venerdì 31 ottobre 2014

Nel museo delle cere.

Non era del tutto imprevedibile la sentenza che assolve tutti gli aguzini di Stefano Cucchi, per violenza, sudditanza ed omissione, dato che la prima aveva scagionato i poliziotti e gli infermieri dell'ospedale Pertini e condannato solo i tre medici, rei di aver lasciato morire di fame e sete il povero giovane. Una sentenza del genere, che escludeva infermieri e poliziotti, dalla facoltà, anzi dall'obbligo di un'assistenza così elementare, anche se i imedici se ne fossero disinteressati, apriva la strada ad ogni sorta di accomodamento "cautelare" e così è stato. Mi sembra che la giurisprudenza assecondi il mantenimento delle apparenze del potere, nelle sue sembianze formalistiche, barocche od untuose, ma anche l'irresponsabilità di fatto quando si consumano le abiezioni più turpi. Il corpo di quel povero ragazzo era pieno di tumefazioni, lungo tutta la sua superficie. Come si poteva ignorarle in nome di qualche utile formalismo "decongestionante"? Ormai è inutile aspettarsi giustizia da funzionari statali inibiti, comodosi e impantanati in quella palude giuridica capitolina che, se insabbia meno di prima, non è certamente consona ad aggredire i fenomeni di corruzione, che a Roma si concentrano, e l'abiezione dell'animo che porta agli abusi impuniti sugli inermi. La battaglia testimoniale va condotta nella società civile, non aspettandosi che la sensibilità e la partecipazione alla realtà che si constata alligni fra i paludamenti.

giovedì 30 ottobre 2014

La ruota del Luna park.

Arriva Matteo Renzi. E gli operai restano a casa, tutti in ferie forzate per un giorno. La visita del presidente del Consiglio lunedì 3 novembre a Brescia, all’assemblea generale dell’Aib (l’Associazione industriale bresciana) ospitata nello stabilimento della Palazzoli Spa, apre un nuovo fronte del conflitto tra Renzi e quel che resto del sindacato. Perché quel giorno gli operai della Palazzoli, azienda alla periferia nord di Brescia che si è offerta di ospitare il congresso dell’Aib, non lavoreranno. La dirigenza della fabbrica – specializzata in impianti elettrici industriali – ha deciso di sospendere la produzione per un giorno. “Uno stop legato a necessità logistiche e di sicurezza che derivano proprio dalla presenza del presidente del Consiglio, che avrebbe chiesto espressamente agli industriali di organizzare la loro assemblea in una fabbrica”, spiega Luigi Moretti, amministratore delegato della Palazzoli. Ma la giornata di ferie non sarà a carico dell’azienda bensì dei lavoratori, che hanno dovuto prendere una giornata di “ferie collettive”, conteggiata alla fine del mese nel loro monte ore. Una decisione che ha fatto infuriare la Fiom Cgil, in questi giorni di tensione dopo le cariche della polizia sotto all’ambasciata tedesca nel corso della vertenza Ast-ThyssenKrupp: “Fermano la fabbrica per un giorno – sostiene il segretario della Fiom di Brescia, Francesco Bertoli – perché il rumore della produzione non permetterebbe di sentire i discorsi degli industriali. Ma visto che Renzi è ospite dell’azienda e non dei lavoratori, la giornata potevano pagarla loro”. L’ad della Palazzoli Spa conferma quanto denunciato: “Abbiamo fatto ferie collettive. Altrimenti non potremmo ricevere quella quantità di persone nello stabilimento, come è desiderio del presidente Renzi”. E i lavoratori cosa ne pensano? “Son tutti d’accordo – prosegue Moretti – chi dei dipendenti vuole partecipare è invitato. È uno dei loro giorni di ferie, e lo fanno nel periodo dei morti, quindi gli va anche bene”. La decisione però non è stata presa con le rappresentanze sindacali interne, scadute da qualche tempo, mentre le nuove Rsu non sono state ancora elette. Anzi, la Fiom bresciana denuncia che la Palazzoli non consente di svolgere assemblee retribuite. All’assemblea degli industriali bresciani sarebbe dovuto intervenire, in origine, l’ad di Fiat Chrysler, Sergio Marchionne. A tirare le fila del congresso sarà invece Renzi, cui sono state affidate le conclusioni: “La parte pubblica dell’assise – si legge sul sito dell’Aib – si aprirà alle 10 con l’intervento del presidente di Aib, Marco Bonometti, cui seguirà quello del presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi. Chiuderà i lavori il presidente del Consiglio, Matteo Renzi”.

Sentore di putredine.

In principio c’erano i gufi, ossia quanti recalcitrano all’idea di trasformarsi in araldi per le parate renziane. Ora il bestiario del “Messi della politica”, come Matteo Richetti ha definito il proprio boss, sta arricchendosi di sempre nuovi esemplari. Però non sono animaletti paciocconi tipo cartoon della Disney, come vorrebbe far intendere la falsa bonomia dell’attuale corso politico. Trattasi di creature inquietanti; che si direbbero balzate fuori dalle tavole di un Hieronymus Bosch. Infatti, in mezzo alle “soavi viperette” modello Deborah Serracchiani, che schizzano veleno tra uno sbattito di ciglia e un sorrisetto, starnazza con sempre maggiore insistenza la sora Pina (Picierno). Incarnazione perfetta della cornacchia; l’uccello passeriforme che le enciclopedie descrivono “opportunista e solito nutrirsi di rifiuti”. Indole emersa in maniera lampante quando ha mosso contro la leader CGIL – la burocratica Camusso – l’unico addebito che un tipo come lei, giunta in parlamento da designata dall’alto e candidata alle europee da capolista per arrivare seconda, una super-raccomandata di ferro che dovrebbe evitare per pudore: le modalità con cui il bersaglio delle sue beccate ha conquistato il vertice del sindacato. Questo in tema di opportunismi. Ben più inopportuna è la polemica, nutrita di sommari residuati argomentativi, in materia di rappresentanze del lavoro; proprio mentre la polizia manganellava selvaggiamente gli operai della Thyssen, scesi a Roma da Terni per difendere i loro diritti. Una vicenda attorno alla quale si intravedono le ombre ferine di altri animali; tipo sciacalli: quelli che ci vanno a nozze negli scontri di piazza e nei giri di vite più feroci dell’ordine pubblico, perché ritengono di ricavarne vantaggi politici. Quegli sciacalli del via libera alle provocazioni inconsulte di una ragazza che argomenta come in una lite di condominio e – al tempo stesso – mandano segnali che attizzano l’aggressività nelle frange delle forze dell’ordine meno lambite da un’educazione alla democrazia. A tale proposito vorrei riferire di un video, girato nei giorni dell’alluvione di Genova, che testimonia le prevaricazioni di alcune pattuglie di poliziotti nei confronti dei ragazzini che spalavano il fango, rei di aver invitato gli agenti ad unirsi a loro e “sporcarsi un po’ la divisa”. Faceva impressione la tracotanza intimidatoria verso quegli inermi volontari da parte di un agente, tatuato come uno skinhead e con bicipiti da culturista, che sequestrava loro i documenti e minacciava reazioni; forte della divisa e del presunto potere arbitrario. Le cariche di Roma, gli strilli della Picierno, le inconsulte prepotenze di Genova. Tutto lascia pensare che qualche sciacallo abbia innescato – esplicitamente o meno – lo scatenamento degli istinti peggiori – verbali e non – che si traducono in repressione. Qualcosa di molto preoccupante, viste le nubi tempestose che stanno addensandosi nel cielo dell’Italia. E che nei prossimi mesi potrebbero tradursi in repentine insorgenze sociali; cui replicare con rinnovate strategie della tensione. Mosse che potrebbero rientrare nei disegni controriformisti in gestazione; all’insegna del ben noto binomio Legge&Ordine, per sottrarre al berlusconismo in disarmo i suffragi della cosiddetta Maggioranza Silenziosa di non rimpianti passati. Quella della marcia dei 40mila in Fiat, madre della successiva sconfitta del lavoro. Formulo queste considerazioni con un certo imbarazzo. Ma non posso mettere fra parentesi la domenica assolata del G8, quando giovani del volontariato e intere famigliole vennero presi a randellate sul lungomare di corso Italia da quella polizia che nei giorni precedenti assisteva senza battere ciglio alle devastazioni dei black blok. Polizia che era stata appena visitata e rassicurata da un post fascista assurto a vice presidente del consiglio nel governo Berlusconi: Gianfranco Fini, poi imborghesitosi tra Roma e Montecarlo. In quel momento espressione dello spirito di rivalsa insito in una Destra a lungo compressa dalla messa al bando cinquantennale. La stessa voglia di rivalsa che ancora una volta si percepisce nell’aria…

Le guerre dei poveri.

“Altro che slogan del cazzo, altro che palle, leopolde e cazzate varie. Il governo deve chiedere scusa ai lavoratori. Perché questo Paese esiste perché ci siamo noi a pagare le tasse. E dobbiamo prendere anche le botte, noi che paghiamo, noi che lavoriamo? E da chi, da altre persone che per vivere devono lavorare? Ma che diano l’ordine di colpire quello che c’è da colpire. Cazzo in un Paese di ladri, di gente che evade, di corrruzione, se la vengono a prendere con gli unici onesti? Ma dove cazzo siamo messi?”. Maurizio Landini

Precipitati di pura dialettica politica.

Le manganellature che si sono abbattute sulle teste delle prime file dei manifestanti a Torino e a Roma, dove, a prenderle, sono stati sindacalisti di medio calibro, ma anche il segretario della FIOM Maurizio Landini da Reggio Emilia, sono, oltre le strumentalizzaizoni binarie, il sintomo della società autoritaria e priva di facoltà contrattuali nella quale ci troviamo a vivere. Il governo ha deciso di dare una ripassata a quei movimenti - CGIL compresa - che non vogliono intendere che l'unico referente, con il quale non trattare, ma dal quale prendere ordini, è l'esecutivo tedesco, come ha ben sintetizzato Susanna Camusso, rivelando il suo pensiero non manifesto. "Stavano per invadere la stazione Termini", ha detto la polizia insieme ad apparati para-governativi. I manifestanti erano poche decine e stazione Termini non è occupabile da così poche persone, neppure nella galleria che precede i trenta e passa binari. I manifestanti occupatori si sarebbero confusi con l'incessante via vai di grisaglie, informali, mises religiose, indossate da razze varie. Qualcuno, dispersosi lungo le scale delle biglietterie, si sarebbe sentito chiedere: "vuoi fumare?" e, al piano di sotto: "vuoi scopare?". La carica era premeditata e poco importa, semmai, se i manifestanti "scafati" possono averla "sollecitata" con qualche divagazione di percorso. Quando lo scontro si farà duro e, forse ci scapperà il morto, le insinuazioni reciproche saranno spese in ogni occasione, ma la volontà di reprimere il dissenso è certificata. Un dissenso che non è quello spontaneo e disperato dei greci ridotti all'indigenza, ma è quello della CGIL tutta, una fior di organizzazione. Ecco che l'impresentabile ministro-poltronista Angelino Geco Jolie Alfano propone oggi un tavolo per cogestire le manifetsazioni, come se, ufficialmente, il sindacato ( o solo la CGIL? ) potesse arrogarsi questa facoltà e se, in caso di denunciato discostamento dalla corporativa concertazione, fosse lecito bastonare gli astanti. E gli altri pseudo-sindacati, che parte avrebbero in tutto questo? Per parte sua, il transfuga Raffaele Bonanni della CISL, si è messo al sicuro, attribuendosi una pensione da nababbo, dopo tanti anni di affiancamneto alle più retrive politiche di impoverimento della base, casomai di quella operaia o proletaria, mentre quella da lui rappresentata, statali sottopagati, ma senza impegni di lavoro, impiegati in genere, retoricamente convinti di far parte di un'altra categoria, più educata, rispetto ai lavoratori del braccio, gli teneva la parte, come, normalmente, la tiene al padrone. Sarà importante che la CGIL non addivenga ad appeasement dissimulati e, perché questo avvenga, è fondamentale risolvere l'ambigua convenza dei democristiani e dgli ex ( loro malgrado ) comunisti nel PD. Precipitati di pura dialettica politica.

mercoledì 29 ottobre 2014

"La mafia non esiste".

Che gli attentati dinamitardi, nel 1993, potessero accompagnare, più che preludere, ad un tentativo di colpo di Stato - secondo le dichiarazione trapelate di Carlo Azeglio Ciampi, all'epoca Presidente - conferma, in maniera inequivocabile, la natura di corpo collaterale, armato e organizzato a latere dei poteri effettvi dello Stato, o meglio, corpo di "bravi" al servizio del borbonismo meridionale nel corpo dello Stato. Le connessioni e le inframmettenze con la massoneria locale, ovviamente collegata con quella interna e internazionale, sono lì a suggerirlo. Che con queste entità reali, non ostili formalmente alle istituzioni, ma in stretta e spregiudizata competizione per condizionarle ed impossessarsene, si tratti e non solo nei periodi in cui non si va proprio d'accordo, è tanto scontato, quanto pervicacemnte negato. Nell'ambito dei numerosi "dichiaranti", qualcuno si ritaglia, in questa o in quella occasione, il ruolo di collaborante-oppositore della mafia e, in circostanze e ricorrenze diverse, di primo colluso con la medesima. Anche questa è mafia.

Prospettive sanguinose.

Continuano le maganellature alle manifestazioni dei lavoratori, in occasione della perdita del loro posto di lavoro. Che anche dei poliziotti restino feriti e, "gli uni e gli altri, domani chissà?", non può mascherare la politica di repressione di manifestazioni "inutili" e, anche per questo, radicali. Le bastonature improvvise e gratuite ricordano quelle inflitte in Grecia ai disperati ridotti a servirsi dei cassonetti, in una cornice di suicidi. "Volevano fare questo", ma non l'hanno fatto; il processo alle intenzioni a giustificazione di concreti pestaggi sulle prime linee, quelle che aprono i cortei, di solito composte da sindacalisti e organizzatori..perché imparino. Le prospettive si fanno sanguinose, ma non sarà colpa di chi non accetta il proprio sacrificio sull'altare delle convenzioni utilitaristiche di un ceto politico privo di legittimazione. Il regime, per questi aspetti, è già in atto.

E così sia.

La stampa di destra ha commentato l'audizione di ieri del Capo dello Stato come una mortificazione inflitta, non tanto a lui - in fin dei conti un comunista - quanto alla carica, secondo una tradizione di inviolabilità e tutela formale del potere. E' un'impostazione ideologica retriva sopravvivente in Italia, come l'appellarsi con i titoli nobiliari all'interno delle famiglie che ne sono state investite. Invece gli è andata di già bene a non essere stato interrogato in veste di ex, spogliato delle sue "prerogative di riservatezza". La Regina d'Olanda va a far spesa in bicicletta, mentre i reali inglesi si sono "volgarizzati" da se, inseguendo modelli borghesi, più liberi e meno ipocriti dei loro. Che dire, dunque, dell'affronto al costume d'immunità che, purtroppo, ancora vige, sotto i colpi della società civile, di cui finalmente la magistratura, composta anche da gente normale, si è fatta autorevole interprete? Che, per sventura, a sverniciare la copertura degli idoli, più che il costume, corrivo, deve prevvedere la legge. E così sia.

martedì 28 ottobre 2014

Criteri di valutazione.

Non so se si sia mai visto uno Stato il cui Capo o nel quale anche l'ultimo dei suoi funzionari, possa restare al suo posto, anche se solo sfiorato dal sospetto di collusioni con la mafia. La conventio al Quirinale di avvocati e giudici, dopo la distruzione dell'unica prova probante - che però i giudici hanno ascoltato, ma di cui non possono valersi, le intercettazioni Mapolitano/Mancino ), il Presidente ha gestito un copione già definito e studiato nei dettagli, fra non ricordo e mi richiamo alle mie prerogative di riservatezza, circa il colloquio con il suo consigliere giuridico che aveva rassegnato le dimissioni e che era opportunamente morto prima che le contrastate deposizioni fossero rese. A che è servita questa baracconata? L'Italia, patria del diritto per chi crede nei paradossi, si è riesibita nella negazione sostanziale del diritto ad opera dei formalismi, nella sfacciata tutela del potere di cui la mafia è solo il braccio operativo o una delle braccia operative. Solo i grigi ragionieri di Bruxelles possono valutare e misurare la nostra attitudine a stare in Europa con i paramteri contabili, già di per se insostenibili, mentre nessuno pare avvertire l'incongruità di questo inventato Paese con i dettami minimi della compatibilità civile. Anche questo è un fatto.

La società gassosa e quella solida, dalla sublimazione della società liquida.

La depersonalizzazione del lavoro - la spersonalizzazione ne è sempre stato un connotato ( vedi l'alienazione di cui parlava Marx, susseguente all'espropriazione dei mezzi di produzione ) - farà presto giustizia della ripersonalizzazione magica attribuita al lavoro, "dei nostri professionisti" dai pifferai aziendali. L'ingegneria semplificatoria e apportatrice di risparmi, ha già apprestato gli strumenti con i quali giocare da sé soli con le opzioni disponibili di acquisto. Non è forse, a 360°, una società di venditori, gli ultimi venditori porta a porta? Prossimamente - in parte già lo è - diventerà una società giovane di piazzisti e una, in declino, di badanti dei rincoglioniti con sostanze. Infine, il just in time, da accettare o rifiutare senza impegno ( ma qualcuno lo pretenderà e selezionerà i "chiamati" al suo servizio ) nel mondo deresponsabilizzato prossimo venturo. Il passaggio sarà inavvertito: la memoria storica latita. Resterà, inizialmente, il lamento per la condizione avvertita rispetto a quella della famiglie d'origine e non in tutti i casi. Il privilegio si conserverà, ma sarà più friabile, a sua volta competitivo e non terrà conto delle gerarchie familiari, se codeste non saranno in grado di barricarvisi. La società liquida sfumerà in quella gassosa. Non tratto con i sindacati: quel tempo è finito. Così Matteo Renzie, che non è stato originale. E' stato solo il sequel della pluridecennale ripulsa delle direzioni del personale aziendali alle trattative in loco con le rappresentanze sindacali, demandate alle Sas di complesso, intendendosi le Segreterie sindacali di Gruppo ( quando c'era, altrimenti "nisba" ). D'ora in avanti risulterà "paradossale" trattare col sindacato sul tema del lavoro, come è paradossale sostenere che "se vogliono fare le leggi devono farsi eleggere" detto dal terzo non eletto al Governo e "le leggi si discutono in Parlamento" constatato il suicidio assistito senza dibattito autentico del Senato. Insomma: sappiano i sindacati che la "codeterminazione" è finita, ( non sarebbe affatto un male ) lo vuole l'Europa ( non detto ) di cui io me ne frego ( le potenze pluto-massoniche ) ecc. La Corte d'assise di Palermo è entrata al Quirinale alla 10 per interrogare il Capo dello Stato. Nonostante fosse stata allestita una sala stampa, l'ex palazzo dei Papi non ha fornito il supporto tecnico per attivare i collegamenti e, quindi, l'opinione pubblica dovrà accontentarsi delle ricostruzioni e delle fughe di notizie a posteriori. Extra omnes; i fantasmi del passato ne saranno stati consolati e rinfrancati. La deposizione avverrà nella "Sala oscura" una camerone senza finestre, probabilmente isolato da quei tecnici che non hanno avuto il tempo di allestire gli strumenti per la video-conferenza. Napolitano sarà interrogato anche dall'avvocato di Titò Riina, che, a termini di procedura avrebbe avuto il diritto di assistere all'audizione trasformata in udienza; non è colpa sua se lo Stato è sospettato di aver trattato ( per l'ennesima volta con la mafia, potere reale ). L'avvocatura dei funzionari collusi o meglio, usi a obbedir tacendo e tacendo a morir, potrà controinterrogarlo. Ai giudici interpretare e cogliere il gioco di sponda. A novant'anni, Napolitano non è certo l'unico a dover rispondere delle collusioni storiche con la criminalità e le gerarchie borboniche che la sostengono fuori scena, ma gli è demandata, dopo la distruzione delle registrazioni delle telefonate con il ministro degli interni Mancino, da lui provocata. la difesa, lo schermo verso tutti gli apparati dello Stato oinvolti e partecipi. Che altro è la mafia in ogni sua espressione di vertice? La Corte di Palermo, privata di una vita normale dal suo lavoro che l'ha portata a contrastare la mafia nella sua capitale, oppone ai distinguo, si sofismi istituzionali e non, alle fumisterie, una blindata ed innaturale ( per la natura perversa di certe realtà ) solidità muraria, quella delle tavole della legge. Speriamo che non frani anche quella.

lunedì 27 ottobre 2014

Chi vivrà, vedrà.

Un sindacato in crisi di rappresentanza, va a parlare con il ministro del lavoro e lo trova privo di deleghe a trattare. E' assurdo che un ministro sia inibito alla trattativa nel suo specifico settore: semplicemente: non ha voluto trattare. Le ragioni sono implicite: non può sforare dalla legge di stabilità scritta con la falsa opposizione della BCE, anzi, con essa preconcordata, sforamenti compresi. I sindacati, composti in parte da un vicesegretario generale, da una neo segretaria ( perchè Bonanni se l'è filata senza nemmeno il normale passaggio congressuale? ) e la Camusso in servizio permanente effettivo, unitaria oltre la logica al tavolo delle mancate trattative, insieme all'UGL, già saccheggiata dalla Polverini, poi presidentessa del Lazio, preferita alla bastian contrario Bonino e poi risaccheggiata dal penultimo segretario generale che ha distratto 250.000 euro di fondi sindacali per comperare una casa al figlio. Ci si può presentare in queste condizioni al tavolo e pretendere ancora di essere presi sul serio? In realtà, la parte del buffone di corte è contesa da tutti i protagonisti della sceneggiata, a cominciare da un governo nel quale solo il ministro dell'economia potrebbe dare ombra ad un premier giiullaresco e non esclusi i sindacati, antesignani delle larghe intese incompatibili e tutti sulla difensiva, a conservazione di un magma liquido discendente che sbrodola sugli argini, da tempo abbandonati più che trascurati. Ma in fondo i sindacati stessi e la CGIL medesima, polverizzata al suo interno, non sanno più che pesci pigliare dopo i sistematici cedimenti al realismo di scenario e trascurando i fatti nella loro scabra concretezza. L'unità sindacale è ormai un modo di dire: ognuno concorre per se solo a ritagliarsi una veste informale di vertice e per i vertici della magistratura minore del tribunato della plebe. Per cui, demansionamenti, deinquadramenti e, in prosieguo, salario contrattualizzabile in azienda diventeranno il pane azimo dei lavoratori generici del futuro, mentre chi cerca una qualificazione, quali che siano i suoi titoli formali, in ambiti fino ad oggi tutelati dalla categorialità, troverà a sostituirli sale vuote, computer touch screen ed IPad, sui quali gli avventori potranno scegliere il "prodotto" che vorranno. Di quale professionalità che non sia quella di un indossatore di talk show si vestiranno? Quella che già gli ritagliano facendogli vender fandonie, si dirà. Fantascienza, fantasia? Chi vivrà, vedrà.

Un mondo in espansione.

In fondo il globalismo diffonde di tutto. L'oppio dei popoli non è più, in occidente, la religione che vi dominava, ma la droga delle influenze esogene, di tutte le influenze imposte con la propaganda incessante, accettata per piaggeria o per fastidio, fino alle droghe vere e proprie, nei salotti e nelle sartorie eleganti, come nelle subure urbane. Quest'anno, in Afghanistan, la monocoltura del papavero ha raggiunto dei livelli che io conosco solo in un'altra reltà non nominabile di un'altra pianura. La droga si respira nell'aria, insieme al tabacco in luogo aperto ed allo smog ecologico, a quello ideologico, che, quanto più è negato, tanto più si espande, ora anche attraverso correnti religiose d'altra (in)civiltà, che hanno colto l'opportunità espansiva degli affari indotti e la facoltà di condizionamento delle menti vuote - da quel punto di vista - e meno attrezzate a resistervi. Il mondo, nella nostra presuntuosa interpretazione, per la quale l'uomo è la misura di tutte le cose, si espande come l'universo vero denucleatosi dopo il big bang. La misura è mediocre e, soprattutto, non è detto che l'espansione abbia un senso.

Sconcertanti sconcerti.

Università islamica a Lecce per costruire una classe dirigente dell'emigrazione, collegata con le altre istituzioni consimili tedesche, francesi e inglesi, oltre a quella operante negli Stati Uniti. Con quali soldi? Non lo dico, non lo dico...Lo dico io. Con i soldi dei sauditi che hanno finanziato tutte le altre e tutte le moschee italiane, ultima quella di Rimini, della cui edificazione si occupò un funzionario, ivi trasferito da Roma, della Banca di Roma, che girava con le foto autografate di Re Feisal e che trattava direttamente con l'ambasciatore arabo. Che problema c'è? Esistono istituzioni consimili in altri paesi dell'europa e del mondo non islamico e poi ci sono, in Italia, due Università cattoliche: a Roma e a Milano. Lo sconcerto alligna nelle "disponibilità di massima", si presume che, dietro l'insediamento filosofico e religioso - in un certo senso, le altre materie, politicamente, non contano - seguirebbero altri e cospicui investimenti, di cui i finanziatori vorrebbero però avere la titolarità, alla quale si affiancherebbe la creazione di potenziali dirigenti per "un'economia in espansione" e di Imam che non fossero semplicemente macellai e calzolai. Si avrebbe, infine, in loco la produzione di materiale ideologico per la masse, che da investimenti, religiosi e non, sarebbero ancor più attratte. Aumenterebbero i matrimoni, ma non sarebbero misti, come avveniva in Italia, nelle vallate del cuneese, quando l'industrializzazione spostava le famiglie verso la Michelin e la FIAT e i pochi contadini, sopravvissuti alle guerre, rimanevano soli. Allora si organizzavano matrimoni con donne calabresi, "le calabrotte", contadine ancora più povere che, dietro invio di una fotografia dell'aspirante e di una "filiera matrimoniale" composta dalle altre, già emigrate, si trasferivano nei casali del nord. Sarebbero matrimoni univocamente islamici. Le donne islamiche sarebbero escluse dal coniugio con gli infedeli, la loro prole non sarebbe inquinata. La posizione geografica di Lecce favorirebbe tutto questo, ma anche una comunicazione costante, una sinergia dagli effetti imprevedibili, stante "il bisogno" dell'area salentina, gli interessi che si incisterebbero in un contesto di omessi controlli e di labile capacità d'intervento. Dovesse andar male a Lecce, sono già pervenute offerte riservate da Calabria e Campania. Che ne diranno camorra e n'drangheta? Sono state scomunicate, forse si convertiranno. E' un effetto esclusivo dei soldi, come per la Roma a.c. e il Bologna f.c. 1909, in mano statunitensi. Ma questo colonialismo è all'origine della liberazione dell'Italia e rientra fra le possibilità "contemplate", addirittura entusiasmanti. "L'entusiasmo" non mancherebbe, prima o poi, neppure a Lecce, si accompagnerebbe a repressi rifiuti, riattirerebbe consensi, se, come probabile, si creasse una società inclusiva e meno povera ed una idealista ed emarginata. Gli scontri ideologici e religiosi non sarebbero esclusi. La vicinanza potrebbe far rivagheggiare una "riconquista", non bellica, ma altrettanto costrittiva, derivante dal condizionamento economico, finanziario e infine oppressivamente ideologico. Salvini si oppone: stava tentando di sbarcare al sud, proprio quando il sogno bossiano, per una delle infinite vie del Signore, stava per realizzarsi. In più, le "sinergie culturali" potrebbero fare il paio con il demenziale entusiasmo per le vittorie aziendalistiche, per gli esiti trionfali di un bilancio, per l'approvazione di una Commissione brussellese. Sono questi gli effetti deleteri dello spossessamento dei fondamenti culturali di un popolo, di una nazione, una malattia di ritorno ( da immunizzare? ) con gli strumenti economici che l'occidente stesso ha fornito - per pagarsi la benzina - ai medievali conquistatori, fermi agli slogans ed ai principi ( almeno a livello di diffusione ) di quattordici secoli fa. Lo sconcerto del Sindaco di Lecce è tutto un programma. E Renzie, che ne dirà?

domenica 26 ottobre 2014

Analisi di uno show.

Nell'analisi di quella convention detta della leopolda, da una stazione in disuso di Firenze - come delle officine del Lingotto a Torino, che, almeno, è diventato un museo, alla memoria dei sabaudi, prima profittatori e poi transfughi - dove, invece, nonostante il disuso, da rimodernare, il guru finanziario di Matteo Renzie ha sancito che lo sciopero va abolito perché rappresenta un costo, come se non fosse proprio questa la sua funzione, proviamo a destrutturarne il senso. Ci si chiede: ma – in effetti – questa Leopolda cosa è?. Provo a rispondere, precisando che la mia analisi congetturale attinge esclusivamente alle fonti mediatiche (TG e stampa). D’altro canto, se avessi avuto tempo a disposizione ed energia sufficiente, questo sabato sarei stato a Roma, a fianco degli ultimi drappelli del lavoro scesi in piazza a difesa della modernità democratica fondata sulla dignità dei diritti; non certo a Firenze, dove si sta svolgendo la kermesse postmoderna dei furboni mimetizzati tra le moltitudini di quelli che vogliono bersela. Ebbene, lo dico subito: a mio avviso la Leopolda è semplicemente il punto di emersione di una rete sotterranea; che Matteo Renzi e compari iniziarono ad annodare – come rivela il diretto interessato – nel preciso istante in cui ci si rese conto della “scalabilità italiana”. Per l’esattezza, i punti di emersione sono due: uno pop, bene in vista; l’altro elitario e – quindi – “coperto” (non a caso si è a Firenze, la capitale dell’italica Massoneria). Comunque, un modello organizzativo bifronte; largamente influenzato dallo spirito del tempo, aziendalistico e gerarchico – finanziario. La Leopolda alla luce del sole riprende abbondantemente lo schema delle convention aziendali, in cui il Top gratifica e fidelizza “la truppa” facendola giocare al gioco del “siamo tutti sulla stessa barca, siamo una squadra vincente”: gli stessi proclami a tinte rosa, seguiti dagli immancabili gruppi di lavoro (o tavoli) in cui svariate pattuglie si divertiranno a progettare banalità che l’alta dirigenza fingerà di ascoltare con grande interesse. I consulenti che hanno progettato l’evento garantiscono che siffatti psicodrammi potenziano motivazione (commitment) e autonomia (empowerment). Anche se alla fine della giornata i VIP se ne andranno in Ferrari o Jaguar, mentre i NIP rientreranno a casa sulla loro Panda. Macchine blu (ma non le avevano messe tutte all’asta?) versus mezzo pubblico e utilitaria. Secondo tale format, gli spin-doctors, teorici dell’andare sempre verso il positivo (anche nel caso di palesi bluff), fanno dire a Renzi che qui si coltiva “proposta”; mentre dalle altre parti si precipiterebbe nel negativo della “protesta” (anche se è grazie alle proteste organizzate che il secondo Novecento è stata una fase storica in cui si sono ridotte le disuguaglianze sociali. Difatti il meccanismo è proprio quello di incorniciare le banalità del tempo come genialate. In modo che quanti se le bevono abbiano essi stessi l’impressione di essere geniali. In altri tempi si sarebbe parlato di “irridente paternalismo demagogico”, oggi di straordinarie “strategie d’ascolto”. Questa la Leopolda (on light) per le vaste platee di pellegrini alla ricerca di una speranza purchessia. Poi c’è l’operazione in penombra (Leopolda darkness), che ricalca i modelli messi a punto dall’Internazionale del privilegio; con i suoi periodici meeting per pochi intimi, che si danno appuntamento in località amene. Il modello classico è quello di Davos, in cui si consolidano alleanze, si mettono a punto strategie e si scambiano favori. Il tutto in un clima di riservatezza molto più funzionale allo scopo (compattare cordate) dell’infelice sede del Nazareno, dove le ombre dell’accordo tra il giovane rampante venuto da Rignano e il vecchio marpione svergognato della Brianza apparvero in tutta la loro imbarazzante evidenza. Gratificato l’audience, ci si può dedicare agli scopi effettivi: scalata l’Italia, blindarne il controllo. Come? Visto che la cordata è composta da allegri provincialotti, ripetere la lezione dei maestri. Magari anglo-americani. La Thatcher si imbullonò al potere schiantando il sindacato dei minatori. Staremo a vedere se l’Italia del lavoro è friabile quanto l’Inghilterra di allora.

Vedi alla voce Leopolda.

Dagli atrii muscosi, dai Fori cadenti, dai boschi, dall’arse fucine stridenti, dai solchi bagnati di servo sudor, un volgo disperso repente si desta; intende l’orecchio, solleva la testa percosso da novo crescente romor. Almanacchi, almanacchi nuovi; lunari nuovi. Bisognano, signore, almanacchi? Almanacchi per l'anno nuovo? Si signore. Credete che sarà felice quest'anno nuovo? Oh illustrissimo si, certo. Come quest'anno passato? Più più assai. Come quello di là? Più più, illustrissimo. Ma come qual altro? Non vi piacerebb'egli che l'anno nuovo fosse come qualcuno di questi anni ultimi? Signor no, non mi piacerebbe. Quanti anni nuovi sono passati da che voi vendete almanacchi? Saranno vent'anni, illustrissimo. A quale di cotesti vent'anni vorreste che somigliasse l'anno venturo? Io? non saprei. Non vi ricordate di nessun anno in particolare, che vi paresse felice? No in verità, illustrissimo. E pure la vita è una cosa bella. Non è vero? Cotesto si sa. Non tornereste voi a vivere cotesti vent'anni, e anche tutto il tempo passato, cominciando da che nasceste? Eh, caro signore, piacesse a Dio che si potesse. Ma se aveste a rifare la vita che avete fatta né più né meno, con tutti i piaceri e i dispiaceri che avete passati? Cotesto non vorrei. Oh che altra vita vorreste rifare? la vita ch'ho fatta io, o quella del principe, o di chi altro? O non credete che io, e che il principe, e che chiunque altro, risponderebbe come voi per l'appunto; e che avendo a rifare la stessa vita che avesse fatta, nessuno vorrebbe tornare indietro? Lo credo cotesto. Né anche voi tornereste indietro con questo patto, non potendo in altro modo? Signor no davvero, non tornerei. Oh che vita vorreste voi dunque? Vorrei una vita così, come Dio me la mandasse, senz'altri patti. Una vita a caso, e non saperne altro avanti, come non si sa dell'anno nuovo? Appunto. Così vorrei ancor io se avessi a rivivere, e così tutti. Ma questo è segno che il caso, fino a tutto quest'anno, ha trattato tutti male. E si vede chiaro che ciascuno è d'opinione che sia stato più o di più peso il male che gli e toccato, che il bene; se a patto di riavere la vita di prima, con tutto il suo bene e il suo male, nessuno vorrebbe rinascere. Quella vita ch'è una cosa bella, non è la vita che si conosce, ma quella che non si conosce; non la vita passata, ma la futura. Coll'anno nuovo, il caso incomincerà a trattar bene voi e me e tutti gli altri, e si principierà la vita felice. Non è vero? Speriamo. Dunque mostratemi l'almanacco più bello che avete. Ecco, illustrissimo. Cotesto vale trenta soldi. Ecco trenta soldi. Grazie, illustrissimo: a rivederla. Almanacchi, almanacchi nuovi; lunari nuovi. Di generazione in generazione, dopo la fase mitologica della vita, chi non è riuscito a conseguire o non ha ereditato una posizione appagante nella vita, continua ad indulgere alla speranza, è facilmente sollecitabile dai suoni, dai rumori della propaganda, dal nuovo che apre prospettive che,invece, prospetticamente, vengono vendute ai nuovi artefici della fucina di Vulcano o agli operai della vigna del Signore. Per mancanza di prospettive reali, o meglio di realtà in atto, con facilità si viene distratti, circuiti, menati per il naso. Neppure le prime disillusioni sanano; al primo riproporsi del richiamo del pifferaio, gli opliti, gli schiavi per "scelta" si rimettono in marcia, fino all'esclusione per le forze calanti. Vedi alla voce Leopolda.

L'Italia imbastardita.

Nell'Italia imbastardita da ogni sorta di ignoranza e mitologia messe a contributo, i cattolici e i fascisti sono di nuovo in piazza insieme nella revanche di un'alleanza storica. Il pretesto è la legge 194 istitutrice dell'aborto legale, confermata con un referendum. L'alleanza fra i fascisti di Forza nuova e un neo-comitato referendario antiabortista, ricalca, per restare solo ai tempi recenti, quello sconfitto fra il MSI di Almirante e la DC di Fanfani. D'altra parte, dopo la liberazione, i preti non tuonavano, nelle prediche e in veri e prorpi comizi contro il pericolo rosso, alla fine della Resistenza, dimentichi di tutto quanto l'aveva preceduta e con cui avevano strettamente collaborato non intravedendovi nulla contro "l'ordine naturale divino"? Un altro referendum che confemasse il diritto all'autodeterminazione sarebbe salutare in quest'Italia che slavina in frantumi, soggetta a tutte le pulsioni frammentarie, sulle quali speculano questi movimenti, subdoli perché non dichiarati, ma lo scopo di queste ed altre iniziative reazionarie che si susseguiranno è di indebolire la coesione sociale, aprire spazi ad ogni incursione extra-legale ed isolare gli strati deboli, che saranno sempre più deboli, della popolazione, valendosi allo scopo, del velleitario spirito di compensazione di tanti sfigati.

sabato 25 ottobre 2014

Il dolore inutile.

Reyhaneh Jabbari è stata uccisa sabato 25 ottobre, all'alba. In Iran ha avuto inizio, in coincidenza, il mese sacro di Muharram che significa "tabù" ed è il primo giorno del calendario islamico. Si è voluto far coincidere il simbolo con l'esecuzione di una ragazza di ventisei anni che si era ribellata al suo stupratore e l'aveva ucciso. Lo stupratore era il marito, un ex agente dell'intelligence iraniana. Avevano già un figlio. E' stato il bambino a togliere lo sgabello da sotto i piedi della madre. Simbologia, principi morali, legge religiosa coincidono, come la sostanziale indifferenza internazionale. L'Iran, paese per metà civile ed evoluto, ha conosciuto dapprima la barbara e corrotta amministrazione dello Scià, apportatrice di lutti, torture e ingiustizie, in cambio della soggezione agli interessi americani. E' stato rovesciato da una rivoluzione religiosa popolare, che, da decenni, sta tormentando la nazione. Preoccupano le ambizioni nucleari in rapporto agli instabili equilibri israelo-statunitensi e non ci si cura del dolore che non conta, del dolore inutile.

venerdì 24 ottobre 2014

Il dado è tratto..un'altra volta.

L'Italia è bislacca, apparentemente ricca di fermenti, in realtà immobile e involuta su se stessa. Matteo Renzie, l'ultimo della filiera dei "garanti" commissariati è, in patria, il fiduciario di questi poteri immobili, dell'intatta stratificazione sociale ereditaria che, anche per ricorrenti "condizionamenti commissariali" internazionali, non è stata intaccata né da guerre perse, né da opposizioni tanto apparentemente decise, quanto impotenti all'atto pratico, succubi com'erano, a loro volta, dei diktat di realtà aliene e incompatibili. Dopo la prima scarpa da ottanta euro, ecco la seconda alle mamme renitenti e appartenenti alla stessa fascia sociale, alla vigilia di nuovi tagli alla sanità, all'istruzione pubblica e all'assistenza, Si favorisce un fenomeno e si abbandonano gli artefici alle conseguenze. Lo stesso si fa con le rinegoziazioni camuffate che comporteranno una diluizione di pesanti sacrifici sociali, alla cui entità, alle cui ricadute ci si abituerà gradualmente ma a cui non si sfuggirà ineluttabilmente. Oggi, lo sciopero delle Unità sindacali di base è riuscito bene ed ha dimostrato quanta sia stata la disillusione dei lavoratori superstiti verso i sindacati politici tradizionali. Domani ci sarà, fuori orario lavorativo e per consentire poche ore di riposo ai partecipanti, la manifestazione nazionale della CGIL, tardivamente resipisciente circa i disastri che in vent'anni ha contribuito a produrrre, pur senza abdicare del tutto alla sua natura di storico sindacato operaio. Sarà un successo, ma autoreferenziale, come quello regionale di giovedì scorso. Il dado è tratto: se si sta in Europa ci si dovrà acconciare alle vessazioni dei funzionari dell'impero neo-guglielmino; se si uscirà o se si sarà buttati fuori, si sconterà un'inflazione superiore almeno del 15% rispetto all'attuale che si abbatterà sempre sugli stessi poveri diavoli, dato che i ricchi, ormai da due anni, hanno messo al sicuro gli accantonamenti. Eppure, per mantenere un equilibrio di mantenimento del potere senza più rappresentanza, un vetusto ma corrivo presidente trascina la sua vecchiaia a garanzia - sempre più nervosa ed instabile - dei rapporti fra le forze movimentiste, secondo un canovaccio che solo il realismo senza principi di un vecchio burocrate del comunismo può giustificargli, perchè di quei principi, se mai li ha coltivati, non esiste più traccia. Come lui stesso ha detto: capita a chi vive troppo a lungo.

La filodrammatica italia.

Non si era ancora visto un presidente rotatorio di un'Unione, prendere rabbuffi dai suoi ragionieri e opporre un progetto implicito di rottamazione europea. L'unico elemento buono è la pubblicazione dell'intimazione ricevuta, pure se è stata strumentale alla sceneggiata; Berlusconi fece invece fagotto e lasciò il governo in mano al primo che sarebbe passato: non c'è pià stato un presidente eletto.Il minuto dosaggio percentuale sul rientro programmato e dilazionato prelude - come logico - a rimandate, proprozionali stangate, mentre già da ora, per uno striminzito 0,30% in più di rientro, scontato il bonus per l'incremento demografico della nazione, si prevedono tagli alla salute e all'istruzione. Una spesa previdenziale evitata o ridotta in durata e un'istruzione in gran parte privatizzata secondo il censo degli studenti. Ma se il buffonesco Buffalmacco non viene disarcionato su due piedi è perché la maggioranza dei membri dell'Unione, non si fidano di lui, paventano i fondamentali dell'Italia, ma ritengono che il giovanotto stia facendo bene il suo compito e che qualche trascinamento, comportante mora, possa essere contemplato. Tanto saranno gli italiani a pagarne le conseguenza e, per scelta ripetuta, che appare come un destino, soprattutto le classi popolari, perché le classi facoltose, sempre timorose del bene più prezioso, hanno già dimostrato tutta la loro sfiducia e messo al sicuro i capitali. Insomma, non è vero che il gattopardismo indigeno sia incomprensibile agli stranieri: hanno invece capito che tutto deve restare come prima perchè i loro voleri siano esauditi.

mercoledì 22 ottobre 2014

Tristi scenari.

Nel Movimento5Stelle, le epurazioni sono quotidiane e coinvolgono anche i sanculotti locali, coalizzati in streaming e in unità d'intenti con il capo-proprietario del brand, con le giustificazioni più astruse ed arbitrarie. Peccato. Poteva costituire un'alternativa transitoria importante, ma così com'è rapidamente degenerato, non è più sostenibile. Il guaio è che al vanesio ed inconsistente Renzie manca ormai un'opposizione e il suo progetto di partito-nazione, così simile al fascismo degli stracci e degli slogans, rischia di sancirne la burlesca ( ma fino a che punto? ) riedizione. L'opposizione, quando c'è, è correntizia, di bottega o interna alla coalizione, laddove si individuino potenziali vantaggi elettorali per il forno concorrente. In queste condizioni, fatta salva l'eterodirezione germanica, tramite le commissioni europee, il declino è nei fatti.

martedì 21 ottobre 2014

Il nocciolo del fascismo nelle sue cangianti espressioni.

Il fascismo è lotta blindata e non egualitaria, che va di là della dicotomia fra destra e sinistra, contro il grande capitale - quindi oggi contro il globalismo finanziario - e contro la politica dei "fantocci liberali" che del grande capitale sono espressione. E' lotta conservativa, atemporale della custodia. La retorica fascista della lotta fra lavoro (quello del commerciante, del piccolo imprenditore) e grande capitale finanziario, retorica che si traduce negli slogan dei piccoli imprenditori che si alzano tutte le mattine e lavorano più dei loro dipedenti - infatti, in dichiarazione dei redditi ricavano meno di loro - e portano sulle spalle il Paese e, mentre loro lavorano, senz'altra sodisfazione, altri ridono e fanno battute, oscura la vera lotta di classe che è innanzitutto proprio quella tra il piccolo commerciante e assimilabili e il commesso e assimilabili, sottopagato in nero, tra il piccolo imprenditore e l’operaio ricattabile. Certo, il grande capitale finanziario globale non è il bene assoluto, ma rappresenta un problema che non è né utille, né progettuale affrontare nella presente fase di passaggio, perché in Occidente non ci sarà un’evoluzione verso la diffusione partecipativa dei mezzi finanziari e di produzione fin quando sopravviveranno diffusi interessi di tipo piccolo e medio borghese. Per paradosso, l’eventuale prevalere di tali interessi su quelli del grande capitale - vedi eventualità di una deflagrazione dell’eurozona - porterebbe esclusivamente ulteriori svantaggi alla classe lavoratrice attraverso una rapida perdita del potere d’acquisto dei salari. Nella presente fase storica, le grida dei media contro il grande capitale finanziario globale, sono grida, spesso ipocrite, in difesa della piccola e media borghesia: i loro lettori. Sono grida reazionarie. Il processo di concentrazione dinamica dei capitali è infatti condizione necessaria per un possibile progresso storico, quantomeno tecnico e tecnologico; l’alternativa è restare impantanati nel birignao borghese, rattrappito sulla propria cassetta di sicurezza. Si deve operare perché l’evoluzione post-borghese del capitalismo contemporaneo vada avanti. Si tratta di un processo che richiederà raffinati equilibrismi affinché sia scongiurata la presa del potere da parte di movimenti fascisti. Uno dei pericoli principali risiede nell’alleanza fra borghesia e disoccupati. È del tutto evidente il legame tra fascismo e piccola e media borghesia. Inoltre, non è difficile capire che in assenza di piccola e media borghesia non può esserci, e non avrebbe potuto esserci, alcuna deriva fascista. Si tratta di constatazioni evidenti, constatazioni del tutto banali. Il fascismo storico fu espressione della mobilitazione della piccola e media borghesia immiserite contro le due classi allora sul proscenio, sia pur con copioni differenti: la borghesia agraria, industriale e finanziaria e il proletariato. Da qui il duplice carattere, rivoluzionario ma intriso di elementi controriformistici e, quindi, reazionario, del movimento e del regime: reazionario contro le istanze egualitarie del proletariato, ma rivoluzionario rispetto a un ordine esistente (anche internazionale) imperniato sulla tutela degli interessi del grande capitale, fino all'alleanza con un paese rovinato dall'inflazione. Non a caso Mussolini, nella dichiarazione di guerra del 1940, chiamerà i nemici "democrazie plutocratiche". È evidente l’analogia con diversi movimenti a noi contemporanei, analogia rafforzata dal fatto che anche nell’Italia postbellica la gran parte della piccola e media borghesia non si sentiva rappresentata da una classe politica liberal-democratica che mostrava ogni giorno di più incapacità e decadimento morale e il fascismo para-istituzionale fu assunto come "continuum" dello Stato, per comodità. Subito dopo cominciò una lunga marcia, ora sospesa, per la lentissima e contraddittoria applicazione dei principi costituzionali, ora bypassati nelle parti vive, ma monchi e non in quelle legate al momento storico in cui fu redatta, isterilite dalla desuetudine. Questi caratteri, nella camicia di forza di un'Europa ancora indefinita, sono riemersi dopo il superamento trasformistico della contrapposizione di classe, sia sul versante di destra che resiste al riparo dei fortilizi, al vento omogeneizzante del globalismo, sia su quello popolare, nei sentimenti, nella cultura o subcultura relazionale, sociale e di rappresentanza sindacale. Su questi temi la chiarezza è d'obbligo e la cultura di riferimento deve tornare al più presto ad una chiara e identificabile posizione. Solo in questo modo sarà forse possibile ripristinare i caratteri identitari di ciascuno in rapporto alla realtà.

lunedì 20 ottobre 2014

Movimento ad una stella.

Il M5S, il grillismo casaleggico sta tramontando rapidamente e scivola, in men che non si dica, nel rivaleggiare con tutte le derive fasciste, tanto diffuse e virulente, quanto mascherate e, per fortuna, per adesso impotenti, se non nel pestaggio di qualche poveretto. La mancanza di una linea politica degna di questo nome, omogeneizza le più semplicistiche, populistiche soluzioni, accessibili a tutti. La concorrenza bottegaia sugli stessi temi neutralizza, per adesso, l'insidia dei movimenti improvvisati, in rete ecc. Per il M5S ho votato due volte anch'io, ritenendo dialetticamente utile contrapporlo alle politiche destrorse e pseudo sinistrorse oggi coalizzate. Ma il costume dittatoriale di due capi-partito: uno ineleggibile, l'altro che rifugge dall'impegno esplicito e dall'inevitabile confronto con la sua base, la sua deputazione, i suoi amministratori, segna ormai - spero per molti dei loro votanti - la fine della parabola. In attesa che le posizioni politiche si chiariscano e le parti si differenzino secondo la rappreentanza di interessi reali, specifici e non ecumenici, è importante che il megafono della Rete si spenga e che si torni alla valorizzazione dell'investitura popolare diretta. Troppi ci tirano per i fili: è ora di reciderli.

Sono il fico del bigoncio.

Matteo Renzie è il Berlusconi dei poveri e, come tutti i leader popolari, esprime la beceraggine comune compiacendo e assecondando l'immemore o proprio ignorante sentire comune. Da destra a sinistra, ma non quelle colte, va maramaldeggiando, anche negli atteggiamenti, gonfi e tronfi, da Mussolini ridotto. Come Berlusconi, più le cose precipitano, più lui sfavilla di fanfaronate, più si riduce la base economica e più, contestualmente, lui riduce la base della rappresentanza facendo godere gli sfigati rancorosi. Il suo frasario, i suoi slogans sono il remake dei proclami del condottiero, del duce e solo le circostanze meno inique e il disinteresse dei Paesi che contano, Germania in testa, ad allearsi con noi, ci salverà da altri demenziali e tragici esiti. "Non mi sono iscritto alla CGIL", per commentare l'unica opposizione sindacale ai suoi sproloqui; "le regioni sono arrabbiate? Gli passerà". In che cosa differiscono queste bullesche parole dal "tireremo diritto"? Fin dove e verso che cosa? Manca un esplicito "ce ne freghiamo!", ma è solo questione di tempo se non sarà sgambettato per tempo. Certo che la politica italiana indulge e inclina sempre ai medesimi epiloghi. Ottanta euro per tre anni a tutte le neo mamme, fino ad un reddito familiare di novantamila euro. Queste ultime potrebbero farne tranquillamente a meno, mentre, a scalare, alle altre potrebbero non bastare. Alle più indigenti non farebbero un baffo. Ma tant'è. Dopo aver beneficiato con quella mancia i redditi operai, ecco un nuovo rigurgitino di fascismo: il contributo per le genitrici pigre della nazione, nei cui ospedali le partorienti sono quasi sempre, quotidianamente, straniere. Aumenterà la natalità con ottanta euro per i primi tre anni? Se le coppie di immigrati saranno coinvolte, sranno certamente l più "premiate" e per avere dei nuovi italiani bisognerà prontamente introdurre lo jus soli. Che generazione sarà? Prima che Renzi, inconsapevole di ripercorrere le tracce del fascismo tradizionale italiano di cui lui è un erede e un epigono, ci danneggi irreparabilmente, sarà bene che si provveda a farlo cadere o si separino le proprie responsabilità da lui e da chi lo ha accettato nel ruolo delicatissimo di Capo del Governo di una nazione in crisi.

domenica 19 ottobre 2014

La variabilità del destino.

I due ostaggi tedeschi nelle mani dei guerriglieri islamisti delle Filippine sono stati risparmiati in cambio di 5.6 milioni di euro, parte dei quali andranno a finanziare gli eserciti da campo o da deserto delle milizie di Allah in tutto il mondo, IS compresa. I Tedeschi non hanno quindi interessi strategici in quelle aree del mondo e, nonostante le forti pressioni statunitensi e dei loro valletti inglesi, perchè la politica occidentale sia uniforme, hanno preferito non ascoltare i propri concittadini accusarli di una politica colpevole, causa della loro morte, prima di venire sgozzati da qualche alieno che , come tale, aveva vissuto la sua adolescenza entro i loro confini. La Germania ha riacquistato dei fortissimi interessi sullo scacchiere europeo, ma resta ai margini del globalismo finanziario e militare del mondo. Il suo sistema corporativo, sindacal-produttivo è lì ad attestarlo, la sua storia, brevemente coloniale, contigua, nel Medio oriente solo alla Turchia, lo testimonia. La Germania ha riferimenti costanti al continente europeo, è poco incline al nomadismo fuori dai sui confini ed interessi culturali ed economici, poco ricettiva alle influenze esterne ( vedi il trattamento riservato agli Ebrei, che vi stanno inappropriatamente ritornando ) che pure studia e coltiva nei loro elementi più nobili, romanticamente. Ebraismo escluso. Fra Tedeschi e Yankee, fra Tedeschi e Inglesi non collimano gli interessi e, quindi, neanche i sentimenti. Quanto agli Italiani, non gli bastano le staffe per tenerci i piedi.

Accodàti.

Angela Merkel è al governo della Germania dal 2005. Matteo Renzi è il quinto capo dell'esecutivo italiano a cui ha dovuto ripetere il suo mantra rigorista. I tedeschi l'hanno rieletta proprio per questo: per evitare che le incongruenze nell'area dell'euro potessero influenzare negativamente la politica contabile teutonica. Sono stati, nel frattempo, cinquantaquattro gli avvicendamenti comunitari, per ciascuno degli avvicendati la novità è consistita solo nel sentirsi ripetere dalla viva voce del Cancelliere di tutta l'Unione la proposizione uniformatrice dei propositi. L'Europa in crisi, ma in gabbia, resta inane e priva di significanza. Solo l'avvicendamento ai vertici del potere pubblico della Germania potrebbe comportare una condizionata rimessa in gioco dei debitori intra moenia. Ma con la Merkel, prussiana e comunista d'antan il gioco alla pari non è consentito: comanda solo chi conta perché ha seguito la linea del capo e fatta propria la sua volontà, mentre i discoli maleducati del resto d'Europa o di gran parte di esso, che vorrebbero farsi beffe della cisposa severità guglielmina, da adulti, quali non aspiravano a diventare, hanno una sola opportunità, lunga..lunghissima. Mettersi in coda è la loro unica opzione, poi, se vogliono, giochino pure con i gelati, prendendosi in giro da soli.

La violenza ambivalente.

Oggi, sulla stampa campestre, si leggeva di assurde similitudini fra Bologna e Beirut. Ieri, Tacopina ci ha mostrato come si conduce una campagna pubblicitaria e di marketing, prodromica dell'avvocatura che verrà,, anche se era discretamente circondato da sette guardie del corpo, più o meno come Putin a Milano. Se dovunque, tutti gli antagonisti, un bel nome in quest'italia di opportunisti e ruffiani, sono stati presi a manganellate da dei poveri diavoli che hanno scelto la violenza istituzionalizzata, è perché l'opposizione politica è tramontata, segnando un periodo buio e privo di democrazia. I poliziotti non hanno difeso, infatti, la libertà di nessuno ed hanno impedito alla protesta di portarsi a contatto con i propalatori di verità conformistiche. Che strana pretesa, fare i poliziotti, gli sbirri e pretendere di essere amati o almeno rispettati, che odiosa ipocrisia la tutela parolaia dagli incerti ( o dai certi? ) del mestiere, da parte di chi beneficia dei loro bassi servigi, come se fosse prevista la soggezione e non l'obiezione. Chi manifesta viene dalle subure urbane e vive una realtà di incerta assegnazione degli allorggi, se ha un parente malato non è in grado di apprestargli cure adeguate, per mancanza di mezzi materiali e intellettuali; per costoro, la maternità e la paternità, il pane quotidiano sono problemi di cui arrangiano faticosamente la soluzione e i loro comportamenti sono consoni a farsi conoscere e a rivendicare una minore instabilità. Se stessero bene, comodi o, almeno, intravedessero la possibilità di sbarcare il lunario, sarebbero simili ai loro detrattori impediti nel loro shopping festivo. La repressione poliziesca è prodotta dalla indotta necessità di rendere sempre più disperate le condizioni di queste stratificazioni della società e di relegarle nella criminalità, censurata da una pletora di altri criminali dell'evasione, del privilegio ereditario e dell'emarginazione cautelativa.

sabato 18 ottobre 2014

La democrazia deistituzionalizzata non esiste.

Il parlamento depotenziato cede il dibattito all'Agorà e questa sarebbe ancora una buona notizia, se l'Agorà non fosse in balia di tutti i cialtroni e gli ignoranti, in corporativa rivendicazione delle loro piccolezze. In senso involutivo scende in piazza la Lega, in senso evolutivo i centri sociali e la sinistra non istituzionale. Gli integralisti coesi non scendono in piazza, si estraniano dalle contese pubbliche, si chiudono e si organizzano celatamente al loro interno, cotituiscono un pericolo vero, soprattutto per la loro, in parte giustificata, volontà di non integrarsi, che non si avverte e che qualche imbecille fomenta per mere ragioni di bottega, incurante dei rischi che apporta alla convivenza civile, lui che civile non è. Intanto i nuclei di picchiatori della polizia infieriscono contro le manifestazioni degli studenti che non posono rifugiarsi nella scuola privata e interferiscono con le manifestazioni di strutture storiche del sindacalismo se non sono coperte e allineate. Un nuovo autoritarismo, un nuovo fascismo, lasso o accentuato a seconda delle contingenze, prende una fisionomia precisa. Il vuoto riempie le piazze, in successione, continuamente e la proibizione costituzionale di ricostituire il partito fascista è disattesa esplicitamente dallo sdoganamento del MSI di Berlusconi. Forza nuova ha ormai sedi ovunque. Il dibattito democratico deve scendere dal pero e mettere in discussione la propria intonsa separatezza, deve partecipare con linguaggio accessibile al dibattito popolare. Altrimenti il piano concentrico di normalizzazione autoritaria sarebbe anche da questa omissione favorito.

Il movimento dei sindaci pro gay.

Anche il Sindaco di Roma, il Prof. Marino, che ha fatto la pessima scelta di lasciare la sala operatoria per la politica, si è iscritto al partito dei Sindaci trascrittori dei propri concittadini gay che si sono sposati all'estero. Marino è palermitano, ma amministra Roma, capitale d'Italia ospitante il Vaticano, un potere compromissorio e (con)diviso. Apriti cielo: con sicumera ben maggiore di quella del Vescovo di Bologna, ad esempio, la C.E.I. si è scagliata contro l'usurpatore laico e quel poveretto dell'Alfano poltronista ha dato la molla ai prefetti che, dipendendo sontuosamente da lui, hanno mandato un messo accreditato in Comune a sequestrare gli atti. La battaglia è ormai tutta politica e vede contrapposti i cattolici e i machisti di destra e la sinistra ecumenica, le cui uniche facoltà di opposizione si sono ridotte a questi argomenti. E' una contrapposizione su temi labili: quel che conta è il rispetto, imposto per legge e provvisto di pronte ed idonee sanzioni, verso tutte le facoltà volontarie dei cittadini: se ci fosse, se proprio ci tengono, anche i gay o alcuni di loro, potrebbero sposarsi. Si dimostrerebbe che le dinamiche positive, ma anche conflittuali sarebbero quotidiane, a prescindere dalle propensioni sessuali. E' prprio questa normalità che si vuole affermare su un fronte ed impedire sull'altro. E' quindi un tentativo d'inclusione e di controllo. Non è detto che sia un progresso.

Cautele diplomatiche.

Vladimir Putin è arrivato a Milano con una flotta di otto aerei, di cui sette da trasporto. Portavano otto macchine blindate per lui ed il suo seguito che hanno preferito non valersi di quelli del loro Consolato, come invece hanno fatto tutti gli altri convenuti. Putin si sente dunque un estraneo nel contesto europeo centro-occidentale e un potenziale bersaglio, in quanto unico oppositore dell'egemonia nord americana che influenza e condiziona tutto o quasi il resto del mondo, dopo l'improvvida liquidazione del comunismo. Putin di queste cose se ne intende per formazione spionistica. Ha recentemente dichiarato che non intende ricostituire l'Unione sovietica, in ambito geografico diverso e più ridotto rispetto a quello conquistato dai sovietici contro i nazisti alla fine della seconda guerra mondiale, ma che non cederà sulla autonomia ed estraneità della Russia alle dinamiche finanziarie degli Stati Uniti e dei suoi clienti. Ha anche sostenuto, per giustificare alcune forti limitazioni apportate in patria all'utilizzo di internet ( perche non ai provider dei siti pedopornografici, quasi tutti con sede in Russia, dopo che la medesima non ha aderito al protocollo che li inibisce? Anche questa forma di controllo extra territoriale poteva comportare indebite interferenze d'intelligence nel suo Paese? Non si può escluderlo del tutto, purtroppo. ) che il sistema è stato reso disponibile dagli Stati uniti a fini di controllo globale. Dopo le rivelazioni di Snowden, che si è rifugiato in Russia e la scoperta dello spionaggio americano anche verso i suoi alleati europei, l'affermazione non appare peregrina. Da parte sua, Putin, in partnership con Medvedev, detiene un potere formalmente legittimmo, ma sostanzialmente dittatoriale, in forte contrapposizione agli oligarchi di Mosca e San Pietroburgo, ex funzionari del PCUS, a lui ostili, ma non a quelli che fanno parte del suo apparato politico ed economico. Come potrebbe, quindi, ripristinare l'URSS? Ma non vuole nemmeno dar libero gioco alle trame delle potenze occidentali di interferire con gli assetti di potere della Russia, di esautorarlo, ma anche di ridurla nuovamente com'era ai tempi di Eltsin e come sta diventando l'Europa del sud e i Paesi più disastrati dell'est ex sovietico, divisi lavorativamente fra prostitute e badanti. Per questo Vladimir resta solo; si fa già sufficiente compagnia da sé, nel suo grande Paese. Meglio un Putin o un Renzie/Napolitano?

Trasformazioni e trasformismi.

A Bologna, dopo Torino, un corteo dei centri sociali che sfilavano verso il centro, ma ancora ben lungi dalla sede della Banca d'Italia, dove il suo Governatore teneva una lectio magistralis, si è trovato la strada sbarrata da manganellatori in divisa che li aspettavano a pie' fermo, per non farli proseguire verso un'ideale "zona rossa". Non appena il corteo si è trovato, petto contro petto, sulla linea degli squadristi della polizia e, senza forzare il passo, hanno continuato ad incedere, sono calate su di loro le bastonate dei poliziotti. I filmati documentano, dapprima, lo scempio degli ombrelli con i quali i procedenti si proteggevano dalla pioggia, insufficienti per tutelarsi dalle percosse manganellatorie. A cose fatte, il selciato era diffusamente ricoperto di macchie di sangue. Il Governatore,intanto, stava asserendo che "bisogna difendere i lavoratori, non i posti di lavoro". L'immutabile prosa, incurante del ridicolo e del disgusto, di chi si trincera dietro qualsiasi assurdità del potere reale, dei cui favori gode in funzione della sua prostituzione. Sempre a Bologna, giovedì scorso, al cospetto di una manifestazione minore di piccoli gruppi di studenti, in via Indipendenza, una quarantina di ragazzi, un po' più radicali di tutti gli altri che avevano bigiato la scuola, erano attesi da un pugno di poliziotti picchiatori, di fronte ai quali troneggiava, in atteggiamento stentoreo, un ginnico e gelido capo-manipolo. La grande manifestazione della CGIL del giorno successivo, sullo stesso percorso, era stata ben più nutrita, ma semi-silenziosa e la polizia non ha avuto occasione di esibirsi con i suoi nuclei speciali. Era composta da pensionati, ma anche da tanti giovani precari; gli uni e gli altri affollavano i bar e barattavano un caffé con l'utilizzo del bagno. Aveva partecipato a quel corteo, per alcune centinaia di metri, anche Joe Tacopina che li aveva invitati allo stadio. Oggi, mentre a partita in corso, il neo Presidente si offriva al suo talk show, ripreso da Sky, in città si consumavano altre manifestazioni di vacuità e atavica difesa di interessi neppur propri, da parte di bravacci manganelluti. A Torino, la manifestazione era della FIOM, non della CGIL e a quell'appuntamento la polizia specializzata è ricomparsa e si è data da fare, coinvolgendo negli scontri anche la parte operaia che se ne stava sotto il palco di piazza Castello. ma erano metalmeccanici, quindi ancora non omologabili almeno ai cigiellini. Il loro rappresentante, Maurizio Landini era stato, per poche settimane, l'apparente interlocutore più disponibile a sinistra nei confronti del democristiano Matteo Renzi, poi le loro strade si erano rapidamente separate, non tanto e non solo per un recuperato senso di apparteneza del leader della FIOM, quanto per la constatazione che, da parte di Renzi, non c'era materia, consistenza, trippa, ma solo vaniloqui divaganti. Con facile intuizione, Landini si è chiesto se dietro una così impropria manifestazione di violenza ci fossero indicazioni del Governo. Anche a me pare scontato, in sinergico interesse di un ministro poltronista, Alfano e di un Primo Ministro, stupido, maleducato, intrigante e non meno poltronista. La protesta, anche quella della FIOM, non convince; potrà essere aumentata, ma anche annacquata in qualsiasi momento. Quella studentesca contiene elementi di idealismo, di disagio adolescenziale, acuito dalla mancanza di prospettive per gli studenti delle classi sociali inferiori e anche elementi di strumentalità, come le cariche bisontesche della polizia al servizio dei privilegiati; quella dei centri sociali è a metà strada fra la politica dei bisogni e dell'emarginazione e l'insurrezionalismo, domani predatorio, dei senza avvenire. E' questa e solo questa l'Italia che avanza, una parte al riparo dei e un'altra sotto i colpi dei manganelli. P.S. Anche a Palermo alcuni sparuti studenti minorenni sono stati pestati da sette poliziotti-picchiatori. La stessa immagine colta in centro a Bologna, giovedì. Le repressione poliziesca è intesa a impedire una efficace e autentica opposizione alle mistificazioni del Governo. Si usa la forza squadristica per questo. Nel frattempo, mentre il Sindaco, che non sapeva neppure, durante la campagna elettorale che lo elesse, in quale serie militasse il Bologna, sorrideva in tribuna al fianco del Tribuno Tacopina, mentre la polizia picchiava i manifestanti dei centri sociali e si preparava la contro-manifestazione di Forza nuova. La differenza fra conformisti e oppositori.

venerdì 17 ottobre 2014

Se è dato di capir qualcosa.

Una decisione così apparentemente bislacca, come quella di mandare in ferie coatte dei coatti, da parte di altri coatti, non può essere fine a se stessa. Questi "morituri" centellinano la loro fine ad horas e, sperano ancora. Dev'essere la genesi della fede in una "vita spirituale in un'altra dimensione". Una tabula rasa di queste proporzioni non può che preludere a ristrutturazioni e ad esuberi. Il tratturo è segnato dalla sempre più accentuata multifunzionalità del personale insostituibile, perché privo di sostituti e non può avere altro scopo che quello di constatare, in condizioni di assecondata coattività, con quanti robot si può mandare avanti la baracca, senza limiti di orari e di adibizioni. Se questa sensazione ha un barlume o un fondo maleodorante di verità, allora la realtà luccicante dell'autoincensantesi azienda non è d'oro, ma d'argilla, dato che non è pensabile che una prepotenza così estrema sia solo funzionale al mantenimento dei dividendi del padrone e del "generino" di coorte. Il silenzio del sindacato è assordante; se si recuperassero tutte le ore regalate, si ricostituirebbe il monte ferie e non solo . Ma il sindacato tace: non solo quello aziendale, ma tutta la congerie dei tribuni della plebe, silenziosi in cambio di una occupazione stabile solo nel capoluogo e vicinanze, da cui l'espansione è stata solo infruttifera e dispersiva. Se è dato di capir qualcosa da empirici atti e non attribuirli alla pazzia. Intanto, dal 1° di Ottobre il Contratto di categoria è cessato. Si è deciso di prorogarne gli effetti fino al 31 Dicembre, dopo di che, se non si sarà addivenuti ad un accordo, che sarà eventualmente giustificato ed approvato, con la tagliola che "incombeva su di noi" e che i sindacati ci hanno risparmiato, si avrà la definitiva disdetta della contrattualistica categoriale, in previsione della quale si è accettato di precalcolare una tabellazione di competenze, una tantum, da riconoscere, a prescindere, con lo stipendio di Gennaio 2015. Ne saranno ammansiti i superstiti. Qualcuno ne ha parlato finora? Perchè partire, da Gennaio, senza strascichi di ferie, materia non negoziabile? Quesito sfidante per il nuovo anno.

giovedì 16 ottobre 2014

Mediazioni paralizzanti.

Uno dei tanti spot di Renzie, quello sulla prossima legge regolamentatrice ..di cosa? Dei matrimoni gay? Dell'omoaffettività? Dell'adottabilità solo dei figli naturali di uno solo dei coniugi omosessuali, per non separarli dal padre o dalla madre, anche se restano in balia delle persecuzioni verbali e non solo, fin dalle prime classi della scuola pubblica, dovrebbe allarmare i gay che si vogliono sposare. Renzie si propone di porre un argine alle iniziative dei Sindaci che trascrivono i matrimoni omosex contratti all'estero, come le adozioni contratte, sempre all'estero, da questi ultimi e, nel farlo, deve contenere le contrapposizioni fra amministratori locali e Prefetti fomentati dal poltronista dell'Interno Alfano, anche lui ben raccordato, dietro le quinte, con le gerarchie cattoliche. Prendendo spunto dalle false aperture del Sinodo sulla famiglia, che è sconfinato in un gioco delle parti fra "progressisti e conservatori", si vuol normare in senso limitativo, rispetto alle principali legislazioni europee, un fenomeno di incerta quantificazione, ma "eversivo", inquietante e culturalmente "inquinante". Renzie, come al solito, vorrebbe menare il can per l'aia e fare il punto di un'innovazione "compatibile", in perfetto stile democristiano, con l'imprimatur della Chiesa che non ha aperto ai gay. In certo senso non ne ha bisogno perché non ha mai chiuso, casomai l'avrebbe esplicitato. Ma non lo farà. Insomma, la legge sarà redatta in questi termini.

L'anomalia eccellente.

Di questi tempi grami si sente di tutto: dai rapporti di lavoro mutevoli giorno per giorno, tanto che a Natale molte rivendite commerciali resteranno aperte, almeno alla mattina, alle più strampalate sentenze di cui si riconosce la genesi in leggi apportate da ministri "tecnici" che, nella loro veste professionale erano a loro volta raggiungibili direttamente o indirettamente dai beneficiati futuri, in un caleidoscopio apparente, perchè in realtà confermativo della nostra natura controriformistica, ingannatoria e anormativa, in una sorta d'anarchia del potere, sia pur potere d'accatto. Ma che un'azienda, estesa per acquisizioni su tutto il territorio nazionale, sia pur non uniformemente, ordinasse il tutti a casa, in ferie, per il 2014 non si era ancora sentito. Che, per ragioni non esplicitate, un'armata Brancaleone che non ha mai scioperato per un'ora in vita sua, con poche e sparse eccezioni, si faccia imporre di dilapidare il suo svago o il suo riposo, le sua facoltà rapportate alle esigenze della propria famiglia e personali, "compatibilmente" con la copertura del calendario degli impegni, per i quali ciascun addetto è privo di sostituti e sui quali è monitorato con la scusa di un potenziale "premio" che non arriverà mai, è un fenomeno unico, destabilizzante e pericoloso. C'è un'inesattezza: sarebbe destabilizzante se l'azienda fosse organicamente inserita nel contesto merceologico d'appartenenza, ma non è così. Fa razza a sé, come i Faraoni che si riproducevano fra consanguinei, con gli effetti che si possono constatare nei comportamenti dei famigli, i quali, pur appartenendo alle schiere dei carrieristi velleitari al riparo del posto fisso, essendo raminghi, in tutti i sensi e, come già detto, insostituibili, sembrano sedati, al seguito di un pifferaio, come la band di Renzo Arbore, dei bravi lavoratori devoti, amministrati per cooptazione sindacale da un collateralismo corporativo aziendale. Un'anomalia "eccellente", il cui fine particolaristico e la sostanziale insignificanza economica generale, la mettono al riparo da qualsiasi confronto e le consentono di rimirarsi allo specchio e narcisisticamente di godere di sé. Ma ai famigli "che gliene cale?" Misterium iniquitatis.

Rane che si credono buoi e buoi che danno del cornuto agli asini.

Le borse calano perché i grossi investitori realizzano, non per colpa ( questo concetto insuperabile anche per i pseudo-analisti finanziari ) della povera Grecia, accusata per la sua miseria e non, semmai, per la sua corruzione che è gonfia come un derivato, rispetto alla sua dimensione ed entità economica. Le borse calano perchè gli speculatori non si fanno incantare dalle fanfaronate di Matteo Renzie e colgono l'occasione di farsi tondi - come si dice in Toscana - sulle prospettive indotte dalla demenziale politica dell'annuncio. Le borse scontano, infatti, prima gli eventi e li sfruttano per ricoprirsi quando si verificano. A quando qualche intemerata contro il borsismo, qualche argomentazione compensatoria teorica? La Merkel oggi, a Milano in occasione di un meeting Europa-Asia ha profferito il suo semplice mantra: la ripresa si coniuga con il rigore, la vostra ripresa, mentre Matteuccio da Firenze ha parlato delle sinergie culturali con gli asiatici, senza entrare nel merito di quel che dice. Le borse calano perché gli speculatori - che altro non sono che il mercato - le deprimono, macellando il parco buoi che è stato attratto nel recinto, mentre fuori crescono infinite mandrie di riserva, come i lavoratori flessibili. Se questo è il mercato - ed è questo - tutti ne sono soggetti in questo tipo di società, ma, fra speculatori sono destinati ad intendersi. Politici e banditori hanno ruoli interscambiabili, se parlano è per quel simulacro di democrazia che porta le masse, che confluiscono su "idee forza", ma raziocinando ed autoconfermandosi le razionalizzazioni, pensano di essere originali, ad approvarne maggioritariamente gli atti, ora sulla base dei miraggi ora sulla base delle correzioni ottiche ai miraggi, senza che la loro realtà ne risulti influenzata. Intanto, la legge di stabilità destabilizza le Regioni, soprattutto quelle use a fornire un'assistenza vera. Quelle ultraclientelari e civilmente depresse potranno continuare a spartirsi i cespiti ed a favorire gli amici degli amici. Come in Grecia, a proposito, lo strappo più ingiusto, doloroso e incivile, riguarderà la sanità pubblica. Che dice Renzie: provocatori. Che altro saprebbe dire? Il bue che dà del cornuto all'asino

mercoledì 15 ottobre 2014

Il dovere di denunciare per non abdicare alla propria libertà.

La condizione delle donne, delle famiglie romene che lavorano la terra nel ragusano è speculare, nella violenza e nell'inciviltà, a quella delle donne Yazide, siriane e irachene, ridotte a schiave sessuali dal IS e vendute al mercato. Le romene emigrate per la campagna agricola in plaghe desolate del sud, vengono violentate dai padroni e dai loro figli più grandi. Anche ragazzine di quindici anni subiscono violenza, come le madri rimangono spesso incinte a vanno ad abortire all'ospedale di Ragusa e delle altre zone circonvicine, dove i medici, almeno per i contadini-proprietari, non oppongono nessuna obiezione di coscienza. Sembra quasi che anche loro non si peritino, con un atteggiamento di indifferenza complice, di avvalorare la dignità, già così pesantemente calpestata, di queste migranti poverissime. I componenti delle famiglie impiegate vengono fatti lavorare a giorni alterni, in maniera di separare le mogli dai mariti e le figlie dai genitori. Chi non accetta questo "orario di lavoro" può levare le tende. Talvolta, la protervia e la sicurezza dell'impunità fondata sul bisogno delle vittime, si spinge fino alla molestia fisica in presenza del marito, che non sa, come la moglie, a che santo votarsi. La violenza morale del ricatto è, per queste destinatarie/i, un'umiliazione particolare, perchè le costringe ad appaltarsi sessualmente, dopo averlo fatto lavorativamente, al padrone, mentre il marito rinuncia alla sua riservatezza per il bisogno: esattamente come toccava alle schiave e ai loro mariti. La reazione a fatti di questa gravità sono ambigue e tenui, sfuggenti, sembrano asseverare che, di fronte ad una così smaccata violazione di qualsiasi norma, legale ed ancor prima etica, la reazione non trova basi su cui fondarsi, che l'incomprensione generale sarebbe uniforme. La denuncia, i reportages, lasceranno presto il campo alla rimozione, mentre un'eventuale insurrezione delle personalità violate susciterebbe certamente reazioni speculari a quelle di Villa Literno, di tre anni or sono e dove nulla è cambiato, dove,anzi, la repressione armata dei privati contro la giusta protesta ha cristallizzato la condizione di baraccamento e di promiscuità degli stagionali dei campi. E' questo un aspetto della mentalità sanfedista e feudale diffusa al sud "verso chi è inferiore", borbonismo d'accatto che si trasforma in lamento verso presunti pregiudizi settentrionali nei loro confronti, che, invece, al nord ci stanno per percentuali a volte superiori a quelle dei residenti nelle zone d'origine, non solo per bisogno, ma anche e soprattutto, ormai, per ricercare delle opportunità che spesso trovano e coltivano. La pura sopravvivenza fisica di queste non-persone infelici è ostaggio della profittevolezza economica, esistenziale e del possesso sessuale di rozzi utilizzatori, senza che nessuno abbia convenienza ed interesse a porvi rimedio, ma semmai ad infossare le notizie, attraverso la mafiosa minacciosità ambientale verso chi denuncia. Solo la mafia nigeriana, in Campania, è riuscita, negli ultimi anni a farsi temere e, quindi, rispettare, dimostrando coi fatti che alla violenza si può opporre efficacemente solo un'altra violenza organizzata, se non si vuole soccombere, mentre lo Stato ha lasciato fare alle fazioni contendenti, monitorando da lontano lo stabilirsi di equilibri.

Sulle note di una canzone popolare.

"Bella ciao", la canzone dei partigiani italiani è stata cantata con un megafono e con buona intonazione da un anziano sacerdote italiano, missionario da quarant'anni ad Hong Kong, L'ha rivolta ai giovani manifestanti in un empito di libertà poco consono ad un religioso cattolico, che comunque sa che la sua opera, già poco fruttifera, si potrebbe ridurre ancora di più sotto l'egida del comunismo-capitalista della Cina attuale, che non sopporta contraddizioni ed opposizioni organizzate, figurarsi delle libere elezioni. Ma tutto questo poco importa. Mentre in Italia la Repubblica nata dai valori resistenziali è messa in buca da uno stupidotto bolso e ignorante, la canzone del combattente per un pensiero semplice, ma irrinunciabile: la libertà, riecheggia per il mondo, in italiano. L'avevamo già sentita a Gezi Park, in quel di Istanbul, ad imprimersi nell'animo di quei giovani che potranno un giorno vederne risorgere lo spirito, a prescindere dal fenomeno Erdogan, che riguarda solo la sua ambizione. L'abbiamo sentita in Francia durante la campagna socialista che ha rimosso il Presidente ungherese e la sua insulsa, attuale signora, ma non ci aspettavamo di risentirla, con crescente frequenza, anche ad Hong Kong. Ovunque la libertà, senza la quale non ha significato vivere, viene impedita.

Vox clamans in deserto.

Sulla strada già ben asfaltata dal grande piazzista mediatico Silvio Berlusconi, la politica del proclama sembra essersi sublimata nel Presidente del Consiglio in carica che irradia i suoi twitter-spot da internet ai talk-show, dalle conferenze stampa ai convegni. Il riduzionismo argomentativo fino all’esaurimento ne è la caratteristica. L’argomentazione implica infatti confronto, riflessione, ascolto. Per la dialettica delle idee da sostenere, discutere, verificare, occorre almeno un poco di tempo. Troppo! Bisogna decidere subito e soprattutto fare. Questo lo stilema della reiterazione comunicativa. L’aveva in verità inventato già Craxi, ma Renzi su di lui ha un vantaggio: la simpatica impertinenza di un giamburrasca che maschera l’arroganza di chi prima proclama e poi ascolta (se mai!). Anche i sindacati, con cui in un’ora apre e chiude il dibattito. Che svolta! Ma lo spot-twitter tiene. E questo basta! Al massimo c’è il sondaggio virtuale. Meglio se il modulo è binario: sì/no; vero/falso, e comunque all’interno del circuito stimolo-risposta che dai cani di Pavlov ai piccioni di Skinner ha fatto cattiva scuola. Il proclama comunque passa e ognuno, nella superficialità diffusa, può trovarci una propria soddisfazione nell’induzione dell’automatismo emozionale, che risparmia dal fastidioso peso di pensare. Si cambia, finalmente si cambia! il ritornello continua. Non si cambia mai per continuare ad anelarvi, come se fosse possibile uscire da se stessi e dai meccanismi di controllo sociale apprestati per colpire i tentativi di fuga. E nelle fiducie in bianco, il non senso avanza nel corto circuito allucinatorio dell’esaltazione dell’utilitarismo mercatista. Bisogna pur cambiare! Ho fiducia che qualcosa cambi, ripetono in molti. Basta critiche! Basta contrapposizioni! Così nella falsa riconciliazione tra chi il potere detiene e chi ha l’abbaglio di farne parte perché comunque resta a sorreggerlo, il populismo cresce e sguazza nella servitù consenziente che alleva. E se si prova a dire che «gli schiavi della civiltà industriale sviluppata sono schiavi sublimati, ma pur sempre schiavi», c’è magari qualcuno che forse ricorda pure che la frase è di Marcuse e si inalbera: E basta con sta storia dell’uomo a una dimensione! Poi magari si scopre che questo qualcuno ha stampato edizioni preziose e riservate a pochi eletti di cerchi magici berlusconiani, quirinalizi, oppure ha abbracciato l’iperliberismo quando essere di sinistra non gli serviva più per far macchia nei salotti di annoiati iperborghesi. E in questa brodaglia di defezione morale trova plauso anche chi in Parlamento impettito ciancia di senso di responsabilità sentenziando: meglio turarsi il naso che far cadere il Governo! Era il refrain di chi votava e invitava a votare DC. Ma non fa scandalo ormai in un Pd che della Dc sembra essere una fotocopia e per giunta riuscita male. Fatti salvi i pochi eroici dissidenti che vengono minacciati di espulsione o di sanzioni, mentre tutti gli altri votano deleghe in bianco per eliminare garanzie costituzionali, per assaltare la scuola pubblica, la magistratura, per affossare diritti e tutele sul lavoro con la promessa tanto falsa quanto consolatoria che ci sarà più lavoro. Forse, ma lavoro per schiavi. Si cambia verso! Certo, abbattendo anche lo stato di diritto, verso un organico vassallaggio, se i proclami renziani diverranno “riforme”, come ben argomentano e spiegano quei “gufi” di intralcio alle “riforme”. Ma i loro argomenti sembra interessino poco anche a tanti italiani che quando si sveglieranno dall’ennesima fascinazione del Capo, si troveranno intorno il vuoto della precarizzazione generalizzata della vita peggio dei nonni dei loro nonni. La storia si ripete, la prima volta come tragedia, la seconda come commedia, diceva qualcuno… Oggi sembra essersi perso sia il senso della tragedia sia quello della commedia.

martedì 14 ottobre 2014

La fede nel proprio servaggio.

Quasi non passa giorno senza che il pre­si­dente della Bce, Mario Dra­ghi e gli altri stra­te­ghi che pre­si­diano il governo dell’Unione si affan­nino a ram­men­tarci che in man­canza di riforme strut­tu­rali l’Italia non ripren­derà il cam­mino della cre­scita. Le riforme strut­tu­rali: espres­sione iro­nica della sto­ria. Chi ha memo­ria del nostro pas­sato ricor­derà che la frase «riforme di strut­tura» è stata coniata da Pal­miro Togliatti, diven­tando uno degli slo­gan del Pci tra gli anni ’50 e ’60. Allu­deva a pro­fonde tra­sfor­ma­zioni da rea­liz­zare negli assetti dell’economia e nei rap­porti di potere tra le classi. Ora è finita in bocca ai mana­ger finan­ziari euro­pei, e ai gover­nanti ita­liani, e serve a dare una accen­tua­zione di radi­ca­lità all’intervento invo­cato, quasi si trat­tasse di miglio­rare più pro­fon­da­mente le con­di­zioni del Paese. In realtà, oltre a masche­rare il vuoto di prospettiva, essi cer­cano di nobi­li­tare la sostanza clas­si­sta della più impor­tante di que­ste “riforme”: una mag­giore fles­si­bi­lità e una più com­pleta dispo­ni­bi­lità della forza lavoro nelle scelte dell’impresa. Il Job Act in can­tiere nel governo Renzi, evi­den­te­mente non basta. Occorre poter licen­ziare con più faci­lità, per atti­rare i capi­tali che girano per il mondo. Oggi noi sap­piamo bene quanta fon­da­tezza ha la teo­ria su cui si fonda tale pre­tesa. Come ha scritto di recente Luciano Gal­lino, «La cre­denza che una mag­giore fles­si­bi­lità del lavoro, attuata a mezzo di con­tratti sem­pre più brevi e sem­pre più insi­curi, fac­cia aumen­tare o abbia mai fatto aumen­tare l’occupazione, equi­vale quanto a fon­da­menta empi­ri­che alla cre­denza che la terra è piatta». Ma per la verità noi non abbiamo sol­tanto que­sta cer­tezza scien­ti­fica, oltre alla prova empi­rica di una eco­no­mia capi­ta­li­stica che con­ti­nua a gene­rare disu­gua­glianze, pre­ca­rietà e disoc­cu­pa­zione.. Le delocalizzazioni, cioè gli inve­sti­menti all’estero dei paesi di antica indu­stria­liz­za­zione, danno un quadro certo della situazione e delle prospettive del profitto irresponsabile, l'unico cioè che si conosca. In Fran­cia essi rap­pre­sen­ta­vano il 3,6% del Pil nel 1980 e sono arri­vati a toc­care tra il 60 e il 57% nel 2009 e nel 2012. La Ger­ma­nia da un 4,7% è pas­sata al 45,6% nel 2012. Anche l’Italia ha fatto la sua parte, pas­sando dall’ 1,6% del Pil del 1980 al 28% del 2012, al quale andrà aggiunto, nella prossima statistica, il tradimento, non imprevedibile, della FIAT. Dimen­sioni di inve­sti­menti ana­lo­ghi anche dagli gli altri Paesi, con un dato impres­sio­nante per la Gran Bre­ta­gna, patria del capitalismo e produttrice del più vasto proletariato percentuale fra i paesi economicamente "evoluti", le cui imprese, nel 2010, hanno inve­stito all’estero 1.689 miliardi di dol­lari, pari a oltre il 75% del Pil». I nostri capi­ta­li­sti hanno tra­sfe­rito e inve­stito all’estero ric­chezze immense, fon­dando quasi nuove società indu­striali fuori dalla rispet­tiva madre patria, che per i capitalisti non esiste, uti­liz­zando a man bassa il lavoro sot­to­pa­gato e senza diritti dei paesi poveri, facendo man­care risorse fiscali gigan­te­sche ai vari stati,oltre a quelle da sempre normalmente evase. E ora gli stra­te­ghi dell’Unione vor­reb­bero far tor­nare un po’ di capi­tali in patria ridu­cendo la classe ope­raia euro­pea alle con­di­zioni in cui è stata sfrut­tata negli ultimi 30 anni in Cina o in altre pla­ghe del mondo. Il qua­dro che ne risulta con­ferma e appro­fon­di­sce, anche per altri aspetti noti, con dati quan­ti­ta­tivi, le linee sto­ri­che di evo­lu­zione delle eco­no­mie nel periodo con­si­de­rato. Tale qua­dro mostra ad es. come l’innovazione tec­no­lo­gica sia ser­vita e serva pre­va­len­te­mente a sosti­tuire forza lavoro, ingi­gan­tendo l’esercito indu­striale di riserva. Nonostante l’innovazione di pro­dotto rea­liz­zata con la microe­let­tro­nica, soprat­tutto negli Usa, essa non ha creato, come avve­nuto in pas­sato con lo svi­luppo delle fer­ro­vie, l’espansione della chi­mica, l’industria auto­mo­bi­li­stica del ‘900, quella dure­vole ondata di nuovi posti di lavoro che erano attesi. Men­tre la pro­du­zione, come sap­piamo, è dimi­nuita rispetto ai decenni pre­ce­denti il 1980: e qui tutta la glo­ria del capi­ta­li­smo neo­li­be­ri­sta pre­ci­pita nell’ignominia di un'altra mistificazione sto­rica. Nel frat­tempo i salari sono rista­gnati, è aumen­tata la disoc­cu­pa­zione. Ma ovvia­mente sono cre­sciuti i pro­fitti. Que­sti si! Cre­scita dei pro­fitti a cui però non cor­ri­sponde un aumento del pro­cesso di accu­mu­la­zione, vale a dire gua­da­gni dell’impresa rein­ve­stiti nel pro­cesso pro­dut­tivo perché non più in grado di fare da catalizzatore di profitti multipli e quindi inadatto a promuovere un'ideologia, a consentire prolungati pavoneggiamenti, fatti salvi i piaceri ed i vizi, per assicurarsi il mantenimento dei quali, una parte sem­pre più con­si­stente di tali pro­fitti se ne è andata e con­ti­nua ad andar­sene in divi­dendi e paga­mento di oneri al capi­tale finan­zia­rio. E così il cer­chio si chiude per­fet­ta­mente, dando un pro­filo netto alla sto­ria eco­no­mica degli ultimi 30 anni: asser­vi­mento della classe lavoratrice, disoc­cu­pa­zione cre­scente e lavoro pre­ca­rio, debole cre­scita eco­no­mica, ingi­gan­ti­mento del potere finan­zia­rio e amplia­mento delle disu­gua­glianze. E’ que­sta la musica al cui suono dan­ziamo ormai da anni. Men­tre la poli­tica degli Stati e quella dell’Unione in primo luogo pro­pon­gono di riper­corre il sen­tiero che ha con­dotto al pre­sente disor­dine mondiale. Ora, l’aspetto più cla­mo­roso della pre­sente situa­zione, soprat­tutto in Europa, è l’ostinazione con cui i diri­genti dell’Unione e soprat­tutto i gover­nanti tede­schi e nord-europei si osti­nano a restar cie­chi di fronte alla realtà che trent’anni di sto­ria ci con­se­gnano. Saremmo inge­nui se pen­sas­simo solo al dog­ma­ti­smo fana­tico che è nel genio nazio­nale dei tede­schi. E sap­piamo che a ispi­rare la poli­tica dell’austerità che ci sof­foca è l’interesse dei cre­di­tori. Ma io credo che l’Europa di oggi e gran parte degli stati di antica indu­stria­liz­za­zione testi­mo­nino un muta­mento sto­rico finora inos­ser­vato, che ormai emerge alla luce del sole. Non solo i vec­chi par­titi comu­ni­sti, socia­li­sti, social­de­mo­cra­tici sono stati strap­pati alle loro radici popo­lari e gua­da­gnati al campo avversario. E’ cam­biata la forma di razio­na­lità dei gover­nanti, ostaggi della tecnica,della tecnica che non pensa, come aveva sagacemente dedotto il filosofo italiano Emanuele Severino già oltre trent'anni fa, dalla quale - sosteneva - sarebbe derivata una rovinosa decadenza anche della Chiesa cattolica. La ragione tec­nica applica dispo­si­tivi dot­tri­nari alla realtà, atten­dendo che essi fun­zio­nino per­ché così accade nei labo­ra­tori o nelle simu­la­zioni mate­ma­ti­che. Nella loro ratio se il dispo­si­tivo non ha suc­cesso è per­ché si sba­glia nella sua appli­ca­zione o que­sta non è com­pleta. Se il Job Act non fun­zio­nerà è per­ché qual­che resi­dua norma impe­di­sce all’imprenditore di licen­ziare i suoi ope­rai quando più gli aggrada. Dun­que, la verità che nes­suno vuol dire è che oggi siamo gover­nati da uomini che non pen­sano. Dove il verbo pen­sare ha una ric­chezza seman­tica ormai andata per­duta nel les­sico cor­rente: signi­fica lo sforzo crea­tivo di rispon­dere alle sfide della realtà ascol­tan­done la com­ples­sità, cer­cando solu­zioni con­di­vise e di uti­lità gene­rale con l’arte della poli­tica. I tec­nici con­ti­nuano ad appli­care dot­trine scon­fitte dalla realtà . Ma i poli­tici senza dot­trina, come il nostro Renzi e prima Ber­lu­sconi, non pen­sano più dei tec­nici. Eser­ci­tano l’arte red­di­ti­zia della comunicazione, anche se è una comunicazione povera, alla Fonzie/Renzie, per i gonzi. Ma i gonzi sono la maggioranza purtroppo.

lunedì 13 ottobre 2014

Resa dei conti?

Il mondo cattolico è entrato in fibrillazione; il Sinodo, parte prima, sulla famiglia ne è stato il detonatore. Non è affatto certo, né scontato che la Chiesa voglia riaccogliere il coniuge divorziato che si sia risposato ed accettare contemporaneamente che continui a vivere con il nuovo partner, moglie o marito civilisticamente. Su questo il dibattito, riservato alla gerarchia, è stato sfuggente ed ha fatto cenno soltanto ad appositi "percorsi" di riconversione. Sembrerebbe quindi trattarsi del solito modello controriformistico, attraverso il quale viene "illuminata" una realtà talmente mutata da non consentire più il mantenimento, ad excludendum, dei canoni tradizionali della dottrina. Ciò non di meno, ad opera di grotteschi personaggi recentemente emarginati da Bergoglio, quali il Vescovo paraguayano, protettore di pedofili, si accentua non tanto e non solo una contestazione incongrua con l'obbedienza dovuta dai chierici di un'istituzione tutt'altro che democratica, quanto una ventilata scissione, uno scisma ma dai contenuti più evidentemente e banalmente politici. Nella giornata odierna, per la prima volta, languidi elogi sono stati spesi nei confronti dei gay, quali potenziali portatori di spiritualità, finora negata all'eclessia. Risulta comunque difficile, per ampi strati del cattolicesimo borghese o vandeano accettare simili parole, nella presunzione che non siano solo specchietti per le allodole. Il pampa-Papa ha rincarato la dose: dobbiamo aprirci alla realtà fattuale, perché la Chiesa non diventi una chiesetta. I tempi nei quali la formazione cattolica si accompagnava ad una capacità di coartazione sociale sugli strati popolari della popolazione sono ormai alle spalle. Le teorie secolariste, fossero il liberalismo aristocratico o il suo pendant proletario, il comunismo, non avevano inciso per nulla sui popoli che ne erano stati soggetti, per ignoranza, incultura, estraneità empirica, ma l'edonismo indotto dall'industrializzazione, dalla modernizzazione e dalla pubblicità, hanno corroso la prassi di vita cattolica, per cui, anche nelle famiglie osservanti del precetto domenicale, la formazione dei giovani esula dal condizionamento applicativo dei precetti religiosi. Ma questo non cancella l'insuperabilità oggettiva ed ideologica del dogma e fuorvianti appaiono i tentativi di adeguamento lessicale ai costumi invalsi. Bergoglio arrivò secondo nel penultimo conclave in rappresentanza dell'ala "progressista" della Chiesa; lo sopravanzò Ratzinger che ha poi rinunciato, in quota conservatrice. La dicotomia ai vertici della Chiesa sembra quindi acclarata e l'attuale robusta minoranza, che avrebbe voluto il Primate di Milano, Scola, al soglio di Pietro, ha iniziato la sua battaglia contro Francesco. Antonio Socci, ottimo giornalista cattolico di destra, ha anche preconizzato, in un libro, l'invalidità dell'elezione di Jorge Bergoglio, per violazione di norme del diritto canonico. Starà all'abilità politica del gesuita Francesco sinergizzarle a fini utili e propositivi per la sua opzione religiosa. Sarà, come è avvenuto negli ultimi anni, una lotta senza esclusione di colpi.

domenica 12 ottobre 2014

Terzo mondo low cost.

Il timoniere della Concordia vi si era applicato solo da venti giorni. Prima faceva le pulizie e le riverniciature. Riconvertito alla plancia ed al governo dell'albergo galleggiante, veniva pagato per un terzo dello stipendio normale di un timoniere; era indonesiano e non parlava nè l'italiano, né l'inglese. Anche il comandante aveva con sé una lavorante del sesso del terzo mondo e se la tenava in cabina in cambio di una crociera gratis. Ora costei tenta un'improbabile pubblicità "artistica" minacciando rivelazioni e, subito dopo, facendole. Credo che i commenti siano superflui, non tanto e non solo riguardo alla squallida vicenda a trecentosessanta gradi, che ha visto perire crocieristi a prezzi scontati, quanto circa il modus di un mondo infiacchito, speculativo e involgarito. I vertici della Costa crociere, poi, non sapevano nulla: né dell'esistenza degli "inchini", né delle metodiche di reclutamento del personale che, sulle navi da crociera, è sempre e solo costituito da asiatici, inservienti ed attori di varietà, dai costumi coloratissimi e dal sorrisone mongoloide, che, spesso, non sanno nemmeno nuotare. Ma metterli addirittura al timone, contando sugli automatismi di rotta vuol dire non conoscere i costumi professionali dei propri comandanti, dato che dubito che quello di Schettino sia un caso isolato. Anzi, l'incuria chiama incuria, fino agli esiti noti. Fra l'alto, il timoniere, verniciatore e uomo delle pulizie, ha patteggiato la sua pena e poi è scomparso. Risulta irreperibile. Avrà preso al volo un'altra mazzetta per eclissarsi, un'altra occasione da non perdere ed a cui adattarsi, l'unico riferimento della sua vita. Un lavoro procuratogli lontano. Il Comandante De Falco, della Capitaneria di porto, che aveva preso sul serio il codice della navigazione, è stato da allora messo in quarantena e, infine, confinato in un ufficio. Troppo sputtanante quel: "torni a bordo!" O sarà stato per l'esclamazione di chiusura? "Cazzo".

Democrazia semplificatoria.

Ormai il commercio semplificatorio si è esteso a tutte le attività economiche e i servizi connessi, come quello di riscuotere i soldi degli acquisti è demandato a macchinette integrate con bilance. Agli sportelli delle multisale cinemetografiche, avventizi rallentano la fila per spiegare a dei rincoglioniti palesi la facoltà d'abbonamento scontata, con possibilità di utilizzo con altri sconti ai bar, con ricarica di punti, tanto che lo spettatore si confonde, borbotta e talvolta sottoscrive. Con quella tessera plastificata - ci vuola una borsa a scomparti ormai per portarsele tutte dietro, potrà prenotare i posti online, infatti la cassa è ormai un'afflizione, pungolati da famigliole d'aspetto grossolano, investiti dalle corse divagatrici dei bambini fra le luci al neon, contrastati nell'adempimento semplice della praticuccia dalle involute e frenetiche spiegazioni pubblicitarie. La maggior parte delle persone non capisce palesemente un'acca, ma la ripetizione costante delle stesse risparmiose opportunità li incanta e li induce ad indugiare. Sì, perché i loro redditi sono da domenica al cinema, mentre quelli dei cassieri, maschere, baristi e sguatteri, serviranno solo per una pizza. Tutto al minor costo, tutto per un lavoro sottopagato, stupido ed in divisa, del tutto speculare ai contratti a termine dei grossi centri specializzati nei villaggi commerciali: poche centinaia di euro per orari bislacchi a frammentati. Così facendo, si riducono progressivamente gli addetti alle mansioni esecutive ed alle mansioni esecutive si destinano coloro che si vogliono eliminare, o almeno che si vorrebebro eliminare, coloro che sono assunti per essere presto eliminati. E' tutto un mondo di apparenze, facile e inconsistente, nel quale molti non si riconoscono sulla base di vecchie retoriche di appartanenza, più proprie dei loro padri che dotate di prospettiva per loro. Ma il capitale a loro non fa sconti, lo Stato è diventato esattore e nessuno inverte una corsa insensata verso l'inganno e l'illusione. A rallentare la fenomenologia elementare soccorrono i rincoglioniti clienti di cui sopra, almeno in rapporto alla loro rilevanza economica per i capitalisti, mentre torme di ragazzini e ragazzotti si apprestano a prendere da adulti l'atteggiamento insofferente e inconsapevolmente autolesionistico dell'asseveratore della nuova inciviltà che avanza.

sabato 11 ottobre 2014

Accadimenti.

Genova come Firenze, anzi peggio, per l'entità della trascuratezza circa le opere di contenimento dei torrenti che l'attraversano e la lambiscono. La seconda volta in pochissimi anni, tutte e due le volte con dei morti e danni ingentissimi al patrimonio pubblico e privato. Rispetto a Firenze non sono state interessate le bellezze artistiche e i musei: Genova sale e scende, come molte città rivierasche, l'acqua quindi scende a valle o ristagna, portando con se quello che incontra, soprattutto auto e moto. Non vi lasceremo soli! Sempre le stesse ciacole. Il contesto genovose è in crisi da decenni, dopo che l'IRI smobilitò le numerose e grandi aziende che aveva su quel territorio; il numero dei barboni per le strade è impressionante, eppure la città, barocca nei suoi quartieri ricchi, che ospitano, al sicuro, tutta la musealità cittadina è bella e aspra, con i suoi caruggi e dolente e squallida nelle sue periferie sventolanti di centinaia di bandiere del Genoa. L'esondazione non la cambierà di molto. I fondamentalisti islamici hanno già comunicato di aver affilato i coltelli per la macellazione della diciassettenne pakistana insignita del premio Nobel. Ci sono due aspetti che stonano in tutto questo: il riconoscimento del premio per la pace in nome di un inventore di esplosivi( i Talebani lo hanno ricordato, riferendolo ai bombardamenti ) e la corresponsione di milioni di euro ad una minorenne, la cui condizione, famiglia permettendo, potrebbe mutare definitivamente nella povera realtà pakistana e impigrire e sterilizzare la campagna "studentesca" di questa coraggiosa ragazza, forte, fino ad ora, della sua formazione, che il premio in denaro potrebbe modificare im prospettiva. Costei propugna la scuola gratuita per tutti i bambini, maschi e femmine, cioè il superamento in breve tempo della cappa religiosa e di costume che opprime l'Islam povero in tutto il mondo. Il riconoscimento, invece, in quest'ultimo senso, è importantissimo e la reazione dei macellatori di Allah ne è l'attestato più evidente. E' stato premiato, insieme a Malala Yousafzai, l'indiano Kailash Satyarth, che di anni ne ha sessanta e che da venticinque si batte contro il lavoro minorile nel suo Paese, fenomeno che riguarda milioni di bambini analfabeti, la cui condizione si può già considerare "migliore" di quella di altrettanti coetanei che vivono per la strada, in balia di tutto e di tutti. Gli uni e gli altri li ho visti personalmente, in India, appoggiare il capo su una parete in pomeriggi torridi e polverosi, schiavi di padroni urlanti ad ogni minimo cenno di rallentamento, dentro laboratori orafi, in prossimità di mercati ed empori, nei quartieri dell'artigianato. La mia "guida" a Benares è stato un bambino gentile, che mi chiese, in premessa, se io avessi conosciuto i miei genitori, perché a lui non era toccato. Era "ancora" consapevole e premuroso, mentre intorno i conducenti di risciò litigavano con i loro arti "mangiati" dalla lebbra, per accaparrarsi i clienti. Ricordi di un'umanità del tutto identica alla mia, affidata alla casualità senza senso della nostra presuntuosa esistenza. Una volta tanto, un Nobel del cuore.