sabato 18 maggio 2013

Il grano e il loglio.

La FISAC-CGIL, cioè il sindacato del credito e delle assicurazioni facente parte della Confederazione generale del lavoro, ha pubblicato uno studio - non un volantino di propaganda - nel quale snocciola dei dati chiari e inconfutabili, che ho trovato particolarmente aderenti alla mia esperienza sindacale e ai dati della mia conoscenza empirica Premetto che la FISAC-CGIL è da qualche tempo sul banco degli accusati presso i sindacati maggiormente rappresentativi della categoria, perchè dice la sua in difformità dalle tracce concordate per le assemblee e anche a livello istituzionale (sic!) di confronto con le aziende spesso segue autonomamente le sue linee. La CGIL e le sue federazioni categoriali si rifanno ad una logica squisitamente politica, anzi, senza appoggi e riferimenti politici, come in CISL, UIL e UGL non vi si conta niente e le voci che provengono dalle rappresentanze delle categorie, si rapportano alla circolazione superficiale e profonda del corpaccione sindacale, ora in una fase di deperimento e di invecchiamento. Sullo stesso sito della FISAC, insieme a notizie sulla Camusso, sui lavoratori del Bangladesh e senza alcun cenno alla manifestazione della FIOM di oggi a Roma, "si esprime la preoccupazione per una possibile delocalizzazione ( da Siena ) del Monte dei Paschi, all'interno del quale non si sono accorti di nulla. Fin dall'antica Roma era questa la preveggenza o la miopia dei Tribuni della plebe. Come in ogni cosa bisogna saper distinguere criticamente, ma acriticamnete omettendo di documentarsi non si saprebbe mai niente e si potrebbe cadere vittime di qualsiasi propaganda. Veniamo ai dati dello studio seriamente condotto e chiaramente presentato. Il 10% delle famiglie italiane detiene in Italia il 47% della ricchezza finanziaria rilevabile, mentre il restante 53% è suddiviso non in egual misura, ma secondo una distribuzione scalare uniforme, fra il 90% delle altre famiglie. Lo studio su cui si basa la rilevazione è relativo ai salari nel 2012. Il rapporto fra il compenso medio di un lavoratore dipendente e quello di un top manager, nel 2012, è stato pari a 1 contro 64, nel settore del credito e di 1 a 163 nel resto del campo economico. Secondo la rilevazione, in quattro anni, dal 2009 al 2012, un lavoratore dipendente ha percepito in media 104.000 euro di salario lordo, un amministratore delegato ( dati riferiti ai primi dieci gruppi per capitalizzazione a Piazza affari ), sempre nella stessa media dei quattro anni, ha accumulato 17.304.000. Una differenza di 17.200.000. Il rapporto calcola in 26.000 euro lordi il salario medio di un dipendente, a confronto dei 4.326.000 euro del compenso medio di un top manager. Si consideri che nel mondo riciclatorio ( truffaldino per i "contribuenti" minori ) dei portafogli mobili, anzi viaggianti fra una società finanziaria o pseudo bancaria e l'altra, in un combinato disposto di accordi taciti e sottotraccia per compendiare i portafogli e i guadagni, attraverso la (dis)locazione di santoni delle previsioni e amministratori di fortune simili ai fattori della feudale economia agricola, il "nostro" "essere squadra" è funzionale ai miei attuali guadagni e alle tue incerte prospettive...di diventare come me, strada (tanta) facendo e che, quindi, il divario passa attraverso una lunga filiera di profittatori delle opportunità, tutti coalizzati in un conforme comportamento omertoso ed omissivo, che dà luogo solo, periodicamente, ad una lotta fra bande, all'interno della quale si mantengono sempre i rapporti di riferimento, che possono essere di vertice o di apparato, con la struttura che si è apparentemente e parzialmente tradito. Oggi che i volumi delle giacenze sono immutati, fra un salasso e una trasfusione, ma la circolazione è sclerotica, lo stagno ricco di risorse dei top manager e, a scendere, della loro coorte territoriale di "principi, marchesi, conti" o come adesso amano chiamarsi i chierici e i dignitari di questo culto riformato ad usum pecuniae, non ha subito prosciugamenti e nemmeno diminuzioni di portata, mentre, durante questi sei anni di "crisi" il potere d'acquisto dei salari e delle pensioni si è più che dimezzato, in una relazione stretta e diretta. Nessuna incidenza, infatti, su quel 10% di famiglie ricchissime. La forbice della diseguaglianza è diventata enorme e sono riaffiorati costumi, comportamenti e giudizi superati da molti anni che si ripropongono quando la sperequazione sociale incontestata si fa incolmabile. Incolmabile perché non si dà luogo a provvedimenti di redistribuzione del reddito, quando cioè la politica è complice o assente. 1.208.000 famiglie possono contare su una ricchezza complessiva di di oltre 800.000 euro; 1.192.000 famiglie detengono 1.600.000 di euro mediamente. Nel 2012, il salario netto mensile percepito da un lavoratore standard è stato pari a 1.333 euro, che cala al 12% se si tratta di una dipendente donna e del 27% se si tratta di un giovane ( 973 euro ). Per i giovani poi la retribuzione durante gli ultimi 10 anni non si è mai accresciuta: 1.000 euro mensili medi in busta paga, immutata dal 2003.

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