domenica 31 luglio 2016

Assedianti, assediati, a rotazione e esiliati potenzialmente colonizzatori.

Se non fossero i gesti dei kamikaze islamici a richiamarci alla mente l'esistenza di un problema bellico nelle aree calde dell'energia calante, in un contesto di crisi finanziaria occidentale, la guerra mondiale per interposta etnia e religione, non ci sfiorerebbe. Anche così, la reazione quasi unanime consiste in un sentimento di paura per se e per i propri cari, dispersi per turismo in ogni parte del mondo o aggredibili anche sulle spiagge nostrane. Fino ad eventi originali, la paura resterà confinata negli ambiti delle possibilità mediatiche sperimentate. Quasi nessuno riflette sulla durata delle guerre in corso nelle regioni da cui provengono i profughi, in Siria, ad esempio, la guerra civile imperversa da cinque anni ed è ora ad una stretta finale - con il preesistente paese diviso a metà - fra i lealisti di Assad e il Califfato - ma anche in nazioni da tempo dimenticate, come il libano, persistono lotte più circoscritte fra Sciiti e Sunniti e fra questi e le comunità cristiane. Spesso alla base dei conflitti, fomentati, ci sono interessi economici, soprattutto di coltivazione di terre fertili; in Siria, anche per le ultime fonti idriche utilizzabili. Le fazioni in guerra sfruttano queste situazioni, le potenze regionali, come Israele, le dirigono o le condizionano, così come fa il Califfato che usa i profughi come arma di guerra, ne costringe le migrazioni e li indirizza in massa verso i Paesi della vicina frontiera occidentale, anch'essa in guerra con loro, per destabilizzarli, da un lato e per stabilizzarne i riflessi negativi e potenzialmente violenti per molti anni a venire. L'Italia, che tratta sistematicamente, portafoglio alla mano, con i suoi informali avversari, è pure impegnata in guerre non dichiarate e neppure illustrate al parlamento, in diverse aree calde, anche contro l'Isis, ma solo con corpi speciali, ridotti di numero, ma super equipaggiati e micidiali, alla ricerca di obiettivi parziali, ma sostanziali, nello scacchiere, nelle quinte colonne delle coalizioni geo strategiche e geo energetiche. I popoli stanziali, poveri, di terre martotiate nel silenzio complice dei media, si devono trasformare in esuli e girovaghi proprio verso quellle contrade, aliene per cultura, organizzazione e modello economico e morale, che hanno favorito, dopo la fine della guerra fredda, la dissoluzione della loro, per prevalenti interessi di controllo delle fonti energetiche, violentando il loro costume. Nel farlo, si sono attivate tutte le mafie endogene alle loro etnie medesime e, strada facendo, i calcoli delle opportunità teoricamente meno sfavorevoli, per alcuni di loro, al quale si è subito opposto il criterio opposto dell'accoglienza rifiutata o selezionata, mettendo rapidamente in crisi l'altro recinto dell'Unione europea, già salassato dalla crisi finanziaria proveniente dal nord america. Di tutto questo si continuerà a non parlare perché chi detiene le chiavi della cassa, che finanzia anche i giornali e che condiziona politicamente le formazioni sociali ufficiali, non ne è interessato se non in termini di analisi speculativa, sempre pronto a mettere i soldi e gli interessi sulla posizione di tiro, angolata opportunamente, di altre nazioni, anzi dell'anazionalità finanziaria. Vil razza dannata, costretta, come gli Ebrei all'itineranza, ma che non potrà costituire un'etnia chiusa in se stessa, quanto più di tutte le altre aperta alla realtà del mondo e, per ciò stesso, costretta a subire tutti gli schiaffi e le umiliazioni possibili, sperando solo che si possano contingentemente esaurire. Per poi riprendere, riabbattersi, assoldando anche qualcuno dei sommersi e salvati. Come ben sanno gli Ebrei ed i cristiani, tutti figli, più o meno legittimi, del Libro, che offre tre ricette diverse per attaccare, resistere e prevenire.

sabato 30 luglio 2016

Son tutte belle le mamme del mondo...

Marina Abramović è un'artista serba naturalizzata statunitense. Se fosse stata naturalizzata italiana si sarebbe ben guardata dal fare le seguenti dichiarazioni. Avere figli e fare una carriera non sindacalizzata ( ai tempi suoi ) sarebbe stato impossibile. Per questo, Marina Abramovich, ha scelto, per tre volte, di abortire. Potrei citare il caso di un'altra importante artista italiana, usa a praticare l'aborto come un contraccettivo tardivo, tanto che, in extremis premenopausico, coniugata con un altro notissimo personaggio, non riusciva più ad impiantare l'ovulo sulle scorticate pareti uterine. Conosco il suo ginecologo e, oltreché gratuito, mi sembra indiscreto nei suoi confronti. La Abramovich lo dice senza ipocrisie: fra la maternità e la sua carriera di performer, ha scelto la seconda, avendo la possibilità di coltivarla, possedendo le competenze sperimentate per non sentire la maternità come una forma di realizzazione alternativa all'individualismo di successo. Una scelta di vita e non una scelta per la vita degli altri. Quale, poi? Nella sua testimonianza si diffonde sull'antitesi fra vita e opera ed avvertendo che il tempo è poco e che per affermarsi o mantenere il successo è necessaria un'abnegazione ed una dedizione assoluta, per cui, chi vi si dedica, a fini di autogratificazione, sceglie implicitamente, fin dall'origine e seleziona le scelte utili per la sua esistenza. L'esperienza delle altrimenti qualificate professioniste, in ogni ambito sociale, è identica: la procreazione attiene all'insoddisfazione narcisistica o cerca di sostituirsi ad un lavoro troppo gravoso, almeno nelle donne borghesi, ma chi, in qualsiasi campo ed in qualsiasi modo, ha attinto alla realizzazione e all'identificazione con un ruolo reiterabile nelle professioni, non sceglie la maternità e questo senza giungere alle performances dell'Abramovich, spesso estenuanti nella preparazione e nell'esecuzione. Per continuare a carburare sul volano dell'estetica personalizzante o, sul percorso contrario. per prigrizia o inadeguatezza. L'assimilazione della mentalità borghese a tutti i livelli, anche modesti, della società dell'impiego, ha calmierato la "produttività" procreativa femminile, ma altre incubatrici di altre etnie e religioni migranti, stanno provvedendo a sostituirle. Non esiste nessun serio rischio demografico mondiale; in ogni epoca e condizione economica le donne di successo, così come gli uomini effettivamente ricchi, sono stati e resteranno eccezioni, fatte di fortuna, ereditarietà, coniugio e, molto più di rado, di sacrifici finalizzati duri e pesantissimi. Avere un figlio è un'esperienza totalizzante, averne più di due, dispersiva. Anche un solo figlio richiede anni e anni di cura e di dedizione, perché ha bisogno di tutto, come un grande anziano che, ben di rado muore in seno ad una famiglia, perchè deve essere nutrito, cambiato, fatto giocare, assistito quando è malato, giorno e notte. Quando cresce subentrano gli accompagnamenti a scuola, alle attività sportive e un lavoro costante di educazione, fatto di dialogo, di ascolto, di esperienze comuni, che portano via tantissimo tempo e che stancano, se associate ad altre incombenze. Tutto questo si scontra inevitabilmente con le esigenze del lavoro: figurarsi quando questo è ultra-assorbente oppure, come nella maggior parte dei casi, è precario, frammentato, deprivato di tutele. La Abramovich ha detto con autenticità che tutto ciò che, in società come la nostra, tutti si affannano a negare è invece un compito arduo, quasi proibitivo da conciliare e che negare che maternità e carriera siano antitetiche, è falso. Per questo, le maternità si fanno sempre più tardive, quando non si hanno più possibilità, velleità, presunzione e desiderio, anche alla luce delle crescenti difficoltà ed intensità lavorative, di ulteriori riconoscimenti. Conclude la Abramovich: non possiamo avere tutto.

venerdì 29 luglio 2016

La violenza quotidiana.

Continua in Puglia, in Calabria e in Campania la raccolta dei pomodori da parte di una manovalanza schiava che lavora a cottimo e ristorna buona parte della paga ai caporali che la ingaggia e che sono i monopolisti dei trasporti, del vitto, delle baracche ed anche delle ricariche telefoniche, oltreché della chiamata o dell'esclusione. Attraverso il recupero di buona parte del salario, ( al massimo 3,5 euro l'ora ), i caporali in consorzio lucrano al termine di una solo stagione, nell'area triregionale, 1.500.000 euro dai braccianti, che sono l'ultimo anello della filiera di reddito, dapprima imposto dalle società di imballaggio industriale del prodotto, scendendo per il prezzo che i grossisti impongono ai dettaglianti, per finire con la cresta sulla paga dei lavoratori, che, alla fine, sono gli unici gabbati e sfruttati del meccanismo. Analogo fenomeno si presenterà al nord, quando verrà il momento della vendemmia, casomai ad opera di parte degli stessi braccianti sfruttati al sud sotto il sole omicida. Quando qualcuno stramazza sotto la fatica e l'insolazione, viene scaricato velocemente davanti al primo pronto soccorso da auto che si dileguano rapidamente, mentre, quando qualcuno muore, viene fatto sparire in forme criminali, privo com'è di qualsiasi notorietà. Molte donne vengono sfruttate anche sessualmente, alcune rimangono incinte e non si manifesta, allora, nei nosocomi vicini, quel fenomeno non stagionale dell'obiezione di coscienza all'aborto. Ne ho già parlato e riportato l'anno scorso, ma come volevasi dimostrare, nulla è cambiato e la polizia locale continua ad ignorare un fenomeno noto anche alle pietre, come tante altre ignominie nazionali, di scarso interesse, anzi di nessun interesse per l'ordine pubblico. Come la mafia cinese, un'altra mafia. Le violenze estive non attengono solo agli atti di terrorismo. Sembra infatti che, in questa stagione estroversa, la natura etologica degli animali, di cui l'uomo fa parte, riprenda a manifestarsi in tutte le sue potenzialità che solo fiabisticamente sono luminose e positive. I conti da regolare, sommatisi durante le stagioni crepuscolari, vengono saldati fuori dai bar, fra una granita e un gelato, le violenze sessuali conoscono un picco ormonale e si consumano nei cascinali, in abituri diroccati, per la strada. La distrazione la fa da padrona e sono frequenti, ogni anno, gli abbandoni in macchina di neonati e di animali che vengono ritrovati disidratati ed arrostiti. I canili e i gattili si riempiono di randagi di razza abbandonati. I bambini dimenticati vengono rinvenuti dai genitori, dopo essere stati accantonati, con una meravigliata resipiscenza dei genitori che li avevano rimossi con una dimenticanza che andrebbe investigata psicologicamente. Un uomo, tre anni fa, risalì in auto, dopo una sosta al Mottagrill e guidò per trecento chilometri senza accorgersi che, al suo fianco, non taceva, come al solito, la moglie, la cui vicinanza costante era dovuta soltanto a mancanza di alternative. Certamente, molti viaggeranno silenti nel rito di trasferimento vacanziero agostano, sopravvissuto, di riflesso, alla chiusura delle fabbriche. Una tigre, in un parco biologico, in Cina, cioè in uno zoo senza le gabbie, ha carpito una donne che era scesa dalla sua macchina e se la è mangiata con comodo a distanza di sicurezza da altri predatori, anche di infimo livello, come iene e coyotes. Un elefante, in uno zoo marocchino, ha invece raccolto un sasso e lo ha scagliato, con forza e precisione, in testa ad una bambina che non è sopravvissuta. La direzione ha eccepito che tutti i protocolli formali erano stati espletati, ma l'elefante ha voluto colpire la scimmia maligna che lo aveva imprigionato e che veniva a vederlo in prigione, senza alcun motivo. Non è la prima volta che accade, eventi identici, sempre ad opera di elefanti, sono avvenuti in passato ed è probabile che si ripetano. In natura, la violenza è la norma e la lagna buonista è una mascheratura di violenze più sottili, rimosse e giustificate, purché nascoste.

mercoledì 27 luglio 2016

Il vuoto davanti a noi.

Che cosa ci farà mai il Papa argentino a Cracovia al raduno mondiale della gioventù? Che cosa vedranno in lui, quasi ottantenne, dei ragazzi che, insieme all'entusiamso per tutto quello che non capiscono, si sono portati nello zaino una congrua scorta di profilattici che, ogni mattina, gli spazzini comunali rimuoveranno, come è già accaduto in tutti i precedenti raduni? Tutto ordinario, scontato e inutile. Il vecchio sacerdote incarna teatralmente una freschezza che non gli deriva dalle Fede, ma dalla mancanza di responsabilità, dalla fatica e spesso dalla delusione familiare, che i giovani convenuti hanno in parte inflitto alle loro famiglie, dalla fatica senza costrutto, dalla inadeguatezza e dalla speranza di non essere lasciati soli durante la decadenza. Ipotesi praticabile - ma a che prezzo, anche morale - solo se i figlioli non sranno in grado di affidarli ad un cronicario convenzionato e dovranno sobbarcarseli, con tutte le tensioni disperanti del caso. Per lui ci sarà quella che Paolo VI chiamò la disperata solitudine di un pover'uomo, bisognoso d'affetto e d'amicizia, ma lui era un intellettuale crepuscolare e, forse, la sua sensibilità non era conforme a quella del pampa-Papa, che però non "la racconta": troppo sottile il suo spirito gesuitico per identificarsi in una kermesse di stupidotti, non dissimili nella loro immaturità dei festanti in discoteca. Da diversi anni, in pratica da Paolo VI, che non a caso aveva preso il nome dell'apostolo delle genti, il viaggiatore instancabile che per alcuni storici è stato il vero fondatore "globale" per quelle che erano le facoltà di trasporto dei suoi tempi, del cristianesimo insinuantesi, non con la ruvida realtà dell'ebraismo reietto o, comunque, realista, ma con la sofficità dell'amore, propagandato fra le genti con l'impeto di un promotore, di un venditore dell'ultima illusione, prima dello scientismo, il proselitismo cattolico ha messo sugli aerei il Papa e lo ha mostrato per pochi attimi, secondo programmi faticosissimi, in giro per manifestazioni apparentemente occasionali, ma in realtà studiate nei minimi dettagli, con una copertura mediatica totale. Non so cosa dirà, so solo che non lo ascolterò. Flatus vocis per menti evaporate prima ancora di maturare, non solo in ambito cattolico, ma in ogni suggestione fideistica, con un grande vuoto davanti.

martedì 26 luglio 2016

La guerra di civiltà dissimulata, perché incongrua agli interessi materiali.

Un prete normanno, un parroco di ottantaquattro anni anni, come tanti ce ne sono a causa della crisi delle vocazioni, mai avrebbe pensato di finire sgozzato alla fine della sua vita. A Rouen, un paio di imitatori dello stillicidio quotidiano, lo hanno sequestrato ed ucciso, hanno ferito altri fedeli e sono stati sbrindellati dal fuoco della polizia, venti minuti dopo. Uno di loro è irriconoscibile all'esame autoptico. "Daesh", hanno pronunciato prima dell'immolazione del sacerdote e del suicidio atteso, che è la traduzione araba dell'acronimo Isis; hanno agito, secondo la pronta propaganda di un'agenzia ufficiale del Califfato, che usa, ogni volta, la stessa formula rituale, come se si trattasse di un "format", conferendo all'omicidio il significato di un atto di ritorsione, biblica o coranica, poco importa, alla guerra perpetrata contro la regione di cui detengono il controllo. Il presidente Hollande, del resto, non fa che parlare di guerra, cercando una giustificazione all'aggressione energetica, in concorrenza, che il suo paese conduce in prospettiva "pozzi petroliferi". L'Islam non c'entra - se non si è ancora detto, si dirà - abbiamo buoni rapporti con le comunità islamiche, chioseranno le autorità, intendendo con quelle finanziate e mantenute di sana pianta dall'Arabia Saudita, che, insieme alle moschee, finanzia anche il terrorismo, ma la chiamata ad uccidere, dovunque e in qualsiasi momento, gli infedeli, è niente di più e niente di meno che una Fatwa, un obbligo morale e un ordine, la cui mancata esecuzione farebbe del musulmano un apostata, anziché un martire da premiare, molto materialmente, nel paradiso di Allah. Anche la chiesa cattolica fraternizza con queste comunità, che non se ne fidano, ma abbozzano diplomaticamente, pronte a farsi un baffo della conclamata amicizia, anche perché islamici e cristiani sono storici nemici. Una guerra sotterranea, filosofica, ideologica e religiosa, che muore e dà la morte a un livello inferiore, in quanto strumentale, di pregnanza. Ma, senza gli sciocchi, le guerre sarebbero state sostituite, da quel che non so.

Vite patologiche.

Il 60% dei profughi presenta dei problemi mentali, né potrebbe essere altrimenti dopo traumi da eradicazione, violenze sistematiche alle quali sono sopravvissuti, traversate terrorizzanti, a pelo d'acqua su gommoni strapieni o carrette, inserimento artificiale in realtà estranee ed ostili, senza contare la relegazione e lo sfruttamento in nero, per tacer di peggio. Medici senza frontiere ne dichiara l'incurabilità, per assenza di sensibilità al problema e di medicine adatte a tamponare la situazione. E' un aspetto patologico scontato, date le circostanze, di cui nessuno vuole prendere atto, salvo attribuire ogni sorta di patologia agli attentatori occasionali. Sarebbe possibile che, diversamente, qualcuno abdicasse allo spirito di conservazione, se non fosse invasato da un mito o semplicemente dalla disperazione, come un suicida qualunque? A cosa valgono, di fronte all'alterazione mentale, gli inviti all'accoglienza ed all'inserimento, se non come medicina precedente e propedeutica alla migrazione, mentre risulta impraticabile nei fatti e irrecuperabile quando i danni sono stati prodotti e subiti. Che c'entra, quando non ci mette del suo, la società d'accoglienza che risulta pur priva di qualsiasi capacità interpretativa, come, per altro, i rifugiati? Le eccezioni sono voci che gridano nel deserto. Lo stato miserevole dei profughi, ma anche, per altri versi, degli autoctoni esula da qualsiasi convenzionalità che non sia pietistica ed inutile: chi ne ha bisogno può ristorarsi con un pasto caldo e rinfrancarsi con una doccia, ma poi la sua decontestualizzazione, in un mabiente di lavoro o in un centro d'accoglienza, rimane tale e quale e si involve in malattia mentale quanto più il tempo passa, spesso in un ambiente uniformemente tarato dall'assurdità della medesima condizione. Una persona non può accontentarsi del puro sostentamento, ha bisogno di gratificazioni e di compagnia, di gioia e di ottimismo. se la sua vita, salvata dall'estinzione, non gli riserva, per compensazione, nient'altro, il senso di menomazione e di ingiustizia soggettiva, insieme ad un ultimo disperato desiderio di rivalsa, si fanno strada giorno per giorno, soprattutto nelle persone sole ed in quelle alle soglie dell'esistenza e suonano vacue le sollecitazioni ad osservare che , nelle loro terre d'origine, non avrebbero avuto neppur salva la vita, perché non è questo l'Eden sperato, da cui il precipitare nella morte, dove l'Eden non esiste. Le soluzioni politiche hanno sempre lo scopo di governare un fenomeno e, se possibile, di trarne profitto; gli esodati da guerre e conseguenze delle medesime, se dotati di un piccolo nucleo di riferimento, della famiglia ad esempio, si adattano, soffrono, ma hanno uno scopo da perseguire, anche se sono i loro figli a non stare precocemente al gioco, sopraffatti dall'ansia da stress, ma tutti gli altri, soli, impazziscono nell'abbandono e nella mancanza di riferimenti, vittime spesso delle mafie etniche e della complicità, purchè non si dia luogo a disordini, dell'ambiente e della polizia locale. Infatti, la soluzione politica è, come sempre, una presa in giro e della solidarietà ambientale è meglio fare un bel fiocchetto per impacchettare la retorica buonista. La patologia della vita non è solo da estraniamento e mitologiche rivalse, sembra strana solo perché importata.

lunedì 25 luglio 2016

Ma. in tutto questo, i popoli non c'entrano.

C'è una tendenza grave e indefinita alla semplificazione di ogni evento ad impatto generale. Nei decenni appena trascorsi, alla perdita delle clientele democristiane, cioè popolari, al nord si è costituito il pregiudizio in movimento: il leghismo era ed è la rivendicazione plebea, nella forma possibile ( ma è da vedersi ) dei privilegi perduti. In tutto il mondo organizzato all'occidentale, i nazionalismi sono risorti come gli zombie dai loro sepolcri, intatti, casomai ridotti in piccole sette di iniziati, riferentisi ad un sentimento superficiale di massa. E' così in Germania e, soprattutto, nella piccola Austria e la prima sensazione di una conseguenza del rigetto sui più giovani, alla base dei gesti e dei fatti denunciati - tranquillamente ammessi - in quelle società, sta trovando in queste ore le prime attese conferme. Alcuni gruppi informali, ma con le loro divise e i loro simboli - in particolare dei cappellini marroncini circolari, si sono costituite in Austria e simili raggruppamenti per la civiltà, non ariana, non bianca, ma teutonica, sono attivi in Germania e influenzano i comportamenti, soprattutto dei ragazzi, la cui convivenza con gli islamici diventa impossibile e suscita reazioni uguali e contrarie. Sparatorie, per ora, a parte. Sul fronte umanitario si pratica la dottrina impraticabile dell'accoglienza indifferenziata e si mettono sotto traccia le differenze culturali, per le quali, ad esempio, un islamico dovrebbe assoggettarsi non ad Allah, ma al pensiero giacobino ed illuminista o a quello romantico-autoritario tedesco. Mentre in Germania, l'adesione più o meno consapevole è trascinata da una ferrea educazione, con tanti strascichi di barbarismi nel tempo libero, nei Paesi che l'hanno importata, compresa la stessa Francia, la componente cattolica, ad esempio, come per altri versi quella islamica, se ne distanzia, pur avendo acquisito il costume di rispettarla. Gli islamici ne stanno semplicemente fuori. Il mondo cattolico, la metà del mondo cattolico, è affascinata dal millenarismo gesuitico di Francesco I, ma la società politica, tranne quella italiana che ne conosce la natura e si barcamena, se ne distanzia, si chiude a riccio e tuona di un neo isolazionismo. La sinistra, più falso liberal che mai, in Paesi imitatori come l'Italia o...il Giappone, dove non recita, provoca guai, spesso senza accorgersi, alle latitudini settentrionali, che i furbi latini, sudditi finanziari, li inducono a far mostra di accoglienza in una società ostile, nella quale le possibilità di contatto fra le etnie risiedono nell'insulto reciproco. Soprattutto, la società civile, che non si spacca il capo con soluzioni precarie e saggiamente ritenute impossibili, riprende delle forme di radicalismo sentimentale che puzzano di nazismo lontano un miglio. La Gran Bretagna, in fondo, ha espresso la sua ripulsa popolare anche all'immigrazione, incrementata dagli accordi europei. La Turchia, a metà strada fra mentalità moderna e fondamentalismo popolare, vive il processo inverso, involvendo, anche perché rifiutata dall'Unione europea, verso riedizioni regionali del Sultanato od Impero ottomano, con repliche sanguinose dell' intelligence nord americana e contro repliche dittatoriali. Anche l'Iran vive la medesima esperienza, con gli Ayatollah al potere e l'opinione laica e evoluta duramente represssa. Per fortuna, a tutt'ora Turchi ed Iraniani sono su posizioni difformi, ma lo erano anche Turchi e Russi, impegnati in duelli aerei, ora in fase di ritessitura diplomatica come se niente fosse successo, esattamente come con Israele: prima amici, poi di nuovo nemici, adesso, esntrambi delusi dall'ultima politica americana, di nuovo disposti al dialogo. Quando questa presidenza, che ha influito timidamente, solo alla fine eppur in maniera avvertibile, sugli assetti strategici, terremotandoli, per aver attenuato il pugno di ferro, passerà agli atti, toccherà alla democratica, ma finanziariamente invasiva Hillary Roda Clinton, giocare di intrighi e sorrisi, alla luce di una moralità fioca, oppure a Donald Trump, che, se eletto, sarebbe il primo presidente a dispetto degli apparati, nella nazione più influente ( anche attraverso i colpi di Stato ) del mondo attuale, apparentemente alla luce di un neo-isolazionismo, connaturato alla natura conservatrice americana, che poi, richiamato dal disordine che si verificherebbe in gran parte del mondo, sarebbe costretta di nuovo ad intervenire.

domenica 24 luglio 2016

Il conflitto di civiltà e il rinato conflitto di classe sono realtà incomunicabili.

Nelle strade e nelle piazze, il dibattito non è mai fra i più qualificati, ma se i dialoganti hanno un affetto, uno scopo comune, al variare dei toni non corrisponde quasi mai una rottura e la discussione riprende il giorno dopo o tempo per tempo. Era il caso dei pensionati tifosi di pallone in Piazza Maggiore, a Bologna, che,a nche quando discutevano di politica da posizioni opposte, di solito continuavano all'infinito a confrontarsi su di una base illusoria rispetto alle intenzioni non manifeste dei rispettivi partiti. Quando c'è separatezza e incominicabilità fra persone, portatrici di illusioni diverse e di cui una parte è ospite, alla ricerca di un lavoro, ottenuto o meno il quale si troverà in un meccanismo organizzativo alieno e frustrante, ripiegando sui suoi costumi, illusori perché privi di sotentamento, ecco che alla discussione si sostituisce la violenza, reale o verbale, da questo punto di vista, poco importa. L'esempio più calzante di quanto precede può prender forma nello stilicidio di omicidi in Germania ad opera di giovani immograti disadattati - ma i compagni di scuola dello sparatore suicida di Monaco hanno ammesso di averlo mobbizzato -, dapprima su un treno, poi all'ingresso di un Mc Donalds, infine oggi davanto a una rivendita di Kebab, prospiciente il Mc Donalds. C'è un effetto imitativo, ma anche un disadattamento diffuso in una società rigidamente ordinata, anche nei suoi vizi, come quella tedesca, che però non risulta inclusiva per gli stranieri sparsi, che non siano turchi, per il loro numero, soprattutto nei confronti dei ragazzi. C'è in questo un po' dello spirito razzistico dei tedeschi, storico, ancor prima delle sue aberrazioni? Oggi pomeriggio, nella larga spianata che fronteggia il Mc Donalds di Monaco, teatro dell'invito con sparatoria di tante icone dei ragazzi mobozzatori e di anche di qualche compagno, attratto in trappola da un falso annuncio su Facebook, si sono ritrovati, come, immagino, ogni giorno, avventori di diverse etnie. Ad un certo punto, un ragazzo di religione o cultura islamica ha preso ad inveire contro gli astanti e i passanti, alcuni dei quali recavano lumi votivi e fiori dove era caduto il maggior numero di persone, ed a gridare che il mondo è ingiusto, individuando in loro un'entità non solo estranea, ma anche ostile . Poi, insieme, hanno intonato l'inno religioso: Dio è grande o il più grande, come fanno ogni volta che pregano. Evidentemente, preghiera e atto finale talvolta coincidono, ma questo avviene in occasione della morte, in tutte le religioni che conosco. La reazione di altri ragazzi tedeschi e di alcuni passanti, in un contesto ambiguo, non è stata civile: gli insulti, anche blasfemi, si sono rivolti proprio contro i principi, per passare alle persone, apostrofate come "merde, coglioni" e via insultando. La polizia, presente, non è intervenuta, mentre i tedeschi la sollecitavano a farlo. Questo è stato un episodio di incomunicabilità totale e di riaffermazione di un reciproco pregiudizio che, dalla parte dei giovani islamici, comprende lo sradicamento, la povertà e l'esclusione, relegandoli appunto nelle loro ridotte sovvenzionate. L'inaccessibiltà reciproca, se non sul piano della preminenza e della forza, bruta nel caso dei reietti e riaffermativa, sentenziosa ed offensiva nel caso degli indigeni integrati, è un dato di fatto, che nessuna retorica potrà rimuovere.

sabato 23 luglio 2016

La vita e la morte sono scansioni temporali con intrinseci rimandi, adattati alle circostanze..

La velocità delle informazioni ne altera l'attendibilità, ma ne svela l'artefazione, a volte da essa stessa e dalle sue dinamiche, indotta. I primi flash d'agenzia recavano ieri: "sparatoria in corso a Monaco, al grido di Dio è il più grande, tre uomini, armati di armi automatiche, hanno aperto il fuoco nel più grande supermercato di Monaco di Baviera". Gli stessi testimoni asserivano che gli attentatori erano tre, tre ne ricercava la polizia, bloccando i trasporti nell'intera città e, qualche ora dopo, si citava un'altra sparatoria in corso a qualche chilometro di distanza. "E' terrorismo, Monaco sotto attacco, come Parigi e Bruxelles". Si attendeva la rivendicazione dell'Isis che, se fosse passata qualche ora ancora, forse sarebbe arrivata. A quel punto, il "gunner" si era già ucciso, sparandosi un colpo, dell'unica rivoltella usata, alla tempia. I morti giacevano a terra, coperti ed ignari della loro sorte, come i morti in genere, dato che il senso se lo danno in vita e, in morte, glielo danno gli altri. Con la stessa superficialità, del resto attinente e congrua a tempi superficiali ed a riferimenti immaginari e semoventi, questa mattina, reiterando l'assurdo convenzionale che evita di prendere in considerazione e in carico l'assurdo prodotto e vissuto, con un sospiro di sollievo dissimulato per essere ancora esenti dalla guerra asimmetrica ( alla quale la Germania non partecipa ), sono state spese parole di rito e di associazione al "comune dolore "europeo" per gli atti imprevedibili che insidiano le nostre vite". Imprevedibili solo riguardo al momento ed al luogo in cui si verificheranno, anche se lo sparatore aveva "invitato", tramite un annuncio su Facebook, quante più persone possibile da Mc Donalds, dove ci sarebbe stata una distribuzione gratuita di cibo, per una qualche ritualità sociale o ambientale. Fra l'altro, è proprio all'ingresso di Mc Donalds che il diciottenne tedesco, figlio di immigrati iraniani, ha cominciato a sparare, gridando: "sono tedesco" e, in sintesi, la sua breve storia di emarginato. In quel marasma da riflesso condizionato, in cui tutti fuggivano, dimentichi per un attimo delle loro ritualità domestiche, lavorative, vacanziere e sociali altamente invidiose e competitive, verso un ricetto dal quale recuperarle e che erano le stesse, altrimenti vissute, che il diperato omicida e suicida andava gridando. Poi, è vero che era fuggito, ma non in metropolitana come tutti logorroicamente affermavano e come anche la polizia, custode di quei cittadini, aveva creduto: si era portato in un giardino pubblico, confuso e ignorato di nuovo e si era seduto su una panchina, dove, portandosi la pistola alla tempia, si è ucciso, in un tripudio di morte che, come quella "normale" vive ed aleggia intorno a noi, rimossa e provocata dai nostri maligni comportamenti.

Soli, nel mezzo.

C'è un dato nelle stragi estive di quest'anno: chi subisce delle violenze, siano esse razziali, ideologiche o religiose, in età giovanile o comunque valida, ancora ricca di feromoni che chiedono adrenalicamente di trovare sfogo, decidono che non vale la pena di continuare a vivere, a volte si investono di un criterio di giustizia generale o specifico e si suicidano o vengono uccisi - come facilmente prevedibile - ma non prima di avere punito genericamente, qualcuno che, ignaro e indifferente, si incista nella società oppressiva. Il ragazzo che ieri sera ha sparato con mira sicura, dotato solo di una pistola, era figlio di immigrati e, come ha detto lui, prima di uccidersi, viveva in un quartiere ghetto ( probabilemnte molto ben organizzato, ma, non per questo meno escludente rispetto alla città moderna, elegante ed opulenta ). Ha detto di essere stato sottoposto a bullismo durante la sua breve esperienza infantile e adolescenziale, "ma adesso ho una pistola, colpa e conseguenza vostra che me l'avete venduta". C'è in questo un richiamo alla corresponsabilità sociale, alle sue stratificazioni di modi e di cerimonie, alla ricerca nell'ambito degli stessi agglomerati scolastici e di quartiere, della ricerca della propria supremazia nei confronti di altri elementi malmessi, da isolare e di cui approfittarsi. Anche nella morte e nella paura, la dicotomia che non si sforza di comprendere, si conferma: stupore ed angoscia, ma capacità di immedesimazione e di solidarietà, no. Queta analisi o questo bozzetto d'analisi è certamente incompleto, ma una situazione così disperata ed estrema, ma non solo nel senso attribuibile all'assassino, non può essere rimossa dall'autoesclusione perpetrata dallo stesso autore di una vendetta, ignorata nei suoi prodromi e stigmatizzata solo nei suoi effetti. Vorrei sapere in quanti cortili di case popolari, in quante scuole tecniche, nelle quali gli immigrati non parlano nemmeno la lingua del Paese ospitante, fra coetanei - ad ogni latitudine, sia ben chiaro - non ci siano manifestazioni di aperto razzismo, disprezzo e di successiva segregazione, che, nella quasi totalità dei casi, vengono subiti ed ammassati nella retro.psiche, ma che nella conurbazione metropolitana, sull'abbrivio delle comunicazioni orizzontali e sulla ricerca ideale di un'identità dell'origine ( non sua ) Negli Stati razzisti d'america e nella, a suo modo e senza che lo voglia ammettere, isolazionista città bavarese, la violenza di riflesso, psichicamente malata, ma non diversamente dalla società che la influenza, può esplodere, elaborata in solitudine, laddove si voleva relegare l'autore.

giovedì 21 luglio 2016

Il controcolpo di Stato.

Non so se, in questa circostanza, il colpo di Stato turco si sarebbe limitato a ripristinare la preminenza degli apparati borghesi più acculturati e più ricchi o avrebbe infierito su tutta quella parte della popolazione fideistica che non li avrebbe accettati come avveniva in passato. Sta di fatto che Erdogan, azzerando i vertici delle Università, togliendo l'abilitazione all'insegnamento a migliaia di professori e licenziando migliaia di burocrati statali, sta definitivamente azzerando l'opposizione, quella che forse avrebbe gioito per la sua deposizione, ma che non può essere stata parte attiva in un pronunciamento militare. A questo punto, scosso e disperato, isola il suo Paese dal contesto che conta. Ma avviene veramente? La base dalla quale partono i caccia statunitensi che bombardano l'Isis, è stata riaperta ancor prima che venisse ispezionata dalle forze lealiste, il filo spinato opposto alle migrazioni dai Balcani non è stato rimosso ed alla forte reazione emotiva contro gli Stati Uniti non sono seguiti fatti concludenti. Casomai, Erdogan ha frettolasamente fatto la pace con Vladimir Putin che gli ha offerto la sua possibile collaborazione e, una tenaglia russo-turca sul continente, sarebbe superiore a quanto potrebbero dispiegare i Paesi NATO in questa parte del mondo, richiamando in attività gli Stati Uniti, se intenzionati a riaffermare la propria egemonia. Se Erdogan ha subito un attacco o lo ha provocato ad arte sarà la propaganda avversaria a stabilirlo, ma le mosse scoordinate delle potenze occidentali stanno contribuendo a creare un contropotere, sia pur spurio, sullo scacchiere che presumavano di presidiare, dopo l'implosione del comunismo. In ogni caso, Erdogan sta procedendo ad una purga fra i quadri dell'amminsitrazione turca: si sta creando il terreno più fertile a molte carriere bizzarre e altrimenti impossibili, quelle di chi si improvviserà Rettore d'Università et similia in cambio di una piatta fedeltà. Insomma, la Turchia non è e non può essere uno Stato democratico, non bastano gli europeizzati di ritorno di Istanbul ad accreditarla e dopo il diniego, ambiguo ma finora reiterato, ad accoglierla, nonostante si continui a demandarle tutto il lavoro sporco ai confini, prima verso Patto di Varsavia ed ora contro le migrazioni via terra, Erdogan, forte di un innegabile consenso popolare, ha trascinato lo Stato turco nell'orbita dei costituendi confini di un nuovo Sangiaccato. Poteva passare la mano, ma ha deciso di portare la deriva alle sue ancora non definite conseguenze, fino a che qualche potenza straniera, in combutta, ha deciso che era venuto il momento di deporlo ed è ricorsa a un esercito dimostratosi diviso. La Turchia è extra-europea, ma la sua utilità pratica è ancora appetita. Che cosa avverrà d'ora in poi è sotterraneamente subordinato a questa incongrua vicinanza. In ogni caso, lo scontro è più che mai, nel sentimento popolare almeno, una lotta di civiltà e un intrigo di inciviltà nelle scarsamente analizzabili trame prosaiche.

martedì 19 luglio 2016

Senza paraventi.

Mentre la rivincita dell'apparato partitico di Erdogan si accanisce sugli sconfitti - che non si sarebbero comportati, forse, diversamente se avessero attinto al potere - vien da meditare sulle incongruenze democratiche, non solo della Turchia, ma di tutte la nazioni nate inabili dopo la fine della contrapposizione fra i blocchi. E' rimasta solo la NATO ( che in termini ideali non avrebbe più ragione di esistere, come il Patto di Varsavia ) a "vigilare" su assetti turbati e compromessi anche nel suo stesso ambito ed a sua stessa cura: In Iraq non c'è certo un sistema democratico, la Siria è divisa fra una ridotta ancora in quota di Assad, sotto il protettorato russo, la Francia è impegnata in una guerra di compensazione alla sua crisi in europa e subisce le repliche degli aggrediti, il Califfato è uno Stato a tutti gli effetti anche se non riconosciuto. La Grecia è spianata in europa nella miseria più irrimediabile, l'Inghilterra ha lasciato la comunanza parziale con gli altri paesi dell'Unione europea, l'Italia è al terzo mandato governativo senza bisogno di elezioni. Si direbbe che i nostri "golpe" siano incruenti, perché concordati all'interno di istituzioni "trattativiste" con tutti i poteri reali. Sul fronte orientale, le elezioni russe sono un'alternanza fra Putin e Medvediev, una diarchia dittatoriale che ha selezionato gli oligarchi, con l'apparenza della democrazia elettiva ed i costumi mercantili che originariamente, ma altrove, la sottendevano, rimasti come mera parata. La Cina è passata dalla sera alla mattina dal comunismo più invadente alla più sregolata economia di mercato protetto: dai dazi e dalla concorrenza qualificata che non riesce a competere sui prezzi, nell'illusione low cost di acquisizione popolare di beni sofosticati. Il regime ed il partito unico sono rimasti al potere, l'economia più speculativa è affiancata da un sistema di nomine, revoche, cooptazioni verticistiche, ma non per questo, nel mondo finanziarizzato, il capitalismo risulta incongruo o non funziona. Per quello che riguarda il medio oriente islamico, arabo e non, bisogna prendere atto che il Presidente egiziano dei fratelli Musulmani, Morsi, era stato democraticamente eletto dal popolo, pecoreccio fin che volete, ma non è democrazia espressione equivalente a potere popolare? Lo stesso dicasi della dittatura algerina, subentrata con un colpo di Stato fomentato dalla Francia, più di trent'anni fa e mai rimossa, perché nelle elezioni regolari avevano vinto gli islamisti, cioè il popolo, tenuto sotto tutela come si fece per cinquant'anni con il popolo comunista in Italia, dove, durante la Presidenza di Antonio Segni si sentirono tintinanre le sciabole del generale Di Lorenzo e dove, ad un passo dal compromesso storico con il PCI, Aldo Moro trovò la morte. Adesso tocca alla Turchia. Mi rendo conto di entrare in contraddizione con me stesso: Erdogan stava trascinado il suo paese verso una deriva islamica progressiva, basandosi sul popolo o popolaccio che dir si voglia, ottenendone, l'ultima volta, l'investitura con il 50% dei voti. Un plebiscito, in due fasi, dopo che, durante la prima, i Curdi avevano portato in Parlamento il 10% dei deputati. Fra i Curdi e il 40% di opinione laica, europeizzante o vetero kemalista, spesso Erdogan ha forzato la mano, mostrando forti intenzioni dittatoriali, che cercava di mascherare, barcamenandosi fra l'occidente e l'Isis, con il quale la sua famiglia aveva lucrosamente trattato. E questa è la goccia che ha fatto traboccare il vaso di un golpe non riuscito per le forti radici che il partito di Erdogan ha mostrato di avere piantato nel terreno sociale turco e che ora lo espone al richio di trasformarsi in un dittatore senza altri infingimenti. Del resto aveva già oscurato i social network, cosa che neanche i golipisti avevano fatto e incarcerato direttori e giornalisti di testate critiche e di opposizione. Però era stato democraticamente eletto e se il popolo turco voleva rincuorarsi nei suoi archetipi ancestrali o comunque arcaici, corenza vuole che fosse nella facoltà di farlo. Invece non è così; le cointeressenze, più che influenzare, determinano e, all'apparir del vero, la democrazia è solo un'astuzia retorica di mantenimento di interessi materiali congruenti ad un certo tipo di economia, nel quale trovano non dichiarato ricetto, religioni, pensieri, convinzioni e qualche illusione di un altro pecorume popolare.

lunedì 18 luglio 2016

La replica in scala di un impero più grande.

Si può esportare la democrazia con la guerra? In Italia è successo, ma l'Italia è un paese che si adegua, antropologicamente. In Iraq non c'è stato verso ed anche in Turchia la dicotomia fra una classe intellettuale urbana diffusa e laica ed il popolo religioso è diventata un'altra volta ingestibile, per la volontà dittatoriale di una famiglia che ha deciso di cavalcare il sentimento popolare, attraverso un superamento sistematico del kemalismo. La frattura non riguarda solo la diversa sensibilità culturale dei turchi, ma anche le preferenze delle potenze occidentali, in primis degli Stati Uniti, i cui servizi hanno deciso di assestare un colpo definitivo alla creazione di un neo impero islamico, super armato ed addestrato, in medio oriente, anche se non arabo. Adesso, se ci sarà una carneficina degli oppositori - già da tempo perseguitati ed incarcerati - la dittatura sarà cosa fatta e la pur forte, regionalmente, Turchia sarà messa in quarantena, in attesa della prossima occasione. Cancellerie e servizi segreti sono certamente all'opera: hanno riesumato la Costantinopoli, crocevia di intrighi che aveva contribuito ad europeizzarne una buona parte, Erdogan è al potere, ma ha capito inequivocabilmente di essere solo con la parte più retrogada della sua nazione e col tallone d'Achille dell'arricchimento indebito della sua famiglia, che può essere utilizzato in ogni momento contro di lui. Adesso, se vuole restare al potere, dovrà selezionare la sua guardia pretoriana ( a meno che l'opposizione parlamentare non gli dia una mano, in cambio di qualcosa )e contornarsi di uomini fidati, una cricca a cui conferire ricchezza e potere, che lo isolerà dal contesto "evoluto" delle nazioni. Si apre quindi lo scenario di una vendetta, prima della sua fine, di un "muoia Sansone ( il Sultano ) con tutti i filistei", al soldo delle nazioni egemoni e non al suo. La sua politica bizantina è stata possibile finché la situazione internazionale, che i suoi alleati andavano modificando, non lo ha messo in contraddizione con le sue ambizioni ed i suoi interessi, spingendolo ad appoggiarsi sempre di più e sempre più scopertamente sui religiosi ufficiali e sul pecorume islamico. L'ambivalenza verso il Califfato, è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso e adesso non gli resta che celebrare nel sangue la vittoria di un giorno.

domenica 17 luglio 2016

Nessuno porge più l'altra guancia, non c'è bisogno: gli schiaffoni piovono da tutte le parti.

L'Isis sta perdendo la notorietà della violenza; ormai recita una parte da comprimaria nel mondo sanguinario quotidiano. E' riuscita ad inserirsi con un camionista fra una strage e l'altra e, dopo la Turchia, anche l'Armenia ha vissuto l'avvisaglia di un golpe. Il golpe turco era voluto dagli Stati Uniti per la doppiezza di Erdogan verso l'Isis stessa, nonostante, a sua volta, gli avessero lasciato massacrare i Curdi, la Germania non lo ha voluto sul suo suolo quando era in fuga e, subito dopo la riappropriazione del potere, il suo nemico di pochi mesi fa, Vladimir Putin, gli ha subito chiesto o promesso un incontro. Crollerà adesso la diga eretta in Turchia contro i profughi siriani? Il 50% del popolo turco è con il Sultano, ma l'altra metà, meno coesa e legata all'agnosticismo di Ataturk, gli è ostile. La carneficina è appena agli inizi e non tutta si consumerà sui patiboli. Negli Stati Uniti, golpisti in casa altrui, i neri hanno deciso - finalmente - di vendicarsi sui loro aguzzini, nascosti dietro le divise e, poche ore fa, ne hanno uccisi altri tre, nel sud del Paese. Un sospetto è stato cautelativamente ucciso, altri due - si dice - sono in fuga, ma la polizia razzista non è più al sicuro, non può più colpire a man salva. Anche i neri sono armati.

Il fondamento dei fatti.

Esiste una verità sotterranea in ogni evento, così come esiste il subconscio nell'animo umano, un computer di registrazioni e di elaborazioni, che sono all'origine di tanti fatti della vita superficiale. Questo criterio, così specificamente umano e, forse, non solo, se è vero che esistono anche gli psicologi dei cani e dei gatti, gli animali da più tempo adattati all'uomo, è riscontrabile in ogni parvenza del mondo ufficiale, sia che si tratti di una recita privata, sia che si tratti delle ragioni autentiche di decisioni politiche, interne o sovranazionali. Solo il diritto pretende di semplificare e di giudiare solo i fatti, fornendo una sponda "oggettiva" ai rapporti di forza, anche quando sembra rovesciarli formalmente, come è avvenuto in Italia all'epoca di "mani pulite" e come stava per avvenire in Turchia, dove a tutt'ora, 2.750 magistrati sono stati arrestati e sono passibili, come i militari usciti sconfitti dal golpe, della pena di morte. Si è tenuta nei giorni scorsi presso la commissione parlamentare che continua ad indagare sul "caso Moro", l'audizione di un vecchio politico, che allora era giovane e attivo nella corrente lombardiana del Partito socialista: Claudio Signorile. L'ex deputato e ministro ha testimoniato di essere stato in contatto con esponenti delle Brigate rosse, tanto da incontrarle ripetutamente, di averne informato il vicecomandante dei carabinieri e di essere stato, in quel periodo, pedinato senza interruzione. "Sarebbe bastato seguire i miei interlocutori e sarebbero arrivati alla prigione di Aldo Moro". ma non lo fecero. Prima del ritrovamento del corpo, in via Caetani, fra la sede D.C. di piazza del Gesù e quella del P.C,I, in via delle Botteghe oscure, Signorile fu invitato dal ministro dell'Interno Cossiga a "bere un caffé al Viminale". Ci andò e fu preavvertito che Moro era stato ucciso e di dove si trovava il corpo, un'ora prima del rinvenimento. In fine d'udienza, il vecchio testimone ha fornito la sua versione dei fatti: la morte di Moro era "opportuna per più d'un servizio d'intelligence, arrivando addirittura a postulare che Il presidente della D.C., che stava per dar luogo al "compromesso storico", poco prima che la Prima repubblica franasse dalle fondamenta per la sua corruzione ( o col pretesto della corruzione, dopo la fine della guerra fredda? ). Insomma, Cossiga sapeva già, almeno da un'ora, che Moro era stato ucciso e anche dove era stato lasciato. Il giorno del rapimento, erano state revocate, con ordine di servizio ufficiale, talune misure di sicurezza e il giorno del ritrovamento, dopo la telefonata ad un assitente universitario del professor Moro ( anch'essa une messa in scena ? ), compare, fra i curiosi non allontanati, un n'dranghetista, seduto su un muretto prospiciente un bar con le saracinesche abbassate, ma che saranno tardivamente rialzate, ritrovo usuale della malavita. Potrebbe essersi trattato degli "spazzini", utilizzati in circostanze analoghe, dai servizi segreti. Se parte di questa ricostruzione, soprattutto quella relativa alle figure volutamente non identificate in precedenza, sa molto di ricostruzione ipotetica, la teestimonianza diretta, già due volte coerentemente fornita nel recente passato e sempre "passata agli atti", mi sembra più puntuale: proprio per questa sistematicamente accantonata. Signorile ha in chiusua raffermato: "secondo me, Moro era nelle amni, ma non nel potere delle Brigate rosse". I fatti e ciò che li determina, la miseria della politica e della diplomazia, talvolta assassina, come qualsiasi altra organizzazione criminale e le repliche minori, nella vita comune di ogni giorno, hanno un' apparenza evidente e una spiegazione recondita. Come il golpe turco, commentato convenzionalemnte solo dopo molte ore, a risultato, primo risultato, accertato.

sabato 16 luglio 2016

Vittoria di Pirro?

Il fallito colpo di Stato di Ankara e Istanbul, ha probabilmente segnato la fine della lunga speculazione politica della famiglia Erdogan. Se la repressione sarà feroce e se lui si attribuirà compiti legislativi, trapassando alla dittatura, verso la quale facveva scivolare la Turchia da più di dieci anni, entrerà nella zona grigia dei Gheddafi e degli Assad, all'interno di un Paese con ben altre facoltà geostrategiche di contenimento. La stessa Unione europea, vede da stasera minato un altro caposaldo della sua frontiera contro le immigrazioni via terra, dopo Ghedddafi, via mare. se fossero stati gli Stati Uniti a fomentare il colpo di Stato contro Erdogan, mi troverei nella contraddittoria, ma pragmatica situazione di approvarli: la Turchia eè un ciclope cieco e tale deve restare per non alterare gli equilibri che si vanno costituendo ad ovest, come ad est, verso quella Russia che è stata nemica sul campo anche recentemente del Sultano. I traffici della sua famiglia con l'Isis sono noti, gli statunitensi e parte dei membri dell' Unione europea, non potevano più accettarlo e, probabilmente, gli hanno tirato il gancio che, seppur tamponato e contrastato sul terreno dai suoi numerosi seguaci, che ha chiamato in piazza come un dittatore qualunque, ne ha indebolito la presa su una società complessa e contraddittoria come quella turca. Erdogan farebbe bene ad uscire di scena prima di finirci appeso per i piedi. I golpisti non erano unanimi; la marina non ha partecipato, il Presidente non è stato arrestato, i centri nevralgici non sono stati occupati, come avvenne nel 1980, quando, dalla terrazza dell'Hilton, potevo vedere gli ufficiali turchi recarsi a serate di gala nei locali della Radio Tv prospicienti, che avevano occupato e trasformato in un salone delle feste. Quindi, l'opposizione è divisa, ma lo è anche la compagine filo-governativa e, in queste condizioni, con le responsabilità militari e strategiche delle quali la Turchia, mal ripagata, è investita, non resta ancora molta strada da fare a un Presidente,a dir poco, contestato.

Notizie.

Theresa May,il nuovo Primo ministro inglese succeduta al laccato Cameroon, pur essendo stata favorevole al mentenimento dell'adesione del suo Paese all'Unione europea, ha accettato di impersonare - almeno nelle dichiarazioni - il mandato ricevuto dagli elettori e ha nominato il Sindaco di londra, il mastino della Brexit, a guidare il ministero degli esteri. Ha detto anche qualche cosa di più: focalizzeremo la nostra azione sulla popolazione povera ( a dire il vero, sarebbe la prima volta ) e faremo della Gran Bretagna nuovamente autonoma di nuovo una grande nazione. Ha detto solo queste parole, prima di cominciare il suo lavoro. Ce lo vedete, in circostanze analoghe, Renzie pronunciare le stesse parole, lui che pure è un fecondo sproloquiatore, vagolante, contraddittorio, infingitorio? Con la sua uscita, la Gran Bretagna ha riaffermato il suo orgoglio di potenza economica, militare e politica e il suo primo minsitro ha dichiarato di voler svolgere coerentemente a questa rinnovata indicazione il suo mandato. In Turchia, ma, a quanto dicono, segnatamente ad Istanbul, una frangia ristretta dell'esercito ha tentato un colpo di stato. Dato lo stato di isolamento, che non sia ufficiale, dello Stato anatolico, le informazioni sono confuse e certamente manipolate. Qualcuno ha insinuato che sia stato un tentativo di golpe fasullo, una messa in scena che si è servita di alcuni ingenui manipolati. Intanto, il neo confessionale Erdogan accusa un Imam esiliato negli Stati Uniti: levantinismi e bizantinismi allo stato puro. A quarant'otto ore dalla carneficina di Nizza - dove sono riprese le balneazioni - altri duecento morti e un lavoro di selezione interna all'apparato di potere turco, attraverso il quale si appresteranno nuovi, opportunistici assetti di potere. Le forze armate turche hanno il precetto costituzionale di prendere il potere ogni qual volta si rischi una deriva confessionale; in questo caso il "pronunciamento" è avvenuto dopo numerosi attentati - come nel 1980, quando il quel colpo di stato riuscito in quattro e quattrotto incappai anchio, turista a Istanbul -, ma dopo la marcia di avvicinamento all'europa, la loro influenza si è un po' diluita. Dopo un dichiarato tentativo abortito di circa un anno fa, ecco un tentativo in armi, le cui motivazioni restano sullo sfondo, non rimosse se non, d'ora in poi, per via autoritaria. Restano le cointeressenze europee ad un rapporto fuor di culture, ma purtroppo non del tutto antistorico se si tengono a mente le lunghe occupazioni turche della Spagna meridionale e del Kosovo nei Balcani. Un altro aspetto velenoso della questione che resterà sotto traccia, se non attraverso analisi, tanto utili, anzi indispensabili, quanto opinabili. Millesettecentoventicinque magistrati sono stati, per ora, rimossi dai loro incarichi, con un contro-golpe del loro organo di governo, in mano legalmente all'esecutivo turco, ad ulteriore dimostrazione che il potere in Anatolia è fortemente frazionato e in contrasto. Il golpe, se fosse riuscito, avrebbe cementificato, per un po', i contrasti. Il Sultano non deposto cercherà di fare altrettanto, ma lo stato delle relazioni interne non è accertabile se non per via di intelligence. Infine, una brutta notizia, per altro in linea con i tempi: un editoruccolo di giornaletti di gossip, Urbano Cairo, è riuscito a scalare, con il 48% del pacchetto azionario, il Corriere della Sera, che probabilmente manterrà la sua linea conservatrice, ma adotterà dei toni meno analitici e più assertivi e gridati. Se un Cairo entra nei salotti buoni della politica, per il tramite dell'editoria, vuol dire la tappezzeria cade a pezzi.

venerdì 15 luglio 2016

La faglia.

C'è una discrasia culturale profonda fra la vulgata propagandistica delle nazioni promotrici del conflitto con i neo-Stati, nati per effetto delle guerre monche di Bush e il modello biblico-immolatorio dei "martiri" islamici. Qualcosa di analogo, per simbolismi trasfiguranti, ai Kamikaze giapponesi. Anche loro si immolarono con i loro aerei trasformati in bombe, fino alle due atomiche di Hiroshima e Nagasaki, quando il loro "eroismo" non fu più richiesto, "come quello del poliziotto o della poliziotta ( non è chiaro di chi si sia trattato, in un'ambivalenza equalizzatrice )che sarebbe saltato/a sul camion saettante fra la folla a Nizza. La discrasia vetero-testamentaria e razional-giacobina è propria anche dei vertici politici ( non dei Paesi cattolici e latini ) controparte di fatto dei "terroristi", come attesta inequivocabilmente il diritto internazionale. Poi, è chiaro che ciascuno parla solo per se. Per altri versi, interpretativamente, lo stesso diritto internazionale può essere piegato a giustificare ogni sorta di prepotenza, sul volano della forza, non esistendo un sistema sanzionatorio applicabile a chi non lo osserva, mentre una coalizione di Stati può applicare sanzioni ad altri e, anche senza l'autorizzazione dell'ONU, le potenze maggiori hanno sempre fatto, da sole o in coalizione, il bello e il cattivo tempo, fermandosi solo, se adeguatamente contrastate, sul limitare di altre potenze in grado di autotutelarsi. Di fatto, non prevedendo sanzioni se non previa adesione libera a questo o a quel trattato, il diritto internazionale è un diritto per modo di dire. Saranno le assise formalizzatrici a sanzionare le piccole potenze regionali, anche di fronte a palesi menzogne di chi vuole provocare, che spesso, quando non aveva argomenti speciosi da far propagandare, è ricorso a incidenti programmati ad arte. Di fronte ad un criterio di possibile autoimmolazione per ripristinare una "giustizia" sostanziale e non formale, nel sentimento di chi ne avverte la violazione, la potenza di fuoco delle grandi e medie potenze militari, segna il passo e la guerra si cronicizza, quando non viene persa sul terreno nel quale la si è portata. L'Afghanistan, in particolare, lo testimonia. Per cui, la pretesa, ideologicamente disonesta, di portare la propria democrazia a società feudali ed autarchiche, dopo averle tirate in pista, dalla separatezza autosufficiente in cui si trovavano è di puro mantenimento di un'opinione convinta, per pigrizia e parziale, parzialissima autopercezione della realtà, ad accettare che, come ha detto onestamente, ma senza esplicitare, il Primo ministro francese Valls, pochi giorni fa: "la guerra durerà per un'intera generazione ed i morti saranno ancora molti". I propri, gli altri non contano.

Le ragioni dell'immunità.

Ma vi sembra concepibile che il terrorismo si accanisca, in questo momento storico, solo contro la Francia, senza che quest'ultima ne sia la causa non manifesta? Vi sembra sensato affermare che "tutta l'europa è stata colpita" senza subodorare un interesse, casomai scomposto di tipo economico e geostrategico e, se questo ha un senso, non vi sembra originale che l'Italia, pur prodiga di dichiarazioni inutili sia stata esentata dalla reazione islamica, mentre solo contro il Vaticano, simbolicamente, si sono espresse prediche propagandistiche da parte dell'Isis? Eppure, anche l'Italia ha venduto ai servizi americani Abu Homar, ma è stata "punita" solo dagli alleati nord americani, in ogni circostanza nella quale la sua politica ambivalente è stata da loro intercettabile e trattata sempre da serva, un po' puttana, anche sul proprio territorio, ogni qual volta gli americani hanno provocato incidenti o disastri. Il guaio è che l'Italia, artefice fin dai tempi di Andreotti, di una politica di collaborazione sotto traccia con i regimi arabi petroliferi, proseguita con Berlusconi, fino al vigliacco abbandono del colonnello Gheddafi alla sorte che altri, in primis americani e, sul campo, francesi, gli hanno voluto improvvisamente riservare, l'Italia paga le fazioni, i capi tribù e le milizie che teoricamente dovrebbe fronteggiare, anche dove è stabilmente di stanza, come in Libano. Mi diceva anni fa la mia amica Natsuko, oggi in servizio presso l'ambasciata giapponese a Washington, prima di partire per la Muaritania, che lei non temeva rapimenti, perché Italia paga e quindi "kidnapping"; il Giappone non pagherebbe e quindi "no kidnapping". L'Italia è una puttana, "non donna di talento, ma bordello". Per cui, se la guerra è stata portata nei termini e con i mezzi di cui dispone un esercito scalzo, è perchè la morte piove dal cielo su civili e famiglie arabe, martoriate prima dal colonialismo e poi da guerre imperialistiche ed energetiche, alle quali la Russia post sovietica oppone solo, con decisione, i suoi particolari privilegi consolidati dalla sua politica precedente a Gorbaciov, come ha fatto in Siria e prima, ai suoi confini, in Georgia e in Ucraina. Starà poi all'Italia, amica degli uni e degli altri, secondo la gesuitica cattedra di Papa Francesco e della Chiesa cattolica in genere, presentarsi al convito e agli altri relegarla in un ruolo ancillare di presidio del desco, ruolo che, ne sono certo, come al solito accetterà ed interpreterà con consumato ma mediocre mestiere.

Se si inverte l'ordine dei fattori, il prodotto cambia?

I casi "Giulio Regeni" sono tre al giorno nell'Egitto in mano alla giunta militare golpista, che agisce come la mafia, alle dipendenze dei rifornitori di armi e privilegi nord americani, mentre gli altri normalizzatori ambientali agiscono per conto della borghesia professioanle e borbonica della Sicilia, ricevendone in cambio ricchezza, una relativa ma ampia autonomia e potere sul campo. Purtroppo, come in Egitto, le istituzioni sono intricate con la violenza e l'abuso a favore di interessi statici e continuamente riaffermati. Per questo i tentativi evoluti e democratici sono stati soffocati nel sangue, anche se in Egitto, l'alternativa dei Fratelli musulmani era un'incognita prospettica, ma è certo che erano stati eletti in regolari elezioni e che erano ianccettabili solo dagli israeliani e dai loro mandatari statunitensi nell'area. Sono analogie di illegalità e violenza e del prevalere di interessi castali e primordiali, ammodernatisi solo nelle modalità di appropriazione di assicurazione e di accaparramento concesso del privilegio e della ricchezza, di ogni sorta di commercio illegale, di ogni stortura del potere non ufficiale o, per lo meno, non evidente. Ma il generale Al Sisi è un alleato, uno di quei sodali momentanei a cui concedere, dietro mandato inespresso, ogni omissione, mentre in patria, i suoi concittadini lo contestano e gli si oppongono con autoctone e reali ragioni, che questo imburattinito dalla sua mediocre - perché sempre di un servo e di un traditore si tratta - ambizione, li elimina previa tortura, abeneficio di interessi estrinseci: i suoi e dei suoi mandanti. Non mancano i collaboratori nelle segrete. La Promenade des Anglais, in Costa azzurra, non dissimile da tanti lungo-mare italiani, durante i fuochi d'artificio e la passeggiata nell'afa, ha visto lo schiacciamento antiestetico, non di gatti e ricci, di tante famigliole ignare della guerra che la Francia conduce in varie aree mediorientali, per non essere esclusa dallo sfruttaemnto dei pozzi petroliferi che vi si trovano. Ma se "c'est l'argent qui fait la guerre", secondo i valori e gli obiettivi occidentali, resta imprevedibile lo stato interiore di persone che, alla fuga dalla fame, hanno aggiunto, in territorio "nemico", l'umiliazione quotidiana di un lavoro strumentale e spesso servile, oltreché decontestualizzato. E' chiaro che, in una situazione di debolezza critica e con il solo bagaglio della morale religiosa, che, come l'ebraismo, non è una morale ipocrita e dissimulatrice, queste persone, numerose e isolate, sono agevolmente reclutabili da una rete invece, alle sue basi, ricca, potente e talvolta "alleata" degli Stati, a loro volta alleati di altri Stati "partecipanti" per ragioni proprie al domino energetico e sul terreno dei quali miete vittime il braccio armato dei "martiri" in partibus infidelium, in cerca di "vendetta". Anche in quest'ambito, vedo molte affinità con la mafia, che, come il cancro - per restare in una metafora abusata - non è mai distinto organicamente dal corpo che lo ospita. Non passa giorno che, sulle spiagge o sui monti, non ci si debba condolere ( salvo opportunamente disinteressarsi dei "coccodrilli" ufficiali ) di ogni evento corollarico: anche l'incidente che ha decimato e mutilato tanti poveri pendolari su di una tratta a monorotaia che tante volte era stata finanziata per il suo raddoppio, prima dalla Cassa per il mezzogiorno e poi dalla Comunità europea, senza che quei soldi venissero impiegati e senza che si sappia se sono ancora inutilizzati in banca o se sono stati "destinati" impropriamente ad altri scopi. Il Commissario anticorruzione Cantone - un'altra figura di facciata come tante ce ne sono state, fin dall'antichità, ha sentito il bisogno di dire che nell'evento, la corruzione ha avuto una parte "sistemica". Ha soggiunto che, nel primo anno dal suo insediamento, le denunce di fatti corruttivi sono raddoppiati rispetto a quello precedente. Il suo lavoro sarebbe facilitato, per differenza e chiarezza, se si segnalassero solo i fatti incontaminati. Ma ve ne sono?

giovedì 14 luglio 2016

Morire in clausura, come un monaco di un grande ordine conventuale.

Bernardo Provenzano l'ultimo o il penultimo boss dei boss, il Negus Neghesti dalla mafia siciliana, è morto all'ospedale a Milano, in una delle camere riservate ai detenuti. In particolare, la sua, era soggetta al 41bis, anche se il meschino era completamente scimunito dopo un trauma cranico riportato dopo una caduta nel carcere di massima sicurezza di Parma, dove è ancora rinchiuso Totò Riina. Infatti, in precedenza, era rimasto a lungo ricoverato presso il locale nosocomio ed era poi stato trasportato a Milano. Eppure, per evitare dicerie circa sensazioni extrasensoriali o forse più concretamente per evitare incontri fra mafiosi nei corridoi, se non nella stanza del malato - che è stato ricoverato per anni - la sua famiglia ha appreso della sua morte a cose avvenute, a cose fatte. Se adesso sarà ammessa al cospetto del feretro e se potrà accompagnarlo, cadrà la mia prima ipotesi. Allora, come avranno fatto le cosche e le famiglie a continuare ad agire, localmente ed internazionalmente, senza le direttive del boss? Lasciarlo dialogare con i suoi picciotti, quando ancora disponeva della favella, avrebbe alterato le strategie investigative degli inquirenti? O si temeva che gli inquirenti non fossero tali solo in senso investigativo? Fu infatti con Riina e poi con Provenzano che questo Stato ancora borbonico al sud, con forti rappresentanze a Roma, trattò, negò, ricusò e impose l'omertà. Le dichiarazioni della sindachessa del suo paese suonano retoriche, come la sua partecipazione, ancora così comune nelle contrade del sud, ad una festa commemorativa di una delle tante madonne votive che passeggiano per i borghi, si inchinano umilmente davanti alle case dei boss, navigano sulle acque e tornano indietro come i migranti. Provenzano era la morte, era un cancro: sono contenta che sia morto, moriuto o qualcosa di analogo, con somma consolazione di quei malati terminali che si sentono spesso accostati alle più ributtanti malattie antropomorfizzate. Anche Salvatore Borsellino, ha preconizzato uno spaventoso giudizio di dio, al cospetto,del quale Provenzano si troverebbe senza avvocati ed ha insinuato che non sia caduto per caso e che, nonostante fosse scimunito avrebbe potuto rivelare qualcosa che adesso torna ascoso. La sorella di Borsellino, Rita, ha evitato di dar giudizi sul morto - ma chi glieli ha chiesti? - ha evocato il suo sentimento cattolico, che non la ha dispensata dal sentire come giusta la reiterata decisione di tenerlo isolato dal mondo fino alla morte ( anche se non capiva più una minchia? ), dicendosi certa che i giudici preposti avranno impiegato tutta la forza delle loro meningi per validare le loro decisioni. Mi torna alla mente quanto disse a Bologna l'autista di Giovanni Falcone, sopravvissuto all'attentato e reduce da quindici interventi chirurgici, quando, invitato meritoriamente ad una rappresentazione tenutasi presso il teatro dell'Arena del Sole, affermò che la sua testimonianza era sempre stata messa da parte e che invece si erano impossessati delle icone dei caduti togati, parenti in precedenza estranei ed anche in contrasto con i fratelli, soggiungendo, a prescindere da questo, di non avere nessuna fiducia nella burocrazia giudiziaria italiana, essendo stato partecipe di tante narrazioni e testimonianze, anche durante i viaggi di trasferimento dei magistrati ed avendo respirato il clima della Sicilia, dei suoi palazzi di giustizia e non solo. A me sembra che Provenzano se ne sia andato secondo l'iniziatico segreto - così simile a quello massonico che, come quello della confessione cattolica e, forse, ancor di più, non viene mai investigato, che non si rivela in nessuna circostanza, anche la più afflittiva, salvo che il regime di clausura non serva proprio a non fargliene venire la tentazione, non tanto in forma di pentimento, ma di messaggio trasversale anche al mondo grigio delle istituzioni, altrimenti ed in abiti ben più eleganti, frequentate direttamente o per interposti onorevoli, dal potere atavico, moderno solo nelle forme ed ancora borbonico nei rapporti reali, di cui la mafia incolta e assassina non è altro che il braccio armato, in un connubio vicario,non esclusivo del sud, con i vari "vo'scienza e vossignoria".

mercoledì 13 luglio 2016

Sceneggiature.

I furbetti del cartelino adesso timbrano con un cartone sul capo, individualmente o collettivamente, attraverso il demando circolare ad un "timbratore". Tutti per uno e uno per tutti! Il motto dei quattro moschettieri, che si applica altrimenti nelle aziende familiari, trova applicazione anche nelle colleganze meridionali ( perché sopra Roma non accade )degli impiegati pubblici che - più che altro - sanno benissimo che non c'è niente da fare, almeno niente di significativo, in realtà immutabili a "binario unico", pur nell'allestimento privato. Figurarsi gli impiegati comunali, delle ex province, mai abolite veramente, delle regioni con i loro circoli ricreativi e le loro associazioni di pensionati, di solito all'incrocio, l'unico di una croce urbanistica nei paesi e nelle cittadine, ma, soprattutto, il cappellino confezionato con lo scatolame usato attesta il filosofico disincanto verso i provvedimenti sanzionatori del nulla, basati sul nulla e somministrati dalla ministra Madia, dello Studio Gnudi.

martedì 12 luglio 2016

Quattro passi nel delirio.

Kafka era un impiegato di banca, come me. C'è chi gli attribuisce le mezze maniche in un'assicurazione. Poco cambia. Stupisce invece che un uomo così grigio e metodico potesse coltivare mitologie gotiche dentro di se, ma stupisce solo chi si fa un'idea rassicurante dell'ambiente dall'esterno: i depositanti, i risparamiatori, quel mondo che cerca alleanza e sicurezza di conservazione dei suoi comodi nel tempio delle comodità. Eppure, già trent'anni fa il mondo creditizio era popolato da tabagisti e da alcolisti, all'insoddisfazione si univa uno stress ingiustificato nelle banche normali, eppure ambientale, fatto di tante zone grigie, di incompetenze raccomandate, di gravezze identitarie. Non c'è niente di più disgustoso della moralità relativa e della commistione fra sentimenti bonari e caritatevoli e piccolo o meno piccolo tornaconto personale. Produrre o, più spesso, contribuire a produrre il male altrui, assecondandolo o, non richiesti, tutelendolo per aspetti legati allo stesso sistema perverso nel quale ci si vuole inserire e dal quale continuare a trarre comodità e micro potere, e pretendere, casomai in nome di non dimostrate "benevolenze", del tutto confacenti all'insieme, da altri, danneggiati, rifiutato con solidi argomenti fossero anche di tipo normativo e giuridico, di non essere citati a propria vergogna, fin oltre il limite della violenza privata, conferma la vigliaccheria con argomenti speciosi ed incongrui e ribadisce la meschinità che non si può discriminare, ma fa parte della personalità di cotali soggetti e influenza, quando non determina, ogni atto ed aspetto della loro vita di relazione, in tutti gli ambiti: si comportano così perchè sono vili e amano cercar "solidarietà" nello stesso crogiolo. Una simile congerie può costituire una consorteria, un consiglio di amministrazione, una filiera gerarchica che basa la sua protervia sull'artefazione e sul conformismo dei ranghi bassi e seleziona i suoi adepti attraverso l'assuefazione a questo costume destrutturato, almeno normativamente. Qualsiasi organizzazione lobbystica, mafiosa, burocratica si basa su questa sotto-cultura ed è capace di qualsiasi violenza simil-formale e, quando può colpire a man salva, per interposta persona, anche sostanziale. Quando la menzogna è eletta a sistema e qualche imbecille che ci creda non manca mai, il disorientamento iniziale e i continui trasformistici rilanci sconcertano e tendono ad inibire la reazione o a provocarne di esplicite ed insofferenti, per poi attaccarsi ad una presunta non conformità, tradotta con arroganza: come nella favola del lupo e dell'agnello, nella quale l'acqua va all'insù. Chiunque, con le "adeguate" caratteristiche, può rendersi interprete della pochade deprimente: dall'interprete che è già passato da: "la minestra è in tavola" a "che ne sarà di me?", quanto meno può favorire per aspettative mignon la replica registica di un apparato che esalta, deprime, comprime e colpisce proprio perché autoaffrancatosi, nel suo perimetro privato, da ogni legge, ben salvaguardato dai suoi miserabili famigli. La morale relativa non esiste, gli ingredienti con cui produrre il proprio "destino" sono analoghi nell'aspetto e nel colore, variando di gusto. Si tratta solo di un'aspirazione al sapore. Agiremo per linee interne. Ci involveremo in noi stessi e smetteremo di tirare diritto. Ripristineremo la qualità reddituale del credito, quella in fuga dalle aziende pro fondende: ci rinserreremo. Dichiararsi, sarebbe meglio, isolarsi, essere unici, narcisisticamente. Noi, non voi, vil massa dannata, sudaticcia e puzzolente. Abbiamo resistito al sovvertimento bellico delle tradizioni corporative e le abbiamo rinverdite nella festosa ignoranza di maestranze "nature", abbiamo,...abbiamo ed oggi a qualcuno era saltato in mente di contaminarci..con un bel partito, non diciamo di no, ma poi sulle cariche e sui cespiti? Che baraonda. No, vade retro, va in convento, va in pensione, va all'Unicredit, vaff'...noi agiremo per linee interne e accoglieremo gli ultimi transfughi da un mondo massificato. Con loro inanelleremo vorticose mazurche e sognanti valzer; gli recheremo su un vassoio il capuccino alla mattina. Presto saremo molto digitali e dialogheremo giorno e notte, solo nella buona sorte, in ricchezza e basta, in salute finanziaria con i nostri soci più avveduti e moderni oltre che più facoltosi. Speriamo che qualche giovinastro non si metta in testa di intasare le linee con i suoi quattro soldi. Agiremo per linee interne, mentre le altre si confonderanno. Solo noi resteremo puri e incontaminati, nell'unico luogo nel quale non esistono discriminazioni, dove il lavoro è percepito come felicità nell'abnegazione e dove si conserva la tradizione, la riservatezza, il decoro estriore, dato che quello interiore sarebbe ostativo, con il passato e il presente appesi a dei ganci, con le pratiche trasmesse tramite corriere. Insomma un luogo dove ciascuno fa da sé, per linee interne appunto, con procedure antemarcia, così care al nostro ricordo, certi della qualità della nostra gente, così particolare da autoespellere i deboli, i rinunciatari, i degenerati. Cambierà ancora il mondo, si avviterà nei suoi errori, tramonterà, tracollerà e noi saremo lì, puri e incontaminati.

domenica 10 luglio 2016

Delle piccole cose.

Martedì, Barak obama parteciperà ai funerali dei cinque agenti bianchi uccisi a Dallas. Forse la storia si ripeterà se non girerà con una President-mobile. Le cerimonie, a volte si trasformano. In questo caso può diventare funebre e poi celebrativa..come quella dei cinque poliziotti che chiisà di che tempra erano fatti. Un ultà pugliese della Juventus, leader di un gruppo della curva, si è suicidato, buttandosi da un traliccio. Era appena stato interrogato in quanto "sovrintendente" della biglietteria della curva, nominato dalla Juventus stessa. La sua audizione era stata disposta nell'ambito di un'inchiesta su una famiglia della n'drangheta di stanza a Torino, concorrente nell'approvigionamento dei biglietti, attraverso il bagarinaggio. Pare che il gruppo presieduto dal pugliese fosse stato soggetto alla "concorrenza" di un altro carvanserraglio del tifo, di esclusiva espressione meridionale, calabrese e vari..Fra piccolo cabotaggio e coperture di altre attività, la concorrenza commerciale e criminale si esercita senza esclusione di pretesti. Un toro, in Spagna, durante un altro di quei riti estetizzanti, fra l'arcaico mediterraneo, fatto di "onore e atteggiamenti" e un sottostante ammiccamento e orgoglio gay, ha uciso il suo tormentatore. Ne sono stato lieto: ha vendicato tutti i suoi simili, sacrificati a dei cretini ben pagati e al loro pubblico da macelleria. La tauromachia è consegnata al mito e la sua riedizione in arene che, quando sono vuote, sono squallide, puzzolenti e trascurate più che delle stalle, richiama contenuti culturali incivili. Come la caccia alla volpe per un'aristocrazia feudale in Gran Bretagna. La volpe, sfinita dalla battuta a cavallo non può farcela, la sua astuzia si esercita solo contro i cani da tana, per salvaguardare i suoi piccoli. Il toro non ci riusciva dal 1985, dissanguato dai picadores, contro i cui cavalli si scaglia, stancandosi ancor di più, irriso e preparato per una sadica umiliazione, nella quale si celebra la l'astuzia meschina di un ominide contro la forza muscolare, ma questa volta ha trafitto i polmoni dello spadaccino esibizionista ed è morto - il toro - per qualcosa. La coda, collegata alla testa, ci porta ai violenti scontri di Dallas di queste ore, con duecento arresti di neri e cinque, altri cinque, agenti solo feriti. Preferisco l'empirismo delle società anglofone: non è stata invocata la riconciliazione, l'appeasement fra chi subisce e chi infierisce. I problemi, che non si vogliono neppure affrontare, restano sul terreno ed è giusto, in senso morale, che sul terreno finalmente ci si confronti.

sabato 9 luglio 2016

L'eterna etologia umana.

La guerra razziale degli stati del sud, ma non esclusivamente, è stata dichiarata in america da parte di un'associazione bianca, che ha subito denunciato alcune iniziative legali della Casa bianca, occupata da un nero e messo in fila le dichiarazioni, anche recenti, espresse solo in fine di mandato, di Barak Obama. La prudenza, necessaria a salvare la pelle, è un po' venuta meno - molto poco - in fine di mandato; la vendetta consumata dai neri di Dallas - la responsabilità è stata attribuita ad un solo cecchino, ucciso da una bomba-robot ( non terroristica, questa? ) quando le manifestazioni erano ancora in corso ed archiviata come fecero, nella circostanza dell'omicidio di Kennedy, il cui presunto uccisore, fu a sua volta eliminato in diretta televisiva da un personaggio armato, uscito dalle fila degli astanti e, a sua volta morto, per cause "naturali", meno di un mese dopo. E' il mondo nord americano che si adegua al leghismo, in varie fogge, europeo? Non credo: negli Stati Uniti il razzismo è endemico, la massa enorme di schiavi che ne ahnno favorito il grandissimo ed altamente dispersivo sviluppo - soprattutto lo spreco delle risorse, che si procurano attraverso guerre e, quando non bastano le più ambivalenti alleanze, dovunque ve ne siano e siano appropriabili - covava sotto la cenere di un'apparente, vigilata accettazione del Presidente la cui moglie è discendente da una dinastia di schiavi. Sul finire del mandato - dicevo - la comunità bianca organizzata, le lobby vogliono regolare i conti, fornire chiare indicazioni al successore. Per questo, la contesa deve diventare esplicita e non farsi "normalizzare", la dialettica democratica che procede per conquiste parziali e non esenti dal rischio di regressione, è questa, luogo per luogo e situazione per situazione, altrimenti, gli interessi intangibili di una società predona, che esclude chi non può più fornirle strumentalità, saranno ancora una voltà l'unica ragione del contendere fra i due candidati al prossimo mandato presidenziale, del tutto analoga a quella per un qualsiasi consiglio di amministrazione e, il popolo di questa "grande" democrazia continuerà ad essere discriminato, a vivere negli slums, dove non potrà che produrre degrado e reati, non godrà di assistenza sanitaria e percepirà le pensioni solo se i fondi che le amministrano avranno realizzato un surplus. Del resto - mi viene alla mente - che cosa sta avvenendo in Italia, nell'incomprensione generale, di diverso?

Si vende, si vende, ma i compratori?

La nostra provinciale società, tutta concentrata sulle vendita, segna il passo. Sono ormai dieci anni che la solvibilità delle famiglie si è inaridita, che la riforma Bersani "multibrand" ha aperto il mercatino al collocamneto di ogni bene - soprattutto immateriale - destabilizzando equilibri acquisiti su prezzi standard. La rincorsa al ribasso ha per forza smantellato le tutele legali e contrattuali, a loro volta polverizzate dai contratti atipici, sintetizzati da ultimo nel Job's act. Il lavoro e la sua qualità si sono omologati al massimo delle competenze presunte o della titolarità e gli stipendi si sono stabilizzati in basso. Sono frequenti le interruzioni e i cambi, spesso nello stesso settore merceologico, "a tutele crescenti e stipendi decrescenti". Tutte le tutele collaterali in forma di polizze assicurative, sommate, influiscono pesantemente sul reddito familiare, il mondo scolastico, a cui sono stati un po' adeguati gli stipendi, continua ad essere giudicante e sanzionatorio, ma non si spende nell'affiancamento scolastico, né si affronta il problema dell'evoluzione scolastica delle classi più disagiate, anche psicologicamente per il clima familiare. Il tasso di evoluzione del costume familiare, anche attraverso l'emigrazione e il disagio adattativo, è inesistente e spesso regressivo, le struture di supporto ad un mondo che non si affranca e che non evolve, sono sempre più ristrette, più problematiche e contese fra vecchie e radicate insufficienze autoctone e nuovi arrivi, numerosi, portatori di costumi e sentimenti religiosi allogeni e, fin dall'inizio, in oggettivo stato di necessità. Come in un sistema di vasi comunicanti la società si impoverisce, i ritmi di recupero e compensazione aumentano ben oltre la soglia fisiologica, il clima nelle famiglie peggiora. L'istruzione universitaria, completamente privatizzata, è altamente onerosa, ma rimane l'ultima ed unica forma di cultura impartita pubblicamente ad avere un senso, sia pur molto più limitato e sottoconsiderato che in passato, tanto che, come nelle società anglosassoni, prima o poi la validità legale dei titoli sarà abolita ( si potrebeb ormai evitarlo, per quel che contano ) e per le specializzazioni non strettamente tecniche o scientifiche, anch'esse soggette al "numero chiuso soprattutto delle dinastie familiari e delle raccomandazioni d'interessi", ci sarà solo l'indeterminatezza del cosiddetto mercato, declinabile concretamente in mille sottospecie. La prospettiva pensionistica è in continua flessione e l'apparato bancario in disordine ( non da oggi ) si focalizza sulla privatizzazione del welfare ( vedi proposte Renzi-Poletti sull'anticipo della pensione ), ma prima che sia a regime e che abbia ripristinato sull'insieme il suo modello speculativo e indebitamente appropriativo, passerà qualche anno. Nel frattempo i conati trasformistici ribaltano senza preavviso le situazioni di fatto, ritornano sui loro passi e trovano una precaria soluzione mediana, nella quale per ora, fra nervosismi e insofferenze, si acconciano. Lo Stato clientelare, mafioso e un tempo partecipe dell'economia che stabilizzava con il deficit di bilancio, si è ritirato: pensava di farlo solo dalle beghe e che la guerra, nella quale avevamo repentinamente e astutamente ribaltato le alleanze, non fosse finita nei suoi effetti. Invece, la necessità imprevista di pagare i debiti, ha stretto il cappio di una moralità fiscale inesistente al collo dei cittadini, che restano opportunisti ed evasori, tranne che per evitare guai maggiori. Si vende, si vende, ma i compratori? Potrebbero non essere sul mercato indigeno.

In attesa del prossimo resoconto.

Le maggiori e gran parte delle minori banche italiane sono in uno stato pre-agonico perché hanno indirizzato tutte le loro risorse e anche quelle che non avevano, per cinquant'anni, secondo le direttive politiche e gli indirizzi degli sponsor delle più remunearte carriere creditizie, legando una managerialità in molti casi incompetente alle figure di riferimento nel mondo della spesa politica, della bulimia di erogazione dei ministeri, alla quale dovevano provvedere i fantaccini-banchieri posti a garanzia del malaffare. L'inchiesta detta "mani pulite" ha intaccato e distrutto il potere politico che anche sulle banche faceva affidamento per i suoi traffici, ma non ha mai invaso il sancta sacnctorum delle banche medesime e, per questo, il lavoro di adeguamento in corso, alle regole europee, è rimasto monco e probabilmente sterile. Si ha più paura del mondo, probabilmente non conosciuto, della finanza, che della cara e vecchia mafia: in banca non si entra, pare che non si sappia neppure dirigere riservatamente un'inchiesta approfondita e che si tema, in questa remota ipotesi di mettere in crisi il sistema-Italia, pur clamorosamente e palesemente malavitoso, oltreché orgoglio e solenne, secondo una pompa che alla criminalità è connaturata. Il sistema creditizio italiano non si rivolge ad importanti strategie ma al grande, medio e piccolo cbaotaggio dei "prenditori" familiari e delle confraternite del lucro a prescindere. Per questo, lasciarle andare in malora, dove meriterebbero di andare, costituirebbe una misura di igiene salutare e potrebbe portare all'allestimento di margini concreti che impediscano la replica del tumore recidivante, ma non si vuole né si può farlo, per salvare il sistema a prescindere. Un sistema malato e metastatizzato, capace di cercare solo ciclici interpreti. Una debolezza strutturale nel corpo dell'europa che forse si propone solo di non pagarne il fio, rimandando le periodiche rese dei conti che faranno cascare dal pero quelli che non hanno capito la ratio delle concessioni.

Dopo la Brexit, flessibilizzano anche la morale.

Perché per salvare la cloaca bancaria e i suoi obbligazionisti pelosi devono ricorrere alle nostre tasse? Perché il bagno di sangue finanziario, per un medio ceto di accumulatori di riserva, si deve risolvere in un evento straordinario, bellico, a spese di chi non detiene neppure modesti capitali? Perchè, appena recepita la norma europea che coinvolge nelle fortune delle "proprie" banche i depositanti con riserve superiori a centomila euro, le varie commissioni europee, subito dopo aver sbloccato gli aiuti pubblici per l'ultimo semestre dell'anno, si mostrano malleabili a deroghe, che sarebebro a catena, nell'europa minore, verso le banche marce italiane? Perché sempre e solo le banche? Perché sono strategiche nell'economia capitalistica? Le nostre sono state strategiche solo nel clientelismo e nel malaffare e non hanno nessuna intenzione, con i loro clienti più accreditati e tutelati, di cambiare pelle. Perché allora consentire ai soliti soci delle consorterie di venirne fuori a spese della società, come hanno fatto in ogni occasione bellica? Così facendo l'europa declina verso il compromesso e comunque a farne le spese sarà ancora la sovranità delle nazioni Pigs. Per quel che conta ed è sempre contata.

venerdì 8 luglio 2016

Il senso arcaico, biblico, intimo, della giustizia.

Dunque non sono solo gli arabi post coloniali ad essere terroristi, ma anche i negri degli Stati meridionali del nord america, quelli che combatterono per mantenere in auge lo schiavismo e che oggi praticano, anche a livello di ordine pubblico, la segregazione razziale. Terroristi, infatti, li chiamavano nella notte i magazines. Il dato culturale e antropologico esiste, è nei fatti, ma la condizione di umiliazione e di razzistica separatezza, compensata con spavalderie che la polizia dei bianchi sanziona con la morte, non può più essere messa fra parentesi. I negri del razzismo intatto hanno agito in maniera coordinata per vendicarsi della "legge" dei bianchi sui loro esecutori. Questo non è terrorismo, è guerra, sia pur ancora circoscritta, ed è l'unico modo per farsi rispettare. Anche sul fronte della marginale comunità afro-americana non regna la virtù insieme al legittimo risentimento, per cui le due parti e segnatamente quella bianca che ha il controllo dell'informazione, possono accompagnare la loro violenza con le più varie e, sotto traccia e non, approvate argomentazioni, ma la rivalsa dei negri di Dallas ha il senso della decisione di ripagare con la stessa moneta gli assassini in divisa di adolescenti, per un senso di "giustizia" autoamministrata da parte dei palestinesi d'america. Il senso della giustizia, non più di classe, ma strettamente etologica e razziale fra comunità di uomini, simile a quella che contrappose i Neanderthals ai Sapiens e via scalando fra diverse narrazioni della spiritualità o della materialità fra queste povere scimmie che ercano nella sicurezza armata delegata il proprio comodo e la base dei loro sentimenti, ma non rinunciano per questo a coltivare l'odio presuntuoso e razzistico verso le antropologie diverse. I maggiordomi in divisa, similmente a tanti gregari intermedi, di norma o di fatto, nelle repliche stratificatorie lavorative e sociali, provvedono in cambio di una soddisfazione e di un prestigio d'accatto, come fanno i mafiosi sui territori, delegati dai loro feudatari. Sono chiare assonanze, ma di situazioni non identiche, ma neppure così nettamente distinte. La vendetta di Dallas non cambierà nulla, segnerà ancora di più, ma in maniera più chiara, lo spartiacque fra due mondi costretti alla convivenza ma del quale quello reagente non ha chiesto di vivere da schiavo e poi da reietto, sul territorio americano. A proposito, anche i Re borboni di Napoli relegarono nelle altre, ancor più meridionali regioni del loro regno le plebi criminali a loro seggette e lì, in buona parte le abbandonarono, al confino, in una specie di riserva. Gli "scarti" della società britannica che nel meridione agrario fondarono la loro statica comodità sul lavoro senza riconoscimento di persone, dichiarate anche legislativamente e senza vergogna, come inferiori e, quindi, strumentali, si sono rifatti e ancor si rifanno sui negri. Era ora ed è normale che questi, in un contesto, anche da parte bianca, miserabile, meschino e violento, abbiano reagito. Lo fecero anche gli schiavi nell'antica Roma e gli Ebrei nel Ghetto di Varsavia.

Si salvi chi può.

Insomma, le fusioni fra le banche italiane, prossimo giro, si faranno contro voglia, all'insegna e durante il semestre del salvataggio delle medesime, la cui insolvenza nei confronti dei depositanti e dei risparmiatori-investotori, metterebbe la pietra tomabale sul quinto tentativo di alterare il quadro costituzionale e legale italiano. Cominciò Licio Gelli, proseguì Silvio Berlusconi, si adoperò Mario Monti, narcoltizzò tutti Enrico Letta, rilanciò con cipiglio da rappresentante studentesco Matteo Renzie che giocherà con le carte false che gli hanno messo in mano un ultimo giro di ramino. Gli scassati istituti di credito, pieni di crediti deteriorati, sottocapitalizzati e senza un mercato su cui ingrassarsi, vanno all'amamsso, all'accorpamento, nel quale le solite cricche cercheranno di confermarsi al timone senza bussola e di piazzare i loro rappresentanti ai vertci. Solo che i posti si fanno radi, mentre le dimensioni aumentano e il prossimo business della finanza de no' altri, sarà costituito dalle pensioni e dai servizi ex sociali, ora privatizzati a fini di lucro. Ma esistono zone del Paese nelle quali, per tradizioni atavache e concreti equilibri di potere, un'economia di mercato non è possibile: non c'è mercato, tranne quello delle clientele e, dovunque, le camorrille dei reddituari statici e assenteisti, non vogliono mollare, né, possibilmente, diluire il biberone finanziario che ingurgitano a colazione e la sera prima di coricarsi. Verranno quindi messi in atto dei dosaggi sopraffini, fra grandi e piccoli, con osmosi millesimate delle cariche. Sono però vent'anni che ogni giro di danza, ogni toponomastica innovativa, ogni conato commerciale in un contesto che non cresce, anzi regredisce, lasciano le cose al punto di partenza, sul quale ritroviamo immoti gli stessi profittatori e gli stessi clientes. Saranno spese parole da Anno Mille, col solito sproloquio buffonesco, che potrebbero consegnarci al giogo di un modello autoritario e illiberale. Purtroppo, l'opimione "moderata"italiana è ben prona a qualunque servaggio civile in cambio di mediocri, materiali, vantaggi; il concetto di etica civile le è ignoto; lo irride, ma non lo conosce. Spetterà alla sinistra, non a quella nostalgica, infrattata nelle pieghe del parlamentarismo, ma a quella non condizionata da una rappresentanza, che è da tempo nei fatti negata da potenze soverchianti, mantenere in rotta la navicella, secondo i canoni di una navigazione alla quale, molte volte, in tempi lontani e recenti, questo popolo, talvolta prono, ma smagato, ha mostrato di saper condurre. D'altra parte è la nostra unica speranza. Ho fiducia che possa accadere ancora.

La democrazia irrisa, senza pudore.

Il Financial Times e l'Economist sono due "autorevoli" Soli 24 ore inglesi, ovvero due severi quotidiani, espressione dei poteri transnazionali, che della City fanno e faranno il loro epicentro, a prescindere dalla Brexit. A maggior ragione, confermo il mio giudizio sulla natura liberale e democratica del voto inglese, democratica nel senso di popolare. Ecco la conferma che i poteri finanziari vogliono a tutti i costi che la costruzione continentale eurocentrica vada avanti, in spregio alla crescente condizione di difficoltà e, in molti casi, di indigenza, delle popolazioni Pigs. I due quotidiani, vessilliferi del libero mercato e propugnatori dello smantellamento delle "Costituzioni socialiste" post belliche dei paesi latini, si sono profusi oggi, all'unisono, in un appello che è sembrata un'ingiunzione, alle Commissioni brussellesi, perché ignorino i rigidi divieti di salvataggio erariale di imprese e banche nazionali e consentano all'Italia di salvare le sue banche corrotte e marce dopo sessant'anni di clientelismo e malaffare pilotato non sulle imprese industriali, ma su quelle tarlate della politica appropriativa e sotto-distributiva. Alle Grecia, per un puro fatto dimensionale binario: del territorio e della corruzione, non fu concesso, quel popolo fu calpestato. "Andrebbe in fumo il disegno", che già fu di Licio Gelli e di Silvio Berlusconi, di sottomettere nuovamente, anche sul piano civilistico, tutta la popolazione non possidente. E' stata incredibile la sfacciataggine, tutta liberale in senso deteriore, dei due "horgan house" del capitalismo, nel perorare la causa del fantaccino di Rignano sull'Arno, neo mandatario pro tempore dell'ennesimo tradimento degli Italiani. La City, continuerà dunque a comandare sui destini dell'esuropa minore, affidata in tutela e salvo incidenti di percorso, alla Germania. Autorevoli analisti sostengono da anni che la gestione della politica italiana è, dal dopoguerra, affidata ai buoni uffici dell'intelligence britannica, in un mosaico di equilibri di potere. Non so se sia un'ipotesi attendibile; anche se così fosse, tutto si svolgerebbe e si sarebeb svolto all'ombra delle Logge, come si addice alla più seria, ma anche, all'occorrenza, più torva tradizione massonica, ma, in ogni caso, popolarmente bisogna reagire alle intemerate dei gazzettieri dei capitalisti e non affidare, almeno sul piano formale, cioè giuridico, che è importantissimo, la direzione dei nostri interessi, che diventerebbero, indirettaemnte, i loro. E' bene cioè far conoscere ai corifei delle lobby e dei club il proverbio bolognaese, che recita: "comanda e fai da te, se vuoi essere ben servito" ( italianizzato ).

giovedì 7 luglio 2016

Psicodrammi di uno scorcio senza contorni.

Lo psicodramma dei tragici eventi, ridotti al rango infimo della violenza quotidiana, è coperto, con istantaneo riflesso dei commentatori del sistema, dal sentimento "comune" di una sola parte, che "condivide", senza in realtà curarsene, una speciosa unità di sentimenti. Invece, la realtà dei fatti resta lì, nella sua nudità e nei suoi concreti, circoscritti, nell'insieme irrisori e poco significativi fatti. Le dinamiche della vita e degli interessi non ne sono minimamente influenzate. La politica che cura direttamente gli affari, quella che si ritiene "concreta" e vuole una remunerazione diretta, si proponeva di cablare, attraverso l'adozione del medesimo sistema informatico, le Procure, intercettando le loro informazioni ed interferendo così nelle loro indagini. Accortisene, i Procuratori hanno dato corso, anticipandole, alle indagini in corso e hanno messo alla berlina la famiglia Alfano, il cui partito delle poltrone sta implodendo in queste ore. Gli intellettuali di buona famiglia di Dacca, secondo la testimonianza di un professore italiano - che ha selezionato un suo allievo, come modello - forse non erano come li hannno voluti dipingere: il suo era apatico e vuoto e non frequentava un collegio esclusivo, bensì un collegio escludente, per retta, ma tutt'altro che d'élite, né economica, né culturale. Quanto all'élitarismo culturale delle università private, che si palesano attraverso la pubblicazione dei migliori curricula, vorrei vedere se, nell'insieme delle iscrizioni e delle lauree che tengono in piedi l'istituzione, sponsorizzata dalle associazioni industriali e bancarie, tutti vengano laureati al medesimo livello. Mi pare un po' improbabile. Ricordo un mio occasionale compagno di lavoro che non dava mostra di sapienza né di costanza, che veniva a volte in banca, al termine dell'intervallo, con una bottiglia di vino, ma che era figlio di una funzionaria di livello della Banca d'Italia e che si era laureato alla Luiss. Il mondo noto - perché l'Africa, ad esempio, ne è esclusa - si involve, alla ricerca di equilibri sostanzialmente immutati e, se possibili migliorati, per chi ha mezzi e organizzazione per raggiungerli, rischiando, nel mezzo, di precipitarvi: il miglioramento delle condizioni materiali e, talvolta, morali, riguarda una percentuale molto ridotta degli aspiranti, mentre, su di una base puramente culturale, di diplomi, lauree ed educazione, sono tantissimi gli accorrenti, in lizza fra di loro. Peccato che siano tutti "educati" ad una simulazione imposta e, per forza maggiore, fatta propria. Simultaneamente, nel mondo del lavoro, reso convulso dall'ansia di vendere aria fritta e, dall'altro lato, di risparmiare sulla medesima, ciò che ciascun fa ha il solo e precipuo scopo di avvantaggiare se stesso e il perimetro dei propri interessi. Una precipitosa "union sacrée" nell' Euro, quando la fine dei confini ideologici ed economici fece saltare le dighe contro l'effluvio di denaro informatico, ha ricreato gli equilibri storici nell'europa continentale e messo alla gogna i disordinati Paesi meridionali. Il Vescovo elettrico, per la sua magrezza, Monsignor Zuppi in quel di Bologna, ha partecipato alla festa gastronomica per la fine del Ramadan e ha convenuto con gli astanti che, a tavola, non c'è guerra. Non la penserebbero così i nostri imprenditori tessili in Bangladesh se fossero ancora vivi. E' sufficiente svolazzare sulle cose e astenersi dall'entrare nel merito. Chissà se questi Vescovi alla buona diventeranno Cardinali: era meccanicamente previsto per i Vescovi di Bologna e di Palermo, dove è stato destinato l'altro prelato scalzo. E' Papa, dopo esere stato Vescovo e Generale dei Gesuiti argentini, poi Cardinale, il designatore. Ora, questo bonario "populista", sarà pur stato nel suo cursus honorum un gerarca della Compagnia di Gesù e della Chiesa tutta e voi ricordate un Papa che non abbia, in tempi recenti sospirato, belato "abrracciato" il mondo, sempre uniformemente schifoso e immutato? Dimenticavo che la loro visione o miraggio è trascendente, ma immanentemente, deposto il sorriso ufficiale, cosa pensano e come si comportano? Se i Vescovi scalzi resteranno tali, cambierà la Curia romana? Sono quotidiani, sulle agenzie di stampa che si occupano prevalentemente di cronaca, gli episodi immondi della vita comune, tanto che spesso da drammatici digradano in grotteschi. Sono circostanze che convivono o hanno convissuto con momenti felici, sentimentali, con aspettative mal riposte o svilite, corrotte dopo il loro conseguimento. Fanno parte della rappresentazione, prima a se stessi e poi agli altri dell'esistenza, sono falsi come i festeggiamenti e i compiacimenti, eppure sono purtroppo delle verità, che come diceva del cinema, dello spettacolo pubblico, Michel Cimino, mentono continuamente.

martedì 5 luglio 2016

Valore d'uso e impossibili speranze.

Dunque, chi si affolla nelle zone franche degli scafisti e dei loro barconi, o è un esfiltrato di nuclei familiari che remunererà con le sue rimesse, oppure è destinato ad un altro uso. Nel primo caso, la famiglia o il clan avranno messo da parte diecimila euro per investirli su di lui; nel secondo, affamati e senza relazioni, si sono portati al loro macello, dopo essere stati allevati dalla solitudine e dalla miseria. Lo spirito d'impresa non latita neppure nel terzo mondo, si esercita solo in forme scoperte. Dopo i reclutatori e a volte grossisti di schiavi per i negrieri, dopo l'emigrazione clandestina di qualche figlia femmina, di famiglie debitrici, per esercitare la prostituzione a favore dei creditori ( più spesso creditrici che sponsorizzano l'affare del "debito" perenne, attraverso gli interessi ) ecco che si organizzano delle holding multi-funzioni: dalla crociera affollata, all'espianto degli organi dei null'altro tenenti, previa uccisione, in appositi luoghi, ma anche all'aperto, avendo in dotazione delle borse termiche per il trasporto. Ne consegue che, per evitare il deterioramento e lo spreco del materiale da investimento esiste una fitta rete di tramiti, dedita alla capillare opera di sfruttamento : concessionaria multibrand, ma anche una clientela sicura di acquirenti impiantati e di impiantanti professionali. Mentre a Roma si consuma l'ennesima replica del lucro fiscale, con una estesissima ed incrementantesi congerie di collaboratori e di fruitori, ci viene offerta una "perla" della realtà dei rapporti etologici, nei quali alla clama ed alla soddisfazione degli acquirenti del primo mondo, trovatisi in precarie condizioni di salute, corrisponde simbioticamente tutto lo sfruttamento possibile del terzo e del quarto, privando della vita, insieme ad una speranza ingenua e mal riposta, chi è rimasto invischiato nella tela del ragno o nel collante del primo mondo, a cui sta appeso a schermarne le aspettative e la natura, il secondo mondo. Esiste una zona franca che, una volta inoltrativisi, non concede scampo. Ogni altra considerazione suona superflua e vana.