martedì 30 giugno 2015

Fine mese.

Maria Carmela Lanzetta, dopo essersi rifiutata di sedere in giunta con un compagno di partito, il PD, inquisito ed arrestato il 26 u.s., è stata fatta oggetto, in Calabria, di un attacco concentrico del suo stesso partito, per il quale era anche stata ministro. Una farmacia distrutta e due congiunti sequestrati dalla n'drangheta, nel suo passato. Non aveva capito che la sua carriera politica era un "dono da restituire" ed è stata macellata secondo un rituale endogeno alla politica ( e al sindacato ), squisitamente mafioso. Istituzionalmente, anche l'improvvisata Presidentessa della commissione antimafia l'ha messa sul banco degli imputati per "l'irritualità" delle sue rimostranze, relative alla regione nella quale, da ultima, la Bindi si era fatta rieleggere dall'apparato locale, essendo estranea alla storia ed alle dinamiche calabresi, ben noti alla Lanzetta per averne subito gli aspetti deteriori e per esserci nata. La line Argentea BLQ, che dalla stazione porta i passeggeri all'aeroporto Marconi di Bologna e viceversa, è stata a suo tempo appaltata, come ciascuna delle altre linee urbane ed extraurbane. Per questo, gli scioperi per l'adeguamneto salariale e normativo falliscono da cinque anni a questa parte: troppo variegata è la nominatività delle linee, troppo particolare il costume degli autisti ingaggiati. Che si guidasse, anche sui motoarticolati come a Le Mans ( la situazione è ultimamente migliorata, ma è durata per anni ) è stato un effetto delle concessioni al ribasso, ma nell'austera ( amministrativamente ) Bologna, nessuno si aspettava che a guidare, per anni, senza la patente, ci fosse un autista napoletano, dipendente di una vesuviana concessionaria di servizi. Il buon uomo, comunque, di incidenti non ne aveva mai provocati e, forse, guidava meglio di tanti titolari di patente; quello che resta "sfizioso" è il criterio di selezione del personale e la sua esportazione, per appalto, in ogni dove. A parte questo, io amo Napoli, città fantastica a sparigliare le convenzioni, pur prestando loro formale ossequio.

lunedì 29 giugno 2015

Il senso delle cose.

Stiamo vivendo, in parallelo, una Belle Epoque dei divertimenti e degli svaghi, in un contesto drammatico, ma alieno, finché non ci tocca direttamente. E' sempre stato così. Anche durante la famosa e storica Belle Epoque, chi se lo poteva permettere, viveva frivolmente sul ciglio di un baratro che sarebbe toccato ad altri, coloro che erano già oppressi dalla crisi. Diciamo che oggi lo svago si è fatto periglioso: uno non può stare sdraiato al sole che un rapper ridanciano viene ad immolarsi, previa immolazione di quanto più carnaio riesca a portare con se, nel suo nichilistico proposito. Sì, perchè il nichilismo aleggia, inconsapevolmente su questi gesti. La vita, a queste persone, ha rivelato la sua inconsistenza e, quindi, perché non renderne partecipi gli altri, coloro che sembrano - talvolta solo sembrano - attribuirle un significato gaudente. A pochi passi da noi si decapita qualche imbecille che è andato a lenire le sofferenze di civiltà aliene, per alleviare le proprie; qualche fortunato/a si salverà previa riscatto e, dopo una pausa di decantazione, ripreso/a dalla noia senza senso dell'ideale, ripartirà per quegli stessi luoghi. Gli antichi dicevano che la maggior fortuna di un'ipotesi di esistenza era di non realizzarsi. E' un pensiero monco, ma fu espresso. Toccherà a ciascuno, chiamato inconsapevolmente a misurarcisi, trarne dei contenuti, sempre che ne venga a conoscenza. La difficoltà a comprendersi è superata dalla parallelità delle vite individuali, interferite solo e disturbate dal rumore domestico, dalle organizzazioni lavorative, dell'alveo delle convenzioni indifferenti, ma richieste da una socialità superficiale. Siamo inseriti in un contenitore trasparente, attraverso il quale vagheggiamo i colori vaghi che si intravedono all'esterno. Per questo intraprendiamo viaggi all'oscuro di tutto tranne che di qualche luccichio o sfidiamo i meccanismi di un gioco che non è stato concepito per noi. Quando gli scopi ed i valori della vita vengono iscritti in un mito, in una religione, si appalesa per chi vi si consola, l'assurdità occasionale dell'esistenza, i cui scopi si perseguono con un senso di arricchimento, si raggiungono e poi declinano nella loro capacità di fruizione, fisicamente, neuronalmente e ripiegano in atteggiamenti appropriativi ancor più ottusi ed in atteggiamenti ancor più odiosi di quelli che li hanno supportati. Coloro che compiono atti irrazionali, perché ispirati o, più spesso, strumentalizzati da figure nell'ombra che di scopi perseguibili ne hanno, contingentemente, davvero, si rendono protagonisti, per la prima e ultima volta, di un grido retorico, che non è il gesto dell'animale, perché privo di uno scopo salvifico od alimentare. E' un grido inascoltato di inconcludenza ed assurdità, ma non è detto, per chi lo compie - e sono potenzialmente milioni - che sia privo di senso.

domenica 28 giugno 2015

Sarà la resa dei conti? Lo spero.

L'Unione europea pratica metodi di cui dovrebbe vergognarsi. la democrazia è la questa (l'elezione, il dibattito libero e il referendum). Questo ha detto il Primo Ministro ellenico Alexis Tsipras e io sono completamente d'accordo con lui. Quali che siano state le colpe dei Governi, uguali nell'alternanza mafiosa, della Grcia, prima dell'avvento di Syriza, l'Eurogruppo si sta comportando come il rappresentante dei creditori privati, degli azionisti dell'Europa, all'annuale assemblea. Di peggio: sta costringendo le Nazioni e i loro governi-Quisling a seguire comportamenti giugulatori ed eterodiretti, facendo finta che siano i loro, casomai fanfaronando della loro bellezza, coma fa Renzie. Fra Tsipras e Renzie corre la differenza fra un democristianuccio e un uomo di sinistra. La rabbia impotente dei burocrati, che avevanoo iniziato un processo di strangolamento lento e sistematico per sovvertire il risultato delle libere elezioni del 25 Gennaio - appena ieri - spero che resti tale e che l'Europa dei ragionieri, a loro volta timorosi per il loro strapagato seggiolino, faccia i conti con la volontà dei popoli. Sarà invece una resa dei conti a rate e, in questo caso, chi reggerà il moccolo e chi i fili? Se i Greci, che stanno svuotando i bancomat, scegliessero di rimanere a mollo fra Scilla e Cariddi - come del resto gli è sempre capitato - votando a favore della permanenza dell'euro nei termini sottomessi dell'ingiunzione comunitaria, dopo che il debito al 30 Giugno non sarà stato saldato e anche le ingiunzioni dei creditori saranno superate, che margine ci sarà per Syriza, per rilanciare ad ogni scadenza il gioco del rinvio e che accettazione ci potrebbe essere di una povertà sotto controllo, anche se sarebbe il perpetuarsi di una condizione senmpre vissuta? Nuove elezioni confermerebbero la neo formazione di sinistra oppure - e sarebbe una catastrofe popolare - rimetterebbero in sella il truffatore - prima dell'Unione europea e poi del suo popolo - Samaras? Le soluzioni nette e il confronto-contrasto con le situazioni che si vengono a creare, sono la mia opzione da sempre, ma la corsa ai bancomat degli statali greci non mi rassicura. D'altra parte, la Grecia è levante e dal cavallo di Troia all'Oudeis-Odusseus ( nessuno per Ulisse ) per uscire dalla grotta di Polifemo, la tela di Penelepe è un "must".

Proposte di liberazione e apparati repressivi.

La proposta greca allEurogruppo di spostare di una settimana i termini per l'approvazione dei diktat della Troika, per sottoporli a tamburo battente al proprio popolo e farsi investire dell'accettazione o del definitivo rifiuto e la chiusura rabbiosa dei burocrati brussellesi, marchia l'Unione dell'euro come una consorteria antidemocratica. Turbato dai sacrifici che le ingiunzioni dei ragionieri dell'Unione avevano imposto alla Grecia, anche Samaras aveva manifestato la necessità di illustrarli agli elettori, ma il giorno dopo aveva dovuto - o meglio aveva accettato di recedere - di fronte al medesimo atteggiamento assunto dagli amministratori degli Stati forti quest'oggi. Tsipras, pur facendo solo quanto è normale ed indispensabile, in una situazione di default, a prescindere dalla strada che si percorrerà, si è sottratto democraticamente all'antidemocratico tentativo di destabilizzarlo ed ha dovuto prendere atto della violenza intrinseca di quelle para-istituzioni. Tutta l'Unione europea ne esce svergognata, mentre i principi fondativi della Comunità si sono dimostrati un paravento ed un'ipocrisia. Con l'Europa unionista andiamo verso un sistema settario e censitario, custode solo dei privilegi finanziari e guidato, dietro impulso dei nord americani, solamente dalla Germania, in quanto Paese più attrezzato dell'intera accozzaglia di situazioni incompatibili. La strada maestra di Syriza è corretta e va percorsa coerentemente. Il mondo gay o una sua parte politicizzata, continua a inanellare riconoscimenti e successi, fino all'equiparazione matrimoniale con gli eterosessuali. E', la loro, una battaglia di riconoscibilità e di accettazione che rimarrà, nella maggior parte dei casi, solo legale: è comunque un bel passo avanti. Poi, la sorte degli omosessuali poveri o comuni sarà segnata dalla stessa ipocrita segregazione morale che coglie i negri ( in questo caso è razziale, ma l'esito è lo steso )in quegli Stati Uniti dove i gay hanno conseguito il loro successo istituzionale più significativo, al quale tutti gli Stati della Federazione dovranno adeguarsi. Non ci sranno problemi in California e a New York, a Chicago e a Boston, ma negli Stati ex ( per modo di dire ) segregazionisti del Sud, sarà un problema, casomai pretestuoso, eccome! Il Parlamento europeo, pochi giorni prima - pur non essendo investito di nessun potere legislativo e non vincolando, quindi, i singoli Stati -, aveva affermato lo stesso principio. Ieri, in alcune città italiane, gli omosessuali hanno manifestato per ottenere gli stessi diritti e le stesse facoltà sancite dal voto parlamentare di Strasburgo e dall'interpretazione vincolante della Suprema Corte degli Stati Uniti. A Milano erano stimati in centomila. Le manifestazioni dei gay assomigliano un po' a quelle secolari, ma intensificatesi nei primi trent'anni del secolo scorso, delle sufraggette che rivendicavano il diritto del voto politico per le donne - buttandosi anche fra le zampe dei cavalli ad Ascot - quando era negato. Si tratta dunque di una rivendicazione squisitamente politica, molto importante e rispettabile, che, proprio per questo, è così attenzionata e sostenuta, così come condannata ed osteggiata, dai partiti o dalla melassa politica movimentista. Quanto al fatto di sposarsi, credo che non costituirà un obblligo, né una convenzione e neppure uno stigma sociale, o, almeno glielo auguro, come a lungo è stato per gli eterosessuali.

sabato 27 giugno 2015

Cartoline e pallottole.

Nel guardare le immagini riarse e schermate dalla luce rifratta e accecante sulla spiaggia tunisina, appena "purificata" da un ragazzino ignoto ai servizi di intelligence, ma armato come solo un sicario può esserlo...nell'osservare gli anfratti spogli, appena a fianco dei servizi invasi, il ricovero dei morti e dei feriti, la boria dei poliziotti, in maglietta, ma armati con fucili mitragliatori poco adatti alle funzioni di polizia ed adeguati, invece, ad una guerra contro falangi ben più nutrite di..uno...due "volontari", chissà? si è colti da un senso di estraneità che solo la corsa ad una vacanza simil-Rimini, ha saputo annullare. Gli attentatori sono presi dallo stesso senso di estraneità, si sentono violati nel loro mondo chiuso, fatto di miseria e orgoglio, esprimibile solo nei ranghi familiari, nella socialità con persone senza manifestazione di status e con e contro atteggiamenti che, per quanto fini a se stessi, pubblicizzano un'indefferenza e un'estraneità ai costumi popolari del luogo da chiamare vendetta. La testa impilata su un'asta, come usa fare con i maiali per indicare alle falangi avverse la stima nella quale le si tiene, soprattutto nel mondo islamico, da parte di un dipendente arabo, padre di famiglia, verso il suo principale francese, è un altro dei caotici tasselli della Fatwa lanciata dal califfato - ma in passato lo fecero ache i Mullah di Teheran - a tutti i "credenti" in ogni parte del mondo, contro gli infedeli. Che l'infedele in parola fosse anche il padrone e che la decapitazione da macelleria, richiamasse per paradosso, "la vedova" della illuminista Rivoluzione francese, è solo un accidente della lotta di classe sotto mentite spoglie. La Francia è, per molti aspetti, un Paese arabo: sono tantissimi i "profughi" dalle ex colonie ad abitarla, con tassi di natalità tripli rispetto a quelli, contenutissimi, dei Francesi. In più gli spazi da riempire non mancano: la Francia, semispopolata in provincia, è grande due volte e mezzo l'Italia. I principi del libero pensiero si scontrano con l'integralismo dei devoti di Allah e la tolleranza cede il passo alla violenza dei principi indefettibili, con buon contributo dell'ignoranza. La crisi, la difficoltà o la non volontà d'integrazione, il richiamo a una violenza "liberatoria" anche se, entropicamente, autodistruttiva, suicida e "martire", stanno orizzontalmente "privatizzando" il terrorismo, che terrorizza solo, per ora, i fruitori di vacanze costose quanto pubblicitarie. La guerriglia pseudo-moralistica, si porta e "si immola" sui luoghi dei divertimenti "globalizzati", alla ricerca di un luogo alla moda da cui manadare cartoline o da cui riportare filmati. P.S. Nelle "maledizioni bibliche o coraniche che, della Bibbia copiano i primi quattro Libri ", cè molto delle invettive dei preti cattolici, contro i concubini di Prato del Vescovo locale nel primo dopo guerra ( oggi quei Vescvovadi di provincia sono stati aboliti, come quello di Comacchio, per quanto storico, ad esempio )contro una coppia di conviventi, non sposati, passando per innunerovoli altre indicazioni di colpevolezza e di esclusione verso altri peccatori privati, ma messi in piazza da una religiosità istituzionale, allora potente e violenta. Scomunicati! Che vuol dire cacciati dalla comunità, una comunità ideologica. Scomunicati erano coloro che aderivano, organizzandosi allo scopo, a dottrine giudicate "errate", eretiche si sarebbero dette in tempi anteriori, tanto che oggi, finito il comunismo, permane la scomunica inflitta ai liberali, dalla cui erronea dottrina, eversiva del potere temporale e d'influenza sulle coscienze della Chiesa, sarebbe derivato quell'altro errore che fu il marxismo-comunismo, che sottraeva il gregge ai suoi Pastori, designati da Dio. Ultimo, in ordine di tempo, il Cardinale Caffarra, contro "l'epidemia" dei gay, le cui "conquiste" coniugali, in giro per il mondo, "ottenebrano" la civiltà. Insomma, non si muove foglia che dio non voglia, sempreché ci sia qualche mano ispirata o qualche spada dell'Islam - da non trascurare l'origine culturale di tutto questo, tipica delle civiltà primordiali e presenti anche fra di noi, all'interno delle società dette, indiscriminatamente, "evolute", della vendetta ebraica cioè della vendetta biblica che ha sostituito per i popoli dell' oriente mediterraneo e i suoi successivi "colonizzati" la tragicità del vivere, degli antichi premonoteisti -.

giovedì 25 giugno 2015

Una "stretta" vorrebbe dire chiarezza. Ogni compromesso offusca la verità.

Nella strategia di contenimento ed emarginazione della Grecia e del suo Governo eletto, c'è tutta la perversità di un sistema di condizionamento, non solo della stremata ma indomita socità ellenica, ma principalmente, una strategia di contenimento delle velleità democratiche che anche in Spagna si sono manifestate con "Podemos". Se la Grecia otterrà in extremis un'altra linea di credito, da 7,2 mld di euro, con la medesima potrà solo pagare la scadenza di fine mese del suo debito con il FMI e la Troika, senza accantonare un centesimo per un rilancio della produzione e del lavoro. In questo modo, oltre a tenere per il collo la Grecia, si vuole far capire ai neo-partiti spagnoli e, domani, di altre nazioni, se non lo capiranno gli elettori, che le politiche di servaggio a danno dei Paesi indebitati non avranno tregua, a prescindere dalla volontà popolare. E' logico pensare che, fra pochi mesi, la situazione greca si riprodurrà pari pari e, serrata ancora la presa, le verrà concesso un altro prestito e poi un altro ancora..per sempre. Sarebbe più credibile, "la concessione", se anzichè prevedere un ventennio di rincorsa senza scopo obiettivo al recupero di un disavanzo di bilancio stimato come "compatibile ( per ora ) si stimasse una dilazione nel pagamento di altrettanti decenni, in modo da consentire ai governi nazionali di supportare le condizioni possibili di sviluppo e rilancio economico delle loro disastrate nazioni, o, se non ci si fidasse della buona fede e della serietà dei popoli interessati, tanto varrebbe darci un taglio subito e andare a "vedere" gli effetti di una logica uscita dalla moneta unica. A costo di contraddire palesemente logica e buon senso, vedrete che non andrà così, sul versante dei creditori-padroni. L'unica speranza, a questo punto, sta nell'intransigenza naturale dei popoli a non farsi macellare e menare per il naso da governanti Quisling, fino allo scontro salutare fra capitale internazionale e lavoro identitario di un popolo.

I trenta denari...o i tremila euro.

Fabbri, la frutta spiritosa, leader ( si è sempre leader di qualcosa ) degli sciroppi dolciastri, ha proposto alle maestranze un bonus riparametrato, non si sa come, di tremila euro, uno sputacchio anche rispetto allo stipendio di un manager di media fascia, purché sconfessassero, in sede di delga, le RSU - Rappresentanze sindacali unitarie - elette da loro. Sarà stato il prodotto, dolce e caramelloso a intenerire i cuori, ma la quasi totalità dei lavoratori ha respinto al mittente la proposta indecente da marchetta popolare. Con quei tremila euro riparametrati, in fondo, non ci avrebebro fatto nulla o, al massimo, una vacanza breve a Pinarella di Cervia e, fieri della loro povertà, hanno mandato a "spendere" il management della frutta in vasetto. Pensare che esistono degli stronzi che accreditano il loro servaggio a clienti stronzi, in aziende stronze, in un crogiolo clientelare inossidabile, forti solo della loro insignificanza economica se non per una stretta coorte di accoliti. In fondo, dalla frutta sciroppata è venuta una piccola ma significativa lezione: i sindacati sono da guardare con sospetto, in genere e nello specifico di ciascuno, ma una rappresentanza dal basso è ancora sentita, da anime grezze ma genuine, come un valore non negoziabile con la bassezza monetaria di un venditore di caramelle.

Il pane quotidiano.

I Paesi dominanti dell'eurozona ed anche l'Inghilterra, che pronostica facilmente una situazione similare per l'Italia, intimano alla Grecia che cosa deve fare e non fare, dato che il Governo eletto trascura la lettura della Magna Charta del 2011, quella uguale per tutti i Paesi "pigs". Non tassate le imprese: quelle due o tre che hanno un'attività internazionale in Grecia; tagliate le pensioni e procrastinatene la fruzione. Se, nonostante il ritardo, le risorse fossero ancora insufficienti rispetto alle pretese - c'è da starne certi - in spregio ad ogni rudimento di diritto si dovrebbe tagliare la pensione a chi si attarda dal morire, ma guai a toccare la rendita d'impresa: sarebbe un precedente pericoloso per l'ideologia sottesa ai dictat della Troika. E' una contesa immorale e disgustosa quella che si sta svolgendo fra un Governo legittimamente eletto e un'entità finanziaria sovranazionale, rappresentante i creditori-azionisti dell'Europa S.p.A. Oggi, a Milano, un povero rapinatore si è portato al lavoro, durante un'incursione in Unicredit, il figlio di nove anni, che non sapeva a chi affidare. Lo aveva fatto anche durante l'anno scolastico, prelevandolo all'uscita da scuola, prima di una rapina in una filiale di UBI Banca. La sua banda si era spesso lamentata, ma non glielo aveva mai impedito. Oggi è stato arrestato: triste estate per lui e per il bambino in vacanza "forzata". La legge Severino, pur così chiara e semplice, è già soggetta a capziose interpretazioni: avenne già all'epoca della condanna in cassazione per Berlusconi, ma il Sindaco arancione di Napoli, l'ex magistrato De Magistris ( forse vittima di una ritorsione giudiziaria endogena ) e il Governatore della Campania, il democratico De Luca, non vogliono mollare il seggio, sul quale invece, in democraazia, può sedere chiunque, ma non un condannato in sede penale. Civiltà e democrazia vorrebbero che le cariche non costituissero un vitalizio o un "risarcimento" per altri provocati abbandoni del precedente strapuntino o, peggio, un posizionamento strategico per sinergizzare clientelismo e malaffare. L'Accademia napoletana sta facendo, in questo momento, scuola. le giurisprudenze della Magistratura, troppo controverse per essere credibili. La Giunta di Roma ha presentato la sua candidatura alle Olimpiadi del 2024, mentre infuria il "dimettiti Marino", mentre si dimettono, al suo posto, gli assessori che hanno trovato un altro approdo. Il povero Renzie ha dovuto nominare un Commissario al Giubileo starordinario di Ottobre di Papa Francesco: dubito che inibirà gli affaristi e il "generone" che si agita intorno a loro. In ogni caso, nessuna paura: la bulimia capitolina si alimenta sempre di nuovi pretesti coregrafici e simbolici; il reddito minuto che ne scola è necessario alla piccola economia familiare della sua numerosissima clientela.

mercoledì 24 giugno 2015

La Rete internazionale dell'informazione.

WikiLeaks continua a colpire e lo fa meritoriamente, svelando infine l'ipocrisia anche delle false proteste degli alleati minori degli Stati Uniti. Chi potrebbe ormai credere alle rimostranze dei Tedeschi ed oggi dei Francesi per lo spionaggio a tappeto che le ambasciate statunitensi esercitano in ogni Paese della NATO nel quale sono ospiti, chi potrebbe illudersi della paritarietà dei rapporti, di fronte ai crimini per imprudenza, ma anche per calcolo, perpetrati impunemente dalle forze armate statunitensi sui territori dei propri partners, che altro non sono che le loro basi operative, o durante operazioni comuni? Se si volese contrastare lo spionaggio, si toglierebbero le credenziali agli ambasciatori americani, si spierebbe in territorio yankee, ci si tutelerebbe da "parenti-serpenti", quali in fondo siamo o sospettiamo reciprocamente di essere. Ma il fatto è che si è succubi di un complesso d'inferiorità e di una pigrizia comoda ed accomodante nei confronti del "Pater familias" dell'Occidente, che ci esenta dal prenderci responsabilità che vadano oltre l'orticello di casa e che ci "consente" di accodarci a tutte le sue iniziative. E' chiaro che lo faremo finché saranno vincenti. Il guaio è che sono, alla constatazione dei fatti, vincenti solo per lui e le nostre stentate mosse per assicurarci qualche vantaggio sullo scacchiere economico e geo-politico, suscitano la sospettosità del Grande Fratello, che teme di veder erosa la sua rendita, per la quale si assume l'onere principale delle spese e delle strategie belliche. Ma la presenza sul campo di un'informazione non ufficiale, partecipativa ed anche tecnicamente supportata, attenta, almeno, al regime informativo ed è importante che continui a prestare la sua opera.

In mancanza di una Costituzione.

Dopo sei anni di blocco della contrattazione nel pubblico impiego - uno dei cavalli di battaglia della Troika - la Corte costituzionale ne ha sancito l'illegittimità. Ogni volta che la Corte si pronuncia smentisce il governo frettoloso, o meglio ne rivela l'incostituzionalità Non se ne darebbe pena, Renzie, se questi pronunciamenti non sbilanciassero, in prospettiva, lo squinternato bilancio pubblico. Sì, in questo caso, solo in prospettiva, in quanto, memori delle ultime lagnanze sull'incompatibilità dei suoi pronunciamenti del Ministero dell'economia, i giudici hanno sancito che l'illeggitimità del blocco alle retribuzioni è decaduto da oggi ma non riguarda i sei anni precendenti. Diritto creativo e, certamente, a sua volta impugnabile. Ma tant'è: siamo pur sempre in Italia, un Paese da interpretare e da cui guardarsi. La Corte, tutto a un tratto, ha preso a difendere e rivendicare l'aderenza o meno delle leggi improvvisate del nostro governicchio di nominati, alla Legge delle leggi e ne constata, ogni volta, l'incongruenza. Ha preso a farlo all'italiana: chi ha avuto..ha avuto, chi ha dato..ha dato, scurdammoce 'o passato...Ha già provocato un cedimento nella inconsistente struttura dei conti previdenziali, sancendo che nessuno, con una cavata di genio, può limitare l'adeguamento delle pensioni oltre un certo tetto, tanto che il governicchio ha statuito che le indicizzerà, a sua discrezione, solo in parte. Ecco che la suprema Corte, ristabilisce la sua primazia sul diritto, ma senza andare troppo contropelo anche ad un legisltaore carnevalesco, che già si propone di recupearre parte dell'esborso, anticipando, a trattamenti immediatamente e prospetticamente decrescenti, le prossime uscite, per l'ennesima volta "incentivate", attraverso l'apertura di un finestroccolo, attraverso il quale si butteranno legioni di quiescenti, ansiosi di ritirarsi nella cura dei nipoti. Non sarà un maggior onere, ma una sua diluizione a disperdersi. Nulla quaestio sull'età pensionabile, innalzata per volontà "troikista", come vorrebbe fare in tutta Europa, solo emendamenti a decrescere Fra picche e ripicche, fra una scemenza e una intemerata, di gomena e di bulina, la commedia all'italiana non conosce soste. Bisogna solo smettere di frequentarla.

I misteri italiani.

Il figlio del commissario Luigi Calabresi, ucciso a Milano, in seguito al suicidio dal balcone del suo ufficio del povero anarchico Pinelli, si stupiva, ieri,: non capisco. la sua mamma, Gemma, a sua volta trasecolava: non mi capacito. Si riferivano con la prudenza di chi deve dire qualcosa, ma non vuole incorrere in contraccolpi, alla nomina di Adriano Sofri a consulente per la cultura nelle carceri del Ministero di Grazia e Giustizia. Sofri ha infatti scontato, con laconica indifferenza, diversi anni di carcere in quanto indicato come mandante dell'omicidio del papà commissario, dal frittellaro Ignazio Marino, a suo tempo sodale del Sofri in Lotta continua. Mario Calabresi, il figlio, trasecolava dalle colonne della Stampa della FIAT di cui è direttore; non figlio d'arte, orfano di un modesto funzionario pubblico, ha fatto una carriera insolita per chi non appartiene alla corporazione dei giornalisti. Un free lance, di solito, deve accontentarsi di collaborazioni mal pagate o di un oscuro impiego in redazione. Ma lui, no. Il piccolo orfano - certamente per meriti accertabili - è stato veicolato fimo ai vertici di un prestigioso quotidiano, ma soprattutto house organ di un potentato internazionale. La sua mamma si è risposata, come di rado accade alle vedove con prole di umili origini, ma non ha mai smesso di essere, all'occasione, la vedova del commissario. Lui, il bieco mandante, già curatore della biblioteca del suo carcere, ha subito rinunciato all'incarico, definendo "fesserie" quanto stava montando intorno a lui. Della vicenda che lo ha coinvolto ha scritto alcuni anni fa un testo, edito da Sellerio, nel quale si immerge astrattamente negli eventi rievocati, lasciandoli nel limbo, senza confessioni implicite, senza contraccuse e senza indicazioni. Non ho la minima idea se Adriano Sofri sia colpevole o innocente: sta di fatto che, condannato in primo grado, non fece una piega, non confessò mai, non ricorse e si fece la sua prigione senza battere ciglio, con sdegno aristocratico e distanza culturale. Nessuna ammissione, nessuna scusa, nessun pentimento, nessuna richiesta di clemenza. Era stato denunciato dall'invidia accidiosa di un poveretto, tornato dopo le glorie guerrigliere al suo lavoro di ambulante. Pinelli era stato dimenticato, sua moglie non si era risposata ed i suoi figli non so che lavoro facciano. Gli sarebbe andata grassa se fossero stati presi in ferrovia, ma non so se sia stato possibile con il padre "suicida". Invece, ai martiri delle istituzioni - indipendentemente dal fatto non accertato che Pinelli si sia involato o sia stato gettato di sotto, una mano benefica e certamente legata al potere, ha procurato nuova vita e inaspettati allori, imprevedibili quando la famiglia viveva in un caseggiato popolare alla periferia di Milano, davanti al quale il commissario fu ucciso. Adriano Sofri, del tutto assente, al di fuori dai lavorii sentimentali e dalle carriere risarcitorie, continua a coltivare i suoi studi nella sua villetta appartata. Come se niente fosse mai stato.

martedì 23 giugno 2015

Mai attardarsi a vivere.

Magali Noel e Laura Antonelli se ne sono andate in due giorni consecutivi. Entrambe icone, ma anche attrici. L'attrice francese fu scelta per interpretare la malizia pigra o del borgo antico da Federico Fellini e lo fece da par suo ne "La dolce vita" e in "Amarcord". Magali Noel è stata un'attrice importante e ricercata, è morta in un ospizio, non so di che genere e di che livello, in Francia, da sola come tanti. A suo tempo era stata accompagnata dalle fantasie di molti e aveva suscitato l'imitazione invidiosa di femmine dall'anima semplice e, in funziuone di questo, era stata offerta dal regista, nell'interesse della produzione, come immagine sensuale accessibile sullo schermo, un po' come fanno i voyers col cannocchiale. Le sue furono interpretazioni non solo rappresentazioni. Anche Laura Antonelli è stata un' attrice, volutamente resa più statica dalla sua bellezza, simpatica e umanissima, sia che interpretasse una domestica oggetto delle malizie ormonali del povero Alessandro Momo in una tradizionale e chiusa famiglia del sud, nella quale era costretta al ruolo di oggetto del desiderio del padre e del figlio, nel quale si districava con tutte le istintive Malizie di Venere - un altro dei suoi film - sia che accompagnasse attonita un nichilista e suicida. Non sfuggì mai alla riduzione espositiva del suo corpo classico. Anche lei lavorò con registi importanti, da Giuseppe Patroni Griffi, a Mauro Bolognini ed a Luchino Visconti, senza sfuggire mai al suo stereotipo di bellezza, interiormente autonoma e incontaminata, ma sempre vissuta dal pubblico e dai registi che gliela proponevano - due dei quali esteti ma rigidamente omosessuali, come Patroni Griffi e Visconti - come un'immagine rara, anche nelle sue espressioni, da sfruttare. Aveva anche un figlio, ma non so chi fosse il padre e fu la compagna di Jean Paul belmondo, l'attore corso, sostanzialemnte pisano, che si è assicurato le nostre due bellezze cinematografiche recenti, le più intriganti: Laura Antonelli e Monica Bellucci. Per vivere han vissuto. Si sono solo attardate tristemente.

Davide contro Golia. Non sempre quande a cadere è un grande, come si contrabbanda, le conseguenze, almeno non tutte le conseguenze, sono negative.

La piccola Grecia con un PIL inferiore al 2% della UE si trova ad un tavolo con rapporti di forza soverchianti, a proprio danno, che la rendono inerme, quale che sarà la decisione che verrà presa nei suoi confronti. Un eventuale accordo di Bruxelles provocherebbe in Europa una euforia incosciente, perché l'accordo, almeno per la Grecia, non risolverebbe nulla, rinviando solo per un po' di tempo la resa dei conti con il tentativo di quel paese di abbandonare le politiche di austerità. Purtroppo, in assenza di mutamenti profondi nelle politiche economiche della Germania e di tutta la UE, un eventuale compromesso di facciata che allentasse il cappio del credito sulla Grecia, servirebbe solo a logorare la credibilità ed il consenso del Governo di Syriza, servirebbe a "renzizzare" Tsipras o a provocarne la caduta, reinsediando Samaras o un'altro fantoccio. Altrimenti, tra qualche tempo la UE e la Troika tornerebbero all'attacco, per far definitivamente fallire il solo esperimento politico di sinistra nel continente europeo colpito dalla crisi e così riproporre con ancora più arroganza la politica di austerità. La politica dei Paesi più forti. Il drammatico e impari confronto si svolge nel silenzio, nella complicità, nella rassegnazione che in tutto il continente ha accompagnato l'intervento della Troika verso quel paese. Troppi, tranne due, tre, in una trasposizione politica dei rapporti fra ricchi e poveri, sono i Paesi in condizioni precarie rispetto all'euro, valuta sfacciatamente artificiale. I grandi sindacati, i partiti socialisteggianti son stati o complici dei creditori o passivi. La sinistra radicale non è riuscita a fare nulla di significativo. Le nuove forze indignate son troppo giovani e troppo legate alla crisi dei loro paesi per costruire una iniziativa internazionale. La destra euroscettica conservatrice ma anche fascista, ovviamente ha solo da guadagnare dal crollo delle speranze suscitate da Syriza. In sintesi la Grecia è sola e noi possiamo solo colpevolmente stare a guardare. Sgomberiamo il campo dai valori civili e morali. Questa Europa li ha sommersi nelle scogliere di Ventimiglia e nelle frontiere del Donbass ucraino ove sostiene truppe che si fregiano di simboli nazisti. Se nel passato si era potuto coprire gli interessi finanziari con i superiori valori democratici del continente, oggi questa ipocrisia mostra tutta la sua malafede. Questa Europa difende solo le sue ricchezze e i suoi ricchi, e cerca di associare i suoi sempre più numerosi poveri a questa lotta contro il resto del mondo. Non c'è nulla di progressivo e avanzato in un continente che distrugge il suo più importante risultato, lo Stato sociale, e poi cerca di indirizzare la rabbia dei suoi esclusi verso quelli che stanno fuori. Il merito della cosiddetta trattativa tra il Governo greco e la Troika è di aver fatto emergere due verità di fondo. La prima è che l'Unione Europea è guidata dalla Germania, è un sistema planetario con al centro il sole tedesco. Questo sistema si confronta poi con quello che ruota attorno agli USA, con il FMI, persino con i BRICS ( Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica ). Ma sempre secondo gli interessi e le regole dettate dal paese guida. Non c'è l'Europa, c'è la Germania. La seconda verità l'ha brutalmente ammessa il ministro delle finanze tedesco Schauble, che ha dichiarato che Euro ed austerità sono la stessa cosa. È vero, la moneta unica non è solo una moneta, ma un modello di sviluppo economico. Basta guardare i trattati che l'hanno istituita: Maastricht, il fiscal compact e a quel mostruoso pareggio di bilancio costituzionale, che fa sì che il ministro Padoan possa rimproverare alla Corte Costituzionale di non essere compatibile. L'Euro e le politiche di austerità sono coniate dalla stessa zecca e hanno lo stesso corso legale, anzi hanno lo stesso scopo. Quello di affermare sul continente europeo un sistema di capitalismo indifferente che travolga diritti del lavoro, contratti, servizi, pensioni e scuola pubblica. Un modello americano a trazione tedesca questa è l'economia dell'Euro. È riformabile? La vicenda greca di questi mesi dimostra di no. La questione non è il debito. Un mese di "quantitative easing" con cui la Banca Centrale Europea finanzia il sistema bancario perché finanzi il debito, vale 70 miliardi. La Grecia ne chiede 7, tre giorni di lavoro di Draghi. Quando nel Giugno 2011 il presidente Napolitano proclamò la necessità dei più ampi sacrifici per ridurre il debito, questo era pari a 1.900 miliardi. Ora siamo a 2.200 miliardi, trecento in più, una cifra pari a tutto l'ammontare del debito greco. Ma l'Italia è virtuosa perché ha tagliato le pensioni e garantito la libertà di licenziamento e persino di spionaggio dei lavoratori. L'Italia è virtuosa perché fa le "riforme" chieste dalle banche e aggiunge altre privatizzazioni alle tante già disastrosamente realizzate. L'Italia è virtuosa perché il suo governicchio riceve gli applausi di Marchionne. La Grecia invece con il nuovo Governo ha timidamente tentato di fare un'altra politica, e per questo va posta all'indice. Questa Europa non è riformabile, così come non lo era quella dominata dalla Santa Alleanza degli imperatori del 1848. Ha scritto Papa Francesco nella sua Enciclica "Laudato Sii": "Non basta conciliare, in una via di mezzo, la cura per la natura con la rendita finanziaria, o la conservazione dell’ambiente con il progresso. Su questo tema le vie di mezzo sono solo un piccolo ritardo nel disastro..." Lo stesso vale per i diritti sociali, non c'è conciliazione tra essi e l'austerità, non c'è una via di mezzo. Per questo una rottura a Bruxelles ci porterebbe in una terra sconosciuta, dove le vecchie politiche di austerità non potrebbero più essere imposte e guidate con il pilota automatico. Certo non sarebbe il ritorno all'Eden, o al paese dei balocchi, ma a quel punto le politiche pubbliche e di eguaglianza sociale avrebbero una possibilità, ripartendo dal basso in cui sono state precipitate, possibilità che viene totalmente negata dal sistema europeo attuale. La crisi della moneta unica farebbe avvicinare l'Italia alla Grecia, alla Spagna, a Paesi con economie e problemi simili e forse fermerebbe anche la marcia angosciante e catastrofica verso il confronto militare con la Russia. Insomma la rottura dell'Europa dell'euro non sarebbe la soluzione, ma la premessa indispensabile per trovare una soluzione giusta, cioè equanime, alla crisi. La Grecia naturalmente all'inizio verrebbe sottoposta a tutte le minacce e rappresaglie possibili e sarebbe necessaria verso quel Paese la solidarietà che finora non c'è stata. Ma alla fine, magari con opportuni accordi con i BRICS ( Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica ) verso i quali la Grecia ha iniziato un suo incerto cammino alternativo, quel Paese mostrerebbe a tutto il continente che la via sconosciuta costruisce più futuro di quella nota che, per i popoli, non porta a nulla. Ma qui mi fermo perché è molto più probabile che alla fine un accordo finto si trovi e che tutto continui andare avanti verso il baratro della dissoluzione sociale. Ma il furbo greco ha mangiato la foglia e tiene i piedi in due staffe, mentre gioca con l'Europa occidentale. Gnomo per gnomo non disdegnerebbe di essere il moccolo dei BRICS.

domenica 21 giugno 2015

Lungo il dedalo delle vie bibliche.

Il pampa-Papa oggi, a Torino, ha fatto un'affermazione importante: il lavoro non c'è perché si concepisce solo quello strumentale al profitto. Il lavoro e la sua dignità non risiedono nella lotta per l'accumulazione di denaro e la sua sottrazione ad altri soggetti economici. E' un'affermazione impegnativa, in opposizione al capitalismo senza confini, ma anche a quello meschino, di nicchia. Ho appreso che fra gli "autori o gli ispiratori" dell'enciclica francescana "Laudato sii o mio Signore", c'è stato anche quel teologo brasiliano, denegato dai predecessori di Francesco, ma anche da lui medesimo quando era solo Primate di Buenos Aires: Leonardo Boff. Ebbene, costui è stato per decenni sulle barricate della teologia della liberazione, osteggiata dagli Stati Uniti e dai Papi europei e, nonostante lo stesso Bergoglio si fosse allineato in patria all'ostracismo verso " la teologia guerrigliera", ha prestato la sua opera nella redazione di un testo che sarà certamente adoperato per altri scopi, più mansueti. Anche oggi, a Torino, il pampa-Papa ha esortato i giovani, senza distinzioni, all'opposizione: a Rio De Janeiro aveva detto:"fate casino". La Chiesa o, più verosimilmente, una parte di essa, oggi rappresentata dal Portavoce ufficiale, si colloca contro gli egoismi evidenti di un capitalismo in grado solo di provocare guai e crisi da cui trarre ulteriori profitti, in una lotta senza fine fra soggetti rapaci e deboli prede, anche all'interno del volatile mondo del capitale medesimo e senza tener nel minimo conto chi presta loro il suo lavoro se non nei termini dell'utilità al minor costo e fino a che i nuovi schiavi non trovino la forza e la coesione per riprendere la loro altrettanto incessante lotta. Ma il cattolicesimo rifugge e censura la lotta e ripiega sulla misericordia, pur denunciando a volte - certo non in tutte le fasi storiche - la prepotenza dei ricchi. Lo fa stavolta - secondo me - perché intravede la possibilità reale di una dispersione nella fatuità e nella vacuità delle future risorse deumanizzate e teme, in questo contesto, di veder disperdersi il gregge che prima ha temuto che le fosse sottratto dal comunismo ecumenico. A volte, le vie del Signore si dimostrano proprio infinite di concerto con le istituzioni storiche a marcare un momento della vicenda materiale, perché, si sa, il suo Regno ( perché non una Repubblica? ) non è di questo mondo.

Medio evo carnevalesco e quaresimale.

Anche in Italia, dopo le giornate di preghiera contro l'aborto si è tenuta la prima grande e "istituzionale" manifestazione dei cattolici vandeani contro il riconoscimento delle coppie gay. Trovo personalmente la diatriba fuorviante e poco appassionante, ritengo che il "matrimonio" e la stessa adozione omosex, siano, per lo Stato, mezzi di controllo fiscale sui redditi domestici, anche se avrebbero per corollario le graduatorie per i benefici ai semi-indigenti, case, vitalizi, ecc. Le manifestazioni, che hanno sostituito quelle classiche classiste, si intensificheranno e storneranno l'attenzione dai temi propri della politica, per stringere a coorte le truppe cammellate del sanfedismo e dei vari comitati gender-transgender. Le giustificazioni, gli slogans servono a compattare le milizie, non a coinvolgere un pubblico distratto e sotto stress economico. Buttati lì, depositano, fino a quando, nelle intenzioni dei propalatori, una contingenza politica, individuabile nei conati sociali dentro una camicia di forza, consentirà loro, senza dichiararlo esplicitamente di imbarcarsi sulla caravella vincente in regata o supportare un'emotivo movimento popolare, emozionato casomai per altre cause. Ebbene. è indubbio che le associazioni cattoliche, quelle associazioni cattoliche che si stanno prodigando nella medievale invocazione alla madonna e ai santi, si collocherebbe sul versante reazionario. Mi fa un po' specie che il progressismo si attesti oggi, privo com'è di agganci alla realtà economica, solo su queste trincee assimilatorie di un costume sempre invalso e che ci sarà a prescindere da leggi e comitati. La presa di posizione del Cardinal Caffarra circa il declino di una civiltà, quella europea e nord americana, in seguito all'accettazione ideologica dell'omosessualità, è un grido arcaico che viene dal profondo di epoche buie e superstiziose. Il fatto è che lo Stato, lo Stato moderno, quello inserito nelle istituzioni (mal)coordinate dell'Unione e uropea, ad esempio, non può attestarsi su posizioni da Stato etico, per definizione uno Stato antidemocratico. Oggi vige purtroppo "l'eticità finanziaria", più declamata che praticata, come quella religiosa. E che si tratti di una difesa dogmatica e di principio, ad onta di ogni realtà, è empiricamente tsetimoniato dai costumi sessuali vili dei clero cattolico in giro per il mondo. Quale che sia l'equilibrio che si stabilirà al riguardo e che non potrà vedere - ritengo - l'Italia su posizioni troppo arzigogolate per rimanere difformi, in ambito europeo, contestualmente si sedimenterà una contesa morale fra due schieramenti a parti invertite, perché il movimento gender-transgender avrà allora dalla sua il supporto della legge. Il movimento "per la famiglia tradizionale", ma non tanto velatamente cattolica, resterà sulle barricate, ma solo per farsi vivo in circostanze specifiche, pilotate dalle gerarchie e dalle parrocchie, dalle associazioni e dai movimenti, in ogni momento in cui sarà opportuno e possibile. Lo dimostra l'atteggiamento, ambiguo e sotto traccia tenuto in questa circostanza dalle istituzioni ecclesistiche. Sarà una polemica sottostante ad una società recessiva, impoverita e fuorviata dalle sue espropriate facoltà.

Tempi e obiettivi.

Domani, la riunione dei governanti europei rimanderà, con ogni probabilità, il redde rationem della Grecia alla fine dell'anno, riservandosi stizziti, ancora una volta, di tentare il sovvertimento interno del governo ellenico, contro l'espressione del voto popolare. Tenteranno ancora un colpo di Stato, quello che è riuscito in Italia, quando Silvio Berlusconi fu dimissionato. Sul limitare della sua incontrastta carriera politica ventennale, l'allora Cavaliere distrusse la sua creatura, la sua colpa politica più irresponsabile, quel Gianfranco Fini che sarebbe stato pronto, da fascista qual era, a prendere in mano e guidare autoritariamente il lunghissimo passaggio di regime, utile ai capitalisti del FMI, che, fino ad allora, non avevano fatto altro che concedere proroghe, a tutti, Grecia compresa, in cambio di soggezione e inquadramento. Ma Berlusconi non è un fascista, è solo un affarista. Si sbarazzò di Fini come di un insetto, ma il danno era fatto: aveva rimesso i fascisti in circolo. Dunque, la Troika è un'entità, un potere non dissimile a quello della Federal reserve e del Governo nord americano e, sia pure con metodi meno appariscenti, ma non meno cruenti e torturatori, provoca rivolgimenti degli assetti costituzionali degli Stati ex sovrani, come facevano gli americani, in giro per il mondo, contro i loro "avversari", anche i più remoti, in uno scacchiere di dominazione. Lo fanno anche adesso, la NATO non è stata sciolta e gran parte della turbolenza internazionale che attribuiscono a chi vi si oppone è stata e sarà provocata da loro e dall'irresponsabilità finanziaria a cui tengono bordone. Domani, dunque, si allungherà l'agonia greca in un gioco reciproco di astuzie e di riserve mentali di cui continuerà a fare le spese il popolo: la speranza della Troika è che quest'ultimo si disperi e si ribelli irrazionalmente cercando una scappatoia che sarebbe accompagnata da qualche suggestione ed inganno creditizio. La coesione europea non sta più in piedi e la sua difesa d'ufficio dei residui organi di stampa cartacei, è ispirata da quella massoneria del denaro e del potere transnazionale che ne tira i fili e che teme di vedersi contrarre drasticamente i cespiti da una deframmentazione del puzzle. Se anche avvenisse, non si ridurrebbero comunque alla fame, loro.

sabato 20 giugno 2015

L'assurda pretesa dell'omogeneità.

Che lunedì sia il giorno decisivo per la Grecia non è affatto scontato: il divario delle posizioni non deve trarre in inganno. Nella contesa ci sono gli interessi dei paesi che hanno troppo investito nella piccola economia ellenica e le ragioni - le uniche che riconosco - di un popolo stremato. Il 58% dei Greci è povero e la lotta di sussistenza nell'euro non può che riguardare, in diversa proporzione l'altro 42%. Un popolo diviso, ma solo sulla base degli interessi materiali che non sono, con buona pace di Marx, l'unico fattore identificativo dell'antropologia umana e culturale. Fra i "nuovi" poveri, molti lo sono da generazioni, mentre altri lo sono diventati negli ultimi sei anni e soprattutto durante i cinque del Governo Samaras, scacciato da una situazione inumana: quella creata dai creditori. Costoro, sono adesso molto meno determinati di quanto vogliano apparire e se mai decidessero di lasciare la presa alla gola dei Greci indebitati, lo farebbero, rinunciando a gran parte dei loro crediti, per dare una lezione agli altri più mansueti e conformisti Paesi affranti da corruzione e clientelismo mediterranei. Non tutti i Greci - anzi, proprio una sparuta minoranza - sono poveri incolpevoli, sfortunati od imbelli: era chiaro a ciascuno di loro che le politiche di sostegno artificiale al reddito da lavoro ( prevalentemente pubblico ) e previdenziale ( baby pensioni e trattamenti di favore ) erano basate su un inganno con il quale le due correnti del medesimo sistema si assicuravano maggioranze apparentemente mutevoli, nel gioco combinato dei favori, nel presupposto che questo andazzo non dovesse mai mutare o che, almeno, non fosse il caso di preoccuparsi del futuro, perchè questo avrebbe comportato l'assunzione di responsabilità inverse rispetto a un bengodi parziale. Perché le fasce marginali di quel sistema clientelare restavano povere ed escluse, senza che le maggioranze, che erano realizzate dagli spostamenti elettorali delle stesse persone pro quota, se ne curassero; men che meno a loro danno. Come oggi fanno gli altri con loro, con i migranti, con gli incongrui, ecc. E' infernale il modello che il capitalismo, non più contrastato sul piano generale e specifico, apporta ad intere nazioni, mentre l'atteggiamento che emerge e si consolida - almeno nelle affermazioni - da parte dei rappresentanti, politici e non, dei creditori, è identico a quello degli azionisti durante le loro annuali assemblee. Siamo tornati sul piano della materialità delle nostre azioni, ambito nel quale esiste solo la sottomissione o la lotta. La Germania, in questo scenario, è fuor di contesto, farebbe bene lei ad abbandonare la triste brigata. Una volta tanto, la serietà avrebbe pagato.

Gli entusiasmi che poi deludono.

Il populismo regressivo ed infantile imperversa per l'Europa, dalla Polonia alla Danimarca, passando per l'Ungheria. Anche in Italia, alle baggianate di Renzie, dopo quelle di Berlusconi, si stanno sostituendo quelle di Salvini, mentre il grillismo, che pure sembra attestarsi - ma sarà così? - su un venticinque per cento stabile - sembra aver già esaurito la sua capacità propulsiva, come si addice ad un fenomeno moralistico. Andrà, in questo contesto, analizzato con calma e in controluce, il messaggio papale che ha invertito, di 360°, il precedente imdirizzo di Benedetto XVI, che si è dimesso, in un'ottica sud americana, spacciata per un avvicinamento evangelico alle periferie del mondo. Dico questo non per pregiudizio, ma perché la predicazione si esercita in un linguaggio elementare - mentre tanto sofisticata è la diplomazia e la politica vaticana e della Chiesa - per rendere il messaggio accessibile al gregge, confondendo però l'approdo sperato e perché questo Papa anomalo - in quanto gesuita e quindi teoricamente escluso dal fare il Pontefice - la cui sollecitudine verso i poveri può tradursi, in chiave mondana e politica, in quel fascismo sottostante dal qule è infestata la società argentina dalla quale proviene e la tradizione politica degli emigranti italiani. Se poi prescinde da tutto quanto c'è di storico nel suo ambiente ecclesiale e nazionale, allora è davvero un santo e non mancherà di salire agli altari. Ma l'uomo è frutto dell'evoluzione e non del peccato originale e conserva un inestricabile vincolo di istintività non benevola a cui ha associato e sovrapposto aspirazioni illusorie.

venerdì 19 giugno 2015

Violenza e rimozione II

La polemica del sindacalismo in pensione, anche il più acceso, ai suoi tempi, sui controlli a distanza dei dipendenti in possesso di telefoni e tablet aziendali, si rivolge non ai lavoratori, ma al pubblico indistinto e, in posizione di minorità, ai sindacati attualizzati. Da anni, le aziende si valgono di questi strumenti per monitorare i carichi ed i ritmi di lavoro - che un tempo erano uno dei cavalli di battaglia dei sindacati per richiedere nuove assunzioni - e controllano anche gli spostamenti e i tempi di esecuzione, i risultati e il dispendio di lettere, cifre e parole che è stato utilizzato per realizzarli. Con queste appendici indiscrete si è di fatto superato il tempo contrattuale di lavoro, attestando quel che tutti sapevano e cioè che la privacy è un istituto adatto agli affari e agli interessi e ignoto ai lavoratori. Con gli struemnti telematici vengono impartiti ordini e, sfacciatamente, dove "le squadre" sono minute e coatte, disposizioni in deroga ai rimasugli contrattuali. L'imprenditorialità, l'aziendalità, la redditività fanno aggio su tutto; le intimidazioni corrono per l'etere, per impedire che la democrazia dell'informazione entri nella dialettica degli ambienti di lavoro. Si cerca anzi di elidere qualsiasi forma di dialettica, contando, con successo, sull'ignoranza delle maestranze e su infondate ambizioncelle. Se poi si mette nel conto che queste metodiche di controllo si esercitano anche sui lavoratori a progetto, a termine, ecc., si capisce come l'occhio del piccolo fratello sia sentito come determinante per un altro periodo, un altro ancora e dopo sempre un altro, dato che l'indeterminatezza del tempo è stata in molti casi abolita. Si vorrebbe ricominciare dal tetto, dall'ultimo effetto tecnologico di decenni di affiancamenti ed abusi del sindacalismo regressivo che ancora si esercita, dove non è stato del tutto rimosso, in presenza di macroscopiche prepotenze di sistema - del quale i sindacati fanno parte - "cogestite" o sopportate come se fossero ineluttabili. Se lo sono è per la debolezza dell'economia italiana sulla quale astutamente si innestano tutte le speculazioni possibili e la volontà indefettibile di galleggiare, come gli stronzi, del sindacato d'apparato, dei cangianti, "fusibili" apparati aziendali, politici, amministrativi, ecc. Il modello, infatti, si applica ai Paesi rassegnati dell'Europa minore:la Germania, con merito, ne è esente.

Violenza e rimozione.

Lo scempio delle donne Yazide nei territori del califfato incedente, sono solo l'ultimo dei sistematici atti di stupro, perpetrati in tutto il mondo dagli eserciti, avanguardie organizzate e legali di bande infromali e di sngoli "ardimentosi" in ogni angolo del mondo. Prima, per restare all'attualità, avevano agito così i Serbi nei confronti delle donne Kosovare e altrettanto avevano fatto i soldati Russi entrando a Berlino ed anche a Belgrado, prima che Tito, nell'ambito degli acordi di Yalta, ne facesse un grande Stato mutietnico, ma cuscinetto fra le potenze in lizza. Creò cioè e presiedette per un po', il caedoscopico e contraddittorio asse degli Stati "non allineati". Gli eserciti più organizzati, la violenza prostitutiva la esercitano in loco: troppo dispersiva sarebbe una prolungata astinenza sul campo: così gli americani in Vietnam, ma anche i Giapponesi in Korea, dove furono apprestate delle schiave sessuali, le cui ultime tre superstiti sono state presentate al pampa-Papa, senza che lui traesse spunti particolari, né parole significative, da questo incontro. Altrettanto fecero i Turchi con le donne armene nell'intento di impedirne la discendenza, mentre fenomeni più circoscritti di violenza ed abuso omosessuale, marcano ed inibiscono, in talune circostanze, il senso di sé dell'avversario reso impotente. Nei campi di concentramento nazisti, le internate non adatte al lavoro o avvenenti fisicamente venivano destinate ai bordelli interni: le più belle per gli ufficiali, quelle passabili per la truppa. La storia dello stupro bellico potrebbe continuare e io non ne sono un esperto: le informazioni sintetizzate sono tratte da note a margine di fenomei storici, emblemi di un'organizzazione, che trova nei casini - che solo un'utopista parlamentare socialista, Lina Merlin, seppe accantonare, fino ad oggi, in Italia. Esperienze di questo genere sono riscontrabili anche e soprattutto, in forme individuali o non constatabili apertamente, nella vita di tutti i giorni: le cronache ne portano alla luce solo una modesta percentuale.

mercoledì 17 giugno 2015

Danza macabra.

Ci sono molti equivoci alla base delle polemiche sull'esodo in corso dall'Africa e dalle zone di guerra. Uno dei principali riguarda il miraggio di questa povera gente di poter trovare un'accoglienza e, per i più validi, un lavoro, in terre intraviste solo alla televisione. Il guaio è che i Paesi del continente europeo, con l'eccezione della Germania si stanno ritirando dall'economia e non sono già in grado di sinergizzare le opportunità industriali, tanto è vero che si chiude o ci se ne va. Quella che, cinicamente, poteva essere un'opportunità è invece un rischio. Oggi gli schiavi accorrono verso di noi per offrirsi, in versione rimodernata, come i loro avi. E' fuor di dubbio che il lavoro dipendente di base non sia altro che il "continuum" della schiavitù e, a maggior ragione, potrebbe esserlo per queste masse di diseredati se si potesse metter loro in mano un maglio, una forcella o una vite. Ma non si può più. Mentre i procciatori di braccia offrono su internet salari rumeni e mentre il Suv della Reanault, prodotto in Romania - la Dacia - altro non è che un'auto senza accessori, che accessoriata, costa come una macchina di pari categoria prodotta in occidente, le aziendine italiane hanno smesso di assumere in nero questi disgraziati, chiamati per il ricongiungimento dai loro parenti o semplicemente connazionali in regola e che, molto di rado, venivano scoperti da carabinieri o finanzieri alla catena produttiva. Queste possibilità si sono isterilite per la catarsi della crisi che, se ora dà timidi segnali - tutti da verificare - di allentamento, ha già svolto il suo lavoro di usura da tempo, mettendo sul lastrico famiglie operaie e anche gli imprenditori onesti ( molto pochi, difficilmente oggi si fallisce poveri, a meno che non si fosse troppo indebitati con le banche ). Per questo di codesti diseredati non si sa che fare, per questo riemergono e sono purtroppo localmente vincenti, formazioni mitologiche come l'IS o Al Qaeda, ai quali non mancano i proseliti, anche in Europa. Il pampa-Papa auspica un'accoglienza evangelica e pauperistica, pur sapendo benissimo che questo cozza contro i canoni dell'economia organizzata che implica, nei suoi fondamenti, proprio quote variabili di esclusione. Infatti, il privato imprenditore e gli Stati nazionali se ne fregano: l'Inghilterra, la perfida Albione, ha già architettato piani e contropiani per non essere investita dalla Grexit ed ha annunciato azioni di intelligence per troncare ed ostruire le vie di afflusso dei profughi. Prima c'era Gheddafi, domani ci saranno predoni al soldo degli Inglesi. L'Ungheria comunitaria innalzerà un muro di non ricordo, né mi interessa, altezza e chilometraggio, ma un muro anti immigrati è da anni sorto a Padova, mentre un imbecillotto come Matteo Salvini si chiede e domanda: quanti profughi ospita il Vaticano?, occhieggiando a Stalin che invece domandava quante divisoni avesse il Papa. Anche presso il mondo conservatore e tecnocratico nord americano Jorge Bergoglio è inviso: da anni il consigliere del Pentagono Edward Luttwak, accusa il Papa di utopia ospitale e lo fa in termini aggressivi, minacciosi. Non capisce o non accetta che questo gesuita-Papa si riferisca alle grandi plebi del mondo, venendo dalla miseria delle favelas e dei barrios del latino america ed attivando una diplomazia non conforme, non irregimentata al modello dei ricchi statunitensi e delle potenze europee, scombinando i riferimenti verso un mondo nel quale, in prospettiva, sembra non credere più. Io penso, modestamente, che la speranza dei migranti sia mal orientata: sulle coste europee non troveranno nulla. Sarebbe stato più probabile cercare ricetto, non a pagamento e sulle coste più vicine, ma, utopisticamente in termini logistici, nelle vaste sterrate che sono popolate da altri poveri, per rivolgersi, non necessariamente in forme mansuete, verso i pochi, pochissimi rispetto a loro, che menano la danza macabra a cui assistiamo.

martedì 16 giugno 2015

Livelli politici attuali.

La Lega salviniana, in Emilia-Romagna. ha lanciato una campagna per il riconoscimento della partita I.V.A. alle prostitute e per l'aliquota fiscale: fino ai 28.000 euro si pagherebbe il 27%, oltre questa soglia il 40%. E' una puttanata populista, come tante altre che ci affliggono e ci affliggeranno, per fortuna solo sul piano della "giustizia" soggettiva, che serve a propagandare e, per fortuna, a nient'altro. Questo accanimento sulle sempre richieste lavoratrici del cazzo, è frutto di un'invidia insensata ed ipocrita: sono più di dodici milioni gli italiani che se ne servono, quindi, la fiscalità e il riconoscimento professionale, che loro non richiedono, servirebbe solo alla greppia di un fisco sfondato ed irrecuperabile, per il clientelismo e le ruberie. Ruberie che continuerebbero, offrendo ad una genia di neo-imprenditori, nazionali ed esteri, una nuova possibilità di trar profitto dalle fornicazioni sostitutive di tanti frustrati, la stragrande maggioranza dei quali, coniugati. Quanti di costoro, mi chiedo, pagherebbe con carta di credito? I cespiti così ottenuti, sui quali hanno fatto recentemente da mosca cocchiera i carabinieri di Rimini, facendo accertamenti presuntivi su una prostituta esercitante in loco che si era comperata, senza redditi dichiarati, un'automobile di lusso, andrebbero investiti nel Welfare emiliano - dato che si tratterebbe di una legge regionale - in particolare negli asili nido da tempo in crisi di sostenibilità, nonostante le sanzioni a pioggia e le multe. Le vedo e le sento, le famiglie escluse dalla graduatoria, le mamme in particolare, assentire e inveire contro le "zoccole" che non procreano o che, se lo hanno fatto, "non hanno di questi problemi": se sono così invidiose e rancorose verso questa condizione di vita, lo facciano anche loro, non ci vuol molto. Eviterebboero che i mariti dilapidassero parte del reddito domestico e che, insieme a loro, la prossima volta, votassero per la Lega.

lunedì 15 giugno 2015

La dura lezione dei fatti.

Nell'Europa (dis)integrata si cerca la rovina dei paesi indebitati e si rifiutano i migranti, a prescindere, nonostante che siano stati messi in movimento dalle guerre nord americane e francesi, in Medio Oriente e in Africa. La guerra alla povertà si è trasformata nella guerra ai poveri, a fini di consumo superfluo e con pretese di controllo egemonico sui popoli marginali e senza speranza. Vladimir Putin ha commentato oggi il minacciato invio di mezzi pesanti della NATO ai suoi confini come l'atto di aggressività più grave dall'epoca della Guerra fredda, rievocando quella lunghissima guerra di "trincea", almeno sui confini europei e guerreggiata in giro per il mondo. Al razzismo economico dei paesi europei-occidentali si assomma, nell'ambito dei ventisette Paesi membri dell'Unione, il razzismo antropologico delle nazioni est europee, che hanno riscoperto la loro vocazione xenofoba verso i neri e, perché no, anche verso gli Ebrei. E' grottesco osservare ed ascoltare i commenti delle badanti slvae quando la televisione trasmette il bivacco di Ventimiglia o l'attracco dei barconi sulle coste nazionali. Il nostro fanfarone, Matteo Renzie, gigioneggia in patria e viene ignorato e snobbato in tutto il resto del mondo: l'Italia faccia da sola, pochi giorni dopo l'attribuzione di quote a ciascun componente del continente legato solo, spesso in senso proprio, dalla divisa comune. La crisi, non solo della sostenibilità della valuta comune, si avvita su se stessa e sta per provocare un'implosione dagli esiti infausti anche se non definibili esattamente, per il lavoro di schermo che si è esercitato, in questi ultimi anni, per mascherare la realtà, la speranza di diluire e confondere un altro problema, quello dell'immigrazione, nel calderone comunitario. L'intransigenza contro i poveri dei paesi ricchi e semiricchi, sia che riguardi la sostenibilità della valuta, sia che si eserciti nell'impedire alla miseria di varcare i confini, ci rimette all'angolo, chiusi nella nostra parolaia insipienza.

Esiti sorprendenti.

Non conosco il nuovo Sindaco di Venezia e non mi interessa se, come dicono gli esegeti degli equilibri di potere interni all'apparato politico, Renzie ne esca indebolito. Mi dispiace per Felice Casson, il meritevole giudice veneziano che deve aver compreso come, per lui, figlio di un pescatore di Chioggia, non ci sia altro che il successo di un concorso pubblico difficile. L'avevo dato per facile vincitore due settimane fa ed era, in effetti, uscito in testa dopo il primo turno, ma, in presenza di un forte astensionismo ( anche al primo turno ) è stato battuto da un candidato - leggo - che sessanta giorni or sono era ignoto alle cronache politiche. Non è detto che sia un male e non è detto che per Casson debba rivelarsi una débacle, almeno dal mio punto di vista. Le qualità dell'uomo sono già state dimostrate, il suo competitore dovrà dimostrarle, ammesso che gli interessi. Non si può, né - ritengo - si deve galleggiare a tuti i costi, come gli stronzi. So che è una posizione minoritaria. Resta singolare, dopo lo scandalo del Mose che la pattuglia di cittadini veneziani, più i mestrini, si sia voluta privare di un fustigatore di costumi, non incline a guardare in faccia nessuno. Evidentemente la moralità e la giustizia sono un tema meno "captivo" di quanto i polemisti dei giornali ritengano e la proposta senza pedigree o forse " senza identità" attrae di più un pubblico che avverte l'inanità di espressioni senza effetto. O, invece, il corpo elettorale è ancora sensibile agli equilibri correntizi dei partiti e, in questo caso, quali contrappesi hanno paralizzato il progetto di Casson e indotto molti elettori a non pronunciarsi? Il successo dei grillini in numerosi comuni siciliani e la sconfitta del PD in una roccaforte - dopo Livorno - della sinistra, quando era tale, rivelano una mancata e giustifcata identificazione dell'elettorato "rosso" con il nuovo ambiguo soggetto politico. La vittoria, non dei grillini, come "nell'anarchica Livorno ", ma della destra ad Arezzo sembra suggerire che le imitazioni attraggono meno degli originali o inducono alla rinuncia troppi potenziali elettori, da favorire la prevalenza delle ex minoranze storiche. Non c'è da gioire o da diperarsi, secondo propensione: il risultato e l'alternanza possono giovare alle amministrazioni locali, le uniche in grado, compatibilmente con i bilanci, di prendere ancora delle decisioni, mentre al centro, Renzie o chi per lui, continueranno, Grillo o Landini permettendo, sempre che no si elidano a vicenda, a recitare il canovaccio della Troika. In fondo, anche Syriza è nata in pochi anni, durante lo scempio greco. La differenza è che, la nostra, è una sceneggiata.

domenica 14 giugno 2015

Il pensiero prevaricatore a cui nessuno obietta.

Che ci sta a fare la Grecie, non in Europa, ma in area euro, risulta veramente incomprensibile. Un Paese di neanche 10 milioni di abitanti viveva dunque al di sopra delle proprie possibilità, mantenendosi in equilibrio instabile sulle possibilità di svalutazioni monetarie che il sistema sovrano nazionale permetteva e indebitandosi attraverso l'emissione di titoli di Stato a tassi allettanti, tanto che tutte le banche dei paesi vituosi se ne erano ingozzate. Adesso, i creditori che cosa vorrebbero dopo lo scempio, inutile e criminale, che hanno provocato in quel tessuto sociale? La perdita della sovranità nazionale, per tutelarsi dalle intemperie della finanza senza competitori e l'assoggettamento al regime contabile dei Paesi più ricchi dell'euro-gruppo, hanno messo in ginocchio gli Stati meridionali, che meglio avrebbero fatto a coalizzarsi fra di loro. Ma questo avrebbe recato nocumento alle regioni ricche, all'interno degli Stati poveri e, per la solita predominanza censitaria non si è voluto e potuto fare. Mettiamo il caso che la Grecia, correttamente e senza falsificare i bilanci, se ne fosse stata fuori: che le sarebbe successo? Sarebbe stata uniformemente povera e questo avrebbe provocato probabilmente un cambio di regime ( non necessariamente un nuovo regime dei colonnelli, ma anche altre forme surrettizie come quella italiana, ad es. ) e la fuga all'estero definitiva di pochi reddituari ellenici. Che cosa ne sarà domani? Sarà certamente molto più povera ( per altro lo è sempre stata, ne ho memoria chiarissima al tempo, lontano, delle mie frequentazioni ) e sarà, in condizioni di esclusione, uno staterello nei pressi della grande Turchia, a sua volta prevalentemente povera, ma arrogante e miltarmente molto più forte. Un'altra ragione della paura di perdere la Grecia a cui si accoppia la preoccupazione degli avidi creditori, allettati da assurdi quanto alti rendimenti, di perdere i loro soldi. Perché, in vero, gliene hanno prestati tanti e per tanti anni? Per generosità, non credo. E' realistico pensare e criminale proporsi che un popolo intero possa vivere schiavo del debito per molte generazioni. Meglio miseri, ma liberi.

Alla ricerca della verginità, se si dovesse perdere.

A Roma, un deputato pentastellato, tale Di Battista - mi pare - guida un attacco concentrico al Sindaco Marino, un chirurgo palermitano, cooptato al primariato del principale nosocomio trinariciuto al posto del professor Marcelletti e, poco dopo,cooptato, per i democratici, al vertice del Campidoglio, senza che avesse mai, fino ad allora, soggiornato nella capitale. Che cosa dovesse fare in quel contesto, che esperienza indiretta ne avesse, insomma che cosa ci facesse lì, resta un rebus. Che la ragione non sia commendevole, comunque la si voglia valutare, è certo; in che cosa consista la non commendevolezza è celato. Si dice il peccato, o lo si fa intendere, ma si tace il peccatore: si dice così in questo paese di troppe devozioni pelose. Sta di fatto che in tutto il minestrone delle frattaglie romane il malcapitato neo-sindaco, probabilmente non ha aggiunto un solo ingrediente, anche se è insostenibile che, nella sua posizione, non abbia avuto contezza di meccanismi e di movimenti poco o punto ortodossi e, anche per affinità ambientale o perchè circondato, abbia fatto finta di essere Alice nel paese delle meraviglie. Ora il pentastellato tenta di demolirlo. lo Statuto dei 5Stelle vieta che i suoi membri assumano funzioni amministrative di vertice, non contempla cioè che possano fare i Sindaci. Eppure, si dice a Roma, la strategia è tradizionale, la tentazione, dopo tanta fatica e lavorio ( spesso si viene letteralmente alle mani e, se vi chiedete come faccio a saperlo, beh..anche nel sindacato era così ) è manifesta. Si ricadrebbe, per inerzia e gioco forza negli stessi difetti, invischiati nella palude sottostante agli affari pubblici a fini privati e, quindi, bene recita lo Statuto dei 5Stelle al proposito, ma la tentazione politica di far saltare il pentolone dall'interno potrebbe suggestionare anche Grillo o trascinarlo nelle feste di Trimalcione. Personalmente opto per l'assimilazione al regime spartitorio, sempre che l'epulsione del Cicerone d'occasione con le sue Verrine, non riportino il movimento alla sua purezza sempre ricostruibile, attraverso la Rete. Una povera ragazza, rapita dal IS e sposata a venti uomini diversi, per altrettante volte - sostiene - è stata sottosposta alla ricostruzione dell'imene - che doveva ormai sembrare una tela plissettata e consunta - ogni volta che riveniva data in sposa ad un guerriero di Allah. La pratica richiama il mito delle Uri, le vergini che attendono il martire della fede nell'aldilà e che sono sempre le stesse, ma hanno la facoltà di riverginarsi ogni volta per rimanere intonse agli occhi e non solo del meritevole. Mi sembra che Grillo e il suo movimento, attraverso le espulsioni di tutti coloro che hanno già assaggiato il frutto proibito e la riproposizione di nuovi aspiranti al gioco, attraverso la Rete, seguano una strategia mediatica e influenzatrice analoga.

Come definireste tutto questo?

Per interpretare il copione arcano che la Troika ha imposto anche a noi, quando dimissionò Berlusconi ( che non fece nulla per opporsi, in ragione dei suoi interessi ) l'ultimo Capo di Governo eletto, bisogna fare riferimento a quello che è successo ( più che a quello che succederà ) in Grecia. Il copione è unico. In Italia, alla democristiana, sub specie sinistra, si approfitta delle persone, della grande massa delle persone, fra un sorriso e una chiacchiera, un'incensazione in spregio alla logica, unico criterio di verità. I provvedimenti, subdoli e progressivi, stanno annullando la coesione sociale e la coscienza di classe dei lavoratori che verranno, generici e intermittenti. Gran parte dell'industria media e piccola ha chiuso da tempo, molti esercizi commerciali storici e di qualità stanno per farlo. Tutto il mondo del lavoro strumentale, con l'eccezione di poche nicchie, non ancora pronte a cedere il passo alla tecnologia, viene cancellato in prospettiva accelerata. Il riflesso si avrà, da subito, sui trattamenti previdenziali, dei quali si auspica l'abolizione e, nel frattempo, il taglio a livelli di insostenibilità. Per favorire la lotta predatoria delle imprese superstiti, si aprono finestroccoli a trattamenti decurtati fin dall'origine, contando sul riflesso condizionato dei lavoratori italiani, che considerano il lavoro una maledizione biblica ( lo sta diventando ) e aspirano, per la maggior parte, ad affrancarsene, a prescindere. Un esempio significativo della strisciante tossicità del sistema è da ricercare nei decreti attuativi e nei regolamenti applicativi del Job's act. Le filiali nazionali delle grandi imprese che hanno delocalizzato la loro sede all'estero - come la FIAT - o delle imprese che hanno rilevato marchi importanti della nostra ex flottiglia industriale, potranno godere di "trattamenti" cinesi che renderanno meno competitive le merci di quel Paese, non circoscritto, come i migranti, da dazi doganali. Decreti e regolamenti regaleranno ulteriori profitti alle imprese, proporzionali alla perdita di salario dei lavoratori. La dignità se ne andrà con i soldi. La dignità, per altro, è, e non da oggi, prostituita in quegli ambienti di mezze calze e di mezze maniche, che, più lo prendono nei denti e più si uniformano al modello aziendale. Nel mondo industriale e non ancora in quello dei servizi privati e pubblici, si potrà retrocedere quando servirà al padrone, di una qualifica. I lavoratori che saranno licenziati per ragioni economiche, potranno conciliare con l'azienda se accettano di riprendere a lavorare a mansione inferiore. Una umiliazione regolamentata. Come si sa, gli incentivi di 8.000 euro all'anno, che sono alla base delle assunzioni secondo il Job's act, finiranno. A quel punto, le imprese si troveranno dei lavoratori licenziabili, ma pagando un'indennità, Se però quei lavoratori verranno licenziati e poi riassunti con il demansionamento, l'indennità la pagherà il lavoratore con la qualifica abbassata e, per l'impresa, sarà come se gli incentivi continuassero. Se questa è la politica di un Governo di sinistra, San Giuseppe lavoratore e il suo sindacato di riferimento sono proiettati verso gli albori di quest'incerta aurora. Mi sembra conseguente che, se il padrone può degradare quando vuole, il lavoratore non potrà rivendicare una promozione. Con l'articolo 13 dello Statuto dei diritti ( parola desueta e irritante ) dei lavoratori, se si operava per tre o sei mesi in mansioni superiori si aveva diritto alla qualifica corrispondente. Insomma, dopo il diritto alla tutela contro il licenziamento ingiusto, salta anche quello alla qualifica e, in ogni azienda con valenza produttiva e commerciale ( che tutte tendono ad assumere e rivendicare, anche assurdamente ) le direzioni potranno fare di tutto ai propri sottoposti. Licenza di mobbing, quindi. Le minacce di licenziamento o degradazione saranno sufficenti, in molti casi, per imporre di lavorare di più e peggio senza chiedere nulla. La maleducazione ed il sadismo di capetti d'occasione avrà piena possibilità di dispiegarsi.

Volontà, chiacchiere e confini.

Non c'è solo la Grecia a giocare d'azzardo in Europa, anche la Francia nega l'evidenza. Respinge i migranti che vorrebebro varcare il confine di Ventimiglia e poi afferma, cme se niente fosse stato, che si guarda bene dal ripudiare Schengen. L'Italia, per parte sua, sarebbe ben lieta di concedere il transito e non sa come affrontare la "stagnazione" sul limitare. Le parole si sprecano, i migranti non posssono migrare. Di fronte all'austerità rifiutata degli altri, i paesi benestanti sono intransigenti e, a dire il vero, sono coerenti anche per quel che riguarda coloro che vagano senza una meta che non sia illusoria. Quindi, la risposta europea dovrebbe uniformemente essere: stop alle migrazioni. Da noi, il pampa-Papa tuonerebbe se i disgraziati venissero ributtati sulle loro coste..e poi, fino a quando? Quanti sono gli aspiranti al viaggio senza meta? Che cosa farebbero una volta trovato un luogo di accoglienza? Sono, come si dice, un intero continente in fuga dalla morte per inedia? L'Europa è già in crisi diversificata per i fatti suoi; la fine dei blocchi e delle dittature "di contenimento" hanno provocato questa migrazione biblica alla quale non si sa fare fronte con il galateo internazionale, ma della quale i Paesi più discosti dal fenomeno non vogliono pagare le conseguenze. Codeste nazioni scontano già gli effetti di ritorno del loro colonialismo o di specifici rapporti storici ( come i tedeschi con i turchi ) e, in quest'ambito, sembrano essersi organizzati. Un'invasione di popolazioni incongrue e tutte in una volta squilibrerebbe - ritengono - la loro stabilità, mentre l'Italia si troverebbe ad affrontare da sola un fenomeno di incongruenza culturale e di costumi, ma anche lavorativo e di prospettive, a causa dell'immiserimento di interi continenti e delle guerre che purtuttavia vi si combattono. Chissà se la Chiesa cattolica potrebbe trarre occasione di nuova evangelizzazione senza spostarsi al seguito degli eserciti invasori, ma pascendo e convertendo i pellegrini in loco? La Babele delle favelle segna il passo...sul confine.

sabato 13 giugno 2015

Il gioco coordinato fra il bene e il male.

E' ormai evidente che l'azione della magistratura contro una parte specifica e circoscritta della corruzione nazionale è dettata da "norme" di adeguamento "morale" agli equilibri - in verità per ora alquanto squilibrati - di un capitalismo privo di vincoli, che necessita sul piano sociale e politico di "moralità" conseguente o, almeno, di una parvenza di moralità compatibile. Si cominciò con "Mani pulite" a Milano, si continua oggi a Roma con "Mafia capitale". L'azione di disvelamento e di denucnia della scarsa ma agguerrita stampa radicale, di pseudo-sinistra, ad esempio la Repubblica e l'Espresso, del medesimo gruppo, hanno "giustificato" ed assecondato questa azione, ben calibrata nel tempo e nelle circostanze, del potere giudiziario. Partiti e persone che, per decenni, avevano imperato, furono fatte sparire in breve tempo. I loro manutengoli, ai vertici di importanti aziende di Stato, si suicidarono in carcere, manager di industrie private, saliti sul carro della corruzione all'ultimo giro, quello sbagliato, fecero la stessa fine. Ora che l'Italia, ogni giorno, ripiega sulla "terapia" greca, mentre la Grecia se ne affranca, la magistratura attacca i fortilizi locali della corruzione, ma lo fa sul fronte amministrativo e politico, mentre la corruzione nelle opportunità, nella facoltà di arricchimento e nei costumi, resta la cifra del nostro "decoro" nazionale. Tutto si tiene, il gioco è coordinato.

L'evidenza schermata dai corifei.

Il Governo greco ha riacceso la televisione di Stato e riassunto il personale in servizio alla data dell'oscuramento. Gli stipendi e le pensioni sono rimasti decurtati della metà, ma le "spese" di reimpianto e di gestione sono state ripristinate. E' possibile argomentare che la Tv riaccesa serva allo svago di una popolazione anchilosata ed alla propaganda del governo, sul crinale delle contese con la Troika. Il 65% dei tedeschi desidera che i greci si tolgano di torno: un popolo contro un altro popolo. Il primo si identifica con il sentimento di esclusione delle cicale, frutto della sua disciplina. Non molto tempo fa sentì estranei gli ebrei perché così aveva loro indicato un governo da loro eletto. Si era trovato, allora - ma anche oggi - il rimedio al male e si era provveduto senza opposizioni ( almeno in Germania ). Questo senso di identità e di appartenenza è intrinseco ai regimi, dove la discussione è monocorde e confermativa e dove la democrazia è sospesa, come in italia e non più in Grecia. Su questa base pretestuosa si definiscono gli amici e i nemici, anche se il nemico lo si è scelto in casa propria. Dove si manifestano reazioni, all'azione della polizia si affianca quella dei gruppi paramilitari neofascisti. Nonostante l'evidente disagio di molti e sfacelo di alcuni, un'intellighenzia - per modo di dire - asservita, attraverso comodi strapuntini, canta le lodi del potere e ne assume la difesa, che in realtà è pura aggressione. L'antico e mai smentito adagio per cui la rendita, base primordiale del capitalismo, non conosce altro scopo che il suo incremento, indifferente alle devastazioni sociali che questa irrazionale pretesa comporta, trova incontraddette conferme nella politica delle costituite fortificazioni del potere alleato e coordinato nel mondo, che solo la sue contraddizioni interne possono mettere in crisi.

giovedì 11 giugno 2015

Folli follie.

La crisi greca sottolinea, anche per gli altri Paesi cialtroni dell'eurozona, il processo dissimulato e sotterraneo che alimenta le pretese rigoriste delle istituzioni german-comunitarie. Il gioco del passaggio della "palla" richiama alla mente le fasi di una partita di tennis fra "regolaristi": lunghissimi scambi da fondo campo, senza esito. Ma che cosa pretenderebbero i "creditori", dopo quello che hanno inutilmente imposto ai furbi - ma non troppo - Greci? Un impegno, in prospettiva, a non alimentare la spesa "improduttiva" e, segnatamente, quella previdenziale. In un senso non espresso, in Grecia si dovrebbe abolire la quiescenza o, non volendo farlo, ridurne all'osso la corresponsione. E' pensabile che il canovaccio possa esere difforme in Italia? La sinistra al governo è, in questo senso, il più subdolo dei cavalli di Troia, perché in cambio di "accomodamenti" fra soggetti di questa purulenta e lattiginosa galassia, qualsiasi prepotenza potrà essere consumata ai danni di quella massa di esclusi e senza diritti che sono i fuoriusciti dal lavoro o, per lo meno, dal lavoro tutelato, quello, per intenderci, regolato dalle vechie norme. Quanto alle prospettive di poter godere una qualsiasi rendita per le giovani leve di quella svilita applicazione che ci si ostina a chiamare "lavoro", alla memoria, sono pari ai redditi incostanti che un'attività deregolamentata e di massa, generica e squalificata, può, sulla carta, assicurare. Una sorta di "pensione sociale", o "reddito di cittadinanza", eventualemnte da potersi corrispondere fin dalla vita potenzialmente attiva delle maestranze a chiamata: praticamente un'ipotesi tendente allo zero. In ogni ambito della residua economia greca, eccetto il turismo, privata o pubblica che sia, gli ultimi anni e, presumibilmente, anche gli anni a venire, saranno caratterizzati da salari sotto la soglia del sostentamento, mentre le imposte dovranno per forza di debito, rimanere attestate su soglie di insolvenza interna e familiare, a fronte di vantati servizi di cui, in circostanze così immiserite non si sente la necessità né di cui si godono i frutti. I barconi dei migranti sono alla fonda in Libia e si apprestano a partire, flottiglia di buona rendita per gli allibratori del traffico e per le istituzioni italiane, con i loro clienti-profittatori, che curano, con cospicui fondi, anche europei, l'accoglienza. I Comuni che si presteranno ad accogliere i profughi godranno di benefit pubblici. Quali, quanti e in che quantità? A prescindere, questi poveri straccioni saranno, a queste regole, accolti da Comuni altrettanto straccioni e costituiranno una riserva indiana dentro l'altra. Le regioni prospere hanno già "rifiutato" l'accoglienza come l'Inghilterra, i Paesi ex comunisti della repubblica Ceca, della Slovacchie e della Polonia, da pochi giorni di nuovo in mano ad una destra xenofoba, antisemita ed affascinata dal regime ungherese di Orbán, un altro anomalo che non sta né dentro, né fuori dalla U.E. Intanto, nell'europa dell'euro, i movimenti di estrema destra e razzisti si stanno moltiplicando e, prima o poi, troveranno il modo e la convenienza di allearsi. La cultura reale, sottostante alla retorica mediatica è sempre più virulenta e osservabile, ma non esistono antidoti al suo incremento mentre la società, anzi le società si divaricano secondo censo, ridicoli riferimeti piccolo-borghesi fuori della realtà ed esclusione reale, tutt'altro che incline all'accoglienza dei poveracci, come coloro che la compongono, ma estranei, anche se gli ammortizzatori sociali non ci saranno più, né per gli uni, né per gli altri e senza nessun rapporto di causa ed effetto diretto.

mercoledì 10 giugno 2015

La moralizzazione impossibile.

Lo scandalo di maniera che accompagna le scoperte del malaffare spartitorio nella Capitale, è un puro sfoggio di ipocrisia desiderosa di sotituirsi negli appalti e nelle mazzette. Della corruzione orizzontale, veicolata dai lavori pubblici o per Enti pubblici, sapevano anche i sassi. Fa bene la magistratura a demolire questo sistema ormai incompatibile con l'appartenenza ad organismi internazionali vincolanti, ma l'intervento tardivo non elimina il sospetto che si tratti di supplenza consentita, atta più a mascherare che a risolvere. Di cosa vivrebbero le nutrite coorti degli pseudo occupati, non solo di Roma, ma di tutto il meridione d'Italia? L'ultima scoperta riguarda un ospedale, ovviamente dissestato, in un triangolo diseredato delle Puglie, dove le finanze vaticane hanno investito in opere di misericordia corporale ingenti risorse, brigando e contando sull'appoggio di politici d'area locali, che si erano arrogati tutta la gestione del potere effettivo, coinvolgendo anche le religiose al cui Ordine è intestato l'ospedale di cui trattasi. I normali lavoratori di quelle zone migrano al nord, qualcuno per compiti ordinari, qualcun'altro per occupare posizioni prestigiose, soprattutto in campo medico, dove soccorrono gli incroci professionali, mafiosi e massonici, validi dovunque. Per chi resta, ai diversi livelli dell'appropriazione, non resta che vivere sulla scia di questi personaggi, che hanno sempre un terminale in Parlamento e nel Governo. La pretesa di occupare poltrone, anche di sotto-governo, di formazioni neodemocristiane, come il NCD di Angelino Alfano, non sono altro che la riproposizione di antichi e non dismessi equilibri di potere. L'Italia, così come è ridotta, non può stare in Europa, almeno non possono starci esempi incancreniti di clientelismo e malaffare, volani di sprechi e di ruberie, una delle voci non scalzabili del nostro dissesto.

lunedì 8 giugno 2015

Le ragioni degli altri.

Tra i paesi della NATO e del blocco economico occidentale, intriso di debolezze intrinseche e la Russia è guerra economica e, sotto traccia e per interposte nazioni, militare. Il G7 ha ribadito le posizioni di Obama che non contemplano differenze rispetto alla democrazia mercantile e finanziaria. Putin vuole rifondare l'Impero!Quale? Quello sovietico certamente no; lo dicono, lo ripetono i Paesi neo vassalli dell'America, i Bulgari della NATO, già membri del patto di Varsavia, ma l'ipotesi è solo insulsamente propagandistica. Putin non vuole potenze ostili ai confini e si riserva di creare stati-cuscinetto e di assicurarsi sbocchi al mare. Eppure si continuerà, come già con la piccola Cuba, ad affamare i Russi, ritorcendone la colpa sul loro Presidente, eletto e rieletto, sia pure con escamotages da repubblica sud americana, ma comunque sempre eletto. L'Impero russo è un concetto continentale insito nell'anima di una nazione multietnica e mai veramente democratica, proprio per le sue dimensioni e l'assenza di strutture statuali federalistiche, incontrollabile e centrifuga se lasciata alle dinamiche del "libero mercato", che si esercitano, a costo di fratture e relegazioni, in realtà territoriali e nazionali più contenute. E' dunque Putin un democratico? No, né in senso occidentale e neppure in senso proprio: è un autocrate con un largo seguito personale che è riuscito a reincollare le parti polverizzate della Russia di Boris Eltsin che non aveva saputo produrre altro, con la sua politica di imitazione di un'economia mai praticata, neppure all'epoca degli Zar, che miseria, abbandono di minori, prostituzione migratoria in tutto il mondo. Oggi il blocco capitalistico nord americano e centro europeo si trova di fronte di nuovo ad un competirore irriduciblie. Potrebbe fare diversamente? Non è solo irriducibile ma diplomaticamente attivo, verso la Cina - la più grande ancorché "anomala" potenza capitalistica del mondo e l'India che sembrava definitivamente assunta fra le grandi economie emergenti dell'altro punto cardinale, rispetto al suo, in competizione. E' il blocco occidentale univoco ed omogeneo al suo interno? Certamente no. Le disegueglianze endogene fra i suoi cittadini ed esogene fra le nazioni e gli stati che lo compongono, non sono mai stati così stridenti, costretti come sono ad una convivenza che con il liberalismo non ha proprio nulla a che spartire e che si compendia come un direttorio dissimulato del quale le potenze egemoni, ma ormai solo nel loro ambito, nominano e dirigono e le potenziucole caudatarie vanno al guinzaglio sempre più strozzate dagli strattoni dei loro padroni. Con questo non voglio dire che Vladimir Putin sia un campione dei diritti dei popoli, ma semplicemente che la realtà è complessa, dinamica e - dovrebbe essere - dialettica e che la strada intrapresa è la solita, quella della prepotenza e dell'ingerenza sistematica nelle strategie degli altri, dalla quale costoro hanno tutto il diritto di difendersi.

Il lento e debole lavorio della democrazia.

Recep Tayyip, Erdogan, dopo tredici anni, durante i quali ha consolidato il suo potere, non è riuscito ad imporsi sulla società civile. Le rivolte di Gezi Park, i caduti sul campo, a qualcosa sono serviti. La Turchia ha privato "il Sultano" della maggioranza assoluta dei seggi, proprio quando costui si accingeva a fare l'ultimo passo. Adesso pare che si voglia alleare con il partito nazionalista, tanto per intenderci, con la formazione evolutasi dai vecchi "lupi grigi", la stessa formazione di Alì Agca, alleata della mafia turca. Sulle intenzioni del despota "morbido" dell'inizio ed ora sempre più intollerante, non si nutrivano dubbi; ora, la sua ventilata alleanza con un movimento terroristico internazionale, ammantato di criminale sciovinismo, rimuove l'ultima maschera. Erdogan ha comunque vinto le elezioni, come si conviene a chi manipola il ventre molle della sua nazione, ma non potrà più governare da solo. Potrà ignorare l'opposizione socialdemocratica e, insieme ai Lupi grigi, attaccare i Curdi con uno spirito simile a quello che animò I Giovani Turchi contro gli Armeni. Ma i Curdi, i guerrieri per procura, che combattono per una terra che nessuno ha interesse ad accordargli, sono entrati per la prima volta in Parlamento, superando di tre punti percentuali, la soglia di sbarramento, anch'essa totalitaria del 10%. Una vera e propria soglia d'esclusione che relega importanti minoranze nella lotta armata e quindi nell'illegalità. Sono ben settantanove i parlamentari Curdi ai quali viene affidato un compito quasi eroico, in un nido di vipere nel quale altri cercheranno di omgeneizzarli, dividerli o farli implodere. Ma la loro storia di gente senza illusioni dovrebbe - almeno lo spero - fornirli di quella corazza in grado di mettere in crisi il riaggrumarsi di quelle clientele islamiche che Ataturk aveva vietato con la forza ed una repressione realistica dell'arretrato - almeno in gran parte - popolo turco. Ma - dicevamo - la società civile ha aperto una breccia, quella società civile che intriga con la cultura cosmopolita, prevalentemente ad Istanbul e che non ha bisogno di rincorrere successi di facciata o arricchimenti affaristici. Quella società acculturata che, qualche volta, mette "in buca" i "sultani" d'occasione.

domenica 7 giugno 2015

Conti e vulgate.

La Unione europea riveste valenze talmente diversificate per chi ne fa parte, da contraddire alla base l'unità dichiarata. Il vincolo bancario e finanziario crea movimenti centrifughi mitigati solo dal danno comune che un ripensamento provocherebbe, senza neppure assicurare un sollievo ai Paesi meridionali che si dibattono nella morsa dell'Euro-marco. La Germania non demorde e le fanno da stampella gli organismi internazionali, in primis il Fondo monetario internazionale, sostenuto dalle potenze economiche del mondo occidentale. Lo scenario al quale i popoli "viziosi" dell'Europa si ribellano è di due tipi: con il primo ci si dovrebbe imporre il cilicio di un sacrificio perenne e di una violenza antropologica e culturale che non è ipotizzabile per i climi caldi e le moralità temperate; con il secondo ci si condannerebbe comunque all'indigenza per la maggioranza della popolazione come già avviene negli Stati Uniti, ma - non sembri un paradosso - anche in India ( dove duecentocinquanta milioni di persone sono benestanti ) - sia che si finga di accettare il taglio delle prestazioni ( gli organi comunitari e il FMI insistono soprattutto sulla previdenza, temendone l'incidenza inerte a lungo termine ) ma lo si pratichi artatamente, sia che si dia un calcio ai sacrifici, per ritrovarsi vaso di coccio fra pochi vasi di ferro e per ciò stesso condannati alla frammentazione. I Paesi del sud Europa tracheggiano, con maggior adrenalina i Greci e impasto soporifero la Spagna e l'Italia, incline, la prima, a disperdere nei nazionalismi, per forza di cose indeboliti e nei clientelismi dispersi, la seconda, il loro sistematico ridimensionamento. Questi Paesi del colore e del folklore stanno appiattendo le condizioni di vita dei loro popoli in maniera falsificatoria, evidente solo in Italia per vie delle bischerate di un povero tribuno di Buffalmacco, reso potente dalla nostra insignificanza. Altrove, si continua a confrontarsi su temi che hanno perso, in un contesto di immiserimento, gran parte della loro valenza: i nazionalismi straccioni soprattutto. La Germania in fondo teme di riassumere la leadership di un coacervo di Stati così disomogeneo e potrebbe scegliere di lasciare, lei per prima, l'euro e limitare la sua area di influenza, a questo punto di nuovo esclusivamente economica, agli altri Stati "virtuosi", ma piccoli o sottopopolati. E' macroscopico il divario, lavorativo, di reddito, sindacale e di tutele, fra la Germania attuale e i Paesi del sud Europa: il loro sistema previdenziale, la loro influenza sindacale, il loro reddito, in una parola la loro stabilità, cozzano e fanno a pugni col disordine e la menzogna propagandistica che alligna in quasi tutti gli altri Paesi dell'area euro o ad essa improvvidamente associati, congiurando ad un solo risultato: l'insignificanza sostanziale sul terreno politico dell'Europa continentale ed il rispristino claudicante dell'asse fra Stati Uniti e FMI, BCE e Germania - con l'appendice della Francia nucleare - su tutti gli altri staterelli del corbello degli interessi minori collegati.

L'assedio.

Valdimir Vadimirovic Putin ha rilasciato il 27 Maggio scorso, un'intervista redatta secondo lo stile burocratico dei regimi autocratici, al Corriere della Sera, interfaccia della cosiddetta grande borghesia italiana e, soprattutto, delle lobby affaristiche più intersecate di questo brutto Paese. Vladimir di tutte le Russie si era fatto preparare in anticipo le domande, nelle quali i più arditi riferimenti all'attualità richiamavano le "Tribune politiche" di Jader Jacobelli della televisione in bianco e nero. Servili e larvatamente puntigliose. Putin, che qualche buon rapporto con l'imprenditoria nazionale deve pur averlo, anche esulando da Berlusconi, si chiede come mai tutti gli accorpamenti, anche i meno riusciti, in ambito commerciale e centro-europeo, siano salutati da commenti entusiastici, ben al di là della loro logicità mentre invece i suoi tentativi di creare una federazione euro-asiatica, di stringere rapporti finanziari ed energetici con India, Cina, Brasile, siano considerati sintomo di ostilità. Siamo o non siamo tutti liberi - si chiede - o lo siamo solo nell'ambito e nei limiti di un sistema che, se non è accettato, si cerca di imporre. Vladimir è sottilmente ironico. Per corollario, soggiunge, da tempo ci si accusa di essere aggressivi nonostante tutti i sintomi in contrario da cui dobbiamo difenderci. In che cosa consiste la nostra aggresività se gli americani hanno alla fonda, nel porto di Oslo diversi sommergibili nucleari i cui missili possono raggiungere Mosca in diciassette minuti? Siamo aggressivi ai confini? Perché allora ci sfruguliate in tutti quei Paesucoli, che furono nostri vassalli, e che sono disposti a vendersi per un'illusione? Sostiene che il deposto Presidente filo-russo voleva interrogare con un referendum la popolazione sul futuro dell'allora primo partner commerciale della Russia e che americani, tedeschi e nazisti autoctoni deposero con una rivolta partita da avanzi di galera messi in libertà dal regime della carcerata Yulia Tymoshenko che l'ha guidata da dietro le sbarre. Per mettere in crisi una Russia poco democratica per difendersi dalle ingerenze "totalitarie" di un Occidente in fregola monopolistica, da quando Vladimir ha preso il potere ed ha impresso una linea autonoma alla sua politica, i tentativi di destabilizzarlo e di circondarlo di potenziucole rivali non ha conosciuto tregua. E gli oppositori, la libera stampa? Qui Vladimir, che era stato efficace fin ora, vacilla ma non perde l'aplomb: gli oppositori non hanno argomenti che coinvolgano, altrimenti sarebbero più seguiti. Nessuno gli impedisce di esporre le loro tesi. E' che non attaccano. Il direttore del Corsera glissa sui cinque morti ammazzati fra le file di un'opposizione che Putin disegna come di nicchia e, insinua, venduta all'estero, ma estranea ai pensieri ed alla sensibilità dei Russi. Ma, lei, infine, non si "tutela" con troppo "amore"? In questi frangenti è necessario: guardate la fine che hanno fatto ( parla al plurale ) certi vostri politici di vertice, aggrediti dalle campagne di stampa. E' l'unico riferimento a Berlusconi, o amplia il raggio, sul piano storico, alla fine della Prima Repubblica, prima dell'intervento della magistratura, ma solo quando fu politicamente esercitabile? Virginio Merola è stato sconfessato dal suo partito. Lui si richiama all'apparato - che ormai non conta più niente, come il caso Cofferati in Liguria dimostra - e resiste immobile. Ha già preso impegni per il suo secondo mandato, ma il suo multiforme partito, tanto diverso da quello da cui proviene, non si fida, in termini elettorali, di lui. I sondaggi, l'astensionismo alle "regionali", quello previsto e che altro? Beghe interne di un partito passato dal monolitismo alle più contraddittorie rappresentazioni? Interessi di bottega e correntizi? oppure, come sarebbe normale, politica poco apprezzata? Sta di fatto che il Virginio medita di affidarsi ad una lista civica e di correre come indipendente, dopo essere stato il prodotto della dipendenza più osservante. Camaleontismi di un uomo senza principi, in un ambiente che dei principi fa uno stendardo e, privatamente, uno strofinaccio. Non bisogna scandalizzarsene, ma prenderne atto. Su chi punterebbe il PD al suo posto. Sul Rettore uscente dell'Università di Bologna, quel Carneade Dionigi di cui si sono apprezzate finora le sottili qualità di latinista, che, a sua volta, rivelerebbe le connessioni che corrono fra qualsiasi carica ricoperta nell'Alma Mater Studiorum e il dosaggio interpartitico, o meglio, nell'alternanza fra massoni, cattolici ed altri rappresentanti di interessi corposi e, solo in senso lato, culturali. Ma come spiegherebbero gli ex compagni ai militanti delle periiferie, agli operai dismessi delle fabbriche chiuse, la candidatura, stavolta tutt'altro che unitaria, di un latinista?

venerdì 5 giugno 2015

Retorica e realtà empirica.

Esiste, a Roma, un tessuto industriale sufficiente a creare reddito per tutti o quasi i suoi tre milioni di abitanti? Dal punto di vista produttivo, Roma è quasi un deserto, pur non mancando di una cintura di imprese in grado di sostentare, con un reddito decisamente minore, una città come Rimini, d'inverno. Di che si vive privatamente? D'impieghi e commercio turistico, monumentale e devoto. Di che si vive "solidalmente"? Dei lavori pubblici, degli appalti e della finanza veicolata dalle amministrazioni locali e statali. Centinaia di migliaia di persone sono esperte dei movimenti, in atto ed ipotetici, nel generone capitolino, vivono di quello e giocano di sponda fra partiti, ora al potere, ora all'opposizione. Giocoforza, per collusione, sono finiti per dominarli, selezionando gli eletti per clientele in entrata nei personali portafogli ed in uscita, dalle delibere agli appalti, con quote maggiori o minori a seconda che si fosse stati investiti della maggioranza o della consiliarità.L'importanza economica della capitale sta tutta qui, incapsulata in un contesto arido di iniziative e privo di opportunità extra burocratiche. L'affastellarsi delle contese per carpire la primazia od ottenere un congruo vitalizio da chi ha prevalso, richiama una congerie indistinta di clienti al circo massimo delle tangenti e del reddito di rivalsa. Il neo Governatore della Campania ha stabilito che la legge Severino gli si applicherà dopo il suo insediamento: non doveva nemmeno presentarsi. Lascerà la sede dell'amministrazione come certi boss mafiosi la casa nella quale latitavano, con espressione di ironica sopportazione e salutando i loro accoliti - intere famiglie - che li invocheranno e li benediranno. Ma se ne andrà? L'Italia non conta niente nello scenario europeo e mondiale, Matteo Renzie non viene mai consultato sulle decisioni strategiche e militari, però, nonostante questo, è andato in Afganistan a comunicare il prolungamento della nostra missione militare, richiestogli da Obama. Tareq Aziz è morto in carcere; l'aveva sfangata dalla forca perché cristiano caldeo e per lui si erano mobilitati tutti i difensori delle cause emotivamente condivise. La simbologia lo assolveva, la comune "appartenenza" lo escludeva dai rei. Era semplicemente un gerarca di regime e rappresentava una minoranza al Governo dittatoriale del suo Paese. Sono contrario alla pena di morte per tutti ma, a parte questo, questo funzionario in un sistema di morte, non meritava riguardi, cristiano o non che fosse. La Grecia sta invischiando l'Europa nel gioco dei quattro cantoni; l'Europa e il FMI guidato da quell'odiosa signora di Christine Lagarde, che messaggiava il suo predecessore Strauss-Kahn, con profferte d'abbandono :"usami!". Il vecchio sudicione le preferiva succose cameriere, segretarie et similia. Tsipras mena il can per l'aia contando sul danno economico che arrecherebbe alla finanza coinvolta il default del suo piccolo ma superindebitato staterello, fra i Balcani e la Turchia. Eppure la Grecia in Europa ci sta, indegnamente, la Turchia è stata esclusa dai Francesi e dal Papa. Diciamo che ci sta come prossimemente ci starà la Serbia e molto peggio della Croazia e della Slovenia..ma ci sta e se la gioca levantinamente, per ora con miserabile successo.