mercoledì 7 gennaio 2015

Uno dei tanti modi di morir per niente e senza che nessuno ti ci mandasse.

L'attentato, o meglio il massacro vendicativo dei redattori, dei vignettisti e del direttore di un periodico satirico francese, ha chiamato in causa la libertà dei Lumi contro l'oscurantismo religioso. Certamente l'islamismo militante si nutre propagandisticamente della legge inappellabile del Signore, casomai capace di perdono in presenza di pentimento e sottomissione psicologica, nella versione buonista cattolica. Ma, al pari del mediatico attacco,in una nazione che pullula di immigrati arabi, per l'effetto perverso del colonialismo e del neocolonialismo accogliente, la parata di fessacchiotti, fra i quali spiccava per superficialità e qualunquismo il nostro Matteo Renzie, che ha animato i telegiornali come una puntata dei "muppets", non convince. Ha richiamato alla mente, senza un sussulto, una sequela di espressioni insignificanti, pari all'evanescenza dello sdegno propalato, per l'attacco alla libertà di stampa e alla democrazia. Quello portato al Charlie Hebdo è stato un attacco strumentale a fomentare le masse ignoranti, che mai avrebbero avuto contezza dell'esistenza del laboratorio satirico, ed a collegarlo in sequenziale ricordo di analogo attacco, solo ideologico, ma con identiche minacce, ad un settimanale danese. I contenuti di questi foglietti popolareschi, sono infatti grevi, sboccati e stupidi e non volano certo sulle ali dell'ironia, dove non sarebbero colti né da una vasta platea di lettori, né criticati da sofisticati esegeti che non avrebbero nessuna influenza sui destinatari, islamici e cristiani, agnostici o buddisti. All'epoca mia, in Francia, c'era Le Canard Enchainé, journal bete e mechant, che pubblica ancora, senza cavalcare più i temi maggiormente pecorecci, senza valersi ancora, in copertina e fra una pagina e l'altra, di belle e vistose pin up. Per raccattare pubblicità, raggrumare lettori alla buona, queste pubblicazioni si rifanno, enfatizzandole e deformandole, all'attualità così come viene percepita dalla parte sprovveduta dell'opinione pubblica e suscita la reazione, parimenti acritica, dei beffeggiati, in questo caso gli islamici. In Italia, a Livorno, da anni pubblica il Vernacoliere, che fa del turpiloquio politico e della blasfemia vignettistica la sua arma per aggredire il mercato e ci riesce. Non saranno le vernacolari coprofagie politiche a causargli un'ostilità fondamentalista, nè le prodezze sessuali di don Zucker, l'esorcista, a fargli invadere la redazione da killer cattolici addestrati. Con questo non voglio dire che gli assassini di Allah abbiano fatto bene, né che debbano essere esenti dalla giusta punizione individuale, se e quando saranno acciuffati e sono anche per la piena agibilità di questi fogli volgari,destinati ad un pubblico volgare, la maggior parte, cioè, al netto dei devoti, da noi non vendicativi. Maometto sarà contento di essere stato vendicato e forse, nel Nirvana dei satirici, godranno anche gli sboccati e insulsi, poveri redattori di battute ripetitive, adatte a riempire qualsiasi lacuna o vuoto mentale. A me la satira piace, quella che si sforza di essere analitica e poi corrosiva, ma morire per sfottere Maometto - sia pur pretestuosamente - mi sembra solo la fine di una accolita di idioti, anche un po' sfigati, che presumevano di trovarsi in taverna o all'interno di qualche circolo del popolo, in compagnia di gente che non beve e che del popolo conosce solo il popolo di Allah.

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