mercoledì 17 giugno 2015

Danza macabra.

Ci sono molti equivoci alla base delle polemiche sull'esodo in corso dall'Africa e dalle zone di guerra. Uno dei principali riguarda il miraggio di questa povera gente di poter trovare un'accoglienza e, per i più validi, un lavoro, in terre intraviste solo alla televisione. Il guaio è che i Paesi del continente europeo, con l'eccezione della Germania si stanno ritirando dall'economia e non sono già in grado di sinergizzare le opportunità industriali, tanto è vero che si chiude o ci se ne va. Quella che, cinicamente, poteva essere un'opportunità è invece un rischio. Oggi gli schiavi accorrono verso di noi per offrirsi, in versione rimodernata, come i loro avi. E' fuor di dubbio che il lavoro dipendente di base non sia altro che il "continuum" della schiavitù e, a maggior ragione, potrebbe esserlo per queste masse di diseredati se si potesse metter loro in mano un maglio, una forcella o una vite. Ma non si può più. Mentre i procciatori di braccia offrono su internet salari rumeni e mentre il Suv della Reanault, prodotto in Romania - la Dacia - altro non è che un'auto senza accessori, che accessoriata, costa come una macchina di pari categoria prodotta in occidente, le aziendine italiane hanno smesso di assumere in nero questi disgraziati, chiamati per il ricongiungimento dai loro parenti o semplicemente connazionali in regola e che, molto di rado, venivano scoperti da carabinieri o finanzieri alla catena produttiva. Queste possibilità si sono isterilite per la catarsi della crisi che, se ora dà timidi segnali - tutti da verificare - di allentamento, ha già svolto il suo lavoro di usura da tempo, mettendo sul lastrico famiglie operaie e anche gli imprenditori onesti ( molto pochi, difficilmente oggi si fallisce poveri, a meno che non si fosse troppo indebitati con le banche ). Per questo di codesti diseredati non si sa che fare, per questo riemergono e sono purtroppo localmente vincenti, formazioni mitologiche come l'IS o Al Qaeda, ai quali non mancano i proseliti, anche in Europa. Il pampa-Papa auspica un'accoglienza evangelica e pauperistica, pur sapendo benissimo che questo cozza contro i canoni dell'economia organizzata che implica, nei suoi fondamenti, proprio quote variabili di esclusione. Infatti, il privato imprenditore e gli Stati nazionali se ne fregano: l'Inghilterra, la perfida Albione, ha già architettato piani e contropiani per non essere investita dalla Grexit ed ha annunciato azioni di intelligence per troncare ed ostruire le vie di afflusso dei profughi. Prima c'era Gheddafi, domani ci saranno predoni al soldo degli Inglesi. L'Ungheria comunitaria innalzerà un muro di non ricordo, né mi interessa, altezza e chilometraggio, ma un muro anti immigrati è da anni sorto a Padova, mentre un imbecillotto come Matteo Salvini si chiede e domanda: quanti profughi ospita il Vaticano?, occhieggiando a Stalin che invece domandava quante divisoni avesse il Papa. Anche presso il mondo conservatore e tecnocratico nord americano Jorge Bergoglio è inviso: da anni il consigliere del Pentagono Edward Luttwak, accusa il Papa di utopia ospitale e lo fa in termini aggressivi, minacciosi. Non capisce o non accetta che questo gesuita-Papa si riferisca alle grandi plebi del mondo, venendo dalla miseria delle favelas e dei barrios del latino america ed attivando una diplomazia non conforme, non irregimentata al modello dei ricchi statunitensi e delle potenze europee, scombinando i riferimenti verso un mondo nel quale, in prospettiva, sembra non credere più. Io penso, modestamente, che la speranza dei migranti sia mal orientata: sulle coste europee non troveranno nulla. Sarebbe stato più probabile cercare ricetto, non a pagamento e sulle coste più vicine, ma, utopisticamente in termini logistici, nelle vaste sterrate che sono popolate da altri poveri, per rivolgersi, non necessariamente in forme mansuete, verso i pochi, pochissimi rispetto a loro, che menano la danza macabra a cui assistiamo.

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