martedì 23 giugno 2015

Davide contro Golia. Non sempre quande a cadere è un grande, come si contrabbanda, le conseguenze, almeno non tutte le conseguenze, sono negative.

La piccola Grecia con un PIL inferiore al 2% della UE si trova ad un tavolo con rapporti di forza soverchianti, a proprio danno, che la rendono inerme, quale che sarà la decisione che verrà presa nei suoi confronti. Un eventuale accordo di Bruxelles provocherebbe in Europa una euforia incosciente, perché l'accordo, almeno per la Grecia, non risolverebbe nulla, rinviando solo per un po' di tempo la resa dei conti con il tentativo di quel paese di abbandonare le politiche di austerità. Purtroppo, in assenza di mutamenti profondi nelle politiche economiche della Germania e di tutta la UE, un eventuale compromesso di facciata che allentasse il cappio del credito sulla Grecia, servirebbe solo a logorare la credibilità ed il consenso del Governo di Syriza, servirebbe a "renzizzare" Tsipras o a provocarne la caduta, reinsediando Samaras o un'altro fantoccio. Altrimenti, tra qualche tempo la UE e la Troika tornerebbero all'attacco, per far definitivamente fallire il solo esperimento politico di sinistra nel continente europeo colpito dalla crisi e così riproporre con ancora più arroganza la politica di austerità. La politica dei Paesi più forti. Il drammatico e impari confronto si svolge nel silenzio, nella complicità, nella rassegnazione che in tutto il continente ha accompagnato l'intervento della Troika verso quel paese. Troppi, tranne due, tre, in una trasposizione politica dei rapporti fra ricchi e poveri, sono i Paesi in condizioni precarie rispetto all'euro, valuta sfacciatamente artificiale. I grandi sindacati, i partiti socialisteggianti son stati o complici dei creditori o passivi. La sinistra radicale non è riuscita a fare nulla di significativo. Le nuove forze indignate son troppo giovani e troppo legate alla crisi dei loro paesi per costruire una iniziativa internazionale. La destra euroscettica conservatrice ma anche fascista, ovviamente ha solo da guadagnare dal crollo delle speranze suscitate da Syriza. In sintesi la Grecia è sola e noi possiamo solo colpevolmente stare a guardare. Sgomberiamo il campo dai valori civili e morali. Questa Europa li ha sommersi nelle scogliere di Ventimiglia e nelle frontiere del Donbass ucraino ove sostiene truppe che si fregiano di simboli nazisti. Se nel passato si era potuto coprire gli interessi finanziari con i superiori valori democratici del continente, oggi questa ipocrisia mostra tutta la sua malafede. Questa Europa difende solo le sue ricchezze e i suoi ricchi, e cerca di associare i suoi sempre più numerosi poveri a questa lotta contro il resto del mondo. Non c'è nulla di progressivo e avanzato in un continente che distrugge il suo più importante risultato, lo Stato sociale, e poi cerca di indirizzare la rabbia dei suoi esclusi verso quelli che stanno fuori. Il merito della cosiddetta trattativa tra il Governo greco e la Troika è di aver fatto emergere due verità di fondo. La prima è che l'Unione Europea è guidata dalla Germania, è un sistema planetario con al centro il sole tedesco. Questo sistema si confronta poi con quello che ruota attorno agli USA, con il FMI, persino con i BRICS ( Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica ). Ma sempre secondo gli interessi e le regole dettate dal paese guida. Non c'è l'Europa, c'è la Germania. La seconda verità l'ha brutalmente ammessa il ministro delle finanze tedesco Schauble, che ha dichiarato che Euro ed austerità sono la stessa cosa. È vero, la moneta unica non è solo una moneta, ma un modello di sviluppo economico. Basta guardare i trattati che l'hanno istituita: Maastricht, il fiscal compact e a quel mostruoso pareggio di bilancio costituzionale, che fa sì che il ministro Padoan possa rimproverare alla Corte Costituzionale di non essere compatibile. L'Euro e le politiche di austerità sono coniate dalla stessa zecca e hanno lo stesso corso legale, anzi hanno lo stesso scopo. Quello di affermare sul continente europeo un sistema di capitalismo indifferente che travolga diritti del lavoro, contratti, servizi, pensioni e scuola pubblica. Un modello americano a trazione tedesca questa è l'economia dell'Euro. È riformabile? La vicenda greca di questi mesi dimostra di no. La questione non è il debito. Un mese di "quantitative easing" con cui la Banca Centrale Europea finanzia il sistema bancario perché finanzi il debito, vale 70 miliardi. La Grecia ne chiede 7, tre giorni di lavoro di Draghi. Quando nel Giugno 2011 il presidente Napolitano proclamò la necessità dei più ampi sacrifici per ridurre il debito, questo era pari a 1.900 miliardi. Ora siamo a 2.200 miliardi, trecento in più, una cifra pari a tutto l'ammontare del debito greco. Ma l'Italia è virtuosa perché ha tagliato le pensioni e garantito la libertà di licenziamento e persino di spionaggio dei lavoratori. L'Italia è virtuosa perché fa le "riforme" chieste dalle banche e aggiunge altre privatizzazioni alle tante già disastrosamente realizzate. L'Italia è virtuosa perché il suo governicchio riceve gli applausi di Marchionne. La Grecia invece con il nuovo Governo ha timidamente tentato di fare un'altra politica, e per questo va posta all'indice. Questa Europa non è riformabile, così come non lo era quella dominata dalla Santa Alleanza degli imperatori del 1848. Ha scritto Papa Francesco nella sua Enciclica "Laudato Sii": "Non basta conciliare, in una via di mezzo, la cura per la natura con la rendita finanziaria, o la conservazione dell’ambiente con il progresso. Su questo tema le vie di mezzo sono solo un piccolo ritardo nel disastro..." Lo stesso vale per i diritti sociali, non c'è conciliazione tra essi e l'austerità, non c'è una via di mezzo. Per questo una rottura a Bruxelles ci porterebbe in una terra sconosciuta, dove le vecchie politiche di austerità non potrebbero più essere imposte e guidate con il pilota automatico. Certo non sarebbe il ritorno all'Eden, o al paese dei balocchi, ma a quel punto le politiche pubbliche e di eguaglianza sociale avrebbero una possibilità, ripartendo dal basso in cui sono state precipitate, possibilità che viene totalmente negata dal sistema europeo attuale. La crisi della moneta unica farebbe avvicinare l'Italia alla Grecia, alla Spagna, a Paesi con economie e problemi simili e forse fermerebbe anche la marcia angosciante e catastrofica verso il confronto militare con la Russia. Insomma la rottura dell'Europa dell'euro non sarebbe la soluzione, ma la premessa indispensabile per trovare una soluzione giusta, cioè equanime, alla crisi. La Grecia naturalmente all'inizio verrebbe sottoposta a tutte le minacce e rappresaglie possibili e sarebbe necessaria verso quel Paese la solidarietà che finora non c'è stata. Ma alla fine, magari con opportuni accordi con i BRICS ( Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica ) verso i quali la Grecia ha iniziato un suo incerto cammino alternativo, quel Paese mostrerebbe a tutto il continente che la via sconosciuta costruisce più futuro di quella nota che, per i popoli, non porta a nulla. Ma qui mi fermo perché è molto più probabile che alla fine un accordo finto si trovi e che tutto continui andare avanti verso il baratro della dissoluzione sociale. Ma il furbo greco ha mangiato la foglia e tiene i piedi in due staffe, mentre gioca con l'Europa occidentale. Gnomo per gnomo non disdegnerebbe di essere il moccolo dei BRICS.

Nessun commento:

Posta un commento

Sono graditi i tuoi commenti