mercoledì 30 settembre 2015

Bagliori "accecanti".

La vicenda dell'uccisione del capo degli scafisti in Libia o di un suo omologo minore, è stata un flash dopo il quale l'oscurità è ritornata ad allignare su un mercato fra i più sordidi e redditizi. Uno dei quattro governi regionali libici ha ribadito che l'azione professionale di eliminazione del picolo esercito privato che attorniava il bandito e lui medesimo, è stata opera di un commando di italiani, che avrebbero sopraffatto il gruppetto, armato di mitragliatrici, anticipandolo con le sole pistole, per poi eclissarsi. Considerati i problemi di immigrazione indiscriminata succeduti alla morte violenta di Gheddafi, ci potrebbe stare: più che intercettare e affondare i barconi, sarebbe efficace eliminare gli organizzatori del traffico. Se così fosse stato, l'Italia sarebbe entrata armi alla meno nella guerra decentrata a tutela dei propri interessi, per ora solo in termini difensivi. Il silenzio che ha coperto subito la vicenda potrebbe significare l'inizio di una guerra sotterranea ai veicolatori del traffico dei migranti, sempre che la realtà non sia più banale ed attenga ad una competizione per il controllo di quote di mercato fra i vettori della transmigranza. Se l'Italia ha applicato la logica sotterranea delle barbe finte e dei loro bracci armati, se in solitudine per sue specifiche esigenze o in simbiosi informativa e domani operativa con gli alleati, lo diranno, ma solo in contro luce o nebulosamente, le vicende e gli atti dei prossimi mesi ed anni.

Barcamenandosi.

Come uscirà l'Italia dalla strettoia guerresca, innescata dalle monche e sciagurate iniziative belliche di G.W.Bush? L'ISIS è alle porte di casa, i cooperanati - l'ultimo era in realtà un dirigente industriale che cooperava anche, se non soprattutto, con una ditta olandese - o vengono rapiti per lucrare ingenti riscatti o, come nell'ultimo caso, vengono uccisi mentre fanno jogging. Le autorità del Bangladesh negano che l'ISIS alligni sul loro territorio. Australiani, statunitensi e inglesi denunciano minacce nei loro confronti, ma il morto ammazzato è stato italiano. Il discorsetto rivendicativo mi ha ricordato gli slogan delle Brigate rosse: in questo caso si è invocato dio, i brigatisti invocavano il comunismo. I raid aerei contro i miliziani del califfato sono in corso: vi partecipano statunitensi, inglesi e francesi. L'Italia trecheggia, vedrete che finirà per offrire le sue basi. Il Papa, dopo Barak Obama, avrà il premio Nobel per la pace. Come già fece Dario Fo, che comprò con il milione e mezzo di euro quante più carrozzelle elettriche poté per le persone che a Milano hanno ridotte capacità motorie, farà invece costruire quanti più diurni sarà possibile ricavarne. Il Sindaco di Roma, Ignazio Marino si è autoinvitato a Philadelphia proprio quando vi soggiornava il Papa e ha chiesto insistentemente di incontrarlo pubblicamente. Non è stato accontentato, anzi il pampa Papa ha voluto sottolineare di non averlo invitato. Fra pochi giorni partirà la kermesse del Giubileo straordinario all'insegna della frizione fra la municipalità e lo Stato che al suo interno, viene ospitato. Marino ossequierà meldicendolo il pampa-Papa, come ha fatto quando ha cercato una visibilità mediatica, influente sul suo stato periclitante nel generone romano, a lui ignoto, ma gli è stata negata. E' stata invece concessa alla FIAT-Chrysler, quando il "francescano" è stato immortalato, fra guardie del corpo statunitensi, a bordo di una 500L di Marchionne, di cui è diventato testimonial. Se Bergoglio ripudiasse la "tutela" sulla politica italiana, avremmo fatto un bel passo avanti, per merito vaticano. Probabilmente, invece, la consueta ingerenza sarà esercitata dalla C.E.I. e solo la figura universale, globale, del Papa, si separerà, per il pubblico, dalle begucce italiane, tutte intrise di corruzione e che coinvolgono anche la Chiesa. La Russia ha cominciato a bombardare la Siria. Lo fa nel rispetto del diritto internazionale, nella fattispecie dietro richiesta scritta del Presidente Assad. Tutta la poltiglia mediorientale, del diritto internazionale non si è mai curata. Non se ne cura neanche la Russia, ha solo colto l'opportunità di poterlo affermare in questa specifica circostanza, nella quale le forme sono dalla sua. Non lo erano, infatti, in Crimea, nel Donbask e, in precenza, altrove. Da parte americana si sostiene che anziché bombardare l'ISIS i caccia russi abbiano bombardato le truppe finanziate dagli anglo-americani che si oppongono al regime in carica. La Turchia favorisce i miliziani del califfato, li supporta logisticamente, ne favorisce gli spostamenti nelle zone di confine ed ha creato delle énclaves per farli sostare e riposare. Anche la Turchia bombarda..i Curdi che agiscono per conto terzi..quarti..quinti e a seguire, in cambio di nulla. Forse in cambio di qualcosa per i loro vertici. E l'Italia di cui all'esordio? Rimando al titolo.

lunedì 28 settembre 2015

La cultura politica e l'incontrovertibilità dei fatti.

Il botta e risposta all'assemblea generale dell'ONU fra Barak Obama e Vladimir Putin, attiene alla più squisita arte della politica. Almeno nei principi. Guai a chi appoggia il tiranno Assad. I tiranni vanno rovesciati. Non è chiaro se l'amministrazione nord americana se ne sia accorta solo ora o se Obama, ondivago e incerto in politica estera, non rinunci ad un idealismo sottostante l'esercizio del potere. Per Vladimir Putin si tratta invece della riaffermazione, oltre che di interessi geo-strategici, della riaffermazione del realismo, del materialismo dell'analisi politica e militare e la sua pplicazione. Così facendo è uscito dall'isolamento nel quale l'aveva relegato l'annessione della Crimea e la guerra di confine nella regione russofona del Donbask, ma la sua presa di posizione non ha solo questo significato, ma anche quello della presa d'atto delle cose come stanno e delle conseguenze morali e generose di un mutamento repentino, senza che ne sussistano le condizioni. C'è in Putin, mutuata dal suo passato e dalla sua formazione comunista, il senso e l'analisi delle circostanze nelle quali, scorrendo,si dipana la storia, nella quale qualsiasi entità deve sapersi inserire a tempo e luogo. Non c'è idealismo in Vladimir Putin e forse quello di Obama è una mascheratura "democratica". La guerra in Siria continua, provoca la rovina di intere popolazioni e le induce ad emigrare, ma anche il califfato che occupa già l'estensione di uno Stato, fra l'Iraq e la Siria, è un frutto velenoso "dell'idealismo" petrolifero, messo in difficoltà dal terrorismo, degli Stati Uniti, dell'Inghilterra e della Francia. Nell'idealismo, democratico o dei principi, alligna l'espansione economica e la sua promozione armata; in questo caso attraverso una delega. Nel realismo materialista di Putin alligna, invece, la salda e inconfutabile satrapia territoriale che si espande e si consolida in un gioco del domino, sullo scacchiere delle mutevoli opportunità, speculando anche sulla dinamica delle contraddizioni. Due diverse dinamiche imperiali, destinate a scontrarsi e misurarsi senza sosta, perché la prevalenza dell'una implica la rovina dell'altra.

domenica 27 settembre 2015

Condoglianze fasulle.

Il lutto di Maria Elena Boschi e di Matteo Renzie per la morte di Pietro Ingrao, le querimonie sul ruvido comunista ciociaro come un padre della sinistra attuale, non può che richiamare alla mente la compresenza di molti, incerti genitori nel PD. La natura fluida, gassosa del partito consente ogni sorta d'incongrua, disimpegnata commemorazione, che i comunisti duri e puri, se ancora in grado di connettere, non accoglieranno come loro. Ben più impegnativo sarebbe stato da parte di Boschi, Renzie et similia ricordare qualche mese fa il cinquantenario della morte di Palmiro Togliatti, uno dei maggiori leader del comunismo mondiale, attribuendogli la paernità della sinistra attuale. Ma questo, ammesso che se ne ricordassero - ma da qualche parte l'avranno pur letto - sarebbe stato ben più discriminante e divisorio, di quanto non sia la figura di un vecchio comunista, affievolitasi nella memoria dei più e certamente ignota ai più giovani.

Il diavolo non è arrivato in Vaticano, bensì la faglia fra principi dogmatici e prassi morale

Fra pochi giorni si (ri)aprirà in vaticano il Sinodo sulla famiglia, argomento in rapporto al quale, Papa francesco I ha sollecitato il più ampio di battito pubblico nella Chiesa e fra i prelati. Si preannunciano due schieramenti, formati l'uno da coloro che la ritengono in pericolo mortale e l'altro, da coloro che vogliono discuterne tutti i possibili significati, non è ben chiaro se solo quelli dottrinari, a cui si ispirano i conservatori o anche quelli antropologici e sociologici, ovviamente in ambito religioso, da misurare con la dottrina. Sullo sfondo di una diatriba morale portata passo, passo, su tutti i temi sensibili di una società dell'informazione superficiale, il Papa post ratzingeriano cerca di abbattere le concrezioni sedimentarie della Curia romana, che già il suo predecessore, alternativo in Conclave, aveva provato a scalfire per poi ritirarsene e dimettersi. Mentre nella società civile e nelle aule parlamentari il dibattito latita, nelle diocesi, in giro per il mondo, le correnti ecclesiali si coagulano in schieramenti apparentemente omogenei, almeno sulla dottrina o sulla sua reinterpratazione. Ma al dibattito in sede teorica sottende il potere e l'aspirazione ad investirsene esautorandone altri attualmente assisi sulle sue cattedre e il pampa-Papa ha deciso di farsi dare una mano, se non dallo spirito santo, dall'influenza di una difficile riforma interpretativa dei dogmi, nella quale l'esegesi non può essere affidata al popolo, ma i cui risultati semplificati e accessibili dovranno costituire il consolidamento del vecchio alveo o la sua parziale tracimazione in uno scisma. In fondo, la dicotomia fra un Papa conservatore e uno gesuita, alternative elettorali eppur succedutesi sulla suprema cattedra dei cattolici, è già lì ad attestarne la possibilità.

Ritorno nel nulla.

Poche ore fa, a Roma, è morto Pietro Ingrao e con lui, che aveva cento anni, uno dei protagonisti del comunismo italiano che contribuì a dividere la società in due tronconi statici: uno prevalentemente conservatore e un altro prudentissimo in patria, ma organico al movimento comunista internazionale. Ingrao è stato un importante comunista italiano, uno dei cinque che si potevano permettere di avvicinare Palmiro Togliatti in Parlamento e con il quale "il migliore" si consultava. E' stato per due terzi della sua vita un comunista organico, ragionava con la testa del partito o riusciva a dissimulare il suo pensiero. Nel perseguire il potere o almeno nel mantenere la solidissima posizione vicaria, ma alternativa, per decenni e decenni, non si concedeva l'uso critico della ragione. Eppure, nella fase calante e compromissoria della prima Repubblica e del comunismo medesimo, assurse alla Presidenza della Camera dei deputati e, anche se lasciò senza fornire spiegazioni, solo un anno dopo, quei dodici mesi furono una palestra del dibattito più sereno, neutrale ma incentivante, nel quale ogni deputato vedeva valorizzato il suo contributo. Negli ultimi anni della sua vita aveva preso atto della morte dell'utopia che lo aveva anticipato, lasciandolo ancor più solo nella sua tarda età. Ma il mito immanente del comunismo si riproporrà, come avviene da Platone in poi, in versioni utopistiche o scientifiche. Se quelle tesi avessero prevalso, sarebbe stato per il prevalere delle armi, per un passaggio di campo, una vendita, come ad altre nazioni è avvenuto, il nostro mondo avrebbe conosciuto un'era breve di annichilimento della personalità e dell'individuo, ma senza quel modello positivista e radicale, l'eguaglianza degli uomini e fra gli uomini è ritornata subitamente ad essere un feticcio sconfitto, irriso e disprezzato. Non c'è merito, né rimpianto per la morte di Pietro Ingrao, ma solo il suggello di un'esperienza storica accantonata, alla quale il "burininissimo" - aveva un eloquio insopportabile per il suo accento - rampollo di una famiglia importante e ricca aveva deciso di dedicare la sua vita, nonostante gli agi che la sua condizione gli avrebbe comodamente riservato, al sovvertimento rivoluzionario dei luoghi comuni in ambito sociale ed economico. Valutò, culturalmente, in via di superamento il modello liberale, di impronta agraria, nel quale si era trovato a nascere nei pressi di Latina e, invece, a regredire lungo i contraddittori itinerari della vita è stata la sua illusione - che finché ci saranno dei poveri, si riproporrà - che adesso si è spenta anche nel rimpianto.

sabato 26 settembre 2015

La solita confusione.

A poche ore dall'eliminazione del boss degli scafisti in Libia, costui si rifà vivo con una dichiarazione pubblica. Intanto, uno dei tre o quattro governi libici sparpagliati sul territorio ha accusato gli italiani di avere portato a termine il colpo, attraverso non meglio definiti corpi speciali, che non sapevamo di avere, ma che forse ci sono, come le molte stragi mascherate e irrisolte starebebro a dimostrare. Un trafficante è stato ucciso e con lui la sua nutrita scorta armata, ma non si tratterebbe del leader, bensì di una figura importante ma non apicale dell'organigramma. Le pallottole usate sono delle calibro "9", ufficialmente in dotazione agli americani inquadrati nelle forze speciali della NATO e non agli italiani. Gli statunitensi hanno talvolta sbagliato bersaglio, ma gli italiani, se fossero stati loro, confermerebbero, insieme al buon addestramento, la nostra natura pasticciona e - chissà mai - la nostra tendenza a negoziare anche le eliminazioni, come qualche esponente di spicco del nostro panorama politico, giudiziario e amminiatrativo potrebbe tsetimoniare, se fosse ancora vivo.

La moralità privata.

La Volkswagen ha dunque truccato i dati sulle emissioni di polveri sottili dei suoi modelli a gasolio. Ha superato truffaldinamente i test all'ingresso, rigorosissimi, degli Stati Uniti e, senza tanti approfondimenti, a valanga, quelli simulati di molti altri paesi europei. Solo in Italia i veicoli fuori "range" dovrebbero essere un milione. Non erano dunque i tedeschi i maestri e le maestrine della moralità continentale? Scusate, ma non c'entra niente. I tedeschi sono stati, dal dopo guerra in poi, rigorosi interpreti della severità amministrativa pubblica e ne hanno goduto i frutti, senza mai transigere anche per il più piccolo discostamento dai criteri di severità che improntano il loro agire sociale e istituzionale. Una concezione ed una mentalità inconcepibili per i popoli latini. Il privato invece è uniforme, ma in senso del tutto diverso. Lo dicono le due espressioni verbali medesime. Il privato persegue le sue finalità e, quando lo fa in termini industriali non butta a mare un'intera produzione; se ci riesce trucca i dati. Ma, nel caso tedesco, ne pagherà le conseguenze e saprà rialzarsi. Come i Riva, ma ben diversamente dai tedeschi e i loro manager a Taranto, nonostante l'intervento del tribunale e il sacrificio affaristico della salute dei cittadini. Di Taranto, non dell'ILVA.

Alla prossima. Farem chi l'ha più duro..

A volte la differenza fra il trionfo e l'insuccesso è questione di centimetri. Il sistema premiante si misura anche così. Credo di aver già parlato della strana contesa fra alcuni colleghi della mia precedente vita bancaria, che si riunirono nel sottoscala, fantozzianamente, che custodiva il guardaroba del piano terra e confrontarono i loro attributi. La gara fu appannaggio di un negro-bianco, così soprannominato perché concorreva anche un etiope. Ormai la misura del prevalere si misura in centrimetrate vanità, su ambizioni minime, su di una misurazione continua..anche se solo le pene aumenteranno. La prossima volta, lo sbatteremo contro il muro per veder chi l'ha più duro.

Jesus-Christ superstar, da Wojtyła a Bergoglio passando per Ratzinger.

Il Papa elettrizza le masse; lo ha fatto a New York, lo farà in Africa. Il suo messaggio non è per questo mondo, ma viene scambiato per tale. L'affrancamento dalla miseria del vivere, anche solamente in una dimensione trascendente - che ne conferma l'attuale immanenza - entusiasma per un attimo e, subito dopo, ripiomba nell'apatia e nella depressione. La proposizione fisica dell'ultimo evangelista feticizza il messaggio. La capacità pubblicitaria a cui questo Papa presta la sua immagine è manifesta, talvolta anche particolare, come quando ha accettato di fare da testimonial della FIAT, andando al Congresso su di una 500L, scortato dai GMen della sicurezza. In fondo gli stessi, a parte la divisa, che hanno crivellato di colpi un disabile afro-americano sulla sua sedia a rotelle, sulla quale sedeva dall'età di diciotto anni, per una paralisi sopravvenuta otto anni prima per un colpo di pistola accidentale. Per un'altra gragnuola di colpi "accidentali" è sceso dalla sua condanna all'immobilità, ma non aspirava alla vita eterna alla quale è stato così generosamente consegnato dai custodi della virtù. Il mondo, nelle sue espressioni sottoculturali è dominato, per le masse, dall'immagine, mentre una volta era condizionato dalla parola. Il Papa è la parola rappresentata, come nei Vangeli, la parola e l'immagine, presente ma ignota di Cristo. Il politico Bergoglio lo sa e si rappresenta: ha abolito la Papa-mobile coperta, anche se i rischi non sono diminuiti e si immerge con voluttà nel pelago umano che lo accompagna per breve tratto. A Central park ha parlato come un pastore evangelico protestante di un dio immanente e trascendente insieme che vive dentro le città nelle quali anche noi viviamo - soprattutto, par di capire, nelle immense metropoli - dove vive la Chiesa, potenziale "ecclesia" di tutti gli uomini. Ieri si era offerto come già il Santo subito suo predecessore, alla preghiera comune con le altre fedi non concorrenziali: mancava un Pope ortodosso della Chiesa d'oriente, di quella russa in particolare. Ragioni di concorrenza spicciola. Il Vangelo pubblicitario viene offerto come tale solo nelle democrazie mercantili del mondo, altrove il Papa non è gradito, ma nel mondo che lo accoglie eccitato o, nelle sedi del potere e delle istituzioni, con ipocrite ovazioni, il Vangelo di Francesco è solo un'opzione privata come tutte le altre. Sollecitando la conversione interiore, la prassi sociale non cambierà.

Metodi poco accoglienti.

Il capo o presunto tale degli scafisti è stato ucciso in Libia da un commando addestratissimo che, senza subire perdite, lo ha eliminato insieme ai suoi otto uomini di scorta. Un'azione da servizi segreti e di quelli buoni. Resta da capire, ma non credo che ce ne saranno forniti gli elementi, se si sia trattato di un'eliminazione diretta, per procura o nell'ambito delle triangolazioni diplomatiche internazionali. La nettezza dell'esecuzione farebbe pensare agli Israeliani, in un contesto, però, nel quale e in rapporto al quale non hanno interessi diretti o coinvolgimenti: gli esuli non approderebbero sulle loro coste, al massimo in Cisgiordania. Il trafficante ucciso non era uno sprovveduto, si trattava infatti di un alto ufficiale dell'esercito di Gheddafi, probabilmente impegnato nel contenimento dei profughi, in maniera da formarsi una solida preparazione di merito e di contesto. Era comunque un uomo avveduto e approfondito nel mestiere delle armi e nella direzione delle milizie. La saga dei migranti è entrata nella sua fase di intelligence, come era urgente che fosse e lo ha fatto nella maniera più essenziale. Non si saprà mai, con certezza, chi è stato e perché ha agito così.

L'Italia che verrà.

Il bracciantato agricolo è tornato all'epoca di Di Vittorio. Nelle campagne astigiane, e in ogni altra plaga vitivinicola nazionale i braccianti, per cinque euro all'ora lavorano ininterrottamente alla vendemmia, concedendosi solo poche ore notturne di riposo, dentro roulottes di fortuna o accampati all'addiaccio nelle vicinanze delle vigne. Solo la Caritas, nell'astigiano - ma l'Italia ne è piena - ha allestito un dormitorio. Agenzie improvvisate, caporali e imprenditori profittatori collaborano alla miglior resa. Le braccia provengono dalla Bulgaria, dalla Macedonia e da ogni altra regione in dissesto e, disprezzati, ignorati e sfruttati, assicurano una raccolta che dovrebbe fornire, quat'anno, lauti guadagni ai produttori. Finita la vendemmia, se ne torneranno a casa, in attesa della chiamata per la raccolta delle arance, a Rosarno. "Chi ha buona volontà, un lavoro lo trova". Loro parlano invece di mancanza di alternative, di desertificazione delle possibilità e di necessità di sopravvivere. Il lavoro nero, ovviamente, gonfia i profitti. Contemporaneamente, un avvocato marchigiano che ha preso a cuore i casi dei fermati, ammazzati di botte nelle questure e nei commissariati di polizia o nelle ridotte dei carabinieri, l'avvocato Fabio Anselmo, è oggetto di tiro a segno sui suoi beni esposti e lo è da ben due anni. Fabio Anselmo si è occupato e si occupa delle vicende di Stefano Cucchi e dei casi Ferrulli, Mogherini e Bifolco. Ecco che da due anni a questa parte, la casa marchigiana del legale è diventata il bersaglio di colpi d'arma da fuoco di avvertimento, come in altri contesti usa fare la mafia, per intimidire o per annunciare la morte. Si tratta di avvertimenti mafiosi ma non della mafia in senso stretto, bensì di quella mafia onnipresente sul territorio nazionale e fra la gente che lo popola. In questo caso si tratta di una comunanza culturale che si sovrappone alle sovrastrutture secondarie della vita civile e che denuncia il comune radicamento d'origine.

giovedì 24 settembre 2015

Metà degli Italiani ha smesso, almeno parzialmente, di curarsi.

Quasi un italiano su due rinuncia alle spese mediche necessarie per mancanza di soldi e questa percentuale è ancora maggiore (arriva a sei su dieci) nelle famiglie che hanno un reddito basso. Si rinuncia soprattutto alle cure odontoiatriche, alla riabilitazione fisica, alle cure ortopediche e oftalmiche e talvolta anche a cure urgenti. Mentre si prendono criminali decisioni sulle prestazioni sanitarie "a rischio inappropriatezza" che diventeranno "a carico" dei cittadini ricchi, gli unici che potranno pagarsele e che già si valgono della sanità privata, fanno pensare le ultime statisctiche pubbliche. Il ministero della salute ha presentato ai sindacati dei medici il decreto sulle prestazioni sanitarie considerate "inappropriate": si tratta di 208 prestazioni a rischio “spreco” che comprendono tac, risonanze magnetiche, odontoiatria, prestazioni di laboratorio, test allergici e genetici. Una lista di prestazioni che potranno essere ottenute solo rispettando delle condizioni di derogabilità: in caso contrario saranno a carico dei cittadini. Uno degli aspetti più contestati dai medici è però la previsione di una sanzione pecuniaria per i medici che prescriveranno accertamenti e prestazioni sanitarie considerate inappropriate. Li si trasforma infatti in secondini dei bilanci sanitari, sotto l'egida di direttori sanitari e di dipartimento che scimmiottano i contenuti delle circolari ministeriali. “Il punto debole del decreto ministeriale della Lorenzin è che mette in moto un meccanismo, quello sanzionatorio rispetto alle prescrizioni cosiddette ‘inappropriate’, che oltre a spaventare il medico e farlo lavorare male, creano un danno al malato che vedendosi negare la Tac o l’esame rinuncerà a curarsi del tutto o andrà nel privato. Salterà il delicato e fondamentale rapporto paziente-medico e sarà sostituito da quello fra un dipendente e la sua azienda, soggetto incontrastato e determinante. I primi risultati delle indagini esperite da enti accreditati confermano una tendenza diffusa e diventata certezza: gli italiani (molti) rinunciano a curarsi perché non possono. Non hanno i soldi. Si legge nell’indagine: “Per curarci spendiamo sempre più soldi di tasca nostra: in media il 14% del reddito netto familiare. Come dire che in un anno spendiamo quasi 2mila euro a famiglia per cure sanitarie essenziali. E si sale a 2.400 euro se ci prendiamo cura di un malato cronico. Dall’indagine che abbiamo condotto risulta che quattro italiani su dieci hanno difficoltà a saldare i conti per le visite e i farmaci. Quasi la metà degli intervistati rimanda il più possibile l’appuntamento con il medico o rinuncia a curarsi perché non ha abbastanza soldi”. La salute costa cara e chi non può far fronte alle spese sanitarie ha due alternative, :rinunciare a curarsi (scelta fatta dal 46% delle famiglie italiane) oppure indebitarsi (13%). Ma la percentuale di chi rinuncia alle cure necessarie è ancora più alta e sale al 61% fra le famiglie con reddito inferiore ai 1550 euro al mese. E sale ancora in alcune regioni d’Italia: in Campania (73%), Calabria (69%) e Lazio (64%). Sono poi il 13% gli italiani che hanno chiesto un prestito – più della metà ai familiari piuttosto che alle banche – per pagarsi le spese sanitarie: in media è una cifra di tremila euro l’anno. Il 46% degli italiani rinuncia ad almeno una cura l’anno (un po’ meno quelli che hanno un’assicurazione sanitaria, il 33%: è un dato comunque alto, ma chi ha stipulato un’assicurazione non è al riparo dai pagamenti che finiscono per coprire il 12% dell’introito netto). Fra le cure più sacrificate ci sono quelle odontoiatriche (38%), oftalmiche (22%), alla riabilitazione fisica (15%) e quelle ortopediche (11%). Nei casi più gravi si rinuncia anche a visite assolutamente urgenti: il 23% in Sicilia, ad esempio, oppure il 18% tra coloro nella fascia di reddito inferiore a 1000 euro al mese. Nel frattempo sul provvedimento del Ministero è scattata la battaglia. Il Ministro della Salute Beatrice Lorenzin è intervenuta e ha detto che le sanzioni scatteranno solo dopo “un eccesso reiterato di prescrizioni inappropriate e solo dopo un contraddittorio con il medico che dovrà giustificare scientificamente le sue scelte” e ha sottolineato che “si vuole avere un’appropriatezza della prescrizione diagnostica: ovvero che le persone siano indirizzate a fare le diagnosi che servono e non quelle che non servono”. I medici però sono sul piede di guerra e annunciano mobilitazioni. L’Anaao Assomed parla di “un decreto sbagliato nel merito e nel metodo”. “Non è, infatti, compito della politica – commenta il Segretario Nazionale dell’Associazione, Costantino Troise – definire i criteri dell’appropriatezza clinica, valore in cui pure ci riconosciamo, invadendo l’autonomia e la responsabilità dei Medici. Senza contare i veri e propri strafalcioni o gli esempi di inappropriatezza assunti a sistema presenti nella parte tecnica del decreto, che la dicono lunga sulle competenze e sull’attenzione riservate a materia delicata che attiene il diritto alla salute dei cittadini. Se il tema dell’appropriatezza prescrittiva, ed il relativo consumo delle risorse, viene considerato fondamentale per l’equilibrio economico dei sistemi sanitari evoluti, è impensabile procedere attraverso note, tabelle e sanzioni.Con il rischio di inquinare il rapporto medico-paziente e di spingere i cittadini verso le strutture private, obbligando le fasce più deboli della popolazione ad ingrossare il numero di coloro che già ora rinunciano alle cure ed alimentando una spesa out of pocket che già è ai massimi in Europa”.

Epoche inique.

Che cosa rende un esame clinico, inutile? Il fatto che il paziente non abbia nulla. Che cosa lo rende particolarmente inutile? Il fatto che questo esame sia stato prescritto solo in via precauzionale, magari proprio solo per escludere il rischio malattia e tranquillizzare il paziente. Questi esami, se passa il provvedimento legislativo annunciato dal governo, non si potranno più fare, pena sanzioni contro il medico che li prescrive. Quindi saranno utili solo gli esami clinici che riscontrino effettive patologie, magari irrecuperabili. I soliti pifferai, leziosi dello zufolo per tutta la loro vita, spiegheranno che si tratta di sprechi. Mi pare che abbiano annunciato come esempio che gli esami sul colesterolo dovrebbero farsi ogni cinque anni. Immaginiamo una persona che improvvisamente abbia sintomi di malanni che il medico giudichi dovuti a cause di scompensi nel metabolismo, da sottoporre ad analisi. Se il paziente ha oltrepassato i tempi standard dall'ultimo controllo il medico potrà fare la prescrizione, se invece cosi non è dovrà aspettare. Oppure rischiare di finire sotto procedura di controllo e sanzione. Si dice che in questo modo si risparmieranno miliardi che potranno essere spesi meglio. Tutti i tagli alla spesa pubblica son giustificati così da sempre, e da sempre sappiamo che questo non è vero. Si ridurrà invece la prevenzione sulle malattie: solo i ricchi continueranno a permettersela mentre i poveri si ammaleranno e moriranno prima. Siccome tutto si tiene in un sistema organizzato, è proprio questo che si ricerca. Il sistema pensionistico, dalla riforma Dini, si fonda sull'aspettativa di vita. Più questa statisticamente sale più si deve andare in pensione ad età elevate. Per questo le tabelle già prevedono la pensione a 70 anni di età nei prossimi decenni. Immaginiamo allora che i tagli alla sanità blocchino o addirittura abbassino questa aspettativa di vita. Sarebbe un doppio guadagno per le casse dello stato, uno stato corrotto, sprecone e clientelare, che costretto a rientrare dal debito, non vuole abbassarne i benefici alla classe percipiente. Per cui, da un lato risparmi sulla spesa sanitaria, dall'altro su quella pensionistica perché andando in pensione sempre più tardi si morirebbe prima. Il sistema pensionistico, saccheggiato per decenni per ogni forma di surrogazione della cassa integrazione e di molte altre forme di compensazione al reddito, soffre in fase di moralizzazione dei costi perché si vive più a lungo, trascinandosi per lunghi anni nell'invalidità. Vite non più utili, secondo il pensiero ragionieristico delle aziende. I medici sono giustamente in rivolta contro questa legge, perché verrebbero sottoposti ad uno standard di regole e comportamenti di modello aziendalistico. Anche nella sanità ci sono da tempo strutture e poteri burocratici che hanno il compito di decidere sui comportamenti, ma che impongono anche l'uso di medicinali poco efficaci o sotto lo standard che sarebbe disponibile, in numerose patologie, soprattutto in quelle insanabili, per le quali esistono farmacopee costosissime che vengono vendute in farmacia solo a chi se le può pagare interamente, dato che sono fuori dal prontuario sanitario nazionale. Si trattasse di un modello per risparmiare, sarebbe giò improprio in materia di salute, ma è proprio il modello aziendale fondato sul profitto quello che da troppo tempo, incontrastato, si sta imponendo nei servizi pubblici, in questo modo trasformando le persone ed i loro diritti costituzionali in oggetti di mercato. Qualcuno sbufferà sentendo pronunciare le parole diritti e Costituzione, fondamento legale del vivere associato: costoro, molto numerosi, sono gli ascari e gli sherpa del rattrappimento sul loro livello miserabile. Ancora più infame è poi la partita di scambio che viene offerta ai medici per compensarli della distruzione della loro libertà. Il governo intende impedire le cause dei cittadini per malasanità. Così come ha fatto con il decreto Ilva, che ha garantito impunità ai manager che inquinano nell'esercizio delle loro funzioni, il governo offre la stessa protezione ai medici, ovviamente se si adegueranno e si renderanno interpreti di una metodica che nega la loro professioanlità, se l'etica fa schifo a quelli di cui sopra. I pazienti saranno meno immuni da malattie gravi, ma i medici verranno immunizzati dalle cause dei pazienti. L'Italia è il paese di Cesare Beccaria, che alla cultura medioevale contrappose quella illuminista delle pene: meglio un colpevole libero che un innocente in prigione. Con lo stato sociale questo principio di civiltà si era esteso ai diritti sociali. Meglio spendere di più in visite anche per chi non ne ha bisogno, che negare le cure a chi invece ne necessita, fatti salvi i normali e rigorosi controlli sul tempo libero dei pensionati passato negli ambulatori e che i medici di base non contrastano per non perdere i mutuati. Ma, in Italia si continuerà ad agire apparentemente alla carlona, senza controllare nulla, abbattendo prestazioni agli indifesi e continuando a favorire chi non ne ha bisogno, se non per mantenere il suo status. Ora con le politiche di amputazione delle prestazioni e della prevenzione gratuita delle malattie, il governucolo abbandona i principi illuministi per tornare a quelli medioevali: meglio che un malato muoia prima piuttosto che spendere dei soldi in più. L'autorità pubblica ha così potere di vita e di morte indiretto e il principio che la ispira, perché non ha il coraggio di contraddirlo, perché teme di esserne rimossa, è quello del mercato, rispetto alla cui suprema autorità, come nel Medio Evo, le persone normali non hanno più diritti personali indisponibili. Epoche buie, culture di morte.

mercoledì 23 settembre 2015

Iniziative economiche transcontinentali a puro fine di lucro.

Mi piacerebbe capirci qualcosa di più nelle peripezie di un tarantolato del calcio, del soccer, come Joe Tacopina. Affrancatosi dal Bologna f.c., è atteso per il 22 Ottobre prossimo in laguna, a Venezia. In gondola, vestito da Doge, farebbe la sua figura. L'ho rivisto ieri sera, quando un anno fa sbarcò sotto la curva Andrea Costa, ribatezzata Bulgarelli, per inneggiare, anzi controinneggiare ai tifosi che lo acclamavano. Durante i ben misurati passi sotto la curva poverella e fatiscente, ha a lungo stretto il pugno, ignorando forse che la curva rossoblu è da anni di destra. Il pugno era staticamente, cerimonialmente chiuso, non agitato da bellico fervore, quindi era simbolico. Pare che abbia già parlato per due volte col sindaco di destra Brugnaro e che abbia già fornito garanzie - non depositato - per due milioni di euro, gli stessi che recò nove anni or sono ad Alfredo Cazzola, che se li trattenne quando l'operazione non andò a termine. Poi, un anno or sono riuscì ad imporsi sul concorrente "Segafredo-Zanetti", dopo essere stato temporaneamente esautorato, offrendo alla piccola ma avida cordata di imprenditorucoli bolognesi qualche doblone in più, che si sarebbe ben guardato dallo sborsare personalmente. A Venezia, dove andrà porbabilmente al Casino di Ca' Vendramin Tagliergi e, in estate, al Lido. avrà un indotto artistico e turistico da "valorizzare", ma che cosa ci possa entrare il calcio in tutto questo, ridotto com'è dentro una piattaforma in riva al mare, altrimenti detta Stadio, mi sfugge. Dunque il calcio coniugato alla storia e alle bellezze artistiche è in grado di fare aggio su tutto in una residua città di neanche sessantamila residenti, stretti fra la laguna pullulante di microorganismi e l'inferno viario, industriale e velenoso di Mestre, in tutto un altro centinaio di migliaia di abitanti, poco inclini alla passione pallonara. Che interesse potrebbe rivestire per gli investitori nord americani veicolati - o messi in mezzo - da Tacopina, una squadretta militante nella serie "D", la quarta, la prima dilettantesca? Probailmente si tratterà di una leva per altri investimenti appaltati ai business-men americani, dei quali l'avvocato newyorkese si fa nocchiero e garante, fino a che non lo rimuoveranno, facendolo sciogliere in lacrime, con laute prebende a suo riconoscimento. Mi piacerebbe anche sapere, o meglio capire, che cosa può spingere un sindaco ad assecondare questa colonizzazione impropria del suo territorio - nel caso veneziano - mentre, per quanto attiene a quello bolognese, c'era la chiara prospettiva di un fallimento societario all'orizzonte, in una piazza dove invece il calcio è seguito ed amato. L'unico elemento che si intravede fino ad ora è la veicolazione di capitali tramite il calcio che invade tutti gli schermi televisivi privati, verso nuove e ancora oscure rese, in un Paese sempre più velocemente colonizzato e in ripiegamento. Il primo Paese a conoscere gli investitori statunitensi è stato l'Inghilterra e, insieme a loro, i magnati Russi che, nel caso del siberiano Abramov, hanno anche trasferito la loro cittadinanza, mentre da noi, gli Yankee non sanno neanche parlare l'italiano e neanche si sforzano d'impararlo. Eppure, capitali esorbitanti in fuga dalle loro rigorosissime tasse vengono ad offrirsi a politici da operetta e a imprenditorucoli del calcio nazionale, per operazioni che, spostandosi da poche decine a poche centinaia di chilometri vanno marchiando le nostre società sportivamente più reditizie, come i cowboy facevano con le mandrie recuperate dallo stato brado.

martedì 22 settembre 2015

Pregiudiziali.

Varoufakis ha risposto a una cafonata di Matteo Renzie, acusandolo di aver perso l'anima e la dignità di uomo di sinistra. Il professore ha ceduto all'emotività dello sconfitto elettoralmente, mentre lo scaccino italiano ha colto l'occasione di provocarlo, per umiliarlo, riuscendoci. Di quale anima parli Varoufakis, di quale dignità non è dato sapere. Concediamo pure a Renzie la giustificazione concettuale dell'ignoranza: proprio per questo lo doveva ignorare. Renzie è troppo superficiale e incolto per conoscere i caratteri costituenti dell'economia politica e del marxismo, del quale il comunista Varoufakis è invece un cultore. L'una e l'atra materia insegna in università greche e australiane, possiede la doppia cittadinanza e una moglie del continente australe. Le sue due figlie non si formeranno fra la nonna, la zia e il fattore di Rignano sull'Arno. Varoufakis è appunto un comunista ideologico, concettuale, come si addice a tanti professori o intellettuali in senso lato, ma è una persona preparata e impegnata. Tutto il contrario dell'incommensurabile Renzie, con il quale non si deve mnsurare, né sul piano teorico, nè su quello tecnico, formato come dovrebbe essere alla lezione di Antonio Gramsci e al realismo storico dei partiti marxisti. Io non sono né comunista, nè renziano, ma, dovendo scegliere riguardo alle qualità intellettuali e, di conseguenza, morali dei due, non ho dubbi. A prescindere da tutto, anzi proprio a prescindere da Renzie.

Leggende.

Si paventa l'invasione e la futura dominanza islamica in europa, mentre si consumano gli adattamenti antidemocratici per il rafforzamento del fortino continentale che si oppone contemporaneamente al capitalismo globale, pur cercando di intercettarne gli aspetti e le occasioni più lucrose e alla piattaforma continentale russa che ha saputo rialzarsi della decadenza dissolutoria nella quale l'aveva gettata l'acritica infatuazione capitalistica dei catenacci ubriaconi della ex gerarchia sovietica. Il fantasma di un potere conseguito solo sulla base del numero dagli immigrati sui nostri territori, per farsi sfruttare per un progetto di accumulazione finanziaria che li contempla solo come strumenti e li esclude da ogni possibile arricchimento, serve a schermare e mascherare l'opera di dissoluzione dei canoni più evoluti del pensiero e delle istituzioni democratiche, che si consuma con monotona ripetitività in ogni società, governo e parlamento dell'europa indebitata con la Germania, che esprime e difende, per i suoi interessi, l'euro. Così, masse informi di diseredati, icona degli effetti, non solo delle guerre, ma dell'opera disgregatrice e dispersiva dell'imperialismo economico nelle nuove forme sfuggenti, caotiche e indeterminate, diventano barbari invasori di civiltà, da molti decenni in preda ad una crisi da benessere o da prospettive di benessere, anche per le classi subordinate di quelle società medesime. L'accantonamento del dibattito democratico, del confronto delle tesi, le semplificazioni pubblicitarie e produttivistiche, sono la tabe di questi tempi, non i migranti che affollano con le loro masserizie, con le loro carrozzine, i mezzi pubblici e i marciapiedi urbani. La demonizzazione dello straniero, dell'estraneo è il facile viatico del consenso presso le plebi che "scoprono" di doversi difendere da altri se stessi, in condizione di alterità e, quindi, di inferiorità, confermando così e rafforzando la propria timorosa subordinazione.

domenica 20 settembre 2015

Tempi vuoti.

Nel fumo dei gas lacrimogeni, con le vesti lacere, i visi sanguinanti, sottoposti alle cariche della polizia. Le forche caudine dei migranti si ripresentano ad ogni confine che tentano di superare. I Paesi minori dell'europa, fuori o dentro l'Unione, fanno il lavoro sporco per le grandi potenze "accoglienti", proseguendo quella guerra che, vasi di coccio fra vasi di ferro, li ha scacciati dalle loro terre. Era una contesa fra potentati nascosti od evidenti, ma ignorati per via della propaganda mediatica, che continua per loro in europa. La guerra li insegue, li rende profughi e poi indesiderati, li seleziona a suon di botte, mentre, privati di ogni prospettiva, con i figli al collo, tentano di superare i cordoni umani, i reticolati e la selva ignobile delle telecamere, che i poliziotti lasciano sciamare impunemente fra le loro file e quelle dei transfughi, per non contraddire - quando non ne sono contraddetti - la libertà di informazione di spettatori comodamente seduti. L'uomo è uno strano animale che parla e le cui parole acquistano un significato impressionistico, poetico o razionale, efficace e convincente, solo quando esulano dalla realtà, anche quella sotto gli occhi di tutti che viene descritta da chi non vi è coinvolto. L'Islam ci sta invadendo con la sua demografia esorbitante! Da quando in quà masse di diseredati, del tutto alieni dal pensiero materialista, privi in gran parte di capacità tecniche e di lavoro, sottoculturati, possono, in ogni parte del mondo, aspirare a colonizzarlo? E' forse in fuga l'intellighentia conformista di quelle nazioni, la loro borghesia satolla? Chi li ha espulsi definitivamente dalle loro case? Di quale potere potranno rendersi strumento, loro che sono presi a calci, internati quando non uccisi dagli stessi regimi sovvertiti da guerre intentate dall'Occidente? Sono solo persone inutili in un contesto di restrizione progressiva delle possibilità di lavoro, mentre manipoli di diseredati come loro si affannano per mantenere un lavorio sempre più centrifugato e sempre meno pagato. La polemica e la propaganda contro i migranti nascondono la retorica di una politica espropriata e restituiscono fiato alle corde di ogni sentenza spicciola. Purtroppo, però, da qualche tempo, il vuoto di pensiero prende forma e voce anche nelle analisi di persone che hanno alle spalle un passato di analisi distaccata intorno ai fatti. E' un segno della confusione di questi tempi vuoti.

L'invalidità del voto.

Appena la metà o poco più dei Greci è andata a votare. Ha confermato, con il 35% dei voti espressi, Syriza al Governo, ma, pur distanziata di sei punti percentuali, la formazione di destra Nea Democratia è al secondo posto e Alba dorata, un partito rappresentativo della parte più violenta e retriva del proletariato greco, a cominciare da quello in divisa, si è confermata al terza posto. La metà dei Greci che non è andata alle urne appartiene in gran parte a Syriza, ma a quella parte che ha costituito due o tre partitini, condannati dal loro frazionamento a non superare il 3% di sbarramento. E' la più alta percentuale d'astensioni della storia elettorale greca. Ecco che la Troika ha replicato il risultato che si prefigge in tutta europa: relegare in un silenzio rinunciatario le posizioni dissonanti dalle sue imposizioni, come già accade da sempre nella monca democrazia nord americana e, da qualche tempo, nelle componenti minori dell'europa unita solo dalla moneta. Con chi si alleerà adesso Alexis Tsipras? Si sarebbe potuto alleare con i gruppuscoli? Io capisco ed approvo l'astensione della sinistra greca, l'avevo anche caldeggiata alla vigilia. L'esito non cambia né sarebbe cambiato lo scenario e quindi meglio non assecondarlo, intruppandocisi. La ragione del diniego del voto è evidente anche se sarà sottaciuta. Anche in Grecia si profila un compromissorio Governo di centro o di pseudo sinistra se i voti del corrotto Pasok saranno sufficenti e necessari. Tsipras potrà, d'ora in poi, accreditarsi verso il suo 35% del 50% che ha espresso il suo voto, nella prossima rinegoziazione ottobrina dell'incolmabile debito greco, come il saggio e solerte condottiero, nocchiero di una rotta che, per non finire sugli scogli, si spoglia di qualsiasi vestigia di sovranità e di ogni possedimento sul suolo nazionale. Ma il 50% che non ha votato non è costituito da impolitici. Il viaggio periglioso di quest'europa priva di democrazia prosegue senza meta, lungo le rotte della finanza, sotto l'egida umiliante della Germania.

Contano di più i soldi o la simpatia?

Joe Tacopina se ne è andato. E' ridimostrato che due galli in un pollaio non ci possono stare. Una causa lampo: una buonuscita da tre milioni di euro, comprensiva dei mancati stipendi delle diarie e di un bonus di accompagnamento. Peccato. Con la sua dissimulata prosopopea da padrone che mal sopportava la simpatia trascinante del presidente, secondo il modello americano che prevede una separazione fra il charmain e chi lo rappresenta. Il punto è stato questo: Joe Tacopina, nell'interpretare il suo ruolo, non si preoccupava di fare il valletto del distaccato capitalista che aveva trascinato a spendere la bellezza di ottanta milioni di euro e lo aveva inchiodato ad un'impresa dalla quale difficilmente riuscirà a svincolarsi. Ieri, i supporters più sfegatati, che si comportano come le plebi nei regimi dittatoriali verso chi porta il grano - ma non per loro - hanno scaricato ( come se ne avessero il potere ) l'interessato Tacopina ( come se Saputo fossse esente da interessi )e inneggiato al finanziatore, a prescindere dalle qualità morali - ignote - dell'uno e dell'altro. Così va il mondo e certo lo sa l'avvocato newyorkese. A me il Bologna ricco e vanaglorioso piace meno di quello povero, pur mal condotto. Avrei preferito una squadra in serie B con una politica di valorizzazione dei giovani, che rendesse proficua la missione sportiva sinergicamente con quella economica, anche e soprattutto per i giovani talenti. Invece la stessa politica pericolosa viene tentata direttamente in serie A, per uno scopo di lucro secco e a breve termine. Almeno, con Tacopina sarebbe stata tutta un'altra cosa, a poco a poco la società avrebbe preso quota nel sentimento popolare e probabilmente avrebbe esportato il sentimento migliore del tifo sportivo. Per questo mi dispiaccio della resa allo strapotere dei soldi del nostro traghettatore e gli auguro - anche se non ne ha bisogno - di conservarsi sempre così simpatico. Contano di più i soldi o la simpatia? Sembrerebbe la seconda se è vero che Joey Saputo - che pure sarebbe rimasto incontrastabilmente proprietario - non ha saputo resistere all'invidia della popolarità di Joe Tacopina, che lui non aveva fatto nulla per accattivarsi.

sabato 19 settembre 2015

Il regime e i suoi strumenti di massa.

Non so come si faccia a rallegrarsi della riduzione del Senato al dopo lavoro per gli assessori regionali. E' peggio che un'abolizione secca. Il monocameralismo dovrebbe casomai accompagnarsi con l'abolizione della Camera dei deputati, dove affluiranno i senatori che in queste ore stanno negoziando il voto alla loro eutanasia apparente, con incarichi di governo, sotto-governo, para economici. Il superamento della Camera dei deputati - che io comunque non auspico - limiterebbe lo scomposto lavorio lobbistico, i ricatti, i cambi di casacca, gli show da stadio. Ma a tutto si vuol rinunciare, tranne che a questo. La Costituzione frana senza venir riformata alla luce della mutata situazione storica, sull'abbrivio del venticello calunnioso secondo il quale il dibattito - soprattutto quello più approfondito, che sfugge alla vis polemica dei più - è un'inutile perdita di tempo, come al lavoro, mentre si congiura all'azzeramento delle voci libere in qualsiasi contesto della vita civile. Un'operazione degna della più dura replica, se non adesso, quando sarà possibile. Ma l'Italia è, oltre che un Paese marcio e clientelare, una società farlocca, all'interno della quale ogni riposizionamento fa aggio su qualsiasi presa di posizione chiara, rivedibile ma onesta. Ecco, è proprio l'onestà che manca, proprio quella onestà basata su apparenze generiche che viene appassionatamente e minacciosamente rivendicata dai più grandi farabutti e dai loro epigoni ed imitatori. Privati degli strumenti della democrazia, per definizione imperfetti, ma indispensabili, ci avviamo verso una deriva il cui unico elemento evidente è l'insulsaggine e il calcolo che su di essa si basa.

Figurazioni di carta.

Domenica 20 Settembre si vota nuovamente in Grecia e, dopo il voltafaccia di Syriza, si torna al bipolarismo camaleontico dei sistemi maggioritari, fra un neo-centro trasformista e una robusta formazione di destra, veicolata nei consensi dall'imprinting culturale masochistico. Dopo la virata ardimentosa del popolo greco, Alexis Tsipras lo ha riportato a dibattersi fra la peste e il colera, sperando di mantenere il potere e di appoggiarsi ed accreditarsi nei confronti della Troika e poter tentare di "normalizzare" il popolo elettore, durante un mandato meno frettoloso e contraddittorio. Sarebbe opportuno che la base di Syriza non partecipasse al voto, segnando la sua cesura dai trasformisti e dai ragionieri di Bruxelles, anche se da questo atteggiamento non sortirebbero risultati pratici. Eviterebbe però di fornire suffragi alla morte della democrazia e si separerebbe dalla gestione traditrice di una nazione, anziché giustificarla intruppandocisi. E' probabilmente sperar troppo. Un vecchio combattente del Sindacato, quando era degno di questo nome, Giorgio Cremaschi, ha restituito dopo 44 anni di battaglie epiche, all'interno e poi a capo della FIOM, la tessera della CGIL, perché ha raggiunto la certezza che, in cambio di una rappresentanza compromissoria, anche il grande sindacato operaio ha deposto le armi ed è irrecuperabile alla lotta di riaffermazione dei diritti dei lavoratori. Sarebbe facile commentare che Cremaschi si è definitivamente pensionato se, alla sua rigorosa lotta rivendicativa non andassero associandosi numerosi movimenti, per ora extraparlamentari, in giro per l'Europa. L'assorbimento sistemico avviene purtroppo quando entrano in Parlamento. Quel tipo di alternativa non era utopistico, né machiavellico; semplicemente non c'è più il comunismo reale sul quale quel modello politico e sindacale si appoggiava. Tanto è vero che la destra, rappresentante del modello opposto continua ad "accusarli", gli ormai ideali avversari, di "comunismo" alla memoria. Il fatto è che solo il comunismo, al quale io non ho mai personalmente né aderito, né per il quale ho simpatizzato, era l'unica alternativa realistica e concreta all'egemonia culturale del capitalismo. Anche quello piccino di casa nostra. Da una realtà ricondotta alle origini, non più riguardanti esclusivamente le condizioni di lavoro, ma la sussistenza del lavoro stesso, riprende dialetticamente quella lotta su cui si basa ineluttabilmente l'equilibio dinamico delle società informate, un tempo, dal modello industriale oggi reso vago dall'indeterminatezza dell'approccio nominale e finanziario all'economia. Essere produttore, sia come imprenditore, sia come lavoratore - in posizioni ovviamente agli antipodi - non ha più resa: è solo una condizione faticosa. Nel mezzo, una Babilonia di millenaristici proclami: dal Vangelo ai Pink Floyd, passando per tutte le indeterminatezze consolatorie e fabulistiche del mondo, non ultima qualla pubblicitaria. Intanto, nelle ridotte delle assicurazioni, delle banche e di tutte le formulazioni finanziarie, nel mondo, in piena espansione, dell'indebitamento universale, nazionale e privato, la paura di perdere la propria schiavitù alimenta ogni invidia minuta e innesta competizioni imitative - una volta dette guerre fra poveri - che il sindacato non sa più veicolare verso un'interfaccia diventato di carta. L'imperialismo è una tigre di carta, diceva Mao Tse Thung, ma anche la Cina vi si è adeguata. Figurarsi i sindacati.

venerdì 18 settembre 2015

Vestigia negate ai barbari, per caso.

La cattiva immagine dell'Italia riguarda il suo deficit clientelare, la sua corruzione che tiene lontani gli investitori, la mafia e il compromesso spacciato per virtù moderata e mediatoria, non un'assemblea sindacale preannunciata e autorizzata, che ha lasciato a bocca asciutta un folto manipolo di turisti. Il Prefetto, domani, potrebbe precettare i lavoratori, ma non impedire una legale assemblea sindacale e, qiundi, di venerdì, sabato o domenica, il fenomeno dei cancelli chiusi potrebbe ripetersi. Nelle dichiarazioni del buffone di Rignano sull'Arno e di quel bravo figlio di partigiano democristiano che si occupa di cultura come delle assemblee sindacali. riecheggiano i luoghi comuni del popolo "ben pensante", per il quale i sindacati sono stati e potrebbero essere ancora la rovina dell'Italia. Siamo nell'ambito della retorica populistica e reazionaria, nella quale all'azzeramento del dibattito pubblico fra soggetti paritari, si accompagna l'elogio del luogo comune. Se un branco di scarpinatori, la stragrande maggioranza dei quali vuole "vedere" e calpestare i luoghi e i ruderi senza capirne un'acca, per rafforzarsi nella stupefazione dei luoghi comuni - appunto -, l'Italia scarmigliata e senza voce nel mondo che conta, cerca nell'imitazione della morale del capitalismo, declinata non in termini calvinisti, ma pecorecci e (auto)sanzionatori e dà l'ennesima prova di essere una Cenerentola con un grande passato. Quando non era l'Italia.

mercoledì 16 settembre 2015

Istruttorie di massa.

Il muro eretto in Ungheria, il cui superamento ha dato luogo ad internamenti di migliaia di profughi, a denunce e a processi spicci, a incarcerazioni che dividono le famiglie e sparpagliano i membri della comunità in viaggio, ha già provocato una deviazione verso la frontiera croata. Le autorità di quest'ultimo Paese si sono per ora poste in termini di accoglienza condizionata verso le popolazioni in transito: dato che nessuno vuole fermarsi in Croazia, a ciascuno sarà consentito di uscire dai confini appena varcati per proseguire verso le mete desiderate. Anzi, le autorità croate li aiuteranno a perseguire il loro scopo, almeno fino al limitare dei propri confini. Così si calpesta e si mette in ridicolo il diritto, si sposta il problema che non si accetterebbe di assumersi se diventasse stanziale, si gioca a scacchi, o meglio a dama, con popolazioni senza tutela come la comunità musulmana, citata dal Papa, che dopo essere stata rifocillata ad ogni approdo, viene rimessa in mare dagli stessi porti nei quali sono approdati e che sono diventati la meta alimentare di gente senza prospettive e nessuna speranza, condannati fino all'estinzione a girovagare, in qualsiasi condizione climatica, in mare aperto. I migranti, usati come le bocce di un biliardo, sostanzialmente rifiutati da tutti e da ciascuno, il giorno dopo aver aperto il cuore e i confini, vengono stemperati, lavorati ai fianchi, sfiniti, in una centrifugazione propedeutica all' allentamento ed alla perdita dell'identità. Oggi ci sono stati scontri fra gli aguzzini e alcuni gruppi in transito, che mi hanno ricordato l'azione dei black bloc a tutte le manifestazioni più numerose e significative in ogni parte del mondo. Con la differenza che questi guastatori non hanno una nazionalità a cui riferirsi, ma interpretano transnazionalmente il contrasto testimoniale al capitalismo globale. mentre le popolazioni in fuga ne sono uno degli effetti, l'ultimo dei quali sarà - forse - la perdita delle loro nazionalità, e la mimetizzazione pericolosa, ma non per loro causa, delle culture antropologiche che si infiltreranno rancorose, in un'europa sempre più imbelle e in crisi. L'istruttoria di massa ungherese assomiglia troppo alle pratiche giudiziarie indiscriminate contro le categorie e le classe sociali, non ancora omogeneizzate nel comunismo, che si opponevano alla loro espropriazione e relegazione nell'indistinzione.

martedì 15 settembre 2015

Sovrastrutture rovesciate.

Ha ben detto stamani il nostro Ministro degli esteri, Paolo Gentiloni ai membri minori dell'europa comunitaria: l'Europa non serve solo a prendere. La chiusura dei Governi dei paesi minori dell'Unione verso qualsiasi forma di solodarietà ripartita verso i migranti, è il frutto dell'egoismo di che detiene denaro e potere e delle moltitudini ingannate, ma viziate dal comunismo, nel quale ci si poteva impigrire con un reddito assicurato, a fronte del quale si doveva solo simulare ogni sorta di non impegnativa coesione internazionalista. Al massimo, almeno in europa, si era chiamati di tanto in tanto ad andare in soccorso di un paese fratello, vittima della controrivoluzione. Anche in questi casi, alla piaggeria ed al conformismo verso i sovietici, faceva a volte da contraltare la dissociazione militare ed operativa di singoli governi, su posizioni "autonimiste", che venivano tollerate se erano accompagnate dal più assoluto stalinismo interno. Queste nazioni dissestate e tradite riscoprono oggi, conservato nel costume nascosto, il loro razzismo verso le popolazioni allogene, rinfocolato dalle mai risolte controversie di confine. Il fascismo si è manifestato di nuovo in europa, in Ungheria e poi per istantanea giustificazione e propagazione, in Serbia e in Romania, la fetenzia dell'europa unionista e non.

Le diverse modalità dell'esclusione.

I quotidiani voltafaccia dell'europa che conta sulla questione dei migranti preludono ad un'azione violenta contro gli scafisti e, per collateralità, contro il trasportato, mentre le mafie etniche , da decenni radicate nei territori nazionali, continueranno ad arricchirsi e a farla da padrone dei destini di questi sradicati, a causa di guerre inconsulte, di reazione, negli ultimi anni. L'alto Commissario europeo - verrebbe da ridere se non ci fosse da piangere - l'italiana Mogherini caldeggia un intervento militare quando già i motori dei caccia bombardieri sono avviati: attenta, domani potrebbero cambiare idea. Probabilmente non avverrà, perché le decisioni di fondo sono già state prese da tempo e vengono messe in atto sotto il cappello dell'ONU. Intanto i profughi si affollano, la Chiesa si divide, i paesi di nessuna consistenza nello scacchiere internazionale si chiudono a riccio, proprio quei Paesi che hanno fatto dell'emigrazione, palese e clandestina, il loro volano di finanziamento, attraverso le rimesse dei loro fuoriusciti. Figli e soprattutto nipoti, data la precocità matrimoniale delle popolazioni slave, studiano a spese delle nonne emigrate, mentre di norma gli ex mariti vivono di vodka e sussistenza. La Chiesa della Accademie teologiche, la Chiesa colta di Ratzinger, ma anche di Caffarra e di altri, ha segnato nettamente e senza paura la sua cesura dal pontificato di Francesco I, con espressioni derisorie della utopia bergogliana. Io dubito che si tratti, tramite quest'ultimo, di un ritorno dell'utopia ai vertici della Chiesa, quanto piuttosto di una diatriba fra le aristocrazie ecclesiastiche europee e parte - solo una parte - dell'episcopato terzomondista. Si vanno, per ora confusamente, delineando gli schieramenti. Quanto precede l'ho scritto ieri per pubblicarlo oggi, quando è giunta la notizia dei 3.980 arresti operati dall'Ungheria e di alcune decine messe in atto dalla Serbia. Se la Serbia non deve essere accolta nell'Unione europea, l'Ungheria deve esserne immediatamente espulsa. La sua politica di concentrazione degli esuli in campi appositi, agli arresti, per procedere successivamente all'espulsione, al di là di ogni similitudine storica, è un atto inumano e illegale, che ricorda molto da vicino l'esperienza dei C.I.E., nei quali sono stati reclusi, per essere cacciati via, tanti disgraziati, casomai tollerati per anni. Alla luce di queste brutalità, sposo, se non altro per contrappasso, le tesi di Papa Francesco, la cui invocazione perde il carattere dell'utopia e assume quello della necessaria solidarietà. Non sa far altro la comunità civile che relegare i bisognosi? Anche la Romania ha annunciato l'edificazione di un muro. Chi si vuole tutelare dal passaggio, non certo dalla permanenza, di masse di disperati, i cui bambini, percossi e sgambettati, piangono "per due ore", come ha testimoniato il papà colpito mentre fuggiva con il figlio in braccio, per farlo arrestare dall'esercito ungherese schierato sul confine? Sarebbe forse accaduto lo stesso, ma l'incipit lo ha dato ieri la Germania egemone in Europa, ripristinando le barriere all'ingresso sul suo territorio, spalancate solo quarantott'ore prima. Quando non si riesce a contenere, contrastare o sfruttare un fenomeno, lo si chiude in una struttura concentrazionaria. E' l'abdicazione dell'umanità e, con essa, della civiltà che si dice di voler difendere. Anche i confini della logica sono stati contraddetti da comodi miserabili al potere.

lunedì 14 settembre 2015

Il mondo è un florilegio di follia e di falsità.

Il console onorario francese in Turchia, una gentile signora, vendeva gommoni e barche alle organizzazioni degli scafisti. La Germania, dopo aver selezionato i profughi da accogliere ed avere, il giorno dopo, aperto "per sempre" le sue frontiere, ha stabilito, il giorno successivo, di spedirli tutti a scuola e poi al lavoro e oggi ha ripristinato i controlli alle frontiere: non passano solo i Siriani, anzi l'afflusso si è fatto spasmodico nella previsione che il "bengodi" non possa durare a lungo. Un parroco ha minacciato di dar fuoco alla sua canonica se sarà impiegata per accogliere i migranti, il Cardinal Caffarra, un ratzingeriano, ha corretto drasticamente la compiacenza verso il "caro Papa Francesco", ridimensionando l'accoglienza della sua diocesi ai soli profughi identificati e in misura da valutare. Il pampa-papa ha aperto oggi i musei vaticani a cinquanta detenuti in licenza premio del carcere di Rebibbia e si è intrattenuto nei fastosi saloni insiema a loro. A Trieste un gruppo di cittadini ha chiesto a Putin e a Berlusconi - ma soprattutto a Putin - di "salvare" Trieste. Non ho approfondito in che senso; mi sembra superfluo. In Grecia non ci sono controlli alla frontiera, purché vadano in Macedonia e da lì in Serbia. Per i naviganti sono prevsiti i naufragi. Nettuno, novello Erode, impedisce ai bimbi, portati con se verso la morte dai genitori, di crescere e di moltiplicarsi. Il mondo è un florilegio di follia e di falsità, a prescindere, come se la realtà, sotto gli occhi di tutti, non esistesse o non fosse percepibile. P.S. La Germania ci ha ripensato ed ha adottato severe misure di controllo ai suoi confini. Ha anche proposto un centro d'accoglienza temporanea in Italia, per la selezione delle richieste e forse delle razze. I profughi in transito si dichiarano tutti Siriani. Impazza il business dei passaporti falsi. La Polonia ed altri Paesi del centro-europa l'hanno subito imitata. Il pampa-Papa ha affermato che i monasteri e i seminari trasformati in alberghi dovrebbero pagare le tasse, in base al noto principio evangelico: date a Cesare quel che è di Cesare e date a Dio quel che è di Dio. Ma buona parte della Chiesa non riconosce Cesare ( trattandosi di Renzie, non lo riconosco neanch'io ) come buona parte del suo gregge d'evasori fiscali. La lotta alla Curia nella Chiesa si farà rovente: il pampa-Papa non si è fatto irretire nei palazzi apostolici e procede imperterrito con la sua flemma. Chissà se ha anche un assaggiatore dei cibi?

Parole rivelatrici.

Se ci fosse bisogno di un attestato della regressione reazionaria apportata dalla finanziarizzazione dell'economia, attraverso la quale il capitalismo speculativo ha ripreso il sopravvento e privato di riferimenti, attraverso l'abolizione della società, le organizzazioni sociali, ecco che le reazioni all'elezione di Corbyn a capo del Labour party sono lì ad attestarlo. Provengono dal fronte conservatore ma anche dall'interno del Labour e parlano di pericolo per la comunità politica ed economica inglese o di un guastatore che ridurrà il Labour, in poco tempo, all'inconsistenza. Il Labour party aveva assunto, con Tony Blair tutti i caratteri della destra più egoista e li aveva ammorbiditi con parole di sviluppo e di progresso che sono andate solo ad incrementare le posizioni dominanti e più ricche. In nome della lotta al terrorismo e della esportazione della democrazia, Blair si accodò alle folli imprese belliche in trasferta dall'altra parte del mondo, di George W. Bush, a tutela delle importazioni della Shell da non lasciare sola rispetto alle altre sei sorelle americane. E' evidente nelle paradossali affermazioni della destra e soprattutto della sinistra inglese la concezione che ha presieduto a tanti colpi di Stato in giro per il mondo, quando venivano compromessi gli interessi internazionali delle Major, impedendo con la forza l'obiezione dei popoli interessati, ridotti in soggezione. Ora si temono ripercussioni sugli interessi endogeni e ricadute sul connubio affari-politica, a destra come a sinistra. Aveva ragione quella serpe traditrice di Margaret Thatcher, quando affermò che il suo maggior successo era stato il blayrismo, cioè la trasformazione opportunistica della sinistra a favore del capitale e della sua possibilità di governare, in barba ai suoi raprresentati. Un fenomeno che si è imposto, per ora, in tutto il mondo post-industriale, eccezion fatta per la Germania che ha invece mantenuto le sue istituzioni economiche, industriali e sindacali e un sistema di connubio corporativo fra le sue forze sociali, che, se rassicura i mercati, inquieta politicamente i suoi partners liberal.

I duellanti.

Si è scatenata o si sta scatenando, nell'ambito della Chiesa cattolica una controversia teologica che altro non è che un possibile regolamento di conti fra aree geografiche e culturali. Nel recente passato, l'uniformità dottrinaria era assicurata da una sequela di Papi italiani, poi europei. L'anomalia Bergoglio, succeduta al conservatorismo dimissionario di Ratzinger, ha aperto un faglia nell'uniformità politica, con accentuazioni reazionarie, della Chiesa cattolica. Come più volte rappresentato, non mi convinvono le "innovazioni" del gesuita Bergoglio che, però, da politico raffinato, sta rapidamente stravolgendo le posizioni - non dottrinarie, che restano, involvendosi, immutate , ma politiche e diplomatiche, con un forte coinvolgimento delle masse "peccatrici" nel suo disegno. Questo sta provocando la reazione della Chiesa ratzingeriana che si impose a maggioranza nel penultimo Conclave e che è andata in minoranza nell'ultimo. I due Papi convivono e il primo recensisce libri di teologi africani, giovanissimi e già Cardinali, che stanno per uscire in libreria anche in Italia. La Chiesa conservatrice europea trova nella primitiva terra di evangelizzazione africana, un'inaspettata alleata, inaspettata per noi profani, ma non per i Pontefici che vi si sono rivolti, con i loro viaggi, negli ultimi decenni. In particolare, l'annullamento breve del matrimonio canonico e la sua estensione al popolo attraverso la gratuità, contrasta - dicono - con la loro catechesi in Africa, dove il matrimonio monogamico è una rarità, a prescindere da annullamenti e divorzi, in quanto la poligamia, indotta dalla povertà, è la prassi diffusa. Logicamente coerente, ma non credo che sia la ragione dell'opposizione al popolare Bergoglio della Chies acattolica africana, tanto è vero che il pampa-Papa fra pochi mesi si recherà in visita pastorale - la sua - nel continente nero. La contesa politica è in corso. In Italia, Antonio Socci, illustre intellettuale cattolico di destra, è la punta di diamante della contestazione a Bergoglio: fu nominato da Berlusconi a sostituire Santoro alla R.A.I. e quando se ne allontanò, cominciò per La 7 una serie di interessanti reportages sul campo delle guerre e delle migrazioni. Adesso che è tornato, armi e bagagli al giornalismo scritto, si è prodotto in una messa in mora, attraverso editoriali ed un libro, dell'elezione di Francesco I al soglio di Pietro e successivamente in una sistematica e minuta opera demolitrice della sua catechesi e della impronta - a mio avviso ambigua - sovvertitrice del potere della Curia e della sua politica sociale e diplomatica. Probabilmente, in questa fase non potrebbe che essere ambigua, oppure l'ambiguità fa parte del DNA del cattolicesimo. Si svilupperà dunque una lotta senza esclusione di colpi bassi, nel corso di un pontificato che lo stesso gesuita, difensore del Papa e della sua Chiesa "perinde ac cadaver" ha definito e preannunciato "breve". Sarà un bel duello, fra l'aristocrazia ecclesiastica e un monarca, un autarca che si appella, però, al popolo.

Raccolta indifferenziata ed integrazione condizionata.

L'avvicinarsi della stagione delle intemperie ha creato fretta ai trafficanti, la fretta si è fatta spasmodica a costo di contemplare delle perdite sul carico. Nell'europa centro-settentrionale l'autunno è meteorologicamente alle porte quando non già in atto. Il mare comincia ad agitarsi e i suoi sommovimenti, uniti all'ansia da risultato dei marinai improvvisati, non fanno altro che provocare ribaltamenti e annegamenti. E' stato così anche negli anni passati, quando si verificavano anche transiti terrestri di un numero sparuto di frontalieri. Ma quest'anno, l'esodo ha preso le dimensioni di un'oceano incontenibile e domani incontrollabile. Non è accettabile la vulgata insinuata per cui così tanta gente si abbandoni ad un viaggio nell'ignoto in condizioni così estreme per un malcelato desiderio di sussistenza gratuita, né che fra di loro viaggino legioni di terroristi. Potenzialmente domani potranno diventarlo, in una percentuale esigua e in questo caso godranno dell'appoggio silente di tanti disgraziati, più integrati o costretti da un affannoso scopo di sopravvivenza familiare, ma, per ora, i terroristi, cellule piccine di un'organizzazione ricca e ben strutturata, non viaggiano così. Non è stato solo l'effetto delle guerre inconsulte e petrolifere di Bush e di quella portata dalla Francia in Libia; una simile diaspora di massa non si sarebbe verificata se subito dopo l'abbandono del campo, non si fossero formate bande e poi eserciti di banditi, finanziati, addestrati dai ricchissimi Stati del golfo, teocratici e non, che, a differenza dei dittatori che se la giocavano sulla sponda sovietica, quando c'era, sono stretti alleati, ma solo sul piano commerciale, degli Stati consumatori, ragione per la quale non possono esere né smascherati, né attaccati. Queste brancaleoniche milizie si sono portate in una vasta terra di nessuno, ne hanno espropriato gli abitanti, ne hanno rapito le donne, i bambini, per farne l'uso che i Romani, le loro soldataglie facevano lungo il percorso delle "focariae o hospitae", quando quelle che si portavno da casa, a loro volta prede di guerra, morivano di stenti. Così facendo la bande barbariche che distruggono, in nome dell'iconoclastia islamica, tutti i retaggi delle civiltà allogene, hanno estirpato, dopo secoli, le tracce delle antiche comunità cristiane di quelle terre, che si erano conservate proprio in virtù della loro particolarità in quel mare islamico. E qui sorge un altro rimosso problema per una compagine politica mondiale ignorante e prona solo agli interessi immediati di coloro che li hanno veicolati e li mantengono al potere esclusivamente a queste condizioni: le genie umane sono intimamente, culturalmente diverse, portano con sé nella dispora elementi di specificità e di inconciliabilità che non possono essere rimossi dal bieco manducare, condizione prima del vivere, che, una volta soddisfatta, ci rigetta negli ardori identitari. Pensare di superare questi ostacoli, con il principio liberale e illuminista della tolleranza, nei confronti di persone profondamente animate da uno spirito religioso e umiliate dalla condizione che troveranno per se "in partibus infidelium" è rimozione stolida, renziana, ma non solo, della realtà, di cui si demanda la "regolamentazione", al ghetto ed alla repressione poliziesca, di una polizia - o carabinieri che fossero - del genere in cui incappò il povero Cucchi. Per questo il contenitore deve essere adeguato al contenuto, a meno che non si voglia confinare il marasma umano nei soliti acquartieramenti-pattumiera, così ben descritti da Eugene Jonesco nel suo teatro dell'assurdo.

domenica 13 settembre 2015

L'araba fenice.

Jeremy Ber­nard Cor­byn è il nuovo segretario e candidato leader del Partito labourista britannico. Dopo i contorcimenti al capitalismo ed alla guerra di Tony Blair, il labour party torna alle sue origini di oppositore di una destra tutt'altro che incline ai compromessi e con la quale gli scontri sono sempre stati all'ultimo sangue. L'Inghilterra è la prima nazione a tornare sui suoi passi, dato che Syriza in Grecia, che pur attesta l'opposizione popolare anche se poi disattesa, ha già ingranato la retromercia; è la nazione dove il capitalismo è nato e da dove si è espanso negli Stati Uniti e, dopo la seconda guerra mondiale, in tutto il mondo soggetto al suo colonialismo storico, oltre all'europa continentale, nella quale la mentalità liberale e liberista era stata un portato di ristrette frange di reddituari e non si era mai imposto sul e nel sistema politico. Aveva infatti dovuto ricorrere ai buoni uffici popolari del fascismo, della parte preponderante del Partito cattolico e della Chiesa ed oggi della collaborazione subordinata della sinistra renziana. Corbyn ha già sessantase anni ed è stato coerentemente, per decenni, nelle retrovie del Labour, sedimentando una natura schiva e del tutto aliena dalle buffonesche rappresentazioni del nulla tanto in voga oggi. Eppure è sempre stato coerentemente all'opposizione, ha votato contro tutte le risoluzioni che non condivideva e l'altro ieri, a sorpresa, ha ottenuto un'investitura del 59% dal suo partito, mentre il suo competitor di cui lui doveva essere, nelle previsioni, solo uno sparring partner, ha ottenuto solo il 19% dell'apparato burocratico del partito, sul quale si era appoggiato, contando sul conformismo dei tempi. Eppure, un segnale sia pur ancora flebile di ritorno alle origini, sempre uguali nella sostanza all'attualità del movimento operaio inglese, che più operaio non si potrebbe, lasciano ben sperare circa il superamento venturo degli spot sulla società angusta e ridotta, risaltante di luci perchè gli altri sono al buio. Dopo Syriza e Podemos, dopo Demirtas e l’emergere del socialista Sanders negli Usa, la sinistra europea sembra riemergere dalle sue macerie.

Il nostro palmares.

Silvio Berlusconi dalla Crimea, dove ha "riconosciuto" la riannessione alla Grande Madre Russia della regione strategica che Nikita Krusciov, ucraino, destinò al suo Paese, nell'ambito uniforme del sovietismo, ha ieri pontificato, da lì, ad un convegno, sostenendo che bisognerebbe intervenire il Libia, come ai bei tempi e dopo che il suo amico Gheddafi, da lui non difeso, è stato ucciso. Diffidi dunque Putin dei sentimenti amichevoli di questo chiacchierone. Ha sostenuto inoltre che bisogna discriminare i rifugiati politici, di norma più acculturati, dai rifugiati economici, accogliendo i primi e respingendo i secondi: se non riuscivano a trovare uno straccio di lavoro nel loro Paese, non pensino di venire da noi a mangiar pane a ufo. Se non ricordo male, all'epoca del rimpatrio delle prostitute dell'est europa, si limitavano i rientri perché le questure non avevano i fondi sufficienti per pagare a codeste il biglietto aereo. Intanto, Matteo Renzie, che ha ordinato in leasing un velivolo presidenziale più coreografico, da mostrare in occasione dei convegni internazionali ( come se la "dimensione" dell'Italia potesse mutare pubblicitariamente, è volato a New York per assistere alla prima finale tutta italiana del torneo tennistico nel Paese guida dell'occidente, il più ricco ma non il più tecnico, a sua volta più coreografico. La demenza mediatica di questi due reggitori da burla delle sorti italiche si riverbera in queste due rappresentazioni insulse ed inconsulte, ciascuno sul palcoscenico possibile, sfruttando le occasioni di farsi vedere e sentire e immobilizzandosi in pose da palloni gonfiati al suono dell'inno nazionale. Se Berlusconi presumibilmente si è pagato il viaggio e il soggiorno, l'imbecillotto che più si espone e più fa ridere, ha certamente viaggiato a spese dell'erario. La Pennatta, tarantina e la Vinci brindisina, sono entrate nella storia, titolavano alcuni giornali già l'altro ieri e Renzie non ha voluto mancare ad una commemorazione e immortalazione storica di questo genere, cioè alla sua portata. Subito dopo il suo successo sulla Vinci, che era riuscita a prevalere su un mostro sacro del tennis mondiale, Serena Williams, che ha costellato la sua storia di rullo compressore con un guasto, come ad ognuno accade e che avrebbe probabilmente battutto la Pennetta se fosse arrivata, come quasi sempre, in finale, la medesima Pennetta, ha fissato, da se sola, per sempre, la sua gloria annunciando il suo ritiro dalle competizioni ufficiali. Ripiega sulle gioe private. Se sono questi i caratteri che ha assunto la storia, almeno quella nazionale, siamo decisamente alle basse, considerando che, nella cronaca dello sport individuale ( l'unico che abbbia una valenza misurabile ) e in particolare nel tennis, ci sono stati campioni che hanno accumulato trofei e soprattutto tanti soldi in una serie di competizioni, per molti anni. Ma a noi toccano la vanità di una ragazza di buona famiglia, consapevole che la reiterazione dei successi comporta duri e costanti sacrifici, per la vincitrice odierna non più necessari alla sua e solo sua fama...sociale. Una qualche uniformità con il vecchio e il giovane trombone purtroppo è rilevabile. Manca cioè la dedizione e la costanza nello sforzo e si vuol far risaltare al massimo il luccichio di un singolo evento o di ogni singolo evento.

Trofei non retorici.

La Cineteca del Comune di Bologna e la sua scuola di restauro delle pellicole cinematografiche hanno ottenuto il secondo Leone d'oro dalla Mostra del cinema di Venezia. E ' un riconoscimento al lavoro artigianale e culturale di grandissimo pregio di un'istituzione di qualità assoluta fin dal suo sorgere e condotta alla fama meritata dal suo storico Presidente Vittorio Boarini. Io ne intervistai il vice Presidente Franco la Polla, docente di letteratura nord americana all'Università di Bologna, quando collaboravo alle testate giornalistiche come free lance e ne seguo da sempre le numerose iniziative, concentrandomi soprattutto su quelle documentaristiche, di valore particolare e con interviste specifiche delle menti più anticonformistiche del mondo del pensiero. Dallo scorso anno la direzione dell'istituzione cinematografica bolognese è stata attribuita a Marco Bellocchio, ormai anziano ma ancor validissimo cineasta fuori dagli schemi diaristici della cultura popolare e la qualità artistica, non solo tecnica ormai acquisita, è risaltata fin dall'edizione di quest'anno de Il cinema sotto le stelle. La Polla, morto prematuramente da alcuni anni, fu un facondo ed ospitale illustratore della cinematografia statunitense, nei suoi contributi più genuini, accompagnando la dissertazione con costanti riferimenti a quella cultura giovane e ricca di fermenti, se si sapeva cercarli sotto la crosta dell'america ufficale, almeno dell'america ufficiale di quei tempi. Nell'illustrazione dell'attività, ancor giovane, della Cineteca di Bologna, non mancarono mai, appropriatamente, i riferimenti al lavoro del suo Presidente, che resterà un'icona di quel mondo a cui ha conferito, insieme a La Polla una struttura d'eccellenza, riconosciuta in tutto il mondo prossimo alla materia che tratta. Il secondo Leone d'oro è stato attribuito alla Cineteca per il restauro, un'attività di rivisitazione e rivalutazione fedele dell'arte in genere, di Salò o delle 120 giornate di Sodoma di Pier Paolo Pasolini, prima opera della trilogia della morte, dopo la conclusione della trilogia della vita che aveva visto la produzione filmica de Il fiore delle mille e una notte, de I racconti di Canterbury e de Il Decameron. La morte colse il letterato e regista il due Novembre dello stesso anno, il 1975, in cui aveva diretto e concluso il film. All'interno dell'Opera Cineteca di Bologna agisce da decenni la Fondazione Pier Paolo Pasolini che interagisce con il resto dell'istituzione in maniera sincronica e dialettica e la cui prima Presidentessa fu Laura Betti, la sua amica più prossima e costante nell'esperienza romana del regista, insieme ad Alberto Moravia. La Mostra veneziana si è qualificata attraverso il riconoscimento di un lavoro discreto ma significativo ed importante nel panorama, purtroppo troppo spesso underground, della cultura italiana e lo ha fatto nel contesto di una kermesse nella quale il peso specifico della pubblicità e del commercio è " la sua mission", con la coreografia degli atteggiamenti divistici degli strumenti divinizzati della produzione, mentre il messaggio cinematografico si basa invece sulla qualità della fotografia e della direzione artistica degli attori e sulla conservazione e riproposizione delle opere più significative. Le 120giornate di Sodoma restaurate torneranno nelle sale cinematografiche a documentare uno dei tanti momenti in cui la prepotenza e il dolore vengono imposti da presunzioni di dominio, che, nel caso del film sono storiche e politiche, ma che sono presenti in ogni anfratto penoso della vita. Uno dei tanti momenti nel fluire, per sovrapposizioni, della storia nei quali si sgambettano i senza più patria in fuga, si cancella la prospettiva di una vita laboriosa ad intere generazioni, non si curano più i malati, tranne quelli che se lo possono permettere, dopo una certa età. Dove, senza criterio e libertà, i fantasmi dell'abominio e dello sfruttamento riprendono corpo, dopo essere stati a lungo negletti o poco prima di rientrare nel sottofondo della psiche e delle possibilità che si manifestino nuovamente.

sabato 12 settembre 2015

Business is business e anche le fregature.

Joe Tacopina, già aspirante all'acquisto del Bologna F.C. otto anni or sono, già vice Presidente della Roma A.C. e, infine, Presidente del Bologna F.C. salvato dal fallimento e recato nelle mani di Joey Saputo, sta per riprendere la sua attività di mediatore calcistico in Italia. A breve, si dice, lascerà la tanto amata Bologna e approderà nella romantica Venezia, dove rileverà, per conto terzi, Il Venezia calcio che militò anche in serie A all'epoca della Presidenza di Zamparini, l'inflessibile esautoratore di allenatori, se non portano fieno nella sua cascina e rivenditore di giocatori con la formula del rodato e garantito, la stessa che dovrebbe perseguire d'ora in poi il Bologna f.c. Il settore del business sportivo, praticato con grifagno provincialismo dai Presidenti nazionali, si internazionalizza e offre illusioni ed illusionismi di gloria anche alle società minori, avvalendosi - oggi che i capitali non hanno più nazionalità - di valenti "brasseurs d'affaires" come l'avvocato di New York. Le dichiarazioni d'amore sono presto smentite da questo marinaio dell'aria, seducente per lo sfolgorio della ricchezza che rappresenta e per la sua forte empatia, ma traditore sull'onda dell'unico volano che lo conduce: il suo interesse professionale. Una volta svolto il suo compito, i proprietari reali lo invitano senza troppi complimenti a non attardarsi e lui, da bravo businessmen li accontenta non senza aver loro ricordato che se sono quì o lì a studiare le loro prospettive di guadagno, lo devono a lui. Infine, dopo aver loro dato questo flebile schiaffo morale, ricomincia, dopo aver percepito la seconda ( dopo quella della Roma ) buona uscita, dalle piazze più artisticamente suggestive, ma prive di tradizione sportiva specifica eppur desiderose di montare sulle montagne russe del marketing pubblicitario del quale Tacopina è certamente un virtuoso. Ha fatto sostanzialmente lo stesso gioco o, se preferite, ha avuto lo stesso ruolo di Consorte quando riusci a raccogliere intorno a sé diversi piccoli imprenditori locali, per cercare di gravare gli oneri sulle robuste spalle di (Segafredo)Zanetti che se ne accorse e si divincolò rapidamente, fino al suo rientro - alle sue condizioni - di poco più di un mese, allorquando i "salvatori" del tempo che fu, capitanati alla disfatta da Albano Guaraldi, preferirono disarcionarlo e e scelsero Tacopina. Mentre pilota verso orizzonti televisivi le società calcistiche più improbabili, Joe continua a fare l'avvocato negli Stati Uniti, e il globe trotter ovunque lo chiami la sua nuova specialità. Me l'avevano detto: gli americani fanno business solo per se, non esportano ricchezza e lavoro. Lo stesso vale certamente per Joey Saputo, che si tratterrà forse un po' più a lungo, perché è partito con un'esposizione di 80mln di euro, comprensivi di 40mln di debiti lasciatigli in eredità dalla precedente gestione. Desideroso di valorizzare lo stadio e di ricostruirlo, è andato a sbattere contro la ripresa della follia spendereccia delle società calcistiche italiane e, considerato che con il budget degli acquisti sportivi contingentato, non cavava un ragno dal buco e rischiava una repentina retrocessione, ha dato disposizione al suo braccio sinistro - il destro è diventato Fenucci - Pantaleo, di non andare troppo per il sottile, ma, così facendo, è partito decisamente con l'handicap. Citato in giudizio il proprietario, al quale si sono da qualche tempo accodati tutti gli uomini della compagine, compreso quel Fenucci che fu, all'inizio, fiduciario del suo vice.presidente alla Roma, Joe Tacopina, il discorso pare proprio concludersi con una robusto indennizzo per il ricorrente, che però non abbandona ancora la poltrona di Presidente che occupò un anno fa con il 62% per cento delle quote, acquistate con i soldi degli altri italo-americani convogliati in società e di cui lui era ed è solo il formale titolare. Attraverso gli aumenti di capitale a raffica che Joey Saputo sottoscrisse da solo, dato che la piccola galassia di Tacopina si smarcò, il Bologna f.c. evitò il fallimento, pagò addirittura una quota accessoria all'avido Guaraldi e relegò Tacopina e i suoi investitori al di sotto del 15%, soglia di validità degli accordi contrattuali. Nonostante che, a Gennaio, Saputo avesse espresso a Tacopina la volontà di congelare la situazione perché si era reso conto dell'eccessiva onerosità della gestione, decise poi di prendere in mano la situazione e di pilotarla al guadagno in una decina d'anni, esautorando il suo favoreggiatore, dal quale si sentiva ingannato e che, a quanto pare, non avrebbe mai remunerato. Saputo ha offerto a Tacopina la possibilità di rientrare in gioco sottoscrivendo un acquisto di quote tale da riportarlo in maggioranza, o almeno oltre la soglia di esclusione e di remunerazione del 15%, apportando cioè nuovi capitali al suo svenato chairman, ma se i suoi partners non hanno voluto farlo in precedenza, non si vede perché dovrebbero farlo adesso che, riscattando quelle di minoranza nel Bologna, potrebbero impiegarle nel Venezia - che fu il trampolino di lancio nel mondo parallelo al football di Zamparini che, acquisendo importanti commesse in Sicilia, si è trasferito al Palermo - quale veicolo e strumento pubblicitario e turistico da sfruttare. Sta di fatto che, sulla base del "must" affaristico, a determinate condizioni Joey Saputo sarebbe disposto a tornare sui suoi passi, altrimenti, se non troverà un altro compratore, dovrà fare buon viso a cattivo gioco ed impegnarsi a testa bassa nella valorizzazione del club, che è quello che si augurano i suoi sostenitori, anche se un po'delusi dalla prosaicità della situazione che è emersa dalla retorica.

venerdì 11 settembre 2015

Sciarade concorsuali in concorrenza.

La sciarada dell'accoglienza ai migranti assume ogni ora che passa i contorni di una grossolana speculazione delle grandi potenze sull'asse america del nord ed europa che conta o che aspira a contare per procura in funzione del contenimento tedesco. Mentre i piccoli Paesi erigono barriere, le aprono, fanno attrito e favoriscono il transito veloce di masse di persone in grado di alterare irrecuperabilmente la loro demografia nazionale, i grandi Stati sono passati dalla ripulsa più convinta ad un piano Marshall del ricetto, a condizione che i profughi siano Siriani, che fra di loro si possano scegliere i più qualificati, che tutti gli altri imparino preliminarmente la lingua del paese ospitante e che, senza por tempo in mezzo, acquisiscano capacità lavorative o siano immediatamente integrati nel lavoro di fabbrica se ne sono già in possesso. Tutto questo nella meta più agognata, la Germania intatta nella sua forza industriale e bisognosa di contributi freschi e a basso costo, per incrementare la sua crescita e la sua ricchezza. Gli Inglesi, ad esempio, non possono permettersi una politica analoga, perché dopo il thatcherismo, quella nazione è diventata completamente deindustrializzata - come sta diventando l'Italia - e completamente finanziarizzata secondo il modello speculativo che il capitalismo ha adottato negli ultimi trentacinque anni, per poi ributtarsi, durante gli ultimi dieci, nel colonialismo energetico più inconsulto, provocando la nascita del IS e suscitando le forze centrifughe dell'emigrazione etnica, per altro organizzata da trentamila contrabbandieri di droga e armi che si sono riconvertiti al traffico di persone in cambio di laute parcelle, in grado di assicurargli guadagni superiori ai business menzionati e parzialmente accantonati per dar luogo alla produzione e vendita della merce più redditizia. Nei due terzi della Siria, la guerra civile e quella importata dall'Iraq, l'avanzata di un gruppo di oscurantisti per calcolo, i saccheggi, gli stupri e i rapimenti hanno costretto la popolazioni autoctone a fuggire, ma, per poterlo fare, hanno dovuto assoggettarsi al pagamento di parcelle da turismo a cinque stelle per le barcacce e i tratturi fino al filo spinato o per poter occupare i rimorchi di un TIR. Eppure, fra i profughi, molti Siriani detengono titoli di laurea in materie tecniche e possono essere efficacemente messi alla frusta della produzione qualificata, senza recepimento del loro titolo di studio nell'ordinamento scolastico ed accademico del Paese d'accoglienza e, attraverso questo inserimento lavorativo svalutato, essere immessi e controllati, in posizione subordinata, nel contesto sociale tedesco, dato che i piccoli Paesi si sentono invasi e sono timorosi di questo esodo come di un'occupazione. Come gli Inglesi, anche gli Statunitensi si sono detti disposti ad integrare, secondo competenze, solo diecimila rifugiati Siriani. Il tutto in rapporto all'interesse al controllo di quel Paese, se Assad dovesse cedere alla fine il passo. Per puntellarlo, invece, da oggi ci sono soldati e mezzi corazzati della Russia sul suo territorio, in una riedizione geostrategica delle occupazioni di frontiera nel Donetsk, in Ucraina. Le frontiere, in questo caso, sono remote, ma i Presidenti per delega, da rovesciare o da puntellare, servono ormai interessi esogeni in rapporto ai quali i loro personali hanno perso ogni relazione con la politica nazionale. La separazione degli ambiti di influenza, seppur non più sancita da un patto come quello stretto a Yalta nel dopo guerra, è di nuovo nei fatti. La stampa pseudo specializzata, in realtà megafono del confuso accrocchio del modello capitalistico-finanziario post guerra fredda, ha evocato la terza guerra mondiale, come se la Russia non potesse puntellare le sue basi sotto il confusionario attacco delle potenze legate al marasma finanziario. Il pampa-Papa, pochi mesi or sono, chiese ed ottenne l'appoggio della Russia e personalmente di Putin, per salvaguardare il potere del Presidente siriano Assad, in funzione anti islamista e per tutelare, almeno in quella nazione, le comunità cristiane che sono state artificialmente e violentemente sradicate il Iraq e sul territorio siriano in mano al Califfo. Per altro, lo stesso pampa-Papa ha ripetutamente affermato che la terza guerra mondiale è già in svolgimento, a tappe. Provocare un casus belli dalla legittima cura di assicurarsi un'area di sicurezza e di influenza, rivelerebbe lo spirito imperialistico del capitalismo, che tanto era propagandato dall'Unione sovietica, quando c'erano i blocchi. Era poi la stessa costellazione comunista a portare la guerriglia in giro per il mondo, suscitando spesso la repressione reazionaria degli Stati sotto pressione, attraverso la presa temporanea del potere da parte dei militari. Pare che, anche in questo, stiamo ritornando al recente passato: o c'è un "unum sentire" o la dialettica rimane assicurata solo dall'equivalenza della forza militare.

giovedì 10 settembre 2015

Anche la Russia porta i suoi interessi sul campo di combattimento.

La Russia, restituita alla sua geopolitica da oltre dieci anni di dittatura elettiva putiniana, dopo la riappropriazione della Crimea, necessaria per lo sbocco sul mare del nord, va in missione bellica a rafforzare la sua base mediterranea nello spicchio di Siria - circa un terzo - sul quale ha ancora potestà il Presidente-dentista Assad. Sul territorio siriano stanno per entrare in azione Statunitensi, Inglesi e Francesi, contro l'ISIS che i Curdi, bombardati per ragioni politiche interne ed internazionali dal turco Erdogan, non riescono a contrastare, per evidenti ragioni energetiche e di controllo militare di un'area fra le più sensibili al mondo ed ecco che Vladimir Putin fa atterrare a Damasco consiglieri militari ( addestratori ) insieme ad alcuni carri armati. Non ci siete solo voi occidentali ed i vostri interessi; la Russia, prescindendo dal meccanismo finanziario globale che tanti danni le aveva arrecato subito dopo la caduta del comunismo, non può rinunciare a far valere i suoi interessi e la sua influenza, soprattutto sugli sbocchi marittimi dei commerci e della nautica bellica. Ritorna una storica contrapposizione fra impero territoriale russo e Inglesi e Statunitensi, con la Francia che cerca di intromettersi nel gioco e l'Iran che stabilisce una "strana "alleanza con la Russia in funzione della difesa del dittatore siriano, poco dopo aver siglato un accordo sul contenimento dell'espansione nucleare persiana nell'area. Dilaniati da errori politici e condizionati dall'eterogeneità dei rispettivi interessi, la maggiori potenze storiche occidentali ( mentre ormai il primato, almeno europeo, spetta di nuovo alla Germania ) si trovano a fronteggiare un monolite, più piccolo e più debole del blocco ex sovietico ma più coeso al suo interno, dopo l'abbattimento della componente cecena e di nuovo in grado di recitare la sua parte sul proscenio internazionale, senza dover chiedere il permesso. Assad, prima o poi, potrebbe cadere e i Russi hanno capito che dovevano rientrare militarmente in gioco se non volevano, non solo farsi accerchiare da Paesi NATO ostili, ma anche farsi confinare in un pur ampio margine d'ininfluenza e, per la prima volta dalla fine della guerra fredda, si ripropongono come alter ego concorrenziale degli Stati Uniti e delle altre potenze ex coloniali. Nel frattempo, nel mezzo, i miliziani del ISIS conducono la loro guerra di razzia come gli eserciti medievali in Europa, al soldo, per quel che rigurda i loro comandanti, degli Stati arabi del golfo, senza che Americani, Inglesi e Francesi reputino utile affrontare esplicitamente questi ricchi mandanti e manutengoli di guerre alla Brancaleone e di attentati nel mondo, pur che restino loro alleati e venditori nel business estrattivo e commerciale.

martedì 8 settembre 2015

Le innovazioni nell'ambito del dogma.

Il pampa-Papa ha rinnovato i canoni per l'annullamento del matrimonio religioso, che non conoscevano modifiche da trecento anni. Non molto, per un'istituzione che si ispira all'eternità. Si è trattato soprattutto di un restauro e di un adeguamento ai tempi, in particolare sul fronte italiano. La velocizzazione del rito canonico e l'abbattimento dei costi, intervengono subito dopo l'introduzione del divorzio breve in Italia, quello cioè che è praticato in ogni parte del mondo occidentale, con qualche vischiosità residua quà e là, da noi. L'annullamento del sacramento matrimoniale, azzera la situazione di chi si è inappropriatamente sposato secondo la dottrina di Santa Madre Chiesa. Il matrimonio riconosciuto nullo, non c'è mai stato, indipendentemente dalla presenza di figli, della cui dolorosa condizione, venedo meno il presupposto sacramentale, non ci si cura. Quando l'annullamento rotale era recepito nell'ordinamento giuridico nazionale, questa situazione assurda si riverberava sullo stato civile dei cittadini e sui rapporti patrimoniali dei medesimi. Chi voleva liberarsi del vincolo e dei corollari che ne derivavano, poteva addurre ogni sorta di pretestuosa situazione o di resipiscenza dottrinaria, per far annullare il vincolo, pagando esose parcelle al tribunale ecclesiatico ed agli avvocati rotali, abilitati a queste cause. Oggi questo non può più avvenire e non avverrà comunque. Ma lo spirito concorrenziale e la sua proletarizzazione saltano agli occhi. Conferendo la potestà di sommo giudice matrimoniale e sacramentale al Vescovo, Bergoglio rianima il sempre sottostante medievalismo della Chiesa e conferisce esplicitamente al feudatario locale la potestà di creare, congiungere e sciogliere, o meglio negare di aver congiunto, anche per incongruenza implicita di principi. Nel mondo ecclesiatico, fino ad oggi e, ne sono certo anche domani, l'appartenenza, le raccomandazioni, oltre che i soldi, la facevano e la faranno da decisori di una azzerata condizione di vita, che se libera per l'amante il coniuge più favorito, getta spesso l'altro nello sconforto e nella povertà. Recentemente un'associazione culturale bolognese ha officiato un rito rappresentativo, nel quale si auto affrancava dalla potestà battesimale del Vescovo. Forse la rappresentazione non fu delle più eleganti, ma il segno arcaico ma sopravvivente nell'organizzazione del censimento delle anime da pascere e amministrare della Chiesa storica, fu colto esattamente, come Bergoglio ha risottolineato, confermandolo. La Chiesa non cambierà: non può cambiare, in quanto espressione istituzionale di una religione che, in quanto tale, prescinde dall'immanenza della storia e uniforma dottrina, legislazione e costume alla salvazione delle anime. La Chiesa cattolica ha elaborato una dottrina formidabile, mettendoci cinquecento anni per formulare un corpo dottrinario nel quale al determinismo dichiarato degli scopi, fa da antidoto agli "errori" una rete di risposte alle domande, apparentemente esaustive, ma che prescindono dalla complessità della natura umana e non, che neutralizzano le insidie del diavolo. Su ogni territorio dell'Impero vigila un Vescovo che, anche se non più Conte, è uguale per mansioni e ruolo a quello feudale. La cultura laica non è priva di difetti, anzi è alla base di numerose aberrazioni della storia recente e contemporanea, ma il suo sforzo, per forza di cose elitario, se rimastica spesso in forme diverse il "dejà vu", non si articola per poi rattrappirsi su se stesso e lascia liberi gli spiriti di non assoggettarsi ad una setta. L'importante è che lo Stato rimanga, nel suo ordine, indipendente e sovrano, lasciando alle organizzazioni particolari la libertà di fare e disfare i suoi topos, ma senza coinvolgere le istituzioni e la legge civile.

lunedì 7 settembre 2015

Come essere uno e trino, passando per doppio. L'uomo come il lavoratore, è un' entità fungibile.

Quando la FAAC decise di sponsorizzare il new Bologna f.c., la diocesi di Bologna, proprietaria ereditaria della fabbrica di ascensori e cancelli per lascito ereditario, si affrettò a sottolineare che la decisione era stata presa, nella sua autonomia, dal direttore marketing e che la proprietà non c'entrava. Affermazione, quest'ultima, opinabile, perchè se è vero che i dirigenti hanno dei demandi nell'ambito dei quali ed entro certi limiti di spesa, possono decidere autonomamente, la proprietà ne è sempre edotta e può, in qualunque momento, correggere una scelta non condivisa, quanto meno per il futuro. Adesso che un'intera unità produttiva, una fabbrica, un capannone è stato chiuso, per essere riaperto in Bulgaria, seconda l'abusata logica del minor onere e del maggior utile, la Curia tace, nonostante che la notizia della decisione, da essa stessa presa, sia uscita, con maggiore o minore evidenza, su diversi quotidiani. Diceva l'intelligence degli Stati Uniti in un recente report, a proposito della Chiesa e del Vaticano: dicono sempre di agire evangelicamente, ma, all'atto pratico, nelle scelte economiche e finanziarie perseguono, come tutti gli altri, i loro interessi. Io non me ne stupisco affatto, anche perché sono certo che si tratta di una prova di solidarietà all'amato popolo bulgaro che, pur ortodosso, è più bisognoso dell'Italia ed ha anche meno pretese. Spero che sia anche oggetto di un apposito sermone alle maestranze rimaste senza lavoro in una Messa cantata o silenziosa convocata appositamente per loro. Sperando che nessuno ricordi quanto asserito all'atto dell'accettazione dell'eredità, che cioè la Chiesa avrebbe contraddetto, con atti e non con parole, l'impostazione speculativa del mondo profano e avrebbe posto l'uomo e il lavoratore, senza specificare quali, al centro del suo progetto.

C'è razzismo e razzismo.

Un giovane di ventisei anni, a Berlino, è stato fermato e poi rilasciato, dopo aver esultato su Facebook per la morte del piccolo Aylan, del suo fratellino Galip e della lora mamma Rehan, che hanno lasciato solo - temporaneamente - ma vivo, il marito e papà che li aveva coinvolti in un viaggio senza speranza. I più fortunati o i più abili troveranno forse un'occasione minima dopo che la propaganda del cuore ha offerto un controllato ricetto, di cui approfittare in queste ore. L'effetto imitativo si è spinto fino all'autostop: automobilisti austriaci si sono portati sull'autostrada per Budapest, dove marciano i migranti e ne hanno presi a bordo alcuni, per portarli a Vienna. Gli altri, per nucleo familiare, potranno andare in convento. Le note di stampa riportano il messaggio ma non l'origine del cittadino berlinese. Nella ex Germania orientale sono riemersi, perfettamente conservati, i sentimenti nazisti del Reichstag, il parlamento simbolico dei nazisti e, ad ovest, covano - non so in che misura - sotto la cenere, come il fascismo in Italia. Ciò non di meno, alla stazione di Monaco di Baviera, la città dove il nazismo fu fondato alla Hofbräuhaus, i neoconformisti del bene e dell'accoglienza hanno applaudito i poveretti che scendevano smunti e riarsi dai treni, in attesa di finire in un centro non dissimile da quelli che erano un tempo riservati ai prigionieri di guerra, nei quali gli internati non erano uccisi, ma detenuti sine die. Pochi giorni fa, in una regione orientale, prussiana della Germania, la popolazione locale aveva aspramente contestato la ex compagna Merkel, subito dopo la sua decisione - che contraddiceva le precedenti, sull'abbrivio del "peso" politico della censura morale che si leva da ogni parte - che apriva i confini tedeschi...ai Siriani: pensa alla tua gente. Il berlinese arrestato per qualche ora ed identificato era semplicemente uno di questi e il "politicamente scorretto" non è un reato. Il pensiero non deve mai diventare unico e va tutelato anche nelle sue espressioni più banali, altrimenti il populismo di qualsiasi mutevole orientamento si imporrebbe facilmente, anche nelle decisioni politiche, sulla ragione. Aylan. suo fratello e la sua mamma, non trarranno nessuna consolazione da una pietà di facciata che non ha fatto nulla per impedirne la morte. Gli Inglesi hanno rifatto i conti: non più trentacinquemila e solo Siriani, ma solo quindicimila reclutati fra i profughi dai loro selezionatori. Gli Inglesi praticano in forme meschine la contabilità del capitalismo più speculativo e lo fanno sfacciatamente, almeno dalla fine del 1700. Controllate, per curiosità, quanti sono i Paesi che gli Inglesi non abbiano attaccato, invaso, colonizzato o interferito durante la loro passata storia imperiale, quando saccheggiavano per importare e commercializzare ogni risorsa, senza curarsi di lasciare ai popoli spogliati uno straccio di istituzione culturale, civile e parlamentare che pur non in grado di metterli in concorrenza con loro, li potesse attrezzare per contrastarne la cattiveria contabile e l'arroganza. La Ricchezza delle nazioni - in realtà una sola - di Adam Smith, è un noioso calembour sulla contabilità di un usuraio e l'incremento demografico che crea esuberi in relazione alla coltivazione di terre sempre meno fertili, non a ridurne la capacità di sfamare i nati "spontaneamente", bensì di produrre reddito per i proprietari, sono le anticipazioni del capitalismo di sempre, "attualizzato" per le giovani e ignoranti generazioni e parte delle vecchie. Dimenticavo: il secondo contributo è di un pastore anglicano, sepolto in un'abbazia: Thomas Robert Malthus. Una donna bianca dell'Ohio, legalmente coniugata con un'altra donna, ricorse tre anni fa alla banca del seme della sua Contea, ma i conservatori delle donazioni di sperma retribuite, scambiarono due provette e la inseminarono con il contributo remoto di un afroamericano. Dopo averci pensato a lungo, la genitrice della coppia richiedente contributi ancora ineliminabili, ha intentato causa alla banca. Mio, nostro figlio è nero! Presumo che sia mulatto, ma la sufragetta dell'Ohio, che avrà sicuramente battagliato contro la discriminazione dei gay, sul loro diritto alla famiglia, all'adozione, all'utero in affitto ed alla inseminazione artificiale ( sempre a pagamento, adozione, ma non sempre, a parte )ha "elaborato il trauma" e ha deciso di rivalersi sui pasticcioni della clinica - in realtà un deposito a basse temperature - adducendo la negritudine parziale del figlio. Tutto senza ricorrere al contatto contaminatorio del maschio, per poterlo disprezzare come "donatore di sperma". Ecco che nel lesbismo, nell'omosessualità, emerge con prepotenza il razzismo specifico e particolaristico, cioè il razzismo di tutti i razzismi. La Corte competente del suo Stato, mentre quella del Kentuky ha incarcerato la burocrate renitente alla registrazione dei matrimoni gay, Kim Davis, ha obiettato che il bimbo è sano e non ha avvalorato, come dirimente, la voce contrattuale - ammesso che ci fosse - che prevedeva un bambino bianco. Il razzismo colpirà in forme dirette o surrettizie il bambino, che potrà organizzarsi, da adulto, per denunciare il e manifestare contro il razzismo che colpisce, anche in famiglia, i figli in provetta delle coppie omosessuali.