martedì 19 luglio 2016

Senza paraventi.

Mentre la rivincita dell'apparato partitico di Erdogan si accanisce sugli sconfitti - che non si sarebbero comportati, forse, diversamente se avessero attinto al potere - vien da meditare sulle incongruenze democratiche, non solo della Turchia, ma di tutte la nazioni nate inabili dopo la fine della contrapposizione fra i blocchi. E' rimasta solo la NATO ( che in termini ideali non avrebbe più ragione di esistere, come il Patto di Varsavia ) a "vigilare" su assetti turbati e compromessi anche nel suo stesso ambito ed a sua stessa cura: In Iraq non c'è certo un sistema democratico, la Siria è divisa fra una ridotta ancora in quota di Assad, sotto il protettorato russo, la Francia è impegnata in una guerra di compensazione alla sua crisi in europa e subisce le repliche degli aggrediti, il Califfato è uno Stato a tutti gli effetti anche se non riconosciuto. La Grecia è spianata in europa nella miseria più irrimediabile, l'Inghilterra ha lasciato la comunanza parziale con gli altri paesi dell'Unione europea, l'Italia è al terzo mandato governativo senza bisogno di elezioni. Si direbbe che i nostri "golpe" siano incruenti, perché concordati all'interno di istituzioni "trattativiste" con tutti i poteri reali. Sul fronte orientale, le elezioni russe sono un'alternanza fra Putin e Medvediev, una diarchia dittatoriale che ha selezionato gli oligarchi, con l'apparenza della democrazia elettiva ed i costumi mercantili che originariamente, ma altrove, la sottendevano, rimasti come mera parata. La Cina è passata dalla sera alla mattina dal comunismo più invadente alla più sregolata economia di mercato protetto: dai dazi e dalla concorrenza qualificata che non riesce a competere sui prezzi, nell'illusione low cost di acquisizione popolare di beni sofosticati. Il regime ed il partito unico sono rimasti al potere, l'economia più speculativa è affiancata da un sistema di nomine, revoche, cooptazioni verticistiche, ma non per questo, nel mondo finanziarizzato, il capitalismo risulta incongruo o non funziona. Per quello che riguarda il medio oriente islamico, arabo e non, bisogna prendere atto che il Presidente egiziano dei fratelli Musulmani, Morsi, era stato democraticamente eletto dal popolo, pecoreccio fin che volete, ma non è democrazia espressione equivalente a potere popolare? Lo stesso dicasi della dittatura algerina, subentrata con un colpo di Stato fomentato dalla Francia, più di trent'anni fa e mai rimossa, perché nelle elezioni regolari avevano vinto gli islamisti, cioè il popolo, tenuto sotto tutela come si fece per cinquant'anni con il popolo comunista in Italia, dove, durante la Presidenza di Antonio Segni si sentirono tintinanre le sciabole del generale Di Lorenzo e dove, ad un passo dal compromesso storico con il PCI, Aldo Moro trovò la morte. Adesso tocca alla Turchia. Mi rendo conto di entrare in contraddizione con me stesso: Erdogan stava trascinado il suo paese verso una deriva islamica progressiva, basandosi sul popolo o popolaccio che dir si voglia, ottenendone, l'ultima volta, l'investitura con il 50% dei voti. Un plebiscito, in due fasi, dopo che, durante la prima, i Curdi avevano portato in Parlamento il 10% dei deputati. Fra i Curdi e il 40% di opinione laica, europeizzante o vetero kemalista, spesso Erdogan ha forzato la mano, mostrando forti intenzioni dittatoriali, che cercava di mascherare, barcamenandosi fra l'occidente e l'Isis, con il quale la sua famiglia aveva lucrosamente trattato. E questa è la goccia che ha fatto traboccare il vaso di un golpe non riuscito per le forti radici che il partito di Erdogan ha mostrato di avere piantato nel terreno sociale turco e che ora lo espone al richio di trasformarsi in un dittatore senza altri infingimenti. Del resto aveva già oscurato i social network, cosa che neanche i golipisti avevano fatto e incarcerato direttori e giornalisti di testate critiche e di opposizione. Però era stato democraticamente eletto e se il popolo turco voleva rincuorarsi nei suoi archetipi ancestrali o comunque arcaici, corenza vuole che fosse nella facoltà di farlo. Invece non è così; le cointeressenze, più che influenzare, determinano e, all'apparir del vero, la democrazia è solo un'astuzia retorica di mantenimento di interessi materiali congruenti ad un certo tipo di economia, nel quale trovano non dichiarato ricetto, religioni, pensieri, convinzioni e qualche illusione di un altro pecorume popolare.

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