domenica 31 luglio 2016

Assedianti, assediati, a rotazione e esiliati potenzialmente colonizzatori.

Se non fossero i gesti dei kamikaze islamici a richiamarci alla mente l'esistenza di un problema bellico nelle aree calde dell'energia calante, in un contesto di crisi finanziaria occidentale, la guerra mondiale per interposta etnia e religione, non ci sfiorerebbe. Anche così, la reazione quasi unanime consiste in un sentimento di paura per se e per i propri cari, dispersi per turismo in ogni parte del mondo o aggredibili anche sulle spiagge nostrane. Fino ad eventi originali, la paura resterà confinata negli ambiti delle possibilità mediatiche sperimentate. Quasi nessuno riflette sulla durata delle guerre in corso nelle regioni da cui provengono i profughi, in Siria, ad esempio, la guerra civile imperversa da cinque anni ed è ora ad una stretta finale - con il preesistente paese diviso a metà - fra i lealisti di Assad e il Califfato - ma anche in nazioni da tempo dimenticate, come il libano, persistono lotte più circoscritte fra Sciiti e Sunniti e fra questi e le comunità cristiane. Spesso alla base dei conflitti, fomentati, ci sono interessi economici, soprattutto di coltivazione di terre fertili; in Siria, anche per le ultime fonti idriche utilizzabili. Le fazioni in guerra sfruttano queste situazioni, le potenze regionali, come Israele, le dirigono o le condizionano, così come fa il Califfato che usa i profughi come arma di guerra, ne costringe le migrazioni e li indirizza in massa verso i Paesi della vicina frontiera occidentale, anch'essa in guerra con loro, per destabilizzarli, da un lato e per stabilizzarne i riflessi negativi e potenzialmente violenti per molti anni a venire. L'Italia, che tratta sistematicamente, portafoglio alla mano, con i suoi informali avversari, è pure impegnata in guerre non dichiarate e neppure illustrate al parlamento, in diverse aree calde, anche contro l'Isis, ma solo con corpi speciali, ridotti di numero, ma super equipaggiati e micidiali, alla ricerca di obiettivi parziali, ma sostanziali, nello scacchiere, nelle quinte colonne delle coalizioni geo strategiche e geo energetiche. I popoli stanziali, poveri, di terre martotiate nel silenzio complice dei media, si devono trasformare in esuli e girovaghi proprio verso quellle contrade, aliene per cultura, organizzazione e modello economico e morale, che hanno favorito, dopo la fine della guerra fredda, la dissoluzione della loro, per prevalenti interessi di controllo delle fonti energetiche, violentando il loro costume. Nel farlo, si sono attivate tutte le mafie endogene alle loro etnie medesime e, strada facendo, i calcoli delle opportunità teoricamente meno sfavorevoli, per alcuni di loro, al quale si è subito opposto il criterio opposto dell'accoglienza rifiutata o selezionata, mettendo rapidamente in crisi l'altro recinto dell'Unione europea, già salassato dalla crisi finanziaria proveniente dal nord america. Di tutto questo si continuerà a non parlare perché chi detiene le chiavi della cassa, che finanzia anche i giornali e che condiziona politicamente le formazioni sociali ufficiali, non ne è interessato se non in termini di analisi speculativa, sempre pronto a mettere i soldi e gli interessi sulla posizione di tiro, angolata opportunamente, di altre nazioni, anzi dell'anazionalità finanziaria. Vil razza dannata, costretta, come gli Ebrei all'itineranza, ma che non potrà costituire un'etnia chiusa in se stessa, quanto più di tutte le altre aperta alla realtà del mondo e, per ciò stesso, costretta a subire tutti gli schiaffi e le umiliazioni possibili, sperando solo che si possano contingentemente esaurire. Per poi riprendere, riabbattersi, assoldando anche qualcuno dei sommersi e salvati. Come ben sanno gli Ebrei ed i cristiani, tutti figli, più o meno legittimi, del Libro, che offre tre ricette diverse per attaccare, resistere e prevenire.

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