mercoledì 5 marzo 2014

Comparse.

L'Italia neo-governata è stata rideclassata, a titolo di ammonimento, dai ragionieri di Bruxelles. Il nostro semestre di presidenza, previsto per la seconda metà dell'anno, sarà monitorato dalle commissioni censorie dell'Unione. Mentre l'Italia consolida il suo rating, sempre rimasto su standard negativi, la mia azienda sovraperforma il suo, continuamente, solipsisticamente, onanisticamente. E qualcuno sembra crederci. Basterebbe riflettere sull'esito della campagna del Signor Bonaventura ( il milione....di clienti, ricordate? ) di cui fu protagonista il gladiatore Milone. Che fine ha fatto il mio amico e corrispondente? Missing, sparito senza che nessuno si desse pena di cercarlo. Ora, oniricamente trasposti, siamo in fuga, come Fausto Coppi, sui Pirenei, al vento e al gelo, alla pioggia e alla neve, anche se, quest'inverno, in pianura non si è vista. Ne ha fatto esperienza ieri un valoroso cc, che non vuol dire carramba, ma cassiere commerciale, col cavallo zuppo dopo una cavalcata motoristica, che ha lavorato seduto su una stufetta, indomito nonostante il rischio di contatto elettrico. Ogni tre per tre il regime si inventa una nuova campagna, ne celebra le tappe e devia proprio sul traguardo per intraprendere nuove imprese. Per lucrare, raddoppia le mansioni e, in rapporto, dimezza il personale addetto. A parte il disgustoso, dichiarato obiettivo per il quale un'orda di barbari saccheggia un mercato spoglio, quello che colpisce è il pronto riflesso ubbidiente di veterani e reclute, come se l'imprinting aziendale li avesse segnati per sempre. La presunta debolezza dei grandi istituti, da spolpare come un gruppo di orche assassine è, oltretutto, un pretesto risibile: codeste entità sono già state rifinanziate dall'aumento di capitale da sette miliardi di euro della Banca d'Italia, che li ripartirà percentualmente sui suoi azionisti privati: le banche ordinarie, appunto. Se non spezzeremo le reni alla Grecia, avremo, per l'ennesima volta di una serie destinata a non esaurirsi mai, mantenuto i dividendi nei nostri scrigni, anzi nei loro, dato che a noi non toccherà un tallero, anche se la nostra fama resterà intonsa e radiosa. Viviamo anche noi, in Italia, in un sistema oligarchico nel quale gli unici valori considerati riguardano una coorte di nominati, fino ai vertici della vita istituzionale, che pasce esclusivamente i suoi interessi. Nessuno si preoccupa del popolo o, se preferite, della nazione. Il raid della Timosenko in Russia, ad esempio, in rappresentanza dei suoi beni estorti e forse di quelli degli altri oligarchi ucraini, avrebbe potuto essere di un qualsiasi ministro o sottosegretario italiano, di destra, di centro-destra, di pseudo sinistra. Anch'io, in fondo, lavoro per un oligarca, mentre prima lavoravo per un'oligarchia composita di interessi: la dialettica non mancava; gli interessi restavano oligarchici, soprattutto nell'attribuzione delle carriere. E' diventata oligarchica anche la classe politica italiana, dal momento in cui i Presidenti del Consiglio dei Ministri hanno cominciato ad essere nominati, prima direttamente, da entità extra e sovranazionali, poi, in ossequio alla medesima entità, da un Presidente della Repubblica comunista che è riuscito a realizzare l'utopia dirigistica, purtroppo durevole quando si è instaurata, alla quale si era votato "rovesciandone la prassi". E' avvenuto in un contesto diverso da quello che aveva vagheggiato ed ha riprodotto, nei fatti, le peggiori costumanze di un'esperienza che si pretenderebbe alle nostre spalle. Dopo il periodo mussoliniano, per altri vent'anni abbiamo conosciuto l'oligarca Berlusconi al governo, intervallato dalle rissose satrapie concentratesi su Prodi. Di Satrapo in Satrapo, infine e per ora, ci è toccato Matteo Renzi, il piccolo Imperatore di questa piccola Patria, così simile, nei suoi aspetti deteriori, all'Ucraina e alla Russia, nostri nuovi termini di paragone. Durante la cinquantennale normalizzazione post bellica, è stato un partito confessionale a filtrare, veicolare ed indirizzare, in termini prevalentemente conservatori, l'oligarchica tenuta di un sistema clientelare, che ha avvilito le competenze e la fatiche di chi non poteva godere di appoggi. C'è un elemento, talmente "scontato e naturale" da passare sempre inavvertito nei frequenti ed "astuti" adattamenti volontari ai regimi utilitaristici per i quali e dentro ai quali ci si trova ad operare, da meritare un approfondimento. Ci proverò, anche se richiederà un po' di calma e, quindi, un po' di tempo.

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