domenica 29 novembre 2015

Malattie recidivanti

Domani si riaprirà a Bruxelles , l'ennesima sessione di ammissione della Turchia nel perimetro dell'U.E. I Turchi e, men che meno la Turchia del neo sanfedista Erdogan, hanno titoli, che non siano ex imperiali, per entrarvi. Un'accozzaglia di Stati, uniti solo dagli affari e già impegnati in guerre nazionalistiche, ovunque il passato coloniale li richiami e dovunque s'intravedano interessi particolari, non può permettersi l'invadenza di un grande Paese allogeno, preponderante rispetto a molte altre nazioni, sul piano militare e già impegnato in strategie neo egemoniche su una vasta area strategica del mondo e, per questo, in conflitto con un'altra grande potenza neo inperialistica, su di un territorio conteso: la Russia. Se entrasse la Turchia, l'intera Unione europea sarebbe coinvolta in un domino dispersivo, costoso e pericolosissimo: non è facendo entrare i guerrafondai che si controlla meglio il fenomeno. Un gioco di sponda che la Turchia ha cercato, subito dopo l'abbattimento del caccia bombardiere russo e che ha ottenuto solo la giustificazione di Barak Obama circa l'inviolabilità dei confini, paradossale in un mondo devastato dalla finanza che causò la crisi in atto, anche se in camaleontica trasformazione, proprio partendo dagli Stati Uniti negli anni 2007-2008 ed un altro cavallo di Troia, nella rachitica e già molto influenzata Unione europea. La Turchia non è completamente estranea alla storia d'Europa, l'ha intersecata ripetutamente, per gli equilibrismi delle potenze in lizza nel diciannovesimo secolo, mentre ha avuto una presenza di alcuni secoli, ben cinque nella Serbia meridionale, altrimenti detta Kosovo, durante l'Impero ottomano, in conflitto interessato con le occupazioni arabe, nell'Italia meridionale e in Andalusia. Quel gioco spurio, si ripropone oggi: è importante che sia respinto. Con quali propositi vorrebbe intrupparsi la Turchia che ha rifiutato di riconoscere il risultato delle elezioni di Giugno, che le ha riproposte dopo inenarrabili violenze, per creare lo stato di psicosi negatrice della libertà e che ha in tre giorni arrestato il direttore e alcuni redattori di un quotidiano non allineato che aveva solo documentato il supporto logistico e sanitario all'Is e l'acquisto con successiva rivendita, al doppio del prezzo corrisposto, del petrolio proveniente dalle zone in mano al Califfato, per pervenire ieri all'omicidio dell'avvocato più esposto nella rappresentanza dei Curdi? Che paese si propone all'europa? Un nuovo partner extra europeo, in preda alla violenza di Stato e di possibili contributi di fazioni armate collaterali e colluse, come durante il conflitto ceceno da parte russa. Erdoagn e Putin sono solo gli "assicuratori" e gli interessati equilibratori di lotte oligarchiche.

Ho conosciuto un santo, che non lo sarà mai.

Il pampa-Papa, in Africa sta dando il meglio di sé, nell'espressione dei suoi sentimenti più prossimi. E' chiaro che la misericordia che reca è puramente verbale e la sua vicinanza di un giorno ad alcuni dei più poveri e dei più malati, è una visita "ad limina" ad un'umanità che è ancora prossima allo stato di natura, nel quale la debolezza frena - forse - gli istinti più distruttivi. Nella sua stanza con servizi a Santa Marta, Bergoglio è comunque, rispetto a loro, un privilegiato e parla da un pulpito asettico, sano, a una poltiglia di germi e di deformità trascurate. I missionari, in quelle plaghe, dove dio non alberga, sono uomini alla Alex Zanotelli, sacerdote comboniano, spesso osteggiato dalle gerarchie ecclesiastiche, quando con il suo fagotto di stracci si avvicinava troppo, credendo di essere a casa sua, alle sale marmoree del potere ecclesiastico o alle parrocchie al suo servizio ( del potere ecclesiastico ). Per quanto sinceri possano essere i sentimenti del Pontefice, coloro che danno silenziosamente un contributo fattivo al mantenimento possibile di uno stato remoto di civiltà, sono le suore e i preti che mettono le loro competenze mediche e didattiche al servizio di generazioni, comunque prive di prospettive apprezzabili ora, ma comunque allevati al rafforzamento delle loro facoltà fisiche e mentali. Nel fare questo, la Chiesa opera un condizionamento e un proselitismo che rimane inviso alle altre confessioni religiose e suscita il contrasto omicida del potere civile, quando gli insegnamenti impartiti esulano dalle strette materie tecniche e sconfinano pericolosamente nell'ideologia morale. Le parole spese, da Vescovo della cristianità cattolica sono quanto di più bello e chiaro sia stato pronunciato in epoca contemporanea e saranno sicuramente conservate e riproposte, ma perchè abbiano un' efficacia postuma devono materialmente cambiare le condizioni delle future generazioni africane. Ma ogni sforzo, entropicamente, si ripiega su se stesso, sotto i colpi della guerra quotidiana, sotto gli intrighi dei mercanti di morte, fra i quali ci sono gli Stati e l'Italia nelle prime quattro posizioni al mondo. In quelle terre, devastate dall'Aids e dalla sporcizia, per tutta la sua vita di controverso professore, e cappellano dell'Università, ogni anno, don Tullio Contiero pertava gruppi di giovani medici ad applicarsi gratuitamente in loco, Contiero è morto da qualche anno, vegliato dai suoi adepti, passati e del momento del trapasso. Già malato, aveva guidato un'ultima faticosissima spedizione, con il piglio di sempre. Lui non sarà mai santo e, non essendo stato Papa, sarà, se non è già stato, dimenticato. Ma in lui, aspro e diretto, ma sempre negli argini di una educazione insofferente degli atteggiamenti sciocchi e dei preti con la pipa dei seminari, nei quali lui, dottore in filosofia all'Università di Padova, non si era formato, lo spirito evangelico, casomai filosofico, era stato concretamente vissuto fino in fondo. Io l'ho conosciuto bene: è stato uno dei miei professori ed un interlocutore vero.

sabato 28 novembre 2015

Alla mensa o sotto la mensa dei ricchi.

Il Papa parla ai poveri dell'Africa, o meglio di alcuni Paesi africani, ma condivide mensa e alloggio riservato con i governanti, cerimoniosi e vacui come gli altri, di quelle popolose nazioni. Le genti e, soprattutto, i bambini festeggiano il passaggio, si radunano negli stadi, per un momento o qualche ora di "partecipazione" a distanza. Poi, dopo il rapido passaggio dell'uomo bianco, torneranno alla loro vita senza scopo, alimentata solo da una vitalità in via di consumazione rapida. Il loro continente è stato coinvolto nella modernità dalla colonizzazione e viene sfruttato in virtù delle sue risorse. Chi lo popola è inutile e nessuno si occuperà di lui. Eppure, nella sua dimensione sofferente ma inconsapevole, continuerà a riprodursi per offrire alla retorica nuove occasioni di commiserazione e di condanna di quei ricchi e di quei potenti verso i quali si continuerà a far riferimento per ogni iniziativa diplomatica, affaristica...concreta, che sarà altrimenti lasciata cadere nel nulla, fra sorrisi ed inchini. In Italia, un ministruccolo post comunista, imita il figlio naturale del Cardinale Bertone, sottosegretario della Fornero, che definiva "sfigati" i laureati dopo il ventiquattresimo anno d'età Il Poletti della situazione, perito agrario, ha invece catechizzato i laureati tardivi, elevandone la soglia ai ventott'anni, di inutilità per loro e, soprattutto, per le imprese, evitando di entrare nel merito delle retribuzioni e degli inquadramenti riservati ai laureati precoci, quelli che non sarebbero sfigati. Il bolso ministro se ne è uscito, da titolare di non si sa bene quale lavoro; ha poi accentuato la sua grossolanità, tastando terreno riguardo all'orario di lavoro, che sarebbe un vincolo anacronistico, rispetto al risultato specifico delle attività umane. Beh, se penso che il sindacato nacque in funzione della misurazione dell'orario di lavoro e delle condizioni igieniche ed ambientali nell'ambito delle quali si svolgeva il lavoro e del salario da corrispondere ai prestatori d'opera, non posso che trovare ulteriore conferma della mediocrità di un governicchio, composto da opprtunisti, dei quali il ministro Poletti. un comunistaccio "realista", come quello scorreggione di Napolitano - secondo la brillante definizione di Alan Friedman - proprio per questo più realista del re. Lo stesso fenomeno si verificò, all'incontrario, quando quasi tutti i professionisti ripudiarono il maglio di cui si erano serviti e i professori universitari, si trasformarono, nel dopo guerra, da attivisti fascisti in vestali comuniste. Per quanto attiene all'Italia, mi fermo qui: è un tale cesso! Voglio solo sottolineare come i fatti sconsiderati avvenuti negli ultimi vent'anni siano stati di preludio a quanto ancora si va elaborando, con una lentezza subdola, ma, che, almeno, allora la lotta politica sottostante si svolgeva ancora, non ad opera di istituzioni partitiche in via di rapido adeguamento e poi disfacimento, bensì ad opera delle Brigate rosse, composte da combattenti ed analisti politici sottili: alcuni intellettuali "organici" pagarono con la vita la loro abiura e sottomissione ai dogmi carrieristici, mentre ora, un "capataz" delle cooperative può sproloquiare a man salva da uno scranno declassato. Per una volta e forse per caso, Matteo Renzie ne ha detta una buona. Sarà che l'Italia è da sempre inaffidabile come alleata di qualunque impresa e quindi prona al compromesso e incline alla doppiezza, ma l'affermazione autocautelativa nei confronti del terrorismo, è, nel merito, condivisibile: non si va alla guerra senza una coalizione coesa che sappia assicurare e gestire il periodo post-bellico. Le armate neo nazionaliste, con contributi di caccia bombardieri e aerei cisterna in conflitti periferici ( la Germania in Mali che segna solo il superamento del tabù bellico tedesco dopo il nazismo ), non sono utili a nessuno e servirebbero solo a condividere le ritorsioni, legittime in guerra, dei rappresentanti degli aggrediti e la formazione di nuove formazioni guerresche. Oltretutto, una volta tanto, Renzie o chi per lui, deve aver pensato che fosse improprio impegnarsi, senza tornaconto diretto, con un'armata Brancaleone che si spara addosso per interposta formazione informale, per interessi propri e futuribili, in un contesto di disordine nazionalistico, da globalità blaterata, ma inesistente o per nulla compresa.

giovedì 26 novembre 2015

Se c'è uno che la conta giusta...

I turchi abbattono un aereo russo che per 17 secondi aveva sorvolato il loro spazio aereo e minano dalle fondamenta l’alleanza in costruzione di tutte le potenze mondiali contro il Califfato islamico. Un’azione apparentemente ingiustificata e inspiegabile, se non nella logica dei secondi fini. La volontà di Erdogan consiste nel bloccare l’avvicinamento in corso tra Putin e l’Occidente, attraverso la francia che l'ha respinta dall'europa, per mantenere il ruolo di interlocutore privilegiato degli USA nella regione, in una nuova versione dell'argine anti russo. Ma anche in questo caso con distinzioni implicite e tripli giochi. Gli americani "apprezzano" le milizie curde come fanteria a perdere, su quel campo di battaglia, dove Obama non vuole mandare a morire soldati stelle-e-strisce, mentre Ankara paventa il "rischio" di un costituendo Kurdistan indipendente, nascente da una spartizione federale della Siria. Fermo restando che pure il risiko siriano è contenzioso tra russi e americani (Assad sì, Assad no ), mentre il trafelato Hollande fa la spola tra i presidenti delle due potenze, promotrici di prospettive antagonistiche, perchè ha bisogno dell’appoggio di entrambi. Intanto Netanyahu – premier dello Stato d’Israele, che si finanzia presentandosi come avamposto avanzato dell’Occidente, fa partnership sottobanco con l’Arabia Saudita, che pure finanzia l’ISIS, per scornare l’Iran, disponibile a collaborare nella liquidazione degli sciiti del Califfato. Nel mondo degli affari e degli assetti, pericolosamente mobili, del potere, non esistono appartenenze e fedeltà, dalla fine dell'equilibrio fra i blocchi e i sistemi economici. Insomma, l’ennesimo teatro dell’assurdo apparente, in cui nessuna dichiarazione corrisponde a verità. Mentre tutti i dichiaranti continuano a esporre ragioni per posizionarsi dalla parte dei buoni che contrastano i cattivi. Soltanto che la posizione “buona” è affollata di presenze che si rinfacciano reciprocamente la natura di “cattivi”. Anche il teatrino dei comuni mortali, è una recitazione quotidiana di finzioni: nei riti familiari, nei rapporti fra maschi e femmine, nelle prassi lavorative, nelle sinergie sentimentali. Insomma, la verità, ammesso che esista e che non può più stare nel mezzo, perché non ci sono più argini, astrae dalle pulsioni, dai sentimenti intimi, dal fraseggio intellettuale, dalle intenzioni riposte, elaborate dall'esperienza e dalle nostre intenzioni reali, per raggiungere il benessere e, con esso, l'appagamento. La diplomazia delle menzogne, dunque; ogni gesto, commentato pur se cruento, è strumentale all'equilibrio "quo ante" di potere e alla difesa del substrato della propria investitura, mentre lo spirito di conquista provoca distruzioni e viene distruttivamente contrastato, su persone ed aree geografiche lontane e culturalemnte estranee agli epicentri in fibrillare competizione.

mercoledì 25 novembre 2015

Scempi del bello e dell'umano...quotidiani.

Dal Museo civico di Verona sono state asportate diverse tele d'autore, per un valore indicativo - che poi è quello del mercato reale del trafugamento di opere d'arte - di quarantacinque milioni di dollari. Un noto critico di tutto e di tutti ha subito sentenziato, parlando del ladro, che doveva trattarsi di un "cretino", perché si trattava di opere troppo note e quindi invendibili. Chissà che fine ha fatto il dipinto del Museo di Udine, da lui allora diretto, del valore approssimativo di settecentomila euro? Ma, a prescindere da queste quisquilie, è certo che, come la Madonna rubata dal Civico di Modena due anni fa ed un'altra opera di soggetto religioso, della quale l'altar maggiore di una basilica, sempre modenese, è stato privato, non saranno finite nella stufa a carbone, dove una mamma rumena gettò la refurtiva artistica dei suoi fanciulli, per timore che venissero scoperti. Qualche collezionista ce l'avrà in parete e la esporrà ai suoi ospiti di assoluta affidabilità e complicità. Avete mai sentito di opere catalogate ma disperse, in possesso di figure dell'arte imprenditoriale, a volte pittori stessi, che, per approdare al Comanducci in vita si erano appoggiati o facevano parte, di famiglia, di circoli - soprattutto milanesi - influenti? Se qualcuno, quando erano ancora viventi o in possesso delle loro facoltà, sosteneva di averli visti, di sicuro non si è mai visto e sentito nessuno degli eredi denunciarne il ritrovamento. La vendita e l'investimento in beni rifugio, eventualmente da smobilizzare attraverso trattative fra privati, se il possessore furtivo ne avesse un giorno la necessità, sono una delle speculazioni ricorrenti dei possessori di grandi patrimoni, che non hanno nessuna remora - anzi ne hanno compiuta conoscenza, diretta od indiretta - a valersi della rete internazionale dei professionisti dei furti pittorici. Si può dire, con sicurezza, che questo business del lavoro informale, si attesti, per l'importanza finanziaria della sua committenza, dopo il traffico di droga, il riciclaggio di denaro sporco, lo smercio o la vendita legale delle armi. Subito dopo, il furto delle opere d'arte è l'attività criminale più lucrosa che esista. Ad alimentare il Museo delle opere scomparse, contribuiscono i committenti, gli intermediari, i professionisti dell'asportazione - non possono, in questo caso, essere definiti manovalanza - i direttori od altrimenti responsabili dei Musei pubblici, che possono fungere da notai per compravendite anonime di opere catalogate e accessibili, preservando l'anonimato del venditore e dell'acquirente, registrando solo il passaggio. Danno il loro contributo prezzolato, custodi e quant'altri in grado di fornire informazioni e logistica. Ma il motore di tutto questo traffico sono ovviamente i soldi, altrimenti inutilizzati di coloro che commissionano i furti ed ai quali sono suggeriti come forma d'investimento da critici, ma anche personale dell'intelligence mondiale, in servizio o in pensione ed ai quali offrono ricetto i caveau delle banche. Gli eserciti della vecchia europa, ogni volta che hanno varcato i confini, hanno avuto cura di rubare, per i loro comandanti, interessati personalmente oppure, in tutto o in parte, a loro volta brasseurs d'affaires, in cambio di utilities mediocri, opere dell'ingegno dal grande valore narcisistico o venale per questi ultimi destinatari. I nazisti furono grandi incettatori di opere artistiche, insieme all'oro degli ebrei, Napoleone altrettanto. Resta solo da chiedersi in che posizione di classifica si collochino i rapimenti a scopo di asportazione e reimpianto di organi, veicolati in paesi corrotti attraverso le stesse strutture ospedaliere o venduti, a favore dei ricchi, nei ( e dai ) continenti più popolati, senza risorse per la stragrande maggioranza delle loro popolazioni. Quanto incida nel business, la tratta delle bianche, attiva a pochi chilometri da noi in Grecia, Turchia, Marocco e Tunisia, lo scempio a pagamento della pedofilia internazionale fra l'Asia, l'Africa, i comitati dei pedofili californiani, i nascosti utilizzatori nei più eleganti anfratti - anche se non solo - delle società opulente ed aristocratiche, anche europee? Scempi del bello e dell'umano, appunto.

martedì 24 novembre 2015

La giostra.

Daniel Scioli e Mauricio Macri, due argentini di chiare origini italiane, si sono confrontati in patria nelle elezioni presidenziali. Mentre Scioli era il candidato del partito peronista, al potere, di nuovo, da tredici anni, nelle persone dei Chirchner, Néstor Carlos e di sua moglie Cristina Elisabet Fernández de Kirchner - figlio, il primo, un po' inquietante, di immigrati tedeschi, marito e vedova in successione, come Juan Domingo e Isabelita Peron, durante i quali l'ordine censitario era stato mantenuto con mance e facilitazioni per la classe cronicamente disoccupata in quel Paese, a costo di un'inflazione costante del 30% e di uno sprofondamento del bilancio, per la seconda volta sul limitare del default. Ora, con un'apparente catarsi, si imponeva, un po' come in Italia, una "svolta" liberale, cioè mercantilista, competitiva, supportata da tagli significativi nell'assistenza pubblica, totalmente clientelare. Un mandato, qualche suicidio, un aumento esponenziale della criminalità, al quale porre rimedio con la sperimentata capacità repressiva della polizia, palese e segreta e poi il peronismo conoscerà un'altra stagione. Ora è il tempo della riaccumulazione, della tutela della moneta nazionale, del rinvigorimento dell'impresa superstite e neofiorita, dell'afflusso dei dollari statunitensi. Il Macri della situazione è un uomo di aspetto festoso e di passioni popolari, pur essendo liberalmente di destra: è stato, negli anni trascorsi, il presidente della squadra di calcio del Boca Juniors e il Sindaco di Buenos Aires. Un uomo che si è "fatto dal nulla", nel campo - indovinate un po' - dell'edilizia. Insomma una sintesi fra Silvio Berlusconi e Matteo Renzie. Eccesso di peronismo, scarsa capacità dissimulatoria, della Kirchner, dopo tanti anni di potere, nell'ambito di un bipolarismo trasformistico. Insomma, stretta attinenza con le nostre vicende nazionali, nel segno di una tradizione sedimentata e riemergente. Una falsa maggioranza opportunistica e una falsa opposizione. Arrivederci al prossimo giro.

Guerra=egemonia in discussione.

La guerra si avvicina: le esigenze nazionalistiche prevalgono sulle strategie complessive e non può essere che così, dato che la finanza senza confini alimenta gli appetiti neo coloniali ed energetici e la ricerca di una facile via d'uscita dalle difficoltà di bilancio. La sensibilità degli arabi immigrati è palesemente a favore di quelle popolazioni che subiscono i raid senza scampo per le famiglie e, in particolare, per i piccoli, le loro madri e gli anziani. I Russi sono all'attacco per mantenere le loro piattaforme strategiche nel mondo, senza le quali non avrebbero più nessun potere contrattuale contro gli Stati Uniti e i suoi satelliti sparsi per il globo. Di conseguenza, Vladimir Putin, come la Francia di cui è diventato il più stretto alleato operativo, partecipa al caleidoscopio dei bombardamenti che riguardano non il nemico dichiarato, ma le fazioni favorevoli o contrarie agli alleati dell'uno e dell'altro. Oggi, un areo da combattimento russo è stato abbattuto in una zona di confine fra la Siria e la Turchia: i piloti, proiettatisi fuori dall'abitacolo in fiamme, sono caduti fra quelle milizie ribelli al regime di Assad ( che ha chiesto ai Russi di intervenire, come un tempo facevano i partiti comunisti in crisi che "chiedevano l'intervento fraterno" delle truppe del Patto di Varsavia. Se sono caduti fra i ribelli significa che li stavano bombardando, così come Turchi si concentrano soprattutto sui Curdi, alleati scalzi dell'occidente, mentre creano zone franche per i combattenti del Califfato, che finanziano come fanno i Sauditi, i maggiori venditori di petrolio all'occidente. L'incidente è stato cercato - da chi non si saprà mai - per stabilire un confine agli interessi in competizione, basato esclusivamente sull'uso della forza. In passato, molte guerre, a cominciare da quella del Vietnam, furono pretestuosamente causate da incidenti causati ad arte ( come quello che si verificò nel Golfo del Tonchino )e la stessa resa dei conti con il dittaore dell'Iraq, che ha dato la stura all'ISIS, fu giustificata con delle sfacciate affermazioni circa il possesso di armi di distruzione di massa, di un regime che controllava solo la parte mediana del suo paese, circondato da due no fly zone. I Russi vogliono proprio evitare di essere assediati, circondati e, casomai, aspirano ad espandersi o ad influenzare il continente. Ma le trame dei Paesi estranei, sentiti come ostili, non hanno mai consentito alla Russia di stare tranquilla e l'hanno impegnata in una guerra, diretta e per procura, di logoramento. La Turchia del neo confessionale Erdogan - a detta dei Russi - foraggia e fomenta anche i Ceceni e gli islamici provenienti da talune regioni russe e il confronto - se mai è stato diverso - si esercita fra uno Stato isolazionista sul piano politico seppur aperto su quello culturale, di forti tradizioni spirituali e spiritualiste e un formidabile apparato militare che, respinto, anche in ragione della sua forza, che, come la Russia, per non indebolirsi nel tempo, ha riscoperto la sua atavica aspirazione ad essere la potenza egemone, non araba, dell'Islam. Avrebbe potuto esercitare questo ruolo "moderatore" dall'interno di un'Unione europea a lei allargata? E' un'ipotesi suggestiva, ma - secondo me - destinata ad infrangersi prima o poi contro le dicotomie culturali e l'eterogeneità delle aspirazioni, per cui, è stata saggia la posizione della Francia, memore di essere uno Stato illuminista, nel volerla escludere. L'utopistica posizione di Barak Obama che ha cercato di mitigare l'impegno imperialistico degli Stati Uniti, per cercare - senza riuscirci, se non in misura molto modesta - di assicurare una pensione e un'assistenza sanitaria ai suoi concittadini, ha stemperato l'egemonia nord americana nel mondo e il prossimo Presidente, sarà - se ancora potrà - per forza di cose un estremista "morale" in funzione bellicista. Intanto la possibilità di un innesco della polveriera aumenta ogni giorno che passa.

lunedì 23 novembre 2015

Teocrazie..degli affari riservati. Le guarentigie aprioristiche che non devono avere diritto di cittadinanza.

Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non puo essere soggetta ad autorizzazioni o censure. Così recita l'art. 21 della nostra Costituzione. Domani si apre in Vaticano il processo che quello Stato ha intentato ai due giornalisti Gianluigi Nuzzi e Emiliano Fittipaldi, rei - per quel sistema dittatoriale, monarchia assoluta e patrimoniale, che non conosce nelle sue pandette il capitolo relativo alle libertà civili, di averne - rivelato alcuni altarini, resi accessibili dalle fonti e non contestati nel merito. Un modello mafioso, per altro molto diffuso in Italia, superficialmente e strumentalmente casomai, comme il cattolicesimo clientelare. E' la Chiesa potere, che riafferma la sua presunzione di non poter essere investigata, mentre invade ad ogni piè sospinto l'autonomia nazionale. Autonomia, purtroppo, poco vissuta e quasi per nulla rivendicata. L'auspicio che le autorità internazionali, cioè l'Italia, si subordino in sede di rogatoria, alle pretese del Vaticano, vanno rigettate senza gesuitismi o divagazioni, per manifesta inadeguatezza, di un Renzie qualunque. Con quelle leggi possono raccordarsi casomai Stati illiberali, casomai teocratici, se non fossero in concorrenza. Lo facevano gli Stati - Imperi e Monarchie - cattolici prima della Riforma e salvo confliggere fra di loro, venire appoggiati, contraddetti e utilizzati l'uno contro l'altro dalla Chiesa e venire infine a confliggere anche con lei. L'ha fatto la Russia di Putin nei confronti della Chiesa di Stato ortodossa, dato che la contestazione delle Pussy Riot riguardava la Chiesa e l'Autarca, Ma in uno Stato democratico dell'occidente, queste pretese, in parte, ma per altre materie, incompatibilmente contenute nel Concordato stretto con l'Italia fascista, vanno respinte e poi ignorate. Solo così non si alimenta la politica di invadenza sistematica di un potere diverso e soggetto, sul suolo nazionale, alle leggi civili...finché civili rimangono.

domenica 22 novembre 2015

Le cure immaginarie di immaginarie malattie.

In giro per l'europa, gli anticorpi sono in azione contro la minaccia islamica. Soprattutto in Francia e in Belgio. Ci manca ancora un teorico che inizi la sua battaglia contro l'infezione ebraica, come la chiamò Adolf Hitler nel suo Mein Kampf, tradotta in infezione islamica. L'infezione è una diffusione di batteri generici: con un principe-batterio non si permetterebbero mai. In questa sensibilità è implicita, come nelle dichiarazioni ufficiali, l'annientamento, la soluzione finale, l'eccidio reciproco fra strumenti bellici, cioè persone comuni. Anche l'ISIS, a quanto pare, cerca per ucciderlo, l'unico scampato alla reciproca strage parigina: non si sarebbe fatto saltare in aria, come nelle sue possibilità, dato che era bardato di esplosivo e bulloni. Viva la morte! Possibilmente degli altri, compresi i nostri "martiri". Lo scontro di civiltà, vero manifesto programmatico artificiale della venticinquennali guerre che l'occidente ha portato al medio oriente, era già impolverato sugli scaffali, ma ora torna a costituire una base programmatica per un'america e un'europa in crisi. Lo scrisse, come altre opere ad uso del neo fallimentare imperialismo americano, Samuel Huntington, nel 1996. Lo rileggerò. Il pampa-Papa rispolvera il Vangelo, ma lo fa da peronista, cioè da supporto alla montante corporazione fascista e deculturalizzata degli Stati influenzati ma non più diretti dalla sua dottrina. Lamenta però la sparizione delle antiche comunità cristiane in quelle zone e non pronuncia la parola guerra, ma solo un inutile: fermateli! Come? I musulmani emigrati per cercare una possibilità di vita evoluta o meno infame e che portano certamente con sé la propria cultura - si fa per dire - deterministica, si devono sentire ancor più disprezzati e portati a reagire con risentimento, verso un mondo che non stimano e che subiscono per miseria. In questo senso sono realmente una minaccia potenziale, quanto meno di disordine e contrapposizione sociale su basi mai conosciute nella lotta atavica fra ricchi e poveri, fra poveri e ridicoli e in malafede, emuli dei ricchi. L'europa indebitata con una potenza grigia ma seria, cerca - come fece e fa spesso l'indebitatissimo nord america, di trarsi d'impaccio con la guerra, con l'indotto economico dell'utilizzo degli armamenti, con la stessa tecnica adottata da Putin, oggi alleato della Francia, per affrancarsi dallo sfacelo capitalistico, esportato nel suo immenso Paese, già preda degli oligarchi, prima comunisti. La guerra è una via d'uscita dalle crisi e dal debito, fin dai tempi di Giulio Cesare che, quando ne accumulava troppi, muoveva gli eserciti, conquistava nuovi mercati per l'emigrazione coloniale e per importarne braccia, che allora, senza ipocrisia, si chiamavano schiavi e di cui la moderna classe lavoratrice, è la discendente. Nella prospettiva della fine del lavoro, in termini di stabilità e faticosa prospettiva, familiare e personale, le "orde sciolte", in cerca di identificazione, quale che sia, aumenteranno, anche se, per fortuna, l'islamismo "puro e incontaminato" sarà solo una delle opzioni sul terreno. La situazione è drammatica, un dramma appena iniziato, nel quale le parti sono scambievoli come in un feuilleton decisamente decadente. Continua la vicenda dell'homo sapiens, che, a sua volta, si impose e sterminò il neanderthaliano, quando, attraverso migrazioni, venne a contatto con lui.

sabato 21 novembre 2015

Similitudini a diverse latitudini.

L'attacco all'albergo di lusso in Mali, ad opera di terroristi che resteranno ignoti, in quanto tutti eliminati, ricorda, per modalità ed ideologia sottostante, l'attacco al supermercato per stranieri e diplomatici in Kenya, gestito da un imprenditore isareliano. In Kenya gli israeliani coltivano diversi interessi, veicolati e premiati dagli statunitensi per la loro vigilanza, ben più estesa del medioriente. Rappresentano quindi la longa manus della tutela neocoloniale dell'occidente nei loro confronti, in particolare, ma non solo, nel settore turistico. In Mali i francesi stazionano in armi da oltre un anno: sono intervenuti a sostegno di un presidente e di un governo, accettati solo da una metà degli abitanti, mentre l'altra, soggiogata dalla miseria, inclina verso gli islamici. I corpi speciali che hanno fatto strame degli incursori, erano composti da maliani, ma anche dai loro istruttori impegnati sul campo, francesi e statunitensi. In Kenya, come in Mali, l'attacco è stato circoscritto e mirato ai diplomatici stranieri che, in funzione degli interessi, economici e strategici, dei loro governi e della loro imprenditoria, albergano su quei derelitti territori, con tutte le comodità di un confortevole soggiorno, presi ad emblema della dominazione su una massa di diseredati. Parlavano inglese ( il mali è francofono ) con accento nigeriano, ha testimoniato una rock star della Guinea, dopo essere stato rilasciato. Come in altre occasioni consimili, chi ha dimostrato di avere uno straccio di cultura islamica, è stato risparmiato. Aveva per i sequestratori le basi d'assimilazione nel futuro Stato confessionale. Come a proposito dei tecnici dell'E.N.I. e delle compagnie britanniche in Nigeria, gli assalitori, di ideologia e religione islamica, hanno voluto colpire un simbolo della dominazione eterogena dei loro paesi, simbolicamnete annullarla, per consegnare, nella loro fantasia, le risorse ingenti ma sfruttate da altri, alla causa mondiale, globale, dato che non saprebbero farsene un business da gestire in proprio. Tassello dunque circoscritto, nazionalistico e specifico, immesso - anche pretestuosamente - nel grande alveo di una guerra sospinta dal sentimento religioso, ma che ha, nei paesi arabi, uno scopo quanto meno regionale, casomai allargato alle potenze cristiane circonvicine, per conquistarle ( poco probabile ) per colpirle ed arginarle durante al costituzione del rinato e storico Califfato. Lotta, nella quale, richeggiano le grida delle folle di Algeri, insorte simultaneamente dai vicoli della qasba, contro gli occupanti e la sua borghesia in perenne vacanza. Mentre l'occidente si pianifica e si struttura al ribasso, non senza conoscere rivolte nei suoi e dai suoi sobborghi, le masse islamiche, svegliate dal letargo nel quale si stanno acconciando le plebi europee e, sia pure im forme e prospettive ancor più aliene e regressive, si sono riconosciute nello spirito guerriero della loro religione, che interpretano ed esplicano con modalità provinciali o di internazionalismo storico ed acquisito da parte degli stessi colonizzatori, militari ed economici. Una guerra nella quale il sacirficio individuale è un premio.

Siamo tutti....

Oggi e domani, negli stadi e nei telegiornali, svetterà la bandierà del Mali e sarà suonato l'inno nazionale dell'ignorato staterello africano, almeno fino a ieri. Siamo tutti maliani, come fummo tutti statunitensi dopo l'11 Settembre 2001 e come siamo stati tutti francesi, sulle note della marsigliese, pochi giorni fa. Diceva Emilio Fede, direttore del TG4: sono sempre il primo a trasmettere le immagini dei bombardamenti americani, perché la guerrà è bella, luminosa e scoppiettante. Una festa notturna perché se ne apprezzino solo le immagini coreografiche, lasciando alla scenografia diurna, la documentazione parziale dei suoi effetti. Perché allora non sono piaciuti gli spari, le granate e le autoesplosioni di Parigi? Perché colpivano una discoteca, una capitale del buon vivere, per chi se lo può permettere. Perché erano raffiche ed esplosioni portate a terra da persone terrene, in nome di - almeno dichiarate - sensibilità povere, concrete, terra-terra, un attacco ai nostri riti festaioli. E' a salvaguardia di queste feste che siamo scesi in guerra, oltre che delle nostre insolvenze, necessarie per continuare a procurarcele. Ogni volta, la nostra inesistente coesione, si incolla ad un drappo e ad una marcetta, adatta a tutte le sensibilità, che, come hanno sempre saputo politici e dittatori, assembla, sublima, fa sentire solidali persone che non hanno, fra di loro, nessuna ragione per esserlo. O meglio, convince subliminalmente che siamo tutti...uguali, per uno scopo che lascerà le cose esattamente come stanno ora. Ieri Americani - lo ha detto anche il pampa-Papa a proposito di statunitensi e cubani, come se non fossero e non restassero, per ora, antitetici ed ha trovato nel fratello vacuo di Fidel e nel premio Nobel per l'insicurezza, Barak Obama, i suoi chierichetti - oggi francesi e poi maliani ( poveri maliani, non credo proprio ). Chissà come saranno contenti i tedeschi, quando, sull'abbrivio di questa omogeneizzazione nella quale nascondersi e rifugiarsi, saremo tutti tedeschi..Credo però che poi procederanno ad una selezione.

Se verrà la guerra...

Armiamoci e partiamo, anzi partite anche voi, perché la Francia, che comunque vi guida, ha bisogno di essere sostituita da voi a tutela dei suoi interessi, perché deve concentrarsi sulla Siria, come già fece in Libia. La Francia è in guerra da molto prima di averla dichiarata ed ha sposato questa scappatoia per ritardare od ottenere una moratoria riguardo ai suoi debiti. Suggeriscce agli altri paesi della Unione europea di imitarla, per ottenere che la Germania si accolli ancora una volta tutte le spese, dato che lei, di guerre, non ha attualmente bisogno. Ma, per ora, ha ottenuto solo di stringere alleanza con la Russia, creando un grave imbarazzo negli Stati Uniti dove il prossimo presidente sarà, per recuperare, un guerrafondaio assoluto. Francia e Russia sono in azione, sinergica e surrogatoria, sul fronte medio orientale e africano, gli Stati Uniti, mai amati dai francesi per le loro pretese egemoniche sui blocchi e sulle alleanze, favoriscono, per le titubanze di Obama e per i limiti militari e finanziari della Nouvelle France, il rilancio in grande stile della Russia, estranea alle loro dinamiche economiche e fortemente impegnata a crearsene di proprie. "Spietati, implacabili", ha sentenziato Hollande con il brio di un uovo di Pasqua e spietatezza sarà, ovunque i jihadisti saranno in grado di replicare. Intanto, sotto l'urto disgregatore di una economia di carta, le Costituzioni vengono cambiate all'impronta, i costumi democratici, che sembravano definitivamente conquistati, vengono accantonati e, alla violenza bellica per il mondo, si affianca una stagione di rinnovato sfruttamento sui lavoratori, su coloro che sono "scelti" perché possano lavorare a condizioni di mancanza di dignità, talvolta neppur avvertita. E', a ben guardare, una lotta fra soggetti delegittimati, atemporali, capaci solo di incrementare la fortuna dei trafficanti d'armi. Nella guerra asimmetrica attuale, i protagonisti più inaspettati vanno a posizionarsi sulla scacchiera, sempre in corso di ridisegnazione, di un mondo senza bussola. Quale modello di società è quello dove è virtuoso spendere in deficit per le armi e vizioso farlo per scuole o ospedali? Sono questi i valori che i governanti proclamano di voler difendere con la guerra? E' semplice: è il nostro modello, nel quale una ridicola se non fosse follemente irrazionale volontà di presa di beneficio è stata instillata da più di vent'anni a questa parte nelle deboli menti di tanti giovani lavoratori che si affacciavano alle carriere con qualche raccomandazione - quando erano fortunati - ma nessuna risorsa critica e di cultura e che, a rotazione, ripetono il canovaccio del successo immaginario, la retorica dell'obiettivo, cioè della conquista, della cancellazione o dell'assimilazione dei competitori: in un'espressione, l'interiorizzazione commerciale del piano di conquista e di superiorità "di un Islam qualsiasi". Sul fronte religioso, il pampa-Papa ha detto: "Chi usa Dio per uccidere bestemmia". Vero! Ma è vero solo per chi usa dio non per uccidere, ma per amare, perdonare, aiutare. Purtroppo o per realistica compensazione, nei testi sacri, dalla Bibbia al Corano, c’è sì un dio dell’amore, della pietà, della misericordia, ma c’è anche un dio dell’odio, della violenza, della guerra. Ognuno si costruisce dio a propria immagine e somiglianza. E per ognuno il vero autentico dio è il proprio dio ("Non avrai altro Dio all’in fuori di me!"). Quello degli altri è falso, un non-dio, un Anti-dio, da combattere e annientare con i suoi fedeli, incarnazione vivente del Nemico, del Male, del Diavolo. Onde, si ritiene "sacrosanta" l'insensata uccisione dei miscredenti nel nome di dio ("dio lo vuole", "deus nobiscum"-dio è con noi). Per fortuna, dio non esiste. Fortuna relativa e per pochi.

venerdì 20 novembre 2015

Che guerra sia.

La guerra al terrorismo domestico, ritorsivo verso l'impegno bellico della Francia in Africa, in medio oriente e in Libia, assume, da subito, i connotati della persecuzione israeliana nel ghetto di Gaza, dove stanno rintanati i palestinesi e Hamas, che hanno eletto a rappresentare il loro formicaio, non dissimile dalle banlieues parigine. Sono cominciate oggi le perquisizioni nelle abitazioni dei parenti dei terroristi uccisi od arrestati ( pochi e secondari ); si procederà alle distruzioni delle medesime? Si deporteranno le persone in luoghi controllabili, cioè circoscritti. La marginalità di queste numerosissime persone, che un tempo erano protette da leggi applicate contro la xenofobia ed il razzismo, si istituzionalizza. Non avranno più tutele giuridiche. E il risultato - sempre ai suoi albori - quale è stato? In alcune scuole gli alunni arabi ( anche in Italia ) si sono rifiutati alle celebrazioni, sono usciti dalle aule ed hanno anche formulato obiezioni: perché commemorazioni e celebrazioni a senso uncio? Perchè non ricordare ogni carneficina ingiustificata che ogni giorno si consuma nel mondo? Implicitamente: perché non ricordare anche i "nostri" caduti sotto i bombardamenti e per le rivolte indotte? Nella macelleria internazionale è, in vero, impossibile distinguere qualche figura degna, rivoluzionaria: sono comunque tutti dei volgari delinquenti, come testimoniano i pogrom, la riduzione in schiavitù, la studiata cancellazione di culture antichissime ma diverse. Ma, se l'iconoclastia è uno dei caratteri fondamentali dell'Islam, per il quale la parola di Dio si "incarta" immodificabile ed ininterpretabile nel Corano, tanto che nessuna effigie può cercare di rappresentarne i contenuti, senza cadere nell'idolatria e la presunzione di "rivelazione" definitiva di Dio a Maometto, ingloba tutti gli altri profeti - compreso Gesù Cristo - nella lunga genesi del verbo finale, definitivo, l'indifferenza omicida ed economica dell'occidente, affrancato, ma per loro deprivato, dei dogmi religiosi, non risulta meno sovversivo ed annichilente per chi, rifacendosi alla propria religione guerriera, ha deciso, in maniera sempre più vasta ed articolata, ancorché finanziata e strumentalizzata, di reagire. E' stata dichiarata la guerra e, quindi: che guerra sia.

giovedì 19 novembre 2015

L'ignoranza non riconosciuta.

Preceduti da un cane addestrato, una femmina di nome Diesel, i corpi speciali hano fatto irruzione in un appartamento in subaffitto di Saint Denis, descritta come una città di 110.000 abitanti. Saint Denis si trova al termine di un'interminabile strada, che all'inizio è una stradicciola che si allunga, partendo dal Boulevard des Italiens verso la sterminata banlieu parigina, dove dimorano tutti i reietti, la "feccia" della Ville Lumière. Dopo trenta chilometri, lungo un camminamento, all'inizio del quale le prostitute si appoggiano ai due lati di un viottolo angusto, alle vetrine luminose dei sex shop, a sfiorare i viandanti ( sono etere giovani, spesso alte, belle e, presumibilmente, costose, selezionate per il "Centro" ) si arriva nell'acquartieramento di Saint Denis. Lì, con sublime efficienza, le teste di cuoio, si sono fatte precedere da Diesel che è stata sacrificata - non è chiaro se da una raffica di mitra o dalla deflagrazione di una donna kamikaze - ed ora è rimpianta come e più di un essere umano e addirittura candidata ad un'onorificenza alla memoria. Quella che hanno evitato i suoi addestratori. Il suo dio che l'ha educata, ingannata e perduta. Lo scopo a cui si è prestata non era il suo. La Francia ha imitato la dichiarazion di guerra al terrorismo di George W Bush; lui mirava al petrolio, i francesi a guidare politicamente l'europa, facendosi pagare i conti in sospeso. Conti in sospeso che si moltiplicano ad ogni angolo di strada, fatti di nomadismo "globale", di itineranza della marginalità e dell'esclusione. Difficilmente questo anarchismo romantico approderà all'Islam, come è avvenuto per i neri americani, perché è figlio "degenere" dell'illuminismo, oggetto e strumento di scherno di tutti gli anacronismi, storici, finanziari, culturali, sopravvissuti ed astorici, ospitanti tutti i tecnicismi ignoranti del mondo prevalente, che fanno molto più paura della violenza. Nel frattempo, le libertà vengono messe in sordina, ovviamente per i beneficiari meno organizzati e i soldati della "dea ragione", che mai hanno frequentato e frequenteranno, godono di un momento di onnipotenza distruttiva, in nome di tutt'altro rispetto a quanto proclamato. Un tutt'altro neppure strategicamente definito, ma solo concepito all'occasione come divagazione idealistica e artefazione opportunistica. Il nemico sfuma nei pretesti: non potremmo ergerci a rappresentanti dell'ineffabile, altrimenti.

Testamento profetico.

"Prevedo la spoliticizzazione completa dell'Italia: diventeremo un gran corpo senza nervi, senza più riflessi. Lo so: i comitati di quartiere, la partecipazione dei genitori nelle scuole, la politica dal basso...Ma sono tutte iniziative pratiche, utilitaristiche, in definitiva non politiche. La strada maestra, fatta di qualunquismo e di alienante egoismo, è già tracciata. Resterà forse, come sempre è accaduto in passato, qualche sentiero: non so però chi lo percorrerà e come". Pier Paolo Pasolini

martedì 17 novembre 2015

Trovarsi nel mezzo, credersi esenti e scoprirsi inermi.

E' un dato di fatto che, con l'espansione incontrollata dell'economia finanziaria globale, anche la guerra lo sia diventata e come sia stata portata, all'inizio dalle grandi potenze occidentali, in un contesto in preda a convulsioni e competizioni regionali, per salvaguardare esigenze strategiche ed energetiche. I regimi locali, durante la guerra fredda, si sono flessibilmente prestati alla più feroce repressione interna e ai bassi servigi, per conto terzi, accompagnati da qualche incursione "imperale", per monito o per vendetta, quà e là per il mondo, protetti dagli Stati tutori, anche se da loro non richiesti dei singoli atti. Il regolamento di conti, che ha accompagnato le guerre dall'altra parte del mondo di Bush J., che ha lasciato le cose a metà, dopo essersi assicurato il petrolio, anche attraverso la rassicurazione dei piccoli emirati venditori, ha visto ricomparire sulla scena, a fianco degli F16, la R.A.F. - ora ritiratasi, perché comunque rappresentata dallla U.S.A.F. - e dei Mirages francesi, che, da allora, hanno miratamente incrementato la loro presenza e hanno provocato la caduta di Gheddafi. Anche riguardo all'ISIS sono stati molto zelanti, nell'ottica della creazione di credenziali per una futura spartizione o presenza nelle zone contese e nell'influenza di quelle circonvicine. Lo sono stati soprattutto nelle pubbliche dichiarazioni, pur sapendo di ospitare milioni di arabi, da generazioni, ma tutt'altro che integrati, men che meno assimilati. Ora, la dichiarazione di guerra unilaterale, la richiesta di affiancamento dell'Unione europea, prevista per i Paesi sotto attacco, ma non per quelli che hanno preliminarmente attaccato, porta scientemente il conflitto sul piano riconosciuto, esponendo le popolazioni civili di tutte le nazioni coinvolte agli attacchi ritorsivi delle altre entità belligeranti. Sì, perchè la guerra è soprattutto terrorismo per piegare i nemici, scombussolare le loro società civili. Che altro furono le devastazioni al napalm in Vietnam? Le bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki? Senza quegli atti extra umani, già da Robocop, i giapponesi non si sarebbero arresi, come i loro "dispersi" nelle savane. In Vietnam, condotti al macello a milioni nella estenuante, ma mai interrotta offensiva del Têt, da quel generale Giap, che vi consumò la vita di un esercito di contadini scalzi e che, recentemente scomparso, è un eroe nazionale, anche celebrato da qualche intellettuale occidentale, mentre, in altre vesti e circostanze, sarebbe potuto essere un criminale fra i più insensibili della storia. Cone nell'antichità. Eppure, quegli straccioni vinsero in patria, scacciarono gli americani, dopo aver fatto altrettanto con i francesi. Sta in questo la sintesi con l'attualità: i palestinesi che non mollano contro Israele, le neo formazioni che si sono create dopo guerre esclusivamente disgregatrici - pur connotati da tratti incivili e senza coscienza - combattono a piedi, ma sono ipnotizzati e catalizzati dalla religione, che li rende interiormente irriducibili al compromesso e fomentati da una serie, ormai atavica, di sofferenze. Non è detto che, sotto le nostre scintillanti fortezze volanti, siano destinati a perdere; porteranno ancora la morte nelle nostre strade, secondo le modalità adottate a Saigon e ad Algeri. O vogliamo ripeterci con lo scintillio annichilente della nostra religione tecnologica, come facemmo in Giappone? Non c'erano pozzi petroliferi, però.

lunedì 16 novembre 2015

Costanti storiche.

La dichiarazione di guerra all'ISIS da parte della Francia, preceduta o seguita, non è ben chiaro, da trenta massicci bombardamenti sul quartier generale del califfato, a Raqqa, nel nord della Siria, è, dal punto di vista del diritto internazionale, impeccabile: riconosce ai guerrieri del deserto lo status di combattenti, ma, soprattutto, eleva i territori da loro controllati ad uno Stato di fatto e, da oggi, almeno per lei, anche di diritto. La Francia continua a perseguire i suoi interessi con calcolo conseguente, non si limita solo a prendere atto di una guerra in corso, condotta sul campo, ma, attraverso l'annientamento spietato dell'entità mitologica ma ormai vasta a cavallo fra due Stati, pone, preliminarmente, il suo sigillo su quel territorio e sulle sue risorse e, inoltre, si candida a posizionarsi in maniera strategica nello scacchiere mediorientale, in barba alle incertezze dell'amministrazione democratica americana. Chiamando alla "sacra alleanza" tutta la Unione europea, supera politicamente la Germania e si pone alla testa di un esercito imperiale al quale chiede di condividere le perdite e i fasti, al suo seguito. L'ISIS segna dunque un discrimine netto anche nelle vicende diplomatiche europee e rilancia le ambizioni imperialistiche di una Francia che fatica a far quadrare i suoi conti. Dubito che qualcuno segua la Francia e probabilmente quel governo neppure se lo aspetta. Gioca una carta rischiosa, non diversamente dall' ISIS e va alla guerra per superare le sue criticità, come da costanti storiche.

Smettiamola di lagnarci.

L'efficenza a posteriori lascia interdetti. A due giorni dalla strage parigina, sono noti nomi e genealogie di tutti gli attentatori identificati e la Francia si vendica indiscriminatamente con trenta bombardamenti a tappeto condotti su obiettivi del IS, rinfocolando così una guerra che fu iniziata da Al Qaeda, rlanciata alla grande ed amplificata da Bush, che ha abbandonato il terreno dopo essersi riassicurato i pozzi petroliferi, abbandonata dagli inglesi che hanno ammesso l'errore commesso per bocca dell'ex premier Tony Blair e, infine, "copiata" dalla Francia in Mali e, soprattutto, in Libia. In tempi recenti, stante anche la sottigliezza molle di Barak Obama, i francesi hanno allargato la loro azione sulle regioni in mano al califfato, appoggiato dalla Turchia che la stessa Francia aveva risolutamente voluto - solo in questo sono d'accordo - fuori dall'europa. Dimentica superbamente del suo passato coloniale, delle intromissioni ancora esercitate in Algeria, dalla quale era stata scacciata da una autentica rivolta popolare, si stupisce della rivincita apportata sul suo suolo, per tanti tratti verdeggiante, ma privo di scenari popolati, in una delle città più cosmopolite del mondo, nella quale i francesi sono meno di un terzo dei residenti e nella quale i magrebini si addensano nelle banlieues, insieme ai negri svolgono i lavori più fetenti e del mercato indigeno gestiscono solo le bancarelle e qualche ristorante etnico. I francesi erano stati avvisati, il giorno prima, dai servizi segreti della parte dell'Iraq sottratta al IS , dell'imminente attacco orizzontale, ma avevano snobbato la segnalazione, pur ammettendola: "notizie così ne riceviamo ogni giorno". Eppure l'intelligence iraqena aveva specificato che la messa in opera delle cellule dormienti era stata ordinata dal Califfo in persona, ristabilitosi dall'attentato recente che lo aveva visto ferito, desideroso di reagire all'eliminazione del rapper britannico e tagliagole e del suo plenipotenziario operativo. Si è trattato di uno svarione per presunzione, per non andare al rimorchio di servizi di paesi di recente ricolonizzazione, che, con i loro dittatori, secondo la sorte di un prossimoo futuro in Siria, mantenevano il potere istituzionale, l'ordine "terroristico" interno e non erano comunque in mano ai predoni sequestratori ed a milizie impiegate nel saccheggio, nello stupro e probabilemnte altrimenti pagate, drogate dai sentimanti bellici di una religione guerriera, come sa chiunque abbia letto, anche superficialmente il Corano. Ciascun si lagna dei dolori arrecatigli, memtre ne provoca altrettanti ed altrettali. Noi occidentali, scientisti e razionalisti, asteniamoci dal piagnisteo; abbiamo tutti i mezzi tecnologici ed economici per imporci. Se i lazzari delle periferie abbandonate, al di fuori della zona rossa urbana, la violano entrando nei ristoranti e nelle discoteche, dobbiamo farci il callo, come gli israeliani. Del resto i francesi ben sanno come si comportarono, per reagire alla loro dominazione, gli algerini. Non sta avvenendo niente di diverso. E la serva Italia? si limita ancora a prestare le sue basi siciliane al decollo dei droni statunitensi, che negli ultimi tre giorni hanno selezionato il decollatore da discoteca e il "visir" del califfo. Troppo o troppo poco per sfangarla? L'Expo non ha conociuto pirotecnie, ma l'anno santo della cristianità sembra occasione troppo ghiotta per lasciarsela sfuggire, almeno sul piano simbolico e movimentista.

domenica 15 novembre 2015

Fra le righe.

Avete fatto caso che gli attentatori muoiono sempre tutti? Che a nessuno di loro si riesce a fare un processo, cioè che lo strumento per eccellenza dell'accertamento della verità da parte della Civiltà (di tutte le Civiltà d'ogni tempo e latitudine) con questi terroristi è inutile? La verità dei media, invece, ci arriva sempre e rapida. Gridano “Allah è grande”, sempre, questi attentatori. E poi muoiono. Del prima e del dopo non sappiamo mai niente, su di loro, come sulle loro vittime, cala l'oblio riservato agli inutili, mentre, processualmente, cioè per via di indagine razionale e di verifica con gli istituti della legalità democratica, "non si da luogo a procedere". A Beslan, all'apertura dell'anno scolastico, fu catturato un attentatore. Che fine ha fatto? E' ancora vivo? Vien da sorridere amaramente. Se per ipotesi di fantasia fossero catturati e processati, si darebbe rilevanza agli imberbi terroristi o ai loro mandanti, alla ragnatela internazionale? Ai fatti nudi e crudi, naturalmente. Ai registi dello stragismo si continuerà a dedicare il colpo del drone, in una guerra asimmetrica, come quella condotta fuori dal diritto, come quella condotta dalla mafia. L'attenzione mediatica sarebbe alta, sollecitata, come in taluni processi per mafia negli ultimi anni? Per via emotiva sappiamo – ci viene detto – che dopo l'attentato abbiamo dei cadaveri in mezzo alle vittime, e che quei cadaveri sono terroristi. Per non essere catturati, interrogati, depotenziati e, spesso, fatti sparire, si uccidono da sé, se il compito loro affidato si rivela impossibile. Abbiamo talvolta le loro foto, le loro storie, i proclami già preparati. Ma sono sempre i media che ce li confezionano. Sappiamo tutto, per via di notizia. Ma nulla per via di ragione. Non possiamo perciò neppure elaborarlo, il terrore e i suoi protagonisti, attivi e passivi, accumunati dal medesimo esito: la morte. Noi così possiamo solo aver paura. E quindi possiamo soltanto invocare qualcuno, che ne abbia il potere (o conferirglielo apposta), affinché stenda, tutto intorno alla nostra vita, del filo spinato e ci spiani sopra dei fucili rivolti verso l'esterno, e anche all'interno, per confortarci in questa paura incoercibile, mentre diventiamo anomali, sospettabili se rifiutiamo questa "sicurezza" castratrice ed assimilatoria. Sta cambiando la nostra vita, a causa dell'interesse irrefrenabile di chi ritiene che essa – per come ce la siamo costruita negli ultimi secoli di progresso critico, di emancipazione, liberazione ed umanizzazione, sia ora un costo più che un profitto, un rischio più che un affare. Il terrorismo è uno dei tanti catalizzatori di questa corsa nichilistica, nella quale il nichilismo non si separa mai dal potere. Provo a dir meglio: non sta cambiando la vita di tutti gli abitanti del mondo, o non per tutti nella stessa misura. E’ il nostro mondo che si trasforma, che diventa il "nuovo mondo". O meglio ancora: che va a somigliare agli altri che coabitano o coabitavano a distanza di sicurezza. Ai "mondi" dove la paura e la violenza sono già pane quotidiano, a quelli indebitati col nostro fino al collo e attaccati a lame arrugginite pescate nella spazzatura per non affondare. Per quei purgatori sfiniti, crimini infami come l'ennesimo – a Parigi, ieri notte – cambiano poco. Poco, cambierà anche per chi, pur dalle nostre parti privilegiate, ha sempre e comunque vissuto nell’indifferenza, o addirittura nella diffidenza, verso tutto ciò che non gli sta giusto nel cortile di casa. Il razzista, l’accumulatore, l’ottuso – non s’incuriosivano prima per le infinite "anime" della terra, non conoscevano l’entusiasmo per il puro e semplice stare al mondo, al netto del possesso di alcunché, e quindi non sapranno nemmeno cos’è che si va perdendo perdendo sempre più, per i loro canoni, anzi a causa di essi. Questa nuova puntata del dramma, porta questo danno ulteriore: soffoca nell’avvilimento i liberi, e non allevia la servitù di tutti gli altri. Giustizia come requisito della Civiltà: è un criterio molto diverso, anzi attiene ad una cultura in abbandono.

Diversamente alleati.

Nel buiolo di retorica guerrafondaia che riempie i notiziari, spiccano, per verità, poche sillabe pronunciate da un leader dei Peshmerga: il combinato-disposto di tutto ciò che avviene si interseca con le colpe e le responsabilità di chi ne è colpito, o meglio, di quelle vittime sacrificali che ne testimoniano il pretesto. I combattenti islamici identificati provengono tutti dalle più povere periferie di Bruxelles e di Parigi, fanno parte quindi di quella "feccia" di cui discettava il presidente di Carla Bruni, appena lasciato dalla moglie, all'epoca delle rivolte sociali delle banlieues. Il ragioniere socialista, che faceva visita a un'attricetta a due isolati dall'Eliseo, a bordo di una moto, ha scatenato, da anni, un'offensiva a tappeto su tutti gli ex possedimenti africani in subbuglio e sulle aree decomposte del medio-oriente. I francesi, a suo tempo, dotarono gli israeliani della tecnologia atomica. "Vi facciamo quanto fate ai nostri connazionali in Siria", hanno affermato i giovanissimi attentatori, ai ballerini di una discoteca metal. E' un dato incontrovertibile. Questi ragazzi sapevano che quello in corso sarebbe stato l'ultimo atto della loro vita e, nella loro cultura e nella loro breve esperienza empirica, la bonomia e il perdono cristiano, ancorché ipocriti, sono indice di debolezza. A giudicare dal contegno degli assalitori-aggrediti, non si può che convenirne. L'esercito straccione impegnato in una guerra di religione non può essere sconfitto perché agisce nello stesso contesto nel quale, fino al giorno prima, ha fatto l'inserviente, l'operaio o il fattorino; solo uno stato totalitario, quindi non mercatario, potrebbe neutralizzarne e non completamente, le azioni. La guerra dei fanti, dei marinai e degli aviatori con stipendio, adddestrati e professionali, non può competere sul campo deistituzionalizzato, con i coscritti di Allah, vero esercito popolare e, se volete, anche straccione, ma non suggestionabile dal proseguimento di una vita di stenti. I Paesi dell'occidente continueranno quindi a perseguire le loro politiche nazionaliste e a condurre i lori razionali massacri in funzione dell'eliminazione e della selezione degli obiettivi e delle gerarchie dei miliziani e troveranno una coesione, un coro di alti lai, solo dopo ogni sacrificio di connazionali indifferenti, da parte dei loro soci dell'ovest. Solo la fine dei sovvenzionamenti dei paesi arabi del golfo e delle altre potenze islamiche, interessate ad interagire con gli eserciti di fatto, metterebbe in crisi il terrorismo fai da te e ne isterilirebbe gli interessi dei suoi capi di ventura. Ma questo, per le stesse ragioni citate riguardo ai nazionalismi europei e nord americani, non avverrà, per un bilanciamento sistematico, instabile e continuo, degli interessi e del collegato potere, dei monarchi e dei dittatori, di diritto o di fatto, dell'area, a meno che, come fece Saddam verso il Kawait e condusse a suon di attentati, per un passato quarantennale, ritenuto non emendabile, Gheddafi-post terrorista e, domani, Assad, ultimo rampollo della dinastia laicista e feroce del Bahat ( come Saddam ), deprivato di opportuni servigi, si scompiglino gli assetti utili dei coloni economici e dei loro ambivalenti fornitori, che ne colgono chiaramente l'incongruità culturale, o, se volete, di civiltà. La stesso risorgente terrore che ha colto Israele, che teme un riposizionamento futuro che lo riemargini in una zona invisa, nella quale ritornerebbe ad essere il popolo paria che è stato. Si continuerà dunque a combattere fra "diversamente alleati".

sabato 14 novembre 2015

Il tempo convenzionale nelle azioni degli uomini.

Dopo il decapitatore in streaming, i droni statunitensi che decollano dalla Sicilia, hanno ucciso dall'alto il "presidente" del Califfato siro-iracheno, che non era e non sarà il califfo medesimo, ma il suo Visir sul campo. Costui, sarebbe stato il mandante e l'organizzatore delle stragi al museo tunisino del Bardo, dove morirono anche quattro italiani e dell'irradiazione da pallottole sparate a raffica su una spiaggia internazionale. Continua quotidianamente una guerra di decapitazione all'incontrario dei vertici delle milizie informali, armate dai sauditi ed autoapprovigionantisi attraverso lo sfruttamento delle risorse delle aree interstatali che hanno occupato e che detengono come se fosse il loro Stato. Certamente è la loro base operativa. L'ambiguità dei comportamenti affaristici degli occidentali, il ritorno sotto mentite spoglie del colonialismo francese in medio oriente, si coniuga con l'ambiguità interessata dei sauditi e di altri potentati, annidati negli stessi gangli statali dei Paesi "alleati", verso i quali - dato che occasionalmente combattono con le forze aeronavali straniere, sul campo - si rivolge il tentativo di sovvertimento dei regimi "complici" e l'espropriazione, a favore del califfato, di vasti territori. Palesemente affiancatorio è il lavorio della Turchia, respinta in Europa e desiderosa di accreditarsi come potenza nell'area medio orientale, di inibire ai Curdi ogni ipotesi statuale e di interagire con i gruppi islamisti, ora che Erdogan la sta riprotando con sistematicità, sulle posizioni ideologiche dalle quali Ataturk l'aveva artificialmente sradicata. I miliziani dello Stato islamico, non solo hanno portato - come già Al Qaeda, sul suolo americano - la guerra di popolo, la guerriglia, la partigianeria, dentro il territorio dei loro nemici, di cui conoscono gli "effetti collaterali" quotidiani dei loro raid dall'alto ed ai quali reagiscono ormai sul piano bellico, ma hanno "attivato" la guerra sul suolo da conquistare. Come i nemici colpiti fanno, con altri scopi, con loro. Anche i russi, attivi sulle coste e nei cieli siriani hanno, subito dopo, conosciuto l'abbattimento di un loro velivolo civile, partito e segnalato da quella zona del turismo egiziano dal quale e presso il quale si sono originati - con la compiacenza delle gurdie confinarie poste all'imboccatura del deserto, agguati ed attentati. Buona parte della popolazione araba si sente partecipe della guerra santa e del confronto globale con gli occidentali, sollecitato dai medesimi dopo la fine dell'equilibrio geopolitico, con le loro dissennate azioni di accaparramento e conservazione dello sfruttamento dei pozzi petroliferi, ma anche agito, ormai da decenni, da forti e richhi movimenti di guerriglia, attivi in tutto il mondo. D'altra parte - come già evocato - che cosa sono se non atti di guerra, vili e criminali, i sistematici assassini dei capi dei competitori oscurantisti, ma animati da un "invincibile" spirito religioso? Non si può vantare mitezza quando, con tutte le giustificazioni di questo mondo, si killeriggiano con mezzi tecnologici esorbitanti, i "condottieri dell'Islam", che, a loro volta, reagiscono con l'auto sacrificio suicida o, in crescendo, con i movimenti di popolo nella diaspora, costituiti non solo da recenti immigrati, ma soprattutto da generazioni di figli di immigrati, con l'ausilio di qualche locale o occidentale convertito. Al contempo, si ignorano, l'eliminazione delle antiche comunità cristiane di quelle regioni, gli scempi della memoria storica dell'umanità e la schiavitù, il rapimento, la riduzione a mogli o "etere" per i guerrieri delle donne delle comunità cristiane, in medio oriente come in Nigeria e, come già si fece, nei balcani a parti inverse, ma con l'analogo scopo di epurazione etnica, di distruzione e assorbimento delle culture aliene. L'integrazione, che non sia apparente, si dimostra impossibile e il richiamato sentimento religioso estremamente contagioso. I controlli alle frontiere sono poco utili, il nemico è all'interno, i suoi e non ancora i nostri anticorpi, perchè impegnati in regioni desertiche, si sono attivati e sono all'attacco. Vigeva fino ad ora una sorta di autoconvinzione o di propaganda dissimulatoria, riguardo alla coerenza negli intenti dei combattenti - perché lo sono, secondo tutti i canoni del diritto internazionale, sia pur di fatto - dell'Islam religioso, immodificato ed immodificabile, come - tranne che nelle modalità interpretative del cattolicesimo, in tutte e tre le religioni monoteistiche - nei primi periodi del suo consolidamneto. Oggi apparentemente o nella prassi, siamo tornati indietro di poco meno di millecinquecento anni, ma, in realtà, quell'identità, quel riconoscimento fra di loro e quel sentimento, non si sono mai modificati né sono mai venuti meno.

La natura intrinseca dell'Islam.

La mattanza di Parigi, simbolica e cerimoniale, è l'attestazione della guerra portata sul suolo europeo, da ricolonizzare, dai vicini islamici, nella loro forma "pura", non ammansita e mascherata dalla politica, politica che ha ripreso, anche sul loro territorio, le caratteristiche del ritorno alle "origini", alla purezza del testo. Lo stesso di quanto enuncia il pampa-Papa riguardo il Vangelo, una "revanche" religiosa contro la modernità, nel contesto della finanza immaginifica e in assenza di equilibri materiali, concreti. In anni non molto lontani si sarebbe detto che quanto accade era stato il frutto del colonialismo, ma, a quei tempi, la lotta era di liberazione dagli oppressori europei, come in quell'Algeria, protagonista di una epica battaglia di Algeri, oggi sotto il tallone di ferro di una tutela militare sponsorizzata dalla Francia, proprio per evitare il governo degli islamici che avevano vinto le elezioni regolarmente. Proprio come nell' Egitto del generale Morsi, dopo che i Fratelli musulmani avevano preso elettoralemnte il potere. Ma la lotta contro l'Occidente è adesso perpetrata dalle masse immigrate da generazioni, tutt'altro che assimilate ai costumi dei Paesi ospitanti. Bisogna prenderne atto e portare la guerra all'ISIS, ma anche alle false potenze arabe alleate solo per gli affari petroliferi, che lo finanziano. A cominciare dall'Arabia saudita, custode della Mecca. Non basta incenerire il giustiziere inglese da discoteca e, soprattutto, non bisogna dissimulare la natura ambigua dei rapporti con culture arcaiche e barbariche, con gli inchini e le mellifuità degli interessi materiali. Quella gente, come già noi, predoni coloniali, aspira solo al dominio, ma, ancor peggio statitico e immodificabile e, alla faccia del dialogo, il mantra del pampa-Papa che poi si scandalizza non appena viene rivelato qualcosa circa i costumi della sua Corte, bisogna mettere subito nella condizione di non nuocere più gli assassini di Allah, fra la Siria e l'Iraq e in europa ed america, attraverso una selezione-espulsione, anche di massa. L'intelligence operativa deve tornare a prevenire, anche con metodi extra-legali, la guerra, prima latente ed ora esplicita. La Francia, pregna di musulmani, prevalentemente arabi, sul suo vasto territorio poco popolato da indigeni, è solo il primo campo di battaglia.

giovedì 12 novembre 2015

Facce di tolla.

Mi piacerebbe sapere con che faccia i funzionari vaticani - dimenticavo, i funzionari di ogni entità sono tali per via della loro faccia di tolla - mentre istruiscono un inutile procedimento penale verso due giornalisti, sollecitano il contributo internazionale alle loro rogatorie. Devono essere ben stizziti, dato che senza smentire un solo episodio narrato o un solo comportamento evocato, invocano, da dio e dai tribunali, la tacitazione dei loro traffici, che ben altre evenienze storiche hanno conosciuto, ma che ne ripetono i contegni nella chiusra all'accertamento e all'indagine. Che collaborazione hanno fornito le autorità vaticane nella ventennale o trentenanle inchiesta sulla sparizione di Emanuela Orlandi e della sua amica Mirella Gregori, sparita due volte, anche dalla memoria dei contemporanei? Che apporto hanno fornito, anziché chiudersi a riccio e a pronunciare una sentenza poliziesca ( della Gendarmeria ) a proposito del suicidio-omicidio di Cedric Tornay? Non hanno risposto all'avvocato della madre che chiedeva direttamente a Benedetto XVI dei documenti specifici, citati per approfondire una "sentenza pronunciata alla bell'e meglio". Forse un "corvo sarebbe stato utile, ma, in quell'occasione non ci fu. Si degnarono di rispondere alle invocazioni ripetute della madre dello sventurato soldato pontificio, per ottenere un po' di chiarezza sulla morte inopinata del figlio? Chi ordinò l'omicidio di Giavanni Paolo II? Se in quelleoccasioni i corvi non volarono sui sacri palazzi e lo hanno fatto in questa ed in altre circostanze, è abbastanza intuibile che parte del lavorio mediatico possa riguardare gli equilibri di potere all'interno dell'istituzione ecclesiastica, ma questo fa parte della dinamica illustrativa e, se volete, anche commerciale, di una democrazia. Lo scontro si verifica fra le due entità inconciliabili: il liberalismo e l'autocrazia ideologica, anzi dogmatica. Ciò nonostante e proprio in forza di esso, il cattolicesimo è entrato nell'agone politico manifesto alle masse e a poco gli serve proclamare contraddittori principi, durante l'evolversi del tempo storico e autotutelarsi totalitariamente, ormai con una mano davanti e l'altra di dietro. Se la Chiesa non diventerà "povera" non sarà per l'azione corrosiva di Nuzzi e Fittipaldi, ma perché una Chiesa povera non se la fumerebbe più nessuno. Nel frattempo, come i disoccupati organizzati a Napoli, si potranno scagliare le plebi in esponenziale crescita, nell'anatema e nella querimonia "misericordiosa", mentre tutte le altre formazioni sociali, fino a tempi recenti, ancelle di questa o di quella formazione popolare, vanno disgregandosi o uniformandosi ai costumi mondani, come anche la Chiesa, ormai contestata al suo interno dai tradizionalisti, sta predicatoriamente facendo, per non diventare quella "chiesetta" che pur paventata dal pampa-Papa, sarebbe la dimensione umile della fede.

mercoledì 11 novembre 2015

L'antifascismo di Israele ( pur in presenza del fascismo dei coloni )..

Matteo Salvini non andrà in Israele, non lo vedremo - forse - con la scritta "Gerusalemme" sulla felpa. Potrebbe essere un mascheramento per nascondere un "Auschwitz". Così almeno pensano le autorità israeliane che ne hanno inibito la volontà di recarsi in visita pubblicitaria al Museo dell'Olocausto, come fu invece consentito al "rinnegato" Gianfranco Fini, quando era vice-presidente del Consiglio e che, per questo, fu violentemente attaccato dal cameratume d'origine, a dimostrazione di quanto antisemitismo alligni ancora e nell'intimo del fascistume trasformista e, in generale, nell'ideologia della Destra, che discrimina economicamente, censitariamente, ma anche socialmente e culturalmente, gli ebrei non nazionalisti o sempre a rischio di ridiventarlo, come gli "ultimi arrivati", non normalizzati in un contesto uniforme. E' una presa di posizione che non deriva tanto dall'esere il Salvini un leghista, quanto dall'avere stretto rapporti d'alleanza con i fascisti di Giorgia Meloni: fascismo e democrazia israeliana sono e devono restare incompatibili e incontaminabili e gli israeliani lo hanno riaffermato. Non hanno fatto come gli italiani che li hanno riammmessi nell'agone politico ufficiale, non tanto per contrastare una sinistra in disfacimento, quanto per riassumere il controllo organizzativo del vasto e maggioritario mondo del conservatorismo nazionale. Da molti anni la politica israeliana ha assunto i connotati della colonizzazione e dell'espulsione dei palestinesi e questo stride e contraddice la democrazia istituzionale e di costume praticata al suo interno, ma non estesa, anche perché rifiutata dai potenziali destinatari. Resta una frangia dell'espressione democratica degli ebrei sionisti, in un contesto locale improprio per simili sentimenti ed istituzioni, ma senza patire indebolimenti ed incrinature verso quel vasto mondo dell'estremismo razzistico ( in varie guise ) di destra e questo resta un elemento consolante nella dialettica, ma anche nel necessario scontro politico, senza cedere al buonisto "cattolicizzante" del PD, dei democratici nazionali che gli hanno assicurato la piazza a Bologna, dove, in anni non lontanissimi i fascisti non parlavano, perchè così sanciva la Costituzione repubblicana e perchè dove si era combattuto per la libertà, non la si riconosceva a chi l'aveva negata ed era stato scacciato solo con la forza. A nostra differenza, gli ebrei hanno memoria, identità e senso della giustizia.

La suggestione delle parole, la politica e l'aridtà dei fatti.

La decisione dello Stato della Città del Vaticano di aprire un'istruttoria giudiziaria verso i giornalisti d'inchiesta Nuzzi e Fittipaldi denuncia lo spirito intollerante e autoreferenziale della Chiesa istituzionale ed ideologica. Comunque, il Vaticano è libero di istruire pratiche dall'esito scontato, stante la non indipendenza della sua magistratura, soggetta ad un autocrate quale è dottrinariamente il Papa; sarà divertente vedere come si comporterà lo Stato italiano se si darà luogo ad una rogatoria internazionale. Sarebbe invece grave che, soprassedendo all'estradizione e all'applicazione sul suolo italiano della scontata condanna, provvedesse attraverso le quinte colonne a tacitare le voci critiche sui contorsionismi sul posto delle gerarchie dello Stato pontificio. Io non credo che ci si possa a spettare niente di diverso dall'agitazione sentimentale e ipocrita, in ogni caso assolutamente irrazionale, di un pontefice sudamericano, le cui tesi contrabbandate gesuiticamente sono suggestive sul piano dei principi e della confortevolezza parolaia, ma sono destinate a rimanere lettera morta nella prassi storica e quotidiana. Trovo i due libri, come l'ultimo in ordine di tempo che li ha preceduti, molto pallosi e poco stimolanti, ma a nessuno, sul suolo di uno Stato democratico, può essere consentito di far valere le sue impostazioni estranee e aliene, anche se è capace di influenzare milioni di pigri fedeli e se dispone di incommensurabili ricchezze e lobby di pressione ai diversi livelli della società e dell'economia. Se non vogliono far decadere il Concordato per desuetudine, lo si denunci e si applichi il principio di Cavour: "libera Chiesa in libero Stato", senza confondersi in blaterazioni. L'ex Abate di Montecassino si era messo da parte 500.000 euro, prima di ritirarsi, prelevandoli dai fondi caritatevoli e facendoli ripulire e veicolare dal fratello, promotore finanziario. Un fulgido esempio di fede disinteressata, sull'abbrivio di un carrierista qualsiasi. Secondo Bergoglio il peronista, non se ne sarebbe dovuto parlare, se la notizia fosse stata frutto di inchiesta giornalistica e non giudiziaria, mentre non risultano denuncie per pedofilia se non a posteriori e mentre sarebbe reato divulgare notizie trafugate, se documentano che l'Opera ospedaliera del Bambin Gesù ha contribuito con trecentomila euro a ristrutturare l'appartamento del cardinale Bertone che, opportunamente, sovrastando con il suo terrazzo la Residenza Santa Marta dove alloggia il pampa-Papa, lo bagna in testa qundo annaffia i fiori. "Voglio una Chiesa in contraddizione - a parole - con il mondo", ha detto il Pontefice sul sagrato del duomo di Firenze, "come fu Gesù Cristo". Dubito però che aspiri alla crocifissione, sia personale, sia istituzionale. Il suo parlare incessante è frutto esclusivo di una strategia politica, che, pesantemente contraddetta dagli episcopati più eterogenei, si appella al popolo per alimentare le sue strategie e non può accettare, come ogni potere autocratico, che al gregge siano offere le prove dell'invarianza "umana" dei comportamenti dei pastori. .

martedì 10 novembre 2015

Particelle inutili del globalismo.

Mentre il vento mefitico della finanza continua ad imperversare, si conretizzano i tentativi di separazione delle entità statuali compendiate in un regno. E' stato il caso della fallita - per molto poco - repubblica scozzese, sarà il caso, a breve, della Catalogna, sempre più insofferente della corona unitaria ed ansiosa di coglierne la debolezza per affrancarsene. Mentre per la Scozia si potevano intravedere i caratteri della regione favorita che voleva liberarsi dei gravami del resto del Regno unito, per la Catalogna non si constatano le medesime potenzialità, anzi, lo scorso hanno aveva un bilancio da default. Ciò non di meno, i nazionalisti catalani hanno avviato, dal loro Parlamento, le pratiche di divorzio dalla Castiglia. Gli scozzesi potrebbero restare nel Commonwealth, ma non se ne peritano: troppo simile sarebbe la loro futura condizione a quella delle nazioni post-coloniali e, in quanto zona ricca dell'isola, non ne vedono l'utilità. I catalani, come i galiziani o i baschi, si sentono nazione e parlano lingue originate da ceppi autonomi e interpolate da altri idiomi, ciascuno apportato da specifici avvenimenti storici. La monarchia, che è succeduta al franchismo per mantenere unita la Spagna, è di nuovo, localmente contestata, ma anziché uno Stato collettivista, si desidera affermare la propria autonomia ed identità, disgregando l'organizzazione statuale. I piccoli nazionalismi, veicolati in gran parte da capitali stranieri o da interessi demandati a forzieri esteri, sostituscono nelle mene delle élites economiche, il fascismo classista e censitario, ammansito dalla Chiesa cattolica, che oggi non serve più. Gli appetiti dominanti si coagulano intorno ai conati populistici più velleitari e li cavalcano per sedimentare in un nuovo coagulo la loro bulimia. L'Imperium russo, ha già sopito, ma non estinto, il revanscismo islamico dei ceceni; anche su quella mattanza reciproca si è consolidato il potere di Vladimir Putin. Il continente russo non contempla, non conosce il principio dell'auto determinazione, a prescindere dalla sua recente esperienza sovietica. Era già così in epoca zarista, è così con il contributo ideologico della Chiesa di Stato ortodossa, è nella mentalità di quelle genti "barbare" con l'eccezione storica, ancora non ripristinata, di ristrette élites, mentre, per tutti gli altri, i principi empirici o illuministi sono un'incomprensibile dispersione intellettuale. Ma i piccoli popoli sono portati, per forza di cose e di realtà, ad occuparsi solo del loro orticello, a non prevedere in termini complessivi il futuro, ad essere deboli, individualmente e per eccessivo, particolaristico frazionamento e quindi perdenti lungo il "panta rei", senza significato finalistico, della storia.

Scrostando la patina al basamento dei monumenti..

A settantatre anni Sandro Mazzola, il n. 10 dell'Internazionale e della nazionale di calcio, in staffetta con quell'abatino di Gianni Rivera, secondo l'efficace, ma fin troppo benevola definizione e sintesi di Gianni Brera, si è deciso a rendere omaggio alla memoria di Ferruccio, suo fratello, riserva nell'Inter di Helenio Herrera, poi giocatore della Lazio e di società minori. Anni fa, Ferruccio, già malato, denunciò le "pasticche" del Mago e le anfetamine fatte deglutire con il caffè, prima delle partite. Apriti cielo! Denuncia dell'Ambrosiana Inter, che fu però sconfitta in giudizio e ostracismo da parte del fratello, famoso, coperto e allineato. Oggi che l'Inter è passata in mani indonesiane, Sandro si è deciso a confermare, parola per parola, le affermazioni di suo fratello. Le "magie" di un semianalfabeta che in trent'anni di esperienza italiana non imparò a declinarne la lingua, possedendo una pietosa sintassi anche dello spagnolo, erano "truccate" da anfetamine, tanto che i calciatori avevano preso a sputarle, simulando la necessità di appartarsi in bagno. Accortosene, il "Mago", con la complicità del medico sociale della società e della società medesima, prese a scioglierle nel caffè e ad assistere alla sua assunzione. Anche Carletto Mazzone lo querelò, ma poi ritirò la denuncia. Insieme a Carlo Petrini, Ferrucio Mazzola rivelò di quale sostanza fosse e sia fatto il mondo a manovella del pallone, sport plebeo, per plebei e praticato da plebei, talmente condizionati e succubi di un guadagno, ma, molto spesso, solo di un ambiente mafioso, da sopportare la "riduzione" della loro vita e da negare anche alla loro coscienza la solidarietà verso la verità, anche se a pronunciarla era stato un fratello "minore", sfigato e senza una posizione da difendere. "Era tutto vero", ci siamo intossicati per tutto il corso della nostra breve ma intensa carriera sportiva e non sappiamo neanche se i decessi prematuri, le SLA e le altre "ascose ed arcane" patologie, siano state determinate da quelle pastiglie di cui non si conosceva la natura, ma che si dovevano ingurgitare per rimanere in quell'ambiente, ai vertici del successo o, comunque, a latere. Non stupisce che siffatti sicofanti siano usi scommettere contro le loro squadre e società: è la loro pallida eppur speculativa rivalsa verso un mondo che li considera per quello che sono, cioè dei volgarissimi podisti, inclini ai falli più criminali e alle strategie più antisportive. Chissà com'era il "grande" Valentino Mazzola, padre di entrambi, capitano del Torino dissoltosi a Superga? I ricchi e gli aristocratici torinesi non vollero condividere con il popolino la loro passione, alimentata dai gladiatori, provenienti dalle più tristi periferie operaie, come Valentino medesimo e fondarono la Juventus, venduta poi a tutti i "senza patria" della passione pedatoria. Il mito di Valentino non soffrirà, casomai si attenuerà fino a rimanenere solo negli annali; è morto prima delle inchieste giornalistiche, delle indagini giudiziarie e scientifiche di Guariniello. I suoi figli hanno conosciuto destini diversi, ma non sono stati sfiorati dal mito: solo dagli interessi.

domenica 8 novembre 2015

I desaparecidos di casa nostra.

Dal territorio italiano ne sono scomparsi 3.600, come ha affermato con freddezza nel gennaio 2015 il Ministro degli Interni, Angelino Alfano. Non è chiaro se si tratti di una stima esaustiva dell'intero fenomeno o se sia circoscritta nel tempo, visto che nessuno l’ha commentata, il giorno dopo è sparita e lui non ha approfondito un argomento enunciato, sconvolgente e reiteratamente trascurato. Di questo fenomeno, in Italia, in tempi recenti, abbiamo avuto contezza solo con la scomparsa di Denis Pipitone. Nel dopo guerra, in bianco e nero, un funereo Alberto Sordi interpretò l'oscena figura, quasi giustificata da una prassi rimossa e accettata, la tratta, per la vendita, dei bambini napoletani , procreati in serie, forse proprio a quello scopo. La fiera delle adozioni nasconde certamente, nei suoi interstizi, accanto a prassi regolamentate e controllate, un commercio analogo, come avvenne in molti casi subito dopo la caduta del comunsmo nell'europa dell'est, dove molti bambini furono letteralmente comprati negli orfanotrofi o direttamente dalle famiglie o da ciò che ne restava. “Scompaiono”? Che cosa significa? I bambini non compiono l’azione di scomparire, non vengono risucchiati dal vento o dalla pioggia, ma il silenzio sulla loro scomparsa dipende dal fatto che tutti sanno, o almeno suppongono che, tranne quelli che vanno ad alimentare il mercato della pedofilia, un mercato terrificante e inesplorato, tutti gli altri finiscono nel mercato degli organi. Ogni volta, però, che qualcuno ha provato a parlarne, la notizia non ha attecchito. Nel 2008 le suore Serve di Maria avevano mandato dal Monzambico alla loro Casa generalizia in Roma un appello disperato perché vedevano sparire i bambini del proprio istituto e ne ritrovavano i resti senza occhi, senza reni, senza cuore, nei cassonetti della spazzatura. La loro speranza che il Vaticano, o almeno i giornali italiani ed europei, dessero risonanza a questi atroci delitti, è andata quasi del tutto perduta. Solo il Giornale ha pubblicato allora una serie di servizi molto puntuali, ma il mondo dell'informazione - come definirla? - depotenziata, ha rinchiuso le botole su un affare attuato dagli ultimi fra gli uomini, ma ignorato, per interesse, da chi pratica i trapianti, dagli enti ospedalieri che li ospitano e dalle famiglie dei beneficiari. La loro ovvia risposta sarebbe questa: non ci riguarda, noi agiamo nel rispetto delle leggi che riguardano le nostre competenze ed i nostri ( le famiglie ) interessi. Non sappiamo di chi erano gli organi. L'accorata denuncia delle suore mozambicane è stata lasciata naufragare nel silenzio più agghiacciane e intrinsecamente complice, colluso, di fatto almeno, con pratiche ospedaliere lucrative, influenti ed influenzate. Il grido di quelle suore è stato alto, ma il silenzio, anche del Vaticano, è stato più forte. Da allora tre Papi, uno dei quali, Wojtyla, ha anche presieduto il primo Convegno tenutosi a Roma sui trapianti, si sono susseguiti sul trono di Pietro, ma nessuno ha parlato della scomparsa dei bambini, nessuno ha condannato gli orridi crimini che si commettono nel mondo dei trapianti. Neanche Bergoglio, che ha conosciuto silente i voli della morte nel suo Paese, rifugio di tanti gerarchi nazisti che sfruttarono il "corridoio vaticano" verso l'Argentina. Con il Giubileo si può "perdonare" il divorzio, l’aborto…, ma l'imperdonabile non venne e non viene citato.

mercoledì 4 novembre 2015

Libri e libercoli.

Di certo la Chiesa ne ha passate di peggio nella sua controversa storia, ma la vulgata delle sue contese rimaneva circoscritta al popolo romano, mentre i Corvi erano Pasquino e Giuseppe Gioacchino Belli, impiegato pontificio. La natura della contesa sembra dar ragione a Carlo Marx, teorizzatore della sostanza strettamente materiale di ogni contrasto umano, della quale le "sovrastrutture" morali e spirituali, non sono altro che un mascheramento. Ipotesi, rivisitata con grande efficacia da Antonio Gramsci, che disvelava la natura censitaria, classista delle recite sociali e delle categorie "morali" dei diversi strati dei residenti di una data società. La materia del contendere è la ricchezza, il prestigio e la comodità che, chi li ricopre, sente in pericolo, non tanto per la presunta volontà bergogliana di "impoverire" la Chiesa, quanto per lo strumento evangelico che li metterebbe alla mercé del bisogno e dell'anonima indeterminatezza. Per questo concionano su divorziati e omosessuali, senza tener conto della presenza massiccia di omofili nei loro ranghi e della loro condizione di celibi, ignari in concreto di dinamiche domestiche, necessariamente difformi per condizione economica, educazione e cultura. I due libri in uscita domani, a poche ore dalla chiusura del Sinodo vescovile sulla famiglia, nel quale i due schieramenti si sono divisi quasi esattamente a metà, ma non solo per divergenze dottrinarie sui rispettivi argomenti e a pochi giorni dall'apertura dell'Expo della Misericordia, entrano nel gioco e lo assecondano o, forse, vogliono distogliere l'attenzione da altre caratteristiche di un pontificato, perfettamente in linea con la consolidata tradizione ecclesiatica, ma consapevole dell'oceano di poveri, anche nelle società borghesi dell'europa, che si propettano, in loco e attraverso le migrazioni, per le prossime generazioni, escluse quelle tutelate. Fra queste ultime, ai vertici della Chiesa, veicolati ai voti da famiglie patrizie, nelle quali spesso avevano manifestato tendenze sessuali poco consone al costume gramscianamente edificante dei casati, "raccomandati" Vescovi e Cradinali che avevano riprodotto se medesimi nelle carriere e negli agi, anche in abito talare. Ho letto il primo libro sull'argomento e, come riportato, l'ho trovato poco "sconvolgente", anzi molto scontato e bolso; stavolta, da destra e da sinistra, se ne prospettano due in contemporanea, ad assecondare una dialettica pubblica, molto poco cattolica, presso il pubblico indistinto, specchio degli interessi rappresentati sotto spoglie falsamente uniformi, in un'Ecclesia di sordi con la ceretta, non interessati ad ascoltarsi. Anche perché, come diceva il cardinale Bertone: "la Chiesa non è una democrazia". Sta per essere pubblicato, invece, un breve libro, che, riprendendo lo sterminio degli oppositori argentini al fascismo intrinseco a quella società e a gran parte di quella Chiesa nazionale, rivela come anche in Italia siano stati "affidati" in adozione i bambini delle desaperecidas, che venivano uccise subito dopo il parto, quando erano arrestate in stato interessante. Si stima che almeno 77 di quei piccoli siano stati educati ai sentimenti più egoisti, contraddittori con i sentimenti delle loro madri e reazionari in altrettante famiglie sterili. Finirò per leggerli tutti i tre, ma quest'ultimo con particolare partecipazione.

Destrutturatori e edificatori.

Alfio Marchini, discendente di una delle più note famiglie di palazzinari, candidato trasversale, come i suoi affri, a sostituire Il dimissionato Marino al Comune di Roma. Quale ritorno alla più vieta tradizione non si poteva immaginare. I palazzinari romani furono e sono la cartina di tornasole del ristagno o della dinamicità dell'economia speculativa della capitale e, purtroppo, un po' di tutta l'Italia, con la forte cointeressenza delle imprese mafiose e, nel caso romano, clientelari. Dieci anni prima dell'unificazione militare d'Italia, Mons. De Merode fondava nelle Roma papalina la Banca romana, destinata dopo la breccia di Porta Pia a diventare il volano degli intrighi sabaudi e pontifici nella neo Capitale d'Italia, in una salomonica spartizione degli affari e dell'influenza appaltata ed esercitata dai funzionari della banca che diventerà il Banco di Roma, in un equanime bilanciamento fra nobili "neri" pontifici e nobili sabaudi, molti dei quali massoni, come il monarca medesimo. Le fortune o i ripiegamenti della Banca romana, del Banco di Roma e, da ultima, della Banca di Roma, sono stati segnati dalla fragilità o dalla solidità del business edilizio, in simbiosi dissimulatoria con la finanza impomatata e cafona e i flussi di denaro vaticani che si intersecavano e fornivano copertura ad ogni sorta di investimento combinato, evasivo e mascheratorio. Ecco addirittura, dalla sera alla mattina, costituirsi un nuovo partito, pronto a fare il tappeto d'Aladino per un palazzinaro, non ignaro di politica, ma solo di quella veicolatrice dei suoi affari e delle ripartizioni clientelari da distribuire sapientemente. "Roma, alma Roma, ti darai tu a un beccaio?", cantava Gabriele D'annunzio, mentre faceva defecare Eleonora Duse su di una lastra di cristallo. Avvenne subitamente. Figurarsi se non si concederà a un palazzinaro.

lunedì 2 novembre 2015

Il commissario volante.

Appena chiuso l'Expo milanese, il Prefetto Tronca è subito sbarcato a Roma, dove non incontrerà il Sindaco giubilato, ma ha già incontrato il Papa, un giorno prima che gli facessero scoppiare degli altri petardi sotto la poltrona. Tronca - omen nomen - si fionda a sradicare il malaffare da ogni ambito sensibile, ormai poliziotto privato di Matteo Renzie, "approvato" dalle gerarchie vaticane che, per altro, perseguono interessi correntizi nelle retrovie. Quest'uomo anziano e navigato dovrà soprattutto districarsi fra i tanti potentati, ieri economici, oggi politici, ai quali dovrà evitare di pestare, anche inavvertitamente, i piedi. Opera sottile e studiata alla quale si dedicano navigati giornalisti d'inchiesta, sia sul versante della sinistra radicale, sia della destra ostativa perchè osteggiata da parte dell'apparato della Chiesa cattolica italiana. Tronca di quà, Tronca di là, dopo l'onnipresenza di Anna Maria Cancellieri, naufragata nel trattamento carcerario preferenziale di una figlia in vincoli di Salvatore Ligresti, ecco questo nuovo Carneade burocratico "di sinistra" a dare il meglio di sé nella rappresentazione dell'efficienza e della moralità. Tronca di quà, Tronca di là, la realtà non cambierà e solo i corvi ce ne daranno parziale ragione.

Dimissionari e dimissionandi.

Una lobbysta nei gangli della commissione più delicata in Vaticano, già autrice di twitter smentiti su una malattia di Benedetto XVI, "condannato" a morte certa per la fine di due anni fa da un cardinale colombiano in Cina. Una lobbysta giovane, "immacolata", ma laica in un mondo di pressioni indebite, sponsorizzata da chi e per quali scopi e poi perché confermata a contatto con segreti già violati ed importanti? C.V.D., che altro aspettarsi se non una pronta e sfacciata "collaborazione" al termine della quale se ne è tornata a casa mentre il monsignore dell'Opus Dei è rimasto nella cella della gendarmeria pontificia che già vide ospite il segretario Gabriele? A tanti lobbysti, nella Chiesa istituzionale, Francesco I è indigesto e forse, la pubblicità sulle trame sotterranee del rettilario racchiuso dalle mura del Bernini, potrebbe salvargli la vita. Il fervore menzognero ( il Carlino tumorale ) e le inchieste documentate, ma pubblicate a fagiolo, che altro sono se non un lavorio di lobby?

E' sempre meglio poter documentare..

Le cronache vaticane, trafugate, docuumentate e pubblicate, si arricchiranno il prossimo 5 Novembre di altre due pubblicazioni. Presso Chiarelettere e Feltrinelli. I due corvi sono già stati identificati ed arrestati entro le mura leonine dalla Gendarmeria vaticana. Si tratta di due membri, un uomo e una donna, di un disciolto comitato di controllo dulle attività economiche del Vaticano; il lui della situazione è un Monsignore, la lei un'impiegata colleboratrice. La lei ha subito collaborato ed è stata rimessa in libertà. Il traditore in abito talare è ancora costretto nelle segrete - due - anguste dello Stato confessionale. Vatileaks II cade a ridosso dela Giubileo della misericordia e se la prende con il Bergoglio segreto, attraverso i suoi atti, in quanto tali, incontestabili. Ed ecco che, dal centro del potere cattolico riemergono le sue stigmate illiberali e intolleranti, come in qualsiasi altro Stato totalitario o come nell'ambito di un'ideologia refrattaria a qualsiasi reale confronto. Dimentichi del melenso cordoglio per le vittime accertate del clero pedofilo, si torna a brandire la grinta dell'intolleranza, si annunciano azioni repressive, con l'attivazione della collaborazione internazionale, cioè dell'Italia in riflusso. Un po' come nella Turchia sulla strada a ritroso del confessionalismo nazionalistico ( sembra una contraddizione in termini, ma non lo è ), l'Italia del Buffalmacco rignanese ripiega ad ogni passo, nel collateralismo e nella subordinazione interessata. Oggi, ma nel 1975, all'Idroscalo di Ostia veniva ritrovato il corpo di Pier Paolo Pasolini. Una storia di imprudenti marchette, come tante altre ne aveva vissute privatamente, ma con un esito imprevisto, con una quantità di traumi fisici riscontrati da non essere compatibili esclusivamente con lo schiacciamento ad opera della sua stessa automobile e poco probabili in seguito ad una colluttazione. Da allora si sono succedute le controindagini giornalistiche e dei suoi amici dell'intellighenzia romana, ma nessun documento, neppur trafugabile ha dissipato le incertezze su un delitto tanto "esemplare".

domenica 1 novembre 2015

Sull'orlo del cratere.

Oggi è successo un fatto triste e pericoloso in Turchia. Dopo un ribaltamento, condotto con cinismo, del risultato elettorale di pochi mesi fa, che aveva visto l'ingresso in Parlamento del Partito curdo trattativista, Erdogan ha con violenza ripristinato il suo potere dispositivo, che gli consentirà di cambiare a suo uso e consumo la Costituzione kemalista. Il suo partito non ha raggiunto il 50% dei voti, ma in virtù della legge maggioritaria, avrà un margine di trentacinque deputati in più rispetto alla metà dei componenti del sovvertito assetto politico. Erdogan ha voluto, con tutti i mezzi, evitare di dover stabilire un corretto rapporto parlamentare, nell'incontro-scontro con le posizioni più sacrificate e che, nella sua mentalità totalitaria, paventa: quello con i Curdi. La prepotenza nel voler riportare all'ordine il coro dei legislatori, è attestata dalla violenza politica che ha riscatenato nel paese e della quale Erdogan è stato lo sceneggiatore ed il regista. Che cosa ci voleva, in un'ottica democratica, ad accettare il confronto sancito dalle e nelle urne, senza fomentare la violenza dei piccoli gruppi dormienti, ma anche la maxi strage della stazione di Ankara, dalle pretestuose attribuzioni? Quanto ci sia stato di suo direttamente - perché c'è stato certamente - e quanto di indotto, provocato, non sarà mai dato sapere, ma il risultato è stato un risorgere dalle sue ceneri del sanguinoso terrorismo turco, come negli anni '80 del secolo scorso, l'ultima volta che i militari presero il potere. Questa volta, pilotando gli eventi politici per undici anni, il colpo di Stato, formalmente legale, lo ha fatto Erdogan. Dopo la giusta e opportuna esclusione della Turchia dall'Unione europea ( altrimenti, a quando, quella della Tunisia del Marocco e dell'Egitto? ), Erdogan aveva realizzato che la sua storia politica sarebbe declinata se non avesse saputo infliggere ai suoi connazionali, fomentandoli sciovinisticamente, "lo schiaffo turco" e lo ha fatto spregiudicatamente, proponendosi come leader di una potenza regionale islamica, nell'ambito della NATO e proteggendo logisticamente e finanziando gli integralisti assassini e deportatori dell'ISIS. Del resto, anche i Turchi, da buoni islamici, si sono sempre attenuti alle ferree regole della sottomissione, della deportazione e dello sterminio, di chi non si subordinava, convertendosi. Poco importa, da oggi, che la Turchia sia ancora formalmente uno Stato laico; date le intenzioni ripetutamente espresse, verrebbe da chiedersi fino a quando? La parte più evoluta e democratica della anzione turca è da stasera silente o in pericolo. Da oggi, la minaccia islamica e l'influenza di un despota-plebiscitario, si effonde come un'ombra sul medio-oriente e sull'europa meridionale, in forza della potenza militare che lo Stato anatolico è capace di esprimere. La politica democratica di Obama è stata troppo impacciata e compromissoria e, forse, solo la Russia, con la sua opposizione, anche sul campo, ha restituito alle nazioni un'ipotesi di sovranità, casomai senza proporselo, ma i rischi della confusa partita a dama della terza guerra mondiale combattuta a rate, sono aumentati e le possibilità di innesco, anche casuale, facilitate.

La genesi della speranza.

Esiste e ci contamina una società della sussistenza, furba e speculativa, cioè intrinsecamente plebea, nella quale è difficile non invischiarsi se solo si appartiene alla piccola o alla media borghesia, in regresso. I servizi pubblici, già insufficienti e delegati, fonte e obiettivo di ruberie sistemiche, sono completamente cessati e l'erario, a sua volta rapinatore, serve a mantenere l'Italia in un crogiolo incongruo, nel quale non è prima ma - ritiene - mediocremente al traino dei primi. Il meticciato dei redditi è composto da commesse laureate e senza titolo di studio, da emigranti anziane, bancomat dei figli e dei nipoti, che continuano a sfruttarle senza muoversi dal loro paese, nel quale formano famiglie, si separano, contribuendo a creare situazioni insostenibili che si riversano sulle fragili finanze dei "datori di lavoro" indigeni, che devono provvedere indirettamente a loro e all'erario disastrato dal clientelismo e dai furti programmati dei funzionari pubblici. Nella frana organica degli anziani va a mescolarsi, almeno dal punto di vista psicologico, ma anche finanziario, la drastica riduzione dei redditi delle "famiglie di sostegno" a tarpare, attardandosi a sopravvivere, le aspettative e le previsioni. Il lavoro non occasionale latita, i costi degli alloggi e delle utenze sono spesso sufficienti ad azzerare ogni accantonamento e il solo rinnovo del guardaroba o una vacanza degna di questo nome, divengono lussi irraggiungibili contemporaneamente. Nel contempo, la convulsa corsa all'accaparramento rende astiosi e stridenti i rapporti fra queste neo-classi sociali: per quelle borghesi ed autoctone segnano il confine ormai labile, con lo scivolo della discarica, per quelle immigrate e anziane gli ultimi, inutili atti per la realizzzazione di una speranza al di là delle loro vite. Speranze vane, perché basate su un autoconvincimento, per di più molto spesso indotto. Ammesso che si possa parlare di aspirazioni evolutive, il degrado, quello autentico e rimosso, comporta solo la rimossa e rifiutata, ma implicita presa d'atto che la biologia è casuale e non prevede alcuna evoluzione intelligente. "L'intelligenza" attiene alla cultura pro tempore, all'attribuzione di valori immaginari a questo o a quell'elemento convenzionale: la genesi della speranza che è solo rimozione della dura fatica dell'oggi, in un ritorno all'etologia, nella quale almeno, la sofferenza durava poco e si dissolveva sempre, senza rinnovellare memoria, assegnando ad altri replicanti le ulteriori, brevi repliche.