giovedì 27 marzo 2014

Il convivio.

L'atmosfera è ovattata, regna il silenzio. Il primo cassiere sbriga la clientela senza mandarla dal collega e, nel frattempo, sembra un chierico in attesa di ordinazione. Compreso e austero un canonista si accinge a impartire l'unzione, chissà se in fronte. Un morbidissimo compositore mi si approssima e mi intalca con romantica annunciazione: faremo colazione insieme. Immagino che ci riuniremo in qualche trattoria nei pressi e, seppure non particolarmente felice, decido in cuor mio di partecipare, non sembrandomi una richiesta eccessiva, se formulata una tantum. Nessuno parla. Anche al mio fianco, mi accorgo che il telemarketing è stato spento durante la confessione del burbero telefonista, mentre il suo interlocutore assente, vagamente circonfuso di nitore e sacralità. C'è anche un signore che, quando mi passa appresso, accennando ad un garbato e contenuto sorriso, mi sembra umano, normale. Tutto il contrario dell'impressione che trasmette la sua fotografia ufficiale. Resto incerto circa la veridicità rivelatrice dell'immagine o la sua ingiusta alterazione. Beethoven ripassa diverse volte con il suo computerino da viaggio; annota, sembra osservare..che i clienti vanno tutti, in prima battuta dal rimbalzista che, in questa occasione, li accoglie tutti. Durante il colloquio che ho intravisto, perché non era possibile ascoltarlo, ho colto caste emozioni, diffusi rossori, comprensione e, quando ho detto che qualcuno era in procinto di prendere i voti, un sorriso sarcastico e compiaciuto, come quello del diavolo nei dipinti medievali. Va beh - mi sono detto - sarà una palla a rima baciata, nella quale tutti prenderemo impegni eteronomi che ci saranno richiamati come ai Presbiteri, fino a che non saremo più in grado di uscirne. Ma, data l'eccezionalità dell'evento, era meglio non dar mostra di misantropia. Verso le tredici, però, è comparso l'oste della vineria di fronte e un sospetto, dapprima rimosso, mi ha visitato: ma si fa colazione al sacco? La conferma giungeva in extremis - come sempre, per noi non iniziati - e di mangiare su un tavolo di lavoro, come un muratore su una impalcatura, proprio non mi andava. Rientrando, incrociavo sulla bussola la direzione centrale e quella locale, accorsa perché guidata da una stella cometa. Mi informo presso i colleghi:"avete mangiato bene? Dei panini". Briciole e affari o affari in briciole. Dopo la ripartenza dei Magi, stranamente, l'attività consueta non riprendeva, come dopo l'ultima assemblea mattutina del personale. I militanti continuavano a riunirsi, operativamente, si sarebbe detto. La fase interlocutiva con la clientela, diventava interlocutoria; facevo quel lavoro di segreteria telefonica che - sempre fuori orario - mi viene spesso raccomandato, anche quando il drappello guarda una registrazione. Passata una mezz'ora di coordinamento e raccordo, i fanti assaltatori sono usciti di gran carriera, mentre gli altri - tre o quattro in tutto - sono ripiegati sulle posizioni aduse. Prima di uscire, Beethoven mi ha ristretto la mano e mi ha fatto gli auguri, che io, con sincera corrispondenza di costume, gli ho ricambiato con sincerità.

lunedì 24 marzo 2014

Il tratturo.

Il clone fiorentino di Alberto Sordi continua nell'opera di smantellamento della Costituzione italiana. Tenta, per pura ambizione personale, di sintetizzare il lungo e dispersivo lavoro di Silvio Berlusconi, al quale, personalmente, non importava più di tanto ed al quale i "democratici" si sono opposti per pura tigna. Ben lungi dal rappresentare qualcosa, il grullo impersona i desiderata di poteri estranei, secondo la tradizione che vide accantonati i tratti autoritari della società italiana, dopo l'ultima guerra, senza che nelle coscienze e negli intelletti fosse maturata una revisione profonda di prospettive e convincimenti. Per dare un colpo all'inclita e l'altro al volgo, hanno estratto dal cilindro questo ometto qualunque, buono per tutti: bianchi, rossi, verdi e neri, come diceva appunto Alberto Sordi. In reatà, sono i "vitelloni" a non essere mai morti ed a suscitare l'accigliata condiscendenza di Frau Angela, che il discolo di destra diffamò come "culona inchiavabile". In attesa della discesa in campo della Pascale, in veste di fidanzata o di moglie, una Evita campana. Fantastico il piano dell'attuale interprete di siffatto copione, per il lavoro precario di seconda generazione, dato che la prima è già definitivamente disoccupata; venerdì toccherà all'abolendo Senato per simil-aziendali ragioni di costo. Che vi sarebbe poi da analizzare in un contesto subordinatamente dirigistico? L'unica possibilità di continuare a cumulare prebende fuor di ragione e pensioni da nababbi, è l'inconsistente Parlamento europeo, privo di qualsiasi facoltà legislativa, eppur troppo ambito per far credere che l'attività di parlamentare si coniughi con individuale e specifico spirito d'intervento. Dev'essere una gran noia, ma ben retribuita. Di convention in convention, una povera Guida dei nostri tempi, si è sentito in obbligo di accreditarsi una funzione di incremento del benessere sociale, avendo aumentato, la sua azienda, l'occupazione di ben 107 - mi pare - unità = 107 famiglie anagrafiche, dimenticando che si è trattato di più di 80 private bankers, con portafoglio, trafugato ad altre casse, al seguito. L'esempio è stato proposto all'ABI, da un comunicato stampa dei disastrati sindacati che furono, a esemplificazione della loro confusione mentale, frutto di un collateralismo neppur più apprezzato. Questo è stato l'unico contributo sociale della bugiardissima Guida, mistificatrice di realtà come tutti gli altri dipendenti adepti del suo partito lucrativo. La Corea del nord non è solo in Asia. A un certo punto della penultima perorazione al plenum del suo partito ha anche soggiunto: Io pago tante tasse ( deve essergli andato male in contenzioso con l'ufficio tributario ) ma sono contento, anzi orgoglioso di pagarle. Vuol dire che incasso tanto e che creo ( per chi? ) tanta ricchezza. Chissà se i proprietari, in questo caso, saranno dello stesso parere. Un piccolo apparatčik mi disse, al proposito, che non c'era da vergognarsi della pur ammessa, clamorosa, evasione fiscale, perché, nel "nostro ambiente" imprenditoriale, tutti evadono e nessuno si scandalizza, anzi solidarizza. In questo ipocrita Paese, la legge 194 sull'interruzione volontaria di gravidanza non si applica più, perché tutti i ginecologi ospedalieri sono obiettori di coscienza. In realtà sono obiettori di carriera, essendosi resi conto che la loro disponibilità si traduceva in esclusività, a scapito di tutte le altre applicazioni professionali, in reparti nei quali, le brevi-degenti sono spesso trattate con offensiva aggressività dal personale infermieristico, se non altro per ignoranza, pur in costanza di comportamenti privati del tutto dissonanti con quegli pseudo-principi, che l'educazione ambientale ha loro sovrastrutturalmente conservato. In altri termini: queste cose si fanno come si sono sempre fatte e, insieme ad esse, molte altre di cui però non si può essere artefici alla luce del sole, in corrispondenza ad una legge dello Stato. In attesa del rasoio che estirperà la vita nascente dal loro utero, le degenti sono visitate da pazzoidi, che, con occhi spiritati, minacciano le fiamme dell'inferno e distribuiscono Vangeli fra le corsie, nei quali, mi pare, non si parla dell'aborto. Ma di qualcosa di assimilabile, per ogni circostanza.

domenica 23 marzo 2014

Destinazioni..di ieri e di oggi.

C'è un condominio, in un quartere di Bologna che sorse quando il regime fascista decise di costruire una intera conurbazione di case per gli operai: allora c'erano, non erano disoccupati. Su qualche muro perimetrale, la originale destinazione è ancora leggibile. Il teatro Testoni, dedicato alle rappresentazioni per i ragazzi ed i bambini, era allora la sede della Decima legio; anche di quella triste e stinta destinazione, si sono potute leggere le ombre ancora impresse sul muro, sopra il portone d'ingresso. Era una sorta di commissariato della milizia del regime, incaricato di sorvegliare e di reprimere quel quartiere operaio, nel quale alla beneficenza politica, un surrogato del clientelismo moderno, non era corrisposta, almeno non sempre, la riconoscenza di quel popol pravo, come avrebbe detto Bonifacio VIII. Così, coloro che avevano fama di oppositori, vi venivano periodicamente convocati per essere avviliti, attraverso la somministrazione dell'olio di ricino, in quantità sufficiente da non consentirgli di arrivare in tempo a casa. Oggi è un quartiere di carattere prevalentemente popolare, ma ben integrato, servito. Al suo interno hanno trovato dimora molti immigrati extracomunitari e sono sorti alcuni negozi etnici. All'interno di questo quartiere c'è un bel palazzo - visto dall'esterno - di cui è proprietario un singolo soggetto, che ha scelto di affittarlo a persone a basso reddito, ma in transito, degenerandone la funzione abitativa ad ostello temporaneo. Così facendo non si lega a lunghe e difficoltose precedure di sfratto e mantiene stabili i suoi introiti, senza preoccuparsi di nient'altro che di quanto precede. Sta di fatto che il brutto condominio - al suo interno - si è segnalato nell'arco di meno di dieci anni per due episodi, più adatti ad un accampamento - se non vi vigessero, molto spesso, costumi e regole severe - che ad un complesso, di un certo pregio, destinato a civile abitazione. L'ostello del primo che passa ha già conosciuto l'efferato delitto della piccola Sara Jay, uccisa dal giovane convivente della sorella, con la quale avevo già avuto un figlio o una figlia. In quella storia, al degrado culturale e morale di quella povera famiglia si era aggiunta la folle infatuazione di un giovane serbo, che viveva in "comunità" con tutta la famiglia. Pochi giorni or sono, un rumeno, regolarmente impiegato in una società di costruzioni edilizie, ha portato in cantina una povera disabile neurologica e l'ha violentata, insieme a due connazionali che aveva invitato al festino. Costei, però, ha avuto coraggio e ha denunciato gli aggressori, due dei quali sono già stati arrestati, mentre il terzo è stato identificato. Se i gesti di questo tipo che vengono alla luce, sono sempre opera di figure minori - in tutti i sensi - della società, non va taciuto l'aspetto grettamente speculativo che ha assunto l'affittanza in città, negli ultimi decenni. Dagli studenti in nero - fenomeno verso il quale si sta correndo tardivamente ai ripari - alle pigioni nascoste di stranieri che lavorano, in regola, ma anche in nero ed occasionalmente, per salari da fame e in condizioni di personale degrado. Da tempo, gli appartamenti ed i locali sfitti vengono impiegati per attività prostitutive, per stivarvi clandestini in attesa di sistemazione presso aziende del circondario e, nel condominio in questione, per riciclare rapidamente, pigioni e locali, alla stegua di un albergo da quattro soldi. Il propietario e amministratore di tutto questo, non si è mai peritato di introdurre un regolamento minimo di convivenza e si è ben guardato dal selezionare l'utenza. Quanto si è ripetuto, si fonda anche su questo. Il rapido ripiegamento del costume civile e civilmente gaudente di Bologna è sotto l'attacco concentrico dei flussi migratori indiscriminati, delle mafie che gestiscono la prostituzione e che trovano, per forza di cose, la complicità interessata della criminalità locale o di quella che vi si è radicata. L'assenza di una vita associativa e culturale e la precarietà esistenziale che le norme neo-contrattualistiche e la crisi produttiva inducono, la sta trasformando in una delle tante violente conurbazioni, verso le quali si era distinta in positivo negli anni. La causa di tutto questo non può essere attribuita solamente alla inciviltà e alla bestialità di persone ai margini, ma anche, sinergicamente, all'affinamento dell'egoismo speculativo di chi interagisce, con tanta sottigliezza, verso queste situazioni di disagio a trecentosessanta gradi ed alimenta quell'emarginazione morale che, con sistematica costanza, è alla base di così triste decadenza. Dai quartieri popolari, si sta passando agli slums ed a questo contribuiscono il vagabondaggio, lavorativo e non, di tante persone, l'illusorio richiamo pubblicitario verso una condizione che sarà subito loro negata, la speculazione circa l'insussistenza di norme contrattuali responsabilizzanti per chi utilizza forza lavoro, la disponibilità ad ogni compromeso, per sopravvivere, di quasi tutti i migranti, la grifagna caparbietà di chi vuole mantenere e incrementare il suo status apparente e far fruttare i suoi beni, al di fuori di ogni contesto responsabile. Leggo che il Comune si propone di intervenire ( con quali mezzi, in base a quali leggi? )in questo triste ginepraio, prima che diventi inestricabile. Sarà una buona cosa se i regolamnti civici, lungi dal negare, vietare e reprimere, sapranno filtrare e ricondurre nell'alveo della tradizionale accoglienza ( fin troppo equivocata e abusata ) della città tutte le fenomenologie che il mutamento del modello sociale comporta. Ma la sottile ipocrisia di tutti quelli che vi concorrono, istituzionalmente e nelle formazioni sociali private, nell'uso dei propri beni e nell'atteggiamento, censorio da un lato e speculativo dall'altro, difficilmente saranno rimossi, perchè, a differenza delle consimili condizioni indigene del dopo guerra, manca il substrato giuridico ed economico sul quale riavviare una sempre insufficiente, ma utilissima opera di inclusione che si faccia garante della coesione comune.

venerdì 21 marzo 2014

Esiti attesi.

Come da copione, l'Ucraina che ha deposto il suo Presidente eletto, ha aderito all'Unione europea, mutilata della Crimea, che storicamente non le era mai appartenuta, ma che non era mai appartenuta neppure alla Russia, bensi al popolo musulmano dei Tatari che, da egemoni che erano, sono stati ridotti al 13% attuale da Stalin, che è quasi riuscito a sterminarli e che al referendum indetto subito dopo l'occupazione, non hanno partecipato. La rivolta post arancione è stata fomentata da interessi più anti russi che pro Ucraina, che, a livello di rappresentanza popolare, non è più salvaguardata da nessuno. Un po' come l'Italia, in mano a nominati che eseguono ordini stranieri e assoggettano la società civile, pur così scollata e mediocre, agli interessi finanziari e contabili della neo egemone Germania. Quest'ultima sarà la colonizzatrice di ciò che resterà dell'Ucraina e sarà fronteggiata solo dalla Russia, come è sempre storicamente avvenuto. L'unico elemento nuovo sarà la regia sullo scacchiere degli Stati Uniti, a ricordare a tutti che la seconda guerra mondiale non è passata invano. Noi italiani, per parte nostra, dopo aver "subito" la democrazia in seguito alla sconfitta bellica, come il Giappone, siamo in procinto, con ruffiana cortigianeria, di diventare "americani" per la seconda volta, secondo quella dicotomia sociale pauperistica, inscritta nel numero dei disoccupati che non lavoreranno mai, dell'accorpamento dei ruoli e della ricchezza da cui discendono, dei gelatai, dei netturbini e dei postini laureati, ma figli del popolo e del tripudio di ogni sorta di espediente volgare per far soldi, speculando anche sulla "consolazione" degli afflitti. La vicenda ucraina si è giocata tutta sullo scacchiere degli interessi mercantili dell'europa centro occidentale sotto l'influenza combinata degli Stati Uniti e ( nascosta ) dell'Inghilterra, che ne è la stampella verso il continente. Ma anche in quelle società, la componente popolare vive di espedienti o di lavori occasionali che dir si voglia, a palese dimostrazione dei concreti interessi che muovono il fenomeno e del supporto istituzionale al medesimo. In tutto questo, infatti, gli interessi nazionali non hanno giocato e non giocheranno. La Russia ha ristabilito subito la sua separatezza dal gioco finanziario occidentale e, per amministrare il suo, tendente verso una federazione euroasiatica, ha dovuto mettere fra parentesi l'Ucraina, come la Mongolia, fra lei e la Cina. Prima di una giugulatoria accoglienza della povera Ucraina nel suo sistema di spoliazione di ogni partner non all'altezza della locomotiva tedesca, l'Unione europea e gli Stati Uniti hanno messo le sanzioni alla Russia e, probabilmente, la escluderanno dal G8, certificando i criteri di ( mancata ) inclusione della Madre Russia nel suo gioco di diluizione delle caratteristiche nazionali che invece le riesce con tanta facilità nei confronti dei pavidi e compiacenti staterelli, suoi subordinati associati. In questo senso e, forse, per cause estrinseche, la Russia si è sottratta all'indifferenziato frullatore finanziario in funzione, che vedrà esenti dalla sua centrifuga omogeneizzatrice, solo gli Stati solidi e quasi nessun popolo, uniformato solo nella miseria, nella prossima Babilonia, i cui esiti, dopo la disillusione e la crisi, sono tutti da investigare.

giovedì 20 marzo 2014

Icone dell'abitudine.

Chissà se Matteo Renzi pagava l'affitto della sua dimora fiorentina? 1.200 euro mensili che, a quanto dice un deputato del Movimento 5 stelle, non sarebbero mai usciti dalle sue tasche, ma da quelle di tale Fiorentin Carrai, rimeritato dal Comune con le Presidenze di mostre, convegni, enti e entità, in occasioni dei quali si sarà peritato di "farsi tondo" a sua volta . Tutti - dico tutti - i partiti e sedicenti movimenti presenti in questo illegittimo Parlamento ( alla luce dell'ultima sentenza della Corte costituzionale ) si sono ritirati nel diniego e nel contrasto ad un'iniziativa proveniente da un movimento che si ripromette di imitare il contegno dei cittadini all'interno del Parlamento stesso. Strumentalità, massacro politico? No. disonestà e clientelismo come "soldo" dell'impegno pubblico, mercede parallela del politico e anche dell'amministratore, elargizione meritocratica. A Firenze, si dice "meritare" nel senso di essere indirizzati per una via più breve e più comoda, oltre che consona alla natura del richiedente. Potrebbe capitarvi di sentirvelo dire , se chiedete un'indicazione stradale. E, come tutti - dico tutti - i partiti che si sono chiusi a riccio nello sdegno per i sovvertitori di così diffuse e innocue abitudini, rappresentano la moralità e il coraggio degli italiani, fra i quali, a parte qualche caso di sublimazione psichiatrica, gli onesti che sono, prima di tutto franchi e diretti, sembrano essere solo coloro che non possono approfittare della situazione.

Repliche.

L'abitudine può essere un potente veicolo rappresenttaivo ed interpretativo, utile a confondere gli spettatori e non renderli avvertiti dell'identica recita con diversi interpreti. A dire il vero, gli intepreti che si elidono per conquistare il proscenio sono solo gli attori delle parti minori: eppure, si industriano a rielaborare il copione -sempre identico - sperando, per questa sola facoltà, di accreditarsi nella compagnia di giro. Guardate Renzi: va da Hollande e evita di portarvi la moglie, temendo di poterlo mettere in imbarazzo, non disponendo, al momento, il galletto francese, di una compagna istituzionale e "presentabile". Era più spregiudicato Pier Ferdinando Casini, quando partecipava alle feste di Ciampi, al Quirinale, con Azzurra Caltagirone, more uxorio, nonostante l'ostilità della moglie del Presidente, vittima più della sua educazione generazionale, che vindice della morale. Cosa fa il grullo fiorentino dopo aver assestato una pedata al frigido e inconsistente Letta, che,a sua volta, aveva beneficiato del prevedibile risultato elettorale di Findus-Monti? Ripercorre i loro stessi itinerari: va a Parigi e inscena una linea maginot di resistenza all'Europa guglielmina, in un tripudio di tromboni, avrebbe detto Fabrizio De andré e, il giorno seguente, va a Berlino a raccogliere il compiacimento della Merkel per il bel putto, al quale segue la netta sottolineatura che l'Italia non convince e che deve scordarsi di sforare il 3% di deficit annuale. Il grullo rassicura: giocherò sullo 0,4% attualmente disponibile. Subito dopo, anziché rottamare i dinosauri della politica, continua a rottamare un po' quà e un po' là, a trattamenti che uniformano i differiti verso la pensione a quella generazione 1.000 euro che, negli anni passati, aveva interessato la letteratura e la sociologia di consumo. Vorrebbe fare qualche regalino ai postulanti della terza Repubblica, ma la severa gerarca ex comunista del Quarto reich ( sempre per citare De André, preveggente poeta di quanto è poi avvenuto ) non glielo consentirà. Oltretutto , il grullo giulivo, come i suoi due predecesori nominati, continua a percorre il triangolo Roma-Parigi-Berlino, dove lo fanno segno a qualche buffetto del quale si felicità in una vuotaggine di contenuti che fa tanto commedia all'italiana ( assomiglia un po', nei tratti e negli atteggiamenti ad Alberto Sordi ) e ignora i Paesi consimili, come la Spagna, il Portogallo e l'Irlanda. La Grecia, poi, non ce l'ha neanche in nota, come se avesse la peste. Come si comportava quando faceva il galoppino nella Democrazia cristiana di suo padre, il buon Renzi continua a sbrigare commissioni per chi, un domani, potrebbe - ma non vorrà - beneficarlo. Non vorrà, perché non avrà nulla, in quell'ambito, da scambiare o da cedere e perché i costumi sedimentati fra il nord e il sud dell'Europa ( esclusa, quindi, la Francia, solo presuntuosa ) sono incompatibili, come dimostra l'accettazione del carcere del Presidente del Bayern football, per la sua evasione fiscale che, da noi, in ambienti vanagloriosi nazionali viene definito "contenzioso con il fisco, freno all'utile grasso" e dà luogo, da parte di un condannato in via definitiva, per lo stesso reato, alla "autosospensione" dalla carica di Cavaliere. Intanto, sul suolo patrio, qualche sputacchio siderale suona la carica per la conquista dei lasciti abbandonati del terremoto finanziario e, allo scopo, intrattiene, quasi ogni giorno, le milizie, con riunioni, videoconferenze e filmati registrati. Fossi stato invitato, avrei proposto l'annessione della Crimea.

domenica 16 marzo 2014

La forza dell'abitudine.

L'abitudine è dunque la tiranna degli individui, ma l'appello alla medesima, dopo averla creata attraverso grezzi espedienti psicologici e reiterata senza intervalli per sedimentarla, costituisce un argomento di dominio, per indurre i destinatari a pensare che non esista un'altra realistica condizione per loro. Testa bassa e lavorare: è ineluttabile. Sarebbe inutile, una pippa mentale, orientare il proprio pensiero verso l'immaginazione di forme organizzative utopistiche: laddove sono sussistite e sussistono hanno provocato fallimenti e diaspore. Niente di più falso. La riorganizzazione monca della finanza italiana ha seguito ben altre rotte e, al danno per pochi malcapitati, ha contrapposto l'accumulo di ingentissime ricchezze personali, l'esordio nella finanza di figure prima gracili e il satrapesco accantonamento di figure vestuste che, fino all'ultimo, hanno provveduto a barricare il loro personale peculio e il manipolo dei rentiers più prossimi, nella prospettiva di una vita altrettanto lucrosa per i loro dinastici rampolli. Chi ha vissuto questi fenomeni dall'interno, lo sa. Non sono mancate, in quell'ambito, mediocri e squallide figure di ciambellani: dato che non si può ammazzarli, si può solo ricoprirli di contumelie. Tornando a noi, sono comunque gli uomini, considerati nelle loro configurazioni specifiche, che abitano la terra. L'alternativa tra libertà e servitù viene così a incrociarsi con le diverse forme della pluralità, quindi, anche le occasioni di vontaria servitù si coniugano con quelle della pluralità. Esistono dei limiti alla "capacità di soffrire" delle persone umane e risiedono nell'istinto di conservazione, che però, nel corso dell'adattamento "culturale " dell'uomo si è traviato in una indecorosa attitudine a subordinarsi alla considerazione degli interessi, così come ce li induce l'ambiente che ci condiziona. Attraverso questo pervertimento, gli ex soggetti, gli asserviti, riconoscono acriticamente alla gerarchia simbolica la configurazione della ragione, la manifestazione dell'idea. Di conseguenza, in una società retta dai principi dell'ambizione e dell'avarizia, è la rivalità economica la causa esterna ed esteriore dell'ingresso in servitù. Lo testimonia lo sfruttamento di tante persone, emigrate nei Paesi mercantili per saldare, in uno stato di schiavitù, i debiti delle loro famiglie, tanto quanto l'insano agitarsi di frenetiche figure sfuggenti, nel raggio d'azione d'aziende e azienducce. Non vi è, in questi perimetri, fisici e mentali, libertà di conoscenza disinteressata, di essere compagni, di essere amici, tranne che in una competizione coordinata a scopi estranei, timorosamente avvertiti come se fossero propri. Ecco che, sia nelle forme del collettivismo storico, sia in quelle della fregola privata, si ha l'avvento di una totalità unitaria, sotto l'egida di un potere separato dalla società, dove la conoscenza reciproca è giunta al termine e dove gli uomini concoscono soltanto un simulacro di comunicazione, attraverso la figura del capo, come se fossero tutti diventati una particella del suo corpo, come se l'ideale si inverasse. Se non è fascismo questo...L'avidità privatistica, da quando ha smesso di essere contenuta dal totalitarismo collettivista, che pretendeva di unificare le individualità, ed è venuta meno una dialettica, eticamente dubbia, ma politicamente necessaria, che, nel mondo plurale, rendeva migliore la vita di tutti, ha (ri)cominciato a parcellizzarne le componenti, a frullarle e sinergizzarle per un assurdo superamento delle concrete possibilità, orientato al mantenimento, solo per sé, di posizioni che si vogliono immodificabili. Ecco dunque che la cura della nostra emancipazione non è mai un "risultato", semmai è un "obiettivo" ricorrente ed è solo nelle nostre mani. E' affar nostro, non di agenti esterni, anche di quelli che con l'alibi di liberarci, potrebbero sottometterci a forme altrettanto perniciose, in quanto si addobbano e si camuffano con gli abiti tinteggianti dell'emancipazione o, come in questa fase storica, del successo. Troppe mitologie sono state dissacrate, come quella dello yuppismo degli anni '80 e del baccanale finanziario dei '90-inizio 2000, della natura dissimulata dell'Unione europea, perché sia giustificabile ricadere ancora nello stesso inganno.

sabato 15 marzo 2014

Convergenze parallele.

Il povero Aldo Moro, dall'alto della sua finezza intellettuale, mai avrebbe preconizzato che la sua assurdità geometrica - il parallelismo di una collaborazione su due piani diversi - avrebbe trovato una sbiadita applicazione nella collaborazione sinergica fra destra e sinistra, senza investitura popolare, nell'epoca delle nomine ad eseguire. L'altra sera, il TG4 ha rivoltato efficacemente la broda che, per decenni, era stata somministrata contro Berlusconi, trovando piena corrispondenza nel vaniloquio di Matteo Renzi con le affermazioni di Cetto Laqualunque, personaggio per il quale Antonio Albanese si era ispirato proprio a Silvio Berlusconi, sullo sfondo di una Calabria arida e mafiosissima, nella quale un onesto professionista veniva deriso e insolentito, prima ancora che zittito e minacciato. Purtroppo il parallelismo ci sta, compresa, temo, la mafiosità.

Gli opposti simbiotici.

Le persone, in genere, desiderano quello che la piega presa dalle loro abitudini gli fa desiderare. L'ordine sociale è formato da queste pieghe. Il discorso del dominio si nasconde spesso dietro al discorso del bene comune e della libertà stessa. A volte, il bene comune è quello suggerito ad un gruppo ristretto: il vostro, il nostro bene comune, ma, anche quando il postulato si fa ampio e generalista, sono sempre gli apologeti, i destinatari del beneficio cercato. Il discorso "politico" serve a dissimulare l'esercizio del dominio e il mantenimento della servitù. Ci sono, per altro, delle costrizioni endogene, interne all'individuo, che ne giustificano la collaborante sottomissione. "Il tiranno ha bisogno di uomini tristi per mantenere il potere, ma anche gli uomini tristi hanno bisogno di un tiranno per giustificare la propria tristezza". Nessuno, in specifico, detiene il potere; il potere è un sistema al quale partecipano lo schiavo come il padrone. L'asimmetria risiede nel fatto che l'obbedienza si fonda sulla cancellazione di se stessi: nell'obbedienza io non esisto; nell'obbedienza un essere umano si comporta come una molteplicità di processi strutturati da una disciplina. C'è un forte narcisismo nel credere all'unità del sé, nel credere che se fossimo davvero un sé potremmo essere liberi, mentre è proprio in quanto squadra, fascio, unità che non lo potremo mai essere. Più ti identifichi con il ruolo che ti è stato assegnato, più sei preso in circuiti automatici. La stragrande maggiornaza degli uomini non investiga, non cerca nulla. Se ne sta ben comoda nel cuore della norma imposta e non mette mai in discussione la legittimità di quel che è stabilito. Noi siamo modi, forme di un'epoca. Ci sono epoche oscure nelle quali è molto difficile porre in questione l'assodato in nome della libertà. Ma non può esistere un buon uso di un'ipotesi, che sia in sé ianccettabile e illegittima. Qualunque impiego che se ne faccia non può che essere negativo, quando non nefasto. Quando questo avviene, la lotta per la libertà perde il suo significato, perchè si cerca in realtà la servitù e si partecipa attivamente alla sua instaurazione. Ci si scopre animali domestici, destinati a rimanere prigionieri ed a subire l'assoggettamento. La schiavitù consiste nell'essere sottomessi ad una causa esteriore, la libertà nel non esservi sottomessi, bensì affrancati. Quella che abbiamo definito servitù volontaria, designa dunque uno stato di non libertà, di assoggettamento, la cui particolarità sta nel fatto che la sua causa non è esterna, ma interna e l'attore è il soggetto stesso che si sottomette volontariamente, che tramite la sua attività diventa l'autore della propria servitù.

venerdì 14 marzo 2014

La libertà è troppo impegnativa per essere amata?

La libertà è troppo impegnativa per essere amata? Anche se le cose stessero in questi termini, non ci si affracherebbe da quest'impegno attraverso la sottomissione ai comodi scopi di un profittatore o di una coorte di profittatori e se ne ricaverebbe un'altro apersonale, sfinente sul piano fisico o nervoso, senza neppure una pausa ricreativa. Il problema è quindi puramente mentale. L'ideologia marxista nega l'influenza psicologica sugli atti degli uomini, coerentemente al suo modello materialistico e, soprattutto, assolutistico, come tutti gli altri regimi oppressivi, siano essi collettivisti e comunisti, fascisti e autoritari, chiusi e moralmente impositivi, come quello ecclesiatico. Tutti questi sistemi pre-democratici o ultra ( oltre, al di là )democratici, indicano nella volontà, l'unico elemento che determina il successo o almeno il risultato, omettendo che questa spinta serve solo a conseguire il loro, per il quale il sistema è stato strutturato e per il quale lo si vuole conservare. Infatti questa mistificazione può imporsi solo all'interno di un sistema chiuso. Marx sbagliava quando asseriva che i lavoratori non avevano nient'altro da perdere che le loro catene, gli era sfuggito clamorosamente che queste catene molto spesso le "amano" e si sentono "protetti" quando vi sono avvinti. Purtroppo, tanti uomini amano teneramente le loro catene e vi si avvinghiano come se si trattasse della loro libertà. E' un altro paradosso, uno dei maggiori, della condizione umana. In tante situazioni, in riferimento a tutte le vicende storiche nel loro tortuoso itinerario, non siamo sfuggiti dalla constatazione della negatività, che riemerge per lunghi periodi, tanto da indurci a credere che non possa sparire, ma solo essere sovrastata nelle fasi felici della parabola ellittica. Vi sono circostanze e momenti storici nei quali quello che le donne e gli uomini detestano di più è proprio la libertà. Desiderano,ad onta di ogni constatazione empirica, vivere meglio, essere più rispettati, migliorare la propria condizine materiale, sempre e a prescindere, ma, contrariamente a quello che hanno creduto i movimenti rivoluzionari e libertari, dopo l'umanesimo si è di nuovo eclissata la voglia di libertà, che si è coniugata, in forme mutate, con la libertà dei commerci per effetto di eventi bellici, senza essere nei geni di molti popoli e senza esservi entrata.

Orizzonti del servaggio.

Vengo ora ad un punto che, secondo me, costituisce il fondamento inconscio del dominio. Il mandato, conferito a taluni, pur appartenenti alle classi subalterne, a collaborare col loro consiglio ed occhiuto controllo, al mantenimento della condizione necessaria al conseguimento di sempre maggiori obiettivi di sfruttamento dei lavoratori, per conseguire, tramite loro, sempre maggiori guadagni o per sfuggire alla resa dei conti con una realtà commerciale soggetta a sistematici smottamenti o rinserrati entro piccoli confini. Con questo sistematico lavoro di coinvolgimento, camuffato da egualitarismo, per confonderne i riferimenti, gli sgherri e i capibanda, in realtà, permangono, ma sulla base di una ingannevole familiarità di modi, non c'è nessuno che non partecipi all'obiettivo esteriore che viene loro continuamente indicato. In questo modo, il padrone rende i suoi sudditi controllori reciproci per suo conto, senza darlo a vedere. Svia il lavoratore dal suo naturale referente. Finisce che queste creature, nonostante patiscano questo male siano contente di sopportarlo, per poterne fare a loro volta, non già a chi glielo arreca, ma a coloro che condividono la loro stessa sorte. Eppure, il tentativo di guadagnarsi i favori del "tiranno", ma anche dalla servitù della restante parte del "popolo", permane attraverso le generazioni e i tempi. Di che altro si tratta, se non di un allontanamento dalla propria libertà per abbracciare la propria servitù? Chi lavora per il "tiranno", in funzione dei suoi benefici, reali o attesi, non perde mai di vista coloro che gli stanno attorno e che deve controllare e guidare secondo rigidi protocolli. Così costoro sono indotti, non solo a fare quel che dice, ma anche ad assumere l'atteggiamento più consono al sistema, anticipandone i desideri ed essendo sempre pronti a corrispondere ad ogni tipo di sollecitazione. Devono quindi, a questo scopo, tormentarsi e macerarsi, oltre che ammazzarsi di lavoro, forzare la propria indole, spogliarsi della propria natura. Per quanto sistematicamente delusi, inconsapevolmente sono mossi da uno spirito imitativo e si prestano a servire aspirando alla ricchezza e al riconoscimento sociale; per male che possa andare, al micro potere interno ad un'azienda, come se qualcosa potesse mai appartenere a chi non si appartiene, come se qualcuno potesse possedere qualcosa di proprio se è privato della sua libertà.

mercoledì 12 marzo 2014

Un ancor giovane gattopardo.

Il mondo creditizio è "scosso" dall'ultimo, annunciato esodo in Unicredit banca. Ho perso il conto degli esodi lavici, successivi di questo Gruppo tellurico. Ottomilacinquecento neo-accompagnati, con un trattamento inferiore ai 1.200 euro mensili, più i contributi. Anzi verso quei 1.138 che l'ultimo, inapplicato CCNL, attribuiva ai neo-assunti, a metà con gli anziani adottanti. Poi non se ne è fatto niente ed eccolo riemergere come una metastasi, la cui origine oscura riposa su una malattia cronica eppur dissimulata. In realtà, il mondo creditizio se ne frega, così come se ne è fregato degli orari prolungati, con l'eccezione del Gruppo Intesa San Paolo. Codesto sembra non puntare nel breve periodo sull'automazione e utilizza, remunerandole, le competenze che ha in azienda. In questo sistema anarchico potrebbe comunque effettuare un voltafaccia repentino. Unicredit ha deciso, nel prossimo triennio, di dare una mazzata demolitrice ai servizi di sportello, scontando una riduzione dell'utenza fino al dieci per cento degli affluenti attuali. Sta infatti perseguendo il suo progetto, anche eterodiretto, di spostamento del suo "core business" prevalente sull'estero, nella proporzione finale attesa del 70% contro il 30% nazionale, a percentuali invertite o quasi con Banca Intesa-San Paolo. Nonostante l'elefantiasi transfrontaliera dei due gruppi, che sarebbero dovuti diventare, alla fine tre o quattro, come disegnato già vent'anni fa, resta grande l'alveare delle banche domestiche, territoriali o familiari. La B.N.L. è finita in mano ai francesi e Monte Paschi Siena si è mutilato da sé, in funzione di un'operazione politico-finanziaria che non ha sortito esiti per ragioni che non saranno mai accertate. Le banche d'investimento saranno quindi solo due: che dire di tutte le altre? Sono ben 700 in questo paese in fase di impoverimento e non soffrono delle tempeste finanziarie che hanno interessato le prime due, sempreché le ruberie e la corruzione non ci abbiano messo la coda. Ecco allora, che si cerca saprofiticamente di fagocitare queste ultime, da parte di strutture consimili, nelle quali la bulimia acquisitiva al minor costo possibile, tradisce il timore del risucchio nel vortice indistinto delle prospettive incerte. Bisogna sopravvivere e rafforzarsi tenendo ben stretto il proprio forziere: quello della banca di Pinco Pallo, dei consorziati del basso polesine, di chi ha accumulato capitali sull'artrosi delle mondine o del cav. Aristide Scoccimarro di Alcamo, della famiglia M., come le vecchie malghe. Banche di deposito e di pura conservazione. Se questa è la razionalizzazione del sistema, i connotati che l'Italia torna ad acquisire hanno una loro cartilaginea nitidezza.

L'eccellenza ontologica.

Non ho più parole. Che dire, infatti, di un'entità che, col dichiarato intento di assestare il colpo mortale ad un'agonizzante consimile, ha raddoppiato il lavoro, sommandolo sulla stessa figura, ora esecutiva, ora direttiva? Per non contraddire lo schema - vagamente "pezzent" - ecco che i suoi cassieri assicurano la cerimoniosa accoglienza dei clienti, la mattina su di un punto di vendita ed il pomeriggio su di un altro, viaggiando su mezzi propri. Che dire di un ambiente che concorre con i Moloch del suo settore, imitandone gli orari senza distribuirli su due turni remunerati e nel quale, all'imbrunire, comincia un'altra vita, fatta di incontri itineranti laddove sia migliore l'opportunità, dove un piccolo cenacolo di gente timorosa di dialettica si conforma ad un costume demenziale e trova "problematico" chi lo rileva? Si tratterà davvero di una irresistibile ascesa? Non sarà un "pippaculo" compulsivo che dall'entità, ontologicamente, si trasferisce agli enti?

martedì 11 marzo 2014

Il vitello d'oro (ricoperto). Nel ventre del cavallo di Troia.

Abbiamo sottolineato come l'ambiente sia condizionante nella sottomissione inconscia, ma codesto è solo un elemento che non può spiegare tutto. Esistono però tante, troppe persone che hanno intravisto soltanto l'ombra della libertà e non ne hanno fatto, nella loro vita personale, esperienza alcuna, rimanendo soggetti a ritualità e convenzioni prepotentemente, ancorché zuccherosamente, imposte. Non si può apprezzare quello che non si è mai conosciuto, né provarne rimpianto e per gli uomini diventano naturali tutte le cose a cui si sono abituati: la prima ragione della servitù volontaria è dunque l'abitudine. Gli uomini sottomessi trovano giustificazione alla loro condizione nella esperienza paterna. Pensano quindi di essere tenuti a sopportare il giogo, se ne convincono a forza di esempi e, con il passare del tempo, consolidano da loro stessi le fondamenta del potere che li sfrutta. Raramente fra di loro ci sono persone dotate di una cultura non strumentale e, se costoro vi sono, non producono nessun effetto, perché questi individui sono dispersi e non si conoscono fra di loro, a differenza degli altri che fra di loro si riconoscono. Isolati, soprattutto durante le ricorrenti campagne di acquisizione, quando gli schiavi si coalizzano, questi sparsi individui vengono privati della libertà di fare, di parlare e quasi di pensare: finiscono per trovarsi soli e il loro atteggiamento viene degradato a fantasticheria. La prima ragione per la quale gli uomini servono volentieri è perché nascono servi e sono educati e cresciuti come tali. Di conseguenza diventano facilmente vili; con la libertà perdono anche il coraggio. Gli asserviti perdono anche in vitalità e se la recuperano è solo per insensati fini esogeni che non procurando loro nessun vantaggio, li confermano nel loro riattivabile ruolo nell'ingranaggio produttivo. Finisce così che codesti tristi figuri divengano sospettosi verso il loro bene e ingenui verso chi li inganna. Quando gli sfruttatori elargiscono le briciole del loro banchetto, questi imbalorditi non si accorgono che stanno soltanto riottenendo una parte di quello che era loro e che non avrebbe potuto essere riattribuito in misura minima, se prima non gli fosse stato carpito. Costoro sono e sono sempre stati così: beotamente disponibili di fronte a gratificazioni disoneste, che atrribuiscono retoricamente al loro sacrificio e dedizione e anestetizzati di fronte all'ingiustizia che non dovrebbero altrimenti sopportare. E il tribunato della plebe o sindacato che dir si voglia? Nel mondo antico, gli Imperatori non trascuravano mai di ricoprire regolarmente anche il titolo di tribuno della plebe, sia perché tale carica era ritenuta santa e sacra, sia perchè era stata istituzionalizzata a difesa e protezione del popolo. Se ne assicuravano così la fiducia, nonostante gli effetti avvertiti fossero esattamente contrari alle premesse nominalistiche. Anche oggi ogni svendita e ogni nefandezza sono sempre preceduti da qualche vaniloquio sul bene comune e sulla pubblica utilità. Per oggi basta.

lunedì 10 marzo 2014

Il vitello d'oro (ricoperto) Il vagulo Ulisse di James Joyce.

L'oppressione si regge strutturalmente sulla connivenza delle sue vittime che, con questo atteggiamento, sperano di non incorrere nella vendetta del loro padrone e che, per questa stessa pavidità, sono incapaci di solidarietà e di empatia.Indossano una maschera consolante e riconoscibile da tutti e si coalizzano contro chi gliela strappa e li accusa di essere i complici seriali di una comune disgrazia. Interiorizzano così la paura della libertà e l'ansia della dipendenza come loro passioni collettive dominanti. L'asservimento di una massa o di un manipolo non si possono ottenere esclusivamente con la forza, la violenza e il terrore. Né, per converso, esiste un dominio talmente pervasivo da saturare di sé, contro la volontà dei soggetti, l'ambiente o la società. Le scelte collettive non devono dunque venire interpretate come reazioni sincroniche, obbligate o automatiche, entro un contesto retto esclusivamente da necessità, costrizione o destino. Il potere di chi comanda origina sempre da una compiacente concessione dei sudditi, la sua materia, insomma, è quella di cui sono costituiti i desideri e i sogni che fanno registrare il più alto tasso di consenso. Il catalogo delle cause estrinseche del servilismo volontario, possono essere inizialmente sintetizzate come segue: l'abitudine, che impigrisce, impartita da famiglia, contesto e tradizione, che contribuisce a cementare l'oblio della libertà e che instilla una condiscendenza ovvia e acritica verso la subordinazione; le merci dell'industria culturale, in un ambiente depresso e della propaganda, tanto più vuota quanto più è incalzante; una certa qual forma di convenienza costituita dalle briciole che cadono dal tavolo del padrone e la corruzione morale che nutrono una sterminata schiera di subalterni, senza saziarli. Il corpus ambientale si avvelena; la reticenza, il mistero iniziatico riservato agli adepti fidati di cui da sempre il potere si ammanta per nascondere e alterare i connotati del proprio volto e dei propri scopi, attraverso la generazione di un'ingannevole fantasmagoria. Quelle appena enumerate sono forme di baratto della propria libertà con qualcosa che possiede un valore decisamente inferiore. L'impegno nella complicità, anziché nella ribellione, si trasforma nell'unico gesto che entusiasma e mobilita coloro ai quali si fa sempre la faccia compiaciuta, per poi, subito dopo, ridergli dietro, trovando nella loro umiliazione sollievo alla propria miseria.

Il vitello d'oro (ricoperto) Introibo.

Quali sono gli elementi che contribuiscono a costituire una struttura coesa e interagente allo stesso tempo? In primis, l'ipocrisia. I regimi utilitaristici sono sistemi ipocriti, al punto da non poter fare a meno della messa in scena di una qualche forma di legalità e di leggitimità. Per combattere i suoi oppositori non si limita a emarginarli e imprigionarli in una ripetitività senza senso, ma cerca di legittimare il proprio arbitrio, costruendo intorno a loro un impianto formale, fatto di mancanze create ad arte o artatamente imputate, che attribuiscono l'apparenza del danno, addirittura societario, al moto di dissenso che si vuole soffocare. Poichè, però, per mancanze fittizie, formali o provocate, non si possono chiamare in causa dei giudici veri, a decretare la condanna sono sempre co(o)rti interne, nelle quali ci si atteggia a legislatori e giudici. Queste formazioni, ascrivibili al fascismo, restano latenti per un tempo indefinito, ma quando una società, politica, si dissolve, cercando di mascherarlo e diventa un crogiolo estraneo e incandescente, nel quale tutte le tradizioni, le esperienze, tutte le formazioni storiche e tutte le idee prevalenti si fondono e si confondono, eccone riemergere la matrice profonda, espandersi, dissimulata e aggressiva. La nutrice popolare si fa custode di queste formazioni, che non sono necessariamente politiche, ma, più spesso di quanto non si creda, di circolo, di associazione e, con effetti ben più concreti, aziendali. La risultante è univocamente reazionaria. In questo contesto, i rapporti di forza, alimentati, fortificati da un'acquiescenza estorta, non consentono, ma solo all'interno del fortilizio, nessun margine di legalità, né di presa di coscienza sindacale. Queste formazioni sono un'accozzaglia di interessi cementati e simbioticamente tutelati. sembrano basarsi sul principio imgannevole del "simul stabunt, simul cadent", assolutizzato in un impegno fiduciario, sia pur irrazionale, senza il quale nessuno si sentirebbe sicuro e garantito economicamente e personalmente e, senza il supporto di queste caratteristiche, non si azzarderebbe a prendere impegni e ad operare. Una sorta di riserva pecuniaria e falsamente morale.

domenica 9 marzo 2014

Con chi prendersela?

Non passa giorno senza che la cronaca - enfatizzata come mai prima dalle trasmissioni televisive nazional-popolari - ci ricordi che in ogni specula geografica si consumano biblici sacrifici al demone della miseria, materiale e morale, e della disperazione. Quest'ultima ha una nascosta natura economica. Dopo i suicidi a grappolo degli ultimi due anni, la violenza è tornata a incanalarsi verso i capri espiatori; l'assenza di gratificazioni e un regime di vita di stenti crescenti, la indirizzano verso immaginari artefici o aggravatori della medesima: i coniugi, i figli, i vicini. Sono e resteranno fatti loro: ogni forma di intervento che non sia caritatevole e impicciona è preclusa. Infatti, di questi fenomeni, si enfatizzano solo gli aspetti più truculenti e le pseudo analisi rimuovono inefficacemente le cause sottostanti, per non addentrarsi nei dettagli di spiegazioni chiare, evidenti, ma inopportune. Le cronache del macello sono anche cronache dell'immigrazione, di mancanza di conoscenza e tutela sanitaria, di situazioni prospetticamente cautelative ( i figli ), diventate insostenibili, di separazioni e di abbandoni. Il cosiddetto femminicidio, che corrisponde ad un terzo degli omicidi, come in tutto il resto del mondo, è commentato secondo la comoda ambizione delle quote rosa in ogni ambito, retaggio di apparati femminili conformistici, nei quali la qualità e l'eccellenza sono prontamente relegate in secondo piano e che non colgono, né se lo propongono, le dinamiche mediocremente umane degli eventi, che non si sarebbero sinergizzate se non fossero state abbandonate al loro destino. La violenza dei mariti, immiseriti anche della compagnia di una moglie, è una protesta definitiva per un abbandono domestico o extradomestico nel quale le percosse e le contumelie sono uno sfogo che non trova soluzione e l'omicidio l'atto di irrecuperabilità di una situazione, disperando di poterne costituire un'altra con un'altra partner, mentre l'alleanza omicida madre-figlia scarica sulla figura maritale e paterna tutte le frustrazioni di una vita priva di soddisfazioni e di prospettive. Anche le ristrutturazioni societarie, incessanti da vent'anni a questa parte, quale influenza hanno avuto ed hanno all'interno delle quattro mura domestiche? L'improvvisa disoccupazione, l'abbandono di qualsiasi prospettiva, anche di pura sopravvivenza, la pretesa di abbarbicarsi all'esistente, aumentando ancor di più il peso di una convivenza da tempo senza scopo e la rivendicazione, sterile ma offensiva, di una fiducia e di aspettative mal riposte, quanta parte hanno nello scatenarsi di tanta violenza verbale e fisica? Senza una condizione di confortevolezza, anche i sentimenti diventano quelli che la cronaca propone e i lamenti, i sospiri, gli auspici sono ipocriti. Dando per scontato che è sempre stato così e che un'intensificazione si fondi su orizzontali peggioramenti delle condizioni di vita, bisogna riconoscere che la mancanza di reciproca sopportazione è frutto della convivenza indotta e necessitata dall'impossibilità economica di far da sé, di ricostituirsi all'occorrenza una nuova vita, dall'impossibilità di sciogliere legami di sostentamento ( talvolta comportanti solo un minor lusso ): insomma da una società e da un'economia in rapido ripiegamento, nella quale i vecchi valori sono stati soppiantati da altri che si sono rivelati deludenti ed illusori. Con chi prendersela?

Il vitello d'oro (ricoperto). Incipit

In quest'Italia rifeudalizzata nel remake del Sacro Romano Impero, non c'è pugno di manigoldi che non aspiri a speculare sul disordine e sul regresso, senza arigini legali e senza contrasto sociale, delle sue periferie L'intenzione di lucrare sulle presunte difficoltà altrui è ripugnante e ripugnante è chi la asseconda. Piccoli gruppi, chiusi e meschini si propongono di aumentare la loro influenza finanziaria, senza alcun collegamento con le esigenze sociali e nazionali, ma solo di una piccola consorteria di reddituari storici di insignificanti provincie. Questo è il modello competitivo italiano che trascura il confronto in campo aperto e scruta gli effetti di una storia ai quali si industria di rimanere sempre estraneo, per aumentare la sua quota di dividendi. Si tratta di un effetto dello sfarinamento dell'organizzazione statuale, dispersa dall'accentramento al suo esterno della facoltà di battere moneta e dalla centrifuga del denaro fine a se stesso. In questo contesto, l'affermazione di Beppe Grillo circa la non necessità di tenere insieme l'Italia e il suo rilancio post leghista delle macro-regioni, sono fondati. Realismo immorale, ma nei fatti. Paradosso per la Lega. Mai precorrere i tempi in politica oltretutto impigrendosi, nel frattempo, negli ozi di Capua. Le resterà solo la Lombardia, nella quale si è trasferita la n'drangheta e non è poco, dato che è l'unica regione italiana nella quale circoli e si ricrei un po' di ricchezza e alla quale guardi ancora, sia pur minoritariamente, la finanza internazionale. E' un discorso asolidale, ma è un discorso reale. Ma non per questo, anzi, proprio per questo, i poteri e le ricchezze consolidate e tramandate di poche mani in poche mani si mettono in gioco: tutt'altro. Dalle loro ridotte, dalle quali temono di essere risucchiate in campo aperto, lanciano ripetuti raid predatori, di ulteriore impoverimento di piccole realtà, già depredate dall'interno e quindi in crisi, e si accingono ad impossessarsi delle loro riserve reddituali per poi potere, a man salva, aggredirne le residue e ancora appetibili strutture murarie. Le razzie diventano possibili quando la legge comune e la coesione nazionale vengono sostituite dai protocolli aziendali e dalla coesione squadristica. Anche se l'immoralità dilagante ne ha impoverito o distrutto le facoltà di resistenza, l'esito non è scontato; la realtà è molto più complessa.

venerdì 7 marzo 2014

Il vitello d'oro( ricoperto ).

Prefazione L'adattamento delle persone è sempre stato il fattore decisivo del nostro successo. Per garantircelo nel tempo abbiamo incrudelito nelle attività di selezione e di accentuazione della presa sui soggetti di cui sopra. Abbiamo quindi continuato ad affinare il regime utile a mantenere e incrementare la nostra rendita. Le nuove Tavole per il (di)sorientamento e il giudizio finalizzato alla minor onerosità possibile di questa massa di parassiti, in essere e potenziali, sintetizzano le competenze compatibili con l'appartenenza e ne veicolano i comportamenti come uno stupefacente per le nostre milizie, come, con esito opposto, per quelle avverse. Il cambiamento è solo un'impressione indotta dalla convenienza e, siccome noi non vogliamo proprio cambiare, bisognerà che si adattino mentalità e restino invariati i costumi delle maestranze. Non è che prima le cose non andassero bene, ma se ci cambiano i riferimenti anche l'eccellenza potrebbe essere ricercata secondo desueti ed illusori protocolli, per cui, fatta salva l'illusorietà, bisogna rimodularli. Conseguentemente, la "vita media" auspicabile del personale ( per confornderlo, preferiamo parlare di competenze ) si aggira sui dieci anni. Dopo diventano pigri, troppo sicuri dello status quo e, sia detto per inciso, troppo costosi per le loro calanti facoltà fisiche e mentali. Mettersi in discussione mantiene giovani. Badate bene che il tempo massimo indicativo per accedere ad una procura bancaria, con un iter predefinito, era appunto, in passato, di dieci anni. Superata invano questa soglia, si veniva accantonati in servizi amministrativi od esecutivi e non si procedeva oltre nella carriera. Oggi, ma solo alla "riva dei bruti" del celebrato "commerciale", i dieci anni sono il tempo massimo di sopportabilità del rimbambimento indotto, prima che, neurologicamente, si rivolti contro le nostre immutate attese reddituali. Chi si dimostrerà irricettivo, come le femmine delle nostre stalle alla monta, si inoltrerà in un combinato disposto di apprezzamenti circa la sua degenerazione, di provvedimenti disciplinari inventati, attraverso un'interpretazione capziosa delle norme, di una ininterrotta sequenzialità di cortigiani, di conformi comportamenti e di atteggiamenti finalizzati. E' in questo senso che le competenze invocate sono - come è sempre stato in ogni ambito, comportamentali. Lo strumento fittizio di ciò che vogliamo sembrare perché sia utile per noi. Etologicamnte, eugeneticamente, dobbiamo quindi, anzi dovete, saper mutare perché tutto, per noi, resti come sempre.

mercoledì 5 marzo 2014

Comparse.

L'Italia neo-governata è stata rideclassata, a titolo di ammonimento, dai ragionieri di Bruxelles. Il nostro semestre di presidenza, previsto per la seconda metà dell'anno, sarà monitorato dalle commissioni censorie dell'Unione. Mentre l'Italia consolida il suo rating, sempre rimasto su standard negativi, la mia azienda sovraperforma il suo, continuamente, solipsisticamente, onanisticamente. E qualcuno sembra crederci. Basterebbe riflettere sull'esito della campagna del Signor Bonaventura ( il milione....di clienti, ricordate? ) di cui fu protagonista il gladiatore Milone. Che fine ha fatto il mio amico e corrispondente? Missing, sparito senza che nessuno si desse pena di cercarlo. Ora, oniricamente trasposti, siamo in fuga, come Fausto Coppi, sui Pirenei, al vento e al gelo, alla pioggia e alla neve, anche se, quest'inverno, in pianura non si è vista. Ne ha fatto esperienza ieri un valoroso cc, che non vuol dire carramba, ma cassiere commerciale, col cavallo zuppo dopo una cavalcata motoristica, che ha lavorato seduto su una stufetta, indomito nonostante il rischio di contatto elettrico. Ogni tre per tre il regime si inventa una nuova campagna, ne celebra le tappe e devia proprio sul traguardo per intraprendere nuove imprese. Per lucrare, raddoppia le mansioni e, in rapporto, dimezza il personale addetto. A parte il disgustoso, dichiarato obiettivo per il quale un'orda di barbari saccheggia un mercato spoglio, quello che colpisce è il pronto riflesso ubbidiente di veterani e reclute, come se l'imprinting aziendale li avesse segnati per sempre. La presunta debolezza dei grandi istituti, da spolpare come un gruppo di orche assassine è, oltretutto, un pretesto risibile: codeste entità sono già state rifinanziate dall'aumento di capitale da sette miliardi di euro della Banca d'Italia, che li ripartirà percentualmente sui suoi azionisti privati: le banche ordinarie, appunto. Se non spezzeremo le reni alla Grecia, avremo, per l'ennesima volta di una serie destinata a non esaurirsi mai, mantenuto i dividendi nei nostri scrigni, anzi nei loro, dato che a noi non toccherà un tallero, anche se la nostra fama resterà intonsa e radiosa. Viviamo anche noi, in Italia, in un sistema oligarchico nel quale gli unici valori considerati riguardano una coorte di nominati, fino ai vertici della vita istituzionale, che pasce esclusivamente i suoi interessi. Nessuno si preoccupa del popolo o, se preferite, della nazione. Il raid della Timosenko in Russia, ad esempio, in rappresentanza dei suoi beni estorti e forse di quelli degli altri oligarchi ucraini, avrebbe potuto essere di un qualsiasi ministro o sottosegretario italiano, di destra, di centro-destra, di pseudo sinistra. Anch'io, in fondo, lavoro per un oligarca, mentre prima lavoravo per un'oligarchia composita di interessi: la dialettica non mancava; gli interessi restavano oligarchici, soprattutto nell'attribuzione delle carriere. E' diventata oligarchica anche la classe politica italiana, dal momento in cui i Presidenti del Consiglio dei Ministri hanno cominciato ad essere nominati, prima direttamente, da entità extra e sovranazionali, poi, in ossequio alla medesima entità, da un Presidente della Repubblica comunista che è riuscito a realizzare l'utopia dirigistica, purtroppo durevole quando si è instaurata, alla quale si era votato "rovesciandone la prassi". E' avvenuto in un contesto diverso da quello che aveva vagheggiato ed ha riprodotto, nei fatti, le peggiori costumanze di un'esperienza che si pretenderebbe alle nostre spalle. Dopo il periodo mussoliniano, per altri vent'anni abbiamo conosciuto l'oligarca Berlusconi al governo, intervallato dalle rissose satrapie concentratesi su Prodi. Di Satrapo in Satrapo, infine e per ora, ci è toccato Matteo Renzi, il piccolo Imperatore di questa piccola Patria, così simile, nei suoi aspetti deteriori, all'Ucraina e alla Russia, nostri nuovi termini di paragone. Durante la cinquantennale normalizzazione post bellica, è stato un partito confessionale a filtrare, veicolare ed indirizzare, in termini prevalentemente conservatori, l'oligarchica tenuta di un sistema clientelare, che ha avvilito le competenze e la fatiche di chi non poteva godere di appoggi. C'è un elemento, talmente "scontato e naturale" da passare sempre inavvertito nei frequenti ed "astuti" adattamenti volontari ai regimi utilitaristici per i quali e dentro ai quali ci si trova ad operare, da meritare un approfondimento. Ci proverò, anche se richiederà un po' di calma e, quindi, un po' di tempo.

domenica 2 marzo 2014

L'oligarchia disseminata.

L'Europa, da ridimensionata area di attività consolidate e stagnanti, è ridiventata protagonista, in negativo, della scena mondiale. La riunificazione tedesca, prodotta repentinamente, subito dopo il crollo del Muro, ha provocato, in quel Paese, una brusca regressione del reddito, nella parte occidentale che, per assicurare la parità del cambio, si autotassò, attraverso un referendum, di un terzo dei suoi redditi. In pochi anni, questo handicap, che è speculare a quello fra l'euro germanico, maschera del marco e quello dei Paesi meridionali, corrotti e pasticcioni, in quel contesto, si sanò nel volgere di pochi anni, prima di reimporre la sua leadership, neoguglielmina, su tutto il continente. La parte mediterranea, il Portogallo e l'Irlanda sono già relegati nelle retrovie di questa Europa piena di voragini e di vuoti, mentre le singole regioni che compongono gli Stati nazionali, differiscono sullo scacchiere continentale e competono da sole sullo scacchiere mondiale. Scacchiere in via di trasformazione, per le conseguenze lontane dello squilibrio creatosi con la fine dei blocchi contrapposti e per la sostanziale precarietà delle riprese economiche nei Paesi soccombenti della guerra fredda. Per quel che riguarda l'Italia, lo stato delle sue finanze pubbliche la ha costretta in una condizione recessiva dalla quale non si riprenderà, puntellandosi solo sulle ricostituende stratificazioni al ribasso della sua già diseguale, clientelare o assistita società. La Spagna e il Portogallo, fanno gli gnorri e tracheggiano, fingendo di adeguarsi, alle direttive europee. La sola Grecia, non esemplare per virtù amministrativa, sta producendo una reazione pauperistica che, almeno, aspira a rappresentare le classi "schienate" di questa Europa delle diseguaglianze e degli inganni. La Russia non vuol pagare le conseguenze del fallimento ucraino, se non in cambio della creazione di un amplissimo cuscinetto territoriale ai suoi confini occidentali, venendo meno il quale, le aspirazioni egemoniche della Germania, anche nei suoi confronti, si ripresenterebbero. Per questo spinge con violenza sull'irredentismo russo nelle terre ex sovietiche e alimenta la sua invasività territoriale con ogni sorta di propaganda, di false attribuzioni e di inesistenti pericoli. Ci saranno, semmai, verso i suoi concittadini, se la popolazione ucraina subirà delle vessazioni e delle sofferenze, per ragioni pretetuose. Gli Ucraini non sono tutti omosessuali, come si è sostenuto da parte russa, per la prevalente preferenza accordata all'Unione europea, dove i gay sono rappresentati e, sia pur difformemente tutelati; i "rivoluzionari" di Kiev non sono fascisti, anche se alcune frange di un risorgente nazionalismo fascista, sono state impiegate e tollerate nella fase irredentista e ben tre neo ministri appartengono al partito nazista e antisemita Svoboda. Non sono prevalenti, ma anche su di loro si è fatto conto e non si capisce che cosa abbia da contrattare la Timoshenko, i cui delitti sono dimostarati, in Russia, dove pure sarà ricevuta. La contesa economica occulta, rappresentata da troppi "fantaccini" è subdola e fervente. Resta un fatto che, in ogni parte d'Europa, i movimenti neofascisti si ricostituiscono, affittano - quindi dispongono di mezzi - locali privati per le loro sedi e, in Italia, in Lombardia, sono affiancati e finanziati dalla n'drangheta. Il mezzogiorno d'Italia è in buona parte politicamente rappresentato da formazioni fasciste,oggi dissimulate nelle molteplici sigle nelle quali la politica italiana va mascherandosi, ma la guardia bianca del latifondo, finanziarizzatasi è trasmigrata al nord, dove interseca, finanzia e tutela interessi reazionari ben più insidiosi di quanto non siano quelli della Vandea d'origine. La crisi non deve quindi focalizzarsi solo sull'Ucraina, i cui oligarchi, al pari di quelli moscoviti e pietroburghesi ( il resto della Russia rimane desolatamente povero ) interferiscono nelle scelte pubbliche senza venire apertamente allo scoperto ( insomma, la mafia straripa ),ma deve essere interpretata nella sua ribollente viscosità, nella quale siamo avviluppati, ma nella quale, la cura delle lobby è di enuclearne, isolarne e proteggerne solo i particolari interessi. L'oligarchia si consolida un po' dovunque.

Cupio dissolvi.

Se, ogni volta che la diffusione demografica e etnica, storicamente antecedente, dovuta a molteplici e non coincidenti cause, viene presa a pretesto per rivendicare interessi materiali, adducendo esigenze di tutela dei connazionali su di un suolo improvvisamnete nemico, si aprono scenari balcanici in Europa. E' quanto sta avvenendo in Crimea e nella zona sud orientale ai confini con la Moldavia, dalla quale proviene il deposto - ma regolarmente eletto - ex Presidente russofono. Costui, ancorchè eletto, aveva gestito il potere come uomo di paglia dei Russi e si era arricchito impropriamente ed indegnamente, come la Timoshenko che l'aveva preceduto e che, a seguito della rivoluzione da lei fomentata, ha abbandonato il carcere dopo due anni, anziché sette e si è potuta riatteggiare a leader o madre (ig)nobile del suo Paese, del quale si è intestata tutte le società di trasporto delle materie prime, che attraversano il territorio ucraino e che nel sistema di scambi commerciale globalizzato, acquistano una valenza economica e un'importanza geo-strategica, superiore a quella delle materie prime stesse. La Russiia, che ha scelto di riarroccarsi in una difesa del suo ritrovato status di potenza con diritto di veto, secondo le risultanze della seconda guerra mondiale, teme la relegazione e la pressione economica che si eserciterebbe nei suoi confronti, dopo aver recuperato la sua dignità perduta attraverso il riarmo, finanziato e sostenuto, però, dal commercio del gas. Per questo vede nella reclamata indipendenza, filo mercantile e filo atlantica dell'Ucraina, un'aggressione intollerabile al suo statico e territoriale status quo, che aspirerebbe a diffondersi verso ovest, a confini quanto più prossimi a quelli che costituivano l'Unione sovietica, nell'ambito della quale era, nei fatti, la tradizionale fobia russa dell'accerchiamento a provocare, con l'aiuto dei subordinati Stati-fratelli, le ricorrenti invasioni dei satelliti in ebollizione e ribellione, dato che la loro cultura, storia e tradizione li chiamava ad emanciparsi. Il pretesto etnico è poco originale e pericoloso, potendo dar luogo a una guerra e contemplando, in nuce, una guerriglia endemica e destabilizzazante. E se, un domani, qualche regime o associazione islamica rivendicasse la tutela dei suoi immigrati sul suolo europeo, per intervenire od intromettersi nella politica e nell'integrità territoriale dei Paesi che li ospitano e che, domani, se diventassero numerosi, potrebbero essere "minacciati"? L'Ucraina stessa, reduce dalle rivolte nella capitale che, in pochi giorni hanno deposto un autarca molto debole alla prova dei fatti, che ci verrebbe a fare in Europa? Se lo sono chiesti i suoi cittadini? A chiedere prestiti per mantenere in piedi l'impalcatura istituzionale e legarsi ad una schiavitù da debito, per più generazioni, per stare discosta dalla Russia? Se questo avvenisse, ci sarebbe una riedizione conseguente dell'ostilità tedesca verso la Russia stessa, come se la seconda guerra mondiale, con gli oltre trenta milioni di morti sovietici, non ci fosse stata. La contesa si fa violenta e si basa su una comune debolezza, anche potenziale e prospettica. In questo scenario, che vede la Cina e l'Iran, per una volta a fianco degli anglo-americani e dell'Unione europea, o meglio, della sua parte centro settentrionale, qual'è l'interesse, dei soci mediterranei e meridionali, già minore in ambito U.E., ad apparentarsi a nuovi assoldati, al cui sostentamento dovrebbero contribuire fino ad assimilarvisi, in molte delle loro plaghe geografice? Quanto è avvenuto è endogeno, autoctono ( sarebbe possibilissimo, basterebbe a se stesso storicamente ) o indotto irresponsabilmente? Che farà l'Italia di Matteo Renzi? Vien da ridere a pensarci. Penserà, grullescamente, di imitare Camillo Benso Conte di Cavour, antesignano del Marchese del Grillo, Ministro degli esteri del Regno di Sardegna, che mandò quindicimila dei suoi granatieri in Crimea per stare in un gioco che avrebbe portato la famiglia regnante a diventare una dinastia nazionale, per poi dissolversi, nella discendenza, nella fuga e nella vergona? Intanto, quelle prospettive, dopo che ci siamo venduti la Corsica e, novantasei anni fa, inglobato - si fa per dire - il sud Tirolo, nello Stato unitario, si sono ridimensionate, infiacchite ed affievolite. Il grande gioco ci esclude anche se potrebbe usarci. Nel frattempo, si dissolvono le nazioni e le persone, in un reticolo di interessi di corto raggio e neppure ben analizzati nelle loro conseguenze. Un intero, numeroso, popolo si appresta a soffrire ancora di più, comunque vada.

sabato 1 marzo 2014

Corsi e ricorsi.

Il rapido radicalizzarsi della situazione ai confini orientali dell'Ucraina spariglia le pigre e incerte aspettative della Unione europea che, infatti, ha già inondato i notiziari di un profluvio di dichiarazioni di principio e di missioni parolaie per il dopo fine settimana, che potrebbero far ricredere gli Ucraini occidentali e occidentalisti, sulla concreta bontà della loro scelta. L'Ucraina strinse un patto diplomatico con l'Inghilterra e gli Stati Uniti ( non con l'Unione europea che rappresenta per la parte non russofona un'apirazione puramente commerciale, che implicherebbe durissimi sacrifici all'atto dell'adesione ) che, in base ai trattati sottoscritti, in cambio della rinuncia ucraina agli armamenti nucleari, che furono portati in Russia, devono affiancare l'esercito nazionale se l'integrità territoriale di tutta l'Ucraina dovesse venire violata. Ebbene, la Crimea è già occupata da truppe d'assalto concentrate nei due aeroporti della regione, ma anche in zone sud orientali. La Crimea è una regione storicamente autonoma, culturalmente russa; fu assegnata da Nikita Kruscev, ucraino, al suo Paese d'origine, quando divenne Segretario generale dell'Unione sovietica, ma è sempre restata filo russa ed ha ospitato la flotta sovietica prima e russa poi, sul Mar Nero. Ma altri russi sono concentrati in altre zone del Paese, principalmente sul confine opposto del grande Paese, vicino a quella Moldova, di cui influenzano e tutelano una buona metà, mentre l'altra, con in mezzo l'Ucraina, è più prossima alla Polonia e alla Bulgaria delle quali, insieme alla Russia, i cittadini moldavi possono detenere il doppio passaporto. Il fatto è che la federazione russa soffre dello stesso complesso dell'accerchiamento che fu già degli Zar e dell'Unione sovietica e teme, non tanto la pressione economica di una sfilacciata e disomogenea Unione europea centro-occidentale, quanto la certa adesione dell'Ucraina alla NATO in una zona del mondo dove, altrimenti, non potrebbe essere autonoma, come dimostrano le vicende delle ultime ore. Putin ha rotto gli indugi, l'Unione europea è come se non ci fosse. Quindi tocca agli Stati Uniti ed al suo alleato europeo, l'Inghilterra, costituire una contrapposizione utile a far demordere i Russi dalla prepotenza ed indurli ad una trattativa che, se gli restituirà la Crimea, possa lasciar libera la gran parte del territorio ucraino di costituirsi in Stato indipendente, lasciando l'insegnamento della lingua russa nei programmi delle scuole ( molte sono esclusivamente scuole etniche russe e anche una polacca ),invertendo solo la primazia che, per tutto il periodo sovietico era stata attribuita alla lingua russa, attribuendola alla lingua ucraina, che le persone mature conoscono meno di quella del Grande fratello. La dispersione di comunità russe per il territorio ucraino non deve costituire il pretesto per trasformare una falsa e fantasiosa minaccia, in una pretesa di dominio delle etnie russe sul territorio ucraino, secondo il disastroso e disumano copione balcanico. Cosa ci vada a fare la Timoshenko a Mosca la settimana prossima, resta un enima, se non alla luce fatua dell'interessamento pubblico-privato, derivante dalla conoscenza accumulata al Governo e dall'incrocio degli interessi, soprattutto in campo energetico, di cui si è fatta criminalmente titolare. La labilità morale e quindi politica dei rappresentanti del popolo ucraino deve quindi essere supplita dalla supepotenza americana e dal suo braccio armato sullo scenario europeo. Ne saranno meritevoli, anche se lo faranno solo per interessi geostrategici di contenimento e influenza. Più di cento morti e di cinquecento feriti, hanno segnato finora, in Ucraina, questo capitolo della ricomposizione degli assetti internazionali dopo la fine della contrapposizione fra blocchi. Continua la deframmentazione delle contrapposizioni regionali, in questo caso in ottica globale. L'età degli Imperi sembra risorgere, dopo l'imperialismo, nel frullatore del globalismo.

Alla continua ricerca di un protettore.

Mai tanti democristiani e comunisti, provenienti dall'Italia, si erano raggrumati nel Partito socialista europeo, con il quale, in termini di tradizione e storia, non hanno nulla a che fare. I cattolici non potranno restarvi a lungo. Non sanno per ora a che santo votarsi, essendo il Partito popolare europeo un partito di destra. La socialdemocrazia nordica dell'Europa è estranea al massimalismo parolaio dei socialismi latini - che pur, per paradosso, annoverano nelle loro file, singole figure di autentico prestigio - ma che, negli apparati, finiscono in mano ad arraffoni e spesso a disonesti. Tutto il popolarismo, anche quello cattolico, sono intrisi di queste magagne; ci manca soprattutto l'adesione al modello moralistico e regolamentare, che caratterizza le grigie ma efficienti truppe solidali dei Paesi ricchi e più omogenei. Basta scorrere la lista dei sottosegretari del Governo dell'ex rottamatore di Firenze, per riconstatare come la lobby inestricabile dei politicanti e dei profittatori, riemerga, consolidata, dopo ogni giravolta verbale. Eppure, in queste more, la famiglia socialista europea, capitanata da tedesco Schulz, ha trovato digeribile la comparsata di Matteo Renzi, che si è prodotto nella solita bolla con il chewing gum, dell'intramontabile, perché mai sorto, D'Alema e della Camusso, versione operaiaccia prepotente in officina. Pierluigi Bersani, definitivamente offeso dall'emorragia cerebrale, alla quale è scampato per un pelo, fra le lacrime, ha detto: "è una giornata storica per il PD". Si tratta di una storia diversa e il PD non ha una storia. Vedremo quanto durerà. Per ora, il brancaleonismo italico mette una targa sul suo parziale passato comunista e apre la strada all'alternanza, senza contrapposizione, sul ridottissimo piano politico interno, infarcendo di buoni proprositi rigoristi il suo approdo nelle schiere tutelanti delle istituzioni comunitarie, sia pure come rappresentanti di un'accolita minore che chiede solo di poter continuare, in patria, a svolgere i suoi traffici, promettendo di non disturbare il manovratore.