domenica 1 novembre 2015

Sull'orlo del cratere.

Oggi è successo un fatto triste e pericoloso in Turchia. Dopo un ribaltamento, condotto con cinismo, del risultato elettorale di pochi mesi fa, che aveva visto l'ingresso in Parlamento del Partito curdo trattativista, Erdogan ha con violenza ripristinato il suo potere dispositivo, che gli consentirà di cambiare a suo uso e consumo la Costituzione kemalista. Il suo partito non ha raggiunto il 50% dei voti, ma in virtù della legge maggioritaria, avrà un margine di trentacinque deputati in più rispetto alla metà dei componenti del sovvertito assetto politico. Erdogan ha voluto, con tutti i mezzi, evitare di dover stabilire un corretto rapporto parlamentare, nell'incontro-scontro con le posizioni più sacrificate e che, nella sua mentalità totalitaria, paventa: quello con i Curdi. La prepotenza nel voler riportare all'ordine il coro dei legislatori, è attestata dalla violenza politica che ha riscatenato nel paese e della quale Erdogan è stato lo sceneggiatore ed il regista. Che cosa ci voleva, in un'ottica democratica, ad accettare il confronto sancito dalle e nelle urne, senza fomentare la violenza dei piccoli gruppi dormienti, ma anche la maxi strage della stazione di Ankara, dalle pretestuose attribuzioni? Quanto ci sia stato di suo direttamente - perché c'è stato certamente - e quanto di indotto, provocato, non sarà mai dato sapere, ma il risultato è stato un risorgere dalle sue ceneri del sanguinoso terrorismo turco, come negli anni '80 del secolo scorso, l'ultima volta che i militari presero il potere. Questa volta, pilotando gli eventi politici per undici anni, il colpo di Stato, formalmente legale, lo ha fatto Erdogan. Dopo la giusta e opportuna esclusione della Turchia dall'Unione europea ( altrimenti, a quando, quella della Tunisia del Marocco e dell'Egitto? ), Erdogan aveva realizzato che la sua storia politica sarebbe declinata se non avesse saputo infliggere ai suoi connazionali, fomentandoli sciovinisticamente, "lo schiaffo turco" e lo ha fatto spregiudicatamente, proponendosi come leader di una potenza regionale islamica, nell'ambito della NATO e proteggendo logisticamente e finanziando gli integralisti assassini e deportatori dell'ISIS. Del resto, anche i Turchi, da buoni islamici, si sono sempre attenuti alle ferree regole della sottomissione, della deportazione e dello sterminio, di chi non si subordinava, convertendosi. Poco importa, da oggi, che la Turchia sia ancora formalmente uno Stato laico; date le intenzioni ripetutamente espresse, verrebbe da chiedersi fino a quando? La parte più evoluta e democratica della anzione turca è da stasera silente o in pericolo. Da oggi, la minaccia islamica e l'influenza di un despota-plebiscitario, si effonde come un'ombra sul medio-oriente e sull'europa meridionale, in forza della potenza militare che lo Stato anatolico è capace di esprimere. La politica democratica di Obama è stata troppo impacciata e compromissoria e, forse, solo la Russia, con la sua opposizione, anche sul campo, ha restituito alle nazioni un'ipotesi di sovranità, casomai senza proporselo, ma i rischi della confusa partita a dama della terza guerra mondiale combattuta a rate, sono aumentati e le possibilità di innesco, anche casuale, facilitate.

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