domenica 27 settembre 2015

Il diavolo non è arrivato in Vaticano, bensì la faglia fra principi dogmatici e prassi morale

Fra pochi giorni si (ri)aprirà in vaticano il Sinodo sulla famiglia, argomento in rapporto al quale, Papa francesco I ha sollecitato il più ampio di battito pubblico nella Chiesa e fra i prelati. Si preannunciano due schieramenti, formati l'uno da coloro che la ritengono in pericolo mortale e l'altro, da coloro che vogliono discuterne tutti i possibili significati, non è ben chiaro se solo quelli dottrinari, a cui si ispirano i conservatori o anche quelli antropologici e sociologici, ovviamente in ambito religioso, da misurare con la dottrina. Sullo sfondo di una diatriba morale portata passo, passo, su tutti i temi sensibili di una società dell'informazione superficiale, il Papa post ratzingeriano cerca di abbattere le concrezioni sedimentarie della Curia romana, che già il suo predecessore, alternativo in Conclave, aveva provato a scalfire per poi ritirarsene e dimettersi. Mentre nella società civile e nelle aule parlamentari il dibattito latita, nelle diocesi, in giro per il mondo, le correnti ecclesiali si coagulano in schieramenti apparentemente omogenei, almeno sulla dottrina o sulla sua reinterpratazione. Ma al dibattito in sede teorica sottende il potere e l'aspirazione ad investirsene esautorandone altri attualmente assisi sulle sue cattedre e il pampa-Papa ha deciso di farsi dare una mano, se non dallo spirito santo, dall'influenza di una difficile riforma interpretativa dei dogmi, nella quale l'esegesi non può essere affidata al popolo, ma i cui risultati semplificati e accessibili dovranno costituire il consolidamento del vecchio alveo o la sua parziale tracimazione in uno scisma. In fondo, la dicotomia fra un Papa conservatore e uno gesuita, alternative elettorali eppur succedutesi sulla suprema cattedra dei cattolici, è già lì ad attestarne la possibilità.

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