lunedì 16 novembre 2015

Costanti storiche.

La dichiarazione di guerra all'ISIS da parte della Francia, preceduta o seguita, non è ben chiaro, da trenta massicci bombardamenti sul quartier generale del califfato, a Raqqa, nel nord della Siria, è, dal punto di vista del diritto internazionale, impeccabile: riconosce ai guerrieri del deserto lo status di combattenti, ma, soprattutto, eleva i territori da loro controllati ad uno Stato di fatto e, da oggi, almeno per lei, anche di diritto. La Francia continua a perseguire i suoi interessi con calcolo conseguente, non si limita solo a prendere atto di una guerra in corso, condotta sul campo, ma, attraverso l'annientamento spietato dell'entità mitologica ma ormai vasta a cavallo fra due Stati, pone, preliminarmente, il suo sigillo su quel territorio e sulle sue risorse e, inoltre, si candida a posizionarsi in maniera strategica nello scacchiere mediorientale, in barba alle incertezze dell'amministrazione democratica americana. Chiamando alla "sacra alleanza" tutta la Unione europea, supera politicamente la Germania e si pone alla testa di un esercito imperiale al quale chiede di condividere le perdite e i fasti, al suo seguito. L'ISIS segna dunque un discrimine netto anche nelle vicende diplomatiche europee e rilancia le ambizioni imperialistiche di una Francia che fatica a far quadrare i suoi conti. Dubito che qualcuno segua la Francia e probabilmente quel governo neppure se lo aspetta. Gioca una carta rischiosa, non diversamente dall' ISIS e va alla guerra per superare le sue criticità, come da costanti storiche.

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