domenica 5 gennaio 2014

Percorsi, verso la luce.

Le strade per accedere a talune città, ma soprattutto cittadine con una storia e un'architettura residua, si sono fatte interminabili. Le vie d'ingresso deviano dalle autostrade per decine di chilometri e, prima di introdurre al centro, caratteristico e costoso, inducono il viaggiatore in un quartiere commerciale con i marchi più diffusi. Sempre gli stessi, ovunque, satolli di acquisizioni anticoncorrenziali, sterminatori di api operaie e di militi di diversi formicai. Se si superano indenni, ci si inoltra per strade di circondario, che recano ancora i segni abbandonati di una vita sociale intensa e numerosa, ma la popolazione che ancora le abita non le anima; se ne sta rintanata in casa e pochi locali di ritrovo, sperduti nel nulla, ancora resistono lungo il corso desertificato. Il quadrivio centrale sembra remoto, finchè, dopo aver parcheggiato in vasti spiazzi circonvicini, il triste e, di sera, buio reticolo, si illumina e si anima di un veicolato passeggio, contrassegnato da una sequela fitta di negozi e di qualche punto di ristoro. La toponomastica è identica in ognuno di questi centri nevralgici della vita cittadina: ovunque gli stessi marchi, gli stessi outlet, intervallati: tutti luminescenti. In periferia e nel cuore dell'Urbe tutto congiura al commercio e alla tassa comunale sugli esercizi. Le attrattive turistiche e culturali circondano il tratturo e costituiscono, ciascuna, dei musei a pagamento; le tradizionali attività artigiane ti attraggono e ti accolgono con silenti operatori in attività e quasi sempre ti strappano un acquisto, per un regalo tanto scontato quanto "fuori dagli schemi". Rientri poi nell'agorà, nella quale le parole, i dibattiti, i comizi, le proposte che sollecitano la tua partecipazione, sono ammutoliti dalle vetrine, dai bar pretenziosi e dalle chiacchiere appartate di qualche crocchio specifico per età, decibel, tabagismo all'aperto che impesta ugualmente l'aria, in un cicaleggio particolare e minuto che non coinvolge nessun altro oltre chi lo interpreta gratuitamente per noi passanti. Nel via-vai, appartati contro una luminosissima vetrina, ci si bacia, come si brandisce una bottiglia di spumante, come si improvvisa un alticcio o eccitato balletto sciamanico e rituale della propria autoavvertita affermazione. Appena si esce dall'ordinata confusione alla quale si è stati convocati ed alla quale, in apparente enfasi anticonformistica, si è aderito, rassicurati, si rientra nel buio spoglio dei quartieri dormitorio ai quali si ritorna dopo il lavoro e al termine del contatto frusciante delle vesti, illuminato dalle profferte bottegaie e dai quali si esce in fretta, levandosi o dopo pranzo, per tornare nel luccicante quadrilatero delle banalità. Non c'è nemmeno più la fiera delle vanità. Le multisale cinematografiche accendono di motivi psichedelici le periferie all'ingrosso di spettacoli di massa ed al dettaglio dei prezzi e dei costi di una sparuta congerie di baristi, cassieri, inservienti, che si avvicendano, rappresentazione per rappresentazione, su tutto il fronte sguarnito delle incombenze. Luci fredde, sperdute nel buio di vaste aree non ancora edificate, dalle quali si intravedono, in lontanaza, le insegne dei supermarket. Luci cimiteriali, acuminate e freddissime, dalle quali si fugge seppellendosi in un inferno di violenza, spari, colluttazioni, in un purgatorio di amori contaminati dalla carnalità e in un empireo di sublimazioni affettive, ideologiche, etnico-sociali e di cronaca etnografica. Quando infine se ne esce definitivamente, per far ritorno ad altra conurbazione, si ripercorre, a ritroso, il tragitto lunghissimo, urbanisticamente sovrapposto e inutile, sopraelevandosi, di norma, sugli empori commerciali simili a cattedrali che si sono già visitati o ignorati all'arrivo. Lungo decine di chilometri, nell'oscurità, si viene ricondotti, dalla circolazione venosa periferica dei by-pass, alle arterie autostradali, nel corpo trombo-ischemico della nazione, nel quale, fra un bip-bip di segnalazione degli autovelox, gli abbaglianti dei camion e le strombettate dei frettolosi che ritrovi al primo rallentamento o che risuperi qualche chilometro oltre la sollecitazione dinamica, ripercorri, per l'ennesima volta, l'eterno, concentrico, da diversi punti cardinali, ritorno, ripiegando al ricetto, prima della prossima incursione nel già noto.

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