domenica 6 settembre 2015

Incompatibilità culturali.

Kim Davis, quella che nel Kentucky non registra i matrimoni contratti dai gay è una fondamentalista cristiana e, in ossequio alla supremazia ( concetto pericoloso e totalitario ) di Dio sulle istituzioni umane, elaboratesi difformemente in diverse parti del mondo, è una particolarità in un contesto indifferente eppur pieno di pregiudizi. La Davis assume il verbo di dio come criterio di esclusione, stigma e marchio. Anche Gesù Cristo era in situazione analoga fra gli Ebrei e, per aver sistematicamnte violato le leggi sul Levirato, fu strumentalmente messo a morte. Non mancavano fra gli Ebrei, in quel periodo, altre scuole profetiche, ma non direttamente ostative ai canoni giuridici del Vecchio Testamento. Kim Davis non è stata messa a morte, bensì incarcerata per "oltraggio alla Corte", per aver cioè, nel suo ruolo di burocrate, incaricata di routinari atti amministrativi, rifiutato di adempierli. Offesa al Sinedrio, si sarebbe detto ai tempi di Gesù. Eppure, Kim è rea solo di aver seguito la sua coscienza ghettizzatrice; non ha fatto altro male ai peccatori, mentre certamente il pregiudizio si conserva e si esercita comunque, a prescindere dalle leggi. La società statunitense, così ingiusta sul piano redistributivo e delle prestazioni, a cominciare da quelle scolastiche, è ultra liberale: non ci sono commistioni fra principi allogeni e l'individualità spinta fino alla solitudine, è il "must" di una (dis)società ultra competitiva, escludente e violenta, tanto che, ancor oggi, tutti girano armati dai sedici anni in su. Non mi interessa, come invece "rapiva" questa mattina Vittorio Zucconi su la Repubblica, che Kim si sia sposata quattro volte ( era molto più laico il suo cattolico papà, Guglielmo, che gli ha permesso di accedere, da inviato, alla carriera giornalistica e da cui ha ereditato ed imitato solo la "verve", ma non la concretezza e l'empirica aderenza al reale ). Negli Stati Uniti accade, nel calderone delle opzioni indifferenziate per i ricchi e per i poveri, anche se, per questi ultimi, la libertà è esercizio automarginatorio. Perché solo di questo si è trattato, nel caso di Kim, a questo attiene la sua fede nei sermoni della Chiesa della Pietra, ad una consolazione narcotica per la sua infelicità, alla disperata ricerca di compensazioni ed al terrore degli scrupoli, antidoto alla vendetta di Dio, come nella civiltà pagana. Il guaio è che gli infelici non si riconoscono e non solidarizzano far di loro. Anche il potere è sottocultura.

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