domenica 2 marzo 2014

Cupio dissolvi.

Se, ogni volta che la diffusione demografica e etnica, storicamente antecedente, dovuta a molteplici e non coincidenti cause, viene presa a pretesto per rivendicare interessi materiali, adducendo esigenze di tutela dei connazionali su di un suolo improvvisamnete nemico, si aprono scenari balcanici in Europa. E' quanto sta avvenendo in Crimea e nella zona sud orientale ai confini con la Moldavia, dalla quale proviene il deposto - ma regolarmente eletto - ex Presidente russofono. Costui, ancorchè eletto, aveva gestito il potere come uomo di paglia dei Russi e si era arricchito impropriamente ed indegnamente, come la Timoshenko che l'aveva preceduto e che, a seguito della rivoluzione da lei fomentata, ha abbandonato il carcere dopo due anni, anziché sette e si è potuta riatteggiare a leader o madre (ig)nobile del suo Paese, del quale si è intestata tutte le società di trasporto delle materie prime, che attraversano il territorio ucraino e che nel sistema di scambi commerciale globalizzato, acquistano una valenza economica e un'importanza geo-strategica, superiore a quella delle materie prime stesse. La Russiia, che ha scelto di riarroccarsi in una difesa del suo ritrovato status di potenza con diritto di veto, secondo le risultanze della seconda guerra mondiale, teme la relegazione e la pressione economica che si eserciterebbe nei suoi confronti, dopo aver recuperato la sua dignità perduta attraverso il riarmo, finanziato e sostenuto, però, dal commercio del gas. Per questo vede nella reclamata indipendenza, filo mercantile e filo atlantica dell'Ucraina, un'aggressione intollerabile al suo statico e territoriale status quo, che aspirerebbe a diffondersi verso ovest, a confini quanto più prossimi a quelli che costituivano l'Unione sovietica, nell'ambito della quale era, nei fatti, la tradizionale fobia russa dell'accerchiamento a provocare, con l'aiuto dei subordinati Stati-fratelli, le ricorrenti invasioni dei satelliti in ebollizione e ribellione, dato che la loro cultura, storia e tradizione li chiamava ad emanciparsi. Il pretesto etnico è poco originale e pericoloso, potendo dar luogo a una guerra e contemplando, in nuce, una guerriglia endemica e destabilizzazante. E se, un domani, qualche regime o associazione islamica rivendicasse la tutela dei suoi immigrati sul suolo europeo, per intervenire od intromettersi nella politica e nell'integrità territoriale dei Paesi che li ospitano e che, domani, se diventassero numerosi, potrebbero essere "minacciati"? L'Ucraina stessa, reduce dalle rivolte nella capitale che, in pochi giorni hanno deposto un autarca molto debole alla prova dei fatti, che ci verrebbe a fare in Europa? Se lo sono chiesti i suoi cittadini? A chiedere prestiti per mantenere in piedi l'impalcatura istituzionale e legarsi ad una schiavitù da debito, per più generazioni, per stare discosta dalla Russia? Se questo avvenisse, ci sarebbe una riedizione conseguente dell'ostilità tedesca verso la Russia stessa, come se la seconda guerra mondiale, con gli oltre trenta milioni di morti sovietici, non ci fosse stata. La contesa si fa violenta e si basa su una comune debolezza, anche potenziale e prospettica. In questo scenario, che vede la Cina e l'Iran, per una volta a fianco degli anglo-americani e dell'Unione europea, o meglio, della sua parte centro settentrionale, qual'è l'interesse, dei soci mediterranei e meridionali, già minore in ambito U.E., ad apparentarsi a nuovi assoldati, al cui sostentamento dovrebbero contribuire fino ad assimilarvisi, in molte delle loro plaghe geografice? Quanto è avvenuto è endogeno, autoctono ( sarebbe possibilissimo, basterebbe a se stesso storicamente ) o indotto irresponsabilmente? Che farà l'Italia di Matteo Renzi? Vien da ridere a pensarci. Penserà, grullescamente, di imitare Camillo Benso Conte di Cavour, antesignano del Marchese del Grillo, Ministro degli esteri del Regno di Sardegna, che mandò quindicimila dei suoi granatieri in Crimea per stare in un gioco che avrebbe portato la famiglia regnante a diventare una dinastia nazionale, per poi dissolversi, nella discendenza, nella fuga e nella vergona? Intanto, quelle prospettive, dopo che ci siamo venduti la Corsica e, novantasei anni fa, inglobato - si fa per dire - il sud Tirolo, nello Stato unitario, si sono ridimensionate, infiacchite ed affievolite. Il grande gioco ci esclude anche se potrebbe usarci. Nel frattempo, si dissolvono le nazioni e le persone, in un reticolo di interessi di corto raggio e neppure ben analizzati nelle loro conseguenze. Un intero, numeroso, popolo si appresta a soffrire ancora di più, comunque vada.

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