domenica 1 novembre 2015

La genesi della speranza.

Esiste e ci contamina una società della sussistenza, furba e speculativa, cioè intrinsecamente plebea, nella quale è difficile non invischiarsi se solo si appartiene alla piccola o alla media borghesia, in regresso. I servizi pubblici, già insufficienti e delegati, fonte e obiettivo di ruberie sistemiche, sono completamente cessati e l'erario, a sua volta rapinatore, serve a mantenere l'Italia in un crogiolo incongruo, nel quale non è prima ma - ritiene - mediocremente al traino dei primi. Il meticciato dei redditi è composto da commesse laureate e senza titolo di studio, da emigranti anziane, bancomat dei figli e dei nipoti, che continuano a sfruttarle senza muoversi dal loro paese, nel quale formano famiglie, si separano, contribuendo a creare situazioni insostenibili che si riversano sulle fragili finanze dei "datori di lavoro" indigeni, che devono provvedere indirettamente a loro e all'erario disastrato dal clientelismo e dai furti programmati dei funzionari pubblici. Nella frana organica degli anziani va a mescolarsi, almeno dal punto di vista psicologico, ma anche finanziario, la drastica riduzione dei redditi delle "famiglie di sostegno" a tarpare, attardandosi a sopravvivere, le aspettative e le previsioni. Il lavoro non occasionale latita, i costi degli alloggi e delle utenze sono spesso sufficienti ad azzerare ogni accantonamento e il solo rinnovo del guardaroba o una vacanza degna di questo nome, divengono lussi irraggiungibili contemporaneamente. Nel contempo, la convulsa corsa all'accaparramento rende astiosi e stridenti i rapporti fra queste neo-classi sociali: per quelle borghesi ed autoctone segnano il confine ormai labile, con lo scivolo della discarica, per quelle immigrate e anziane gli ultimi, inutili atti per la realizzzazione di una speranza al di là delle loro vite. Speranze vane, perché basate su un autoconvincimento, per di più molto spesso indotto. Ammesso che si possa parlare di aspirazioni evolutive, il degrado, quello autentico e rimosso, comporta solo la rimossa e rifiutata, ma implicita presa d'atto che la biologia è casuale e non prevede alcuna evoluzione intelligente. "L'intelligenza" attiene alla cultura pro tempore, all'attribuzione di valori immaginari a questo o a quell'elemento convenzionale: la genesi della speranza che è solo rimozione della dura fatica dell'oggi, in un ritorno all'etologia, nella quale almeno, la sofferenza durava poco e si dissolveva sempre, senza rinnovellare memoria, assegnando ad altri replicanti le ulteriori, brevi repliche.

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