sabato 23 luglio 2016

La vita e la morte sono scansioni temporali con intrinseci rimandi, adattati alle circostanze..

La velocità delle informazioni ne altera l'attendibilità, ma ne svela l'artefazione, a volte da essa stessa e dalle sue dinamiche, indotta. I primi flash d'agenzia recavano ieri: "sparatoria in corso a Monaco, al grido di Dio è il più grande, tre uomini, armati di armi automatiche, hanno aperto il fuoco nel più grande supermercato di Monaco di Baviera". Gli stessi testimoni asserivano che gli attentatori erano tre, tre ne ricercava la polizia, bloccando i trasporti nell'intera città e, qualche ora dopo, si citava un'altra sparatoria in corso a qualche chilometro di distanza. "E' terrorismo, Monaco sotto attacco, come Parigi e Bruxelles". Si attendeva la rivendicazione dell'Isis che, se fosse passata qualche ora ancora, forse sarebbe arrivata. A quel punto, il "gunner" si era già ucciso, sparandosi un colpo, dell'unica rivoltella usata, alla tempia. I morti giacevano a terra, coperti ed ignari della loro sorte, come i morti in genere, dato che il senso se lo danno in vita e, in morte, glielo danno gli altri. Con la stessa superficialità, del resto attinente e congrua a tempi superficiali ed a riferimenti immaginari e semoventi, questa mattina, reiterando l'assurdo convenzionale che evita di prendere in considerazione e in carico l'assurdo prodotto e vissuto, con un sospiro di sollievo dissimulato per essere ancora esenti dalla guerra asimmetrica ( alla quale la Germania non partecipa ), sono state spese parole di rito e di associazione al "comune dolore "europeo" per gli atti imprevedibili che insidiano le nostre vite". Imprevedibili solo riguardo al momento ed al luogo in cui si verificheranno, anche se lo sparatore aveva "invitato", tramite un annuncio su Facebook, quante più persone possibile da Mc Donalds, dove ci sarebbe stata una distribuzione gratuita di cibo, per una qualche ritualità sociale o ambientale. Fra l'altro, è proprio all'ingresso di Mc Donalds che il diciottenne tedesco, figlio di immigrati iraniani, ha cominciato a sparare, gridando: "sono tedesco" e, in sintesi, la sua breve storia di emarginato. In quel marasma da riflesso condizionato, in cui tutti fuggivano, dimentichi per un attimo delle loro ritualità domestiche, lavorative, vacanziere e sociali altamente invidiose e competitive, verso un ricetto dal quale recuperarle e che erano le stesse, altrimenti vissute, che il diperato omicida e suicida andava gridando. Poi, è vero che era fuggito, ma non in metropolitana come tutti logorroicamente affermavano e come anche la polizia, custode di quei cittadini, aveva creduto: si era portato in un giardino pubblico, confuso e ignorato di nuovo e si era seduto su una panchina, dove, portandosi la pistola alla tempia, si è ucciso, in un tripudio di morte che, come quella "normale" vive ed aleggia intorno a noi, rimossa e provocata dai nostri maligni comportamenti.

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