venerdì 8 luglio 2016

Si salvi chi può.

Insomma, le fusioni fra le banche italiane, prossimo giro, si faranno contro voglia, all'insegna e durante il semestre del salvataggio delle medesime, la cui insolvenza nei confronti dei depositanti e dei risparmiatori-investotori, metterebbe la pietra tomabale sul quinto tentativo di alterare il quadro costituzionale e legale italiano. Cominciò Licio Gelli, proseguì Silvio Berlusconi, si adoperò Mario Monti, narcoltizzò tutti Enrico Letta, rilanciò con cipiglio da rappresentante studentesco Matteo Renzie che giocherà con le carte false che gli hanno messo in mano un ultimo giro di ramino. Gli scassati istituti di credito, pieni di crediti deteriorati, sottocapitalizzati e senza un mercato su cui ingrassarsi, vanno all'amamsso, all'accorpamento, nel quale le solite cricche cercheranno di confermarsi al timone senza bussola e di piazzare i loro rappresentanti ai vertci. Solo che i posti si fanno radi, mentre le dimensioni aumentano e il prossimo business della finanza de no' altri, sarà costituito dalle pensioni e dai servizi ex sociali, ora privatizzati a fini di lucro. Ma esistono zone del Paese nelle quali, per tradizioni atavache e concreti equilibri di potere, un'economia di mercato non è possibile: non c'è mercato, tranne quello delle clientele e, dovunque, le camorrille dei reddituari statici e assenteisti, non vogliono mollare, né, possibilmente, diluire il biberone finanziario che ingurgitano a colazione e la sera prima di coricarsi. Verranno quindi messi in atto dei dosaggi sopraffini, fra grandi e piccoli, con osmosi millesimate delle cariche. Sono però vent'anni che ogni giro di danza, ogni toponomastica innovativa, ogni conato commerciale in un contesto che non cresce, anzi regredisce, lasciano le cose al punto di partenza, sul quale ritroviamo immoti gli stessi profittatori e gli stessi clientes. Saranno spese parole da Anno Mille, col solito sproloquio buffonesco, che potrebbero consegnarci al giogo di un modello autoritario e illiberale. Purtroppo, l'opimione "moderata"italiana è ben prona a qualunque servaggio civile in cambio di mediocri, materiali, vantaggi; il concetto di etica civile le è ignoto; lo irride, ma non lo conosce. Spetterà alla sinistra, non a quella nostalgica, infrattata nelle pieghe del parlamentarismo, ma a quella non condizionata da una rappresentanza, che è da tempo nei fatti negata da potenze soverchianti, mantenere in rotta la navicella, secondo i canoni di una navigazione alla quale, molte volte, in tempi lontani e recenti, questo popolo, talvolta prono, ma smagato, ha mostrato di saper condurre. D'altra parte è la nostra unica speranza. Ho fiducia che possa accadere ancora.

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