giovedì 21 luglio 2016

Il controcolpo di Stato.

Non so se, in questa circostanza, il colpo di Stato turco si sarebbe limitato a ripristinare la preminenza degli apparati borghesi più acculturati e più ricchi o avrebbe infierito su tutta quella parte della popolazione fideistica che non li avrebbe accettati come avveniva in passato. Sta di fatto che Erdogan, azzerando i vertici delle Università, togliendo l'abilitazione all'insegnamento a migliaia di professori e licenziando migliaia di burocrati statali, sta definitivamente azzerando l'opposizione, quella che forse avrebbe gioito per la sua deposizione, ma che non può essere stata parte attiva in un pronunciamento militare. A questo punto, scosso e disperato, isola il suo Paese dal contesto che conta. Ma avviene veramente? La base dalla quale partono i caccia statunitensi che bombardano l'Isis, è stata riaperta ancor prima che venisse ispezionata dalle forze lealiste, il filo spinato opposto alle migrazioni dai Balcani non è stato rimosso ed alla forte reazione emotiva contro gli Stati Uniti non sono seguiti fatti concludenti. Casomai, Erdogan ha frettolasamente fatto la pace con Vladimir Putin che gli ha offerto la sua possibile collaborazione e, una tenaglia russo-turca sul continente, sarebbe superiore a quanto potrebbero dispiegare i Paesi NATO in questa parte del mondo, richiamando in attività gli Stati Uniti, se intenzionati a riaffermare la propria egemonia. Se Erdogan ha subito un attacco o lo ha provocato ad arte sarà la propaganda avversaria a stabilirlo, ma le mosse scoordinate delle potenze occidentali stanno contribuendo a creare un contropotere, sia pur spurio, sullo scacchiere che presumavano di presidiare, dopo l'implosione del comunismo. In ogni caso, Erdogan sta procedendo ad una purga fra i quadri dell'amminsitrazione turca: si sta creando il terreno più fertile a molte carriere bizzarre e altrimenti impossibili, quelle di chi si improvviserà Rettore d'Università et similia in cambio di una piatta fedeltà. Insomma, la Turchia non è e non può essere uno Stato democratico, non bastano gli europeizzati di ritorno di Istanbul ad accreditarla e dopo il diniego, ambiguo ma finora reiterato, ad accoglierla, nonostante si continui a demandarle tutto il lavoro sporco ai confini, prima verso Patto di Varsavia ed ora contro le migrazioni via terra, Erdogan, forte di un innegabile consenso popolare, ha trascinato lo Stato turco nell'orbita dei costituendi confini di un nuovo Sangiaccato. Poteva passare la mano, ma ha deciso di portare la deriva alle sue ancora non definite conseguenze, fino a che qualche potenza straniera, in combutta, ha deciso che era venuto il momento di deporlo ed è ricorsa a un esercito dimostratosi diviso. La Turchia è extra-europea, ma la sua utilità pratica è ancora appetita. Che cosa avverrà d'ora in poi è sotterraneamente subordinato a questa incongrua vicinanza. In ogni caso, lo scontro è più che mai, nel sentimento popolare almeno, una lotta di civiltà e un intrigo di inciviltà nelle scarsamente analizzabili trame prosaiche.

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