domenica 24 luglio 2016

Il conflitto di civiltà e il rinato conflitto di classe sono realtà incomunicabili.

Nelle strade e nelle piazze, il dibattito non è mai fra i più qualificati, ma se i dialoganti hanno un affetto, uno scopo comune, al variare dei toni non corrisponde quasi mai una rottura e la discussione riprende il giorno dopo o tempo per tempo. Era il caso dei pensionati tifosi di pallone in Piazza Maggiore, a Bologna, che,a nche quando discutevano di politica da posizioni opposte, di solito continuavano all'infinito a confrontarsi su di una base illusoria rispetto alle intenzioni non manifeste dei rispettivi partiti. Quando c'è separatezza e incominicabilità fra persone, portatrici di illusioni diverse e di cui una parte è ospite, alla ricerca di un lavoro, ottenuto o meno il quale si troverà in un meccanismo organizzativo alieno e frustrante, ripiegando sui suoi costumi, illusori perché privi di sotentamento, ecco che alla discussione si sostituisce la violenza, reale o verbale, da questo punto di vista, poco importa. L'esempio più calzante di quanto precede può prender forma nello stilicidio di omicidi in Germania ad opera di giovani immograti disadattati - ma i compagni di scuola dello sparatore suicida di Monaco hanno ammesso di averlo mobbizzato -, dapprima su un treno, poi all'ingresso di un Mc Donalds, infine oggi davanto a una rivendita di Kebab, prospiciente il Mc Donalds. C'è un effetto imitativo, ma anche un disadattamento diffuso in una società rigidamente ordinata, anche nei suoi vizi, come quella tedesca, che però non risulta inclusiva per gli stranieri sparsi, che non siano turchi, per il loro numero, soprattutto nei confronti dei ragazzi. C'è in questo un po' dello spirito razzistico dei tedeschi, storico, ancor prima delle sue aberrazioni? Oggi pomeriggio, nella larga spianata che fronteggia il Mc Donalds di Monaco, teatro dell'invito con sparatoria di tante icone dei ragazzi mobozzatori e di anche di qualche compagno, attratto in trappola da un falso annuncio su Facebook, si sono ritrovati, come, immagino, ogni giorno, avventori di diverse etnie. Ad un certo punto, un ragazzo di religione o cultura islamica ha preso ad inveire contro gli astanti e i passanti, alcuni dei quali recavano lumi votivi e fiori dove era caduto il maggior numero di persone, ed a gridare che il mondo è ingiusto, individuando in loro un'entità non solo estranea, ma anche ostile . Poi, insieme, hanno intonato l'inno religioso: Dio è grande o il più grande, come fanno ogni volta che pregano. Evidentemente, preghiera e atto finale talvolta coincidono, ma questo avviene in occasione della morte, in tutte le religioni che conosco. La reazione di altri ragazzi tedeschi e di alcuni passanti, in un contesto ambiguo, non è stata civile: gli insulti, anche blasfemi, si sono rivolti proprio contro i principi, per passare alle persone, apostrofate come "merde, coglioni" e via insultando. La polizia, presente, non è intervenuta, mentre i tedeschi la sollecitavano a farlo. Questo è stato un episodio di incomunicabilità totale e di riaffermazione di un reciproco pregiudizio che, dalla parte dei giovani islamici, comprende lo sradicamento, la povertà e l'esclusione, relegandoli appunto nelle loro ridotte sovvenzionate. L'inaccessibiltà reciproca, se non sul piano della preminenza e della forza, bruta nel caso dei reietti e riaffermativa, sentenziosa ed offensiva nel caso degli indigeni integrati, è un dato di fatto, che nessuna retorica potrà rimuovere.

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