sabato 26 settembre 2015

L'Italia che verrà.

Il bracciantato agricolo è tornato all'epoca di Di Vittorio. Nelle campagne astigiane, e in ogni altra plaga vitivinicola nazionale i braccianti, per cinque euro all'ora lavorano ininterrottamente alla vendemmia, concedendosi solo poche ore notturne di riposo, dentro roulottes di fortuna o accampati all'addiaccio nelle vicinanze delle vigne. Solo la Caritas, nell'astigiano - ma l'Italia ne è piena - ha allestito un dormitorio. Agenzie improvvisate, caporali e imprenditori profittatori collaborano alla miglior resa. Le braccia provengono dalla Bulgaria, dalla Macedonia e da ogni altra regione in dissesto e, disprezzati, ignorati e sfruttati, assicurano una raccolta che dovrebbe fornire, quat'anno, lauti guadagni ai produttori. Finita la vendemmia, se ne torneranno a casa, in attesa della chiamata per la raccolta delle arance, a Rosarno. "Chi ha buona volontà, un lavoro lo trova". Loro parlano invece di mancanza di alternative, di desertificazione delle possibilità e di necessità di sopravvivere. Il lavoro nero, ovviamente, gonfia i profitti. Contemporaneamente, un avvocato marchigiano che ha preso a cuore i casi dei fermati, ammazzati di botte nelle questure e nei commissariati di polizia o nelle ridotte dei carabinieri, l'avvocato Fabio Anselmo, è oggetto di tiro a segno sui suoi beni esposti e lo è da ben due anni. Fabio Anselmo si è occupato e si occupa delle vicende di Stefano Cucchi e dei casi Ferrulli, Mogherini e Bifolco. Ecco che da due anni a questa parte, la casa marchigiana del legale è diventata il bersaglio di colpi d'arma da fuoco di avvertimento, come in altri contesti usa fare la mafia, per intimidire o per annunciare la morte. Si tratta di avvertimenti mafiosi ma non della mafia in senso stretto, bensì di quella mafia onnipresente sul territorio nazionale e fra la gente che lo popola. In questo caso si tratta di una comunanza culturale che si sovrappone alle sovrastrutture secondarie della vita civile e che denuncia il comune radicamento d'origine.

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