martedì 17 novembre 2015

Trovarsi nel mezzo, credersi esenti e scoprirsi inermi.

E' un dato di fatto che, con l'espansione incontrollata dell'economia finanziaria globale, anche la guerra lo sia diventata e come sia stata portata, all'inizio dalle grandi potenze occidentali, in un contesto in preda a convulsioni e competizioni regionali, per salvaguardare esigenze strategiche ed energetiche. I regimi locali, durante la guerra fredda, si sono flessibilmente prestati alla più feroce repressione interna e ai bassi servigi, per conto terzi, accompagnati da qualche incursione "imperale", per monito o per vendetta, quà e là per il mondo, protetti dagli Stati tutori, anche se da loro non richiesti dei singoli atti. Il regolamento di conti, che ha accompagnato le guerre dall'altra parte del mondo di Bush J., che ha lasciato le cose a metà, dopo essersi assicurato il petrolio, anche attraverso la rassicurazione dei piccoli emirati venditori, ha visto ricomparire sulla scena, a fianco degli F16, la R.A.F. - ora ritiratasi, perché comunque rappresentata dallla U.S.A.F. - e dei Mirages francesi, che, da allora, hanno miratamente incrementato la loro presenza e hanno provocato la caduta di Gheddafi. Anche riguardo all'ISIS sono stati molto zelanti, nell'ottica della creazione di credenziali per una futura spartizione o presenza nelle zone contese e nell'influenza di quelle circonvicine. Lo sono stati soprattutto nelle pubbliche dichiarazioni, pur sapendo di ospitare milioni di arabi, da generazioni, ma tutt'altro che integrati, men che meno assimilati. Ora, la dichiarazione di guerra unilaterale, la richiesta di affiancamento dell'Unione europea, prevista per i Paesi sotto attacco, ma non per quelli che hanno preliminarmente attaccato, porta scientemente il conflitto sul piano riconosciuto, esponendo le popolazioni civili di tutte le nazioni coinvolte agli attacchi ritorsivi delle altre entità belligeranti. Sì, perchè la guerra è soprattutto terrorismo per piegare i nemici, scombussolare le loro società civili. Che altro furono le devastazioni al napalm in Vietnam? Le bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki? Senza quegli atti extra umani, già da Robocop, i giapponesi non si sarebbero arresi, come i loro "dispersi" nelle savane. In Vietnam, condotti al macello a milioni nella estenuante, ma mai interrotta offensiva del Têt, da quel generale Giap, che vi consumò la vita di un esercito di contadini scalzi e che, recentemente scomparso, è un eroe nazionale, anche celebrato da qualche intellettuale occidentale, mentre, in altre vesti e circostanze, sarebbe potuto essere un criminale fra i più insensibili della storia. Cone nell'antichità. Eppure, quegli straccioni vinsero in patria, scacciarono gli americani, dopo aver fatto altrettanto con i francesi. Sta in questo la sintesi con l'attualità: i palestinesi che non mollano contro Israele, le neo formazioni che si sono create dopo guerre esclusivamente disgregatrici - pur connotati da tratti incivili e senza coscienza - combattono a piedi, ma sono ipnotizzati e catalizzati dalla religione, che li rende interiormente irriducibili al compromesso e fomentati da una serie, ormai atavica, di sofferenze. Non è detto che, sotto le nostre scintillanti fortezze volanti, siano destinati a perdere; porteranno ancora la morte nelle nostre strade, secondo le modalità adottate a Saigon e ad Algeri. O vogliamo ripeterci con lo scintillio annichilente della nostra religione tecnologica, come facemmo in Giappone? Non c'erano pozzi petroliferi, però.

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