venerdì 31 maggio 2013

Considerazioni liquide.

La ruzzola economica e sociale prende velocità nella sua uniforme caduta a valle. Nessuno si è peritato di impedirla e i rimedi sintomatici aggravano il male, estendendolo in solidale precarietà. A questo sono particolarmente dediti i partiti di sinistra e i sindacati. Dimezzando il già dimezzato e intensificando la trama dei gesti ripetitivi si cerca di intonacare le mura crepate del fortino. La vita è tornata per molti alla sua occasionalità priva di riferimenti. Fino ad estinzione, resta la famiglia, in gran parte destrutturata e divisa dai tempi delle vacche grasse dei diritti civili, oggi di nuovo sotto attacco. Coloro che si sono rifugiati in qualche feudo ne rinforzano gli elementari costumi controllandosi a vicenda nel cortile adiacente al castello. La loro mercede può mantenere solo l'economia del borgo angusto; non è previsto infatti che possano uscirne. Dal mondo vasto e vario giungono solo gabellieri di risorse carpite ed evase. Come vengono al feudo, così se ne vanno, in cerca di altro dignitario. Hanno smarrito la dignità lungo il percorso. Ne sono stati privati dai loro clienti. Sono i moderni ebrei di corte. Il signore che non ne aveva era un rustico patrono, la sua corte era spoglia. Dal loro miserabile punto di vista, i feudatari rappresentano il fulcro della loro piccina società, ma fanno in modo che se ne concioni, nell'agorà ristretta, come se non vi fosse altro al di fuori di loro. Per chi accetta di sottomettervisi, è proprio così. Nel vasto mondo che è fuori, le masse degli erranti vagolano nel vuoto. Lasciando l'approdo, hanno commesso l'errore della loro vita, che ha perso di significato. Sembra che avessero ragione i mormoni, giunti a colonizzare le regioni del nord america dove ancora sono insediati, che avevano con sé tante donne sui carri e pochi uomini sopravvissuti alle insidie dei prolungati esodi. Le donne, se non sono mogli, finiscono a fare le puttane, annichilendo se stesse e compromettendo la società. Il loro iniziale rimedio fu la poligamia, che ora non praticano più. Chissà se, in questa società, si può fare un parallelo fra questa primitiva condizione dispersa e le sempre più diffuse nozze gay, con tanto di adozioni? E gli islamici, crescenti in Europa, potranno sostentare quattro mogli e i figli multipli, al costo dei nostri servizi? Il ministro Kyenge ha ricordato con orgoglio la sua famiglia, composta da trentotto fra fratelli e sorelle, come una grande scuola di socializzazione. Le separazioni e i divorzi, che avevano accusato un rallentamento, per la loro onerosità, sono ultimamente ripresi con vigore. Le aspettative del mantenimento del tenore di vita precedente, scemano per entrambi i coniugi. Il mantenimento per la moglie, almeno quasi solo per lei, del tenore di vita a cui era abituata in costanza di matrimonio – del tutto assurdo perché spesso acquisito e non più prevedibile se il legame consensuale viene meno – si ridurrà in via di fatto. La società minore si sfarinerà e degraderà ancora di più. Il super tecnico Ministro Cancellieri ha constatato che le carceri fanno schifo, ma, dato che farà schifo anche la società, potremo soprassedere dall'ammodernarle. Qualcuno obietterebbe che le carceri non possono fare meno schifo di certi alloggiamenti, dai quali uscirebbero premiati i frequentatori prima dgli uni e poi degli altri. Se ne parlerà e basta. Durante tangentopoli, emerse che le tangenti venivano percepite dai partiti ed elargite dai costruttori, anche in sede di costruzione di nuove carceri. Sarà per questo che l'edilizia – eterno volano delle economie pre-industriali, mentre parte della società ha superato la post industrialità, per catapultarsi, insieme a quelle pre industriali, nel volano degli illususionismi finanziari – langue? Chi ha beni da difendere, li ha già occultati. La vita culturale langue irrimediabilmente. Gli orizzonti si fanno esclusivamente personali. Come è sempre stato, si dirà. Ma, nella maggior parte dei casi, si tratterà di prospettive velleitarie. Perché, prima? E' vero, ho fatto male a parlarne.

Epigonie.

Lascia un po'interdetti constatare come, in rapporto ai simboli di un'ideologia negata. si raggrumino odi e cerimonialità. I fascisti, che avevano taciuto alle esequie di don Gallo, si rifanno vivi in un profluvio di violenza - la stessa che le avevano inflitto sotto la copertura della caserma dei carabinieri Pastrengo - nella quale, da quei vandeani che sono, rievocano l'inferno di cui loro sono guardiani in terra per chi non si rassegna all'umile subalternità. Vanno in bestia se i contestatori li sovrastano culturalmente: loro della cultura se ne fottono, non potendo fotterla, ma poi ci rimangono male quando constatano la loro pochezza. In morte di Franca Rame, l'insulsa bestialità è riemersa intatta. Se voleva sfotterli per l'ultima volta, c'è riuscita in pieno. Violenza lubrica indirizzata verso una donna che, ridotta ada una vecchierella rinsecchita, tutti gli anacoreti e gli svillaneggiatori ricordano nella sua vistosa e abbacinante bellezza giovanile, dedicata ad un pennellone, un po' giullare anche nell'aspetto, col quale ha condiviso, senza ripensamenti, così diffusi nella classe borghese, una vita di - ritengo - piacevole e gratificante compagnia, in un contesto creativo ed artistico. Cosa c'entra la cerimonialità? Scontata la celebrazione laica della attrice, autrice e militante, farlocche, a mio giudizio, le parole del figlio, scordato il ciao di Dario Fo, coreografiche le attempate donne in rosso, rigide come vecchie professoresse zitelle. Della Rame, da sola o con il marito, ho assistito a molte rappresentazioni e spesso non ne ho apprezzato la sperimentalità, sempre l'esplicitezza, fino alla catarsi curativa dell'anima ferita. Nel mondo laico lascia la sua gente e solo la sua, come don Gallo e tutti coloro che non passano l'esistenza a simulare opportunisticamente un costume...puramente speculativo.

mercoledì 29 maggio 2013

Sulla cengia.

I personaggi pubblici che hanno caratterizzato o semplicemente rappresentato un'epoca o la loro vita all'interno di un'epoca, in auge ad alcuni, in uggia ad altri, lasciano la scena, si ritirano per l'ultima volta dietro le quinte, rinunciando a rispondere agli ultimi applausi. Muoiono, con diacronica sistematicità. Con un fiato, cancellano, infine o finalmente, passioni e volontà, amarezze e oltraggi, azzerano i significati, che sopravvivono ancora nell'anima nostalgica, oppure torpida di chi gli è sopravvissuto. Gli equivoci, per loro, certamente si sono sciolti. Lasciano un paradigma confuso, nel quale i loro simbolici riferimenti si sono dispersi e nuovi emblemi culturali, di cui investirsi e da rappresentare, non si intravedono. Ciò che, anzi, si intuisce è un arido dominio della tecnica. Ma al culmine della crisi, la tecnica paleserà la sua vanità, la sua ininterpretabilità. Per ora tutto ripiega nel vago, viene rimandato. Ignoti amanuensi, in qualche eremo, nascosti, certamente si peritano di ricopiare per un nuovo, ma non originale uso, l'eterna vulgata, eternamente dismessa. Sul piano della prassi tecnologica, sia che si tratti di tecnologia applicata, o di tecnologia economica o di tecnologia scientifica, le elisioni si fanno sempre più minute, microscopiche. Di quelle minuzie si fanno esteti futurologi d'apparato, non importa quale. L'enfasi è aprioristica. L'umanesimo negletto si ripiega ma non dispera. Ancora una volta dovrà solo attendere che alle aspettative si sovrappongano le delusioni, quando, cioè, i caratteri astorici dell'animo umano reclameranno il loro ristoro, denuncieranno l'inganno e la speranza si ridistenderà su un orizzonte altrimenti desolato. Come in ogni epoca di mezzo, per l'assenza, i miraggi si affolleranno alle insensate anime, non in grado di discernerne la ripetitività. Sarà questo il teatro del futuro, già noto, ma al quale non saremo noi ad assistere.

domenica 26 maggio 2013

La vandea di nuovo in marcia.

Era da prima della Rivoluzione francese che non si vedeva una manifestazione sanfedista a Parigi. Siamo invece alla seconda o alla terza. Stanno sfilando i cattolici, una minoranza che non si esprimeva più in Francia, contro il matrimonio omosessuale e l'adozione come corollario del riconoscimento. Le manifestazioni dimostrano un rinanto movimento organizzato della Chiesa cattolica, che, più che i principi, contesta la concorrenza dello Stato sull'anagrafe civile, eterno campo di contesa, un tempo limitato ai matrimoni civili e/o concordatari, anziché religiosi, ma che ora è sconfinato in un ambito nel quale la Chiesa, per ragioni dottrinarie non si può inoltrare. E' normale che si contesti una legge e se ne chieda l'abrogazione, ma il senso neo-relegatorio della rivincita invocata lascia perplessi. Anche i matrimoni fra gay segnano un riflusso provocatorio riguardo al costume libertino degli omosessuali borghesi e un adeguamento ai frananti benefici di legge e assistenziali per le coppie che si sostengono reciprocamente. Non si vorrebbe neppure privarli del sostegno dei figli, che potrebbero adottare. Io credo che lo Stato debba farsi carico di ogni situazione in atto. la Chiesa sbraiti, ma resti nei suoi limiti morali e accetti, sul piano civile, la dialettica. Dato che non lo fa, temo che questi revanscismi si coniughino, con storica coerenza, ai sussulti ed agli afflati reazionari di società minori numericamente che sentono insidiate non le loro virtù proclamate, bensì la loro nicchia di riferimento non esclusivamente spirituale. Timorosi di non potere più imporsi, con questo pretesto, su tutti gli altri, vari.

Aride considerazioni.

Non so molto di don Puglisi, ucciso a Palermo perché portavoce educativo di una chiesa alternativa al potere borbonico e sanfedista meridionale. Don Puglisi si rendeva conto dell'ignoranza in cui l'assenza di dialettica teneva i suoi parrocchiani nel quartiere mafioso di Brancaccio. Al catechismo, durante il dopo scuola non si limitava alla litania dei peccati veniali e mortali e altro che non mi sovviene, ma ragionava con i suoi bambini e ragazzi sulle diverse interpretazioni che la stampa, schierata sempre a favore di un ambiente sociale e contro un altro, forniva delle notizie del giorno. Mafia è, prima di tutto, assenza di dialettica e la definizione può attagliarsi ad ogni ambiente che non la contempli, anzi la contrasti. Ha ragione suo fratello: avrei preferito averlo ancora vivo. Le beatificazioni servono a chi sopravvive, non riguardano chi è morto. Anche supponendo che ne avesse avuto contezza in paradiso, a che pro e a pro di chi, "beatificarne" la fotografia in un'arida spianata. Preferirei ricordarlo nella sua empiria semplice, in quella sua fedeltà al Vangelo che non è venuto per unificare - come si mistifica - ma per dividere. Dividere i genitori dai figli e quindi anche dalla arida, come la spianata della beatificazione, socialità del quartiere. La chiesa, i parroci che amministrano i sacramenti anche ai latitanti pluriomicidi, che vengono arrestati contornati da immagini sacre, icone di una religiosità che si rifà ormai inconsapevolmente, ma certamente, alla ritualità della terra, una terra semidesertica, oggi onorano un confratello alieno, come onorerebbero qualunque altra icona la Chiesa ufficiale proponesse loro. Il pampa-papa afferma che don Puglisi - di cui probabilmente ignorava ancora l'esistenza - ha vinto. No, invece, ha perso, perché i suoi ragazzi sono diventati adulti secondo la riaffermata prepotenza che voleva sradicare con l'informazione e con il confronto delle prospettive, in una società immobile. Forse ha preso la comunione anche chi lo ha ucciso. Un marocchino di Parigi ha provato ad emulare il "martire" britannico e ha aggredito un soldato francese alla Defense. Non è riuscito a ucciderlo, è invece riuscito a dileguarsi. Per così dire, cose lasciate a metà. Il terrorismo fai da te inquieta le istituzioni, rende sospetti verso tutti: figurarsi nelle conurbazioni multietniche, la propalata identità dei diversi, utile solo al globalismo economico, viene prontamente contraddetta sul piano privato. Gli armaioli sperano in un aumento degli affari. Neanche il 10% ha ancora votato a Bologna per il finanziamento o meno alle scuole paritarie private, non ostante la bella stagione o, forse, proprio per questo. Gli asili pubblici e le scuole per l'infanzia tagliano le dade; i convitti per negligenti ricchi vengono accorpati come un'azienda qualsiasi. Lo scopo del referendum esula dalle esigenze infantili e riguarda solo la salvaguardia del posto di lavoro della maestre, mentre la Chiesa, che sull'educazione ha sempre rivendicato un ruolo privatistico per quanto riguarda i contenuti e le rette e un ruolo pubblico per quanto attiene alle donazioni, salvo poi esentarsi dal pagamento delle tasse, condurrà sul tema battaglie pubbliche e trame levantine. Come i suoi clienti. Al di là di ogni considerazione, il quesito era semplice, la Costituzione, mai applicata in questa materia, parla chiaro. Per questo ho votato A.

Sotto la pioggia.

Il funerale di don Andrea Gallo è stato una partecipata e varia, ecumenica ma identitaria, rappresentanza di gente, la sua, inconciliabile con quelle assenti. Don Gallo viveva per gli altri, ma non per tutti gli altri. Viveva per quelli come lui che, appena affacciatisi alla società e provenienti da esperienze e ambienti non afferenti al potere, ne venivano espulsi e, attraverso la marginalizzazione - si presumeva - resi inoffensivi. Ma Andrea Gallo, prima di prendere i voti il partigiano l'aveva fatto sul serio e con le armi in pugno. Poi era stato preso da una fede nella "verità" evangelica e si era dedicato all'ascolto e all'accoglienza delle meno estetizzanti personalità del "creato", convincendo molti di loro che "Dio" li amasse. Probabilmente era vero, dato che Dio, come questo tipo d'amore, non esiste. Don Gallo era incontrovertibilmente un cristiano, perché ascoltava tutti e non giudicava chi soffriva. Lo ha ricordato la sua segretaria a chi - giustamente - contestava il Cardinale di Genova che, sospirando balle, aveva voluto mettere la cotta sulla non rimpianta dipartita, al posto del suo cappellaccio. Paragonando il Vescovo ai transessuali, alle prostitute e ai drogati, la fedele assistente del Gallo ci ha ricordato che dobbiamo compassione a tutti, non solo a chi soffre, ma anche agli stronzi. Proprio perchè era un commiato da un'esperienza pastorale ed umana, che forse continuerà come quella di don Olinto Marella a Bologna, ma, senza il suo profeta e il suo vendicatore, si ridurrà ad un'opera diocesana di assistenza, sia pur di dimensioni imponenti. Imponenti perché Genova, terzo polo del triangolo industriale e, a suo tempo, primo porto commerciale del meditterraneo, è stata una città aspra, sporca, fiera e di grande consapevolezza sociale. Una consapevolezza che non risiedeva nella borghesia armatoriale ( i religiosissimi patriarchi Costa, tanto cari al cardinale Siri ) e cascami, ma nei portuali, nei giovani e originali prodotti dalle topaie dei caruggi, da un grande senso dell'impegno che la Resistenza, qualsiasi resistenza, richiede, in termini di lotta e sacrificio, anche della vita. I caruggi di Genova non sono diventati, come la speculazione del ritrovo e della ristorazione avrebbe voluto, dei quartierini d'élite, come le case di ringhiera a Milano. L'attacco è durato poco e si è fermato alle adiacenze delle vie principali della città estesa e schiacciata fra il mare e le montagne. I caruggi sono stati, durante la Resistenza, il deposito logistico, il punto d'avvistamento, il terminale delle notizie, l'avamposto dell'agguato, il rifugio nel quale rientrare. Lo sono tutt'ora. Vi vivono comunità di ragazzi, ancora tanti, riprodotti dai loro proletari genitori. Gestiscono per loro e per gli avventori che sappiano dimostrarsi rispettosi, cantine e trattorie. dove si vive un clima disteso ma vigile e si gode di un'ottima cucina a prezzi da angiporto. Con le navi, la tossicodipendenza vi è diffusissima e, a rinforzarla, da decenni è intervenuta la deirizzazione dell'economia cittadina. Prima Genova era vissuta delle sue attività, dopo, col declinare della cantieristica e della siderurgia, tutte le sue aziende furono assunte dall'IRI che poi, progressivamente, le ha abbandonate. La parte ricca e barocca della popolazione non è stata minimamente coinvolta in tutto questo e continua a vivere nei palazzi ridondanti del centro e nelle più amene località circonvicine. Il 70% della popolazione, a digradare, si è stabilizzato in una condizione di povertà, in un regresso dall'acquisita condizione borghese, in un ritorno nei ranghi del proletariato. Genova, città di mare, era e, a maggior ragione, è una città di puttane: puttane povere, sedute sui marciapiedi delle ridotte dove lavorano, sui gradini delle casupole, corrosi. Donne talvolta vecchie, con i ventri prominenti; talvolta fin troppo giovani. La Genova di De André, ben viva e visibile. Oggi, ai funerali di don Gallo, c'era anche l'ultima compagna dello chansonnier, il più noto eppur il più aristocratico di una batteria di poeti e musici, che la città industriale e mercantile talvolta evoca anziché escludere. Anche don Gallo è stato fino alla fine un poeta della sua città, delle sue concrete genti.Ha saputo essere popolo in mezzo al popolo, così com'era. Vladimir Luxuria, che ha ricevuto una comunione - ritengo - senza confessione, come si usa quando si è stati in comunione, rispettati in una comunità di persone e al quale l'algido e liberty Arcivescovo belin l'ha amministrata perché fuori dal suo contesto, perché ha inteso il senso ostinatamente contrario al suo della fratellanza della vasta comunità non ancora diocesana, o perché non ci crede neanche lui, ha ricordato che don Gallo l'aveva fatta sentire accolta e amata da Dio, insieme a tutti i transgender. Peccato che Dio non esista, se non in questi rarissimi e sparsi, dolenti e franchi approdi. Come i primi cristiani catacombali del suburbio romano, ricavavano dalla fratellanza, la fede che si sarebbe persa nell'istituzionalizzazione religiosa, la comunità di don Gallo ha saputo ricrearne i presupposti, insieme alla città, probabilmente simile alla Roma nel pieno trauma della sua decadenza, partendo dalla parte destructa, ridandole il senso della propria dignità. Lascia una grande opera a cui mancherà la voce.

giovedì 23 maggio 2013

Pulviscolo.

Une delle Pussy Riot è in sciopero della fame nel suo gulag siberiano. Il gulag rimane a salvaguardia di sitemi incompatibili, tranne che per l'aspetto rappresentato dal potere. Brava e indomita. Ha ancora ben chiare le ragioni che ce l'hanno portata. La morte di don Andrea Gallo nella sua comunità genovese, mi richiama alla mente quella del cappellano dell'Università, il parroco di San Sigismondo: don Tullio Contiero, che tanti medici guidò in Africa fin quasi alla fine dei suoi giorni, quando proprio da loro fu vegliato. Figure entrambe amatissime che non avebbero mai potuto diventare vescovi o cardinali e neppure monsignori. Un sindaco comunista di Bologna fu interpellato dal presidente di una multinazionale che voleva raccogliere il suo consenso e la sua collaborazione all'impianto sul suolo urbano di una grande fabbrica, che avrebbe attratto servizi e sviluppato sinergie con industrie di vecchia e futura costituzione, assimilando il costume petroniano alle dinamiche di città industriali come Milano e Torino. L'immigrazione sarebbe esplosa e avrebbe dilatato le dimensioni urbane e artificialmente implementato la popolazione residente. Per l'imprenditore si trattava di usufruire di un'area strutturata da sviluppare senza dover intraprendere una contesa di fatto con realtà già trasformate urbanisticamente e socialmente. Quel sindaco rifiutò la sua collaborazione e il progetto non ebbe seguito. Addusse che preferiva mantenere la città nel suo stabile assetto post-agrario. Fece bene? Limitò i danni? Precluse alla città una possibilità di sviluppo o le evitò crisi pesanti? Propendo per la seconda ipotesi. In rapporto ad una popolazione che non cresce, l'immigrazione universitaria di chi poi resta e quella ciclica da richiesta di mano d'opera per produzione e servizi, restano comunque ingenti, ma il fin troppo ospitale e per questo equivocato tessuto che ne assorbe benefici e scorie, si mantiene odoroso di cucina tradizionale e con la sua tranquillità di fondo, induce i visitors a diventarne residenti. Grandi spunti ed investimenti di immagine, per una città provinciale e conformista, non ve ne saranno. Fatte salve le caratteristiche dimensionali e burocratiche di una città come Roma, le due realtà, per me che le ho vissute entrambe, si assomigliano. Un paese e un paesone nel quale il costume familistico, anche in senso allargato e l'allegra ironia del convivio e della festa placano le velleità e le intemperanze, in molte altre plaghe prevalenti.

Connubi.

La globalizzazione combina le culture regionali e nazionali senza portare alla loro assimilazione. Si presume che la globalizzazione implichi l'assimilazione del mondo a un singolo modello predominante, occidentale e americano. Per quanto riguarda gli aspetti della vita che sono governati dalla tecnologia, quanto precede è vero, ma, da un punto di vista culturale, conduce, invece, ad un mondo eterogeneo di confusione delle "favelle", di coesistenza e di sincretismi. Talvolta, però, la compresenza si mischia agli elettrodi cerebrali, "converte" le menti ed estremizza i comportamenti dei neofiti. E' quanto è successo a Londra ieri. La caduta delle barriere militari e politiche ha comportato migrazioni di masse che si alimentano del mito. L'Unione europea ha cominciato ad opporvisi. La Cina ha troppa abbondanza di popolazione e il Giappone ha deciso di non praticare l' accoglienza. Il nord America e l'Australia praticano un'assimilazione quantitativamente selettiva. Gli ultimi migranti non devono recidere i legami familiari, culturali e sociali con la terre d'origine: Ormai le distanze si misurano in ore. Quasi mai i migranti sono analfabeti e questo indebolisce le culture egemoniche e le velleità di assimilazione. Si può dire che i migranti vivano in tre mondi: il loro, quello del Paese di emigrazione e il mondo globale. Alla seconda o terza generazione, i figli e i nipoti dei migranti saranno contraddittoriamente assimilati. In forme babeliche, cioè. Si pensi infatti che nelle scuole pubbliche ( popolari ) di Londra sono rappresentate oltre novanta lingue. Si aggiunga che, per ciascun gruppo, soltanto i propri interessi hanno importanza. Finché lo Stato non mette i bastoni fra le ruote all'Islam, ad esempio, per i musulmani che vivono in Francia, in Inghilterra o in Italia , la situazione degli ebrei, degli indù, dei cattolici o dei buddisti è irrilevante. Per questo, è indispensabile una forte identità e impronta laica degli Stati di accoglienza. Anche in Italia, chi vivrà, dovrà abituarsi alla compresenza di diversi mondi. L'esperanto commerciale e (sotto)culturale, è rappresentato dalla lingua inglese - come già anticamente il greco, che per la sua duttilità era non solo la lingua filosofica, ma principalmente quella dei commerci. Soprattutto, ma limitatamente alla Ionia, era la lingua della democrazia, storicamente imprescindibile dagli scambi in senso lato, ma, che, come diceva Demostene, è per sua natura degenere. Quanto sia purtroppo vero lo constatiamo in questa stagione di mezzo, con tutti i suoi miasmi e i suoi scadenti prodotti umani. Ma domani sarà sovrastata. Attualmente, il 90% dei testi scritti su internet è in inglese, perché nord americani e inglesi sono dominanti fra gli utenti della rete. Ma quando 1.500.000.000 di cinesi, i 500.000.000 di lingua indù e i 350.000.000 di lingua spagnola diventeranno internauti, il monopolio della lingua inglese e dell'alfabeto europeo finirà. Una guerra (sotto)culturale è alle porte. Il teorizzato scontro delle civiltà, negato sul piano bellico o parabellico - di cui ci sono pure evidenti testimonianze fattuali - sta per imporsi sul terreno delle identità.

mercoledì 22 maggio 2013

Sacrifici.

Un soldato di garitta davanti ad una caserma è stato decapitato a Londra da due "martiri" musulmani, ridotti subito dopo in fin di vita dai commilitoni del malcapitato. Prima di aggredirlo hanno allertato quanti più passanti hanno potuto perché li riprendessero con i telefonini. Allah sarà grande, ma sembra che ci tenessero anche loro, in una frenesia divistica al riparo dell'approvazione della propria comunità culturale, mondiale ma soprattutto londinese. Dieci giorni fa, un clandestino ghanese girava per un quartiere a Milano con un piccone in spalla: sentiva voci cattive. era riuscito ad entrare in Italia, nella città più prodiga di possibilità e si era ritrovato esule e senza punti di riferimento. E' solo uno degli aspetti delle migrazioni di massa. Insieme allo sfruttamento e alla marginalità di lavori privi di dignità, al netto della retorica romantica e d'occasione, qualcuno si perde irrmediabilmente nella giungla ignota e qualcun altro nella metropoli cosmopolita ma completamente indifferente, si riallaccia agli echi di una etnicità, relegata in un quartiere e in un ambito delimitato. Don Andrea Gallo è morto e ha lasciato i caruggi, la sua parrocchia a cielo libero da quando il Cardinale Siri lo privò del suo gregge che, da allora, non ha fatto che aumentare. La Chiesa genovese è specchio della città: barocca e ridondante nei palazzi della ricchezza e del potere, dolente e tradizionale nei vicoli delle trattorie da due soldi ma dai profumi intensi. Don Gallo ha scelto questa antropologia religiosa, nella quale la dottrina cristiana si disperde e si altera per adeguarsi alla vita.

lunedì 20 maggio 2013

La cultura possibile.

E' andato in scena ieri sera al teatro degli Alemanni, Behind the mirror, più comunemente noto come Il fantasma dell'opera, a cura della Compagnia di Francesca Calderara, nella quale Pietro Riguzzi, oltre che uno dei principali interpreti, ha assunto il ruolo e la responsabilità di organizzatore, direttore artistico e musicale. Pietro, sempre brillante e ottimo interprete, tanto che viene richiesto di esibirsi in teatro, in caffé concerti e anche in manifestazioni pubbliche di strada, si presta gratuitamente:al massimo, prima o dopo lo spettacolo, gli viene offerto un menu ridotto. Ieri sera è stato particolarmente efficace sia nella recitazione, sia nel canto, nel quale ha raggiunto la perfezione in due romanze. Supplendo alle troppo modeste qualità canore di ottimi ballerini, li ha sostituiti in play back, dando completezza alla loro danza. Ha poi orchestrato, insieme alla storica regista, la compagnia, supplendo con la coralità e l'impegno a qualche inevitabile stonatura. Stella, studentessa di lingue orientalii a Venezia, ha chiuso musicalmente l'opera con la sua virtuosità violinistica. Il teatro era pieno di spettatori paganti che avranno coperto appena le spese sostenute dai giovani attori che si esercitano dai primi anni delle scuole superiori nella recitazione, nel canto e nel ballo con crescente affinamento delle tecniche necessarie. Alcuni loro insegnanti li seguono con costanza. La vita universitaria, pur diversa per quanto riguarda gli obblighi di frequenza rispetto alla mia generazione, ha un po' condizionato in negativo la coralità e l'omogeneità della rappresentazione. Più per dispersione da tempo libero - ritengo - che per dedizione agli esami. O, per l'una e l' altra cosa insieme. Ciò non ostante anche e proprio per questo, le voci soliste protagoniste sono risaltate di più e anche lo sforzo organizzativo e suppletivo di Pietro ha avuto modo di manifestarsi. Il Teatro degli Alemanni è il principale teatro cittadino per il teatro dialettale bolognese, ma ospita soprattutto compagnie professionali che non trovano spazi nei circuiti ufficiali, subordinati non solo a logiche artistiche. I frequentatori del 2012 sono stati 13.000, costanti anche alle rappresentazioni di teatro amatoriale, sempre offerto al miglior livello organizzativo ed artistico che sia possibile. Nemerosi e appassionati gli studenti, ma anche molte persone attempate e famiglie, che apprezzano e fanno vivere una cultura diffusa e senza obiettivi, di lucro. Bologna ha avuto una tradizione popolare importante in quest'ambito, a cominciare dall'Arena del Sole, luogo dato agli spettacoli diurni in anfiteatro affollato da popolani con la frittata nel panino, nell'intervallo lungo del lavoro, ma appassionati e competenti. Questa passione non si è mai spenta, ma è ormai poco nota. La città del teatro diffuso sopravvive in tutti i luoghi agibili, teatri, ma anche centri sociali e piazze e sono noti anche fuori dei confini urbani, attraggono un turismo "minore", non ostentato ma qualificato. Purtroppo, la politica dell'assessorato alla cultura del Comune, ha abbracciato i canoni dell'ufficalità e non riserva un centesimo alla cultura che rischia di diventare underground e si focalizza su disastrose gestioni finanziarie, a cominciare dall'Arena del Sole-Teatro stabile di Bologna, riconvertita alle pur importanti rappresentazioni "maggiori". Il Teatro Duse è rinato, dopo il rischio concreto di chiusura, ad opera di privati imprenditori bolognesi che hanno accettato di chiudere in passivo le prime due stagioni e che si ripromettono di conseguire un utile alla terza. Uno di costoro è il padre di Stella, la violinista. Ingaggiando compagnie ed artisti per tre giorni ( ma anche uno solo )e superando la programmazione che prevedeva una compagnia alla settimana, scritturando virtuosi del palcoscenico, della musica e del ballo, sono riusciti a riempire ogni sera l'antico teatro, secondo uan concezione privatistica che ha un po' diluito la "pesantezza" culturale dell'Ater teatro, pur mantenendola ad un buon livello complessivo. Va soggiunto che la "leggerezza" mercatoria, pur scontando la ridotta passività del riavviamento, viene conseguita attraverso l'ingaggio giugulatorio di ottime compagnie senza particolare appeal e con apparizioni - quelle di un giorno solo - di vedettes capaci di fare audience, che impongono all'impresario il cachet che vogliono. Si dà, cioè, a questi ultimi, quello che si nega a tutti gli altri. E' la regola di ogni imprenditorialità. Sta di fatto che le autorità pubbliche non investono più sul teatro non ancora affermato cioè in grado, almeno potenzialmente, di pagarsi le spese ( cosa che non avviene nella pratica ). Ciò non di meno, i 10.000 stabili frequentatori del teatro dei "guitti", che ciascun teatrante, di qualsiasi livello e gli amanti di quest'arte sanno non essere un insulto, mantiene in vita queste espressioni, come nelle cantine di Praga, nei circoli vernacolari e bohemiennes che sopravviveranno, nonostante la censura del "rigore", per l'impegno di questi bravi e ottimi interpreti e di partecipi spettatori.

sabato 18 maggio 2013

Il grano e il loglio.

La FISAC-CGIL, cioè il sindacato del credito e delle assicurazioni facente parte della Confederazione generale del lavoro, ha pubblicato uno studio - non un volantino di propaganda - nel quale snocciola dei dati chiari e inconfutabili, che ho trovato particolarmente aderenti alla mia esperienza sindacale e ai dati della mia conoscenza empirica Premetto che la FISAC-CGIL è da qualche tempo sul banco degli accusati presso i sindacati maggiormente rappresentativi della categoria, perchè dice la sua in difformità dalle tracce concordate per le assemblee e anche a livello istituzionale (sic!) di confronto con le aziende spesso segue autonomamente le sue linee. La CGIL e le sue federazioni categoriali si rifanno ad una logica squisitamente politica, anzi, senza appoggi e riferimenti politici, come in CISL, UIL e UGL non vi si conta niente e le voci che provengono dalle rappresentanze delle categorie, si rapportano alla circolazione superficiale e profonda del corpaccione sindacale, ora in una fase di deperimento e di invecchiamento. Sullo stesso sito della FISAC, insieme a notizie sulla Camusso, sui lavoratori del Bangladesh e senza alcun cenno alla manifestazione della FIOM di oggi a Roma, "si esprime la preoccupazione per una possibile delocalizzazione ( da Siena ) del Monte dei Paschi, all'interno del quale non si sono accorti di nulla. Fin dall'antica Roma era questa la preveggenza o la miopia dei Tribuni della plebe. Come in ogni cosa bisogna saper distinguere criticamente, ma acriticamnete omettendo di documentarsi non si saprebbe mai niente e si potrebbe cadere vittime di qualsiasi propaganda. Veniamo ai dati dello studio seriamente condotto e chiaramente presentato. Il 10% delle famiglie italiane detiene in Italia il 47% della ricchezza finanziaria rilevabile, mentre il restante 53% è suddiviso non in egual misura, ma secondo una distribuzione scalare uniforme, fra il 90% delle altre famiglie. Lo studio su cui si basa la rilevazione è relativo ai salari nel 2012. Il rapporto fra il compenso medio di un lavoratore dipendente e quello di un top manager, nel 2012, è stato pari a 1 contro 64, nel settore del credito e di 1 a 163 nel resto del campo economico. Secondo la rilevazione, in quattro anni, dal 2009 al 2012, un lavoratore dipendente ha percepito in media 104.000 euro di salario lordo, un amministratore delegato ( dati riferiti ai primi dieci gruppi per capitalizzazione a Piazza affari ), sempre nella stessa media dei quattro anni, ha accumulato 17.304.000. Una differenza di 17.200.000. Il rapporto calcola in 26.000 euro lordi il salario medio di un dipendente, a confronto dei 4.326.000 euro del compenso medio di un top manager. Si consideri che nel mondo riciclatorio ( truffaldino per i "contribuenti" minori ) dei portafogli mobili, anzi viaggianti fra una società finanziaria o pseudo bancaria e l'altra, in un combinato disposto di accordi taciti e sottotraccia per compendiare i portafogli e i guadagni, attraverso la (dis)locazione di santoni delle previsioni e amministratori di fortune simili ai fattori della feudale economia agricola, il "nostro" "essere squadra" è funzionale ai miei attuali guadagni e alle tue incerte prospettive...di diventare come me, strada (tanta) facendo e che, quindi, il divario passa attraverso una lunga filiera di profittatori delle opportunità, tutti coalizzati in un conforme comportamento omertoso ed omissivo, che dà luogo solo, periodicamente, ad una lotta fra bande, all'interno della quale si mantengono sempre i rapporti di riferimento, che possono essere di vertice o di apparato, con la struttura che si è apparentemente e parzialmente tradito. Oggi che i volumi delle giacenze sono immutati, fra un salasso e una trasfusione, ma la circolazione è sclerotica, lo stagno ricco di risorse dei top manager e, a scendere, della loro coorte territoriale di "principi, marchesi, conti" o come adesso amano chiamarsi i chierici e i dignitari di questo culto riformato ad usum pecuniae, non ha subito prosciugamenti e nemmeno diminuzioni di portata, mentre, durante questi sei anni di "crisi" il potere d'acquisto dei salari e delle pensioni si è più che dimezzato, in una relazione stretta e diretta. Nessuna incidenza, infatti, su quel 10% di famiglie ricchissime. La forbice della diseguaglianza è diventata enorme e sono riaffiorati costumi, comportamenti e giudizi superati da molti anni che si ripropongono quando la sperequazione sociale incontestata si fa incolmabile. Incolmabile perché non si dà luogo a provvedimenti di redistribuzione del reddito, quando cioè la politica è complice o assente. 1.208.000 famiglie possono contare su una ricchezza complessiva di di oltre 800.000 euro; 1.192.000 famiglie detengono 1.600.000 di euro mediamente. Nel 2012, il salario netto mensile percepito da un lavoratore standard è stato pari a 1.333 euro, che cala al 12% se si tratta di una dipendente donna e del 27% se si tratta di un giovane ( 973 euro ). Per i giovani poi la retribuzione durante gli ultimi 10 anni non si è mai accresciuta: 1.000 euro mensili medi in busta paga, immutata dal 2003.

Costumi

Il dosaggio millesimato dei fotogrammi rivelatori della più ovvia e banale delle verità, in via D'Amelio, a Palermo, disgusta profondamnete per la greve e primitiva amoralità che documenta. La Repubblica oggi spaccia per esclusivo un documento che io, nel mio piccolo, avevo già visto sul web due giorni fa. Accenna nell'articolo ad un filmato di due ore girato dai vigili del fuoco nel quale, solo ora si è notata, nitida, solo un po' sbruciacchiata ai bordi, l'agenda personale del magistrato eliminato. Che un organo semi ufficiale di un certo radicalismo pseudo di sinistra - puramente ideologica - se ne faccia propagatore a piccolissime dosi è indice certo della volontà di costruirvi sopra polemiche mafiose, fatte di ammiccamenti e segnali. In barba e in spregio ad un uomo dalla mentalità idealistica e dei più aristocratici principi, tipici della borghesia della Sicilia, ma che aveva impregnato, senza tentennamenti, dei canoni più sentiti e partecipati del diritto. In un mondo di opportunisti e di cafoni.

venerdì 17 maggio 2013

Il vacuum interiore di ogni violenza.

Il Generale Jorge Videla, dittatore dell'Argentina per sei anni, durante i quali uccise tutti coloro che non riuscì a spegnere attraverso l'umiliazione delle torture, è morto. Le donne incinte che venivano arrestate, erano uccise poco dopo il parto - quindi Videla, cattolico, rispettava i feti - e i bambini affidati in adozione. Di cinquecento affidati, solo un centinaio sono stati rintracciati. Se non c'erano richieste, i neo nati - non più feti - venivano uccisi. Sono stati trentamila i soppressi, ad opera di una mentalità allignante nei ranghi di un esercito inutile, deputato solo alla conservazione più retrogada. I militari presero il potere,dopo aver defenestrato Isabelita Peron, che era succeduta al marito - un altro dittatore di fatto, sia pur eletto - perché la vedova si comportava come farebbe la Santanché se si trovasse nella medesima situazione e nella stessa possibilità di esercitare un potere così vasto e imprevedibile per lei che era solo una ballerina di fila, della quale il tanghero si invaghì e per la quale lasciò la prima moglie. Nonostante Isabelita, fra una piazzata e l'altra, avesse rassicurato gli ufficiali che "la testa non le serviva solo per pettinarsi", i machisti annoiati e preoccupati non si fidarono e colsero l'occasione per applicare una fino ad allora repressa concezione gerarchicamente razzista della società e "ripulirono" la nazione di tutti quegli elementi che l'inconsistente gestione politica della ballerina aveva scatenato e rivitalizzato. Per ottenere questo scopo, allestirono una grande sala di tortura presso la scuola della Marina ed eliminarono fisicamente tutti gli elementi irriducibili, i loro figli non richiesti in adozione. Le madri di Plaza de Mayo, con la costanza e la determinazione delle donne, quando le circostanze intersecano i loro sentimenti, sono invecchiate senza demordere e hanno impedito che venissero rimossi e occultati i crimini imperdonabili di questi graduati, paranoici e assassini. I loro figli sono stati gettati ancor vivi dagli arei nell'oceano, preliminarmente sventrati perché non galleggiassero, attraverso complicità gerarchiche mai scoperte. Giustamente, ma simbolicamente, il solo generale Videla e l'ammiraglio capo della marina Emilio Masera, furono condannati all'ergastolo e sono morti in carcere. Ieri sera, Jorge Videla si è addormentato dopo aver accusato un malore e non si è più svegliato, confondendo l'incubo dell'agonia con un rimorso mai provato. Aveva sempre rivendicato il suo comportamento e ammesso tutti i crimini. Muy guapo, come si dice in america latina, di quella guapperia - sì proprio la stessa espressione usata a Napoli e ereditata dagli spagnoli - di cui andare mortificati e prostrati. Invece così non è stato. La sua morte, come la sua vita, sono state inutili, ma almeno il giudizio penale lo ha colpito e lo ha conservato in carcere fino alla fine. In Italia non sarebbe certamente successo, in nome delle ricorrenti conciliazioni nazionali. Finalmente la natura lo ha necato, ma, dato che non c'è giustizia in natura, lo ha fatto con troppa dolcezza.

giovedì 16 maggio 2013

La cricca dei ricchi.

Devo proprio ammetterlo: nei pensieri e nella terminologia sono rimasto ancorato a un passato recente. Con apparente inavvertenza e senza cambiare i termini espressivi, si è voluta camuffare la realtà che un potere volgare e involgarente ci ha propinato come ineluttabile precipitato di storici fideismi. Poco importa, per converso, che analoghe trasformazioni lessicali sarebbero intervenute anche a parti inverse. Già l'analisi della prassi e il suo rivolgimento - che non se ne distacca - documentano l'inane e onanistica pratica "raziocinante". Credevo ancora che gli "impieghi" fossero prestiti all'impresa produttiva e non mi spiegavo più le continue chiusure delle aziende a secco di finanziamenti e di ordinativi. L'inaridimento degli ordinativiè stato conseguente alla celebrata e venerata costumanza finanziaria, vigente da oltre vent'anni che ci ha riapportato tutti i guai noti storicamente. Pari, pari. Eppur si continua a parlare di impieghi, ma si intendono le speculazioni o le conservazioni finanziarie, frutto di chiusure e alienazioni, di accantonamenti evasivi e speculativi, anche sulla pelle delle maestranze, con le quali si è manifestato contro la "crisi". Per questa via, per questi impieghi, si è consolidata bancariamente una innominata consorteria degli utili reciproci, una sorta di para-società, nella quale i complici famigli sono diventati i servitori, degli uni e degli altri soci. A officiare il rito, sotto la cupola di un Tempio uno e molteplice, si è creata una cangiante schiera di santoni delle previsioni, dediti al crescente abuso della credulità, detenendo la quale lucrano ingaggi sempre più vantaggiosi, portando seco color che in lor confidano. Esiste conferma più convincente del consolidato adagio per il quale la banca è solo una cricca di ricchi?

Senza capo né coda.

Un cameriere culturista entra e, stentoreo, dispone un versamento. Mi ricorda Domingo, il cameriere omosessuale di Cuba che, per mostrare la sua prestanza, sollevava un asino che brucava nel campo antistante il ritorante e poi serviva a tavola. Espande i pettorali disegnati su una maglietta rossa, si bilancia sulle zampe, mi rifiata in faccia due volte e poi commenta: "bella questa banca, mi piacciono gli spazi ampi. Mi ricorda una stalla". Ognuno elabora la sua simbologia, non c'è da stupirsi. In buona sostanza, lo schieramento dei box che mi aveva suggerito un modello carcerario e di controllo del quale avevo in seguito trovato troppe conferme, a lui appare come una mangiatoia razionale bovina: al di là del banco il mangime, in mezzo i bovi, subito dietro lo stallatico. Psicologia Junghiana. Un nostro itinerante qualificato ricompare sulla porta. Anche il direttore e il gestore imprese si riaffacciano. Sembrano indaffaratissimi. Ieri sera ho visto un filmato sul web, raffigurante un distinto signore che recava lontano dal luogo dell'agguato la borsa del giudice Borsellino, per portarla non si sa dove. Forse in un archivio di Stato, dove i segreti circa la sua morte annunciata non conosceranno pentimento. E se fosse stato costui, anzichè un capitano dei carabinieri, come veniva affermato nel commento, un nostro collega palermitano, originale o acquisito, che, fra una visita e l'altra, che certamente lo scoppio non avrebbe ritardato, oppure in transito da altra filiale, si fosse appropriato dell'intimo reperto e ne avesse fatto oggetto di inziatico segreto? Non se ne saprebbe più nulle, credetemi. Unicredit banca ha riaperto i bandi. Non è la prima volta che lo fa negli ultimi anni. assumerà cinquecento dipendenti selezionandoli - non indica i criteri - fra i giovani neo laureati. Da tempo le banche si rivolgono solo al mercato accademico, ma non escusivamente ferrato in materie economiche. Senza voler banalizzare ed esulando dai corsi più tecnicamente mirati alla gestione d'impresa, della Luiss e della Bocconi, la maggior parte dei selezionandi ha acquisito soprattutto metodiche teoriche di lavoro in team, tecniche sinergiche e catalizzatrici più adatte agli stages aziendali e aziedalistici, sponsor delle Università medesime, che alla dottrina economica. Avvalorato dall' alloro accademico, simbolo incontrastato delle aspirazioni ideologiche della piccola borghesia, si pensa che il "nuovo" sapere e il "conseguente" status , risiedano nel peana produttivo. Coristi, appunto, di buona tecnica. Io conosco, direttamente o tramite amici e conoscenti, tanti giovani laureati che servono ai tavolini dei bar, che ripetono decine di volte al giorno le stesse frasi in un call center, persone di vasta esperienza e plurilingue per l'internazionalità dei genitori, che portano le pizze a domicilio, ad ennesima dimostrazione che la vulgata prevalente è prodotto e strumento di un potere che, per consolidarsi, ha bisogno di una organica piramide di fruitori-adepti, i quali, coniugandosi fra di loro, (ri)producono una nuova, ma quanto antica, fiduciosa genia di speranzosi conformisti nella prossima, falsa profezia adattatoria. La maggior istruzione diffusa, in via di rapido ripiegamento per le rette privatistiche d'istruzione e di frequenza, pur fornendo poco pane e minor companatico, rielabora le relazioni generazionali. Così il dottor pizzaiolo si accompagna alla dottoressa sartina e, razionalmente gestendosi, vivono in amorevole simbiosi. Non sono nuovi, ma sono innesti da tempo desueti, mentre le generazioni si succedono, senza dar luogo a variazioni nella stratificazione della società.

martedì 14 maggio 2013

Poltiglia rimestata.

La ventilata correzione della controriforma Fornero, a cura del nuovo Ministro del welfare del Governo di larghe intese, è un ulteriore tassello del mosaico a due strati, uno superiore e uno inferiore, in cantiere in nome e per conto. Chi accetterà un assegno inferiore, potrà anticipare la pensione, rispetto ai 42 anni di contributi necessari per ottenere il massimo. Il mobbing sistematico per sfinire i lavoratori anziani e altre forme di meschinità nelle aziende più piccole - anche e soprattutto in senso morale - tese al risparmio sul risparmio, si eserciterà ancora di più. Intanto, per compensare il minor onere previdenziale, si studia come togliere la I.M.U. anche sulle seconde e terze case. I sindacati sono completamente asserviti a questo do ut des, nel quale sono tutti confusi agli occhi degli ingenui ma ben distinti e spartitori riguardo ai loro specifici interessi di riferimento che sono politici e non riguardano più, da tanto tempo, i lavoratori. I "volontari" smidollati non mancheranno, come non sono mai mancati, salvo poi rivendicare, con il loro numero, modesti adattamenti, una volta pigramente raggiunta la canna del gas. Per gli altri, soccorrerà solo il senso di sé, il diritto non ancora imbastardito ( soprattutto da bastarde interpretazioni )e le forze fisiche e morali..talvolta anche nervose. Il cittadino, se vorrà, potrà essere protagonista, solo e per l'ultima volta. E' una poltiglia nel peggior stile compromissorio e complottardo italiano. C.V.D. E' così che si vogliono salvare, esulando dal rigore di bilancio. Anche su questo, da destra a sinistra, il consenso sarà unanime.

Il buiolo.

Unicredit Banca, per il terzo anno consecutivo, accusa perdite. Spende invece di guadagnare. Eppure premia l'impegno e la fatica di tutti i dipendenti. Comprende che si lotta e ci si agita nel letamaio finanziario. Noi ci agitiamo in un buiolo.

Twitter aforistici.

Calma piatta e rumori di fondo, la giungla al meriggio. Scompostezza improvvisa, invasamento senza significato, praticamente una discoteca. Gramelot..molto. Pirandello. Potenziali, ma improbabili, Calderon de la Barca. Il personale della destra è frivolo, quello della sinistra è astioso. Il M5S è piccolo-borghese, forcaiolo e masochista. Monti poteva essere un Padre della Patria. Ha temuto l'accantonamento. Si è accantonato, lucrativamente, da sé. Sarebbe stato un patrigno. Italia istituzionale in procella, non solo per quanto riguarda le istituzioni politiche, ma anche per quelle economiche, finanziarie, popolar-culturali. Le camorrille sono fervidamente all'opera. Il ruba bandiera è il gioco nazionale. Neanche i mafiosi hanno mai contraddetto la funzione giurisdizionale. L'hanno semmai, coerentemente soppressa. L'Italia, acefala e insolvente, si dilania in lotte di fazione, non dissimili da quelle descritte da Dante e ritrova la sua unità nell'impunità bipartisan. Ecco spiegate le trattative fra lo Stato e la Mafia. Se la mafia non si è ancora dissociata da uno Stato così scassato, vuol dire che rappresenta ancora gli interessi sottostanti, non visibili, della sua originaria civiltà borbonica che di questo Stato fa parte. Il popolo delle libertà va in pulmann a Brescia e vi manifesta con ampia presenza di parlamentari e Ministri. La Procura di Brescia esercita il controllo sugli atti dei giudici di Milano. Gli avvocati parlamentari di Berlusconi avevano chiesto lo spostamento presso la Leonessa d'Italia di processi in dirittura d'arrivo. Perché, a pochi chilometri di distanza, avrebbero dovuto essere più indulgenti? Insulsa confusione. La destra non contempla diritto che non sia quello di fare i propri interessi, criminalizzando, se possibile, i contestatori di questa aristocratica barbarie. Le piazzate di Berlusconi e il consenso che le accompagna, ne sono rivelatrici. La sinistra, invece, ogni qual volta assolve a priori ed esulando dai fatti, qualunque reato commesso da ideologi del proletariato, non fa altro che rivelare la sua concezione strumentale della legalità e la sua insincera adesione agli sbandierati principi. Il diritto, come sovrastruttura. La stessa concezione coltiva la Chiesa, la cui unica giustizia, divina, è la propria. Per tutto questo il senso civico degli Italiani è a dir poco balbettante. I fedeli, pellegrini e turisti, manifestano chiassosamente in Piazza San Pietro. Solo i bambini, sballottati per il bacio, piangono. Francesco zero volteggia fra di loro. I fedeli organizzati risfilano a parte in rappresentanza dei feti. La sinistra abborracciata non sfila più. E' paralizzata dalle sue contraddizioni. Si limita a contromanifestare. Insomma, tutti sfruttano la situazione. Paradigmi macro-economici. Unicredit Banca accusa il suo terzo deficit consecutivo. Ci rimette, anziché guadagnare. Non riconoscerà il dividendo agli azionisti. Eppure ha stanziato ottanta milioni di euro per premiare i suoi dipendenti. Le corresponsioni non saranno uniformi, ma anche i meno pagati percepiranno qualche migliaio di euro. Non ho nessuna opinione sulla bontà delle tesi dei sostenitori della TAV o, viceversa, dei suoi denigratori. La contestazione è diventata particolare, localistica e sfocia in autentici ostruzionismi. L'enfasi della vittoria sfocia in devastazioni, anche se si tratta di una vittoria pallonara. Parigi in subbuglio, palazzi sfregiati, automobili distrutte, perché il Paris St. Germain arabo ha vinto il campionato di calcio. Alcune prostitute hanno denunciato di essere state violentate dai sostenitori-invasori. Stupro di guerra..vinta. Le hostess della Fly Emirates, fanno ala alle squadre che si esibiscono, insieme al Milan, a San Siro. Ricordano le signorine "grandi f(o)irme dei films in bianco e nero, dei cosiddetti telefoni bianchi. Col loro velo che incornicia il viso, senza coprirlo, con la loro postura a bordo campo, col sorriso sul faccione bistrato ci ricordano grottescamente l'uso promiscuo delle professionalità. Mentre il vento finanziario spazza via le tradizioni civili e cambia il panorama, si rafforzano, per reazione le costumanze di nicchia. L'inflazione era al 24% nel 1983, tende ora allo zero. I soldi non circolano, la spesa latita e l'elettrocardiogramma è quasi piatto. Mentre collaborano al Governo, i partiti delle larghe intese, con le eccezioni dei casiniani e dei montiani, stizzosi solo per posti ed incarichi, litigano - anche in convento - si offendono, soprattutto attraverso l'acredine dei ministri scartati e eletti speakers alle Camere . Andremo avanti così fino alle prossime elezioni, quando avranno riconcordato fra di loro le regole elettorali. Lo spread non fa più paura. Infatti se ne sta tranquillo. Ci salveremo a modo nostro, non importa come. Ma loro lo sanno.

sabato 11 maggio 2013

Modelli, cittadinanze e riconoscimenti.

Ho l'impressione che il modello vigente nelle relazioni sociali non sia altro che uno stampinaggio sulla sabbia destinato a essere cancellato dall'alta marea e riprodotto il giorno dopo, da un artista copione e a corto di risorse. Senza più riconoscere facoltà al popolo diffuso, gli applica una sorta di regolamento condominiale, nel quale la volontà individuale, se non si adatta a una prevalente vulgata comune, mantiene un potere puramente espressivo. Se non ci si uniforma o, semplicemente, si coltivano altri orizzonti rispetto a senecenze oziose o a preoccupazioni successorie, i minoritari rischiano di essere relegati al rango di nudi proprietari e vengono costretti a una contribuzione millesimata, alle spese e agli altrui investimenti, a maggioranza deliberati. La trame, il governo e la politica vi sono definiti fuori del consesso assembleare. Come in un racconto di Dino Buzzati, l'ingenuo renitente che non può sottrarsi al contributo, diviene, non pagando, debitore della maggioranza. La maggioranza, quindi, può, mentre persegue i suoi interessi, tramare per mettere in difficoltà e poi espropriare il pur legittimo, ma delegittimato perchè parziale, proprietario. E' una pretesa a priori ed a prescindere, in un contesto nel quale, invece, le condizioni personali e familiari possono subire brusche variazioni e anche tracolli e relegare, di periferia in periferia, chi non può, non vuole ( colpa imperdonabile, materialmente sanzionabile )o non sa amministrarsi secondo una volontà prevalente, speculativa ed aliena che vacuamente si trascina fin sul confine - condiviso? No, condominiale. - dell'esistenza. Di noi non resterà nulla, tranne il feticcio della proprietà. Si sposti, si scansi chi non si barrica e preferisce vivere plasticamente; faccia posto, pure ai frutti privilegiati della riottosità intrinseca anche nelle famiglie favorite, strutturate e previdenti. Il medico congolese, naturalizzato italiano, che fa il Ministro dell'integrazione nel governo del "nipote", di integrarsi non aveva personalmente bisogno. Ha accettato di ridiventare un'anomalia civile e culturale nella pur promiscua compagine. La sua proposta adempie ad un criterio univoco ormai del diritto internazionale, largamente prevalente fin dai tempi in cui lo studiavo io: è cittadino chi nasce nel territorio dello Stato. Lo ius sanguinis era già ritenuto allora un residuo agro-patriarcale. L'Italia è, localmente, una nazione agro-patriarcale. Lo è anche aziendalmente, mi verrebbe da dire. Oltretutto, come in Grecia, pozzanghere microbiche schizzano una miscela indistinta di egoismo e di ignoranza di chi vagheggia di potersi conservare benefici sociali in via di dissoluzione a prescindere dai potenziali beneficiari e come sempre avviene, preferendo non ammetterlo, si nasconde dietro una identità cultural-popolare d'accatto e fino ad oggi non rivendicata. Interstizi infetti nelle mille angustie del nostro territorio. Il riconoscimento giuridico delle famiglie omosessuali, che è il dichiarato proposito del Ministro canoista e teutonico, pur graduale, viene rimandato alle calende greche. I due Ministeri senza portafoglio, propugnatori di ipotesi ideali e di incerto trascinamento di suffragi, vengono relegati fin dalla culla, nel limbo delle cose inutili ma coreografiche. La prolifica immigrazione inquieta uno Stato non abituato a gestire fenomeni di marcata e diversificata identità culturale. Lo Stato concordatario non sa come regolarsi nei confronti della più coesa comunità ospite, quella islamica, con la quale non ha ancora stabilito rapporti istituzionali, resi per altro difficili dalla varietà e autonomia delle diverse comunità, pur richiamabili alla koiné dalla sottomissione alla fede in Allah. E' inquieta la Chiesa cattolica che non aveva mai avuto concorrenti in casa e che teme anche la presenza, ancora molto limitata, di chiese e di sette protestanti, cristiano-animistiche provenienti dall'Africa, in una minuta parcellizzazione di confessioni. Nei quartieri periferici e operai delle città, nei paesi della cintura, gli immigrati condividono la marginalità con gli altri strumenti e potenziali scarti sociali, ma, a differenza di questi ultimi, hanno una precisa - almeno soggettivamente - identità e un orgoglio rivendicativo della medesima se la vedono ignorata e la sentono in pericolo. Ma i problemi non si eludono; non serve. Lo ius soli deve affermarsi, anche se trasformerà radicalmente l'Italia e anche se questo avverrà al livello più basso della popolazione. Se il mondo - per ora - non ha più confini, non se ne possomo erigere per gli uomini e le donne che lavorano, che modificheranno i caratteri della nazione che contribuiranno prevalentemente a popolare, nel rispetto comune e dovuto delle sue leggi, alle quali il Ministro congolese potrà dare un significativo contributo. Fino ad ora la nostra società è stata caratterizzata da ghettizzazioni ed esclusioni di censo e di educazione, ma non sono mancate le relegazioni culturali e religiose nei confronti di quei quattro gatti di Ebrei nostri connazionali. Ma anche gli ostracismi ambientali e censitari hanno avuto i connotati del razzismo, non espresso ma esclusivo. Ora, in assenza di una opposizione di classe in grado di esprimersi politicamente, si prefigura un'opposizione culturale o, almeno, un'alterità. Non è assente la consapevolezza di una realtà profondamente diversa nella prassi, rispetto alla intenzione legislativa, nei preannunciati e chissà se realizzati provvedimenti: porre attenzione e proporsi inclusione rispetto ai dati formali delle questioni, non nascondendosi che i dati reali saranno forieri di una nuova e violenta segregazione e criminalizzazione, ma, pur limitandosi solo a questo disorganico aspetto, sapere che innescheranno una dialettica originale e un cambio della sua direzione. Provvedranno a produrla quegli stessi fenomeni che si proponevano di negarla, superarla, ostacolarla e contenerla. Almeno così io spero, perchè, altrimenti, avremmo una ennesima riedizione dell'autoritarismo. E' così importante venire nazionalizzati in un Paese nel quale il lavoro è diventato una paccottiglia di compiti brevi e a chiamata? Sì, per non ridiventare stranieri quando non si è più richiesti. Val la pena di chiedere la cittadinanza di un paese nel quali violenti movimenti xenofobi sembrano rappresentare il sentimento di quote significative di popolazione indigena, alle cui emozioni ostili i megafoni razzisti fanno eco? Ne sono meno sicuro. Un razzismo che riguarda non solo gli stranieri ma, nuovamente, tutti coloro che offrono le loro braccia. Se è così, vale la pena di insistere nella ricerca di valori comuni. Ecco che gli abitanti della più stracciona regione d'Italia ghettizzano in capannoni dismessi i braccianti agricoli, li seccano nei campi durante le interminabili giornate assolate, li provocano, li picchiano e, infine, gli sparano perché rimangano incontestati i confini del ghetto. Un contegno, più che una condizione che due anni fa fu rifiutato. Un rifiuto morale. Gli immigrati non potevano sapere che i braccianti abbrutiti erano sempre stati trattati e riguardati così, perché non presumessero di poter condividere una comune umanità con i pigri e assenteisti proprietari e neppure con quella massa grigia e a sua volta povera che vive al riparo di quattro mura. Il disegno di legge della Kyenge rischia infatti di equiparare, sia pure solo sul piano formale, due condizioni parimenti miserrime, ma di alterare il costume feudale che fonda il sistema, del quale alcuni suoi paradossali protagonisti si sentono parte e che tendono a difendere. La presunzione che, di per sé, il lavoro unifichi, dia cittadinanza, consenta soprattutto di solidarizzare, rende apprensivi e conniventi anche gli altri disgraziati. E' uno dei nodi non sciolti e più oscuri della simbologia e della psiche umane. Non mi nascondo che, in ottica politica, stante il declino sociale, questo e l'altro provvedimento, per altri versi emblematico, del riconoscimento delle coppie omosessuali, ha lo scopo di suggerire, illudere circa il possesso, la potestà e il riconoscimento almeno di se stessi. Che è appunto pura tecnica, mera illusione della quale la politica serva si limita a rendersi interprete. Ma nonostante che l'intenzione si eserciti sul piano simbolico e rappresentativo le si contrappone una resistenza dilatoria.

venerdì 10 maggio 2013

Incertezza.

Sono stato affacendato in numerose incombenze e non ho aggiornato il blog con la regolarità abituale. Ma le faccende le ho sempre svolte e non dev'essere stato questo il motivo della pausa. E' che....c'è poco da raccontare, niente da commentare. Se una nave non sfonda una torre-ufficio e un alienato, in una società alienata, non sequestra per farne uso venereo, tre adolescenti e le trattiene per anni e anni, festeggiando la ricorrenza del kidnapping, capisco che non succede niente. Come dire..ci si affaccenda - appunto - ma non si va in nessuna direzione; si temporeggia, si sguscia fuori dai problemi, si parla e straparla a vanvera. Ma siccome le intese sono larghe e lo fanno un po' tutti, ecco associarsi al coro, non propriamente polifonico, altre voci sgraziate, non richieste, desiose di farsi sentire, a prescindere da quello che dicono. D'altra parte, media istituzionali e di cicaleggio, cantano inni all'assenza, alla confusione e al disordine dei ragionamenti: chi tace non conta, non si accredita e, ovunque si conservi un briciolo di potere, si canta in coro. L'unico luogo in cui, con mezzi da ladri, ci si contende - anzichè spartirlo - l'esistente non (ri)creabile tranne che a parole, è il sacello del denaro, proprio quello da rubare per se soli e da sottrarre agli altri, in un contesto criminale e demenziale. A volte me lo confesso: c'è un fossato fra di me, che ho memoria storica ( non vuole essere un vanto ) e la generazione adulta ma con un' esperienza lavorativa e sociale ( quest'ultima sempre meno presente )anche di quindici anni e, pur non essendo originale l'uomo - maschio e femmina - né imperscrutabile, i riferimenti simbolici sono articolati, interpretati e vissuti in maniera difforme e, per ciò solo, avvertiti come incompatibili. Non compresi. Si creano quindi sacche di esclusione reciproca e, in questa lacuna, si fiondano come avvoltoi banditori di pochezze, predicatori da setta, volgari e incontrastati diffusori di teorie composite e debitrici ai peggiori dispregiatori dei caratteri più nobili - o meno ignobili - che l'evoluzione ci ha consentito di elaborare. Tutto degrada verso un esito noto, ma si fa finta di niente, si fanno orecchie da mercante, si aspetta che il "destino" si compia, anche se il destino non esiste. Dall'antichità pagana alla civiltà cristiana, passando per le mirabilie della tecnica, l'uomo, che "conosce" come gli altri animali la propria insussistenza e irrilevanza, attende che la savana sacrifichi i più deboli e - spera - salvaguardi almeno lui, mentre i predatori sperano che la selvaggina sia sempre abbondante, che non gli si sottragga la materia con cui giocare e far giocare i propri cuccioli, istruendoli. La paralisi non è indotta solo dalla paura, anzi neppure prevalentemente. E' indotta dall'egoismo che nulla vuole rischiare per sé e che manda avanti, sacrifica gli altri, a cominciare dai generosi che sono esistiti e che esistono, cercando di lucrare sui due fronti. La maggior parte non approderà a nulla, ma per quel che gliene frega degli altri, non vogliono lasciare nulla di intentato. Austute pecore, pecore siete e pecore rimarrete, ma, fino alla fine, non lo ammetterete.

venerdì 3 maggio 2013

ApparizIoni e dissolvenze.

Per le edizioni Kaos, è apparso in libreria l'ultimo pamphlet-denuncia dei Discepoli di verità, che sono un gruppo di monsignori e vescovi della curia papalina, risentiti per frustrazioni carrieristiche. Da molti anni a questa parte pubblicano dei "dietro le quinte" sui pontefici e sulle personalità eminenti dello Stato della Città del Vaticano. Dietro le sigle editoriali di nicchia, si nascondono sezioni specializzate - casomai nel gossip e nella maldicenza - delle maggiori case editrici che così si sdoppiano nella loro politica. Fra opere prive di contenuti ( ve ne sono anche nell'editoria ufficiale ), se ne trovano di orientate a polemiche documentali e a lotte di potere; a interpretazioni non convenzionali di esperienze storiche, non banalmente interpolate, ma evidenziate in contesti e con titoli che non mettano in imbarazzo l'ortodossia editoriale. Ebbene, di tutti o quasi i capitoli di cui si compone l'enciclopedia dissacratoria dei Descepoli di verità, l'ultimo instant book; I peccati di Papa Bergoglio, è uno dei più plagiati, orecchiati e antologici che abbiano mai scritto. D'altra parte i Monsignori si propongono di sputtanare, anche su mandato della Curia che lo vive come un estraneo, l'ultimo arrivato "quasi dalla fine del mondo", che, proponendosi solo come Vescovo di Roma, probabilmente già attenta agli equilibri dei dignitari che Benedetto XVI non ha avuto il tempo, né la forza di debellare. Se così non fosse, perché intervenire frettolosamente, molto frettolosamente e a gamba tesa, con un excursus lungo più di duecento pagine, richeggiando tutti i luoghi comuni di un giornalista argentino, che lo accusa di connivenza con la criminale giunta militare argentina e altre voci circa una sua tiepidezza verso la pedofilia dei chierici. In fondo niente di originale, niente di rivelatore circa la cordata che lo ha portato al soglio pontificio, nessuna certezza circa le accuse, smentite numerose volte da tanti, diversi testimoni. L'accusa più forte, secondo me, gli viene dalle nonne de Plaza de Mayo, già madri, che non demordono pur disperando di avere certezze sulla fine e l'irrintracciabile inumazione - spesso in mare - dei propri figli, che a Bergoglio rimproverano il silenzio reiterato, un'accusa di omissione che grava sulla Chiesa dalla seconda guerra mondiale, come un macigno. Che ne possono sapere, di primo acchito, dei notabili curiali che sono invecchaiti e inaciditi a Roma, al riparo, non apprezzato, del colonnato del Bernini? Pubblicazione inutile, questa volta. Ciò non toglie, che, in passato, pur nell'ambito di consorterie partigiane e di polemiche correntizie e carrieristiche, come si conviene ad una Corte, i Discepoli di verità hanno illustrato e palesato realtà che altrimenti sarebbero rimaste nascoste e dato vita ad una dialettica altrimenti impensabile nel Centro ecclesiastico mondiale, anzi multilocale. A me sembra che questo Papa, arrivato secondo, dietro Ratzinger, che per trent'anni, fu l'ombra fedele di Woijtila e che ora è stato chiamato a sostituirlo, in una sorta di pura linea successoria, tradisca oltre che l'impronta molto compagnona del latino e sud americano, una spiccata tendenza alla teatrale adesione popolare al suo potere, che, in questi termini e a queste condizioni, è disposto a condividere, nelle sue manifestazioni sociali. E' cioè, smaccatmente, un peronista, ideologia che si sposa perfettamente con le sue origini italiane, con un fascismo, moderato quando è possibile, ma suscettibile di intensificazione quando è richiesto, caratteristica della Chiesa non solo argentina, ma, fuor di localismi, mondiale. Un gaucho a cui fa da pallida ombra che ancora si muove, il raffinato teologo e musicologo, oltre che musicista, mitteleuropeo. Conservatore, ma colto e quindi potenzialmente eversivo; eversivo nei modi ma non nella sostanza il pampa-Papa. Comunque, staremo a vedere.

Feminae.

L'Augusta Montaruli, già del PDL, poi passata coi Fratelli d'Italia, indagata per peculato, cioè per aver gonfiato le note spese dei suoi rimborsi, uscendo dal Consiglio regionale piemontese, ha irriso gli studenti che lamentavano i tagli ai trasporti pubblici, con il dito medio, unica donna e unica a rivolgere un gesto così provocatorio a chi legittimamente, anche se inutilmente, manifestava. Questo è stato lo scopo dell'irrisione che tendeva a sottolineare la debolezza, anzi l'insignificanza reale della protesta. Espressione certa di bassezza, ma indice, altrettanto certa di una morale, appropriativa e presuntuosa, che, se fosse stata messa alla berlina o semplicemente in discussione, avrebbe provocato stizzite reazioni e risentite richieste repressive. Che cosa ha fatto di diverso Laura Boldrini,che, dopo aver stressato, l'ex Ministro dell'Interno Anna Maria Cancellieri, sollecitando apparati di scorta e difesa personale degni di un Faraone, adesso squittisce su tutti i social network denunciando di essere stata insolentita, disturbata da apprezzamenti sessuali, addirittura minacciata di morte e, per questo, sta impetrando una radicale censura della e sulla rete, degna della Cina popolare, della Corea del Nord, superiore a quella praticata a Cuba, se non riverberare il più vieto moralismo censorio della sinistra, la sua ingenuità insidiosa nell'attribuire le cariche, a tutte le galline dalle piume bianche, nella fattispecie. Convinte che il proprio sia l'ombelico del mondo.

mercoledì 1 maggio 2013

Gesti inconcludenti.

Quel povero diavolo che ha menomato un altro disgraziato, era tornato presso la sua famiglia di origine, perché non poteva più pagare le bollette e al suo paese, in un ambiente di inoccupati e disoccupati, presumo, quindi non competitivo. Ma non si vive di solo pane..e che cosa vi aveva trovato? Un contesto sordido, popolato di figure sciatte, depresse, laconiche o grevemente irritate. Alla sua condizione di esiliato dalla famiglia che si era costituito e dal lavoro, aggiungeva il peso dell'insignificanza domestica. Si è vendicato, dunque, della frustrazione indotta dal dissolversi del suo modesto sogno di emancipazione. Alla fine, la sua rovina è consistita nell'emigrazione, non tanto in se stessa, quanto nei meccanismi, coniugati con contenuti tradizionali, che aveva messo in atto e che lo hanno rapidamente tradito e lasciato inerme. L'illusione di una famiglia, il rinculo di incongruenze nascoste. Il ripiegamento, accasciato due volte, riassorbito da quella famiglia che aveva lasciato nel deposito immobile dei ricordi. Lo smacco della scontatezza della rinuncia. Gli echi di un abbozzo di esperienza diversa lo ha agitato e, in quello stato, ha elaborato un piano tragicamente ridicolo: sperava chi i carabinieri lo suicidassero; li ha invitati a sparargli, si è lagnato e stupito in carcere per la mancata iniziativa e per la mancata reazione. E' fallito anche in quest'ultimo progetto, in ossequio ad una burocratica cautela, al rispetto di un regolamento inclusivo di ogni sorta di sopportabile infelicità.