domenica 19 gennaio 2014

Simplicitas.

Il caso, venuto alla luce insieme al suo bambino, della suorina in stato interessante, che ha celato fino alla fine il suo stato, ben conoscendo, io credo, le ragioni per farlo e portando a termine la gravidanza, pongono il problema, scontato ma rimosso, del pari diritto delle religiose ad avere una vita affettiva eterosessuale. Che per la Chiesa la sessualità debba essere consentita e solo nel matrimonio è forzatura prepotente, anzi dittatoriale, oltreché ipocrita, ma che il fenomeno delle deroghe, quasi sempre deviate e infeconde, che si condannano con tanta sicumera, invece, per i laici, si ponga solo per i sacerdoti, secondo una unzione che sa di ritualità iniziatica, è un'assurdità contraddetta dalla natura. Porre i termini della sessualità solo nel mortaio del matrimonio sacramentale è già una ritualizzazione iniziatica che affonda i suoi prodromi nei riti sciamanici della virilità, come se le donne - per generazioni lo si è ritenuto, nelle società cattoliche più immobili - non amassero gli uomini se non maternamente o come sorelle idealizzate, non piacessero loro fisicamente e trovassero la loro realizzazione nell'assistenza domestica e nel "debito coniugale", dal quale derivava la missione dell'educazione "cristiana" dei figli. Se per la Chiesa il celibato dei maschi ha lo scopo di impedire contese ereditarie su beni in gran parte di proprietà ecclesiastica, verso le donne, nell'ottica sopra descritta, non ci si pone il problema della sessualità e delle possibili maternità che, quando avvengono, rivelatrici, vengono subito enucleate dai consorzi angusti e costrittivamente competitivi che sono costituiti dalle comunità esclusivamente femminili. Le suore vengono immediatamente espulse dal recinto incontaminato dalla normalità e, si dice, assistite da organizzazioni caritatevoli religiose, che, immagino, le relegheranno nuovamente e sotto controllo, in ambiti modesti, subordinati e desolanti. Avviene lo stesso con le suore missionarie che, con una frequenza non insignificante, vengono violentate in zone di guerra o prive della tutela legale. Quando alla violenza si accompagna la maternità, vengono subito congedate dall'ordine di appartenenza e, a loro volta assistite nell'inserimento laicale al lavoro, in un'insensibile incongruità, almeno nella sua evidenza, con le burocratiche e tutt'alto che trascendenti regole di un'organizzazione, di un'istituzione come un'altra, dato che la presunzione di rappresentare sulla terra il divino e non specifici interessi, tendenzialmente universali, è ridicola e, comunque, non può contraddire le regole istintive della vita, che definisce tentazioni. La vita è semplice, sono le pretese particolaristiche organizzate a renderla sconcertante e invivibile.

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