venerdì 31 gennaio 2014

Inappellabilità invocasi.

Finalmente, ma non definitivamente, Raffaele Sollecito e, in contumacia, Amanda Knox, sono stati ricondannati ad una congrua pena detentiva, per il rituale e perverso omicidio di Meredith Kercher. La Knox frigna dagli Stati Uniti, non perché tema di essere estradata, dato che la interlocutoria sentenza assolutoria è stata pronunciata per permetterle di mettersi al sicuro, nel suo Paese che probabilmente non si degnerà di riconsegnarcela per un delitto efferato, ma commesso all'estero, in un Paese da burletta e ruffiano, come l'Italia. Sollecito che, nel frattempo, ha terminato gli studi in ingegneria, dopo aver tentato la strada abusata delle raccomandazioni per influenzare il verdetto, se ne è andato in giro,il giorno della sentenza, con la fidanzata e gli è stato requisito il passaporto sul confine austriaco. Anche senza, potrà continuare a muoversi con la carta d'identità, in tutta l'area Schengen. Amanda, mai nome fu più impropriamente attribuito, prese l'aereo il giorno successivo alla scappatoia giudiziaria che le era stata fornita e, appena tornata in patria, partecipò alla festa di Halloween. Questi ragazzi privilegiati e ben educati, in cuor loro, non provano sentimenti verso la coetanea sacrificata per amministrare la noia degli studi prolungati e della mancanza di impegni, come non ne provano per nessuno che non sia riferibile alla loro cerchia di interessi e di colleganza, familiare o non che sia. Non solo non importa nulla a loro che ne sono stati i superficiali, direi assenti autori, ma neppure alle persone del loro entourage e, probabilmente, a tutti coloro che non essendo stati coinvolti personalmente nella vicenda, sarebbero neutrali, intersecandoli nella vita sociale o lavorativa, fino a riscoprirne il fascino se fossero in grado di offrirgli i loro buoni uffici da una posizione di privilegio e di potere. Per questo, se la sentenza non troverà una conseguente e rigida applicazione, la giustizia sarà negata in maniera odiosa, così come troppo prolungati ed involuti sono stati e saranno gli inutili e costosi adempimenti necessari per porre la pietra tombale sulla vicenda di questi due compiuti assassini, che praticheranno la loro amoralità, se sarà loro permesso, entro i canoni consentiti ed applicati di una vita, ora adulta e, ad onta della loro personalità assassina, inserita agiatamente nel solco delle convenzioni, sadiche, casomai, ma non omicide. La sciarada giudiziaria lascia ormai il tempo che trova e non credo che, comunque vada a finire, il privilegio della condizione dei colpevoli ne influenzerà mai le coscienze anestetizzate. Sarebbe ora che cominciassero a scontare una pena che, fra riduzioni progressive per buona condotta e benefits avvocateschi, servisse almeno ad anestetizzarne le esistenze, pallido contrappasso analogico, della vita che è stata negata a Meredith, loro improvvida e sfortunata frequentarice.

giovedì 30 gennaio 2014

Cose apparentemente incomprensibili.

Che senso aveva, nei sistemi comunisti, lo sciopero? Un senso "contraddittorio" con il "sistema" paradisiaco dei lavoratori, che, contraddicendo i principi che si attribuiva, andava represso, anzi impedito, anziché ascoltato. Lo sciopero, in quei sistemi contraddiceva il potere, politico ed economico, dei vertici e degli apparati, che erano e sono anche quelli sindacali. Si sciopera oggi nella Cina comunista e capitalistica? Assolutamente no. Esistono comitati contro l'inquinamento, i Verdi cinesi? Men che meno. Nel vetero capitalismo, che negli anfratti si conserva ancora, e che in veste camaleontica si ripropone, era lecito opporsi al padrone che ti dava da mangiare? Se avveniva, si mobilitava anche l'esercito. Il sindacato, del resto, ha sempre avuto una preponderante veste politica, come la vicenda di Solidarnosc in Polonia, ha ampiamente dimostrato, sotto traccia, al servizio di qualcun altro che non fossero i lavoratori associati. Perchè alla Granarolo scioperano solo i facchini, tutti extracomunitari e asindacalizzati che, per questa ragione, vengono licenziati, percossi e denunciati? La mancanza del sindacato, la massima aspirazione del padrone, diventa di nuovo elemento di disordine e di preoccupazione. Il sindacalismo in embrione, negato con scandalo e misconosciuto, ricomincia, dall'origine appunto, la sua genesi, nel caos ciclico, tutt'altro che primordiale, perché di un inizio anziché di una riproposizione, non v'è indice che non sia convenzionale, ricomincia il suo circolare cammino. Adesso, per neutralizzarlo, dovranno trovargli nuove vulgate genialmente esplicative, compromissorie e pacificatrici, che rappresenteranno ancora il bene contro il male. Il bene in cui ci identifichiamo e il male degli altri.

Animae vagulae.

I facchini della Granarolo, quasi tutti extracomunitari, da mesi sono all'opposizione dell'azienda che ne decurta sistematicamente le retribuzioni con l'assenso implicito dei sindacati e che non esita a licenziarli se persistono negli scioperi, se adottano metodi di contrasto, in uso in tutti gli anni del sindacalismo vero in italia, in grado di contraddire, per negoziare, gli interessi aziendali. Le forze di polizia hanno, infine, infierito sugli scioperanti con percosse gratuite, anche al fine di interrompere i picchetti. Ultimi, nella filiera repressiva, i magistrati di una Procura riposante, che hanno inquisito due dei manifestanti che, nel corso delle settimane di vertenza, avevano assunto un ruolo di leaders di fatto del movimento. Il contrasto allo sfruttamento viene dalle maestranze extra tutto, dall'accompagnamento, neppure ufficialmente richiesto, di un sindacato inabile dal sindacare e di una società aliena, mentre, parallelamente, l'emigrazione italiana per il mondo ha già superato le cinquecentomila unità. Dimenticavo, il riferimento non può più essere nazionale, ma vago e sfuggente, come il lavoro e il salario.

mercoledì 29 gennaio 2014

Ipnosi.

La FIAT ha lasciato ufficialmente l'Italia. Era da tempo che le intenzioni di Marchionne erano scoperte. L'itineranza fiscale e finanziaria della neo-multinazionale FCA-FIAT Chrysler Automobiles è appena cominciato. eppure, a livello governativo, con serafica faccia di tolla si continua a far buon viso alla desertificazione produttiva. Torino è ormai una elegante città, per antichi fasti, abitata da irregolari, clandestini e disoccupati, molti dei quali immigrati da diverse generazioni. Insieme a loro, fra di loro, popolano le strade frotte di negri e di levantini. La grande industria, dopo quella medio-piccola, comincia a chiudere i battenti e a trasferirsi altrove, le multinazionali che si erano insediate da noi con stese di tappeti rossi e cospicue esenzioni fiscali, abbandonano il campo in cerca di mano d'opera ancor più bisognosa. La concorrenza sui soli prezzi o costi ha portato a tutto questo ed ha distrutto la qualità della produzione, per rivolgersi ad una clientela con pochi baiocchi, tutta uguale nelle mises del passeggio, nelle quali spiccano, per uniforme trasandatezza, gli uomini di ogni età. Le grandi concentrazioni bancarie che dovevano supportare la nostra industria nel mondo, reclinano e implodono, avendo perso buona parte degli affidamenti fiduciosamente concessi e scontentando una quota ingente di mercato retail che non sono attrezzate a seguire e a lusingare. Vi dedicano tutto il loro tempo e la loro attenzione le ex banche di nicchia che, sedimentando la salvaguardia della rendita, rischiano in queste more di diventare troppo grandi e di incorrere nelle crisi che, oltre un certo dimensionamento, diventano automatiche. E' una frenesia ed un'ossessione da denaro, che sia tanto o tanto poco da indurci ad indebitarci. E per stasera non ho voglia di proseguire.

Gioco scoperto.

Anche la svedese Electrolux vuole andarsene, lasciare cioè lo stabilimento in provincia di Pordenone e trasferirsi in luoghi più arretrati sul piano contrattuale e civile, tradurne le caratteristiche in salari molto bassi e rilanciare la profittabilità commerciale dei suoi prodotti. Gli altri industriali del comprensorio hanno subito chiesto di poter ridurre i salari corrisposti del 20%; l'intervento del governo e degli enti locali ha portato, ieri sera, la Electrolux a formulare un'ipotesi di permanenza, a patto che le maestranze accettino di ridursi lo stipendi allo stesso livello degli operai polacchi che potrebbero sostituirli: circa ottocento euro mensili. Minori oneri, cioè minori stipendi, ottenuti i quali, il cappio ricattatorio si stringerebbe sui ritmi e la produttività degli operai allo sbando. L'attacco alle maestranze sul piano salariale, dato che della persona del lavoratore non è più tempo di parlare, sono la sfacciata esemplificazione del neoproletariato verso il quale si procede senza che nessuna struttura di potere trovi la forza e gli argomenti per opporsi o la dignità per lasciare la scena. Sarebbe peggio, si dirà, ma per chi? Le istituzioni, le paraistituzioni e le forze dell'ordine congiurano allo scoperto contro i poveri.

lunedì 27 gennaio 2014

La trama e le definizioni del regime.

Non si può dire che lo facciano quatti quatti, sotto traccia, perché il processo è in atto da almeno trent'anni, da quando il referendum di Mario Segni, discendente di un presidente golpista che un provvidenziale ictus tolse di mezzo ( guarda caso discendente di e prorietario terriero ), creò le condizioni più propizie ad una rappresentanza succube e cointeressata a un mercantilismo che, dopo la caduta del comunismo, diventerà anarchia finanziaria, mentre i tentativi di forzare e capovolgere la Costituzione e riportarla a regole classiste e dirigistiche, si scontrano con un'affannosa eppur pervicace resistenza, al di fuori degli apparati politici e sindacali, entrambi nominati, ad onta delle apparenze di un'elezione. esattamente come le cariche istituzionali, a loro volta assegnate con i criteri di nomina di un Consiglio di amministrazione. Se il ventennale berlusconismo è stato inibito, ma non sovvertito, ciò è avvenuto perché la veste modernizzatrice, corporativa, sintonica con gli apparati europei ed internazionali, doveva essere, almeno nelle aspirazioni, assunta dalla spuria pseudosinistra italiana. Tanto è vero che, con fiorentino spirito machiavellico, il segretario-sindaco Matteo Renzi ha stretto un pactum sceleris, l'ennesimo, con il Cavalere resuscitato, in una larga intesa, utile a far fuori le brancaleonesche ed intempestive formazioni clientelari di destra e di sinistra. Questo, per quanto riguarda la rappresentanza politica, nella quale il rottamatore giovane e quello giovanile, stanno per rendere superflua la speculare funzione interpretata da Napolitano. La rottamazione generazionale, quindi, ha solo lo scoperto scopo di impossessarsi delle leve del potere e, con esso, dell'arricchimento personale, rimuovendone gli occupanti. E sul piano sociale? Beh, dei contorcimenti sindacali di pari periodo si sono accorti tutti gli osservatori e, soprattutto, i lavoratori, abbandonati ad ogni sorta di arbitrio e speculativa pressione, alle quali, speculativamente, si sono essi stessi acconciati, sbagliandone, infine, tempi e reiterazione. Ciò nonostante, pur decimati nella rappresentanza e ridotti a crescenti formazioni di pensionati nostalgici, i sindacati, i loro vertici, non hanno smesso di tessere la sotto trama della prossima, ovviamente "nuova", rappresentanza di se stessi. Il 10 gennaio, infatti, la Trimurti, o ciò che ne resta, ha sottoscritto un accordo sulla rappresentanza sindacale, che contraddice decenni di prassi e le sentenze di merito della Corte costituzionale, secondo le quali non si può subordinare la facoltà di libera scelta della propria rappresentanza, nè quella di esercitare le funzioni sindacali, alla previa sottoscrizione di un accordo con la controparte. Era questo il nocciolo del corporativismo durante il fascismo, durante, cioè, un regime. Perché è ovvio che, in questo caso, sarà quest'ultima, la controparte datoriale, a decidere chi ammettere e chi escludere dalla rappresentanza del lavoro. Chi ha esperienza di vicende industriali sa che non c'è peggior ubbia per un padrone, di un sindacato indipendente, supportato dai suoi associati, forte e presente in azienda. Ebbene, dopo i conati del Luglio 2013 in FIAT, il 10 Gennaio, chi aveva subito, con gesto usuale, calato le brache e chi, fino ad allora si era rifiutato di farlo, hanno sottoscritto un tale accordo giugulatorio, subordinando la facoltà di proporsi per la rappresentanza, cioè addirittura, di presentarsi alle elezioni, solo a coloro che quell'intesa avranno preventivamente sottoscritto. Dal momento che gli estensori di quel testo confindustriale sono stati gli amanuensi della stentata Trimurti, in questo modo si pongono nell'irregolarità corporativa, quei soggetti sindacali che non vorranno aderirvi, emarginandoli e criminalizzandoli di fatto. La bozza di riforma della riforma elettorale, la solita controriforma di cattolica tradizione, assegna un 15% di premio a chi consegua il 35% in sede di scrutinio; gli viene attribuita cioè quella quota che potrebbe portare ad una decorosa rappresentanza, espressa dal corpo elettorale, ma senza voce nelle istituzioni. Se non si tratta di dirigismo e di autoritarismo, in piena sintonia con il comportamento uniforme del Tribunato della plebe, provate a spiegarmelo."Riforma" elettorale e "riforma" della rappresentanza servono, in sincrono, a conservare il sistema di potere, a normalizzare il dissenso e ad impedire qualsiasi alternativa. Sono i panni dell'irresponsabilità, sotto l'imperio protettivo ( dei loro interessi ) degli enti sovranazionali guidati dai Paesi più ricchi e forti, un'esigua minoranza, come i ricchi e potenti privati di ciascuna nazione, internazionalmente collegati. Perché il progetto consegua i suoi fini, deve essere portata a termine la demolizione dei residui poteri pubblici e degli scarnificati diritti sociali. In questo contesto, la Banca d'Italia va all'asta e smette contestualmente di rappresentare la più importante istituzione finanziaria pubblica e CGIL, CISL e UIL, insieme a Confindustria si accordano su un sistema di rappresentanza che dovrà essere, in primis, obbediente; intanto, la FIAT va fiscalmente in Gran Bretagna, implementa la sua quotazione a Wall Street. Grottesco? No, italiano. Così, mentre la povertà si estende e si stabilizza, si definiscono sistemi che perpetuano quanto iniziato e sviluppato da trent'anni a questa parte, con lo scopo accessorio di escludere chi non è d'accordo. Il tutto in un tripudio di tromboni del cambiamento epocale, ovviamente positivo e agognato. Da chi? Come già attestato da Esopo nella novella del lupo e dell'agnello, l'acqua può andare all'insù. Chi sta sotto può essere impunemente definito "conservatore".

Sensazioni polimorfiche.

Mi è caduto l'occhio, pur nel grigiore di una giornata piovosa, sulle bandierine italo-europee, apppiccicate sul frontalino degli autobus, nel giorno della commemorazione dell'olocausto ebraico e, come in altre occasioni cerimoniali, mi è sovvenuto di paragonare questo sentimento ufficiale, in un mare di indifferenza e di ignoranza, all'opposto sentire di poco meno di un secolo fa, alla stessa indifferenza ed ignoranza, coalizzate insieme in frustrato accanimento. Il tempo è trascorso, gli ebrei stessi, con l'iconoclastia umoristica che li contraddistingue, hanno da decenni ironizzato sulla rendita di posizione dello sterminio. Lo hanno fatto dalla ridotta newyorkese, dove sono più numerosi, rappresentativi e potenti, perché ricchi, acculturati e influenti. Ma nell'Europa che li prese a pretesto della sua crisi, al negazionismo, si sono sommate le riemersioni dei fascismi nazionalisti e popolari che, come se il tempo e la retorica fossero scivolati su una lastra di vetro, hanno ripreso visibilità, influenza e suffragi. Ieri a Kiev, gli oppositori filo-europei hanno intonato vecchi, ma non dimenticati inni fascisti e hanno marciato al passo dell'oca, durante le ormai sanguinose manifestazioni contro il presidente in carica. Le manifestazioni di solidarietà agli ebrei si susseguono rituali, ma da una posizione di alterità che esula dalla cittadinanza e dai comuni precipitati civili che ne discendono. Questa volta la crisi è pilotata, indotta e controllata, ma, semmai dovesse precipitare, non è certo che, casomai pro quota, il pregiudizio semplificatorio non possa riaffacciarsi. Gli ebrei stessi, continuano a coltivare la loro separatezza nella convinzione di non poter addivenire ad un compiuto modus vivendi con i gentili, che li emancipi dal sospetto e dalla cautela. Un po' come la Chiesa, attraverso i Concordati, nei Paesi di cui non si fida circa le capacità democratiche e che, anche per questo, si propone di influenzare, più o meno pesantemente. Hannah Arendt, che dell'ebraismo fu critica politica fra le più sofisticate, attribuì agli ebrei medesimi la colpa parziale delle persecuzioni subite, per l'insipienza interpretativa degli eventi e, solo successivamente, per la servile collaborazione che alcuni di loro prestarono ai propri aguzzini, all'interno delle comunità che stavano per essere deportate e finanche all'interno dei campi di concentramento. Fin sulla porta delle camere a gas. Ma questo non può stupire:è spettacolo quotidiano. La discepola e a lungo amante di Heidegger, che del nazismo fu un suggeritore, ne analizza la storia secolare e gli stati subordinati e strumentali ricoperti nei secoli, fino ad identificare nei periodi di più intenso nazionalismo, i caratteri di maggior sicurezza per gli ebrei di corte, per gli ebrei prestatori e, a caduta, per tutti gli altri, quando qualsiasi signorotto, per darsi pregio, doveva avere il suo ebreo e, per converso, l'abbaglio della democrazia e dell'intenso dibattito, del quale gli ebrei hanno sempre saputo essere l'humus, ma nel quale si sono invischiati per troppa fiducia nelle idee universali, abbassando la guardia e diminuendo l'avvertenza della loro diversità, che ha affiancato senza mai mischiarvisi, culture e civiltà, all'interno delle quali i contribuiti dei cittadini di origine ebraica sono stati spesso innovativi e rivoluzionari. Anche oggi che la civiltà declina, le voci dissonanti sono ricoperte, le prospettive individuate in un imbuto, gli opportunisti e gli aspiranti tali portati al culmine dell'attenzione, la povertà di spirito è scambiata per realismo, in un'altra versione dell'oblio che accompagna il succedersi delle generazioni e nel contesto del quale bisogna solo contare sulla fortunata coincidenza delle circostanze, che impedisca il contatto fra gli immutati, ancorché sconosciuti antagonismi immaginifici.

domenica 26 gennaio 2014

Le democrazie monche.

La guerra civile è cominciata in Ucraina, o meglio nella capitale politica, Kiev, che rappresenta la lacerazione emorragica, anziché il punto di coagulo, di una nazione che non è mai stata autonoma, bensì divisa fra i Russi ad oriente del fiume Dnepr e i Lituani e i Polacchi ad ovest. La stessa letteratura si vanta di un grande, Gogol, russofono e filo russo e di un certo Schevcenko, che non è il noto calciatore, anche lui in procinto di entrare in politica, in rappresentanza dei piedi, contro l'alternativa, già praticata dei pugni, del boxeur nazionale. Schevcenko è stato uno scrittore minore, di origine più ponentina, che ha goduto di buona fama nelle scuole sovietiche perché insegnava al popolo come liberarsi dei ricchi, una delle tante versioni dell'oppressione. Con un presidente "blu" pluripregiudicato e ripetutamente incarcerato e la leader degli arancioni filo europeisti, la ladra accertata ed attualmente prigioniera, Julia Timoshenko, che, prima di finire a sua volta in carcere, ha liberato per le strade, facendoli uscire dalle carceri, la feccia della criminalità locale, della quale ora si vale per le violente e sanguinose manifestazioni in corso, la lotta virulenta è fra la peste e il colera. E' scontato che, dietro le quinte, gli apparati spionistici russi e quelli occidentali, più, se non esclusivamente statunitensi, per via dell'adesione alla NATO ai confini russi, anziché di quelli dell'Unione, molto disunita, dell'Europa occidentale, siano all'opera, per consentire alla prevaricazione partigiana delle contrapposte aspirazioni di prevalere. E' un'altra lotta intestina regionale per particolaristici interessi strategici allogeni, nei quali si constata l'assenza di quelli nazionali del popolo ucraino. Le democrazie monche, orfane del modello distributivo dei soviet, per il quale c'era chi possedeva un bene e chi un altro ed era tenuto a scambiarlo in un'ottica di mantenimento reciproco e sulla base di un reciproco impegno. Le democrazie sono ormai monche sia nella Russia autocratica, sia nel vincolo da credito-debito della strana Unione occidentale del continente.

sabato 25 gennaio 2014

Filamentosi.

Il Ministro del Welfare, un tal Giovannini, per far notare di esserci, pur in una condizione che non gli consente di svolgere funzione alcuna, d'accordo con gli screditatissimi tribuni della plebe, le aziende desiose di nuovi fattorini a costi decrescenti e senza cultura contrattuale e lo Stato che vorrebbe impiegare almeno un po' di mano d'opera giovanile, per ragioni pubblicitarie, ha fatto finta di elaborare un, per ora vago, progetto neo corporativo, in base al quale concorrebbero allo scopo uno e trino, sia lo Stato, sia i capitalisti privati ( col menga! )sia gli sprovveduti lavoratori in un crogiolo solidaristico a perdere, di cui si sono già avvertiti i prodromi nelle ipotesi di rinnovo dei contratti di lavoro delle diverse categorie, per le quali si ventila il part-time retributivo fra i vecchi e i nuovi assunti, che diventerà previdenziale in termini non ancora enunciati, ma prevedibili, di autoaccantonamento concordato corporativisticamente e nel quale sia lo Stato sia i capitalisti privati conosceranno una netta riduzione degli oneri a loro rispettivo carico ed i lavoratori, ormai in pensione, un tuffo definitivo nella povertà, dopo una faticosa vita, piena di illusioni compensative. Il grullo fiorentino, già presidente della Provincia, ora abolita e sindaco gigliato, oltreché segretario piddino, alla faccia dell'incumulabilità delle cariche e del conflitto di attribuzioni che ne deriva, sfida in interessi inconciliabili il Cavaliere che sembra esente dai suoi propositi rottamatori, rapidamente indotti nel suo partito da una pioggia di dimissioni, dalle quali scaturisce un partito diverso e indefinito. Questa gente non va presa sul serio e non bisogna perdersi in divagazioni con loro. I politici agiscono per se ancora in ambito nazionale, ma i fenomeni finanziari ed economici si giocano senza rispettare confini e il riferimento a queste sbiadite figure, abbarbicate ai loro strapuntini, non ha più un contenuto reale. Il pampa Papa gesuitizza a più non posso, con mellifua ipocrisia: ora il cristiano - perché non citano mai esplicitamente il cattolico? Non è la stessa cosa! - deve ricevere l'influsso delle opinioni discordanti ( non specifica quali ) con le sue ( proprio le sue o quelle dottrinarie? ), esserne influenzato, accantonando la predicatoria pretesa di essere solo lui l'influenzatore. Insomma, facciamo due chiacchiere cordiali, non sono questi i tempi dell'arroccamento su nessuna definizione; non ci sono ancora i riferimenti e chiudersi nei principi indefettibili e nei dogmi significherebbe esporsi ad una rapida marginalità, senza neppure l'aurea del martirio e della persecuzione. E' un'altra versione storica della Chiesa cattolica universale. Dopo vent'anni, si ricomincia a privatizzare. Esordì il convertito D'Alema a consegnare la Telecom a Roberto Colaninno, al quale Berlusconi consegnerà successivamente l'Alitalia ed il cui figlio siede nei banchi del PD in parlamento. La ricetta del fondo Monetario internazionale non cambia; è identica per tutti i paesi indebitati o del Terzo mondo, trattati conformemente ed a prescindere dalle mal distribuite infrastrutture e dalle attività imprenditoriali più o meno contraddette dalla crisi. Cambiano i burattini ma non il burattinaio. C'è un certo Toti a capo dell'organizzazione della rinata Forza Italia; fino a poche ore fa faceva il direttore del TG4 e di Studio aperto contemporaneamente e dovrà curare anche l'immagine rimaneggiata della seconda serie della saga familiar-padronale. Emilio Fede ha trovato un sostituto, se all'altezza si vedrà. Per ora frequenta, per dimagrire, la stessa beauty farm di Berlusconi, dove sicuramente avranno modo di parlare di strategie politiche. Non siamo ormai molto distanti dall'Ucraina e dall'Egitto, in preda a conati dei quali gli autori non sanno probabilmente prevedere gli sviluppi e gli esiti, ma li provocano ugualmente in un cupio dissolvi iconoclastico. L'Italia sta vivendo l'ennesimo episodio di svendita e tradimento. In questo sfacelo, anche le associazioni più tradizionali cominciano a soffrire di labirintite, per questo Totò Riina tuona dal bugigattolo in cui è recluso, di nuovi, vendicativi e catartici scoppi.

mercoledì 22 gennaio 2014

Nello stesso mondo.

Sono migliaia i bolognesi che hanno ricordato il concittadino onorario Claudio Abbado, i cui resti si dissolveranno nel fuoco purificatore, come si addice a un esteta musicale. Sono tanti, ma infinitamente meno che per Lucio Dalla, buon musicista e nulla più. Pur librandosi nel vento ed essendo amata anche dal popolo - oggi molto meno che due generazioni or sono, quando chi non aveva cultura conosceva però i refrains delle opere più importanti, i loro personaggi e sapeva valutare le qualità di un tenore o di una soprano, subissandoli di fischi se erano al di sotto delle loro aspettative, coltivate ripetutamente attraverso l'ascolto -, l'affetto per l'interprete, non la sua venerazione, è retaggio di anime più raffinate ed aduse alla meditazione: solo loro possono ammirare l'applicazione e la ritrosia, senza scambiarle per superbia. Abbado ha amato i poveri portando loro la sua solidarietà spirituale e materiale, senza risparmiarsi e non si può omaggiarlo nel ricordo senza condivisione. Nel frattempo, anzi in costanza di festeggiamenti per le ricorrenze di fine e inizio d'anno, un assessore troppo entusiasta ha sbrindellato una tela pittorica del 1700, nel salone delle feste del suo Comune, con il tappo dello spumante. Ebbro d'alcool e di spari non ha curato la traiettoria e c'è da rallegrarsi che non abbia "cavato il solito occhio a qualcuno" come in altre consimili circostanze è avvenuto. Pochi mesi fa, sette tele di Picasso, Matisse, Manet, Gauguin e Lucien Freud, rubate da tre rumeni nel Museo di Rotterdam, sono state bruciate dall'apprensiva madre dei tre pargoli captivi, che credeva di distruggere, col corpo del reato, le prove a carico dei figli. Ha quindi dissotterrato le tele dal cimitero nel quale erano state occultate, le ha chiuse insieme in un sacco e, in un unico falò, le ha sacrificate. Panta rei, ma nella distinzione fra cacofonie e sublimanti accordi.

martedì 21 gennaio 2014

Le diverse moralità del destino.

Mentre un grande interprete della musica è offerto al saluto della melomane cittadinanza bolognese, in rappresentanza di tutti coloro che hanno potuto apprezzarlo sul piano artistico o che hanno indirettamente beneficiato della sua generosità ( ultimi, i terremotati dell'Emilia ), la politica internazionale è argomento per rotocalchi. Il presidente socialista francese, dopo aver tradito la moglie e compagna di partito, ha tradito anche l'amante, con un'attrice che gli era stata presentata da un figlio. Siamo ai livelli di Gianfranco Fini con l'ex compagna di scuola del figlio del latitante Gaucci, che anziché flirtare con il coetaneo, divenne la compagna appariscente e ridanciana del semidown di Perugia, Re delle imprese di pulizia. Il fascista Fini non ha mai risolto la sua strutturale ambiguità, fra fisicità e modi affettati, tra istituzionalità e ambientalmente costrittive frequentazioni di borgata, che lo videro dapprima convolare a nozze ( l'istituzionalità ) con la moglie di un camerata, picchiatrice nei vicoli e a capo di una fazione di fans della Lazio. Si farà poi circuire dalla navigatissima in recuperi d'antiquariato e modernariato a sua volta, Elisabetta Tulliani, con la quale farà pure frettolosamente due figlie e si farà invischiare nella holding della famiglia imparentata. Solo femmine nella discendenza dell'impomatato gerarca e questo, a qualcuno del suo ambiente, non può che confermarne la liquefatta virilitas. Sembra infatti in perenne e perdente difficoltà con ogni sorta di femmina di ambienti che dovrebbero o vorrebbe che gli fosssero estranei, ma nella cui orbita è sistematicante gravitante. Grezze e puttanazze, quindi, in una cornice di bell'eloquio, imitativo di quello del suo mentore, Giorgio Almirante. Fini si è dimostrato un confuso trasformista e un deficiente nelle scelte, nelle frequentazioni e nelle formulazioni politiche, sfasciando il suo partito e facendosi sbattere fuori dal parlamento, dopo l'intempestivo e mal meditato voltafaccia verso Berlusconi. Le President soleil, del sol dell'avvenire, si comporta, invero, come molti altri leader della sinistra: Gerad Schroeder, in Germania, aveva già collezionato quattro mogli, quando fu eletto cancelliere; Claudio Martelli, in Italia, si è sposato, a sua volta, tre volte, accompagnato ufficialmente altre due; sullo stesso standard Enrico Mentana. Willy Brandt, dovette lasciare il Cancellierato e la ost-politik, perchè fornicava con la segretaria, anche in treno durante i viaggi di trasferimento sul territorio tedesco e, nell'alcova, le rivelava tutte le segretezze della diplomazia della Germania ovest, che lei passava diligentemente alla Repubblica democratica tedesca. Berlusconi, anche lui un socialista, ama le fanciulle, come Mao Tse Tung. Non le paga direttamente, ma per il tramite del suo ragioniere. L'elenco potrebbe continuare con Bill Clinton, un democratico, amante della fellatio e del cunnilingus, nel quale pare che eccellesse, per risalire, a ritroso, fino a John Kennedy o a suo fratello Robert, affetti o beneficiati da satiriasi. Insieme compongono un mosaico di democratica gaudenza, che si va a cercare le gratificazioni in un ambito non sussiegoso, bensì informale: dove capita, senza dare riferimenti né alle mogli, né alle amanti. Personalmente, pur ritenendo che siano specchio ed emblema di una società decadente, continuo a preferirli alle algide moralità censitarie e guerrafondaie, poliziesche e inibitorie ( sempre in senso censitario e gerarchico ), che continuano a caratterizzare i comportamenti pubblici delle destre. Gli uni e gli altri, comunque, vivono in un mondo avulso dalla quotidianità della gente povera di spirito che, dopo aver legato la propria vita ed il suo scopo retorico ad un'improbabile ascesa sociale dei propri figli od essere costretta ad assicurar loro la mera sopravvivenza, si arrabatta in ogni umiliazione professionale e morde il freno tutti i giorni per timore di perdere, con la bussola, la rotta involutiva che è costretta a percorrere.

lunedì 20 gennaio 2014

Prima che il sipario si riapra.

E' morto Claudio Abbado, colto interprete della musica, della quale è stato un sensibilissimo mediatore. Ha portato la sua maestria nei teatri più accreditati, ma non ha mai dimenticato che la fruizione delle melodie, unico linguaggio universale, trova, o forse trovava, nel popolo il suo più partecipe estimatore ed il suo critico più spietato. Ha coniugato la spiritualità musicale, la più alta, con ogni specula della cultura e del sentimento. Aveva scelto Bologna e via Santo Stefano, dove è spirato, per vivere e, ogni volta, vi ritornava rinfrancato, per raccogliersi di nuovo. Uomo etico, aveva accettato la recente nomina a senatore a vita, proponendosi di dedicare il massimo impegno anche a questa nuova missione, pur carente ormai di salute. Lo aveva promesso al Presidente Napolitano. Poi gli eventi sono precipitati. Schivo e discreto, ebbe però a dire, all'atto della prima "unzione" governativa di Silvio Berlusconi: si prospettano tempi bui, quando gli ignoranti arrivano al potere e decadente è la società che ve li elegge. Sono certo che non avrebbe usato espressioni diverse per un consimile esponente delle pseudo sinistra e per Matteo Renzi. Il fatto è che di qualità non se ne intravedono. Oggetto di una penosa inquisizione circa le sue presunte idee politiche, il maestro Abbado ha testimoniato, con grazia e signorilità che la melodia va portata dovunque un'anima possa trarvi ispirazione ed ha prestato spesso la sua opera gratuitamente in circostanze non benefiche, non politiche, ma nelle quali l'armonia potesse coniugarsi con opere e principi in grado di mantenere elevato il livello umano o di trasportarvi chiunque dimostrasse di averne disposizione. Una delle sue ultime pubbliche rappresentazioni è stato il grande concerto in Piazza Santo Stefano a Bologna, per reperire fondi per il restauro dell'augusto monastero, ricco di rimembranze e di storia, da quell'antico tempio pagano che fu in origine. Si chiude il sipario, il Maestro, chiamata l'orchestra a ringraziare il pubblico per l'attenzione, la partecipazione e il gradimento, si inchina sorridente per l'ultima volta. Ora la musica cerca un altro interprete, che la faccia vivere e la renda vitale, per tutti.

Riflussi.

Esistono chiari sintomi di regressione della democrazia laddove si era faticosamente affermata negli ultimi decenni e di una sua stentata genesi a latitudini aliene dalla sua influenza, approdate ai suoi lidi per imitazione, dopo la caduta del blocco sovietico, ma mai convinte e in via di rapido ripiegamento sugli usi consueti. Anche alcuni paesi arabi hanno intravisto uno spiraglio di libertà, per contraddirsi dall'interno ed essere assogettati a dittature para-religiose e militari. La Turchia laica per dettato costituzionale, ovverosia per astrazione, viene logorata dall'interno dal partito confessionale di Erdogan, la società civile è ridotta alla protesta di piazza che viene repressa senza inibizioni. Qua e là, all'involuzione dei diritti corrisponde un'accentuata modernizzazione delle infrastrutture e un ordine regolamentare che affascinano solo i turisti. La libertà è in ripiegamento. La Spagna crisaiola per colpa della sua corruzione, come la Grecia, la Turchia e l'Italia, limita, fino a negarla, la facoltà di interrompere le gravidanze indesiderate, riappoggiandosi ad un clericalismo e ad un fascismo militante che erano sembrati radicalmente rimossi, dopo l'oscurantismo della dittatura franchista: invece covava sotto la cenere. Il gattopardismo italico si esalta nella piena sintonia fra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi, appena espulso dal Parlamento; le facoltà e le prospettive popolari sono di nuovo relegate nel sottosuolo e il sindacato si accomoda in equilibri subordinati e filo aziendali, senza eccezioni. Non ci sono statisti, mentre le incerte circostanze li richiederebbero. Al loro posto proliferano i disonesti, con accentuati caratteri criminali; nessuno sembra contare più sul civismo e il rispetto della legge; il cinismo arraffone sancisce una fase di profonda decadenza, nella quale le personalità al Governo trasudano spesso ignoranza, come denunciava il maestro Claudio Abbado, morto oggi. Il nuovo capitalismo ha caratteri dittatoriali sempre più accentuati, sia che assuma i connotati dell'apparato di controllo cinese, sia quello inquisitorio e sanzionatorio dei ragionieri di Bruxelles. In giro per il mondo, la libertà si piega ai dogmi utilitaristici senza che la corruzione, l'evasione e l'elusione conoscano un argine efficace. Dove lo Stato e le istituzioni non conoscono la serietà dell'agire morale, i fenomeni dissimulatori si accentuano, i ripiegamenti egoistici si fanno sistema, la modernità ripiega nella tecnocrazia e i più normali contenuti evolutivi si riducono alle più minute e, al confronto, estremistiche opzioni. I nazionalismi riemergono in sede comunitaria, le gerarchie economiche e politiche storiche si rifossilizzano, come se decenni di storia sofferta, soprattutto dai popoli, non fossero trascorsi o avessero prodotto solo delle illusioni; i blocchi vanno ricomponendosi in un ostile dispiegamento che non esclude, insieme alla lotta economica, le sinergie utili, non alle comunità, ma ai potenti che le presiedono. A volte sembra che i contenuti ideologici, morali ai quali ci si ispira, generazione dopo generazione, siano stantii e ripetitivi, mentre si constata de facto che ai periodi luminosi di alcune società, nelle quali i contenuti dialettici favoriscono il libero dispiegarsi della cultura e del dibattito, ne succedono altri di accasciamento su una serie coerente di revanscismi reazionari, ai quali, in un certo momento di appagamento e di stanchezza della propria esperienza positiva, si è lasciato spazio, in omaggio a ipotesi generiche e generaliste, a qualche profetica e inconsistente ridenominazione.

domenica 19 gennaio 2014

Fenditure.

Anche oggi, a Kiev, diciottomila manifestanti arancioni, pro Europa, si sono scontrati con la polizia governativa. Dal carcere, la Timoshenko tuona: abbattete il regime. Il Presidente in carica, pluripregiudicato, è uso far picchiare chi lo critica; ne ha fatto triste esperienza una giornalista free-lance, inseguita e tumefatta da due mazzieri dell'attuale maggioranza. Si dice che costui sia un rozzo, incline a risolvere privatamente, spesso nel suo studio, le controversie politiche. Invita infatti chi lo contesta in Parlamento, a chiarirsi con lui nel suo ufficio, dove si svolgono poi vere e proprie colluttazioni. Come se le accuse pubbliche dovessero e potessero risolversi con intimidazioni o prove di forza fisica. Deve trattarsi di una consuetudine ucraina: si sta candidando come alternativa ai due corrotti contendenti un pugile a me ignoto, che è stato campione di qualcosa: nessuno si azzarderà a criticarlo e bisognerà contrapporgli un altro protagonista del ring, piuttosto che dell'agone politico. Su che cosa si staranno scontrando i vessilliferi dell'Europa contro i filorussi, mentre tanta parte del popolo ucraino emigra per svolgere i lavori più umili in giro per il mondo. Si tratta in gran parte di emigrazione matura, di pura sopravvivenza, le cui caratteristiche, al di là degli adempimenti contrattuali formali che regolano nel centro-nord i loro rapporti di lavoro. Tutti gli emigranti, ma sono quasi totalmente donne, colf e badanti, esordiscono in nero, nel nostro Paese, nelle regioni del mezzogiorno d'Italia, veicolatevi da organizzazioni non trasparenti, dove imparano la lingua, senza averne il minimo rudimento, o più spesso il dialetto. Svolgono lavori servili presso famiglie patrizie, confinate al loro interno, vengono pagate e accompagnate una volta al mese al money transfert, attese in macchina e riaccompagnate al loro servaggio. Solo dopo un ritorno al proprio Paese, ritornano e sperimentano, ma al centro-nord, un apporto di lavoro vero, in regola, che serve loro anche per poter rinnovare il permesso di soggiorno e, guarda caso, si impiegano preso famiglie del patriziato locale, non di rado di non dismessa, domesticamente, prosopopea nobiliare. Qual'è il filo che ve le conduce? Queste persone sono amministrate da una mafia autoctona che ha i suoi terminali anche in Italia e che si vale dello staff delle migranti insediate che fanno da collocatrici finali alle loro connazionali. Solo affrancandosi dai loro padroni, dopo aver assistito ed essere state coinvolte in situazioni che contraddicono clamorosamente l'immagine pubblica di queste famiglie, se hanno la rara fortuna di approdare casualmente, perché referenziate da altre che hanno già dato buona prova presso amici e conoscenti, in una famiglia per bene e senza maierismi, possono tentare di intraprendere un cammino autonomo, sperando nella durata della buona sorte. La spianata di piazza VIII Agosto, altrimenti detta Montagnola, a Bologna, è la loro agorà: peccato che vi si parli solo delle famiglie che le ospitano, attentamente ascoltate dagli ambulanti che ne traggono informazioni utili per rapine mirate, che sanno a chi ripetere. Quando codeste si lamentano per la nostra troppa "democrazia" o sostengono che nel nostro Paese, nessuno controlla niente, alludono a questa loro esperienza e condizione, dalla quale spererebbero di essere tratte, almeno nel momento in cui, acquisita una sufficiente esperienza del nuovo ambiente, vorrebbero essere integrate, aiutate a stabilizzarsi, senza il filtro opprimente delle connazionali e constatano, dopo essersene (inconsapevolmente?) giovate, che nessuno se ne cura.

Simplicitas.

Il caso, venuto alla luce insieme al suo bambino, della suorina in stato interessante, che ha celato fino alla fine il suo stato, ben conoscendo, io credo, le ragioni per farlo e portando a termine la gravidanza, pongono il problema, scontato ma rimosso, del pari diritto delle religiose ad avere una vita affettiva eterosessuale. Che per la Chiesa la sessualità debba essere consentita e solo nel matrimonio è forzatura prepotente, anzi dittatoriale, oltreché ipocrita, ma che il fenomeno delle deroghe, quasi sempre deviate e infeconde, che si condannano con tanta sicumera, invece, per i laici, si ponga solo per i sacerdoti, secondo una unzione che sa di ritualità iniziatica, è un'assurdità contraddetta dalla natura. Porre i termini della sessualità solo nel mortaio del matrimonio sacramentale è già una ritualizzazione iniziatica che affonda i suoi prodromi nei riti sciamanici della virilità, come se le donne - per generazioni lo si è ritenuto, nelle società cattoliche più immobili - non amassero gli uomini se non maternamente o come sorelle idealizzate, non piacessero loro fisicamente e trovassero la loro realizzazione nell'assistenza domestica e nel "debito coniugale", dal quale derivava la missione dell'educazione "cristiana" dei figli. Se per la Chiesa il celibato dei maschi ha lo scopo di impedire contese ereditarie su beni in gran parte di proprietà ecclesiastica, verso le donne, nell'ottica sopra descritta, non ci si pone il problema della sessualità e delle possibili maternità che, quando avvengono, rivelatrici, vengono subito enucleate dai consorzi angusti e costrittivamente competitivi che sono costituiti dalle comunità esclusivamente femminili. Le suore vengono immediatamente espulse dal recinto incontaminato dalla normalità e, si dice, assistite da organizzazioni caritatevoli religiose, che, immagino, le relegheranno nuovamente e sotto controllo, in ambiti modesti, subordinati e desolanti. Avviene lo stesso con le suore missionarie che, con una frequenza non insignificante, vengono violentate in zone di guerra o prive della tutela legale. Quando alla violenza si accompagna la maternità, vengono subito congedate dall'ordine di appartenenza e, a loro volta assistite nell'inserimento laicale al lavoro, in un'insensibile incongruità, almeno nella sua evidenza, con le burocratiche e tutt'alto che trascendenti regole di un'organizzazione, di un'istituzione come un'altra, dato che la presunzione di rappresentare sulla terra il divino e non specifici interessi, tendenzialmente universali, è ridicola e, comunque, non può contraddire le regole istintive della vita, che definisce tentazioni. La vita è semplice, sono le pretese particolaristiche organizzate a renderla sconcertante e invivibile.

La vita che si insinua.

Le suorine in stato interessante sono abbastanza rare, forse sono un'eccezione, al netto delle posssibili interruzioni, ma non sono - e come potrebbero esserlo, secondo natura? - stupefacenti. La relegazione, gli orari, il controllo, sempre competitivo, delle consorelle, gli amori saffici intra moenia, rinsecchiscono la loro vitalità, in una rigidezza caratteriale nota e scontata. Ma una suorina caraibica, importata nelle grigie società borghesi, ha rotto l'incanto e, pur rifugiatasi in un'assurda incomprensione dell'evento, è stata dimissionata. Non ha potuto dire di aver visto un angelo, perché sarebbe stato il secondo genito di Dio, si sarebbe dovuto riscrivere tutta la dottrina e le avrebbero attribuito una pericolosa confusione fra volatili. Trattandosi di una suora, ancella della Chiesa, ancorchè sposa del Signore, non è intervenuta, per lei, nessuna sospensione a divinis, una contro iniziazione, per così dire, riservata ai soli sacerdoti e, con il suo fantolino, è stata messa fuori dal sacro recinto, del quale ha violato la prassi, il protocollo e del quale potrebbe suscitare l'invidia. Nel Rinascimento, periodo di cui si hanno testimonianze scritte, le maternità dentro i conventi non erano rare; il caso di Virginia De Leiva, la monaca di Monza descritta dal Manzoni, è stato per un lungo periodo, ordinario. I conventi spesso si trasformavano in nurseryes e le sorelle si applicavano all'allevamento comunitario dei bambini. Privi di padre ufficiale - ma spesso si trattava di vere e proprie relazioni che davano altri frutti - gli accuditi "trovatelli" non potevano aspirare ad eredità alcuna e questo rassicurava la Chiesa, che, invece, dei figli dei preti non vuol sentir parlare e, se riconosciuti, vengono disconosciuti dall'istituzione insieme all'iniziato genitore. Nell'appennino modenese si diceva che il lavoro di curato si trasmetteva di padre in figlio, la mia vecchia mamma, che da ragazza aveva studiato in un istituto religioso, mi diceva che la sua Superiora, una giovane insegnante, dovette lasciare precipitosamente il velo, quando si accorse di essere rimasta incinta del Direttore didattico, con il quale si accompagnava in tutte le frequenti perorazioni pedagogiche e morali alle discepole, mentre, nel mio piccolo, ricordo un letturista dell'ENEL che sosteneva di intrattenere un rapporto con una suora di clausura del convento preso il quale effettuava le letture dei consumi di energia. Oggi, con le bollette presuntive, questa facoltà, allora mensile, sembra essere divenuta impossibile. Ma evidentemente, il diavolo si insinua anche sotto le lunghe gonne delle relegate a pregare e a lavar panni e conferisce loro un po' d'incomprensibile allegria. Si dice che alla simpatica suorina sarà dato aiuto e sistemazione lavorativa, tramite le associazioni caritatevoli della Chiesa. E' già qualcosa di analogo, ma non identico, a quanto avveniva fra le stesse mura degli eremi o carmeli durante il Rinascimento - durante il quale furoreggiava il diavolo - e se poi dalla cura nasceranno altri frutti, saremo perfettamente in linea con l'immutabile, pur nevroticamente contraddetta, umana convenzione.

sabato 18 gennaio 2014

Coi piedi o con la mente..

Il Moro milanista rischia di diventare un elemento di nervosismo nello spogliatoio e non solo, essendo un famoso molestatore delle mogli dei suoi compagni. L'affinità deve avere orientato la scelta di Berlusconi ed anche a Barbara, dopo due figli senza marito e Pato, il negrone molucchese deve aver attizzato il ventre. I calciatori oggetto di potenziali scambi sono sempre gli stessi, anzi, si tende a ritornare precipitosamente sui propri passi, reintegrando pedine che si erano cedute pochi mesi prima, fra società più o meno nelle stesse condizioni tecniche ed i cui confronti diretti, alla luce opaca dei continui intersambi, risultano più che mai sospetti. Adesso si adombra che il magnate dei Giochi preziosi, Enrico Preziosi, rileverebbe i debiti e le ambasce di Albano Guaraldi, sostituendolo alla guida della società felsinea e rafforzandosi, attraverso il ritorno di Gilardino e Portanova, oggetto di una polemica la scorsa estate. Sta di fatto che la famiglia di Gilardino non si è mai spostata da via Barberia a Bologna e anche questo appare nebuloso. C'è molto di non detto in un mondo dove i gladiatori della pedata, pur avendo acquisito il dirito di non accettare destinazioni sgradite, vengono spartiti, anche a metà del cartellino, fra società consorziate le cui uniche esigenze sono di continuare a percepire i ricchi diritti televisivi e, quindi, di non retrocedere e di "fondere" i reciproci interessi, attraverso l'acquisto-cessione delle società detenute. A Preziosi, al Genoa, subentrerebbe il genovese Spinelli, da anni emigrato al Livorno e che, in epoca Menarini, fu candidato all'acquisto del Bologna f.c., a cui rinunciò dopo averne esaminato i bilanci, probabilmente la causa del finale rifiuto del petroliere albanese, che era già stato presentato al Sindaco. Così, in attesa di poter costruire una serie di inutili stadi, ma solo con i soldi pubblici, gli impianti loro affidati degradano nell'incoltura e appaiono, oltre che deserti, da rifare ex novo. Ma i soldi pubblici non arrivano più e tutto va in malora. La natura sportiva del calcio si è persa da molto tempo ed anche la passione popolare, se è vero che gli spalti, più o meno degradati, appaione in televisione sempre più vuoti, a rivelare il loro stato, con ottime e costose piste per l'atletica in tartan, sciupate e inaridite, mentre potrebbero servire per la pratica sportiva dilettantistica, se fossero ancora gestite dai Comuni, che, però, a loro volta, non hanno più denari da destinare alla manutenzione. I campionati stranieri concoscono ancora una partecipazione intensa del pubblico sugli spalti, dalla ricca Germania, alla Francia, alla Spagna ed all'Inghilterra, dove a marcare la natura di riempitivo popolare, i campionati non si sospendono neppure a Natale e a Capodanno, con le gradinate sempre gremite. Gli italiani, invece, sembrano ancora i più ricchi ed i più pigri in questa Europa calcistica, ma la qualità tecnica del nostro campionato sta sempre più riducendosi, come attestano le prove stentate nei tornei continentali e la rapida esclusione, dai medesimi, dei nostri clubs. In un contesto di impoverimento a 360°, la tifoseria, si comporta nei confronti dei titolari delle società, come la plebe affamata di guerresche gratificazioni verso l'Imperatore feudale o, ancor meno, i Capitani di ventura che si spartiscono le spoglie delle loro amate proiezioni campanilistiche ed etniche, in medievale riproposizione. L'ultimo bifolco salvatore viene osannato e venerato, per poi essere denigrato ed insultato ai primi rovesci ed invocato un nuovo Signore. Quando il bifolco successivo si presenta, con propositi magniloquenti, insieme alla passione, si riaccendono le illusioni e la cieca dedizione. Un pastone economico e morale.

giovedì 16 gennaio 2014

Emblematicità stridenti.

Clarence Seedorf, mastino del centrocampo, violatore della moglie ( la prima o la seconda ? ) di Ronaldo, quando giocavano insieme nel Milan, ne è diventato il nuovo allenatore, a metà campionato, come non usa nelle squadre di vertice, abituate a primeggiare. Il molucchese, di nazionalità olandese, ha l'aspetto dell'integrato solo per il reddito. Gode delle referenze della fama e approda ad una grande squadra senza avere mai allenato. Quando ride sembra un boss di periferia che si è fatto strada nei suburbi per la sua insensibile ferocia, esercitata in un ambiente nel quale il suo ingresso e la sua affermazione sono stati facilitati da un pregiudizio antirazziale, che non può sfiorare i quartieri alti, tranne quando il conto in banca lo rimuove. Seedorf mi sembra l'icona più rappresentativa, fra quelle note al grande pubblico, del quale faccio parte, degli effetti del meticciato (a)culturale sulle società mercantili, soprattutto, se non esclusivamente, quando sono le medesime, o meglio alcuni dei suoi esponenti più pubblicizzati, a sollecitarne la spendibilità dell'immagine gladiatoria, ricambiata in soldoni. Cosa abbia a che fare il molucchese Seedorf con la glabra civiltà sotto il livello del mare, se non essere un precipitato circense della colonizzazione, resta inspiegato, anche se i sobborghi dell'Aja e di Amsterdam pullulano di questi negroidi e ( troppo ) numerose sono le coppie miste, che non sono né molucchesi, né olandesi. Sento salire le rimostranze dei nuovi ben pensanti: razzista! Sarà, ma l'equilibrio degli opposti è la condizione della dialettica e persone lontane per costumi, cultura, educazione ed autoapprezzamento, possono costituire solo una società di alienati, nella quale le identità sono impalpabili e le presunzioni foriere di incomprensioni e violenze. "La deputata Mara Carfagna torni a fare la velina, dato che non è al corrente del merito sull'inquinamento da rifiuti della Terra dei fuochi, anziché gestire il gruppo dei parlamentari di Forza Italia alla Camera dei deputati". Mi sembra una buona proposta e non capisco lo sdegno di quel buon uomo di Renato Brunetta. In democrazia i cittadini sono tutti uguali e chi di gallina nasce convien che sempre razzoli. Era stata la stessa deputatessa, nel recente passato, a dare della "vaiassa", o donna dall'eloquio sboccato, ad Alessandra Mussolini e, se nello specifico ne aveva ben donde, non era qualificata a farlo dietro il paravento di maniere, così simile a quello della fidanzata di Berlusconi, non appena approdata ai grigi ambienti della rappresentanza ed a quelli festaioli e carnevaleschi, ma non diversi nell'incultura e nella grossolanità dei sentimenti. Una bambina di cinque anni è stata uccisa da un colpo d'arma da fuoco sparato all'altezza della finestra del suo appartamento, da un vicino di casa, rimasto per ora ignoto, che ha esploso il colpo dal condominio di fronte. E' accaduto in Nebraska. Non si sa neppure se lo abbia fatto intenzionalmente o se abbia cercato di scacciare la noia e l'alienazione, di una società meticciata sotto tutti i punti di vista, anche autoctoni, nella quale la solitudine e la separatezza, nel brulicare assente di tante anime sperdute, fa da sfondo a tante povere vite. Le badanti che lasciano il loro Paese per emigrare a nettare le deiezioni delle vecchie signore di un'Italia povera fino a settant'anni fa, si impiegano sempre come badanti e domestiche al Sud. Non conoscono una parola d'italiano e lavorano clandestinamente presso famiglie patrizie, dove apprendono il dialetto prima della lingua, di cui serbano ricordo e comprensione. Al sud tutto è clandestino; non esistono permessi di soggiorno, contributi, né riferimenti contrattuali. Non esistono, per circa un anno e mezzo, giornate libere, interruzioni orarie di lavoro, ferie. Quando hanno acquisito i rudimenti della lingua, le "amiche" che hanno trovato lavoro al nord, le chiamano ( a loro va una parte della loro paga ), emergono dalla clandestinità e mettono da parte qualcosa per la loro vecchiaia. Spesso non hanno più parenti in patria e se hanno avuto figli, costoro contendono loro, come la mafia dei reclutamenti, tutto il denaro che può servirgli per rendere comoda la loro vita, anche se hanno occupato la casa lasciata libera, hanno un lavoro e un titolo di studio. Un ultimo esempio, per oggi, dell'ibridismo reale e politicamente corretto.

mercoledì 15 gennaio 2014

I prodromi di un nuovo squadrismo.

La persecuzione del Ministro per l'integrazione Cécile Kyenge inclina allo squadrismo e fomenta i sentimenti più beceri del popolino, verso gli immigrati ed i neri, a prescindere. Il bando dei suoi spostamenti nella cosiddetta padania e nel resto d'Italia invita alle contestazioni quando non le organizza, in favore di quella purezza etnica che i settentrionali non riconoscono ai meridionali e viceversa, anche se la maggior ricchezza del nord fa sembrare sperequato il reciproco pregiudizio. Questa signora, italiana per matrimonio e madre di italiani, fa il suo lavoro con dedizione, non solo visitando campi e centri di detenzione temporanea, ma anche suscitando dibattiti pubblici ed accademici nell'ambito dei quali si può far sentire la propria voce dissenziente o proporre letture antropologiche diverse dal politicamente corretto dell'integrazione a prescindere, che spesso non è creduta neppure da chi la professa per conformismo. Ma da questo, all'indicare la "negra" come posibile bersaglio per impedirle di svolgere la sua opera, coinvolgendo al sud i partiti dell'estrema destra fascista ed al nord i cascami del leghismo, è un sintomo di grave deriva morale e istituzionale, alla quale non si può reagire blandamente. La discussione sui problemi che covano sotto la cenere non deve essere inibita: dobbiamo imparare a discernere fra tutte le opinioni, anche quelle per noi più sgradevoli, ma le minacce, le intimidazioni e la segnalazione dei percorsi di un Ministro degno e impegnato, indipendentemente dalle opinioni che si nutrono sui suoi contenuti, devono cessare come per ogni altro cittadino. La democrazia, comunque, si articola, anche se pericolosamente, nei gesti rivelatori, non di una trama di svendita culturale allo straniero, bensì di una proposta che si vuole soffocare con la violenza, prima verbale e poi fisica, per trarre profitto e potere da una diffusa e intollerante ignoranza.

L'Eliseo o la locanda del libero scambio delle opportunità.

Mi ha umiliata! Ha gridato dal suo letto di dolore la giornalista che non si era curata di essere causa di umiliazione per la moglie del Presidente motociclista Francois Hollande, quando ne favorì l'abbandono, nonostante i quattro figli. Ségolene, almeno è un deputato influente del medesimo partito del Presidente, il socialista, ed è stata anche sua rivale per la nomination alle presidenziali, durante le quali la rivale della carta stampata, la sbeffeggiava ed osteggiava su twitter, forte del suo ruolo di "première dame", sia pure nella informale veste della "compagna". Partito, ambizioni politiche incrociate, carta stampata, danno il quadro di un probabile incrocio di interessi e sentimenti ( secondari ) che sono implosi non appena i destini, da comuni, hanno cominciato ad essere competitivi. Lo scialbo Presidente, che assomiglia ad un impiegatuccio di provincia, deve aver venerato Venere nelle forme che il suo ambiente gli permetteva, ma sembra averle amate senza dedizione ed impegno, cogliendo fior da fiore quel che la serra poteva offrirgli. Le sue poligamiche vestali non si limitavano al solo officio della politica e della sua propaganda, ma spaziavano, evidentemente, anche in quello dello spettacolo e della cultura, tanto bisognosa di appoggi per non rischiare l'anoressia. Ed ecco che il socialista Presidente, coperto da un casco integrale, sulla motocicletta di un amico, faceva il giro di tre isolati, nei pressi dell'Eliseo, e "rapidissimo e vorace" come diceva Jack Lemmon in "Quando la moglie è in vacanza", convolava in un appartamento affittatogli da un malavitoso per incontrarvi un'atttrice. Austero, istituzionale e un po' ridicolo, si è rifugiato nella privacy e nell'esclusività dei sentimenti ( sic ) per non rispondere alle impertinenti domande dei giornalisti che, prima di sputtanarlo, lo avevano filmato, inseguendolo in motorino per le vie di Parigi. Anche in precedenza, si era appellato alla sacralità dei sentimenti privati, a proposito di rimostranze della moglie e di problemi evidenziati da uno dei figli trascurati dai troppi impegni politici dei genitori. Che razza di persone sono codeste, che scatenano guerre alla Libia, al Centrafrica ed al Mali, in nome di ideali senza presupposti, che si sentono stizzite per la pubblica rivelazione del loro ruolo nella fiera delle vanità, della quale lo sciapo Presidente è stato il catalizzatore, solo per la carica ed il potere che riveste, chi sono tutte queste figure mediocri che si arrabattono per un posto al sole, dopo Carla Bruni e la sua breve esperienza di presidentessa? Modestissima rappresentazione da pochade, in cui latita l' ésprit de finesse, nella quale gli uomini sono omuncoli e le donne, lasciatemelo dire, non innovano di una spanna la loro popolare e tradizionale veste di soccorritrici interessate dei pruriti altrimenti più improbabili.

martedì 14 gennaio 2014

Mancanze.

Da quando Silvio Berlusconi ha abbandonato il proscenio della politica, vale a dire due anni or sono, quando avallò il golpe bianco di Napolitano, Unione europea e Monti, la politica è diventata noiosissima e campo di coltivazione, non innovativa, per tanti grigi uomini d'apparato e terra sterile d'invasione di profeti parolai. Berlusconi era avvertito come un non politico, anzi un antipolitico nella misura in cui favoriva smaccatamente gli interessi del sette per cento più ricco della popolazione, ma si faceva apprezzare per l'immagine non convenzionale, tranne che all'interno del suo ceto sociale, anche dalle casalinghe e dagli impiegati, eterni imitatori. Adesso che siamo tornati alle trame intestine, all'inutilità sostanziale della nostra diplomazia, al ruolo strumentale, in tutti i sensi, sullo scacchiere delle alleanze, con i nostri valorosi soldati allettati soltanto da uno stipendio insperato, senza il mattatore della commedia all'italiana, senza l'allegro buffone, con le sue gaffes, le sue bugie elette a sistema di rappresentazione, con le sue Lolite e le sue mogli o aspiranti tali, serissime solo nel mangiargli per traverso, la classe politica si misura nuovamente sulle invidie, sulle risse per accaparrarsi qualche lucroso strapuntino, su proposte di legge-riempitive-sostitutive demenziali, sugli sproloqui più infondati su cui ci si potesse esercitare. Ognuno per il proprio tornaconto, come Berlusconi stesso, ma su misure più consone all'elettorato popolare e piccolo borghese, di nuovo rancoroso perché privato dei suoi retorici e mitologici riferimenti, o Berlusconi che dir si voglia.

L'enfasi dell'ovvio.

Il Papa battezza i figli della colpa, ossia delle coppie non sposate o sposate solo civilmente, che fa lo stesso! Così titolava l'altro ieri ( non proprio così, come avrebbe titolato in altri tempi ) tutta la stampa italiana in prima pagina. C'è da farsi cadere le braccia per la banalità enfatica di un'informazione incapace di analisi e, come d'abitudine, incline a suggerire una lettura fasulla e "meravigliosa" dei gesti e delle intenzioni. Quando mai la Chiesa ha negato il battesimo ai figli dei non sposati canonicamente? Quando ha rifiutato loro la catechesi? Perché il gesto del Papa, che poteva essere ignorato è stato invece tanto sottolineato? Non so se fosse costume raccomandare ai precedenti Pontefici, per queste cerimonie ricorrenti, rampolli di famiglie notoriamente devote, così come sarebbe stato improprio che si fosse selelezionato, questa volta, un prodotto dell'amore agnostico. Per un religioso, un religioso e basta, non hanno rilevanza le opzioni ideologiche delle coppie procreatrici. Voler fare di questo Papa un sovvertitore modernista dei principi sui quali la Chiesa non ha mai conosciuto "riforme", né per motu proprio di vertice, né per efficace influenza della base, è non aver coscienza del cattolicesimo e tradisce la velleitaria volontà politica di farlo proprio, per trasformarlo o stravolgerlo internamente. Lavorio inutile. Ariel Sharon ha finalmente abbandonato la vita vegetativa che gli era rimasta, otto anni or sono, dopo un devastante ictus, non inaspettato nel suo corpaccione elefantiaco. La mole non aveva spento lo spirito provocatorio e spietato del Generale cinico che fece massacrare, violentare e cancellare dai quartieri di Beirut, che abitavano, i numerosi seguaci che vi si erano insediati al seguito di Yasser Arafat, che vi aveva stabilito la sua base, dalle milizie cristiano-maronite che, sotto la protezione dell'esercito israeliano, poterono portare a termine uno dei più grandi scempi della storia contemporanea, nei confronti dei palestinesi libanesi. Quando Arafat era ormai inerme, Sharon gli concesse di lasciare la baia di Beirut e di passare indisturbato in mezzo alle navi da guerra israeliane, diretto in Tunisia, mentre dei suoi compatrioti non rimanevano che brandelli. Un'altra volta lo assediò, dopo aver sbaragliato la sua guardia pretoriana, a Tunisi, all'ultimo piano del palazzo che occupava. Lo braccò sempre, facendogli sentire la sua vulnerabilità, ma non affondò mai il colpo, almeno esplicitamente. I Palestinesi lo considerano l'artefice della mai spiegata, improvvisa morte del loro leader, ma non ne esistono riscontri. Sharon è stato, oltre che un soldato, prima di tutto un politico, che valutava controproducente privarsi del nemico Arafat, con il quale vigeva un equilibrio conflittuale, che cominciava ad essere criticato ed osteggiato da altre formazioni più radicali. Osannato in patria come ogni condottiero vittorioso, dai sionisti più conseguenti, il Generale, il Ministro dell'agricoltura e, infine, il Primo ministro era un'icona del male per tutti i Palestinesi, le cui organizzazioni politiche e militari, lo proponevano ad una venerazione all'incontrario, come l'artefice di ogni sofferenza per i nuovi senza terra. Quando Sharon intravide, però, la possibilità di stringere un patto con l'Autorità palestinese e di rafforzare l'asse con Gli Stati Uniti, non esitò a deportare i coloni che avevano abusivamente avviato delle fattorie agricole in territori usurpati, che fece radere al suolo, insensibile alle loro proteste e a taluni loro atti inconsulti. Andava, per così dire, per le spiccie, non ignorando la realpolitik. Tanto è vero, che, quando volle cavalcare la rabbia e lo sdegno dei Palestinesi per un'altra brutale repressione dei loro moti, non pago dell'esito della sua contro-intifada, ne provocò un'altra, ostentando il suo disprezzo verso il sentimento religioso dei suoi avversari, pavoneggiandosi sul suolo sacro della Spianata delle moschee, un piazzale che sovrasta il Muro del pianto, a testimonianza della superiorità degli islamici sugli ebrei, così come si era sedimentata in un precedente periodo storico, secoli prima. Aveva già programmato l'annichilimento degli avversari, che abboccarono e furono dispersi, con tantissimi caduti fra gli adolescenti e i bambini armati di pietre. E' stato un uomo politico senza sfumature, un uomo di mano senza scrupoli e, contemporaneamente, un duro condottiero della sua nazione. Per chi pratica la diplomazia accomodatoria, incomprensibile. Poco prima di rimanere fulminato dall'ictus, si era violentemente scontrato con il Presidente degli Stati Uniti, George Bush junior, a proposito dell'ennesimo piano di convivenza messo a punto dalla diplomazia americana e che i Palestinesi sembravano propensi a discutere: "forse verrà un giorno in cui Israele non sarà più utile agli Stati Uniti e sarà abbandonato ancora una volta al suo destino, ma noi non possiamo permetterci alcuna ingenuità o debolezza". In questo storico complesso di persecuzione e di alterità, che si fonda su sistematiche e secolari esperienze, c'è una chiave per comprendere l'atteggiamento chiuso e bellicoso degli israeliani e delle minoranze ebree un po' dovunque, anche a costo di diventare, a propria volta, persecutori di altri popoli, sul puro piano della forza. La breve esperienza sionista, che non compendia le numerose varietà in cui si articola l'ebraismo, non può essere, almeno per ora, che quella che conosciamo.

domenica 12 gennaio 2014

L'espansione globale del terzo mondo.

Ci sono periodi durante i quali non ci si muove e le culture acquisiscono e consolidano abitudini che aleggiano, trascendenti, sulla comunità e sono scandite dai gesti ripetitivi e assimilati di un'esistenza, casomai dura, ma senza scosse. La vita trascorre stanziale e controllata, sia dal punto di vista dell'invidiosa censura sociale, sia da quello di oppressivi regimi che abbisognano del controllo minuto, non tanto dei contegni che sono necessitati, quanto dei pensieri e dei sentimenti che le persone coltivano e che possono scambiarsi. In questi contesti, alla sovrastruttura politica e giuridica, si affianca quella rituale degli atti significativi della vita: matrimoni, nascite, compleanni, ecc. Se ne trovano esempi in comunità distanti geograficamente e culturalmente. Sopravvivono alle separazioni coniugali, soprattutto se la società economica è statica e la condizione di famiglie ed individui è modesta. Diventa più labile nelle società maggiormente dinamiche, eppure la distanza e la fretta non cancellano le ricorrenze che, anzi, rimangono le ultime costanze di un'esperienza parentale altrimenti disgregata. Le società che si sono basate sullo sfruttamento privato delle risorse hanno comportato la rarefazione dei vincoli sociali, se non altro perché prevedono il loro quotidiano abbandono, per recarsi al lavoro. Quando l'apparato, non omogeneo, dei vincenti capitalisti, si costituisce definitivamente, dà luogo, in conseguenza dell'esclusione sociale che induce, a migrazioni di massa, che, come nel caso degli Stati Uniti, talvolta fondano o trasormano dall'interno, profondamente, nuove nazioni, apportando modifiche sostanziali anche nei Paesi che si sono abbandonati, ma nei quali si conservano riferimenti sentimentali che subito si ritrasformano in legami economici. Sono esistiti ed esistono fenomeni diversi, per così dire, a mezza strada fra i due meccanismi storici estremi, che consistono in un'emigrazione parziale, senza che, per questo, si interrompano i vincoli morali fra i "soci" di quelle sbilanciate società. E' il caso dell'emigrazione, quasi esclusivamente femminile, dall'Europa orientale post comunista. Prima, nessuno si muoveva dai propri luoghi natii, le famiglie si componevano e, se e quando si scioglievano, la cura nei confronti dei figli era affidata alle madri, alle quali veniva assicurato un impiego ed un reddito commisurato agli standard di consumo comuni. Al venir meno di quel modello, nel quale la disoccupazione era sanzionata come parassitismo sociale e nel quale, dopo solo due settimane di inattività, rilevata in pubblici registri, la polizia si presentava a casa e chiedeva ragione dell'inattività, dopo di che veniva assegnato un nuovo compito che era obbligatorio accettare, la competizione e l'invidia sociale, che si era espressa nella delazione sistematica, interna anche alla famiglia e all'adesione incondizionata al partito comunista per accedere alle carriere meno faticose, quali quelle scolastiche e accademiche, hanno virulentemente contagiato quei popoli repressi, censurati e spenti. Al crollo del regime, tutti hanno fatto abiura, soprattutto gli ex gerarchi comunisti che si sono appropriati delle industrie di Stato privatizzate, ma anche i professori ex comunisti - quelli di ateismo scientifico sono rimasti disoccupati - e tutti coloro che volevano riciclarsi nell'indefinito nuovo modello. Quando si è chiaramente configurato, la disperazione e la povertà sono stati il portato della libertà. Si sono originate delle dinamiche psicologiche impreviste. Molti legami, anzichè rafforzarsi, si sono sciolti e, al cessare dei rapporti coniugali, sono state proprio le donne ad abbandonare il loro Paese, per consorziarsi in "agenzie" di reciproco collocamento come domestiche o badanti. Normalmente, gli uomini si disinteressano dei figli e dei nipoti, ma delegano alle ex compagne "ricche", le rimesse di denaro che vengono continuamente sollecitate. Spesso le emigranti lasciano la loro casa ai figli sposati e poi non riescono più a rientrarne in possesso e neanche a riabitarle come ospiti temporanee, quando fanno ritorno in patria. Le richieste di sovvenzione riguardano il pagamento dei mutui sottoscritti dalle nuove coppie ( tranne quella che ha occupato la casa di famiglia ) anche se lavorano e poi, siccome l'appetito vien mangiando, si estendono anche ai beni non indispensabili, come le automobili. Se i contendenti alle rimesse delle emigranti sono più d'uno, il salasso, il doppio sfruttamento, si esercitano su base invidiosamente paritaria. L'invidia familiare è la più forte e diretta, supporta la passività personale e costituisce la base valoriale - come si suole dire - della società. Dopo il comunismo è restata solo l'invidia per i "ricchi", sia che facciano le serve sia che facciano le prostitute o un mix delle due attività, spesso complementari. I trasferimenti di denaro avvengono in nero verso il paese di destinazione- Sono trasportati fisicamente dalle migranti stesse e consegnati ai figli, alle agenzie immobiliari, ai venditori di automobili, per non pagare le tasse in patria. Quello che residua servirà a incrementare le miserrime pensioni che lo Stato riconosce a chi ha versato, per venticinque anni, i contributi previdenziali. Attualmente, quindi, a nessuno, dato che, anche vigente il regime comunista, per andare in pensione ci volevano venticinque anni di attività, ma non erano contemplati gli attuali contributi. I periodi di assenza per maternità e puerperio, non erano conteggiati, né prima, né lo sono ora, per cui, mediamente, una donna con due figli deve lavorare tre anni in più, rispetto all'omologo maschio. Forse è da questa mentalità che discende il maggior lavoro che spetta alle donne in quelle società, pur parzialmente attualizzate ed uniformate al costume mercantile, in via di ripiegamento normativo e riguardo ai diritti anche nel mondo occidentale o, almeno, nella parte occidentale del continente. Il capitalismo privato e quello di Stato hanno caratteristiche parziali comuni. Si crea così la più grande "aporia" fra comunità, nelle quali ciascuno accusa l'altro di essere un ladro ( soprattutto riguardo alla classe politica trasformista ) o un privilegiato, condizionando solo quest'ultimo ad una nuova forma d'impoverimento e di "egualitaria" redistribuzione. ma, a questo punto, solo a livello familiare. Tralasciando, in questa sede, i noti fenomeni di criminalità transnazionale, ma rivolti soprattutto verso i propri connazionali, il modello, imitativo senza presupposti, del capitalismo occidentale, configura una nuova, vastissima area, che implementa ancora di più il già esteso "terzo mondo", in un contesto di generale incertezza. Un terzo mondo im espansione, nel quale, anche individualmente, si può precipitare.

sabato 11 gennaio 2014

L'onestà utopica.

Sono andato a rilevare, quà e là, il tasso di corruzione istituzionale di alcuni Paesi in giro per il mondo, per ricavarne un'impressione, circa l'incidenza della corruzione e dell'autocrazia sulla loro condizione sociale ed ho rilevato che dal mercur sud alla Siberia, l'incidenza dello spirito di appropriazione indebita dei dittatori mascherati, influisce pesantemente sull'indigenza diffusa e produce il più basso e greve clientelismo di sostegno presso la popolazione minuta, sinergizzando la corruzione stessa. La pseudo democrazia introdotta o mascherata da un corporativismo sociale che riduce all'immobilità ogni possibilità di evoluzione economica, serve solo a creare canali di approvigionamento per ristrettissimi nuclei di potere che si satollano come gli antichi satrapi, spendendo parole vuote. Dalle Verrine di ciceroniana memoria ai tempi nostri, l'attitudine dei "governatori" di appropriarsi a fini privati dei beni pubblici, pur essendo strapagati, per "non essere indotti in tentazione", è accertata, così come è accertato che questa meschinità dello spirito umano si perpetuerà comunque. Stiamo attraversando un periodo di transizione verso auspicati assetti di potere, che vengono salvaguardati dallo scetticismo con un'incessante propagandnda e il timore che viene diffuso riguardo alle conseguenze della loro mancata realizzazione. Una volta si invocava il castigo di Dio; qualcuno ci ha riprovato con l'AIDS. L'incertezza è la caratteristica dei nostri tempi e coinvolge l'atteggiamento di chiunque, tanto è vero che ognuno cerca di cogliere l'attimo, non presumendo più che un rapporto di lavoro, di associazione politica o d'altra natura, una relazione sentimentale, matrimonio compreso, possa durare indefinitamente e, per questo ciascuno ( o preferite dire molti? ) si acconciano, nella maniera ritenuta più efficace dall'affrancarsene, quando saranno venuti meno i suoi caratteri positivi, in maniera da poterne uscire, se possibile, con il massimo dei vantaggi. E' la morale pensata, sottintesa agli sbandierati principi. Ebbene, i prìncipi della nazioni, si atteggiano conformemente, distribuendo prebende e favori a chi regge loro la parte, mentre si assicurano una rendita cospicua per i momenti della loro vita in cui saranno privati del potere. Ultimamente, però, la pensione dorata è venuta meno: alcuni di loro sono finiti in prigione, altri in esilio. La lotta politica si è spostata sul piano giudiziario e non solo della semplice ed ipocrita propaganda. Non penso che in Paesi, pur profondamente corrotti, ma di radicata civiltà giuridica, le accuse, finalmente emerse, siano campate in aria e che la magistratura militi in qualche formazione politica; è invece certamente così nell'immane terzo mondo globale, dopo la caduta politica del secondo mondo, costituito dal socialismo reale e lo scivolone del primo mondo capitalistico sulla pista sdrucciolevole della finanza senza fondamenti. Anche il quarto mondo cerca di "giocare" con la situazione veicolando fuori dai loro confini le preponderanti masse diseredate, destinate al nulla o, al massimo, alla prostituzione usuraia, attraverso la quale, poche cordate, costituite prevalentemente da commercianti, vanno costituendo un primo nucleo disordinato da capitalisti autoctoni, africani. Le guerre, fomentate o intestine, ampliano pericolosamente per tutti il fenomeno. Esimi studiosi di minoranza rivendicano le storie nazionali, l'approccio al pensiero che le diverse lingue conferiscono agli eteronomi abitanti del continente europeo e individuano nell'artificiosità della costruzione medesima una volontà "continentale" di creare un nuovo Impero, molto simile a quello guglielmino, al quale i popoli in svendita e i loro capi venditori, vogliono appaltarsi. Non individuano, cioè, nessuna di quelle qualità che caratterizzano le diverse e magnifiche civiltà dei singoli membri di un fortilizio di difesa che si sgretola dall'interno ed è ispirato dal mero interesse economico e di potere. La liberale Inghilterra, del resto, col suo spirito utilitaristico, sposa, per quest'aspetto, oltre alla vicinanza, il progetto, per estraniarsene subito dopo, non intravedendo in esso quella licenza mercantile sulla quale si è basato il suo imperialismo, oggi statunitense. Il capitalsimo, per essere vincente nella mentalità e nel costume, deve basarsi su una calvinista moralità e qualche effetto si è visto anche a latitudini e religioni in senso lato, di tutt'altro timbro. Ma ha solo accentuato il fenomeno corruttivo. Quali popoli e in che veste comporranno il mosaico europeo? Altrove, le lotte, i brogli, il pugilato parlamentare, le dualità politiche per vicinanza geografica influenzatrice, sono ormai endemiche in questo mondo nel quale, quasi ovunque, si è affermata la libertà..e basta. Libertà di sopraffazione e di appropriazione che rendono sempre più incerte le libertà civili e di proprietà.

venerdì 10 gennaio 2014

Le greggi della pampa.

Cristina Fernández de Kirchner è la presidentessa dell'Argentina dal 2007. E' peronista come gran parte della popolazione argentina che è rimasta legata al fascismo sociale di Juan Domingo Peron. L'avvocatessa Kirchner è discendente dalla decaduta nobiltà prussiana e fa parte della colonia teutonica infrattata nell'unica società bianca del continente latino-americano, per questo tanto bolsa e sentenziosa, quanto inconsistente. Insieme a lei e a molti che non devono nascondere il loro nome, sono invecchiati e poi passati alla memoria occulta dei camerati, molti ricercati per crimini politici e di guerra, la cui fuga nel paese cattolico fu favorita da un vero e proprio corridoio vaticano, al termine della seconda guerra mondiale. La stretta affinità fra buona parte dell'alto clero e i criminali golpisti ha testimoniato, anche recentemente, di una solida "fratellanza" in Cristo. La Kirchner non ha goduto invece di buoni rapporti con il suo Arcivescovo metropolitano, il politico Bergoglio, oggi a capo della Chiesa. Pare che le diatribe fra le due cariche derivassero da ripetute valutazioni misogine del porporato sulle attitudini delle donne rispetto alla politica, che hanno ripetutamente indebolito l'immagine pubblica della presidente. Non mi sembra una causa di conflitto; evidentemente, sotto la cenere, vi dovevano essere ben altre braci scottanti, tanto che la presidente evitò, dopo i primi convenevoli, ogni occasione di incontro pubblico con lui. Invece, la discendente politica di Juan Domingo Peron, non ha mostrato timidezze nell'accapararrasi tutto quanto una posizione di rendita le poteva offrire, applicando tassazioni medie del 35% sui beni ed i servizi acquistabili, impedendo l'importazione di beni di produzione statunitense e vietando l'esportazione dei propri. Così l'economia argentina si è atrofizzata e ripiegata su un decrescente consumo autoctono. Della debolezza sociale, la capessa si è valsa per accaparrarsi oltre alla ricchezza liquida, anche vaste zone della Patagonia, ricchisima di risorse sfruttabili. Va detto che, attualmente, in Argentina non vi è un'opposizione e laddove se ne intravedano le spoglie, si tratta di una opposizione sterile e di facciata. Un po' come ormai avviene in Italia, schiava per propria insipienza, della Unione europea di marca teutonica. La furba esponente avvocatesca del peronismo è solo l'ultima epigone del fascismo sociale del friulano Peron e della staticità sociale di una nazione latina che prima si è ripiegta sull'abbondanza di beni di prima necessità e poi si è dissolta nella corruzione e nella rapina, alla quale, in cambio di una squallida politica del mestolo di zuppa, hanno ripetutamente prestato il loro consenso elettorale i ceti più diversi della società. La Kirchner si è adeguata esteriormente alle mode ed alla rappresentazione delle stesse più superficiale e meno impegnativa, mentre ha rinverdito ed industrializzato il suo arricchimento, attraverso le più sottili interpretazioni del diritto, senza che più si levasse nessuna voce a smentirla. Eterna trombonite del fascismo d'importazione ( dall'Italia ) sommata alla stasi culturale e alla coartazione di ogni dinamica economica, a conservazione del privilegio e della clientelare redistribuzione al popolo, secondo fedeltà e meriti. Una concezione squisitamente padronale. La fuga dall'impegno oneroso e dalla chiarezza di coscienza è tipica dei popoli schiavi, altrimenti detti mansueti.

giovedì 9 gennaio 2014

Fratelli d'italia.

I due fucilieri di Marina che scortavano armati una petoliera privata e, per il cui utilizzo improprio, andrebbe inquisito il Ministro della Difesa di allora, Ignazio La Russa, continuano a rimanere a disposizione delle autorità del Kerala che non si decidono a processarli, pur avendo ottenuto la loro custodia, ormai a tempo indeterminato. Il coagulo di interessi fra corporations italiane e locali, venditrici ma scarse tecnologicamente, sta provocando un'impasse grottesca nella quale nessuno si azzarda a prendere una decisione. Non sono serviti i denari delle autorità diplomatiche italiane, che pure hanno ottenuto il riconoscimento delle vedove e degli orfani dei due pescatori uccisi, che mai avevano immaginato di poter entrare in possesso di una tale messe di quattrini, a distogliere un giudice candidato alle elezioni dello Stato, dall'accusa senza tentennamenti che, ad elezione avvenuta, ha visto dapprima il rimpatrio dei due Rambo commerciali, il diniego italiano a restituirli, come concordato e, subito dopo, il congelamento delle commesse alle industrie italiane, il loro ritorno in ostaggio in India. Io sono personalmente convinto che i due siano colpevoli, ma lo sono ormai anche dell'insussistenza sostanziale dell'accertamento della verità in relazione agli interessi privati delle aziende italiane in affari su quel territorio e della vanagloria indiana, a cui dei due poveretti non deve importare niente, facile nei confronti di uno staterello compromissorio in tutto come l'Italia. Di questo avrebbero dovuto tener conto i due fucilieri prima di fare fuoco su di un canotto sotto dieci e più metri di fiancata. Chissà che non l'abbiano fatto proprio per questo, timorosi della inesistente difesa diplomatica e decisi, per paura, a cavarsela da soli da un impiccio probabilmente immaginario, ma sufficiente a farli sentire soli e in balia, eventualmente, di una dura reprimenda per omessa vigilanza. Intanto Ignazio La Russa si è riciclato in Fratelli d'Italia e mai epiteto fu più pateticamente azzeccato.

"Le raccomando" cappuccini e brioches.

La ministra delle politiche agricole, ministero abolito da un referendum negli anni '90, confluita nel Nuovo centro destra che è solo un accrocchio di favoritismi e scambi di democristiani meridionali, ha usato dei suoi poteri per favorire il subentro di uno zio nella gestione del bar interno ad un ospedale di Benevento, della cui AUSL era l'imperatrice, prima di approdare al Parlamento con il Popolo delle Libertà, da cui si è recentemente affrancata per ragioni ministeriali e di potere clientelare. L'imperatrice sanitaria, che riuniva i soci dell'AUSL a casa di suo padre per attribuire gli appalti, dispose personalmente un'ispezione igienica presso un bar ospedaliero che portò alla sospensione della licenza per quindici giorni al suo titolare, al termine dei quali, il prescelto a subentrare nella gestine del servizio di ristoro fu suo zio. "Stronzi, qui comando io", soleva dire in corso di convivio e "dobbiamo far sentire il peso del nostro potere ai critici" Il familismo spicciolo è rimasto immutato in questi amministratori d'occasione, che, anche da posizioni geograficamente e politicamente minime, continuano a lucrare ogni sorta di posizione di rendita in uno sconsolante e patetico crescendo, che trasmettono, basandosi su di esse, a parenti ed amici, secondo usi clientelari e nepotistici. Che venga rimossa o meno, il costume locale e nazionale non muterà; altri pretendono di rubare il e al posto di chi ha già abusato abbastanza. E' la forma italiana della "democrazia" ripartitoria, con un occhio di riguardo per i parenti. Fece così, quasi quarant'anni fa, Luigi Preti, Ministro delle Finanze d'epoca e inventore dell'I.V.A., che pilotò il fallimento della Banca Operaia di Bologna, che confluì nella Banca Agricola Mantovana, per finire infine, insieme ad essa, nella fauci del Monte dei Paschi di Siena, oggi in sostanziale liquidazione. Da queste collegate alienazioni, il Ministro finanziere trasse indirettamente cospicui benefici economici e, parallelamente pilotò la carriera dirigenziale di due dei suoi figli, entrambi fatti assumere originariamente in Banca Operaia. Il Presidente della Repubblica, Quisling Napolitano, ha convocato l'ambasciatore francese a Roma ingiungendogli di far cessare le critiche che il corrispondente di un quotidiano parigino gli rivolgeva. L'intervento a gamba tesa della diplomazia sulla libertà di stampa ha provocato, opportunamente, uno sputtanamento generale, senza che, per fortuna, la sordina fosse messa all'analisi politica del notista internazionale, che si è chiesto: " se Napolitano è così suscettibile riguardo alle analisi che lo riguardano negativamente, ma che sono riservate ad un pubblico straniero, chissà come s'incazza e chiede interventi censori nei confronti dei suoi critici in patria, sia che si tratti di giornalisti, sia che si tratti di competitori politici, come dimostra il suo piglio autoritario e ricattatorio nella creazionee e nella conduzione del Governo, anzi dei Governi, da lui "nominati". Anche il comunista borbone è in fondo un figlio fedele agli usi della sua terra, ma, nelle vesti di soggetto internazionale che riveste, tende grottescamente ad esportarle, chiedendo un intervento diplomatico nei confronti di un giornalista, anziché di un Ambasciatore o di un Console. La commedia all'italiana non declina, ad onta delle severe asserzioni circa una moralità ideale intrinseca alla retorica ed estranea ai principi. Il privilegio non si esercita solo nei concorsi truccati per i primariati più lucrosi e prestigiosi, per le cariche pubbliche e le carriere private; si estende e si esprime, in stretta colleganza con gli interessi "superiori", anche per una bricohe e un cappuccino.

mercoledì 8 gennaio 2014

I fondamentali che mancano.

In Ucraina, il capo del Governo è un pluripregiudicato, reduce da tre incarcerazioni. E' vero che la sua rivale arancione, la Timoshenko, ha cercato ripetutamente di inquisirlo durante il suo mandato all'esecutivo e che ne è stata ripagata ora che si è trovata all'opposizione e in vincoli, ma è altrettanto acclarato che il Primo ministro è un corrotto, un corruttore e un ladro, come la Timoshenko medesima. La bella politicante post sovietica, che porta annodata intorno al capo la treccia di una mitologica poetessa ucraina, è a capo di un movimento detto "arancione", che si propone di strappare l'Ucraina all'attrazione "energetica" della Federazione russa, per farla aderire all'Unione europea ed alla NATO; il partito russofono, attualmente al potere, si propone lo scopo contrario ed è appoggiato, proprio per questo, dal duo Putin-Medvedev. Il primo Presidente dell'Ucraina libera post sovietica, sopravvisse a stento ad una cena con Vladimir Putin, dalla quale uscì avvelenato: ebbe salva la vita, ma rimase irrimediabilmente deturpato. Il nostro pluriPresidente del Consiglio, Silvio Berlusconi che, per un pelo e solo per l'interposizione dell' Unione europea, non succedette al Quisling Giorgio Napolitano alla Presidenza della Repubblica italiana, poco prima che la sentenza sulla sua macroscopica evasione fiscale, quando era contemporaneamente a capo della Finivest e del Governo, venisse sancita da una sentenza definitiva, coltivava una pericolosa amicizia con l'oligarca russo vincitore; pericolosa perchè con la sua mania dell'aspetto - ormai tutt'altro che bello - poteva rischiare una menomazione somatica come quella dell'omologo - sul piano istituzionale - Presidente arancione dell'Ucraina. Ma la sua amicizia non conosceva e pare non conoscere complicazioni politiche, si basa sull'affinità e la gaudenza e l'essere riusciti ad evitare, per mere ragioni di impunità elusiva del Fisco,che è un vero e proprio partito in Italia, una regressione euro-asiatica o sud americana, è stato un risultato fortunoso, ma prezioso. In giro per il mondo, anche quello contiguo europeo, ci sono Stati in queste condizioni, che solo una severa assimilazione agli usi ed ai costumi giuridici più evoluti dell'Unione europea, potrebbe tenere in rotta e favorirne l'evoluzione civile e di costume. Sta di fatto, però, che la summenzionata assimilazione comporterebbe, come in via di fatto già comporta, una feroce discriminazione economica rispetto ai popoli più strutturati e, in questo senso, coerenti, del continente. La corruzione, infatti, è un tentativo dei vertici, politici ed economici, di sfuggire alle regole coercitive di mantenimento dello stato faticosamente acquisito dalle nazioni più disciplinate, a cui tutte le altre, per indole ed abitudine, non vogliono soggiacere, trovando una scoraggiante sinergia fra accaparratori e clienti dei medesimi, fino ai più bassi livelli della scala sociale. E' questo, in sintesi, il populismo. Nessuna delle formazioni politiche e sindacali ancora in pista è utile ad una lunga e dolorosa riconversione della morale nazionale, ammesso e non concesso che un simile costume sia uniformemente importabile in ogni ambito geografico della nostra "giovane" nazione.

martedì 7 gennaio 2014

Fati e faterelli.

Il povero Pier Luigi Bersani ha seguito, in veste decisamente minore e fuori di contesto, il Fato dei Segretari del (fu) P.C.I., del quale ha le stimmate. E' stato colpito, infatti, da emorragia cerebrale, che dicono lieve, per poi soggiungere che ne avrà per sei settimane di ricovero, salvo complicazioni. Il che significa che si è trattato di un'ischemia tutt'altro che transitoria. In che consiste il Fato dei leader comunisti che furono e che non sono più? Nell'arrovellarsi troppo con le meningi e nel provocare, con la sclerosi che incalza per la vecchiaia incipiente, durante la quale continuano ad arrovellarsi in ragionamenti sempre vani e in aspettative che non vedono mai, neanche parzialmente, la luce, lo scoppio dei trombi e delle vene del capo. I democristiani, paciosi o subdoli, ma sempre menefreghisti, morivano di indigestione. Palmiro Togliatti, in vacanza a Jalta insieme a Leonilde Iotti, morì di trombosi celebrale, dopo una breve agonia. Dopo di lui, la stessa sorte toccò a Enrico Berlinguer, direttamente sul palco di un comizio che, narrano gli agiografi, tentò di continuare, senza riuscire a riprendersi. Entrambi furono celebrati con funerali plebiscitari ( o di massa? ), che i migliori registi italiani ripresero e reinterpretarono sociologicamente e culturalmente. Pier Paolo Pasolini realizzò forse il più bello, cogliendo non solo la compatta marzalità delle esequie pubbliche, ma anche il saluto privato dei pur incolonnati militanti, alcuni dei quali sfilavano davanti al feretro con il cappello in mano, mentre altri alzavano il pugno chiuso; ma alcuni si facevano il segno della croce. Confusione ideologica allo stato puro, che si perpetuerà per tutta la prima Repubblica, a livello popolare, e che ha cementato, sotto traccia, uno strano ibridismo fra le masse comuniste e cattoliche, che hanno sempre avvertito con fastidio, la vicinanza, solo politica e in itinere di un percorso che non si compirà, dei socialisti laici e amorali, dal punto di vista degli uni e degli altri appartenenti ai due unici partiti di massa della storia nazionale recente. Anche Berlinguer ebbe esequie retoriche, alle quali presero parte, in spirito, tanti avversari politici che gli riconoscevano una moralità assoluta. Una santificazione agnostica, del tutto mitologica per il sofisticato e lucidisimo Togliatti, che fu, contemporaneamente, uno dei più grandi cinici della storia italiana contemporanea, oltre che uno dei massimi esponenti del comunismo internazionale. Il buon Pier Luigi si è invece affaticato per tenere insieme gente che non ha niente in comune, che si è divisa su ogni questione che potesse tangere le morale privata, fino alla inconcludente tensione per formare il Governo post elettorale, sabotato dal Presidente Napolitano e, soprattutto, da alcuni esponenti del suo pseudo partito, che si proponevano di raccoglierne le spoglie. L'ultima, clamorosa sconfitta gli venne arrecata dalla bocciatura dei candidati del PD alle elezioni presidenziali, finché, pronubo Berlusconi, che di crepacuore non morirà mai, se riuscirà a scrollarsi di dosso la Pascale e Dudù, dovette ripiegare sul Presidente in carica, che continuò ad assicurare la sopravvivenza ad un Governo solo dall'Europa voluto con la complicità di due grandi ed incapaci schieramenti. Spero di cuore che sopravviva e che si ritiri in condizioni vivibili. Ai suoi funerali ci sarebbe solo l'apparato che lo ha sconfessato, i rivali che lo hanno disarcionato e pochi militanti, i figuranti delle sezioni che i funerali dei compagni se li fanno tutti. Come per i precedenti, si dirà. Certo, ma ben altro era allora il Pathos, quasi religioso, della commemorativa militanza. Frutti dei tempi e dei partiti "leggeri", essere stato il Segretario dei quali, non prevede la santificazione. Tutt'altro.

lunedì 6 gennaio 2014

Nel vasto pelago, in cerca di occasioni.

La FIAT va in america, sarà la nuova Chrysler ad incorporare ciò che resta del Lingotto, dopo la chiusura degli stabilimenti meridionali e lo spostamento della produzione dei modelli di piccola cilindrata in Serbia. Sposta le sue basi strategiche. Non sono più possibili, in Italia, le sinergie politiche ed economiche, per le quali "quello che va bene per la FIAT, va bene anche per l'Italia" come affermava Gianni Agnelli. Ha comperato il pacchetto di controllo della Chrysler, ammontante al 41,5% del capitale sociale ( anche la FIAT italiana è detenuta dai discendenti di ramo femminile degli Agnelli, gli Elkann, con una quota molto inferiore di possesso azionario, all'interno di una galassia societaria che controllano attraverso incroci diffusi con altre loro aziende del Gruppo ). L'acquisto è stato concordato e sottoscritto, al prezzo necessario alla UAW - United Automobile Workers - per ripianare il debito accumulato dal fondo VEBA, che detiene e che elargisce le pensioni agli ex dipendenti della Chrysler. E' il sindacato che verrà anche in Europa? Nella sola Italia, per la ristrettezza del mercato, non sarebbe possibile. Oltre alla crisi di vendite, in parte dovute alla mancata innovazione dei modelli e, soprattutto, per il venir meno dei finanziamenti per gli impianti al Sud e per la Cassa integrazione perenne, ha trovato un'occasione negli Stati Uniti, nel savataggio, voluto da Obama, di uno storico marchio automobilistico. L'operazione industriale era secondaria rispetto alla volontà ed anche alla necessità di spostare il baricentro delle proprie attività in un contesto da major factory, che l'Italia non era in grado di assicurare, nel contesto fluido della globalizzazione. E' chiaro che, d'ora innanzi, il focus produttivo, distributivo, ideativo e di marketing, si sposta a Detroit. Da lì potrà anche irradiarsi e competere sui mercati asiatici, dai quali la FIAT è assente. Per non perdere le buone abitudini, la FIAT ha ottenuto ogni sorta di iniziali, ma prolungati negli anni, benefici e facilitazioni fiscali, così rare sul suolo nord americano ( allo scadere, potrà andarsene in cerca di approdi più confortevoli, così come sta facendo in Italia ). Ha concordato un modus operandi molto flessibile e produttivistico con lo stesso sindacato che ha curato la vendita dell'azienda in crisi e, come accennato, ha cominciato a chiudere gli stabilimenti meridionali in Italia, insieme a quelli russi e polacchi, ( in Polonia ne ha aperto subito un altro, a condizioni più favorevoli ) aperti durante la Prima repubblica, con i buoni uffici dell'ex P.C.I. Solo per produrre la Panda, ha scelto, per i 300$ di salario mensile degli operai, la Serbia , povera dopo i bombardamenti della N.A.T.O. La Camusso è sembrata patetica e impotente quando ha affermato che la FIAT avrebbe dovuto ricordare ( ma in che termini avrebbe dovuto mostrare la sua riconoscenza? )i prezzi pagati dalla sue maestranze cassintegrate e licenziate, per potersi consentire l'approdo al "nuovo mondo". Come se nella politica della Fabbrica Italiana Automobili Torino, la bilancia dei costi-benbefici potesse ancora contemplare le metodiche della vecchia economia industriale post bellica che i sindacati si sono illusi di accompagnare nel suo parto isterico, facendo scempio delle facoltà dei lavoratori, per assicurare, prima di tutto, il loro ruolo declinante e la loro influenza, acconciandosi anche ad assumere una veste di supplenza che ne ha compromesso la considerazione. Chi ha avuto, ha avuto; chi ha dato, ha dato. Il do ut des è finito. E' tempo di scambi minuti e non duraturi.

Crisi e terapie.

La Fondazione che controlla il Monte dei Paschi di Siena, ha rifiutato l'aumento di capitale chiesto da Profumo, insieme alla "razionalizzazione" della rete che sta comportando il ridimensionamento di ben quattrocento agenzie, del MPS originario e dell'acquisita Banca Popolare Antonveneta. La Fondazione, che accorpa politici, amministratori, loro prestanome e una galassia di azionisti privati, divenuti in buona parte imprenditori all'ombra della cupola rossa e ad essa strettamente riferentisi, ha seccamente respinto qualsiasi ipotesi di rifinanziamento gestionale dell'istituto di credito, ereditato dal Ministero del Tesoro che, nel precedente regime bancario, controllava anche il Banco di Napoli, l'Istituto bancario San Paolo di Torino e il Banco di Sicilia. E' strano che un Ente opaco fin che si vuole rifiuti un sacrificio temporaneo, mettendo a repentaglio la sopravvivenza del proprio braccio finanziario e che si rattrappisca nella difesa dell'indeterminateza patrimoniale effettiva, in parte pubblica, per non disvelare i numerosi e reticolari intrecci fra amministrazione e banca. La sorpresa sarebbe solo nazionale, perché localmente tutto ruota intorno al MPS e tutti sanno dettagliatamente di che cosa si tratta. Il MPS finanzia la vita economica di tre province toscan: Siena, Pisa e Arezzo, sotto l'egida spartitoria che le attribuiva all'ex P.C.I. Mischiato il vino rosso con l'acqua ex democristiana, il MPS aveva fatto il passo più lungo della gamba e se la era rotta. Lo sproposito pagato per l'acquisizione della Banca popolare Antonveneta, se ne era andato in rigagnoli clientelari tradizionali e verso il nuovo partner, la ex Margherita prima, dove pare che "si riesca a dimostrare" che, a rubare, c'era solo l'amministratore Lusi e, infine, verso il P.D. E' trasparente solo una cosa: le fusioni politiche fra soggetti ex storici sono andate di pari passo con le fusioni bancarie, sia delle banche pubbliche del Tesoro, sia delle tre B.I.N., private, ma ex I.R.I. Attraverso questi processi, non si è solo voluto riconvertirle alla competizione privatistica, che già sussisteva, dal 1989 in poi, ma soprattutto ridisegnare e ripartire fra i soggetti costituendi, la possibilità di fondarsi e sostentarsi indirettamente, come prima, in uno scenario internazionalizzato e molto meno identificabile, "liquido", come i partiti e movimenti vari, da destra a sinistra, attraverso un processo di irrobustimento dimensionale che avrebbe dovuto mettersi al servizio dell'impresa italiana nel mondo. Era un evidente pretesto perché solo la concorrenza fra Istituti di credito con ramificazioni nei principali mercati finanziari, ma anche industriali, dei paesi più significativi del mondo, avrebbe portato i più solidi, alla prova dei fatti, ad acquisire le spoglie degli altri ed a proporsi come strumenti finanziari di riferimento per le attività produttive e di esportazione. I soccombenti avrebbero potuto trovare sinergie efficaci proprio in quegli ambiti che oggi sono più scoperti e che stanno portando all'estinzione della piccola e media industria. Sarebbe stato un processo più lento e più doloroso, perché avrebbe "sconvolto" le aspettative di una categoria che, pur non più protetta, non aveva nel suo DNA, l'abitudine alla fatica traumatica del lento ridisegnarsi degli assetti strutturali dello strategico settore economico. Ma, soprattutto, molti manager, direttori generali e via a cascata, avrebbero dovuto abbandonare le comode posizioni di rendita e cercare sul mercato, nazionale ed estero, un ruolo equivalente: mission impossible. Neppure nel dinamico, efficiente e produttivo ambito settentrionale d'Italia, un'ipotesi del genere, con lo sconvolgimento degli equilibri di potere, sarebbe stata accettata, in considerazione del parallelo e accidentato riposizionamento della politica "regionale" o compartimentale. L'ipotesi che aveva in animo Andreotti, di trasformare la Banca di Roma nella Mediobanca del Sud, era funzionale a sottrarla alla ristrutturazione degli altri Istituti (inter)nazionali, che ha conosciuto molti caratteri simili alla lotta oligarchica degli ex papaveri delle dittature est europee ed a costitursi una fortilizio inespugnabile in un'area nella quale copriva, con centinaia di migliaia di voti di preferenza, il Lazio, la Campania e la Sicilia ( non dimentichiamo che la Banca di Roma aveva dovuto, poco prima, comperare il Banco di Sicilia ). Sappiamo tutti come è andata. In Toscana e a Siena segnatamente, il carattere locale della banca territoriale, si era conservato e, intorno ad essa, si erano coagulati interessi provinciali e piccole fortune. Per decenni, le sinergie finanziarie fra i senesi e i bolognesi di Unipol, hanno costituito, dapprima, il polmone ufficioso, ma noto, del Partito comunista e infine il tratturo costitutivo di un nuovo, ibrido soggetto politico e finanziario, che, democratizzandosi, ha dato subito gli esiti impliciti. Le strade, però, si sono interrotte prima che l'ibridazione, ora in fase di rigetto, che avverrà o meno, secondo convenienze, nell'accezione complessa della situazione deframmentata che tutta la politica italiana conosce, dal crollo dei precedenti assetti post bellici, avesse luogo. Ammesso e non concesso che ci fosse una reale volontà di giungervi, anziché trascinare un rapporto tattico infinito alle sue sterili conseguenze. Fu Unipol a separarsi ed a tentare una improvvida scalata alla B.N.L. e a concentrarsi, dopo la cacciata di Consorte, sulla costituzione di un polo bancario e assicurativo di buon livello, l'unico residuo con la Direzione generale a Bologna, dove, vent'anni fa, ve ne erano ben otto. Il "generone" senese-pisano-aretino, l'enclave capitalistica rossa, si è ripiegata sui suoi egosimi come un avido privato qualunque e non si cura delle esigenze di capitalizzazione del suo braccio finanziario; conta, sottotraccia, in una statalizzazione surrettizia - che provocherebbe gli strepiti della Barclays e degli Inglesi - all'interno della quale sperano di contrattare un'invarianza dei loro interessi e dei loro patrimoni. Se il gioco è diventato chiaro e pulito, questo non dovrebbe più succedere. Come qualsiasi altra impresa privata, quali che ne siano stati i presupposti storici reali, MPS e i suoi azionisti dovranno investirsi degli adempimenti societari. Se non vorranno, dovranno vendere - se consentito, anche allo Stato, ma a condizioni privatistiche, come attualmente previsto - ma, ciò facendo, dovrebbero mollare la presa radicata, sul territorio e sul potere finanziario che, per conto terzi, detenevano. E' su queste criticità di un assetto corporativo arlecchinesco che si cerca gattopardescamente di mantenere sotto nuovi travestimenti, che si gioca la modernizzazione dell'Italia, intesa in termini non retorici, né fideistici: sta di fatto che questa è la "modernizzazione" su cui misurarsi e che, non solo l'Italia, ma tutti i Paesi della zona meridionale dell'Unione, stanno tentando di aggirare.