giovedì 23 maggio 2013

Pulviscolo.

Une delle Pussy Riot è in sciopero della fame nel suo gulag siberiano. Il gulag rimane a salvaguardia di sitemi incompatibili, tranne che per l'aspetto rappresentato dal potere. Brava e indomita. Ha ancora ben chiare le ragioni che ce l'hanno portata. La morte di don Andrea Gallo nella sua comunità genovese, mi richiama alla mente quella del cappellano dell'Università, il parroco di San Sigismondo: don Tullio Contiero, che tanti medici guidò in Africa fin quasi alla fine dei suoi giorni, quando proprio da loro fu vegliato. Figure entrambe amatissime che non avebbero mai potuto diventare vescovi o cardinali e neppure monsignori. Un sindaco comunista di Bologna fu interpellato dal presidente di una multinazionale che voleva raccogliere il suo consenso e la sua collaborazione all'impianto sul suolo urbano di una grande fabbrica, che avrebbe attratto servizi e sviluppato sinergie con industrie di vecchia e futura costituzione, assimilando il costume petroniano alle dinamiche di città industriali come Milano e Torino. L'immigrazione sarebbe esplosa e avrebbe dilatato le dimensioni urbane e artificialmente implementato la popolazione residente. Per l'imprenditore si trattava di usufruire di un'area strutturata da sviluppare senza dover intraprendere una contesa di fatto con realtà già trasformate urbanisticamente e socialmente. Quel sindaco rifiutò la sua collaborazione e il progetto non ebbe seguito. Addusse che preferiva mantenere la città nel suo stabile assetto post-agrario. Fece bene? Limitò i danni? Precluse alla città una possibilità di sviluppo o le evitò crisi pesanti? Propendo per la seconda ipotesi. In rapporto ad una popolazione che non cresce, l'immigrazione universitaria di chi poi resta e quella ciclica da richiesta di mano d'opera per produzione e servizi, restano comunque ingenti, ma il fin troppo ospitale e per questo equivocato tessuto che ne assorbe benefici e scorie, si mantiene odoroso di cucina tradizionale e con la sua tranquillità di fondo, induce i visitors a diventarne residenti. Grandi spunti ed investimenti di immagine, per una città provinciale e conformista, non ve ne saranno. Fatte salve le caratteristiche dimensionali e burocratiche di una città come Roma, le due realtà, per me che le ho vissute entrambe, si assomigliano. Un paese e un paesone nel quale il costume familistico, anche in senso allargato e l'allegra ironia del convivio e della festa placano le velleità e le intemperanze, in molte altre plaghe prevalenti.

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