie". La ridotta domestica, messa in subbuglio dalla baraonda esteriore, diventa laboratorio di individuali e imprevedibili rivalse e nucleo di inespresse, anzi negate, solidarietà.

Ne uccide più la lingua che la spada. Speriamo che continui così.

Fra gli autori satirici più tranchant sono certamente da annoverarsi gli israeliani, nel prendere in giro i "martiri" arabi nel paradiso della vergini che, dopo l'uso, si riverginano per altrettanti candidati alla dolce vita. Le Uri coraniche vengono (s)fottute per benino, insieme ai loro spasimenti, ammessi nell'harem da un Signore ben disposto se loro si immolano sacrificalmente per Lui. Scomposti dall'esplosione, i kamikaze vagano per il paradiso con i loro ricambi di mutande, con un baffo al posto di un occhio, un occhiello traverso fra le palpebre, le orecchie sottopappagorgiali e un dente in narice. Ma gli israeliani e gli ebrei in genere sanno prendere in giro anche se stessi senza limiti di convenienza, arrivando ad ironizzare sull'olocausto, passando per l'antisemitismo. Il cattolicesimo, soprattutto quando influenza pesantemente il potere ed anche sacerti movimenti politici ed ideologici, sono "fondamentalisti" quanto l'Islam e, alla fin fine, ogni altra religione, con l'eccezione del buddismo. Israeliani e arabi se la vedono poi sul piano militare e su quello dell'intelligence, cosa che - è dimostrato anche dall'attentato di ieri - i pavidi e buffoneschi europei, italiani e francesi in testa, non sono in grado di apprestare. Fa pena vedere e sentire due democristiani, come Alfano e Renzie, difendere, per piaggeria e senza parole acconcie, perchè ignote alla loro cultura, la "liberté". La difesa della libertà verso un contesto di illiberali, come tanti, tantissimi, anche senza rendersene conto, sono, per retaggio di arcaismi culturali, sostanziale inettitudine umana, è priva di senso: i terroristi islamisti non sono in grado di spegnere la libertà di satira di chicchessia, praticano solo una vendetta salica e privata, perché, come tutti gli imbecilli, si prendono sul serio da se soli, dato che gli altri non ci pensano neanche. E loro lo sanno benissimo. Per questo, la satira reiterata ed unilaterale verso un mondo, impropriamente dileggiato come "inferiore" e ridicolo, presta il fianco alla ritorsione mediatica e strumentale. La dichiarata origine algerina delle famiglie dei due presunti attentatori, micidiali perchè perfettamente addestrati, collega, nel caso francese, il risentimento dei colonizzati verso i colonizzatori, soprattutto culturali, nonostante una cittadinanza secondo jus soli, nella quale le differenze restano irredimibili e sono avvertite come tali. Come i cattolici dell'Aventino e del post Sillabo, la nazione di Dio, prima di mischiarsi alla politica per impossessarsene dall'interno, la religiosità dogmatica crea e preserva dei cittadini di setta, come le " squadre" aziendali(stiche) tanto in voga di questi tempi, favoriscono la satira, ma non l'apprezzano. La satira, da se sola, non può presumere, né pretendere, di salvaguardarsi o di essere messa al sicuro da leggi libertarie; anche la satira si difende con la canna del fucile, distinguendo azione poliziesca, militare e lavorio d'intelligence, dall'illusione della teoria e del riso fra di sé. D'accordo con l'assoluta libertà d'espressione, d'accordo con la sua difesa ( possibilmente non solo parolaia ) ma senza vittimismi, dal momento che ne uccide più la lingua ( o la penna e la matita ) della spada.

mercoledì 7 gennaio 2015

Uno dei tanti modi di morir per niente e senza che nessuno ti ci mandasse.

L'attentato, o meglio il massacro vendicativo dei redattori, dei vignettisti e del direttore di un periodico satirico francese, ha chiamato in causa la libertà dei Lumi contro l'oscurantismo religioso. Certamente l'islamismo militante si nutre propagandisticamente della legge inappellabile del Signore, casomai capace di perdono in presenza di pentimento e sottomissione psicologica, nella versione buonista cattolica. Ma, al pari del mediatico attacco,in una nazione che pullula di immigrati arabi, per l'effetto perverso del colonialismo e del neocolonialismo accogliente, la parata di fessacchiotti, fra i quali spiccava per superficialità e qualunquismo il nostro Matteo Renzie, che ha animato i telegiornali come una puntata dei "muppets", non convince. Ha richiamato alla mente, senza un sussulto, una sequela di espressioni insignificanti, pari all'evanescenza dello sdegno propalato, per l'attacco alla libertà di stampa e alla democrazia. Quello portato al Charlie Hebdo è stato un attacco strumentale a fomentare le masse ignoranti, che mai avrebbero avuto contezza dell'esistenza del laboratorio satirico, ed a collegarlo in sequenziale ricordo di analogo attacco, solo ideologico, ma con identiche minacce, ad un settimanale danese. I contenuti di questi foglietti popolareschi, sono infatti grevi, sboccati e stupidi e non volano certo sulle ali dell'ironia, dove non sarebbero colti né da una vasta platea di lettori, né criticati da sofisticati esegeti che non avrebbero nessuna influenza sui destinatari, islamici e cristiani, agnostici o buddisti. All'epoca mia, in Francia, c'era Le Canard Enchainé, journal bete e mechant, che pubblica ancora, senza cavalcare più i temi maggiormente pecorecci, senza valersi ancora, in copertina e fra una pagina e l'altra, di belle e vistose pin up. Per raccattare pubblicità, raggrumare lettori alla buona, queste pubblicazioni si rifanno, enfatizzandole e deformandole, all'attualità così come viene percepita dalla parte sprovveduta dell'opinione pubblica e suscita la reazione, parimenti acritica, dei beffeggiati, in questo caso gli islamici. In Italia, a Livorno, da anni pubblica il Vernacoliere, che fa del turpiloquio politico e della blasfemia vignettistica la sua arma per aggredire il mercato e ci riesce. Non saranno le vernacolari coprofagie politiche a causargli un'ostilità fondamentalista, nè le prodezze sessuali di don Zucker, l'esorcista, a fargli invadere la redazione da killer cattolici addestrati. Con questo non voglio dire che gli assassini di Allah abbiano fatto bene, né che debbano essere esenti dalla giusta punizione individuale, se e quando saranno acciuffati e sono anche per la piena agibilità di questi fogli volgari,destinati ad un pubblico volgare, la maggior parte, cioè, al netto dei devoti, da noi non vendicativi. Maometto sarà contento di essere stato vendicato e forse, nel Nirvana dei satirici, godranno anche gli sboccati e insulsi, poveri redattori di battute ripetitive, adatte a riempire qualsiasi lacuna o vuoto mentale. A me la satira piace, quella che si sforza di essere analitica e poi corrosiva, ma morire per sfottere Maometto - sia pur pretestuosamente - mi sembra solo la fine di una accolita di idioti, anche un po' sfigati, che presumevano di trovarsi in taverna o all'interno di qualche circolo del popolo, in compagnia di gente che non beve e che del popolo conosce solo il popolo di Allah.

Inaspettati stupori.

Si chiama "knockout" game, abbreviato pugilisticamente in K.O. E' stato importato dagli Stati Uniti e consiste nel colpire, senza preavviso, un passante con un cazzotto. In Italia, come in america, si pratica già dai tredici o dai quattordici anni, come i soft-core "vietati ai minori di anni..", dato che, probabilmente, ad età inferiori, più che assestare un pugno, si prende uno scappellotto. La cronaca ha preso a identificare e segnalare il fenomeno solo da pochissimo, ma a qualcuno è già capitato di di osservarlo o di esserne oggetto. Si verifica in grandi città ed in provincia, anche in piccoli paesi, lungo il passeggio o alla fermata degli autobus, sulle pensiline delle metropolitane o all'aperto. E' probabile che si accentui e che venga sostituito, prima o poi, da una nuova "moda" veicolata dai social network, ma tutti con riferimento a quella "casa madre" dalla quale provevengono tutti gli stimoli sottoculturali del mondo posto ad occidente, compresi quelli istituzionali, pseudo politici, lavoristici e finanziari, puritani e sanzionatori, nella più completa disarmonia socio-culturale. Auguri, quindi, a tutti noi, raminghi per le strade del mondo: la fretta, l'indiffereza, l'egoismo e il dispetto, possono essere improvvisamente distratti da uno sganassone e riportarci, per qualche attimo, ad una dimensione stupita e ingenua, come quando eravamo bambini.

martedì 6 gennaio 2015

La repubblica della banane marce.

Era scontato, ma fa efffetto lo stesso. L'elezione di un presidente della Repubblica manutengolo, sulla base di uno scambio fra politica e affari, fra ricchi evasori e povere istituzioni. Berlusconi salvo, anzi miracolato e risorgente dopo l'interdizione, gli evasori, tradizionali elettori della destra liberale o littoria, ma comunque evasiva, riammessi al monopoli mentre la popolazione civile è stremata; Matteo Renzie "tecnico" di una norma che non avrebbe saputo redigere. Ecco, quindi, che le manine si moltiplicano fugaci, come su un autobus affollato, per borseggiare, palpare, confondere. Sono tutti sdegnati, questa mattina e, soprattutto, tutti negano l'evidenza. L'evidenza di una repubblica delle banane marce.

Essere Ecclesia.

Pubblico, riprendo e sottoscrivo, invitandovi a fare altrettanto, questo appello-manifesto della Chiesa di base, quella "Ecclesia" a cui sembra rifarsi l'attuale Pontefice, e che sembra riaccendere il dibattito nella Chiesa cattolica, sperando che l'appello non sia ingenuo, aspetto al momento comunque secondario, bensì utile. di Paolo Farinella, prete Da qualche tempo papa Francesco dentro la curia romana e fuori è boicottato, contestato e attaccato per le timide novità e per la pulizia che sta cercando di realizzare. L’ultimo inquietante segnale è stato un articolo di Vittorio Messori sul Corriere della Sera che mette in guardia perché il “papa inquieta il cattolico medio”. Forse è un lapsus perché s’intendeva “cattolico mediocre”. Sembra che l’articolo sia stato richiesto dalla stesso giornale. Se anche i poteri forti che si riconoscono sul giornale di via Solferino, Milano, si sentono minacciati, segno che il papa è sulla strada buona. Un mese fa cinque cardinali hanno pubblicamente contestato il papa sulle sue aperture con uno scritto collettivo che lascia pensare come il Papa sia solo e combatta dentro un sistema che lo sente “estraneo”. Penso che non possiamo essere indifferenti e che tocchi proprio a me, difendere un Papa, è segno che abbiamo toccato il fondo e colmato la misura. Non m’interessano le ragioni e le sottigliezze degli attacchi. A me preme che si sappia che ci siamo anche noi che condividiamo non solo le timide aperture del Papa su tutti i fronti, ma che desideriamo che vada avanti ancora più deciso e con più determinazione. Invito quanti condividono questo appello, credenti e non credenti, praticanti e laici, atei e agnostici a dare un segno per bloccare questa tentativo delle destre (clericali, politiche, economiche, ecc.) e sostenere un uomo che sta facendo il suo dovere di Papa. Ho inviato il testo anche al cardinale Angelo Bagnasco perché lo diffonda tra i vescovi della CEI. Alla fine stamperemo le firme e le manderemo al Papa in segno di testimonianza e nulla più. Il testo pubblicato è frutto di un lavoro a più mani di diverse persone di sensibilità diverse. Chi vuole e può, per favore lo diffonda al meglio delle proprie possibilità. Ecco il link dove è pubblicato il testo e dove firmare: http://firmiamo.it/fermiamo-gli-attacchi-a-papa-francesco FERMIAMO GLI ATTACCHI A PAPA FRANCESCO L’arrivo del Papa «venuto dalla fine del mondo» che assume il nome di Francesco presentandosi non come Pontefice Massimo, ma come Vescovo di Roma, provoca reazioni scomposte dentro la Curia vaticana che, falcidiata da scandali e corruzioni, considera il Papa come corpo «estraneo» al suo sistema consolidato di alleanze col potere mondano, alimentato da due strumenti perversi: il denaro e il sesso. Dapprima il chiacchiericcio sul «Papa strano» inizia in sordina, poi via via diventa sempre più palese davanti alle aperture di papa Francesco in fatto di famiglia, di «pastorale popolare» e di vicinanza con il Popolo di Dio per arrivare anche – scandalo degli scandali – a parlare con i non credenti e gli atei. Dopo lo sgomento di un sinodo «libero di parlare», l’attacco frontale di cinque cardinali (Müller, Burke, Brandmüller, Caffarra e De Paolis), tra cui il Prefetto della Congregazione della Fede, ha rafforzato il fronte degli avversari che vedono in Papa Francesco «un pericolo» che bisogna bloccare a tutti i costi. Rompendo una prassi di formalismo esteriore, durante gli auguri natalizi, lo stesso Papa elenca quindici «malattie» della Curia, mettendo in pubblico la sua solitudine e chiedendo coerenza e autenticità. Come risposta all’appello del Papa, il giorno dopo, il 24 dicembre 2014, Veglia di Natale, scelto non a caso, il giornalista Vittorio Messori pubblica sul Corriere della Sera «una sorta di confessione che avrei volentieri rimandata, se non mi fosse stata richiesta», dal titolo «I dubbi sulla svolta di Papa Francesco», condito dall’occhiello: «Bergoglio è imprevedibile per il cattolico medio. Suscita un interesse vasto, ma quanto sincero?». L’attacco è mirato e frontale, «richiesto», una vera dichiarazione di guerra, felpata in stile clericale, ma minacciosa nella sostanza di un avvertimento di stampo mafioso: il Papa è pericoloso, «imprevedibile per il cattolico medio». È tempo che torni a fare il Sommo Pontefice e lasci governare la Curia. L’autore non fa i nomi dei «mandanti», ma si mette al sicuro dicendo che il suo intervento gli «è stato richiesto». Ci opponiamo a queste manovre, espressione di un conservatorismo, che spesso ha impedito alla Chiesa di adempiere al suo compito «unico» di evangelizzare. Papa Francesco è pericoloso perché annuncia il Vangelo, ripartendo dal Concilio Vaticano II, per troppo tempo congelato. I clericali e i conservatori che gli si oppongono sono gli stessi che hanno affossato il concilio e che fino a ieri erano difensori tetragoni del «primato di Pietro» e dell’«infallibilità del Papa» solo perché i Papi, incidentalmente, pensavano come loro. Noi non possiamo tacere e con forza gridiamo di stare dalla parte di Papa Francesco. Con il nostro appello alle donne e agli uomini di buona volontà, senza distinzione alcuna, vogliamo fare attorno a lui una corona di sostegno e di preghiera, di affetto e di solidarietà convinta. La «svolta di Papa Francesco» non genera dubbi, al contrario coinvolge e stimola la maggioranza dei credenti a seguirlo con stima e affetto. Il ministero del Vescovo di Roma e la sua teologia pastorale suscitano speranza e anelito di rinnovamento in tutto il Popolo di Dio e il suo messaggio è ascoltato con attenzione da molte donne e uomini di buona volontà, non credenti o di diverse fedi e convinzioni. Desideriamo dire al Papa che non è solo, ma che, rispondendo al suo incessante invito, tutta la Chiesa prega per lui (cfr. At 12,2). È la Chiesa dei semplici, delle parrocchie, dei marciapiedi, la Chiesa dei Poveri, dei senza voce, dei senza pastori, la Chiesa «del grembiule» che vive di servizio, testimonianza e generosità, attenta ai «segni dei tempi» (Matteo 16,3) e camminando coi tempi per arrivare in tempo. Allo stesso modo, molti non credenti, atei o di altre religioni, uomini e donne liberi, gli esprimono pubblicamente la loro stima e la loro amicizia. La sètta di «quelli che portano vesti sontuose e vivono nel lusso stanno nei palazzi dei re» (Luca 7,25) e non possono stare con un Papa di nome Francesco che parla il Vangelo «sine glossa». Papa Francesco, ricevi il nostro abbraccio e la nostra benedizione. questo appello-manifesto di un prete delle comunità di base, di quella "Ecclesia" a cui si rifà l'attuale Pontefice. E' il sintomo di un risveglio del dibattito, all'interno della Chiesa cattolica, sperando che non sia ingenuo, aspetto, comunque, secondario.

lunedì 5 gennaio 2015

I moralisti de no' altri.

L'85% dei vigili urbani di Roma o erano malati oppure hanno donato il sangue il 1° dell'anno. Le vesti sono state strappate, nonostante il freddo, oppure così di dice. Tutti proclamano provvedimenti sanzionatori che si sono quindi già talmente accavallati da far intendere la fine che faranno. Quella che hanno sempre fatto. Si licenzia il padre pensionando e si assume il figlio. La capitale è andata avanti lo stesso, con eterna e smagata fatalità. Nessuno, neppure la dittatura fascista, è mai riuscito a far cambiare il loro costume agli amministrativi romani, di ogni specie, la cui corrività non è da ascriversi alla pigrizia - lavorano, in realtà, nel disordine, molto più della media - ma alla sensibilità che coltivano da sempre, verso le apparenze del potere e all'assenza di pungoli produttivistici che confluiscano in altre tasche. Ma non hanno privilegiato solo la famiglia e la festa intesa come riposo. Ne parlerò dopo. Trombe del giudizio o tromboni? Propendo per la seconda ipotesi. Sotto la Toscana, l'Italia cambia ritmo, perché i pensieri sono diversi, diversa è la società, diversa è l'economia. Non sarà la Madia che faceva le fotocopie presso lo Studio Gnudi a moralizzare gli irresponsabili. Con che veste morale? Quella di ministro per delega? Sarà il nominato da chiunque avesse voglia di pagare due euro per votarlo, che ha già genericamente sottolineato, la necessità dei suoi provvedimenti? I vigili romani ( pizzardoni ) scrollerebbero le spalle divertiti da questa beneficiata di vedetta che crede - ma lo crede? - di bonificare un ambiente solo punendone o sostituendone gli addetti? Pensa che i sopravvenienti sarebbero diversi o spaventati? L'intemerata disciplinare è un grido nel deserto a beneficio dei rigoristi sfigati - che non annovera i cittadini romani - un berciare a nuora perchè suocera intenda. Un calvalcare sulla groppa del giaguaro, del quale sono amici. Troppo scafati sono i romani, ( fra l'altro con quale veste questi pupi pontificano dopo Mafia capitale e il sistema degli appalti decisi e distribuiti, sul modello del calcioscommesse? ), per perdersi fra le quinte della rappresentazione. Insomma, mentre si fa una propaganda d'occasione sull'assenteismo dei comunali e si ignora volutamente che è in corso una trattativa, in carenza di sindacati, sui minimi lavorativi e retributivi per i doppi e i tripli turni, richiesti ad organico immobile, si rimuove che accadde anche nella capitale morale di Tangentopoli, Milano, all'epoca del sindaco in mutande Albertini, quando si aprirono i bandi ai vigili "privati" in sostituzione dei "ghisa" ( ci fu un blocco dell'attività di un giorno, senza preavviso ) e si sprofonda nell'oblio, in tutti i sensi, quella di due anni fa, a Bologna, dei conducenti degli autobus, appaltati a mille piccole società, privi di un contratto di lavoro da oltre otto anni. Non si fa in tempo a ricomporsi dai fremiti di sdegno che si cerca di inculcare nei vessatissimi sudditi, indirizzandoli verso falsi capri espiatori, che ci si invischia sui voli di Stato per portare a sciare la famiglia, sul soggiorno nella caserma degli alpini, anziché in albergo, poche settimane dopo l'air-bus, sempre militare, a novemila euro a volo, della ministra Pinotti. Poi salta fuori che il piccolissimo Savonarola di Rignano sull'Arno, introduce nottetempo una regoletta che rimette in pista il suo socio ( un'altra legge ad personam, instillata dalle retrovie ) e cancella il reato di false fatturazioni sotto i mille euro, oltre a una gamma pressoché totale di evasione fiscale, di ben altro valore, di nuovo sanabile con una sopportabilisima sanzione. La ministra Madia, che sta al governo in nome e per conto, competente come la Gelmini, del Foro di Reggio Calabria, dove sostenne gli esami da avvocato, a proposito del tunnel dall'Abruzzo al CERN di Ginevra, dopo almeno altri due svarioni circa le sue (in)competenze, invade sulle ali dell'incensazione - a cui deve essere abituata - il campo del sindaco Marino - che era a New York e che non pagava le multe per sosta vietata - minacciando quel che non può minacciare, occupandosi esclusivamente di statali. Fanno meglio gli statali e i comunali nel profondo sud: firmano ed escono. Come i moralisti de no' altri.

Prefigurazioni di un mondo prossimo evangelico.

Il Papa gesuita che non avrebbe dovuto accettare l'elezione per legittimo impedimento essendo lui Guardia e Custode del Papato, "perinde ac cadaver" e, per questo escluso da una possibile elezione al Soglio di Pietro, si sta affrettando a cambiare la composizione del Collegio cardinalizio che dovrà eleggere il suo successore e coordinare nel mondo le attività della Chiesa. Tredici lo scorso anno, venti fra poco. Pare che siano tutti provenienti dalla frontiera della Chiesa dei poveri e dei derelitti. Non è detto, per questo, che ne siano fedeli e degni rappresentanti, ma il gesuita Bergoglio starà certamente dosando le nomine, in funzione di un disegno politico e, se volete, pastorale, il cui esito - se ci sarà - sarà da valutare a cose fatte. Il ribaltone post ratzingeriano - dopo che l'altro pontefice si era dimesso, ritenendo di non potere sovvertire la corruzione, soprattutto finanziaria e dei costumi, dei più alti livelli dell'istituzione, Bergoglio sta cambiando la geografia, la distribuzione e la qualità umana di chi eserciterà il potere, sempre che questo "demone" non sovverta, subito dopo, gli insediamenti, le coscienze. A questo concorrerà certamente l'opera della "ecclesia" conservatrice, certamente già all'opera. Il pampa-Papa è stato fortemente voluto dall'intellighetia nord americana presente al Conclave, al netto dei porporati pedofili e protettori dei pedofili e, attraverso un'azione di sostituzione, gesuiticamnte raffinata, si cerca di "economizzare" il poco tempo che l'anziano Pontefice stesso si è dato, dando ritmo e velocità al ricambio, per renderlo incontrastabile ed avere il tempo di testarne la tenuta. Bergoglio - si noti - è uscito contraddetto, paralizzato e sostanzialmente sconfitto, dal recente Sinodo sulla famiglia. Le "illuminazioni" all'interno della Chiesa tendono inesorabilmente all'entropia, casomai a distanza di decenni, come le dinamiche involutive del Concilio ecumenico Vaticano II dimostrano. Poi - sembra - ripartono. ma sul piano del costume si combatte una battaglia mortale di condizionamento per il mantenimento del potere. Mi diceva un frate servita - ordine quant'altri mai conservatore, nel quale per volontà materna avrei dovuto ( e in parte è avvenuto ) formare il mio corpus di principi: quando la Chiesa proclamerà che che il mondo è vario e le opzioni altrettanto lecite, che si potrà copulare liberamente fuori dal matrimonio o fra maschi e che tutte le opinioni sono "rispettabili", allora vorrà dire che la Chiesa è un'istituzione puramente umana. E tu - mi diceva - scuotendo le cinque dita a "mucchietto" - vuoi dar retta ad un'istituzione umana, quale che sia? Scuoteva di nuovo le dita raccolte alla partenopea, pur essendo veneto.